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Roberto Weitnauer
Stesura: febbraio 2006
(6717 battute 4 pagine scritte)
www.kalidoxa.com
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La presa della mano precedette il pensiero

Lo sviluppo della cultura, della tecnica e dellarte umana ovviamente correlato a
quello del nostro sofisticato cervello. Si tratta di un fenomeno distintivo che fa
pensare molti a una sorta di elezione delluomo nel regno vivente. In verit, in
termini biologici evolutivi il nostro pensiero speculativo non che una delle forme di
adattamento allambiente. Esso si imposto nel tempo, cos come le ali sono risultate
un fattore critico di successo per le creature volanti. In particolare, levoluzione del
cervello strettamente correlata a quella della manualit. Ma non si pu dire che le
nostre mani articolate e agili siano la risposta a unesigenza espressa da un encefalo
predestinato a governare la materia in maniera sofisticata. Con ogni probabilit ai
primordi della nostra storia sul globo, quando di predestinato non cera proprio
niente, stato vero linverso: le mani hanno indotto il pensiero speculativo. La
relazione tra le mani e il cervello attestata oggi molto bene in neurofisiologia dal
cosiddetto omuncolo.

Lesercizio della manualit e lo sviluppo delle facolt ideative hanno segnato il
passaggio dai disegni rupestri alle pitture rinascimentali o dalle pietre scheggiate
(amigdale) ai sistemi telematici. Alcuni ritengono che il nostro encefalo sofisticato
sia nella biosfera leccezione che conferma la regola di organismi altrimenti
condannati a non poter usare o plasmare gli oggetti in modo creativo e a condurre
unesistenza puramente istintuale. Analogamente, le nostre mani sarebbero un dono
elargito durante unevoluzione sopra le righe da un potenziamento indipendente del
pensiero.
senzaltro indiscutibile che nessuna specie possa lavorare la materia come la
specie umana, adeguandola a finalit complesse e usando strumenti complessi. Nel
regno animale siamo lenti e goffi, ma lemancipazione comportamentale dallistinto
ci eleva al rango di esseri ingegnosi e previdenti. Nondimeno, se ci ancorassimo
pedissequamente alle convinzioni idealiste secondo cui la nostra filogenesi sarebbe in
qualche modo elitaria nel regno vivente non riusciremmo mai a rendere conto
razionalmente dellorigine delluomo, nonch di arte e tecnica.
Il primo passo da compiere per inquadrare razionalmente la questione quello di
riferirsi ai concetti inerenti levoluzione biologica delle specie. Si tratta allora di
comprendere che le trasformazioni che gli organismi hanno subito nel corso del
tempo sono state vagliate dalla selezione naturale. In altre parole, mani agili e cervelli
sopraffini sono il risultato dei vincoli e dalle opportunit poste dalle condizioni

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ambientali che, volta per volta, hanno caratterizzato il globo terracqueo in quel sottile
guscio che la biosfera.
Essendo levoluzione meramente opportunistica (salvo interpretazioni che esulano
dalla scienza), non dobbiamo necessariamente interrogarci attorno a come la nostra
manualit abbia risposto a un bisogno cerebrale. Occorre invece chiedersi se per caso
non sia stato il processo inverso ad aver avuto il sopravvento, ossia il processo che
vede le mani indurre la creativit e la riflessione. Bisogna nel contempo tenere fermo
che levoluzione non nutre predilezioni per taluni organi e opera sullorganismo preso
nel suo complesso e solo in funzione dei vincoli esterni del momento.
Come si siano svolti esattamente gli eventi non possibile dirlo, ma i resti
paleontologici, lanatomia comparata e la neurofisiologia tratteggiano insieme un
quadro storico coerente e attendibile. Per contemplarlo adeguatamente dobbiamo
considerare innanzitutto che le mani degli antenati di uomini e scimmie servivano pi
che altro per arrampicarsi sulle piante in un periodo in cui le foreste conquistavano il
pianeta. Le prime mani risultavano dunque robuste, ma poco sofisticate. Desinenze
sensibili e munite di dita autonome come quelle umane erano di l da venire.
Una fase decisiva fu la rotazione dellarticolazione del pollice rispetto alle altre
dita. Oggi solo luomo e poche altre specie possiedono il pollice opponibile. La
modifica simpose, perch agevolava la presa dei rami; ma, una volta stabilitasi,
emerse che essa permetteva pure la raccolta di semi dal suolo. In condizioni di
scarsit alimentari questa opportunit spinse le proscimmie a compiere ricerche
sempre pi frequenti sul terreno; lo documenta anche lappiattimento dei denti.
La transizione dal limite forestale alle savane fu una vera e propria escursione in
un altro habitat, insomma unavventura eclatante. Numerosi erano i rischi per animali
piccoli e indifesi quali apparivano i nostri trisavoli a quattro zampe. Muoversi in zone
aperte significava esporsi allattacco di predatori. La sopravvivenza dipendeva dalla
possibilit di avvistare per tempo il pericolo e, radicando il comportamento sociale, di
dare lallarme alla collettivit, affinch tornasse a rifugiarsi sulle piante.
Nelle foreste la visione frontale e il correlato schiacciamento del muso avevano
introdotto la rilevazione tridimensionale (non piatta) dello spazio. Questo assetto
tipico dei predatori che hanno la necessit di ben valutare le distanze delle prede,
focalizzandosi su una parte specifica del panorama visivo mobile. Gli erbivori,
invece, hanno capacit stereoscopiche nettamente inferiori, giacch hanno gli occhi di
lato, tuttavia scorgono lo spazio circostante a 360 gradi, il che favorisce
lavvistamento tempestivo dei pericoli.
Con lavvento della vista frontale i nostri trisavoli si avvantaggiarono pi che altro
nella stima delle distanze dei rami e quindi nel coordinamento dei salti tra gli alberi
delle foreste. Quando pi tardi si ritrovarono nello spazio aperto delle savane a
raccogliere semi questa configurazione e landatura a quattro zampe non risultarono
esattamente il miglior connubio per avvistare i predatori. Daltronde, la vista, sebbene
angolarmente pi ristretta, era a quel punto piuttosto acuta, capace di arrivare lontano.
Si trattava cos di erigersi spesso sulle zampe posteriori per fare capolino oltre lerba
alta. Si capisce bene che erano questi gli albori dellandatura bipede.

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Con il consolidamento della vita sul suolo gli arti superiori risultarono sempre
meno coinvolti nella locomozione. Grazie alle mani libere, la raccolta di semi non fu
che lanticamera per poter afferrare ogni genere di oggetto. Forse qualcuno ricorder
la sequenza del film 2001 odissea nello spazio di Kubrick in cui si scorge un essere
scimmiesco che ghermisce un bastone e lo usa per la prima volta come arma,
conferendo al suo gruppo un marcato vantaggio competitivo. solo un esempio
simbolico, ma rende lidea del salto epocale compiuto dai nostri precursori.
Il concetto di uso implica un fattore cruciale: la speculazione. Essa dipende da un
atto immaginativo che essenzialmente unelaborazione spaziale e pu prodursi se
nella corteccia cerebrale sussiste unarea visiva di sufficiente complessit. Per i
motivi illustrati, i nostri progenitori non ne facevano difetto. Ma lo stimolo delle mani
libere resta discriminante. Ancora pi speculativo il modellamento della materia.
Qui limmaginazione si trasforma in un vero e proprio progetto. Ora, lintento che
anim gli ominidi non qualcosa che si possa oggettivamente riscontrare nei reperti
paleontologici, ma lamigdala s. Simili strumenti sono una testimonianza indiretta
ma indubbia di facolt progettuali.
A quello stadio le mani funzionarono col cervello come uno specchio posto davanti
a un altro specchio, innescando un processo evolutivo vertiginoso. Pi le dita
diventavano agili e pi potevano sperimentare, stimolando la speculazione.
Viceversa, pi il cervello cresceva e meglio governava le mani. Il resto pi o meno
storia. La corteccia cerebrale si estese enormemente, sovrapponendosi ai centri
olfattivi e formando solchi o involuzioni in un cranio che non poteva aumentare a
dismisura. Si svilupp allora anche linibizione, ossia la facolt di non reagire; un
nostro tratto distintivo.
importante notare come la criticit della mano nellevoluzione della corteccia sia
confermata anche nelle neuroscienze dal cosiddetto omuncolo. Si tratta di una
figura del corpo umano le cui parti sono deformate in funzione del numero di cellule
cerebrali cui sono collegate. La mappa pu tracciarsi sia per la striscia corticale
deputata al comando muscolare (omuncolo motorio), sia per quella che riceve gli
stimoli epidermici (omuncolo sensoriale). Nellomuncolo motorio la mano appare
addirittura gigantesca, il che significa che porzioni corticali molto ampie la
controllano.
Anche le labbra e il viso sono regioni gonfiate. Viene qui riflessa limportanza
dellarticolazione fonetica e della mimica facciale. Entrambi i fattori giocano un
ruolo nella comunicazione, affinatasi fin dalle prime grida di allarme nellerba alta.
Va a questo riguardo evidenziato che la specializzazione dei centri di elaborazione
linguistica si accompagna alla dominanza di una mano sullaltra, asimmetria
sconosciuta negli altri primati. I destrimani (90% della popolazione) hanno tali centri
nellemisfero sinistro, mentre i mancini li possono sviluppare in quello destro.
Inoltre, nei cervelli immaturi dei neonati le aree adibite al controllo degli oggetti e del
linguaggio sono inizialmente unite.
Tutto ci dimostra lintima relazione tra mani e linguaggio, essendo questultimo
la premessa di quel fenomeno eclatante nella biosfera che si chiama cultura e che si
regge sul lavoro. Il filosofo Friedrich Engels scrisse nel 1876: La mano non

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soltanto lorgano del lavoro, ma anche il suo prodotto. Lo stesso vale per il cervello.
In fondo, lintera nostra evoluzione lavorativa era in potenza concentrata in quella
presa anulare dei rami. Ma non era una predestinazione, era invece, come dicono gli
evoluzionisti, un preadattamento. I preadattamenti sono cose che si scorgono solo col
senno di poi. Del resto, sarebbe allora bastato che qualcosa cambiasse leggermente
nellevoluzione dei nostri trisavoli che oggi non esisteremmo nemmeno.



Omuncolo motorio:
http://lefred.blog.lemonde.fr/files/homunculus.gif






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Omuncolo sensoriale:
http://a1692.g.akamai.net/f/1692/2042/7d/lefred.blog.lemonde.fr/files/41490_big.jpg









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Omuncolo sensoriale (sx) e motorio (dx):
http://faculty.etsu.edu/currie/images/homunculus1.JPG

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