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Sintesi, elaborazione e osservazioni sulla sentenza delle Sezioni Unite Civili, n.

26972 del 2008, in tema di danno non patrimoniale


SOMMARIO: 1) Introduzione. 2) Quali sono i casi determinati dalla legge ? (la tipicit del danno non patrimoniale). 3) segue: la violazione dei diritti costituzionali della persona e la collocazione sistematica del danno biologico. 4) I limiti alla risarcibilit dei diritti costituzionali della persona. La natura inviolabile del diritto. 5) segue: la forza espansiva dellart. 2 Cost. . 6) segue: la gravit delloffesa. 7) Una prima conclusione. 8) La pretesa continuit con la precedente sentenza delle Sezioni Unite, n. 6572 del 2006. 9) Lopera di demolizione delle Sezioni Unite. Il superamento del danno morale soggettivo. 10) Lassorbimento del danno esistenziale nellunitario danno non patrimoniale (nei casi previsti dalla legge ordinaria). 11) segue: il superamento della vecchia distinzione fra danno morale soggettivo e danno esistenziale. 12) segue: lassorbimento del danno esistenziale nel danno non patrimoniale da lesione di diritti costituzionali inviolabili della persona. 13) La distinzione fra sofferenza morale e danno biologico psichico. 14) Assorbimento della sofferenza morale (ex danno morale soggettivo) nel danno biologico. 15) segue: difficolt di applicare la personalizzazione del danno biologico allex danno morale soggettivo. 16) Relazione fra sofferenza morale (ex danno morale soggettivo) e danno parentale. 17) Estensione del danno biologico. Il danno biologico dinamico relazionale medio. 18) Il danno non patrimoniale dallillecito extracontrattuale a quello contrattuale. 19) Il danno ai congiunti della vittima. Danno biologico iure ereditario. 20) segue: la questione della risarcibilit della lesione del diritto alla vita. 21) segue: apertura giurisprudenziale; la lucida attesa della morte. 22) segue: la posizione delle Sezioni Unite in commento. 23) La prova del danno non patrimoniale.

1) Introduzione. La sentenza delle Sezioni unite che si commenta rappresenta indubbiamente una tappa di fondamentale importanza nella travagliata vicenda del danno non patrimoniale. La sua importanza sta non solo nei nodi che ha sciolto (soprattutto sul travagliato tema del danno esistenziale), ma anche nelle conferme autorevolmente date a soluzioni gi in precedenza prodotte dalla giurisprudenza di legittimit. Scopo della presente nota quello di esaminare gli aspetti di maggiore rilevanza, soprattutto pratica, affrontati dalle Sezioni unite. 2) Quali sono i casi determinati dalla legge ? (la tipicit del danno non patrimoniale). Dato il testo dellart. 2059 c.c. (Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge) agevole comprendere che uno dei passaggi essenziali in tema di danno non patrimoniale sta proprio nel chiarire quali siano questi casi determinati dalla legge. In ci sta il requisito della c.d. tipicit del danno non patrimoniale. Su questo requisito della tipicit del danno non patrimoniale la Cassazione aveva gi opportunamente insistito pi volte1, osservando che, mentre per il risarcimento del danno patrimoniale, mediante il solo riferimento al danno ingiusto, lart. 2043 c.c. (norma generale e primaria) detta il carattere della atipicit dellillecito 2, per il danno
v. ad esempio Sez. III civile, n. 23918 del 2006, in Foro it., 2007, I, c. 71; conf. Sez. III civile, n. 9510 del 2007 e Sez. II civile, n. 9861 del 2007. 2 v. Sez. un. civili, n. 500 del 1999.
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non patrimoniale vale invece la regola opposta della tipicit, perch lart. 2059 c.c. ne limita il risarcimento ai soli casi previsti dalla legge. Anticipando i rilievi della sentenza che si commenta, la stessa giurisprudenza di legittimit aveva di conseguenza affermato che ai fini dell'art. 2059 c.c. non pu farsi riferimento ad una generica categoria di danno esistenziale, dagli incerti confini, poich attraverso questa via si finirebbe per portare anche il danno non patrimoniale nell'atipicit, sia pure attraverso l'individuazione dell'apparentemente tipica categoria del danno esistenziale. Pertanto, si era gi detto, il risarcimento del danno non patrimoniale, fuori dall'ipotesi di cui all'art. 185 c.p. e delle altre minori ipotesi legislativamente previste, attiene solo alle ipotesi specifiche di valori costituzionalmente garantiti (la salute, la famiglia, la reputazione, la libert di pensiero, ecc.). Non sufficiente, quindi, osservava gi la Corte di Cassazione, come per il danno patrimoniale, che sussista una lesione di una posizione giuridica considerata meritevole di tutela da parte dell'ordinamento, sia pure a fini diversi da quelli risarcitori, ma necessario (per ottenere il risarcimento ex art. 2059 c.c., e va aggiunto - salvo per i casi di reato o altri previsti specificamente dalla legge, anche comunitaria) che tale lesione attenga a valori della persona umana che la Costituzione dichiari inviolabili e, come tali, oggetto almeno della tutela minima, che quella risarcitoria. Le Sezioni Unite che si commentano mostrano dunque di condividere questa preoccupazione per la tipicit necessaria del danno non patrimoniale, e quindi (sulla scia della giurisprudenza appena citata) indicano allinterprete quali sono i casi di risarcimento del danno non patrimoniale, distinguendoli in tre categorie. La prima tradizionale categoria quella che ha visto la luce fin dalla pubblicazione del vigente codice civile, tanto che ha rappresentato il capostipite del danno non patrimoniale. Si tratta ovviamente dei reati, secondo quanto dispone ancora oggi lart. 185 c.p. . Affermano dunque le Sezioni unite che in ragione dellampia accezione del danno non patrimoniale, nel caso di una fattispecie concreta costituente reato risarcibile non soltanto il danno non patrimoniale conseguente alla lesione di diritti costituzionalmente inviolabili, ma anche quello conseguente alla lesione di interessi inerenti la persona non presidiati da siffatti diritti, e tuttavia meritevoli di tutela in base all'ordinamento giuridico (secondo il criterio dell'ingiustizia ex art. 2043 c.c.). In altre parole, quando lillecito civile considerato dallordinamento anche come reato, il risarcimento del danno non patrimoniale (nel lato concetto propugnato dalle Sezioni Unite in commento) dovuto a prescindere dallaccertamento della lesione di un diritto costituzionale inviolabile della persona, come del resto avveniva prima che si ponesse la questione della tutela di tali diritti costituzionali mediante il riconoscimento, in siffatti casi, del danno non patrimoniale. La seconda categoria di fatti illeciti , anchessa, frutto della produzione normativa a livello della legge ordinaria. Essa costituita da tutti gli altri casi (previsti, appunto, da norme di livello non costituzionale) in cui il legislatore ordinario dispone il risarcimento anche dei danni non patrimoniali. Si tratta di leggi ordinarie che predispongono la tutela risarcitoria a fronte della compromissione di valori personali (es. art. 2 l. n. 89/2001, in tema di mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo). Opportunamente le Sezioni unite gettano lo sguardo anche alla normativa sovranazionale, ricordando che casi di risarcimento del danno non patrimoniale

potrebbero essere previsti anche da una norma comunitaria, in ragione della prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno3.

3) segue: la violazione dei diritti costituzionali della persona e la collocazione sistematica del danno biologico. Peraltro, pare a chi scrive che la categoria di fatti illeciti pi problematica, direttamente connessa alla controversa figura del danno esistenziale (ed anzi contrapposta ad essa) sia quella della violazione dei diritti costituzionali inviolabili della persona. In realt la tanto invocata tipicit del danno non patrimoniale viene (in parte non secondaria) rinnegata anche delle Sezioni unite in commento, come si vedr soprattutto trattando dellart. 2 Cost. . Qui si osserva, intanto, che anche le Sezioni Unite in commento accettano il principio per cui la norma di rango costituzionale la quale preveda un diritto inviolabile della persona (es. art. 13 Cost.) venga integrata dallinterprete nel senso che essa preveda (per il caso che intervenga violazione di quel diritto) anche il risarcimento del danno civile a favore della vittima. Si sostiene, infatti, che, consacrata lesistenza di un tale diritto, non si pu poi negare ad esso la tutela minima, che quella risarcitoria. Affermano quindi le Sezioni unite che, al di fuori dei casi determinati dalla legge (cio al di fuori delle prime due categorie di cui sopra si detto), in virt del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, la tutela estesa ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione. Secondo il pensiero delle Sezioni unite (del resto ineccepibile) anche il danno biologico viene assorbito in questa terza categoria di illeciti produttivi di danno non patrimoniale risarcibile. Affermano infatti le Sezioni unite che, per effetto di tale estensione della tutela risarcitoria ai diritti costituzionali inviolabili della persona, va ricondotto nell'ambito dell'art. 2059 c.c., il danno da lesione del diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost.) denominato danno biologico, del quale data, dagli artt. 138 e 139 d. lg. n. 209 del 2005, specifica definizione normativa suscettibile di generale (quindi anche oltre i sinistri stradali) applicazione. Fra laltro, pare assai significativo questo accenno delle Sezioni unite alla possibile generale applicazione della definizione del danno biologico, perch potrebbe essere utilizzato dagli interpreti per ritenere che gli interi artt. 138 e 139 cit. (compresi i relativi meccanismi di calcolo del risarcimento) debbano essere applicati anche fuori del settore dei sinistri stradali, come individuato dal d. lg. n. 209 del 2005. Gi in dottrina4, si era osservato che l'intervento sulla materia del danno, consistito nella l. n. 57 del 2001 (una progenitrice in tema di danno biologico in diritto positivo), era stato attuato attraverso un inserimento delle nuove disposizioni nel d. l. n. 857 del 1976 (conv. in l. n. 39 del 1977) che, a sua volta, costituiva parte novellistica
Ricordano le Sezioni Unite in commento che l'effetto connesso alla vigenza di una norma comunitaria quello non gi di caducare la norma interna incompatibile, bens di impedire che tale norma venga in rilievo per la definizione della controversia innanzi al giudice nazionale (v. C. cost. n. 170 del 1984; Sezioni Unite n. 1512 del 1998; Cass. n. 4466 del 2005). 4 v. infatti A. NANNIPIERI, La leggina sulle microinvalidit: una soluzione inadeguata da rivedere, in Rivista giuridica della circolazione e dei trasporti, 2001, p. 599. 3
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rispetto alla l. n. 990 del 1969 (oggi lo stesso si pu dire rispetto agli artt. 122 e s. del d.lvo n. 209 del 2005). Quindi si ripropongono oggi taluni dubbi di costituzionalit a proposito dei limiti applicativi di una normativa per sua natura di rilevanza generale (come quella del danno biologico, che pu derivare dai pi vari fatti illeciti dannosi), ma che stata inserita in una materia ristretta e specifica (quella dei sinistri stradali). Infatti, i nuovi artt. 138 e 139 del d. lg. n. 209 del 2005 sono applicabili, a stretto rigore letterale, solo ai fatti illeciti che rientrano nellambito della Assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti (titolo X, artt. 122-160)5. Ci posto, non pu essere ragionevolmente giustificato, in relazione agli artt. 3 e 32 Cost., che i criteri di individuazione e quantificazione del danno biologico previsti dalla novella (d. lg. n. 209 del 2005) siano diversi da quelli applicabili in tutte le altre numerose fattispecie risarcitorie, quale che sia il fatto generatore del risarcimento e la natura contrattuale o extracontrattuale dell'illecito. Chiusa questa breve parentesi, pare di poter dire che le Sezioni unite, assorbendo il danno biologico nella categoria dei diritti costituzionali inviolabili della persona (e quindi nellart. 2059 c.c.) sanciscono definitivamente la bipolarit del sistema della responsabilit extracontrattuale, della quale (sotto il profilo sistematico) il danno biologico rappresenta una illustre vittima. Infatti, il danno biologico perde non solo la sua natura di tertium genus (che a lungo gli spett, nellambito della concezione tripolare del danno extracontrattuale), ma esso perde anche la sua autonomia nellambito dellart. 2059 c.c., finendo per diventare uno dei tanti casi di danno da violazione di un diritto costituzionale inviolabile della persona. Senza nulla di nuovo scoprire, le Sezioni unite ci ricordano, inoltre, che fanno parte di questultima categoria la lesione del rapporto parentale (artt. 2, 29 e 30 Cost.), la violazione del diritto alla reputazione, all'immagine, al nome, alla riservatezza; diritti inviolabili della persona incisa nella sua dignit, preservata dagli artt. 2 e 3 Cost.6

4) I limiti alla risarcibilit dei diritti costituzionali della persona. La natura inviolabile del diritto. Forse nel timore di avere aperto (con il riconoscimento della tutela risarcitoria dei diritti costituzionali della persona) un varco troppo ampio alle richieste di risarcimento delle persone offese, le Sezioni Unite in commento si preoccupano di porre due limiti fondamentali alla riconosciuta categoria7. Si noti, quindi, che le Sezioni Unite, oltre ad esigere (ai fini del risarcimento) la lesione di un diritto costituzionale della persona, esigono altres che detto diritto sia inviolabile; tanto che nel par. 3.10 della motivazione, facendo lesempio del disagio cagionato dall'impossibilit di uscire di casa per l'esecuzione di lavori stradali,
In tal senso, e anche per altre possibili ma (a mio avviso) meno convincenti interpretazioni, v. SPERA, in www. cosmag.it, Incontro di studio centrale, n. 2464 del 2007, p. 2 della relazione, nonostante la mancata chiarezza dellart. 138 cit. sulla questione. 6 V. Cass., sent. n. 25157 del 2008. 7 Affermano le Sezioni Unite che non spetta il rango di diritti costituzionali della persona ai diritti riconosciuti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, ratificata con la l. n. 88 del 1955, poich la Convenzione, pur essendo dotata di una natura che la distingue dagli obblighi nascenti da altri trattati internazionali, non assume, in forza dell'art. 11 Cost., il rango di fonte costituzionale, n pu essere parificata, a tali fini, all'efficacia del diritto comunitario nell'ordinamento interno (v. C. cost. n. 348 del 2007).
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precisano che in tal caso non stato leso un diritto inviolabile della persona (pur trattandosi di un diritto costituzionale), non spettando tale rango al diritto alla libera circolazione di cui all'art. 16 Cost., che infatti pu essere limitato per varie ragioni. Le Sezioni Unite in tal modo si limitano ad un breve cenno alla questione della natura dei diritti inviolabili della persona, che invece riveste una notevole rilevanza anche pratica, dato che solo dalla inviolabilit del diritto consegue la possibilit di ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale. La giustificazione teorica di questo limite (della natura inviolabile del diritto) non sembra essere chiara, a meno che non si ritenga essere giustificazione sufficiente lesigenza di limitare i risarcimenti, mediante un limite del quale difficile scorgere il fondamento normativo. Infatti, una volta accertato un fatto doloso o colposo (ex art. 2043 o 1218 c.c.), non si vede perch lingiustizia del danno (quella di cui allart. 2043 c.c., o comunque quella insita nellinadempimento di unobbligazione) debba essere sezionata, ritenendo rilevante (cio utile a fini risarcitori) solo quella che raggiunga un limite arbitrario (cio privo di fondamento giuridico), quale quello della natura inviolabile del diritto costituzionale. Piuttosto, si dovrebbe ritenere che la natura violabile del diritto costituzionale esprima la possibilit che quel diritto possa essere limitato per soddisfare altre esigenze meritevoli di tutela secondo lordinamento giuridico, ma non certo per il mero comportamento doloso o colposo delloffensore (altrimenti opinando, privo della tutela minima risarcitoria, quello non sarebbe pi un diritto effettivo). Poste tali riserve, occorre comunque chiarire, in sintesi, almeno due problemi: quale sia lessenza della inviolabilit e come la si possa riconoscere8. Secondo alcuni studiosi, il carattere (e quindi il limite) della inviolabilit andrebbe applicato (cio: sarebbe opponibile) soltanto al legislatore, ai giudici e alla pubblica amministrazione. Ne conseguirebbe un sostanziale svuotamento dellinviolabilit, che esprimerebbe semplicemente il fatto che si tratta di diritti garantiti dalla Costituzione, come tali vincolanti per il legislatore ordinario (ci che superfluo dire), ma non per quello costituzionale. Da parte della dottrina maggioritaria, nellintento di riempire di contenuto effettivo il requisito della inviolabilit, si invece ritenuto che detto carattere esprime qualcosa di pi della intangibilit rispetto alla scelte del legislatore ordinario. Questo qualcosa in pi consisterebbe nel dato per cui i diritti inviolabili sono sottratti anche al potere di revisione costituzionale regolato dall'art. 138 Cost., almeno per ci che costituisce il loro nucleo essenziale. La giustificazione teorica di questa invulnerabilit, anche rispetto al legislatore costituzionale, sta nel fatto che essi costituiscono un nucleo intangibile, destinato a contrassegnare la natura dellaggregazione sociale cui si voluto dare vita attraverso la carta costituzionale. Questultima tesi stata condivisa dalla giurisprudenza costituzionale, che infatti ha considerato questi diritti (inviolabili) sottratti al potere di revisione costituzionale. Cos, ad esempio, in una importante pronuncia9 la Corte Costituzionale ha difatti affermato che in base all'art. 2 Cost. il diritto ad una comunicazione libera e segreta inviolabile, nel senso generale che il suo contenuto essenziale non pu essere oggetto del procedimento di revisione costituzionale, poich tale diritto esprime un valore della Sul tema che segue v. E. ROSSI, Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, Utet, 2006, vol. I, p. 42 e s. 9 v. C. cost., sentenza n. 366 del 1991.
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persona avente un carattere fondante rispetto al sistema democratico voluto dal costituente10. Di conseguenza, la Corte Costituzionale ha affermato la propria potest di giudicare dell'illegittimit costituzionale di leggi costituzionali che violassero i suddetti diritti inviolabili. La capacit di resistenza del diritto inviolabile della persona al procedimento di revisione costituzionale non ci dice, per, a monte, quale sia il carattere distintivo (il metodo di riconoscimento) della inviolabilit. A tale proposito, giova ricordare che la Costituzione attribuisce espressamente il carattere della inviolabilit a quattro diritti: la libert personale (art. 13), quella di domicilio (art. 14), la libert e segretezza della corrispondenza (art. 15), il diritto alla difesa (art. 24, comma 2). Ci tuttavia (secondo la dottrina e la costante giurisprudenza costituzionale) non consente di affermare che altri diritti riconosciuti dalla Costituzione siano necessariamente privi (solo perch mancano di una corrispondente e analoga definizione costituzionale di tipo letterale) del carattere della inviolabilit, stabilito dall'art. 2 Cost. . Infatti, la Corte Costituzionale ha affermato che devono essere considerati inviolabili anche alcuni altri diritti della persona. Cos ha fatto per il diritto alla vita 11, per il diritto alla libera manifestazione del proprio pensiero12, per il diritto di contrarre matrimonio 13, per il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa14, per il diritto di associazione15, per il diritto alla salute16, per i diritti della persona nella famiglia 17, per il diritto di avere una famiglia 18, per i diritti dei minori all'istruzione, al mantenimento e alleducazione19, e in altri casi. Fallace essendo il dato letterale, permane quindi la difficolt di individuare un preciso carattere distintivo della inviolabilit. Probabilmente linterprete si deve accontentare (oltre che degli espliciti riconoscimenti della Corte costituzionale, quando ci sono) della definizione per cui sono inviolabili tutti quei diritti il cui riconoscimento essenziale al fine della realizzazione della forma di stato democratico, sociale e di diritto20.

5) segue: la forza espansiva dellart. 2 Cost. . Abbiamo visto come le Sezioni Unite del novembre 2008 riconoscono, fra i casi di risarcimento del danno non patrimoniale, la categoria dei diritti costituzionali inviolabili della persona. Ci siamo gi posti (tentando di risolverlo) il problema di quali siano i diritti costituzionali inviolabili della persona (e quindi: sono inviolabili non solo quelli testualmente definiti come tali dalla carta costituzionale, ma anche quelli il cui
Sulla stessa linea v. C. cost. n. 183 del 1973, n. 1146 del 1988, n. 232 del 1990. C. cost., n. 54 del 1979 e 223 del 1996. 12 C. cost. n. 122 del 1970. 13 C. cost. n. 27 del 1969. 14 C. cost., n. 14 del 1973. 15 C. cost., n. 239 del 1984. 16 C. cost. n. 103 del 1977 e 252 del 2001. 17 C. cost. n. 258 del 1982. 18 C. cost., n. 199 del 1986 e 181 del 1976. 19 C. cost., n. 199 del 1986 e 198 del 2003. 20 La definizione di PIZZORUSSO, Persone fisiche, in Comm. Scialoja Branca, Bologna Roma, 1988, p. 30.
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riconoscimento essenziale per la realizzazione della forma di stato democratico, sociale e di diritto). Ora ci dobbiamo porre un problema ulteriore: i diritti costituzionali inviolabili della persona sono un numero chiuso (e cio un elenco non suscettibile di aggiunte) o una categoria aperta a nuovi ingressi? Cos procedendo, siamo arrivati ad una ulteriore questione parimenti essenziale, che possiamo definire come quella della natura chiusa o aperta dellart. 2 Cost. . Vi infatti conflitto interpretativo fra chi ritiene che la categoria dei diritti di cui allart. 2 Cost. sia chiusa e rigida (e quindi lart. 2 Cost. non sarebbe norma introduttiva di nuovi diritti, ma farebbe riferimento a quelli gi altrove indicati dalla Costituzione) e chi la considera invece aperta ed elastica, e cio in grado di arricchirsi di nuovi diritti in via interpretativa (e quindi lart. 2 Cost. sarebbe fonte potenziale di nuovi diritti inviolabili). La Corte costituzionale, mentre inizialmente sembrava aver attribuito all'art. 2 Cost. il significato di norma meramente riassuntiva e quindi introduttiva delle libert gi espressamente tutelate in Costituzione 21, sia pure non senza talune oscillazioni 22, poi si orientata nel senso che l'art. 2 Cost. contiene un elenco aperto dei diritti della persona, ammettendo quindi l'esistenza di diritti inviolabili non esplicitamente riconducibili ad altre norme costituzionali23. Pi precisamente, la giurisprudenza costituzionale ha ormai da anni risolto la questione, prendendo posizione a favore della teoria della norma a fattispecie aperta. Lo ha fatto a partire dalla sentenza n. 561 del 1997, nella quale la Corte ha riconosciuto che, costituendo la sessualit una delle forme essenziali di espressione della persona umana, il diritto di disporne liberamente costituisce un diritto soggettivo assoluto, che va ricompreso tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione e inquadrato tra i diritti inviolabili della persona umana, che l'art. 2 Cost. impone di garantire. L'adesione alla teoria dellart. 2 Cost. inteso come norma aperta (seguita ad una giurisprudenza pi incline alla tesi opposta), sottolineata dallo stesso Presidente della Corte24, stata poi confermata dalla giurisprudenza costituzionale successiva, che ha riconosciuto natura di diritto inviolabile, ai sensi dellart. 2 Cost., ad esempio al diritto sociale all'abitazione25, al diritto di abbandonare il proprio paese26, al diritto alla propria formazione culturale27, al diritto al nome, inteso come primo e pi immediato carattere distintivo che qualifica l'identit personale28. Sulla concezione aperta dellart. 2 Cost. si pronunciata anche la Cassazione29, la quale ha ritenuto che, superata ormai da anni la questione relativa alla funzione precettiva e non programmatica dell'art. 2 Cost., con conseguente affermazione della rilevanza costituzionale della persona umana in tutti i suoi aspetti, questa norma comporta che l'interprete, nella ricerca degli spazi di tutela della persona, legittimato a v. ad es. le pronunce della Corte Costituzionale n. 29 del 1962, n. 77 del 1972, n. 238 del 1975, n. 57 del 1976, n. 98 e n. 125 del 1979, n. 188 del 1980, n. 132 del 1985, per le quali i diritti inviolabili riconosciuti dall'art. 2 sono quelli riconosciuti (almeno in quanto necessariamente conseguenti) dalle specifiche norme costituzionali concernenti singoli diritti e garanzie. 22 v. ad es. Corte cost. n. 27 del 1969, n. 225 del 1974, n. 25 del 1975, n. 283 del 1987. 23 v. ad es. Corte cost. n. 215 e n. 561 del 1987. 24 Saja, La giustizia costituzionale nel 1987, in Giur. cost., 1988, II, p. 179. 25 C. cost., n. 404 del 1988. 26 C. cost., n. 278 del 1992. 27 C. cost., n. 383 del 1998. 28 C. cost., n. 297 del 1996, n. 13 del 1994, n. 120 del 2001. 29 v. Cass. n. 6507 del 2001 (nello stesso senso anche v. Cass. n. 3769 del 1985).
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costruire tutte le posizioni soggettive idonee a dare garanzia, sul terreno dell'ordinamento positivo, ad ogni proiezione della persona nella realt sociale, entro i limiti in cui codesto risultato si ponga come conseguenza della tutela dei diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali nelle quali si esplica la sua personalit. L'art. 2 Cost. andrebbe quindi inteso nella sua pi ampia dimensione di clausola generale, aperta all'evoluzione dell'ordinamento e idonea, quindi, ad apprestare copertura costituzionale ai nuovi valori emergenti della personalit, in correlazione anche all'obiettivo primario di tutela "del pieno sviluppo della persona umana", di cui al successivo art. 3 comma 2 Cost. .30 Quest'ultima impostazione presuppone l'adesione ad una concezione "monistica" dei diritti della personalit umana31 (avente fondamento costituzionale), nellambito della quale, ad esempio, il diritto all'immagine, al nome, all'onore, alla reputazione, alla riservatezza, non sono che singoli aspetti della rilevanza costituzionale che la persona, nella sua unitariet, ha acquistato nel sistema di valori delineato dalla Costituzione. Trattasi quindi di diritti omogenei, riducibili ad unit, essendo unico il titolare ed unico il bene protetto. In proposito la Cassazione32 ritenne che la persona umana ed i suoi diritti fondamentali costituiscono un "unicum" inscindibile; pertanto, quando tali diritti siano lesi ed abbiano provocato un pregiudizio non patrimoniale (altrimenti detto "danno morale"), uno ed unitario il danno ed uno e unitario deve essere il risarcimento, ferma restando la necessit che il giudice di merito, nella liquidazione di esso, tenga conto di tutte le concrete conseguenze dannose del fatto illecito. In conclusione, si pu quindi ritenere33 che i diritti costituzionali inviolabili (perch essenziali per laffermazione della dignit umana in un certo momento storico) della persona debbono essere intesi non come un catalogo chiuso, ma come una categoria dinamica riconosciuta dalla Costituzione (quella dellart. 2 Cost.), non rimessa (nella definizione del suo contenuto) allarbitrio dellinterprete, ma capace di uno sviluppo seriamente ricostruito in via interpretativa sulla base del diritto positivo. Poste tali premesse, occorre osservare che anche su questo tema prendono posizione le Sezioni Unite che si commentano, l dove affrontano la questione della tipicit del danno non patrimoniale. Affermano infatti le Sezioni Unite che nellambito del sistema bipolare della responsabilit extracontrattuale, ormai consacrato, il risarcimento del danno patrimoniale da fatto illecito connotato da atipicit, nel senso che l'ingiustizia del danno di cui all'art. 2043 c.c. si realizza con la lesione di qualsiasi interesse giuridicamente rilevante34. Al contrario, come ci ricordano ancora le Sezioni Unite, il risarcimento del danno non patrimoniale connotato dalla tipicit, perch questo danno risarcibile solo nei casi determinati dalla legge (compresi i casi di lesione di specifici diritti inviolabili della persona previsti dalla Costituzione, e quindi presidiati dalla tutela minima risarcitoria). Peraltro le Sezioni Unite limitano fortemente la tipicit (costituzionale) del danno non patrimoniale proprio aderendo alla suddetta concezione aperta dellart. 2 Cost. 35. implicitamente su questo punto v. C. Cost. n. 13 del 1994. in questo senso v. Cass. n. 978 del 1996, n. 5658 del 1998. 32 Cass., 14 ottobre 2008, n. 25157, in CED Cass., n. 605484. 33 v. SPERA, in Guida dir., n. 49, 2004, p. 17. 34 v. sent. n. 500 del 1999. 35 G. PONZANELLI, Sezioni unite: il nuovo statuto del danno non patrimoniale , in Foro it., 2009, c. 136, giustamente afferma che reato e leggi speciali sono figure rigorosamente tipiche,
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Esse affermano, infatti, che la tutela dellart. 2059 c.c. non ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento storico, ma, in virt dell'apertura dell'art. 2 Cost. ad un processo evolutivo, deve ritenersi consentito all'interprete rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realt sociale siano, non genericamente rilevanti per l'ordinamento, ma di rango costituzionale, attenendo a posizioni inviolabili della persona umana. Con ci siamo abbastanza lontani da quella tipicit del danno non patrimoniale come essa potrebbe apparire a chi legga per la prima volta lart. 2059 c.c. . Al fine di individuare i diritti inviolabili della persona umana, linterprete si deve infatti esercitare non solo nello stretto ambito della Carta costituzionale, ma anche in una realt sociale (e quindi ordinamentale) estremamente mutevole e suscettibile delle pi varie interpretazioni. Almeno da questo punto di vista si pu dire che la sentenza delle Sezioni Unite che si commenta non poi cos restrittiva come potrebbe a prima vista sembrare.

6) segue: la gravit delloffesa. Il secondo requisito (limite) posto dalle Sezioni Unite al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla lesione di un diritto costituzionale inviolabile della persona consiste nella gravit dell'offesa al diritto costituzionale medesimo (v. par. n. 3.11 della motivazione). In altre parole, il diritto costituzionale inviolabile della persona deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio; e cio la lesione deve eccedere una certa soglia di offensivit, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza36. Viene fatto dalle Sezioni Unite lesempio del graffio superficiale allepidermide, nel quale astrattamente risulta violato un diritto costituzionale inviolabile della persona (quello alla salute, ex art. 32 Cost., sotto il profilo del danno biologico), ma in misura concretamente non rilevante. Pi precisamente, al fine di evitare richieste di risarcimento meramente speculative, anche per fatti bagatellari, le Sezioni Unite hanno elaborato il filtro duplice della gravit della lesione e della seriet del danno, con il quale hanno voluto attuare un necessario e ragionevole bilanciamento fra il principio di solidariet verso la vittima e quello di tolleranza. Secondo le Sezioni Unite il principio di tolleranza consiste in ci, che ogni persona inserita nel complesso contesto sociale deve accettare pregiudizi connotati da futilit, in virt del dovere della tolleranza che la convivenza impone (art. 2 Cost.). E facile intendere che il principio di tolleranza ampiamente condivisibile sul piano astratto, ma di difficile applicazione nei casi concreti, a causa dei suoi confini fortemente incerti. Le Sezioni unite si limitano ad affermare che la gravit della lesione e la seriet del danno devono essere accertati dal giudice secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico, affidando al giudice un compito assai difficile, oltre che connotato da ampia discrezionalit37.
mentre i diritti inviolabili sono invece caratterizzati da un atipicit elastica. 36 G. PONZANELLI, Sezioni unite: il nuovo statuto del danno non patrimoniale , in Foro it., 2009, c. 137, non condivide questo limite ideato dalle Sezioni Unite in commento, ritenendo invece che i diritti inviolabili, se sono tali, devono essere sempre risarciti, mentre la seriet del danno e la gravit delloffesa devono operare come criteri di risarcimento del danno, e non invece come parametri di selezione dei danni non patrimoniali. 9

7) Una prima conclusione. Concludendo lesame delle ripartizioni interne (sottocategorie) del danno non patrimoniale, si pu gi riconoscere, nella sistemazione della materia data dalle Sezioni Unite in commento, il seguente principio fondamentale. Il danno non patrimoniale si pu e si deve distinguere (ripartire) nel suo momento genetico. In altre parole (dato che in virt del principio di tipicit - solo da questa operazione pu derivare il riconoscimento di un risarcimento per il danno non patrimoniale subito), linterprete dovr di conseguenza necessariamente accertare se la fattispecie concreta sottoposta al suo esame sia compresa in una delle tre suddette categorie dallappartenenza alle quali lart. 2059 c.c. continua a far conseguire il risarcimento del danno non patrimoniale (reati, altri casi previsti dalla legge ordinaria, lesione di un diritto costituzionale inviolabile della persona). Al contrario le Sezioni Unite negano che alla ripartizione del danno non patrimoniale nel suo momento genetico (fonti di produzione di esso), possa corrispondere una ripartizione nel suo prodotto, e cio nella natura ed essenza di esso. In altre parole, si deve distinguere il danno non patrimoniale a seconda del fatto illecito che lo ha prodotto, ma non per quello che esso . Infatti, secondo le Sezioni unite, il danno non patrimoniale consiste in una entit unitaria, non distinguibile in sottocategorie variamente etichettate, ed definito dalle Sezioni Unite come danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica (v. par. 4.8 della motivazione). Nel suo contenuto, quindi, il danno non patrimoniale quasi del tutto indistinto, dato che la suddetta definizione recupera una qualche utilit quasi esclusivamente sul piano negativo (si deve trattare di interessi della persona non aventi natura economica). Pur correndo il rischio di banalizzare il principio affermato dalle Sezioni Unite ricorrendo ad unimmagine, possiamo descrivere il danno non patrimoniale come un lago nellambito del quale non possibile distinguere goccia da goccia, essendo invece possibile solo distinguere fra gli affluenti che lo alimentano. Labbattimento degli steccati che prima distinguevano (nel suo contenuto) i vari tipi di danno non patrimoniale porta le Sezioni Unite ad affermare che il riferimento a determinati tipi di pregiudizio (danno morale, biologico, parentale) risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno. A me sembra, per, che le Sezioni Unite, nel compiere questa operazione unificante del danno non patrimoniale, commettano almeno un errore evidente. Infatti, se il danno morale soggettivo e quello da lesione di diritti costituzionali inviolabili della persona si lasciano facilmente diluire, non si vede come si possa compiere lidentica operazione sul danno biologico, il quale deriva la sua autonomia non pi dalla elaborazione giurisprudenziale, ma dalla volont del legislatore (v. soprattutto gli artt. 138 e 139 del d. lg. n. 209 del 2005). Oltretutto, il danno biologico ha ottenuto la sua autonomia dal legislatore non solo sul piano della definizione, ma anche su quello della concreta liquidazione. Mi pare quindi difficilmente sostenibile che il danno biologico, dotato di una sua dettagliata disciplina da parte dello stesso legislatore, possa essere considerato come una etichetta avente una rilevanza meramente descrittiva. 8) La pretesa continuit con la precedente sentenza delle Sezioni Unite, n. 6572 del 2006.
Le Sezioni unite ricordano che il criterio della coscienza sociale sovente utilizzato in materia di lavoro (sent. n. 17208 del 2002 e n. 9266 del 2005) o disciplinare (v. Sez. Un. n. 16265 del 2002).
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Non poteva sfuggire alle Sezioni Unite in commento il fatto che le stesse Sezioni Unite civili della Cassazione avevano gi affrontato, poco tempo prima, lo spinoso tema del danno esistenziale; e che in quella precedente pronuncia avevano assunto, rispetto a questa nuova categoria di danno, un atteggiamento molto pi conciliante, e quasi di legittimazione. Stiamo parlando, ovviamente, della precedente sentenza delle Sezioni Unite civili n. 6572 del 2006. Ebbene, le Sezioni Unite del novembre 2008, giustamente si preoccupano di riconoscere una linea di continuit fra le due pronunce, anche per anticipare e risolvere le prevedibili incertezze della giurisprudenza. Ricordano dunque le Sezioni Unite che si commentano che quello stesso organo nomofilattico, trattando il tema del riparto degli oneri probatori in tema di riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale biologico o esistenziale da demansionamento o dequalificazione nell'ambito del rapporto di lavoro, definirono il danno esistenziale come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile), provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto alla espressione e realizzazione della sua personalit nel mondo esterno38. Si trattava, in sostanza, di unipotesi di risarcimento di danni non patrimoniali in ambito contrattuale. Comunque, non credo si possa negare che nella sentenza suddetta del 2006 le Sezioni Unite avevano dato una precisa definizione del danno esistenziale, soprattutto mediante laffermazione per cui esso incideva sul fare della vittima, e pi precisamente sulle attivit realizzatrici della persona umana. Il danno esistenziale veniva quindi definito, allora, come un danno di tipo oggettivo (esterno alla persona, appartenente alla realt visibile e direttamente percepibile), distinguendolo esplicitamente dal danno meramente emotivo ed interiore, e cio dal danno morale soggettivo. Ebbene, ad avviso delle Sezioni Unite del novembre 2008 quella decisione (ed altre conformi) non confermano la tesi del danno esistenziale come autonoma categoria (nellambito di un unitario e indistinto danno non patrimoniale), destinata ad assumere rilievo anche al di fuori dell'ambito del rapporto di lavoro. Infatti, osservano le Sezioni Unite che si commentano, le menzionate sentenze individuano specifici pregiudizi di tipo esistenziale conseguenti alla violazione dell'obbligo dell'imprenditore di tutelare l'integrit fisica e la personalit morale del lavoratore (art. 2087 c.c.). In altre parole, ci che le Sezioni Unite vogliono intendere che il danno da demansionamento (del quale si occup il collegio del 2006) perfettamente riconducibile alla sistemazione del danno non patrimoniale proposta dal collegio del 2008. Infatti, il medesimo danno da demansionamento, essendo riconducibile allart. 2087 c.c. (cio ad una norma di rango ordinario), pu essere agevolmente collocato nella categoria (di cui sopra si detto) costituita dagli altri casi (oltre lart. 185 c.p.) in cui il legislatore ordinario (o comunitario) pu prevedere il risarcimento del danno non patrimoniale (in conformit allesigenza di tipicit di cui allart. 2059 c.c.). Si potrebbe forse obiettare che lart. 2087 c.c. non prevede per (almeno espressamente) il risarcimento del danno non patrimoniale, e quindi non soddisfa lesigenza di tipicit posta dallart. 2059 c.c. .
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conf. n. 4260 del 2007, n. 5221 del 2007, n. 11278 del 2007, n. 26561 del 2007. 11

Pi convincente il secondo argomento con il quale le Sezioni Unite tentano ancora (con successo) di evitare la rotta di collisione fra le due sentenze del Supremo Consesso. Osservano infatti le Sezioni Unite che nel caso del danno da demansionamento vengono in considerazione diritti della persona del lavoratore assunti dalla Costituzione a diritti inviolabili della persona, mediante l'art. 32 Cost., quanto alla tutela dell'integrit fisica, e mediante gli artt. 1, 2, 4 e 35 Cost., quanto alla tutela della dignit personale del lavoratore. In sostanza le Sezioni Unite dimostrano che il caso del danno da demansionamento ancora una volta riconducibile ad una delle tre categorie (genetiche) di casi nei quali risarcibile il danno non patrimoniale, ed esattamente (quantomeno) alla categoria dei diritti costituzionali inviolabili della persona. E dunque riuscito il tentativo delle Sezioni Unite del novembre 2008 di dimostrare lesistenza di una linea di continuit con le Sezioni Unite del 2006? A me non sembra. Nella sentenza del 2006 era stato detto che il danno esistenziale si fonda sulla natura non meramente emotiva ed interiore (propria del cosiddetto danno morale), ma oggettivamente accertabile del pregiudizio, e postula la prova di scelte di vita diverse da quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l'evento dannoso. Viceversa, la sentenza del 2008 si caratterizza fondamentalmente proprio per il netto rifiuto di quella distinzione fra danno esistenziale e danno morale soggettivo, ed anzi essa vuole annullare la stessa autonomia concettuale di quei due tipi di danno, diluendoli in un indistinto danno non patrimoniale. Quindi, da un lato possibile dire, con fondatezza, che le Sezioni Unite del 2008 convergono di fatto con quelle del 2006 a proposito delle fonti da cui trarre il risarcimento del danno non patrimoniale (la norma ordinaria di cui allart. 2087 c.c., e soprattutto i diritti costituzionali inviolabili del lavoratore), ma dallaltro lato si deve rilevare (con altrettanta fondatezza) che le due sentenza divergono vistosamente quando si tratta di descrivere (non pi le fonti, ma) il contenuto del danno non patrimoniale. Infatti le Sezioni Unite del 2006 avallavano la nitida distinzione (allinterno del danno non patrimoniale) fra danno biologico, morale soggettivo ed esistenziale, mentre le Sezioni Unite del 2008 fanno della eliminazione di quella distinzione il nucleo fondamentale della loro motivazione.

9) Lopera di demolizione delle Sezioni Unite. Il superamento del danno morale soggettivo. Effettivamente, proprio leliminazione delle sottocategorie del danno non patrimoniale rappresenta un obiettivo qualificante della sentenza delle Sezioni Unite del novembre 2008. Fra le parti pi interessanti della sentenza delle Sezioni Unite che si commenta vi sono quindi quelle soppressive, e cio quelle in cui le Sezioni Unite sopprimono tipi di danno non patrimoniale gi accettati, o comunque noti, nella giurisprudenza. Questo tentativo della Corte perfettamente coerente con limpostazione di fondo della sentenza, che mira abbastanza chiaramente a distinguere solo fra i casi nei quali il danno non patrimoniale risarcibile (momento genetico), distruggendo ogni ripartizione interna nellambito del danno (non patrimoniale) ravvisabile in quei casi. Osserva quindi il Supremo Consesso che nell'ipotesi in cui il fatto illecito si configuri (anche solo astrattamente 39) come reato40, risarcibile il danno non
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V. Sezioni Unite, n. 6651 del 1982. Mi pare che ci valga in tutti i casi riconducibili allart. 2059 c.c. . 12

patrimoniale, sofferto dalla persona offesa e dagli ulteriori eventuali danneggiati 41, nella sua pi ampia accezione di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica. In questo ambito, osservano le Sezioni Unite, la formula "danno morale" non individua unautonoma sottocategoria di danno, ma descrive, tra i vari possibili pregiudizi non patrimoniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in s considerata; sofferenza la cui intensit e durata nel tempo non assumono rilevanza ai fini dellesistenza del danno, ma solo della quantificazione del risarcimento. Quindi, secondo le Sezioni Unite la tradizionale figura del c.d. danno morale soggettivo transeunte va definitivamente superata. A me pare che questo sia uno dei passaggi pi innovativi della sentenza che si commenta. Infatti, il danno morale soggettivo stato a lungo il protagonista assoluto in tema di danno non patrimoniale, ed anzi (prima della costruzione bipolare del danno non patrimoniale) stato lunico inquilino dellart. 2059 c.c. . Notoriamente si diceva che il danno morale soggettivo limitato nel tempo, e consiste in un turbamento ingiusto dello stato d'animo della vittima (dolore della psiche), nel dolore fisico, o in uno squilibrio o riduzione delle capacit intellettive della vittima medesima, e comprende (ma qui vi contrasto di giurisprudenza) anche le sofferenze fisiche e morali da questa sopportate in stato di incoscienza (nella specie, durante il periodo di coma)42. Nel caso di illecito plurioffensivo; v. infatti sent. n. 4186 del 1998 e Sezioni Unite n. 9556 del 2002. 42 v. Cass. n. 8177 del 1994; anche Cass. 21976 del 2007 affermava che sia il danno biologico che il danno morale terminali comprendono anche le sofferenze fisiche e morali sopportate dalla vittima in stato di incoscienza. Vedasi per Cass. 4 aprile 2001, n. 4970, in Dir. & Formazione, 2001, p. 177, la quale implicitamente, ma chiaramente, negava il risarcimento ove il danneggiato, a seguito dell'illecito, versi in stato meramente vegetativo, tale da fare escludere con assoluta certezza che egli sia in grado di avvertire comunque ed in modo permanente una sofferenza fisica e psichica per le lesioni subite. Analogamente, qualora il decesso sia stato accelerato dalla colpevole mancata diagnosi di una grave patologia preesistente, non stato risarcito il danno morale iure successionis non essendovi la prova della presa di coscienza da parte del paziente dell'aggravamento della malattia e degli esiti letali anticipati a causa della condotta negligente del sanitario (cos App. Milano, 31 marzo 1999, in Gius, 2000, p. 69). Anche altra giurisprudenza sembra identificare lo stato di coscienza del danneggiato come uno dei presupposti del risarcimento del danno morale soggettivo (in tal senso Trib. Genova, 9 luglio 1992, in Arch. giur. circol. sinistri, 1992, p. 835 e Trib. Genova, 5 giugno 1992, in Nuova giur. civ. comm., 1993,1, 575, con nota di Cepollina L., Sulla risarcibilit del danno da uccisione). Per un caso di risarcimento del danno morale negato sia per il breve periodo di sopravvivenza (otto giorni), sia per lo stato di incoscienza in cui versava la vittima, v. App. Cagliari, 16 febbraio 1998, in Riv. giur. Sarda, 1999, p. 664, con nota di Nissardi E., Ancora sul risarcimento dei danni derivanti dall'uccisione del familiare. In un caso emblematico di questo secondo indirizzo espressamente la Cassazione ha affermato che in caso di morte che segua le lesioni dopo breve tempo, la sofferenza patita dalla vittima durante l'agonia autonomamente risarcibile non come danno biologico, ma come danno morale "jure haereditatis", a condizione per che la vittima sia stata in condizione di percepire il proprio stato, mentre va esclusa anche la risarcibilit del danno morale quando all'evento lesivo sia conseguito
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Ci nonostante, le Sezioni Unite in commento affermano che la figura del danno morale soggettivo, recepita per lungo tempo dalla pratica giurisprudenziale, aveva fondamento normativo assai dubbio, poich n l'art. 2059 c.c., n l'art. 185 c.p. parlano di danno morale, e tantomeno lo dicono rilevante solo se sia transitorio. Inoltre, osservano ancora le Sezioni Unite, la figura del danno morale soggettivo era carente anche sul piano delladeguatezza della tutela, poich la sofferenza morale cagionata dal reato non necessariamente transeunte, ben potendo l'effetto penoso protrarsi anche per lungo tempo. Si vedr se la scomparsa del danno morale soggettivo (e quindi limpostazione delle Sezioni Unite del novembre 2008) sar definitiva. Per ora possiamo segnalare che appena dopo la sentenza che si commenta, una Sezione semplice della Corte43 ha rivendicato lautonomia ontologica del danno morale rispetto al danno biologico (che nel pensiero delle Sezioni Unite dovrebbe assorbire il primo, come si vedr), in relazione alla diversit del bene protetto (dignit morale della persona, ex art. 2 Cost.).

10) Lassorbimento del danno esistenziale nellunitario danno non patrimoniale (nei casi previsti dalla legge ordinaria). Nellopera di demolizione di ogni steccato interno al danno non patrimoniale, le Sezioni Unite affrontano la tanto controversa figura del danno esistenziale, la cui definizione stata data, in particolare, dalle Sezioni Unite n. 6572 del 2006 (ogni pregiudizio, di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile, provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto alla espressione e realizzazione della sua personalit nel mondo esterno). Ricorrendo ad una espressione molto sintetica, possiamo definire il danno esistenziale come pregiudizio alle attivit realizzatrici della persona umana. Ebbene, affermano le Sezioni Unite del novembre 2008 che, ammessa la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., non esiste pi il danno esistenziale come autonoma categoria di danno. Ci perch la figura del danno esistenziale era stata proposta nel dichiarato intento di supplire ad un vuoto di tutela, che ormai pi non sussiste. Per dimostrare linutilit della suddetta figura autonoma del danno esistenziale le Sezioni Unite in commento fanno una distinzione, peraltro riconducibile alle tre categorie di casi in cui (secondo la loro impostazione) risarcibile il danno non patrimoniale. Infatti, affermano le Sezioni Unite, in presenza di un reato (e negli altri casi previsti dalla legge ordinaria, mi sembra di poter aggiungere 44), superato il tradizionale orientamento che limitava il risarcimento al solo danno morale soggettivo identificato con il patema d'animo transeunte, ed affermata la risarcibilit del danno non patrimoniale nella sua pi ampia accezione, anche il pregiudizio non patrimoniale consistente nel non poter fare (ma sarebbe meglio dire: nella sofferenza morale

immediatamente lo stato di coma e la vittima non sia rimasta lucida nella fase che precede il decesso (nella fattispecie a causa di un grave incidente stradale la vittima aveva perso la vita quaranta ore dopo il sinistro e non era stata fornita la prova del suo stato di lucidit nella breve frazione temporale di sopravvivenza) (Cass., n. 28423 del 2008). 43 Sez. III civile, n. 29191 del 2008 (che pure cita Sezioni Unite n. 26972 del 2008). 44 Si tratta delle prime due categorie di casi nei quali risarcibile (secondo le Sezioni Unite in commento) il danno non patrimoniale, come si visto sopra nel testo. 14

determinata dal non poter fare; su questo inciso torneremo fra pochissimo) risarcibile (v. par. n. 3.4.1 della motivazione). In altre parole le Sezioni Unite, riportato il danno non patrimoniale ad un contenitore unico ed indistinto, privo di ripartizioni interne, vi inseriscono anche quello che (ormai solo a fini descrittivi) pu essere indicato come danno esistenziale (insieme, naturalmente, al danno biologico e allex danno morale soggettivo, ora meglio definito come sofferenza morale o fisica non necessariamente transeunte).

11) segue: il superamento della vecchia distinzione fra danno morale soggettivo e danno esistenziale. Mi pare inoltre meritevole della massima considerazione linciso suddetto, in cui le Sezioni Unite riconducono il pregiudizio consistente nel non poter fare alla sofferenza interiore che ne consegue. In altre parole, le Sezioni Unite riconducono il danno esistenziale (inteso come sconvolgimento delle attivit realizzatrici della persona umana; quindi si tratta di una entit esterna alla persona) alla sofferenza interiore che ne consegue (entit interna alla persona), e quindi al vecchio danno morale soggettivo. Si tratta di un inciso importante, perch toglie rilevanza autonoma al danno esistenziale (fare o non fare forzoso), affermando in pratica che non rileva ci che si costretti a fare o non fare, ma solo la sofferenza interiore che ne consegue. Limportanza di questo passaggio si coglie meglio riflettendo su quella che (prima delle Sezioni Unite del novembre 2008) era la netta linea di distinzione fra danno esistenziale e danno morale soggettivo. Si era infatti ritenuto che nel caso del danno esistenziale si trattava di danno avente ad oggetto le capacit (proiettate allesterno rispetto alla vittima) di espressione e di agire dell'offeso che non abbiano conseguenze reddituali. Pu trattarsi di un non facere o di un facere obbligato sopravvenuto al sinistro. Si tratta (cos si riteneva) di un danno che produce anche conseguenze di natura psicologica, ma che a monte si traduce in cambiamenti peggiorativi permanenti (anche se non necessariamente definitivi) delle proprie abitudini di vita e delle relazioni interpersonali. Si sosteneva invece che nel caso del danno morale (per sua natura transitorio) il risarcimento aveva ad oggetto le sofferenze interiori (nella psiche) della persona45. Questa distinzione era stata formulata (nello specifico settore del danno subito dai congiunti della vittima dellillecito extracontrattuale), ad esempio da altra sentenza della Cassazione46, secondo la quale nella liquidazione del danno non patrimoniale da morte di un prossimo congiunto il giudice di merito, ferma restando la natura unitaria del danno in esame e l'obbligo di non risarcire due volte il medesimo pregiudizio attraverso una sua diversa qualificazione formale, ha comunque l'obbligo di prendere in esame e valutare due diversi profili di danno: sia quello costituito dalle mere sofferenze morali (comunemente detto danno morale soggettivo), sia quello rappresentato dallo sconvolgimento della quotidianit della vita, quale si era instaurata prima dell'evento luttuoso. Questa stessa distinzione era stata per aspramente criticata in dottrina 47, la quale (proprio criticando la suddetta Cass. n. 22884 del 2007) aveva contestato la possibilit
Nei sensi di cui al testo v. Cassazione penale, sezione IV, 25 novembre 2003, in Foro it., 2004, c. 158, ma anche, a ben vedere, le Sez. un. civili, n. 6572 del 2006, in Giust. civ., 2006, p. 1443, che distinguevano il danno esistenziale da quello meramente interiore (cio dallex danno morale soggettivo). 46 Cass., n. 22884 del 2007.
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di distinguere fra sofferenza morale causata dalla morte di una persona cara e pregiudizio alla quotidianit della vita quale in precedenza si era instaurata. La contestazione mossa da quella dottrina si reggeva in sintesi su questo argomento: lo sconvolgimento della quotidianit della vita avvinto alla sofferenza interiore da un nesso causale indissolubile, tale che le due entit non possono essere scisse in danno esistenziale da una parte e danno morale dallaltra. Le Sezioni Unite che si commentano aderiscono a questa ultima osservazione, rinnegando quella scissione e quindi unendo le vecchie e superate figure del danno esistenziale e del danno morale soggettivo nellambito dellunitaria categoria del danno non patrimoniale. Si tratta di unoperazione sistematica di tutto rilievo.

12) segue: lassorbimento del danno esistenziale nel danno non patrimoniale da lesione di diritti costituzionali inviolabili della persona. Dunque, nei casi di reato (e negli altri casi previsti da legge ordinaria o comunitaria, in cui sia previsto il risarcimento del danno non patrimoniale) la figura del danno esistenziale inutile, perch lo stesso (quale pregiudizio alle attivit realizzatrici della persona) gi compreso nel danno non patrimoniale, inteso (secondo il pensiero delle Sezioni Unite in commento) come indistinto contenitore di ogni forma di pregiudizio che consegua alla lesioni di interessi non patrimoniali della persona. Nellambito di questo indistinto contenitore, come si visto, le Sezioni Unite in commento negano che il pregiudizio alle attivit realizzatrici della persona possa essere distinto dalla sofferenza interiore che ne consegue. Proseguendo nello sforzo di dimostrare linutilit del danno esistenziale, inteso quale figura autonoma di danno non patrimoniale, le Sezioni Unite in commento affermano che anche quando venga ad esistenza un fatto illecito riconducibile alla categoria delle violazioni di un diritto costituzionale inviolabile della persona i pregiudizi esistenziali (cio i pregiudizi alle attivit realizzatrici della persona) debbono essere risarciti perch (ancora una volta, come nella categoria dei reati e il quella degli altri casi in cui una norma ordinaria o comunitaria disponga il risarcimento del danno non patrimoniale) i pregiudizi esistenziali fanno comunque parte del suddetto indistinto contenitore denominato danno non patrimoniale. Per tale via le Sezioni Unite intendono dimostrare definitivamente linutilit del danno esistenziale come figura autonoma di danno, nel senso che esso non rappresenta pi (come si voleva in precedenza) uno strumento dato allinterprete per colmare un vuoto di tutela. Infatti, secondo il pensiero delle Sezioni Unite che si commentano, i pregiudizi esistenziali (fare o non fare forzosi) trovano gi il loro posto nellampio e unitario contenitore costituito dal nuovo danno non patrimoniale. Osservano quindi le Sezioni Unite che, in assenza di reato, e al di fuori degli altri casi determinati dalla legge, pregiudizi di tipo esistenziale sono risarcibili anche (ma esclusivamente) se conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona previsto dalla Costituzione (es. lo sconvolgimento della vita familiare provocato dalla perdita del congiunto, poich in questo caso il pregiudizio di tipo esistenziale consegue alla lesione dei diritti inviolabili della famiglia, ex artt. 2, 29 e 30 Cost.).

ROSSETTI, Danno morale e danno esistenziale: Stat Roma pristina nomine, nomina nuda tenemus, in Giust. civ., 2008, p. 2455.
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Questa esclusiva limitazione del risarcimento, osservano le Sezioni Unite, non affetta da illegittimit costituzionale dell'art. 2059 c.c., nella parte in cui esso non ammette a risarcimento altri interessi genericamente rilevanti. Infatti, la tutela risarcitoria minima ed insopprimibile vale soltanto per la lesione dei diritti inviolabili della persona48.

13) La distinzione fra sofferenza morale e danno biologico psichico. Al par. n. 4.8. della motivazione le Sezioni Unite compiono unevoluzione ricostruttiva molto interessante, che merita lattenzione degli studiosi. Le Sezioni Unite formulano una distinzione, ponendo da una parte (espressamente accantonata la figura del cd. danno morale soggettivo), la mera sofferenza morale, senza ulteriori connotazioni in termini di durata (patema dell'animo). Dallaltra parte pongono il caso in cui il patema danimo degeneri nella malattia, nel qual caso si entra nell'area del danno biologico (psichico, evidentemente). Fin qui nulla di nuovo. Infatti, la componente psichica del danno biologico riconosciuta testualmente dalle definizioni (del medesimo danno biologico) contenute negli artt. 138 e 139 del d. lg. n. 209 del 2005. Possiamo quindi considerare il danno biologico psichico come una compromissione durevole (ma non necessariamente permanente) e obiettiva (cio suscettibile anchessa di accertamento medico legale) che colpisce la psiche della vittima, provocando unalterazione significativa dei processi psicologici. Si tratta di un danno, quindi, consistente, non effimero n puramente soggettivo, che si produce per effetto di cause molteplici e che, anche in assenza di accertate alterazioni fisiche, riduce in qualche misura le capacit, le potenzialit e la qualit della vita di una persona. Una buona definizione del danno biologico (anche) psichico permanente si trae da C. cost. n. 372 del 1994 (che si occupava del danno iure proprio subito dal familiare della vittima primaria): esso consiste nellesito terminale di un processo patogeno originato dal medesimo turbamento dell'equilibrio psichico che sostanzia il danno morale soggettivo, e che, in persone predisposte da particolari condizioni (es. fragilit nervosa, ecc.), anzich esaurirsi in un patema d'animo o in uno stato di angoscia transeunte (cio nel vecchio danno morale soggettivo), pu degenerare in un trauma (oltre che fisico) psichico permanente. Le Sezioni Unite in commento si muovono quindi, nella loro opera di sistemazione della materia, su questa stessa strada. Tuttavia, opportuno ricordare che questo momento concettualmente chiaro (passaggio dalla sofferenza morale al danno biologico psichico), non altrettanto chiaro nellapplicazione concreta di questi concetti. Fra laltro, secondo la generale definizione di danno biologico, anche il danno biologico psichico pu essere non solo permanente, ma anche temporaneo, e quindi ancora pi sfuggente. La possibile esistenza di un danno biologico psichico (specie se temporaneo) pone una seria difficolt.

v. C. cost. n. 87 del 1979, la quale pi precisamente afferm nella sostanza che rientra nella discrezionalit del legislatore adottare un trattamento differenziato (negando il risarcimento del danno non patrimoniale) ove non vengano in considerazione situazioni soggettive costituzionalmente garantite (non si parlava di inviolabilit).
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Nella pratica pu essere molto difficile, infatti, distinguere fra ex danno morale soggettivo (oggi sofferenza morale) e danno biologico psichico, soprattutto se temporaneo. Quand che una fisiologica (normale) sofferenza morale (ad esempio per la morte di un figlio) diventa un patologico danno biologico psichico? In altre parole: quand che dallassenza di malattia (pur in uno stato di sofferenza morale) si passa alla malattia? Laccertamento del danno biologico psichico (come del danno biologico in genere; v. definizioni del danno biologico date dagli artt. 138 e 139 del d. lg. n. 209 del 2005), compete al medico legale, ed lui, quindi, che deve rispondere ai suddetti interrogativi. Tuttavia, pur senza pretese di completezza, mi pare che (come nel caso frequente di decesso di un congiunto) un criterio distintivo possa essere quello del tempo normale di elaborazione del lutto, oltre il quale dal danno morale soggettivo si entra nellambito del danno biologico psichico, eventualmente temporaneo. La morte di un congiunto non comporta, sempre e comunque, lo strutturarsi di uno stato di malattia, il quale va certamente differenziato dal lutto inteso come cordoglio, rammaricarsi, dolersi, per la morte di qualcuno. Il lutto solitamente si articola in tre stadi: quello della perdita e del diniego, quello della rassegnazione e quello del distacco. Quando questo naturale processo di elaborazione psichica non si evolve nelle suddette tre fasi, il suo insuccesso pu sfociare in quello che viene definito lutto patologico, con il quale insorge quella malattia della psiche che integra il danno biologico (psichico) rilevante in ambito di responsabilit civile.

14) Assorbimento della sofferenza morale (ex danno morale soggettivo) nel danno biologico. La questione del mutamento del danno morale (sofferenza morale) in danno biologico psichico non era nuova, cos come non nuova la soluzione data ad essa dalle Sezioni Unite in commento. La forte novit del tratto di motivazione in commento sta invece nella definizione estensiva che danno le Sezioni Unite del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente. Si tratta di unaffermazione difficile da comprendere e da condividere. Infatti, lart. 138, comma 2, del d. lg. n. 209 del 2005 (analoga la definizione data dal successivo art. 139) definisce il danno biologico come lesione temporanea o permanente all'integrit psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico -legale che esplica un'incidenza negativa sulle attivit quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacit di produrre reddito. Il danno biologico quindi definito dal legislatore come unentit oggettiva che caratterizza la persona (lesione alla sua integrit psico fisica), tanto che suscettibile di accertamento medico - legale. Certo, la natura oggettiva del danno biologico particolarmente evidente quando la lesione riguarda lintegrit fisica della persona (es. lamputazione di un arto), ma concettualmente evidente anche quando si tratta di lesione allintegrit psichica (come sopra si visto trattando del mutamento della sofferenza morale in danno biologico psichico). Di conseguenza, non affatto facile ricondurre al concetto di danno biologico la sofferenza subita dalla persona offesa (sofferenza fisica o psichica che sia).
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Eppure, il riferimento anche alla sofferenza fisica dimostra (a mio avviso) che le Sezioni Unite in commento vanno oltre la questione sopra esaminata (che nella motivazione avevano accennato immediatamente prima) della transizione dalla sofferenza morale (ex danno morale, o patema danimo) allo stato patologico (danno biologico psichico), e quindi trattano in generale dellassorbimento di quello che era (prima della sentenza in commento) il danno morale soggettivo nel danno biologico. Del resto questa operazione di assorbimento confermata dalla motivazione delle Sezioni Unite, l dove esse (traendo la logica conseguenza dallassorbimento medesimo) affermano che determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale (nei suindicati termini inteso, e cio evidentemente come sofferenza interiore), sovente liquidato, fino ad ora, in una percentuale del primo. Questo un passaggio importante, perch in esso si rinnega unoperazione di calcolo assai diffusa nella pratica, e fino ad ora avallata dalla stessa Cassazione. Infatti, si era ritenuto che la valutazione equitativa del danno morale da fatto illecito (art. 2059 c.c.) mediante liquidazione in una frazione (solitamente da un terzo alla met) di quello biologico riconosciuto49, risponde all'esigenza di evitare liquidazioni ogni volta diverse, imprevedibili, suscettibili quanto meno di apparire arbitrarie, ed perci legittima se, nell'applicare tale criterio, il giudice del merito d conto delle particolarit del caso concreto50; ci perch lautomatica quantificazione del danno morale come quota del biologico (stante la diversit ontologica dei due danni 51) sarebbe illogica e potenzialmente riduttiva52. Non si trattava di unoperazione di calcolo esente da critiche, tanto che, proprio a causa della diversit ontologica fra danno morale e danno biologico, il suddetto criterio di liquidazione era stato criticato in dottrina a favore del criterio equitativo puro, che del resto lunico criterio possibile quando non esista danno biologico. Anche in giurisprudenza si era ritenuto che il danno morale, il quale attiene alla lesione dellintegrit morale della persona umana, ontologicamente autonomo rispetto al danno biologico, e pertanto non pu essere considerato come un "minus" rispetto ad esso; con la conseguenza che la quantificazione automatica del danno morale come quota del danno biologico, al quale il danno morale si accompagna, illogica e potenzialmente riduttiva53. Ora invece, le Sezioni Unite in commento, andando sorprendentemente in direzione opposta, assorbono lex danno morale soggettivo proprio nel danno biologico, nonostante che quella diversit ontologica fra i due tipi di danno sia (a mio avviso) piuttosto evidente. E altrettanto evidente, inoltre, che lassorbimento della sofferenza fisica o morale nel danno biologico non possibile quando il danno biologico non c.

Da un quarto a un mezzo, secondo le tabelle milanesi, e fino a due terzi se vi sia anche lesione di interessi costituzionalmente protetti della persona: v. Guida dir., 2004, n. 49, p. 16. 50 v. Cass. n. 8169 del 2003; n. 7632 del 2003, in Foro it., 2003, I, c. 2687; Cass., 9 gennaio 1998, n. 134; v. anche Cass. 10035 del 2004; 4185 del 2004; 10996 del 2003; 7379 del 2003; 4242 del 2003; 475 del 1999; 10725 del 2000. 51 Proprio quella ontologica diversit che ora pare essere stata rinnegata dalle Sezioni Unite che si commentano. 52 In tal senso v. Cass. n. 8169 del 2003; conf. 29191 del 2008, per la quale il danno morale attiene alla dignit morale della persona. 53 v. Cass. n. 8169 del 2003, in C.E.D. Cass., n. RV 563473; conf. Cass., n. 5795 del 2008.
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Infatti, le Sezioni Unite Civili54 avevano gi affermato che il danno morale risarcibile anche in assenza di danno biologico e di danno patrimoniale, evidenziando che lart. 2059 c.c. pone come unico presupposto della risarcibilit del danno morale lesistenza di un fatto-reato (rinviando allart. 185 c.p.; v. per i successivi approdi in tema di violazione dei diritti costituzionali, proprio nella sentenza delle Sezioni Unite che si commenta), e oltre al perturbamento psichico della vittima non pone altre condizioni, tantomeno lesistenza di un distinto evento di danno. Si era anche detto che il suddetto tradizionale criterio di liquidazione del danno morale soggettivo quale percentuale del danno biologico non risentiva comunque della nuova collocazione (secondo il sistema bipolare 55) del danno biologico nellambito dellart. 2059 c.c.56. Ora affermano invece le Sezioni Unite del novembre 2008 che in luogo del tradizionale criterio dellaumento in percentuale del risarcimento dovuto per il danno biologico, il giudice dovr (al fine di risarcire la sofferenza fisica e morale) procedere alla personalizzazione del danno biologico, in esso valutando le sofferenze fisiche e psichiche della vittima, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza. Si noti, ancora una volta, che anche le sofferenze fisiche (secondo il pensiero delle Sezioni Unite) vanno a far parte del danno biologico. Mi pare quindi confermato (alla luce di questo ulteriore passaggio della motivazione) che le Sezioni Unite del novembre 2008 intendono affermare che il danno biologico in generale (compreso quello fisico) assorbe tutto il vecchio danno morale soggettivo (sia il patema danimo che il dolore fisico), salvo il correttivo della nota personalizzazione del danno biologico (v. par. n. 4.8 della motivazione). In tal senso un Autore, poco dopo le suddette Sezioni Unite in commento, ha definito lex danno morale soggettivo come danno da sofferenza ontologicamente assorbito nel contesto del danno biologico57. v. Sez. un., 21 febbraio 2002, n. 2515, in Danno e responsabilit, 2002, da p. 499 e in Foro it., 2002, I, da c. 999. 55 V. le notissime pronunce Cass. n. 8827 e n. 8828 del 2003. 56 v. Cass., n. 19057 del 2003 e n. 16525 del 2003. Si inoltre ritenuto che nella determinazione equitativa del danno morale pu tenersi conto anche della realt socio economica in cui vive il danneggiato al fine di adeguare a tale realt l'importo che si ritiene dovuto ai fini riparatori del danno. Ci per presuppone la definizione di una somma di denaro assunta come equa per la riparazione del danno in base al potere di acquisto medio e la successiva operazione di valutazione di corrispondenza di tale importo al particolare potere di acquisto del denaro nella zona in cui esso presumibilmente destinato ad essere speso. Consegue che il giudice di merito, il quale nella valutazione equitativa del danno morale abbia fatto riferimento al contesto socio-economico dell'area territoriale in cui vive il danneggiato come fattore giustificativo della determinazione del danno, tenuto a dare puntuale conto dell'incidenza del potere di acquisto nella zona indicata sulla base di parametri numericamente accertabili, quali gli indici del costo della vita nelle varie aree del territorio nazionale (v. Cass., n. 1637 del 2000). 57 F. MARTINI, in La necessit di personalizzare i ristori fa tramontare il sistema delle tabelle , in Guida al Diritto, 2009, n. 3, p. 62. Anche R. PARDOLESI e R. SIMONE, Danno esistenziale (e sistema fragile): die hard, in Foro it., 2009, I, c. 133, riconoscono che, a seguire le Sezioni Unite in commento, se c lesione della salute, non si pu liquidare in via autonoma il danno morale. Nello stesso senso G. PONZANELLI, Sezioni unite: il nuovo statuto del danno non patrimoniale, in Foro it., 2009, c. 138, afferma che le sofferenze fisiche e psichiche confluiscono tutte nello spazio del danno biologico, mentre il puro dolore (in assenza di danno biologico, par di capire) rester risarcibile in via autonoma. Ancora nello stesso senso E. NAVARRETTA, Il valore
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Un giudice di merito58 ha osservato che lo svincolo (meglio sarebbe dire: lassorbimento) del danno morale da quello biologico comporta che la valutazione equitativa del danno morale resta priva di un aggancio a parametri oggettivi e diffusi sul piano nazionale; il che non mi pare condivisibile, dato che i parametri della personalizzazione del danno biologico (che ormai assorbono lex danno morale soggettivo) sono comunque ben determinati dagli artt. 138 e 139 del d. lg. n. 209 del 2005. Anche un altro giudice di merito ha colto bene la novit dellassorbimento (sul piano generale) dellex danno morale soggettivo nel danno biologico; assorbimento temperato dalla personalizzazione del danno biologico59. In pratica, se si dovessero seguire le Sezioni Unite in commento, dora in avanti il giudice dovrebbe liquidare il risarcimento spettante alla vittima a titolo di danno biologico, e poi procedere alla liquidazione della sofferenza morale o fisica subita dalla vittima medesima personalizzando (cio aumentando) la suddetta somma gi concessa a titolo di danno biologico. Ad una prima osservazione, potrebbe sembrare che le Sezioni Unite abbiano introdotto una novit meramente concettuale e teorica, dato che il giudice potrebbe concretamente assegnare alla vittima le stesse somme che poteva assegnare prima dellintervento delle Sezioni Unite, sia pure sotto unetichetta diversa (non pi sotto letichetta del danno morale soggettivo, ma come aumento personalizzato del danno biologico). Vedremo, invece, che la novit non solo teorica, ma anche molto concreta.

15) segue: difficolt di applicare la personalizzazione del danno biologico allex danno morale soggettivo. E possibile che la giurisprudenza si adegui alloperazione di liquidazione suggerita dalle Sezioni Unite, ma non sar una scelta facile. Giova qui ricordare alcune messe a punto in tema di personalizzazione del danno biologico. Secondo la giurisprudenza, alla valutazione standard (o media, o non personalizzata) del danno biologico deve aggiungersi60 la valutazione di altri eventuali ulteriori pregiudizi (purch siano provati) dinamico relazionali che siano specifici (personali) della singola vittima del caso concreto, perch la liquidazione deve essere adeguata alleffettiva incidenza della menomazione sulle attivit della vita quotidiana della vittima stessa61. Occorre procedere, cio, alla personalizzazione del danno biologico, poich anche le note tabelle (per il calcolo del danno biologico) del Tribunale di Milano 62 si basano ovviamente sulla valutazione standard medico legale del danno biologico; valutazione che quindi prescinde dal caso concreto. La personalizzazione nella liquidazione del danno biologico riconosciuta ormai dallo stesso legislatore nel comma 3 dellart. 138 del d. lg. n. 209 del 2005, per le lesioni di non lieve entit, qualora la menomazione accertata incida in maniera
della persona nei diritti inviolabili e la sostanza dei danni non patrimoniali , in Foro it., 2009, I, c. 142, ritiene che il danno biologico include il dolore e le ricadute esistenziali. 58 Trib. di Torre Annunziata, 15 novembre 2008, in Giur. merito, 2009, p. 62. 59 Trib. Napoli, 24 novembre 2008, in Giur. merito, 2009, p. 76. 60 v. Cass., n. 8827 del 2003. 61 v. C. cost. n. 184 del 1986. 62 Tabelle che infatti prevedono un possibile aumento personalizzante fino al trenta %: v. Guida dir., n. 49 del 2004, p. 15. 21

rilevante su specifici aspetti dinamico relazionali personali , nel qual caso lammontare del danno determinato ai sensi della tabella unica nazionale pu essere aumentato dal giudice sino al trenta per cento, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato. Per le c. d. micropermanenti la stessa esigenza di personalizzazione del danno biologico tutelata dallart. 139, comma 3, dello stesso d. lg. n. 209 del 2005, ove si prevede che lammontare risarcitorio pu essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato. Il danno biologico personalizzato consiste dunque nel danno biologico dinamico relazionale non pi medio (cio valutato in astratto), ma determinato nel caso concreto, e cio determinato sulla base della vita di relazione di quella specifica persona danneggiata che agisce in un certo processo. Giova tuttavia ricordare (non mi pare che le Sezioni Unite ne abbiano dato atto) che si deve ritenere incostituzionale la norma che impedisca al giudice la personalizzazione del danno biologico63, e quindi non sembra azzardato ritenere che ove il giudice, in relazione alle peculiarit del caso concreto, ritenga incongruo limporto massimo liquidabile secondo gli artt. 138 e 139 del d. lg. n. 209 del 2005, egli potrebbe sollevare eccezione di illegittimit costituzionale per violazione dellart. 32 Cost.64. A tale proposito si nota che per le macropermanenti la personalizzazione del danno (che al contrario in questi casi ancor pi necessaria) risulta limitata al caso di una incidenza rilevante della lesione sui suddetti aspetti specifici personali, e ci costituisce un ostacolo alla piena cognizione e completa liquidazione del danno da parte del giudice. Inoltre, non solo la personalizzazione del danno limitata alle percentuali previste, ma esse (percentuali) sono addirittura diverse fra macro e micropermanenti. Ci nonostante che, come ripetutamente affermato dalla Cassazione civile 65, il giudice di merito, nella necessit di rendere effettiva la valutazione equitativa del danno biologico, deve considerare le circostanze del caso concreto, e specificamente, quali elementi di riferimento permanenti, l'et, l'attivit espletata, le condizioni sociali e familiari del danneggiato. In altre parole, l'adozione del valore del punto, quale indicato nella tabella di riferimento, esime il giudice dal motivare sul perch al punto sia stato dato un certo valore di partenza (o astratto) nella liquidazione equitativa, ma non esaurisce la stessa liquidazione, anche se all'esito della necessaria fase della personalizzazione del risarcimento egli potr ritenere che il valore indicato dalla tabella relativa ai punti d'invalidit si attaglia perfettamente, secondo il suo equo apprezzamento, al caso concreto66, e che quindi nel concreto non necessaria alcuna personalizzazione67. v. C. cost. n. 184 del 1986. In tal senso v. SPERA, nella sua relazione presentata allincontro di studio centrale organizzato dal CSM, n. 2464 del 2007 (v. www.Cosmag.it). 65 v. tra le numerose sull'argomento: Cass. 19 maggio 1999, n. 4862; 22 maggio 1988, n. 5134; 16 novembre 1998, n. 11532 e 14 maggio 1997, n. 4236. 66 v. Sez. III civile, n. 6873 del 2000, in Guida al Diritto, n. 24 del 1 luglio 2000, da p. 45. 67 Nella personalizzazione del danno biologico un ruolo essenziale affidato al medico legale, come infatti emerge opportunamente dal decreto del Ministero della salute 3 luglio 2003 (emesso in relazione alla l. n. 57 del 2001), contenente la tabella delle menomazioni alla integrit psicofisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidit. Fra i relativi criteri applicativi si prevede infatti che, ove la menomazione accertata incida in maniera apprezzabile su particolari aspetti dinamico-relazionali
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In altre parole, allatto della liquidazione del danno non patrimoniale, la necessit per il giudice di merito di tener conto di tutte le circostanze del caso concreto (c.d. personalizzazione del risarcimento) non significa affatto che il giudice debba sempre e comunque aumentare i valori risultanti dalle eventuali tabelle adottate dall'ufficio giudiziario cui appartiene, ma significa che tale variazione equitativa necessaria solo in presenza di situazioni di fatto che si discostino in modo apprezzabile da quelle ordinarie68. Il suddetto excursus in tema di personalizzazione del danno biologico rende evidente che loperazione (delle Sezioni Unite in commento) consistente nella collocazione dellex danno morale soggettivo nello spazio del danno biologico (personalizzato) equivale a portare problemi l dove ce nerano gi in abbondanza. In definitiva, posto che le stesse Sezioni Unite in commento (par. 4.8, incipit) affermano che il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, come si concilia questaffermazione con i limiti rigidi alla personalizzazione del danno biologico, posti dagli artt. 138 e 139 del d. lg. 209 del 2005? Detti limiti sono costituzionalmente legittimi, alla luce della integrale tutela del diritto alla salute, sub art. 32 Cost.? Oggi, dopo che nella ristretta area della personalizzazione del danno biologico dovrebbero convivere la personalizzazione del danno biologico come inteso fino ad ora e la liquidazione dellex danno morale soggettivo, la questione si pone in modo pressante69. Vi inoltre un problema ulteriore, la cui genesi sta in ci, che il danno biologico ormai non pi una categoria giurisprudenziale (cos era nato), ma legislativa. Esso possiede ormai una sua definizione e un suo articolato statuto i quali (provenendo dal legislatore) gli consentono di resistere allidea guida delle Sezioni Unite in commento, che invece vorrebbero eliminare ogni ripartizione interna del danno non patrimoniale, riducendolo ad una unit indistinta priva di sottocategorie. Questo errore di fondo nellimpostazione delle Sezioni Unite in commento emerge ancora proprio nel tentativo di ridurre il danno morale soggettivo alla personalizzazione del danno biologico. E infatti (come si diceva) lo stesso legislatore a imporre una definizione della personalizzazione del danno biologico, particolarmente nellart. 138 del d. lg. n. 209 del 2005, comma 3. Si tratta di una definizione avente valore generale, non vedendosi come (ex art. 3 Cost.) si potrebbe differenziare lo stesso tipo di danno a seconda della sua origine (sinistri stradali o altro) o della entit delle lesioni. personali, lo specialista medico legale dovr fornire motivate indicazioni aggiuntive che definiscano l'eventuale maggiore danno, tenuto conto delle condizioni soggettive del danneggiato richiamate dal legislatore. Anche fra i criteri applicativi della tabella (non ancora in vigore, ma comunque autorevole) delle menomazioni allintegrit psicofisica da 10 a 100 punti di invalidit, elaborata dalla Commissione di cui al DM 26 maggio 2004, si afferma che la valutazione delleventuale incidenza rilevante della menomazione su specifici aspetti dinamico relazionali personali non si deve esprimere in percentuale ma, quando necessario, essa va formulata con indicazioni aggiuntive attraverso equo e motivato apprezzamento (da parte del medico valutatore) delle condizioni soggettive del danneggiato. 68 Cass., n. 28423 del 2008. 69 Giustamente R. PARDOLESI e R. SIMONE, Danno esistenziale (e sistema fragile): die hard, in Foro it., 2009, I, c. 133, si chiedono se lo sbarramento alla personalizzazione del danno biologico (quello del 30%) si applichi anche alla liquidazione dellex danno morale soggettivo. 23

Ebbene, il suddetto art. 138, comma 3, cit., stabilisce che il presupposto della personalizzazione del danno biologico sta nellincidenza della menomazione accertata su specifici aspetti dinamico-relazionali personali. Solo se esiste questo presupposto l'ammontare del risarcimento pu essere aumentato dal giudice con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato. Quindi, la stessa definizione legislativa della personalizzazione del danno biologico impedisce che ad essa possa essere ricondotta la sofferenza morale o fisica. E letteralmente evidente, infatti, che gli aspetti dinamico relazionali sono un dato oggettivo ed esterno alla persona (attengono al fare della persona), mentre, allopposto, il danno morale soggettivo (sofferenza morale o fisica) un dato soggettivo ed interno alla persona (patema danimo). La pretesa delle Sezioni Unite in commento si scontra, quindi, con un dato normativo inequivoco, e come tale indisponibile per linterprete.

16) Relazione fra sofferenza morale (ex danno morale soggettivo) e danno parentale.
Questo argomento (anchesso toccato dalle Sezioni Unite in commento) riguarda il risarcimento del danno ai congiunti della vittima primaria. In passato si era ritenuto, a proposito del danno morale soggettivo, che i prossimi congiunti della vittima primaria possono chiedere ed ottenere, salva la prova che gli stessi devono fornire, due diversi tipi di risarcimento, e cio: A) il risarcimento del danno morale che gli eredi invochino iure successionis, nei limiti della propria quota, e che rappresenta l'oggetto di un diritto di credito sorto in capo al defunto per il risarcimento del danno morale dal predetto sofferto in vita a causa del sinistro subito. A tale proposito si era rilevato che il diritto al risarcimento del danno morale subito dal defunto trasmissibile agli eredi solo allorquando tra l'evento lesivo e la morte sia intercorso un apprezzabile lasso di tempo70. Tuttavia, la Cassazione71 in questa occasione aveva riconosciuto il danno morale (ma non il biologico) iure successionis anche quando la vittima fosse sopravvissuta per breve tempo72, purch essa avesse potuto percepire le conseguenze catastrofiche delle lesioni subite, e patire sofferenza per esse. B) il risarcimento del danno morale che invece i congiunti richiedano iure proprio, non gi quali eredi, ma quali prossimi congiunti del soggetto deceduto. In tal caso si tratta di risarcimento del danno morale subito (non dalla vittima diretta dellillecito, ma) da ciascun prossimo congiunto a causa del turbamento provocato dalla morte del proprio congiunto73. v. Cass., n. 7632 del 2003, in Foro it., 2003, I, c. 2687; n. 1704 del 1997; n. 13066 del 2004; n. 3766 del 2005. 71 Cass. 17177 del 2007. 72 v. Cass., n. 21976 del 2007, che ha ritenuto sufficiente la sopravvivenza di ventiquattro ore. 73 In proposito si ritenuto (v. Cass., n. 3116 del 1983) che il risarcimento del danno non patrimoniale, derivante dalla morte "ex delicto", va riconosciuto in favore dei prossimi congiunti, "iure proprio", cio, indipendentemente dalla loro qualit di eredi, quando il rapporto di stretta parentela con la vittima, le condizioni personali ed ogni altra circostanza del caso concreto evidenzino un grave perturbamento del loro animo e della loro vita familiare, per la perdita di un valido sostegno morale, e, pertanto, a prescindere dall'eventuale pregressa cessazione della situazione di 24
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Altro si era detto a proposito del danno esistenziale, sotto la specie del c. d. danno parentale. Si tratta del danno non patrimoniale da uccisione di congiunto, consistente nella definitiva perdita del rapporto parentale (perdita considerata in quanto tale). La Cassazione74 aveva ritenuto che il soggetto che chiede iure proprio il risarcimento del danno predetto, subito in conseguenza delluccisione di un congiunto, lamenta la lesione di un interesse giuridico diverso sia dal bene salute del quale titolare (la cui tutela, ai sensi dell'art. 32 della Costituzione, si esprime mediante il risarcimento dell'eventuale danno biologico), sia dall'interesse all'integrit morale, sotto il profilo del tradizionale danno morale soggettivo (sofferenza contingente). L'interesse fatto valere nel caso di danno esistenziale da uccisione di un congiunto quello alla intangibilit della sfera degli affetti e della reciproca solidariet nell'ambito della famiglia, all'inviolabilit della libera e piena esplicazione delle attivit realizzatrici della persona umana nell'ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 della Costituzione. Si tratta di interesse protetto, di rilievo costituzionale, non avente natura economica, la cui lesione non produce un risarcimento ai sensi dell'art. 2043 c.c. (nel cui ambito rientrano i danni patrimoniali), ma una riparazione ai sensi dell'art. 2059 c.c., senza il limite ivi previsto (dato dal collegamento con l'articolo 185 c.p.), perch si tratta di situazione giuridica soggettiva della persona riconosciuta dalla Costituzione. Trattasi quindi di un danno non patrimoniale (da uccisione del congiunto) consistente nella perdita del rapporto parentale, il quale si colloca nell'area dell'art. 2059 c.c., in combinato disposto con le sopra indicate norme della Costituzione. Si era ritenuto che il danno da perdita del rapporto parentale, incidendo esclusivamente sulla psiche, sugli affetti e sul legame parentale esistente tra la vittima dell'atto illecito e i superstiti, non riconoscibile se non attraverso elementi presuntivi, che, opportunamente valutati, con il ricorso ad un criterio di normalit, possano determinare il convincimento del giudice75. Tuttavia, i due danni suddetti subiti dal congiunto della vittima (il danno morale soggettivo e quello esistenziale parentale) erano stati considerati ben distinti fra loro. La distinzione fra danno morale soggettivo e danno parentale esistenziale era stata formulata, ad esempio, anche da una emblematica pronuncia della Cassazione76 secondo la quale nella liquidazione del danno non patrimoniale da morte di un prossimo congiunto il giudice di merito (ferma restando la natura unitaria del danno in esame e l'obbligo di non risarcire due volte il medesimo pregiudizio attraverso una sua diversa qualificazione formale) ha comunque l'obbligo di prendere in esame e valutare due diversi profili di danno, e cio sia quello costituito dalle mere sofferenze morali (comunemente detto danno morale soggettivo), sia quello rappresentato dallo sconvolgimento della quotidianit della vita, quale si era instaurata prima dell'evento luttuoso. Proprio su questo esatto punto intervenuta la sentenza delle Sezioni Unite che si commenta. convivenza con la vittima medesima, la quale di per s non pu configurare elemento indiziario idoneo a sorreggere la congettura del venir meno della comunione spirituale fra congiunti, con conseguente riduzione della sofferenza dei superstiti a un livello giuridicamente irrilevante. 74 v. Cass., sez. III, n. 8828 del 2003 (in Foro it., 2003, I, c. 2272; nello stesso senso Sez. III, n. 16946 del 2003, ivi, 2004, I, c. 434; n. 16070 del 2006). 75 v. Cass. 13546 del 2006, 8827 del 2003, 8828 del 2003, 12124 del 2003, 15022 del 2005. 76 Cass., n. 22884 del 2007. 25

Per comprendere la svolta delle Sezioni Unite giova ricordare che questa stessa distinzione (danno morale soggettivo da una parte e danno esistenziale parentale dallaltra77) era stata aspramente criticata in dottrina 78, ove (proprio a critica della suddetta Cass. n. 22884 del 2007) si era contestata la possibilit di distinguere fra sofferenza morale causata dalla morte di una persona cara e pregiudizio alla quotidianit della vita quale in precedenza si era instaurata. La contestazione si reggeva in sintesi su questo argomento: lo sconvolgimento della quotidianit della vita avvinto alla sofferenza interiore da un nesso causale indissolubile, tale che le due entit non possono essere scisse in danno esistenziale da una parte e danno morale dallaltra. Ebbene, le Sezioni Unite di novembre 2008 sposano questultima tesi. Esse hanno infatti affermato che la sofferenza patita nel momento in cui la perdita del congiunto percepita e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita altro non sono che componenti di un unico complesso pregiudizio. Fin qui laffermazione delle Sezioni Unite coerente con leliminazione, dalle stesse propugnata, della figura del danno morale soggettivo, tradizionalmente considerato come transitorio. Inoltre (e questa unaffermazione importante), secondo il pensiero delle Sezioni Unite in commento, determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale (nella sua rinnovata configurazione, come mera sofferenza morale) e del danno da perdita del rapporto parentale. Mi pare evidente che in tal modo le Sezioni Unite rigettano la distinzione fra sofferenza interiore (vecchio danno morale soggettivo) e pregiudizio esteriore alle attivit realizzatrici della persona umana (vecchio danno esistenziale; prevale quindi la tesi del Rossetti, sopra citata). Del resto, lassimilazione del danno morale soggettivo subito dai congiunti della vittima al danno parentale esistenziale era gi ampiamente riconosciuta (sul piano della liquidazione pratica) dalla giurisprudenza di merito. Infatti, a ben vedere le Sezioni Unite in tal modo avallano i criteri orientativi adottati presso il Tribunale di Milano; criteri orientativi che gi adottavano forbici di valori comprensivi sia del morale soggettivo che del parentale.

17) Estensione del danno biologico. Il danno biologico dinamico relazionale medio. Le Sezioni Unite del novembre 2008 si preoccupano anche di confermare alcune affermazioni gi note in giurisprudenza, che non destano particolari discussioni, ma che restano comunque importanti. Affermano quindi le Sezioni Unite che possono costituire solo "voci" del danno biologico nel suo aspetto dinamico, nel quale, per consolidata opinione, ormai assorbito il cd. danno alla vita di relazione, i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita, conseguenti a lesioni dell'integrit psicofisica, sicch darebbe luogo a duplicazione il loro distinto risarcimento. Si tratta di unaffermazione senzaltro condivisibile. Il consulente tecnico dufficio (o il perito penale a seguito di costituzione di parte civile), indicher sotto la forma di percentuale la menomazione all'integrit psicofisica;
Il danno parentale (cio il pregiudizio alla realizzazione della persona nella famiglia) era unespressione che stava ad indicare un particolare tipo di danno esistenziale (questultimo da intendersi pi ampiamente come pregiudizio alle attivit realizzatrici della persona umana). 78 Rossetti, Danno morale e danno esistenziale: Stat Roma pristina nomine, nomina nuda tenemus, in Giust. civ., 2008, p. 2455.
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percentuale comprensiva dellincidenza di quella menomazione sulle attivit quotidiane comuni a tutti. Infatti, il danno biologico non personalizzato va valutato dal medico legale non solo sotto il profilo anatomico, ma anche funzionale, in relazione alle possibili sfere in cui si svolge la vita del danneggiato (produttiva, sportiva, interrelazionale, ecc.); ma queste ultime sono considerate in astratto, perch il danno viene determinato solo tenendo conto del grado della menomazione psicofisica, dellet e del sesso del soggetto leso. Trattasi, dunque, della compromissione che limita la possibilit di espletare gli atti ordinari (comuni) del vivere quotidiano. In altre parole, alcune generiche attivit ed estrinsecazioni della personalit, come lavarsi, vestirsi, camminare, leggere, andare a cinema, ecc., di regola sono proprie di ogni essere umano di una certa et e sesso nella nostra societ, e possono, quindi, ritenersi pregiudicate in presenza di una determinata menomazione psicofisica, senza la necessit di uno specifico onere di allegazione e di prova, ma semplicemente attraverso il ricorso alle nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza" (art. 115 c.p.c.). Quindi, riassumendo e chiarendo, la valutazione anatomica e funzionale standard del danno biologico ha ad oggetto: - il danno biologico statico (danno fisico o psichico in se stesso considerato); - il danno biologico dinamico relazionale medio, e cio linsieme delle conseguenze negative prodotte mediamente da quella lesione nella vita quotidiana delle vittime considerate in astratto, e cio sulla base della menomazione psico fisica subita, della loro et e del loro sesso. Il danno biologico dinamico-relazionale stato codificato dagli artt. 138 comma 2 lett. a) e 139 comma 2 del d.lvo n. 209-05 ( incidenza negativa sulle attivit quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali della vita). Il fondamento costituzionale del danno biologico interrelazionale consiste nel secondo comma dellart. 3 Cost., ritenendosi che il danno biologico da illecito di ostacolo allo sviluppo della persona umana mediante uneffettiva partecipazione alla vita politica, economica, culturale e sociale della comunit79. Quindi, su questo tema (inserimento dei pregiudizi dinamico relazionali nellarea del danno biologico) le Sezioni Unite in commento confermano quello che , ormai, un dato normativo; dato normativo che, per, solleva qualche dubbio. Infatti, in proposito rileva un Autore80 che la nuova definizione del danno biologico fornita dagli artt. 138 e 139 del d. lg. n. 209 del 2005 potrebbe comportare uninterpretazione letterale restrittiva del relativo concetto, limitando il danno biologico, e quindi il suo risarcimento, ai casi in cui la lesione dell'integrit psicofisica esplichi unincidenza negativa sulle attivit quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato. Ne conseguirebbe che molte menomazioni non sarebbero risarcibili, ove mancasse la prova della loro incidenza negativa sulle attivit quotidiane e dinamicorelazionali. In altri termini, si sostenuto, l'esistenza dei suddetti effetti negativi dinamico relazionali della lesione all'integrit psicofisica diventerebbe dirimente ai fini risarcitori (quale requisito essenziale), avvicinando il danno biologico italiano alla prassi valutativa del dommage corporel francese nel quale, infatti, le variazioni in senso negativo dei profili relazionali e dinamici hanno una tale fondamentale importanza che la perdita in tal senso v. in motivazione Cass., n. 24451 del 2005. BONA M., Il danno biologico nel Codice delle assicurazioni: questioni di costituzionalit della nuova disciplina, in Riv. it. med. leg., 2006, 28, p. 103.
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anatomica di un rene o della milza, se esente da conseguenze clinico - funzionali, pu essere valutata con lo 0% . Di diversa opinione sono altri Autori81 i quali ritengono, invece, che la definizione di danno biologico, contenuta negli artt. 138 e 139 del d. lg. n. 209 del 2005, costituisca un ampliamento (non quindi un limite) rispetto a quella dell'art. 5 della l. n. 57 del 2001. In pratica, secondo la questione prospettata, linterprete chiamato a decidere se, con linserimento degli effetti negativi relazionali nella definizione del danno biologico, il legislatore abbia voluto limitare lambito del danno biologico stesso (attraverso laggiunta di quel requisito essenziale e costitutivo, che quindi non pu mancare), o invece abbia voluto chiarire che detti effetti negativi (se ci sono) vanno compresi nellarea concettuale del danno biologico. Questultima sembra la soluzione preferibile, ove si consideri che lart. 32 Cost. riconosce come fondamentale il diritto alla salute di ciascuno, a prescindere dal contesto relazionale dellindividuo. In altre parole, la mancanza di un rene comunque una lesione della salute, anche se chi la subisce pu svolgere le stesse attivit quotidiane e relazionali che svolgeva prima del sinistro. La precisazione del legislatore stata comunque assai importante, perch il danno biologico dinamico-relazionale rappresenta una zona di confine prima con la categoria del danno esistenziale (danno alla somma delle attivit realizzatrici della persona umana), e ora con quella (preferita dalle Sezioni Unite in commento) dei casi di lesione di diritti costituzionali inviolabili della persona. Di ci si avvide un Autore 82, il quale auspicava che la liquidazione del danno biologico avesse ad oggetto solo il danno biologico statico, per evitare una duplicazione del risarcimento, poich i riflessi pregiudizievoli della lesione della integrit psicofisica incidenti sui vari comportamenti della vita quotidiana, o pi in generale sulla vita relazionale del danneggiato, sarebbero necessariamente compresi nella nozione di danno da lesione di un interesse di rilievo costituzionale. Si pensi al danneggiato che, a seguito del sinistro, non pi in grado di praticare unattivit sportiva amatoriale che lo gratificava: il rischio di risarcire questa unica componente di danno sia come danno biologico dinamico - relazionale che come danno non patrimoniale diversamente etichettato. Il rischio della duplicazione esiste, ma si pu evitare mediante una rigorosa individuazione del diritto costituzionale inviolabile dalla cui lesione far derivare il danno (esistenziale) alle attivit realizzatrici della persona, proprio seguendo la tesi della tutela dei diritti costituzionali propugnata dalle Sezioni Unite in commento. E necessario, quindi, distinguere. Quando vi sia lesione del solo diritto costituzionale alla salute (art. 32 Cost.), la generica categoria delle attivit realizzatrici della persona umana riconducibile (per la suddetta definizione legislativa di danno biologico, comprensiva delle attivit quotidiane e degli aspetti relazionali) al danno biologico dinamico relazionale medio, e quindi non pu essere liquidato un ulteriore risarcimento per altra voce di danno, mediante una inammissibile duplicazione83. MARIOTTI P., PELLINO R., Indennizzo diretto, debutto rapido, in Speciale assicurazioni, allegato a Il Sole 24 ore, 9 settembre 2005. 82 G. FACCI, Il futuro del vecchio danno morale da reato: riscoperta della funzione punitiva oppure assorbimento nel nuovo danno non patrimoniale? , in Responsabilit civile e previdenza, 2005, p. 118. 83 conf. Cass., Sez. III, n. 9510 del 2007.
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Quando invece alla lesione del diritto costituzionale alla salute si accompagni la lesione di un altro diritto costituzionale (es. diritto della persona al godimento della famiglia, leso a causa delle lesioni psicofisiche subite in un sinistro stradale) sar normalmente liquidabile anche il danno derivante dalla lesione di questultimo (danno c.d. parentale, nel caso di cui allesempio precedente). In sintesi: il pregiudizio alle attivit realizzatrici della persona umana conseguente alla lesione del diritto costituzionale alla salute (art. 32 Cost.) assorbito dalla liquidazione del danno biologico; perch al danno biologico si aggiunga una forma di danno non patrimoniale ulteriore occorre individuare un altro diritto costituzionale (oltre quello alla salute) che sia stato leso nel caso concreto. Per finire, ricordiamo che secondo le Sezioni Unite del novembre 2008, inclusi nel danno biologico, se derivanti da lesione dell'integrit psicofisica, sono il pregiudizio da perdita o compromissione della sessualit (che quindi non costituisce danno esistenziale autonomo84), e il danno estetico85.

18) Il danno non patrimoniale dallillecito extracontrattuale a quello contrattuale. Le Sezioni Unite in commento ribadiscono che l'art. 2059 c.c. non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma presuppone la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell'illecito civile (art. 2043 c.c., e altre norme, quali quelle che prevedono ipotesi di responsabilit oggettiva). Detti elementi consistono: - nella condotta; - nel nesso causale tra condotta ed evento di danno; - nellevento di danno (connotato dall'ingiustizia), a sua volta scomponibile in: a) lesione non giustificata di interessi meritevoli di tutela, e b) danno che ne consegue (danno-conseguenza, secondo opinione ormai consolidata86). Fin qui nulla di nuovo. Ma le Sezioni Unite fanno un passo ulteriore, che non rappresenta (nemmeno questo) una novit assoluta, e che tuttavia avalla un orientamento recente e molto rilevante. Ci ricordano infatti le Sezioni Unite (v. par. 4) che un tempo il danno non patrimoniale conseguente all'inadempimento delle obbligazioni, secondo l'opinione prevalente in dottrina ed in giurisprudenza, non era ritenuto risarcibile. L'ostacolo era ravvisato nella mancanza, nella disciplina della responsabilit contrattuale, di una norma analoga all'art. 2059 c.c., dettato in materia di fatti illeciti. Ora la svolta (avallata dalle Sezioni Unite) sta in ci, che ormai l'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. consente di affermare che anche nella
v. Cass. n. 2311 del 2007. 85 Si era gi ritenuto che il danno biologico comprensivo del cosiddetto danno estetico (quando questo non costituisca causa di minor guadagno per la particolare attivit svolta dall'infortunato, nel qual caso esso fonte anche di danno patrimoniale) e degli altri impedimenti alla vita sociale del soggetto infortunato (attivit sportiva, ricreativa, culturale, rapporti sentimentali, ecc.) (v. Cass. civile, sez. lav., 5 settembre 1988, n. 5033, in Giust. civ. Mass., 1988, fasc. 8/9). Per il resto, sostenevano che il danno alla sfera sessuale una componente del danno biologico Cass., n. 3686 del 1996, n. 10153 del 1993, n. 3867 del 1992; Cass. n. 2311 del 2007 ha ritenuto la perdita o compromissione della sessualit fonte di danno biologico ed esistenziale. 86 v. C. cost., n. 372 del 1994; Sezioni Unite n. 576, 581, 582 e 584 del 2008.
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materia della responsabilit contrattuale dato il risarcimento dei danni non patrimoniali. Infatti, dal principio del necessario riconoscimento, per i diritti inviolabili della persona, della minima tutela costituita dal risarcimento, consegue che detto risarcimento deve altrettanto necessariamente prescindere dalla fonte della responsabilit civile, contrattuale o extracontrattuale che sia. In altre parole, una volta che linterprete abbia fatto dellart. 2059 c.c. lo strumento attraverso il quale assicurare la tutela minima (quella risarcitoria) ai diritti costituzionali inviolabili della persona, non poi possibile circoscrivere lapplicazione di quella norma al solo settore della responsabilit extracontrattuale. In effetti, si tratta di una tesi assolutamente condivisibile. Infatti, posta la premessa per cui lesistenza stessa di un diritto costituzionale inviolabile della persona impone necessariamente la tutela minima risarcitoria (mediante la via dellart. 2059 c.c.), per il principio di non contraddizione, di conseguenza, non si pu negare quella tutela nel settore della responsabilit contrattuale. Opinare diversamente significherebbe negare la premessa (necessariet della tutela minima). Pare quindi assolutamente condivisibile laffermazione delle Sezioni Unite in commento, secondo la quale, se l'inadempimento dell'obbligazione determina (oltre alla violazione degli obblighi di rilevanza economica assunti con il contratto) anche la lesione di un diritto inviolabile della persona del creditore, la tutela risarcitoria del danno non patrimoniale potr essere versata nell'azione di responsabilit contrattuale, senza ricorrere all'espediente (gi utilizzato in passato) del cumulo di azioni contrattuale e non contrattuale. Osservano le Sezioni Unite come il fatto che interessi di natura non patrimoniale possano assumere rilevanza nell'ambito delle obbligazioni contrattuali confermato dalla previsione dell'art. 1174 c.c., secondo cui la prestazione che forma oggetto dell'obbligazione (deve essere suscettibile di valutazione economica e) deve corrispondere ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore. Continuano le Sezioni Unite nel senso che l'individuazione (in relazione alla specifica ipotesi contrattuale), degli interessi compresi nell'area del contratto che (oltre a quelli a contenuto patrimoniale) presentino carattere non patrimoniale, va condotta accertando la causa concreta del negozio, da intendersi come sintesi degli interessi reali

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che il contratto stesso diretto a realizzare, al di l del modello (anche tipico) adoperato; sintesi, e dunque ragione concreta, della dinamica contrattuale87. Mi pare di comprendere che, nel pensiero delle Sezioni Unite, l'art. 2059 c.c. (interpretato anche come strumento di tutela dei diritti costituzionali inviolabili della persona) costituisca essenziale via di ingresso del danno non patrimoniale nella responsabilit contrattuale (come risulta dal riferimento fatto dalla Corte alla tutela dei diritti inviolabili della persona, realizzata proprio attraverso la suddetta lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c.), mentre il riferimento all'art. 1174 c.c. e agli interessi anche non patrimoniali che di volta in volta andranno individuati (mediante lanalisi della causa del contratto) serve per determinare il concreto risarcimento in ogni singolo caso. In altre parole, il riconoscimento del risarcimento del danno non patrimoniale nellarea della responsabilit contrattuale, mediante lapplicazione dellart. 2059 c.c., presuppone (mi sembra di poter dire, con le cautele del caso) due operazioni progressive, e cio: * la necessaria individuazione dei relativi casi tipici (fonti) di risarcimento del danno non patrimoniale (in particolare, diritti costituzionali inviolabili della persona); * poi lindividuazione degli interessi non patrimoniali concretamente rilevanti (e quindi risarcibili) nella specifica figura contrattuale in esame, mediante analisi della causa del singolo contratto. E evidente che linnesto dellart. 2059 c.c. nel settore della responsabilit contrattuale comporta varie questioni di assestamento, e di alcune di esse danno atto le Sezioni Unite in commento, l dove affermano che nell'ambito della responsabilit contrattuale il risarcimento sar regolato dalle norme dettate in materia, da leggere in senso costituzionalmente orientato. Quindi, l'art. 1218 c.c., nella parte in cui dispone che il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta tenuto al risarcimento del danno, deve ritenersi riferito anche al danno non patrimoniale, qualora l'inadempimento abbia determinato lesione di diritti costituzionali inviolabili della persona. Analogamente, un pi ampio contenuto va individuato nell'art. 1223 c.c., secondo cui il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere cos la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta, riconducendo tra le perdite e le mancate utilit anche i pregiudizi non patrimoniali determinati dalla lesione dei menzionati diritti. Inoltre, la tutela risarcitoria dei diritti inviolabili, lesi dall'inadempimento di obbligazioni, sar soggetta al limite di cui all'art. 1225 c.c. (non operante in materia di
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Le Sezioni Unite confermano, in questo passaggio della loro motivazione, linsegnamento della Suprema Corte secondo il quale la causa, quale elemento essenziale del contratto, va intesa non come funzione economico-sociale, ma come funzione economico-individuale. Pertanto anche nel caso di contratto legalmente tipico necessario verificare in concreto la sintesi degli interessi reali che il contratto diretto a realizzare al di l del modello utilizzato, fermo restando che detta sintesi costituisce la ragione concreta della dinamica contrattuale e non anche della volont delle parti. Si vuol dire che la causa del contratto consiste nella funzione economica individuale del negozio posto in essere, nella ragione concreta che persegue il singolo e specifico contratto, a prescindere dalla volont dei contraenti, e non coincide con il tipo contrattuale astratto scelto dalle parti. Infatti, la tesi per cui la causa di un contratto consisterebbe nella sua funzione economico-sociale, che si cristallizzerebbe per ogni contratto tipizzato dal legislatore, non spiegherebbe, a tacer d'altro, come un contratto tipico possa avere una causa illecita; quindi non resta (secondo la tesi avallata dalle Sezioni Unite) che ritenere che la causa la sintesi degli interessi reali che il singolo, specifico contratto posto in essere diretto a realizzare (c.d. causa in concreto) (Cass., Sez. III civile, 8 maggio 2006, n. 10490, in Giust. civ., 2007, 9, p. 1985, con nota di IZZI). 31

responsabilit da fatto illecito, in difetto di richiamo nell'art. 2056 c.c.), restando (al di fuori dei casi di dolo) limitato il risarcimento al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui l'obbligazione sorta. Ed ancora, il rango costituzionale dei diritti suscettibili di lesione rende nulli i patti di esonero o limitazione della responsabilit, ai sensi dell'art. 1229, co. 2, c.c. (secondo il quale nullo qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione della responsabilit per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico). Varranno, inoltre, le specifiche regole del settore circa l'onere della prova 88 e la prescrizione. Le Sezioni Unite in commento, passano poi a brevemente illustrare alcuni settori nei quali maggiormente importante lindividuazione del danno non patrimoniale in ambito di responsabilit contrattuale. Vengono in considerazione, anzitutto, i cd. contratti di protezione, quali sono quelli che si concludono nel settore sanitario. In questi, gli interessi da realizzare attengono alla sfera della salute in senso ampio, e quindi l'inadempimento del debitore tale da poter ledere diritti inviolabili della persona (per primo lart. 32 Cost.) cagionando pregiudizi non patrimoniali. Sussiste, quindi, una delle possibili fonti del danno non patrimoniale risarcibile, e cio lesistenza di un diritto costituzionale inviolabile della persona. Ci ricordano le Sezioni Unite che unabbondante giurisprudenza della Cassazione ha avuto modo di inquadrare nell'ambito della responsabilit contrattuale la responsabilit del medico e della struttura sanitaria, e di riconoscere tutela, oltre al paziente, a soggetti terzi, ai quali si estendono gli effetti di protezione prodotti dal contratto (es., oltre alla gestante, al nascituro, subordinatamente alla nascita, ed al padre nel caso di omessa diagnosi di malformazioni del feto e conseguente nascita indesiderata). Altro importante settore cui si estende il risarcimento del danno non patrimoniale quello dei contratti di protezione che intercorrono tra l'allievo e l'istituto scolastico (v. par. 4.4 della motivazione). In esso, che trova la sua fonte nel contatto sociale 89, tra gli interessi non patrimoniali da realizzare rientra quello alla integrit fisica dell'allievo, con conseguente risarcibilit del danno non patrimoniale da autolesione. Vi poi il contratto di lavoro (quello trattato dalle suddette Sez. Un. n. 6572 del 2006), a proposito del quale l'art. 2087 c.c. (con il suo riferimento allobbligo dellimprenditore di tutelare l'integrit fisica e la personalit morale dei lavoratori), inserendo nell'area del rapporto di lavoro interessi non suscettibili di valutazione economica (l'integrit fisica e la personalit morale) gi implicava che, nel caso in cui l'inadempimento avesse provocato la loro lesione, era dovuto il risarcimento del danno non patrimoniale. La Costituzione ha poi elevato i suddetti interessi del lavoratore al rango di diritti inviolabili della persona, tanto che il risarcimento del danno non patrimoniale (nel caso di loro lesione) legittimato non solo dalla suddetta norma di legge ordinaria (art. 2087 c.c.) ma anche dallesistenza di diritti costituzionali inviolabili della persona. Ne consegue che il diritto del lavoratore al risarcimento dei danni conseguenza non patrimoniali sussiste sotto due forme, e cio: - quale risarcimento conseguente alla lesione dell'integrit psicofisica (art. 32 Cost.), secondo le regole del danno biologico; - quale risarcimento conseguente alla lesione della dignit personale del
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come precisati da Sez. un. n. 13533 del 2001. V. Sezioni Unite, n. 9346 del 2002; sent. n. 8067 del 2007. 32

lavoratore (artt. 2, 4, 32 Cost.), come avviene nel caso dei pregiudizi alla professionalit prodotti dalla dequalificazione, che si risolvano nella compromissione delle aspettative di sviluppo della personalit del lavoratore, che si svolge nella formazione sociale costituita dall'impresa. Quanto al contratto di trasporto (altro settore in cui il risarcimento del danno non patrimoniale dovuto pur in ambito di responsabilit contrattuale), la tutela dell'integrit fisica del trasportato compresa tra le obbligazioni del vettore, che risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio (art. 1681 c.c.). Il vettore quindi obbligato a risarcire a titolo di responsabilit contrattuale il danno biologico riportato nel sinistro dal viaggiatore. Ove ricorra lipotesi di un inadempimento del vettore che integri altres unipotesi di reato (lesioni colpose), varranno i principi enunciati con riferimento all'ipotesi del danno non patrimoniale da reato, anche in relazione all'ipotesi dell'illecito plurioffensivo, e sar concesso il risarcimento del danno non patrimoniale nella sua ampia accezione.

19) Il danno ai congiunti della vittima. Danno biologico iure ereditario. Le Sezioni Unite che si commentano, nel loro sforzo di chiarimento del nuovo danno non patrimoniale, affrontano anche una problematica assai nota, che riguarda specificamente il tema del risarcimento del danno non patrimoniale da riconoscersi ai congiunti della vittima primaria iure ereditario. Nellambito di questo complesso tema, due sono i punti toccati dalle Sezioni Unite: quello del danno biologico iure ereditario e quello del danno da morte. Lintervento delle Sezioni Unite in commento su questi due punti va inquadrato (per la sua migliore comprensione) nellambito della giurisprudenza precedente, che si va a sintetizzare come segue. Per quanto riguarda il danno biologico iure ereditario, la posizione della Cassazione ben nota e consolidata. A tale proposito va considerato che il diritto all'integrit psico-fisica ha come oggetto la fruizione del bene salute, per lesplicazione piena ed ottimale delle attivit realizzatrici della persona umana nel suo ambiente di vita, s che una concreta perdita o riduzione di tali potenzialit pu concretizzarsi soltanto nell'eventualit della prosecuzione della vita, in condizioni menomanti, per un apprezzabile periodo di tempo successivamente alle lesioni. Di conseguenza, in difetto di unapprezzabile protrazione della vita successivamente alle lesioni, pur risultando lesa l'integrit fisica del soggetto offeso, non configurabile un danno biologico risarcibile, data lassenza di una perdita delle potenziali utilit connesse al bene salute, suscettibile di essere valutata in termini economici - risarcitori90. Si pu quindi concludere nel senso che il danno biologico, o lesione del diritto alla salute, postula necessariamente la permanenza in vita del soggetto leso, in condizioni di menomata integrit psicofisica, tale da non consentire la piena esplicazione delle attivit realizzatrici della persona umana. Ne consegue che sia la configurabilit del detto danno biologico in capo alla vittima primaria, che la trasmissibilit agli eredi del relativo diritto di credito risarcitorio, devono escludersi quando la morte intervenga (rispetto allevento lesivo) a
v. C. cost. n. 372 del 1994, in Giur. It., 1995, I, da c. 406; Cass., 25 febbraio 1997, n. 1704, in Giur. It., 1998, da p. 1589; Cass., n. 7632 del 2003, in Foro it., 2003, I, c. 2681.
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distanza di tempo talmente esigua da rendere non apprezzabile l'incisione del bene salute. Quando invece intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni e la morte causata dalle stesse, configurabile, nei confronti del danneggiato, con riferimento al detto periodo intermedio di permanenza in vita, un danno biologico, da liquidarsi in relazione alla effettiva menomazione della integrit psicofisica subita dalla vittima dal momento del sinistro fino al momento del decesso. E ovvio che questo principio, tradotto nellapplicazione concreta, produce qualche incertezza, che attiene anche alla misura di sopravvivenza necessaria per la venuta ad esistenza di un danno biologico trasmissibile iure ereditario. Si ritenuto, ad esempio, che il diritto al risarcimento del danno biologico nasce anche se la sopravvivenza sia durata un solo giorno 91; non basterebbero, invece, due sole ore di sopravvivenza92. Oltre unapprezzabile misura di sopravvivenza, il conseguente diritto del danneggiato a conseguire il relativo risarcimento del danno biologico trasmissibile agli eredi, che potranno agire in giudizio nei confronti dell'autore dell'illecito iure hereditatis. Per quanto riguarda, poi, il problema della liquidazione del suddetto danno biologico subito dal de cuius (cosiddetto danno biologico terminale) agli eredi della vittima, si deve considerare che le ordinarie tecniche di liquidazione del danno da invalidit permanente si basano anche su presunzioni statistiche circa la durata residua della vita del soggetto leso, e quindi esse non sono idonee quando la durata della vita residua sia perfettamente nota al momento della liquidazione. Sul punto si registra un contrasto nella giurisprudenza. Secondo un primo indirizzo, poich in genere al momento della morte della persona offesa le lesioni non si erano stabilizzate, nel caso di specie occorre utilizzare il noto concetto di invalidit temporanea93, normalmente assoluta, e quindi il suddetto danno biologico da invalidit temporanea andr liquidato secondo i criteri comunemente utilizzati per tale voce94. In senso contrario si per pronunciata la stessa Cassazione 95, secondo la quale la valutazione dellentit del danno, in siffatta ipotesi, viene correttamente commisurata alla speranza di vita futura, e quindi alla durata della vita media, restando priva di rilievo la durata effettiva della vita. Infatti, il rilievo accordato al dato effettivo della vita (durata) si porrebbe in contrasto, sotto il profilo logico giuridico, col carattere non patrimoniale del danno di cui trattasi, consistente nel "quantum" di menomazione dell'integrit psicofisica, giacch solo la perdita patrimoniale che va calcolata in relazione alla incidenza sulla capacit di produrre reddito in futuro. Una diffusa trattazione di tale questione di liquidazione si deve a due pronunce della Cassazione96, secondo le quali, se la morte stata causata dalle lesioni, l'unico danno biologico risarcibile quello relativo alla inabilit temporanea, in quanto per v. Cass., n. 3549 del 2004, par. 8.3 della motivazione; conf. Cass., n. 21976 del 2007. Tre giorni sono sufficienti per Cass., n. 870 del 2008. 92 v. Cass., n. 6946 del 2007. 93 v. Cass. n. 13066 del 2004, par. 7.3 della motivazione. 94 conf. Cass., n. 7730 del 2004; v. anche Trib. Messina, 15 luglio 2002, in Foro it., 2002, I, c. 3494; conf. anche Cass., n. 2775 del 2003 e n. 3766 del 2005, punto 2.1 dei Motivi della decisione. 95 v. Cass., n. 8204 del 2003. 96 v. Cass. n. 7632 del 2003 (in Foro it., 2003, I, c. 2681) e Cass. n. 3766 del 2005 (nello stesso senso v. Cass. n. 11003 del 2003).
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definizione non in questo caso concepibile un danno biologico da invalidit permanente. Infatti, secondo i principi medico - legali, a qualsiasi lesione dell'integrit psicofisica consegue sempre un periodo di invalidit temporanea, alla quale pu conseguire talora uninvalidit permanente. Esattamente, l'invalidit permanente si considera insorta allorch, dopo che la malattia ha compiuto il suo decorso, l'individuo non sia riuscito a riacquistare la sua completa validit. Pertanto il consolidarsi di postumi permanenti pu mancare o quando, cessata la malattia, questa risulti guarita senza residui, oppure quando la malattia si risolva nella morte. Quindi la nozione medico - legale di invalidit permanente presuppone che la malattia sia cessata e che l'organismo abbia riacquistato il suo equilibrio stabile, anche se eventualmente alterato. Consegue che nell'ipotesi di morte causata dalle lesioni non configurabile alcuna invalidit permanente in senso medico legale, perch la malattia non si risolve con esiti permanenti, ma conduce a morte la persona. Di conseguenza, quando la morte causata dalle lesioni dopo un apprezzabile lasso di tempo, il danneggiato acquisisce (e trasmette quindi agli eredi) soltanto il diritto al risarcimento del danno biologico da invalidit temporanea, e per il suo tempo di permanenza in vita. Ci che per il giudice deve considerare che la quantificazione del danno biologico da inabilit temporanea assoluta subito dal defunto nell'apprezzabile intervallo di tempo fra la lesione del bene salute e la morte conseguente a questa lesione va operata considerando le caratteristiche specifiche di questo pregiudizio, consistenti nel fatto che si tratta di un danno alla salute che, sia pure temporaneo, massimo nella sua entit ed intensit97. Di tale particolare intensit del danno biologico da invalidit temporanea per lesioni poi seguite da morte il giudice deve necessariamente tenere conto 98, sia se applica il criterio della liquidazione equitativa pura, sia se applica criteri di liquidazione tabellare. Questi ultimi, infatti, sono legittimi purch (essendo fondati sul potere di liquidazione equitativa del giudice) si proceda alla personalizzazione dei criteri medesimi, cio al loro adeguamento al caso concreto. Nel caso di danno biologico per lesioni seguite (dopo un apprezzabile lasso di tempo) da morte conseguente alle lesioni medesime, occorre considerare che tale danno biologico di tale entit ed intensit da condurre a morte un soggetto in un limitato (anche se apprezzabile) lasso di tempo. La Corte di cassazione, nella pronuncia n. 7632 del 2003, legittima un forte aumento del valore tabellare, e ritiene che nessun danno alla salute sia pi grave, per entit e intensit, di quello che trova causa nelle lesioni che conducono a morte. In questo caso, comunque, il danno alla salute raggiunge quantitativamente la misura del 100%, e cio realizza il caso della invalidit temporanea assoluta. In sostanza, questultima tesi, pur riducendo la liquidazione del danno biologico terminale negli angusti spazi dellinvalidit temporanea, tenta di compensare questa scelta (che pu produrre risarcimenti assai esigui) ricorrendo alla nota personalizzazione del danno biologico. E opportuno per precisare che quanto sopra enunciato dalla giurisprudenza da ultimo citata in ordine alla personalizzazione del danno biologico trova dei limiti
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v. anche Cass. n. 3549 del 2004; n. 3766 del 2005; n. 9959 del 2006; n. 18163 del 2007. conf. Cass., n. 25124 del 2006, n. 1877 del 2006. 35

operativi posti dallo stesso legislatore, data lesistenza di valori e limiti legali relativamente alla liquidazione del danno biologico temporaneo e alla personalizzazione del danno biologico (v. artt. 138 e 139 d. lg. n. 209 del 2005)99. 20) segue: la questione della risarcibilit della lesione del diritto alla vita. Deriva da quanto detto sopra che nel caso di morte istantanea (o comunque sopravvenuta dopo un tempo minimo e non apprezzabile) impropriamente si richiama la figura del danno biologico, che al contrario non pu venire ad esistenza. Si posta, per, la questione ulteriore se non si realizzi (nel caso di morte della vittima primaria) una lesione del suo diritto alla vita, dalla quale scaturisca un diritto al relativo risarcimento, come tale trasmissibile agli eredi. La pi autorevole giurisprudenza ha dato al quesito una risposta negativa. Va infatti negata, si detto, la risarcibilit iure successionis della lesione del diritto alla vita di un congiunto, poich la morte impedisce che la lesione si rifletta in una perdita a carico della persona offesa, ormai non pi in vita, sicch non pu sorgere nel patrimonio dell'offeso un diritto al risarcimento per la perdita della vita (danno biologico da morte), che poi possa trasferirsi agli eredi100. Volendo approfondire, ricordiamo che C. cost. n. 372 del 1994 osserv che, diversamente dalla lesione del diritto alla salute, la lesione immediata del diritto alla vita (senza una fase intermedia di malattia) non pu configurare una perdita (e, cio, una diminuzione o privazione di un valore personale) a carico della vittima ormai non pi in vita. La questione solo vagamente connessa ad una pi ampia tesi giurisprudenziale secondo la quale, quando la persona danneggiata muoia prima della liquidazione del risarcimento per causa ricollegabile o meno alla lesione subita in occasione dell'illecito, la quantificazione del danno biologico (come quella del danno patrimoniale) che gli eredi del defunto richiedano per diritto ereditario va effettuata non pi con riferimento alla durata probabile della vita futura del soggetto, ma alla sua durata effettiva (v. Cassazione, n. 22338 del 2007, n. 3806 del 2004, n. 2775 del 2003, n. 7632 del 2003, n. 14767 del 2003, n. 24 del 2002, n. 3728 del 2002, n. 10980 del 2001, n. 3561 del 1998, n. 489 del 1999, n. 1809 del 1989) (si noti che questa tesi potrebbe non valere, per, per il vecchio danno morale soggettivo, che anzi pi forte a breve distanza temporale dal fatto lesivo: v. Trib. Piacenza, 6 febbraio 2003, in Danno e responsabilit, n. 2, 2004, p. 192). In proposito un giudice di merito (Giudice di pace di S. Anastasia, 10 dicembre 2001, in Il Giudice di pace, n. 3 del 2002, p. 211) ritenne che il giusto ammontare del danno biologico potesse in tal caso (di decesso della vittima prima della liquidazione del danno) essere determinato utilizzando le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, attraverso la differenza fra indici demoltiplicatori relativi allet. Nel caso concreto il defunto aveva anni 74 alla data dell'incidente e anni 75 al momento del decesso. Rilevato quindi che ad anni 74 corrispondeva un indice di decremento di 0,635 ed ad anni 75 un indice pari a 0,630, ne deriv che l'indice da applicare all'ammontare del danno biologico fu determinato, nel caso concreto, in 0,005. Le suddette argomentazioni si attagliano, per, allinvalidit permanente (postumi stabilizzati dopo il decorso dello stato patologico), ma non pare possano riguardare linvalidit temporanea (cio lo stato patologico in atto). 100 v. C. cost. n. 372 del 1994; Cass., n. 7632 del 2003, in Foro it., 2003, I, c. 2681; Cass., n. 2134 del 2000, n. 1704 del 1997, n. 491 del 1999, n. 8970 del 1998, n. 12253 del 2007.
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Ne consegue che da escludere che un diritto al risarcimento del c.d. "danno biologico da morte" entri nel patrimonio dell'offeso deceduto e sia, quindi, trasmissibile ai congiunti in qualit di eredi. Secondo i giudici della Consulta, ci non dipende dal carattere non patrimoniale del danno suddetto, bens da un limite strutturale della responsabilit civile, nella quale sia l'oggetto del risarcimento che la liquidazione del danno devono riferirsi non alla lesione per se stessa, ma alle conseguenti perdite a carico della persona offesa. Osserv ancora la Corte costituzionale che, sebbene connesse, la vita e la salute sono beni giuridici diversi, oggetto di diritti distinti, sicch la lesione dell'integrit fisica con esito letale non pu considerarsi una semplice sottoipotesi di lesione alla salute in senso proprio, la quale implica la permanenza in vita della vittima, sia pure con menomazioni invalidanti. Si anche sostenuto che la morte di un soggetto, causata in modo immediato dall'altrui atto illecito, non fa acquistare al defunto (e quindi non fa trasmettere agli eredi) ne' il diritto al risarcimento del danno biologico, ne' quello al risarcimento del danno per perdita della vita, inconcepibile con riguardo ad un bene non suscettibile di essere reintegrato, anche solo per equivalente101. In questi casi la reazione dellordinamento contro la perdita della vita affidata al diritto penale, mentre al contrario il risarcimento civile non ha funzione punitiva, ma di reintegrazione. Per completezza, si deve per precisare che, sia pure in un obiter dictum, una pronuncia della Cassazione102 si invece espressa favorevolmente per il risarcimento del danno da morte, come perdita dellintegrit e delle speranze di vita biologica, in relazione alla lesione del diritto inviolabile della vita, tutelato dallart. 2 della Costituzione e dallart. II-62 della Costituzione europea, nel senso di diritto di esistere.

21) segue: apertura giurisprudenziale; la lucida attesa della morte. Tirando riassuntivamente le fila di quanto si detto sopra, nel caso di vittima primaria deceduta immediatamente (o quasi) in occasione del sinistro, la giurisprudenza negava agli eredi (iure ereditario) sia il risarcimento del danno biologico subito dal de cuius (perch detto danno biologico non aveva avuto il tempo di maturare), sia il risarcimento del danno conseguente alla violazione del diritto alla vita (per i motivi detti sopra). La rigorosa giurisprudenza suddetta, in tema di danno biologico terminale e di negato risarcimento per la lesione del diritto alla vita, aveva gi subito qualche temperamento prima dellintervento delle Sezioni Unite che si commentano. In una non pi recente pronuncia103, i giudici di legittimit contestavano la tesi che conduce a considerare nullo o prossimo allo zero il danno biologico sofferto dalla vittima nel caso in cui il lasso di tempo tra la lesione e la morte sia stato minimo (nel caso di specie, circa quattro ore). Secondo gli stessi giudici di legittimit, la motivazione che i giudici di merito devono fornire in merito alla rilevanza del breve lasso di tempo tra la lesione e la morte deve essere accurata e circostanziata. Infatti, affermava la Corte, le lesioni mortali producono, secondo l'esperienza medico - legale e psichiatrica, un danno catastrofico (per intensit) a carico della
v. Cass., n. 1633 del 2000. Cass., n. 15670 del 2006. 103 Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, in Foro it., I, 2001, da c. 3197.
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psiche del soggetto che attende lucidamente l'estinzione della propria vita (danno considerato dalla psichiatria nordamericana nella scala DSM III degli eventi psicosociali stressanti, di sesto livello, che quello pi elevato), essenzialmente come sofferenza esistenziale, e non gi come dolore. Ci posto, osservava la Cassazione, occorre valorizzare la diversa natura del danno fisico (del corpo e delle funzioni vitali, dove l'apprezzamento della durata attiene alla stessa esistenza del danno, come quantum apprezzabile) e del danno psichico, anchesso prodotto da lesioni mortali, come danno catastrofico, la cui intensit pu essere apprezzata dalla vittima, pur nel breve intervallo delle residue speranze di vita. Nel danno psichico non solo il fattore durata a definire lo stato patologico, ma la stessa intensit della sofferenza e della disperazione. In altre parole, secondo quella pronuncia, il danno c.d. catastrofico, quale particolare profilo del danno biologico, non un danno proporzionalmente correlato alla variabile durata. Da ci discende che il giudice di merito non pu limitarsi ad un semplice conteggio di minuti, ore e giorni per determinare la rilevanza del lasso di tempo tra la lesione e la morte, ma deve spingersi a valutare, con l'ausilio della scienza medico legale, la condizione (psichica) della vittima. quindi anche l'intensit della sofferenza psichica, e non solo la sua durata, a determinare la consistenza del risarcimento104. In sostanza, lapertura giurisprudenziale di cui si tratta aveva ridimensionato la giurisprudenza secondo la quale per lindividuazione di un danno biologico terminale (trasmissibile agli eredi) necessario il requisito dellapprezzabile sopravvivenza, segnalando allinterprete che il requisito temporale ha ben poca rilevanza ai fini del danno biologico (non fisico ma) psichico. Si noti, per, che questa apertura giurisprudenziale aveva ad oggetto comunque il danno biologico (psichico), e non il danno morale soggettivo. In altre parole, lo stato della vittima primaria (de cuius) che attende lucidamente la propria morte non veniva inteso come stato di sofferenza morale (danno morale soggettivo), ma come vero e proprio stato patologico (sia pure psichico) conseguente alla lesione, tanto grave da potersi configurare anche quando assai breve fosse stato il tempo della sopravvivenza. Il fatto che si trattasse di danno biologico psichico (ovviamente temporaneo) aveva conseguenze sul piano della liquidazione di esso; liquidazione che doveva in qualche modo misurarsi con le relative regole.

22) segue: la posizione delle Sezioni Unite in commento. Il quadro della situazione nella giurisprudenza, sopra offerto al lettore, consente di apprezzare la valenza scarsamente innovativa delle Sezioni Unite in commento in tema di danno ai congiunti della vittima primaria. Infatti, le Sezioni Unite che si commentano (v. par. 3.2 della motivazione) dichiaratamente non affrontano (per mancanza di un argomentato dissenso allinterno della Cassazione) la tesi per cui in caso di morte immediata o quasi immediata non viene ad esistenza un danno biologico (trasmissibile agli eredi) in capo alla vittima. Inoltre, le medesime Sezioni Unite non incidono nemmeno sulla tesi suddetta, contraria al riconoscimento (agli eredi) del risarcimento per lesione del diritto alla vita. A ben vedere le Sezioni Unite si limitano ad avallare la suddetta apertura in tema di danno biologico psichico terminale, peraltro percorrendo una strada diversa sotto il profilo teorico.
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conf. Cass., n. 3260 del 2007. 38

Infatti, le Sezioni Unite esaminano proprio il caso della sofferenza psichica di massima intensit provata dalla vittima di lesioni fisiche che abbiano provocato la morte dopo breve tempo (vittima rimasta in lucida agonia, e in consapevole attesa della fine). Al dichiarato scopo di evitare il vuoto di tutela determinato dalla giurisprudenza di legittimit che, nel caso di morte immediata o intervenuta a breve distanza dall'evento lesivo, nega il risarcimento del danno per la perdita della vita, e nega altres il risarcimento per la perdita della salute (danno biologico), salvo il caso in cui il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile (al quale lo commisura) le Sezioni Unite in commento affermano che questa sofferenza deve essere risarcita come danno morale, nella sua nuova pi ampia accezione. La variante introdotta dalle Sezioni Unite rispetto allapertura sopra esaminata, sta proprio in ci, che in passato quello stesso danno ora legittimato dal Supremo Consesso era stato era stato considerato come danno biologico psichico. Si tratta di una variante ricca di conseguenze pratiche sulla fase risarcitoria. Infatti, il danno biologico psichico risente dei limiti e delle modalit con le quali il danno biologico in generale viene risarcito (v. artt. 138 e 139 del d. lg. n. 209 del 2005). In altre parole, seguendo la tesi del danno biologico si ripropongono le suddette difficolt affrontate dalla giurisprudenza in tema di liquidazione del danno biologico terminale. Viceversa, aderendo alla tesi delle Sezioni Unite in commento (del danno morale nella sua nuova accezione105) si dovrebbe adottare il criterio equitativo puro, con conseguenti probabili aumenti della concrete quantificazioni del risarcimento.

23) La prova del danno non patrimoniale. Le Sezioni Unite in commento (par. 4.10 della motivazione) dedicano qualche spazio anche al problema della prova del danno non patrimoniale. Esse ci ricordano, quindi, che il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza, che deve essere allegato e provato. Secondo le Sezioni Unite va disattesa, infatti, la tesi che identifica il danno con l'evento dannoso, parlando di "danno evento"; la tesi, enunciata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 184 del 1986, stata infatti superata dalla sua successiva sent. n. 372 del 1994, seguita dalla Cassazione con le sentenze gemelle del 2003. Quel che ci vogliono dire le Sezioni Unite in questo passaggio non qualcosa di meramente formale o teorico, ma dalle conseguenze anche pratiche. Linsegnamento, infatti, nel senso che, anche nei casi pi rilevanti (come la lesione di diritti costituzionali inviolabili della persona) non basta riconoscere che vi stata la lesione del diritto per concedere automaticamente un risarcimento. Al contrario occorre provare che dalla lesione derivato un danno. Cos, ad esempio, non sufficiente al figlio di una persona deceduta in un sinistro stradale dimostrare lesistenza della relazione genitore figlio attraverso un certificato anagrafico. Occorre invece dare la prova che da quella lesione del diritto al godimento del rapporto familiare sia effettivamente e concretamente derivato un danno (ad esempio una sofferenza morale) in capo al figlio, dimostrando (restando nellesempio) che fra vittima del sinistro e figlio esisteva un legame affettivo autentico, tale che la sua privazione stata idonea a produrre quella sofferenza morale (il che, ovviamente, non scontato).
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La tesi delle Sezioni Unite stata seguita poco dopo da Cass., n. 458 del 2009. 39

Le Sezioni Unite del pari respingono la variante della tesi del danno evento costituita dall'affermazione secondo la quale nel caso di lesione di valori della persona il danno sarebbe in re ipsa, perch (osservano) la tesi snatura la funzione del risarcimento, che verrebbe concesso non in conseguenza dell'effettivo accertamento di un danno, ma quale pena privata per un comportamento lesivo. Per quanto concerne i mezzi di prova utilizzabili in tema di danno non patrimoniale, giustamente le Sezioni Unite ci ricordano che per il danno biologico la vigente normativa (artt. 138 e 139 d. lg. n. 209-05) menziona l'accertamento medico legale. Si tratta del mezzo di indagine al quale correntemente si ricorre, ma la norma (affermano le Sezioni Unite) non lo eleva a strumento esclusivo e necessario per la prova del danno biologico. Laffermazione ineccepibile, ed fondata sul tenore letterale dellart. 138 del d. lg. n. 209 del 2005 (analoga le definizione data dallart. 139 successivo), secondo il quale, infatti, per danno biologico si intende la lesione suscettibile di accertamento medico legale. Il termine suscettibile esprime una idoneit astratta, non un necessit assoluta di accertamento medico legale. Ne consegue (secondo le Sezioni Unite in commento) che, cos come il giudice pu disattendere (motivatamente) le opinioni del consulente tecnico dufficio, del pari il giudice potr non disporre l'accertamento medico - legale, non solo nel caso in cui l'indagine diretta sulla persona non sia possibile (ad esempio perch deceduta), ma anche quando lo ritenga (altrettanto motivatamente) superfluo, e potr porre quindi a fondamento della sua decisione tutti gli altri elementi utili acquisiti al processo (documenti, testimonianze, ecc.). Il giudice potr anche avvalersi delle nozioni di comune esperienza e (anche per il danno biologico) delle presunzioni. Per le forme di danno non patrimoniale diverse dal danno biologico (danno non patrimoniale che, proprio per effetto delle Sezioni Unite in commento, rappresenta una entit unitaria e tendenzialmente indistinta) lordinamento non pone vincoli in tema di prova. Appare quindi ineccepibile linsegnamento delle Sezioni Unite, secondo il quale per gli altri pregiudizi non patrimoniali potr farsi ricorso alla prova testimoniale, documentale e presuntiva. A parte il danno biologico, del quale si detto, questi altri pregiudizi non patrimoniali sembrano potersi ridurre alla sofferenza morale o fisica, quando (secondo le stesse Sezioni Unite) essa non sia assorbita dal danno biologico, nel senso sopra espresso. In teoria potrebbe permanere (quale forma di danno non patrimoniale da sottoporre a prova) anche il ripudiato (dalle Sezioni Unite in commento) danno esistenziale (ossia la lesione, in forma di condizionamento, delle attivit realizzatrici della persona umana), ma in pratica questa forma di danno (come si visto) stata assorbita (secondo le Sezioni Unite) nella sofferenza morale che da quel condizionamento deriva. Ci posto, secondo le Sezioni Unite in commento, attenendo il pregiudizio (non biologico) ad un bene immateriale, il ricorso alla prova presuntiva destinato ad assumere particolare rilievo, e potr costituire anche l'unica fonte per la formazione del convincimento del giudice, non trattandosi di mezzo di prova di rango inferiore agli altri.

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Il danneggiato dovr tuttavia allegare (e provare, mi sembra di poter dire) tutti gli elementi che, nella concreta fattispecie, siano idonei a fornire la serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto. In pratica, lattore danneggiato dovr provare lesistenza del fatto noto (il fatto, ad esempio, che il congiunto della vittima primaria deceduta nel sinistro abbia cessato di frequentare gli amici), dal quale, per il consueto procedimento induttivo indiziario, il giudice possa ritenere provato il fatto da dimostrare (la sofferenza morale del detto congiunto). Sotto il profilo della prova, pu essere utile confrontare la parte di motivazione che le Sezioni Unite del novembre 2008 in commento dedicano alla prova del danno non patrimoniale con quanto le Sezioni Unite n. 6572 del 2006 avevano sostenuto poco tempo prima, trattando del (ora ripudiato) danno esistenziale. Allora le Sezioni Unite osservarono che mentre il danno biologico non pu prescindere dall'accertamento medico legale (affermazione ora corretta dalle Sezioni Unite in commento, come sopra si visto), quello esistenziale pu invece essere verificato mediante la prova testimoniale, documentale o presuntiva, che dimostri nel processo i concreti cambiamenti che l'illecito ha apportato, in senso peggiorativo, nella qualit della vita del danneggiato. Allora, quindi, le Sezioni Unite accolsero la categoria del danno esistenziale, precisando (ben diversamente dalla sentenza in commento) che, se vero che la stessa categoria del "danno esistenziale" si fonda sulla natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile, del pregiudizio esistenziale (non meri dolori e sofferenze, ma scelte di vita diverse da quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l'evento dannoso) all'onere probatorio pu assolversi attraverso tutti i mezzi che l'ordinamento processuale pone a disposizione. Come facile notare, le Sezioni Unite del 2006 (contrariamente da quelle in commento) avevano ben distinto il pregiudizio esistenziale (incidente esternamente sul fare della vittima) dal danno morale soggettivo (la sofferenza interiore della vittima). Tuttavia, affermavano anche allora le Sezioni Unite che, considerato che il pregiudizio attiene ad un bene immateriale, precipuo rilievo assume rispetto a questo tipo di danno (esistenziale) la prova per presunzioni, mezzo peraltro non relegato dall'ordinamento in grado subordinato nella gerarchia delle prove, cui il giudice pu far ricorso anche in via esclusiva106 per la formazione del suo convincimento. D'altra parte, osservavano le Sezioni unite del 2006, in mancanza di allegazioni sulla natura e le caratteristiche del danno esistenziale, non possibile al giudice neppure la liquidazione in forma equitativa, perch questa, per non trasmodare nell'arbitrio, necessita di parametri a cui ancorarsi. Giova rilevare, per finire, che il risarcimento del danno esistenziale (ora diversamente qualificato dalle Sezioni Unite in commento, e diluito nel generale danno non patrimoniale) pu (secondo la generale previsione dellart. 74 c.p.p.) essere richiesto anche mediante costituzione di parte civile nel processo penale; ma qui sorgono per il danneggiato difficolt dovute alle peculiarit del processo penale. Infatti, lart. 538 co. 1 c.p.p. postula la sentenza di condanna quale presupposto della pronuncia sullazione civile. Quindi, se corretto sostenere nel processo civile che il riferimento al reato contenuto nell'art. 185 c.p. non postula, come si riteneva invece in passato, lesistenza di una perfetta e concreta fattispecie di reato, ma solo di una fattispecie corrispondente nella sua oggettivit all'astratta previsione di una figura di reato, ci non vale nel procedimento penale107.
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tra le tante v. Cass. n. 9834 del 2002. 41

Pertanto, possibile nel processo civile che la responsabilit sia provata per effetto di una presunzione di legge e che (come la stessa giurisprudenza di legittimit ha affermato in relazione al reato commesso da persona non imputabile) il risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., in relazione all'art. 185 c.p., venga concesso senza che il,fatto illecito integri in concreto un reato punibile per il concorso di tutti gli elementi a tal fine rilevanti per la legge penale, essendo sufficiente che il fatto stesso sia astrattamente preveduto dalla legge come reato; ma ci non possibile nel processo penale. Infatti, si ritenuto che in sede penale 108 la legittimazione stessa a costituirsi parte civile per il solo profilo del danno non patrimoniale allora c.d. esistenziale sussiste solo se il danno diretta conseguenza di un reato, mentre non legittimato il soggetto danneggiato che richieda il risarcimento del danno sulla base di condotte non penalmente e concretamente punibili. Laffermazione pare sostanzialmente condivisibile, pur dovendosi precisare che (una volta che sia stata promossa lazione civile in sede penale) la mancanza di prova in ordine allesistenza di un reato perfetto in tutti i suoi elementi (oggettivo e soggettivo) e concretamente punibile risulter di regola allesito del processo di cognizione, con conseguente sentenza di proscioglimento e ulteriormente conseguente rigetto della domanda civile. Si avr quindi (appunto) il rigetto della domanda civile, non la dichiarazione della sua inammissibilit. Domenico Potetti Tribunale di Camerino ----------------

v. ZANCHETTI, SARDELLA, Il danno esistenziale: la richiesta di risarcimento in sede penale, in Riv. it. med. leg., 2007, n. 2, p. 341. 108 v. ZANCHETTI, SARDELLA, cit. .
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