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DI UNA SINGOLARE RAPPRESENTAZIONE MITOLOGICA

SINCRETISTICA DEL CULTO ROMANO

Il piccolo bassorilievo (va, 0,35 X 0,29), conservato ora nel


palazzo Massimo alle Terme (fig. 1) fu veduto dal Fabretti al principio

del secolo XVIII, negli orti Palombara, presso l'antica porta Esquilina. Per tali orti non pu intendersi altro che la villa
Palombara, la quale si stendeva fin presso la chiesa di S. Vito, situata appunto presso la porta nominata. Da questa villa, che per parentele divenne dei Massimo, pass il bassorilievo alla
prossima villa Negroni (divenuta anch'essa, per compera, propriet

dei Massimo) in tempo, credo io, posteriore al 1836.


Nella monografia (') infatti che in quest'anno pubblic il principe

Vittorio Massimo sulla villa Negroni-Massimo, sebbene redatta con grande diligenza, non viene, fra i tanti marmi quivi descritti , ricordato il piccolo bassorilievo, mentre pure sono nominate

alcune iscrizioni che dalla villa Palombara passarono alla


alla villa Negroni. Il Fabretti, nelle sue Inscriptiones (2) pubblicate nel 1702,
riporta di questo bassorilievo un infelicissimo disegno, dandone una descrizione molto sommaria. Di questo disegno all'infuori, non esistono, per quanto io sappia, altre riproduzioni della pre(') Notizie istoriche della villa Massimo alle Terme Diocleziano.
Koma, Salviucoi 1836. (s) Dopo aver parlato di un altro cx-voto in onore di Iside, aggiunge :

qua etiam ratione, in marmorc anaglyptico Hortorum Nobb. D. Palumbariis ad veterem portam Esquilinam Isis cum situla, calatilo, persae folio, Serapidi suo in serpenlem desinenti {salutare et ipsum animai),
copulatur.

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detta scultura. Una descrizione molto inesatta, come si vedr, ne d il Matz ('), che la cita come appartenente alla villa Negroni
Massimo: notizia, questa, vera, ma che non so d'onde sia stata dall

'autore attinta. Il Roscher (2) brevemente accenna al nostro basso-

Fig. 1.

rilievo, dando una spiegazione del significato simbolico, basato sulla

errata descrizione del Matz, da cui dipende.


Tali circostanze, ma soprattutto la singolarit della rappresentazione

, che pu giustamente dirsi unica, piuttosto che rara,


m'inducono a darne qui una fedele riproduzione e una pi ampia
notizia che serva ad eccitare negli specialisti il desiderio di dissipare

l'enigma che essa presenta riguardo al suo significato.


(') Antike Bildwerke in Rom etc, III, n. 3764.
(a) W. H. Roscher, Ausfhrliches Lexikon etc, alla voce Serapis.

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Il lavoro poco accurato; l'uso del trapano, evidente nella barba del capo umano del serpente, senza ritocco di scalpello, ce l'addita come opera della decadenza della scultura romana (3 sec. d. C): e il soggetto che rappresenta conferma quest'et.
A sinistra un grosso serpente, attortigliatosi sopra tre spire (*),

erge diritta la testa virile, dalla folta capigliatura e barba prolissa

, coperta dal calaihus o modius, il simbolo della fecondit della terra. A destra una figura femminile, piuttosto giovane,
con tunica fermata sul petto e manto e il calaihus in testa (2), si rivolge verso il serpente. Colla sinistra regge la cornucopia colma (di spighe?), mentre protende in basso, verso il serpente, il braccio destro, stringendo con la mano uno stelo nella parte pi alta, l dove si tripartisce in foglie, o spighe che siano (3). Vicino a lei, sul terreno, un oggetto che pare un vaso. La rappresentazione del serpente con capo umano rara
nell'arte greco-romana. Essa comune all'Agatodemone e a Serapide. Sebbene il primo venga di consueto rappresentato sotto la

forma di un giovane con un serpente od altro simbolo di fascino


in mano, nelle monete invece, coniate in Egitto, di alcuni imperatori

romani, per esempio di Nerone, apparisce sotto le sembianze di serpente In due tessere, poi, rotonde, di osso, appartenenti

l'una alla collezione Tolley, l'altra a quella Saulini, il


serpente ha la testa umana. Sul rovescio dell'una si ha ATA(') Il Matz evidentemente sbaglia quando dice che il serpente avvolge l'erma di Serapide. (2) Anche qui il Matz, tratto in errore forse dal disegno del Fabretti , erra dicendo che... ha in testa una corona turrita. Il calathus semplice

, a differenza di altre rappresentazioni, dove si trovano in esso figurati tre o anche quattro rami, come in un busto di Serapide venuto alla luce
recentemente ad Ostia {Notizie degli scavi 1910, pag. 64).

(3) Il Fabretti l'interpetra per una foglia di pesco sacro ad Iside. Non so poi per quale singolare scambio il Matz attribuisca al Fabretti
di averle interpetrate per una sitala, mentre questa interpetrazione spetta al vaso che in terra. (*) Vedi Lenormant, Iconographie Romaine, tav. XVI, 2, e Dattari, Monete imperiali greche. Numi Augg, Alexandrini. Cairo 1901 .tav. 31.

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GOCAM, dell'altra ATA0OCA, giustamente interpetrate per


yadg aCjiwv (').
Anche rara tale rappresentazione per Serapide. Come distintivo

di questa divinit, il capo umano del serpente ha il calathus (2), e il volto virile barbato, come appunto figurato nel nostro bassorilievo. E cos apparisce in un bronzo posseduto da

A. Nordtmann (3). Il serpente un aspide, come si rileva dalla


gonfiatura enorme del collo (4), ei nell'estremit inferiore allacciato

con Iside, anch'essa rappresentata sotto forma di aspide(fig. 2).

Sotto aspetto di serpente comune, coi medesimi distintivi, si trova almeno in alcune monete imperiali romane, coniate in

(') Huelsen, Miscellanea epigraphica, in Mittheilung. des Rm. Instituts, 1896, pag. 238.

(') Si noti che questo distintivo pu anche mancare. Vedi anche Reinach, Rpertoire de la statuaire I, 186-187 ; II, 18 e 20. Il serpente
con capo umano figura anche in alcune singolarissime monete fatte coniare, col permesso dell'imperatore Antonino Pio o M. Aurelio, dal famoso impostore

Alessandro della citt di Abonotico nella Paflagonia, detta da lui


Ionopoli. Narra Luciano nel dialogo Wevdo/xccvzie che il predetto Alessandro si serviva di un serpente, da lui chiamato Glicone, e al quale avea acconciato

in pittura una testa umana, per dare responsi a una grande moltitudine

di devoti, che vi accorrevano da ogni parte dell'impero. Potrebbe


quindi venire il sospetto che la nostra rappresentazione alluda a qualche scena di consultazione di tale oracolo. Tanto pi che il culto di tale serpente

fu introdotto in Roma dallo stesso Alessandro e vi si diffuse. Credo


tuttavia che tale relazione debba escludersi non solo perch il serpente Glicone, quale descritto da Luciano, e si vede nelle monete, (Eckhel, Doctrina Numorum, 2, 283) non apparisce affatto cogli attributi di Giove Serapide, come invece figurato nel nostro bassorilievo, ma per essere
in questo messo in rapporto con Isitiche, che manca nelle monete e in nessun

modo ricordata da Luciano, secondo il quale, era il solo Alessandro a trattare col dio serpente e ad averne i responsi. (3) Monuments rlatifs au eulte d'Isis Cyzique, in Rvue Archologique, 1879, pag. 256 e tav. 9a.

(') Maspcro, Hist. de VOrient, I, pag. 33. Apul., Metamorph. XI :


. . .. supersedebat aspis, squameae cervicis striata, tumore sublimis.

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Egitto, cio di Adriano (1), di Antonino il Pio (2), di Marco


Aurelio (3), di Faustina Augusta (*) e di Gioviano (6). A confermare poi che nel nostro bassorilievo si tratti del
dio egiziano, e non dell'Agatodemone, viene il confronto del tipo barbato con mustacchi, e della folta capigliatura del volto umano,

PlG. 2.

col tipo in tutto simile col quale nella statuaria apparisce Serapide (fig. 8) (6).
t1) Dattari, op. cit., I, pag. 116, n. 1827, tav. 22. (a) Ivi, pag. 182, n. 2831, e tav. 22. Il serpente si attortiglia diritto sul dorso di un cavallo. (3) Ivi, pag. 233, n. 3517 e tav. 22. (4) Ivi, pag. 242, n. 3632 e tav. 22.

(s) Lafaye, Histoire du eulte des Divinits d'Alexandrie etc. hors


d'gypte, Paris, 1884, pag. 321 ne cita di Giuliano, ma il Cohen non l'ha. Riguardo a Gioviano, vedi Cohen, Deseription etc. Iovien. n. 25, (G) Vedi il eh. Araelung, Le Sarapis de Bryaxis, in Rvue Arohologique 1903, voi. II, pag. 191. Confronta la tav. XIV.

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La donna che gli sta a destra, certamente Iside, non


solo perch queste due divinit sono in stretto rapporto fra loro, ma anche perch ha in testa il calathus, che suo distintivo, e la tunica legata al petto. Il corno, poi, dell'abbondanza, che

Pig. 3.

tiene col braccio sinistro, ne determina meglio la forma individuale

, nella quale rappresentata, cio di Tyche (Fortuna), onde il nome particolare di Isitiche ('). Questa identificazione d'Iside
(') Non c' da pensare ad Isi-Igia, perch, sebbene questa sia quasi sempre associata al serpente, o avvolgentele il corpo, o presso un albero, o in altro modo, non ha il calathus. Ad ogni modo, per il sincretismo della rappresentazione, come si dir in appresso, si pu anche intendere incluso

quest'altro attributo di Iside.

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con la Fortuna la pi comune, fra quelle di cui si valso il


sincretismo religioso, specialmente nell'et imperiale. Accanto ad

essa, in terra, figurato un oggetto che il Fabretti chiama situla; il Matz l'interpreta per un sacco di grano, avvertendo per di non voler dare per sicura tale interpetrazione. A dir
vero, l'artista non stato troppo felice nel disegnare tale oggetto

. Indarno infatti vi cerchereste la forma cilindrica della sitala

o della cista. Ma, essendo noto che tra i distintivi di Isitiche figura anche la sitala, preferisco l'opinione del Fabretti
a quella del Matz, la quale non solo non trova riscontro in altre rappresentazioni, ma non giustificata dal bassorilievo stesso,

che egli evidentemente non ebbe sotto gli occhi. Ad un sacco,


infatti, per quanto pieno, non sogliono mancare le pieghe, almeno
nella parte superiore, l dove viene legato ; mentre nel bassorilievo

l'oggetto termina in forma cilindrica. La situla ha forse


relazione col fatto che Isitiche spesso rappresentata nell'atto

di porgere al serpente il latte in un vaso.


Ma qualunque sia questo oggetto, certo che i due personaggi

rappresentati sono Serapide ed Iside, le due grandi divinit

egiziane, il culto delle quali a Roma risale al finire della


seconda guerra punica, ma che non cominci a prosperare se. non sul finire della repubblica, quando i triumviri eressero in loro onore un tempio (43 a. Cr.). Nell'impero, col favore degli imperatori, specialmente di Caracalla, si diffuse largamente ('); e sono noti i templi ed i sacelli che in loro onore furono eretti in Roma e fuori (s). La introduzione e la diffusione dei culti
(') Iside e Serapide appariscono nelle monete di Faustina giuniore, di Settimio Severo, di Postumo, Giuliano li, Elena, Gioviano (Gnecchi, / tipi monetarii della Roma imperiale, pag. 23 e tav. Vili). Giuliano ed Elena si fanno ritrarre sotto l'aspetto di Serapide ed Iside (Cohen, Description historique etc. Julien et Hlne, n. 2). (s) Vedi Lafaye, Histoire du eulte des Divinits d'''Alexandrie etc. hors de VEgypte, Paris, 1884; Bouch Leclerq, Histoire de la Divination dans Vantiquit. Paris, Leroux, voi. Il, pag. 391.

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stranieri in Roma erano una conseguenza del suo ordinamento politico. I pellegrini e gli abitanti dei municipi, che trasmigravano

in Roma, potevano esercitare in privato il culto dei


loro paesi. In ogni conquista di territorio, i romani acquistavano altri di non solo perch spesso promettevano templi in Roma alle divinit dei loro nemici per averle propizie, ma anche per la ragione che, impadronitisi delle citt, ne trasportavano in Roma tutte le cose sacre; e riserbando il tesoro allo Stato od ai soldati

vincitori, consegnavano le statue degli Dei ai Pontefici. Era un'eccezione che una citt conquistata potesse ritenere i suoi di. Ammessi al culto pubblico, venivano eretti templi in loro onore prima fuori del pomerio, indi dentro la citt stessa ('). Le moltiplicate relazioni cogli Stati orientali, l'affluire in Roma
di gente di ogni nazione, e l'essere stranieri molti imperatori aiutarono

grandemente tali condizioni di cose.


L'introduzione del culto degli Dei Greci risaliva ad una data pi antica di quella degli Dei Egiziani, perch avvenuta
sotto i Tarquinii, mentre quello del dio persiano Mithra ad essi posteriore, dovendosi a Pompeo dopo la presa della Cilicia. Gli Dei patrii, gl'Indigetes, vissero dapprima di buon accordo

coi Novensiles, e furono venerati l'uno accanto all'altro ;


poi, veduto che in sostanza Zeus valeva Giove: Ermes, Mercurio:
Afrodite, Venere, ecc., si vennero confondendo in uno le due divinit

, rimanendo all'unico Dio il godimento di due o pi nomi.


Era questo il secondo passo al sincretismo religioso, che si fece pi innanzi quando in tale fusione furono accolti anche gli di orientali. Gi Tacito (2) alla fine del primo secolo o agli inizi del
secondo, dopo avere narrata la maravigliosa venuta di Serapide
ad Alessandria, cercava di spiegare a qual dio greco, romano od
egizio, egli corrispondesse. Alcuni, dice, credono che Serapide sia

lo stesso che Esculapio, altri Osiri, molti Giove, perch il pi


(') Marquardt, Le eulte chez les Romains, I, pag. 105. (a) Hist. IV, 84.

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Di una singolare rappresentazione mitologica

potente; moltissimi invece pensano che sia Dite, e lo congetturano

dalle caratteristiche manifeste ed occulte che presenta. E


poco oltre la met dello stesso II secolo, l'africano Apuleio (')
cos faceva parlare Iside: Per la razza primitiva dei Frigi io sono
la deessa di Pessinunte e la madre degli Dei ; il popolo autoctono

dell'Attica mi chiama Minerva Cecropia, lo sono Venere


Pana per gl'isolani di Cipro ; Diana Dittinna peri Cretesi. Nelle tre lingue di Sicilia io ho nome di Proserpina Stigia, di Cerere antica ad Eleusi. Gli uni mi invocano sotto il nome di Giunone, altri sotto quello di Bellona. Qui io sono Ecate, l sono Eam-

nusia. Ma gli Etiopi, gli Arii, i dotti Egiziani soli mi rendono il vero culto e mi dnno il nome a me proprio, che Iside.
Con questo il sincretismo religioso avea fatto l'ultimo passo.

Non erano pi distinte Divinit, viventi di buon accordo : non


pi si fondevano a gruppi in una sola divinit: ma tutte s'identificavano

in due somme divinit, in Serapide, il grande slg Zsvg


2aQam.g, quindi nolvwvofiog e {.ivQifioQqog ed in Iside, la Pan-

thea, non solo perch la Dea di tutti, ma perch la Dea unica, di cui tutte le altre divinit non sono altro che suoi nomi, onde a ragione fu detta myrionyma (2). Questo sincretismo, favorito
evidentemente dalla grande idea monoteistica cristiana, era quasi

perfetto all'epoca del nostro bassorilievo, cio al principio del secolo III.
Ma tale sincretismo non impediva, anzi favoriva i culti particolari

. Serapide ed Iside erano cos particolarmente venerati


come divinit iatromantiche di primo ordine. Quindi l'associaci

Metamorphos. lib. XI, pag. 402. Ediz. Nisard. Paris, 1842. (2) G. I. L. V, 5080; X, 3800. Gi altre divinit godevano di molti
nomi : Venere, p. es., secondo il Larcher, ne avea 248, ma questi, o indicavano

spesso i luoghi dove massimamente erano venerate, o qualche loro


attributo o protezione diversa. Veggasi per esempio il carme secolare d'Orazio

, o Marciano Capella, De nuptiis PMlologiae, 2, 149, per i vari nomi


di Giunone..

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zione di Serapis ed Asclepio divenne comune. Le due divinit avevano le stesse funzioni medicali, il medesimo carattere cto-

nico, e, ad eccezione del calathus, quasi la stessa figura.


molto probabile che il serpente con la testa umana sia una rappresentazione

tipica che non avesse in origine niente che fare col


serpente di Esculapio, e .ne potrebbero essere indizio le monete imperiali alessandrine sopra citate, ma non credo possa negarsi

che il serpente, attributo di Esculapio, non abbia favorito in


Roma l'identificazione delle due divinit; onde, ai romani del 3
secolo, la rappresentazione di Serapide, quale nel nostro bassorilievo

, risvegliava insieme quella di Esculapio, entrambi come


unica divinit maschile, protettori della sanit e allontanatoli
dei mali. Non certo necessario arrecare delle prove della qualit

iatromantica e salutare di Serapide, come di quella di Isitiche ('). I santuari di Serapide erano divenuti dei veri ospedali ove si credeva ottenere la guarigione da ogni specie di male per mezzo di pratiche, che univano l'arte del medico a quella della
superstizione pi esaltata (2). Il nostro bassorilievo non che un ex-voto, che fu incastrato

o in una parete di un qualche sacello in onore di Serapide


e di Iside, o anche nella parete esterna della casa del graziato

dagli Dei. Quale che sia il significato particolare (3) del


gesto d'Isitiche, che protende il braccio col ramo fino a toccare le spire del serpente-Serapide, significato a noi oscuro, perch
ancora troppo poco quello che si conosce del culto di queste due

(') Veggasi fra gli altri il Fabretti (op. cit., pag. 421, nn. 111-114) dove arrecato anche un altro ex-voto per guarigione, in onore di Iside. (3) Sul culto particolare d'Isiticie ricordo la statua a lei eretta nel pronao del tempio della Fortuna di Preneste da L. Savioleno, di cui ha
recentemenie parlato il eh. D. Vaglieri nel Bull, della Comm. Arch. Comunale

di Roma, 1909, pag. 258.


(3) Il gesto del braccio proteso verso il basso comune nell'arte classica

, specialmente nelle monete.

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divinit, si pu dall'insieme rilevare che l'ex-voto fu dovuto collocare

da chi riferiva a queste due divinit, non solo la sanit


ricuperata, ma anche la fortuna, sia pure come frutto dell'ottenuta

ubertosit dei campi, a cui pare voglia alludere il ramo


di spighe, tenuto in mano dalla dea.

F. Grossi Gondi.

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