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JEFFERYS TAYLOR

LAVARO

RALPH RICHARDS

traduzione di John Meddemmen Illustrazioni di Marco Giusfredi

A RCIPELAGO EDIZIONI

JEFFERYS TAYLOR

RALPH RICHARDS

LAVARO
(1821)
Traduzione di John Meddemmen

Illustrazioni di Marco Giusfredi

A RCIPELAGO EDIZIONI

Titolo originale dellopera: Ralph Richards the Miser London 1821 2011 Arcipelago Edizioni Via Carlo DAdda 21 20143 Milano info@arcipelagoedizioni.com www.arcipelagoedizioni.com Prima edizione dicembre 2011 ISBN 978-88-7695-465-8

Tutti i diritti riservati


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vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

JEFFERYS TAYLOR

RALPH RICHARDS

LAVARO
(1821)

Indice
Capitolo I . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo II . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo III . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo IV . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo V . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo VI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo VII . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo VIII . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo IX . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo X . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo XI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo XII . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo XIII . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo XIV . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo XV . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo XVI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Postfazione di John Meddemmen
JEFFERYS TAYLOR (1792-1853) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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CAPITOLO I

alph Richards nacque, nessuno sa dove n quando. stato allevato, non si sa da chi n come. Un bel giorno mor, di vecchiaia o dinedia, nessuno sa quale. Se fosse bello o brutto, grande o piccolo, di alta o di bassa statura, non dato saperlo, e neppure se rassomigliasse a qualcun altro o se fosse davvero lunico della sua specie. Avrebbe potuto magari passare per un idolo primitivo o un microrganismo visto al microscopio, ma nessuno oggi in grado di dirlo, perch nessuno si era mai dato da fare per informarsi in proposito. Lunica persona a interessarsi di Ralph Richards era lui stesso, Ralph Richards. Non neppure possibile, ora come ora, descrivere le abitudini e i modi di vita di un essere cos singolare. Con quali mezzi era riuscito ad acchiappare tanti soldi, per spenderne poi una cos piccola parte, lui non laveva mai detto a nessuno; con ogni probabilit non servirebbe granch saperlo. Basta dire che nel carattere e nel comportamento era un Arpagone, lavaro per antonomasia, e questo di lui s che si

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sapeva. Sarebbe arduo quanto inutile poi chiedersi se si nutrisse di vento, di conchiglie dostriche o di paglia tritata. In ogni modo non dovrebbe ragionevolmente sussistere dubbio alcuno a proposito dei pensieri, delle parole e delle azioni che nelle pagine che seguono gli sono attribuiti. Rispecchiano i sentimenti e i processi mentali di un uomo totalmente egocentrico, capace di atti di abnegazione smodata. Munito qual era di una singolare ingegnosit, di una perspicacia eccezionale e di una forza danimo quasi eroica, dava prova di una stupidit e di una debolezza davvero sorprendenti. Capace di prevedere le contingenze pi ricercate e remote e di premunirsi al riguardo, sarebbe rimasto per tutta la vita cieco davanti allassurdit pi palese che possa presentarsi alla mente di un essere dotato di ragione. Agiva e reagiva da demente, infatuato dallamore del possesso. In parole povere, era un avaro, anche se labituale impiego della parola implica le conseguenze di questa predisposizione per la felicit della persona in questione, dedicando invece poco spazio alla disposizione in s. Il comportamento di Ralph Richards era determinato da due o tre nozioni molto semplici. Il pane pensava pane, il formaggio formaggio; ma il denaro al contempo pane e formaggio. Una casa una casa, un campo un campo; ma il denaro rappresenta queste due cose insieme. Di conseguenza, io rester attaccato ai miei quattrini e lascio che gli altri tengano pure per s tutto quello che possiedono. Se do in cambio il mio denaro per il loro pane, formaggio, case o campi, avr certo dei beni, ma si saranno impadroniti loro del bene migliore, il denaro. Ralph Richards aveva perso di vista il fatto che il denaro in s non niente, non pane, non formaggio, non case o campi: non valeva nulla per tutto il tempo in cui lo teneva per s; il suo valore si realizza solo quando viene adoperato quale mezzo di scambio. Lui gli scambi per non li vedeva di buon occhio.

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Se fosse bello o brutto, grande o piccolo, di alta o di bassa statura, non dato saperlo, e neppure se rassomigliasse a qualcun altro o se fosse davvero lunico della sua specie.

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Accampava diritti di propriet allo stesso titolo degli unici vicini che, al par suo, scavavano e nidificavano, i conigli e i topini. Il suo alloggio si collocava a met strada tra un eremo e un porcile, eppure non si poteva metterlo a confronto n con luno n con laltro. Esibiva, s, la povert ma non la pulizia del primo, mentre possedeva tutte le caratteristiche meno raccomandabili del secondo, ma era del tutto privo della sua generosa espansivit. Un eremita e un maiale, ospitati da lui, si sarebbero trovati entrambi a disagio. Era in fondo ad una cava di sabbia da tempo abbandonata, sul lato che il vento, quando soffiava dal sud, investiva in pieno, che questanimale strano e scaltro aveva ricavato la tana, una tana che si distingueva da quella di qualsiasi altro quadrupede scavatore perch era provvista, allingresso, di un insieme di solidi ceppi che servivano da barricata. Qui per molti anni Ralph Richards era rimasto padrone incontrastato, visto di rado e mai molestato. Uno come lui che, in un posto deserto come quello, non temeva affatto la presenza degli spettri era giudicato dalla gente del luogo alla stessa stregua di quelli. Al calar del sole, la sua residenza, al pari del cimitero vicino, era accuratamente evitata. Ogni tanto, a dire il vero, con il sole alto nel cielo, un gruppetto di ragazzacci sfaccendati scivolava dallalto per sbirciare con tutta la cautela del caso ma ritornavano, arrampicandosi in fretta e furia, quando il vecchio si presentava allingresso della sua cava. Questa tattica, che metteva in atto non appena si accorgeva di un pericolo incombente, funzionava sempre a meraviglia. La sola vista del suo poco incantevole grugno si dimostrava un mezzo di difesa efficace e sufficiente. Ralph Richards non si sentiva per niente mortificato da questo poco lusinghiero apprezzamento della sua fisionomia; al contrario, era ben contento che fosse cos. Gli conveniva, in effetti, non accattivarsi la stima del prossimo; era me-

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glio spaventarlo. Sapeva bene che il terrore suscitato dalla sua improvvisa comparsa, e dai luoghi da lui frequentati, garantiva nel migliore dei modi lincolumit della sua persona e del suo gruzzolo. Non lontano dallabitazione dellavaro si trovavano i resti venerabili di un edificio eretto con ogni probabilit pochi anni dopo la conquista normanna. Dallaspetto imponente delle rovine si era indotti a pensare che il luogo fosse stato di una certa importanza; la costruzione era di dimensioni considerevoli, ma le sue origini erano avvolte nelloscurit. Le congetture supplivano abbondantemente alla mancanza di documenti e i pareri al riguardo erano molti e contrastanti. Gli antiquari del paese accanto insistevano con accanimento che la data della costruzione del loro castello fosse senzombra di dubbio anteriore rispetto a quella di un altro castello molto somigliante in unaltra cittadina a pochi chilometri di distanza. Chi si opponeva a questa convinzione asseriva che, poich era fuori discussione che la loro citt andasse identificata con la Comulodunum dei Romani, il relativo castello, da loro difeso, era quello di Boadicea, la regina britannica. Gli avversari sogghignavano e irridevano tante pretese, dichiarando trattarsi di un capriccio ideato e fatto costruire da un mercante facoltoso nel regno di Enrico VIII. Strano a dirsi, i partigiani dalluna e dallaltra parte si davano tanto da fare per difendere lonore delledificio che guarda caso era, dei due, quello che si trovava pi vicino alle loro abitazioni. Queste disquisizioni per, si pu facilmente immaginare, suscitavano linteresse del nostro quanto quello che i teologi dedicavano alla sede dellanima. Chi aveva costruito il castello lui non lo sapeva, Nimrod o Jack Cade, Semiramide o magari Giovanna dArco; non lo sapeva e non gli importava saperlo. Eppure, ne sapeva a proposito di queste rovine pi di chiunque altro, perch sotto quei muri si era si-

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stemato, riparandosi nel corso di tanti rigidi inverni, e l sarebbe rimasto pi che volentieri se, in un giorno di vento violentissimo, non fosse stato sbrigativamente sloggiato dallimprovviso collasso del suo appartamento. Soddisfazione e rimpianto riempivano la sua mente in uguale misura in questo frangente quando si rese conto che, sebbene fosse distrutta la sua cella, le sue ossa almeno erano rimaste intatte. Faticosamente aveva districato se stesso e i propri tesori dalla ponderosa massa delle macerie crollate ed era a questo punto che gli venivano in mente gli scavi nella sabbia che avevano lasciato le dune piene di buchi. Trasferitosi da quelle parti, si dava da fare con lena per accomodare e rendere pi spaziosa la nuova residenza, una specie di banca in cui confid di poter alfin collocare, con la massima sicurezza, se stesso e la sua propriet, senza correre rischi. Era in queste circostanze che aveva voltato le spalle alle rovine del castello, credendo di abbandonarle per sempre; ma anni dopo gli capit di ritornarci in circostanze che ora tocca a noi spiegare.

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CAPITOLO II

alph Richards si trovava costretto di tanto in tanto a non osservare alla lettera la regola da lui stesso stabilita; per avere le cose degli altri era costretto qualche volta a scambiare il suo denaro, ben sapendo che il denaro era pur sempre migliore dei loro beni. Non aveva debitori, e creditori neppure, ad eccezione delle proprie budella, pazienti e accomodanti anche se fameliche. Solo queste avevano il diritto di importunarlo; ma erano abituati a condurre gli affari con un ampio credito a lungo termine, stando buone ad aspettare il momento in cui lui avrebbe accordato loro la quietanza. Un bel giorno, dopo aver prolungato come sempre il loro tempo dattesa, scelse una piccola moneta di rame per fare lacquisto non pi prorogabile. Qui, a prescindere dai sentimenti sgradevoli suscitati dalla necessit di separarsi dal denaro suo, lui correva il rischio di cadere sotto gli occhi incuriositi daltre persone, felicissime di aver occasione di vedere questo curioso animale fuori dalla tana. Ci si rivolgeva

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a lui abitualmente sia detto con sgradevole ed eccessiva familiarit. Una volta fu malmenato senza cerimonie con gli aggressori che si sforzavano senza risultati di frugare nelle pieghe intricate dei suoi vestiti. Questo rituale era accompagnato con la minaccia che, se l non ci fossero stati dei soldi, loro si sarebbero recati in sua assenza a ritirare quelli custoditi nella sua banca. Per evitare altre brutte sorprese del genere (lavaro non era per nulla cos stanco della sua vita monotona da andare a caccia, per renderla pi varia, di tali avvenimenti) era solito intraprendere le sue spedizioni di sera; ma, nel caso di cui qui si parla, gli era sembrato impossibile rimandare le cose fino allimbrunire. Decise di procedere per una strada poco frequentata, evitando il percorso pi breve. Si addentr dunque in un sentiero solitario che, nel suo percorso, lavrebbe costretto a passare in mezzo alle rovine del castello. Non esisteva nella sua mente n curiosit n altro sentimento in grado da indurlo a rivisitare questi resti, eppure distavano meno di mezzo chilometro dalla sua nuova dimora, e non intendeva neppure ora degnarli di uno sguardo. Ci avrebbe badato nella stretta misura che sarebbe bastato a permettergli di non finire per terra mentre attraversava i frammenti e i rifiuti che coprivano quellaccidentato terreno. La cosa, per il primo tratto, gli riusc a meraviglia, ma in seguito si trov davanti ad una distesa in cui, a causa della caduta recente di una notevole sezione delledificio, cerano detriti disseminati un po dovunque. In questo luogo, mentre appoggiava il piede sopra un sasso in bilico, quello allimprovviso cedette e lui, involontariamente e improvvisamente, tese la mano per riprendere lequilibrio e, ci facendo, gett lontano la monetina finora tenuta salda nel pugno.

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Se la testa si fosse staccata dalle spalle, restando sempre in grado di ragionare, non avrebbe sentito smarrimento pi grande di quello da lui provato in quel frangente. Con gli occhi fuori della testa, fiss il palmo della mano vuoto che portava tuttora impressa limpronta della moneta della cui assenza stentava a credere. Bast poco perch si lasciasse convincere, sebbene controvoglia, che la moneta era effettivamente volata. Non sapeva proprio dove fosse finita; sapeva solo questo: che era andata perduta! Decise allistante, ed era ferreo in questo suo proposito, che andava ritrovata, perch, in caso contrario, lui sarebbe stato costretto a subire lassalto spietato delle budella, affamate e da tempo in subbuglio. La probabilit che potesse discernere una moneta caduta o, meglio, gettata in mezzo a questi mucchi di rovine, ricoperte in molti punti derbacce alte tre metri, sarebbe sembrata a chiunque, ma non a lui, quasi inesistente. In ogni modo, aveva gi deciso che non si parlava neppure di perderla, e che avrebbe adoperato ogni mezzo per riaverla. Le menti energiche come la sua hanno questo vantaggio: quando mirano a un obiettivo, non sono intralciate dai tanti timori che affliggono la risoluzione, indeboliscono gli sforzi e non di rado assicurano la disfatta, delle persone dubbiose; costoro, quando si fermano in continuazione a calcolare laltezza dellostacolo che blocca loro la strada, finiscono col perdere lo slancio iniziale che avrebbe permesso loro di superarlo. Se lavaro avesse fatto cadere mezzo soldo nel Caspio, la praticabilit di asciugare quel mare si sarebbe certamente presentata alla mente; nella situazione attuale, non si sarebbe certo lasciato scoraggiare da qualche mattone e un po di ortiche. Un soldo risparmiato un soldo guadagnato, disse e limpresa gi susci-

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In questo luogo, mentre appoggiava il piede sopra un sasso in bilico, quello allimprovviso cedette e lui, involontariamente e improvvisamente, tese la mano per riprendere lequilibrio e, ci facendo, gett lontano la monetina finora tenuta salda nel pugno.

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tava in lui lo stesso grado di coinvolgimento che sentiva, e che rianimava i suoi spiriti, tutte le volte in cui si lanciava alla ricerca di denaro. Dopo aver sbottonato e slacciato, frugato, colpito e agitato ogni angolo noto o ignoto dei suoi ricercati drappeggi, pass allesame del terreno. Non trov niente la cui rassomiglianza avrebbe indotto magari un ubriaco a scambiarlo nottetempo per una moneta. Avendo passato molto tempo in questa occupazione, cap che la cosa andava affrontata in modo pi sistematico. Di conseguenza, ritorn al punto esatto in cui si era inciampato e, dopo un sopralluogo preliminare, determin con una certa precisione larea in cui si sarebbe con ogni probabilit trovato ci che cercava, delimitando la sua possibile estensione, calcolando raggio, circonferenza e forza centrifuga dellarco descritto dalla sua mano; del resto non gli importava niente. Non era un antiquario, e la botanica non gli interessava; il rapporto che desiderava intrattenere con le ortiche e con le immondizie del luogo riguardava esclusivamente il settore immediatamente circostante, quello che avrebbe potuto intrattenere rapporti con la sua moneta. In ginocchio, si diede a strappare sistematicamente la vegetazione intrecciata, a spostare ogni frammento di mattone e ogni sassolino atto a fornire colpevolmente un nascondiglio al fuggitivo, conducendo le ricerche in modo cos capillare da evitare la necessit di ripassare il terreno. Unoperazione cos concepita rischiava di tenere impegnato il nostro eroe per pi giorni di seguito; si era dato da fare diligentemente per pi ore, eppure aveva setacciato soltanto una minima porzione dellarea prima delimitata. Affamato gi la mattina, era non meno affamato a mezzogiorno. Eppure non gli passava per la testa di abbandonare la ricerca o di impiegare per il momento unaltra moneta. Il crepuscolo era in arrivo, e ci costrinse il vecchio a chiedersi se

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non fosse il caso di rimandare la cosa alla mattina seguente. Addolorato e sul punto di alzarsi, gli capit per sottocchio, semisepolto nella terra, un blocco di pietra piccola e rotonda; spostarlo era facile e lui scopr, ci facendo, che si trovava incastrato in unaltra pietra pi grande ma di forma analoga. Tolta la prima, esamin attentamente quella che stava sotto e che aveva uno spazio ricavato nel mezzo. Il buio non consentiva agli occhi di andare, oltre ma le dita, da lui inserite, incontrarono qualcosa che si muoveva e cap allistante che si trattava di una moneta. La tocc e affrettatamente colloc al suo posto il coperchio prima di alzarsi in piedi e lanciare tuttintorno uno sguardo rapido e sospettoso per accertarsi che nei paraggi non ci fosse nessuno. Il campo, in effetti, era libero. Rimosse di nuovo la pietra e strinse la moneta tra le dita; fregava contro la pietra la zigrinatura per verificare dal luccichio che fosse metallo, dopodich la sistem in un angolo recondito dei suoi vestiti dal quale nessuna scossa, per quanto violenta, avrebbe potuto sloggiarla. Torn come meglio pot a casa e, tenendo conto di quella che aveva scoperto, si accord il permesso di impiegare unaltra monetina al posto di quella persa. Faceva buio ormai e ci gli consentiva di prendere la strada pi corta per raggiungere il paese, di fare i suoi acquisti e di ritornare a casa, senza essere molestato e neppure osservato. In seguito e dopo i necessari preparativi, si sent alfine autorizzato a dirigersi al suo giaciglio.

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CAPITOLO III

uando era ritornato alla sua dimora, il buio pesto non laveva permesso di compiere una disamina soddisfacente della moneta da lui trovata; doveva accontentarsi per quella notte di sistemarla in un luogo sicuro. Non gli pass per la mente di servirsi di una candela che avrebbe mandato in fumo il suo denaro. Di una cosa si era sincerato per: era indubbiamente doro quella monetina. Questo per adesso gli bastava; avrebbe portato avanti le indagini in un secondo momento. Mise dunque lanima in pace. Con la luce del mattino avrebbe potuto confermare ci che gi sapeva. A togliergli il sonno abituale non era certo lindigestione o i fumi del vino e neppure limpazienza di chiedersi se la sua mezza ghinea era antidiluviana o cascata dalla luna. Fatto sta, che il sonno lo aveva abbandonato; la mente era rimasta, quanto in precedenza il corpo, tuttora alle prese con gli avvenimenti della giornata. La sua sagacia laveva portato a congetturare che la scatola di pietra, ingegnosamente nascosta e da lui scoperta, lavrebbe condotto a ben altro. Man mano che

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questidea si faceva strada nella sua mente, la faccenda cominci ad assumere un aspetto del tutto nuovo. In un primo momento, si entusiasm ma poi, di colpo, cambi umore. Aveva lasciato la pietra fuori posto, ben visibile con il rischio di attirare su di s lattenzione di chiunque, di buon ora, fosse passato da quelle parti. Era poco probabile comunque che, prima dellarrivo della piena e incoraggiante luce del giorno, qualcuno avrebbe avuto voglia di percorrere il labirinto di quelle rovine stregate. Nelle case del vicinato le storie di quegli spettri venivano raccontate ai bimbi quando stavano raccolti intorno al focolare. Qualche ragazzina o magari ragazzino dopo averle sentite, faceva fatica a risolversi a spegnere la candela sul comodino. Era certo dunque che nessuno ci avrebbe messo piede in quelle rovine prima dellalba, ed anche allora era poco probabile che un passante si sarebbe accorto del salvadanaio. Si sentiva irrequieto lo stesso; sarebbe stato meglio se tutto quanto fosse rimasto come prima, ben nascosto. Era ormai notte fonda ma questo non era un impedimento; Ralph Richards non era soggetto allo stesso timore che impediva agli altri dopo il calare del sole di avventurarsi in quei paraggi. Eppure, per quanto desiderasse ardentemente rimettere la pietra al suo posto, l per l non si alz per farlo. Passato un po di tempo, per, si alz effettivamente, deciso a mettersi lanima in pace. Aveva abbandonato il suo letto se si pu chiamarlo cos e, tastando come sempre al buio, si diede da fare per togliere di mezzo i pesanti oggetti che bloccavano lingresso della cava. Usc carponi e, dopo aver sistemato di nuovo il suo sistema difensivo, si mise in marcia verso le rovine.

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La notte era cos buia che persino un gufo sarebbe stato costretto a servirsi di una lanterna. Lorizzonte era invisibile; aveva limpressione di trovarsi nella pi recondita nicchia dei labirinti sotterranei delle sue dune. Per orientarsi, gli occhi non gli servivano e il naso nemmeno; il tatto ormai era lunico senso che si adattava alla situazione, decise dunque di scendere a quattro zampe. Si sarebbe assicurato in questo modo una rassicurante presa di contatto con la terra. In questatteggiamento strisciava, facendosi strada tastoni, in modo cos sistematico che era costretto ad accertare la profondit e la temperatura dogni pozzanghera che incontrava per strada. Al primo tocco dellacqua fredda, si sforz di farsi unidea della sua estensione e profondit, ma invano. Era costretto ad accordarsi la gratificazione di attraversare, uno dopo laltro, quei rinfrescanti laghetti. Non aveva sbagliato orientamento ed ebbe alfine la soddisfazione di raggiungere la piccola macchia che stava davanti alle rovine del castello; a questo punto, gli sembr consigliabile alzarsi in piedi. Il vento era piuttosto forte e si sentiva lincessante frusciare di rami invisibili che, quando ci passava sotto, lo ghermivano. Non ci voleva un eccesso dimmaginazione per attribuire questo fenomeno allintervento di esseri sovrannaturali; si era detto da sempre che quel boschetto era il loro quartiere generale. Comunque lui, a questo punto della spedizione, era convinto che gli unici disagi che avrebbe affrontato sarebbero stati di carattere corporale. Era sul punto di lasciare gli alberi e uscire allaperto, quando vide una specie di lumicino pallidissimo e poco distante; apparve con un violento colpo di vento, e spar quando questo cess. Si ferm di colpo, rannicchiandosi. Ne aveva fin sopra i capelli delloscurit, eppure questa luce non gli piaceva per niente. Punt gli occhi

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in quella direzione e, poco dopo, con una nuova raffica di vento, la luce debole apparve di nuovo per sparire subito, come prima. Pass molto tempo; ma non si sentiva di abbandonare il posto in cui si trovava. Fece un passo e si trov faccia a faccia con lo spettro. Mentre lo fissava, la parte superiore dellapparizione assunse una forma pi consistente; era una faccia stravolta, ghignante con gli occhi maligni. Con un brivido di terrore e un grugnito, lui stramazz, bagnando la terra con pi sudore di quello che mai avrebbe creduto di avere in corpo. Voleva inabissarsi, sprofondare, lui e la sua moneta, al centro della terra. Il vento a questo punto con una raffica violentissima fece impazzire gli alberi. Tornata la calma, lo spettro si rivolse a lui con la voce sommessa; le parole erano distinte, interrotta ogni tanto dalle folate del vento.
Ma, perch ti stendi per adorare proprio me? Uno spettro autentico quello che tu persegui. Non vedi nel modo giusto la divinit luminosa che per splende con un alone dargento! Meschino che sei, stenditi, mangia la polvere, il cibo che preferisci, il tuo bene malefico. Son polvere pure le ossa che la terra custodisce, adesso sono nascoste, sarai tu a scoprirle? Sotto questi muri cadenti scava, gira per i labirinti. Ti addentrerai alfine nel nascondiglio delloro;

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Mentre lo fissava, la parte superiore dellapparizione assunse una forma pi consistente; era una faccia stravolta, ghignante con gli occhi maligni.

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Troverai il tesoro del lombrico. Otterrai scavando, niente ricavando.

Dopo un intervallo dovuto alla tempesta, lapparizione riprese:


Ma, perch ti stendi per adorare proprio me? Uno spettro autentico quello che tu persegui. Non vedi nel modo giusto la divinit luminosa che per splende con un alone dargento!

Detto ci, lo spettro allimprovviso si ecliss ma il malcapitato avaro non mosse n la testa e neppure le mani prima dellarrivo del giorno, quando la luce gli sinsinu fra le sue dita. Come si pu spiegare questo fenomeno, a prima vista poco credibile? Avrebbe potuto verificarsi in tanti modi diversi. Speriamo che i gentili lettori non saranno indotti a far passare il nostro racconto per una romanticheria. In fondo, sarebbe facile intagliare maliziosamente la parte inferiore di un palo in disfacimento (e dunque fosforescente) e di farlo passare per una forma umana; e poi qualcuno, appostato dietro, avrebbe potuto recitare i versi da noi citati. O ancora un farabutto qualsiasi avrebbe potuto ungere la faccia con uno sgombro (come fece il pescatore che si present a Tiberio). Qualche ragazzaccio ingegnoso sarebbe stato capace di svuotare una rapa, incidendo con malizia occhi, naso e bocca prima di inserirvi una candela. Fatto ci, avrebbe potuto recitare tutti gli incantesimi che voleva. Basta dire la testimonianza al riguardo non ammette dubbi che quel fantasma

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era apparso per davvero, che quelle parole furono effettivamente pronunciate e che lavaro era rimasto fuori di s dalla paura. Solo con il sole alto nel cielo os affrontare di nuovo il mondo intorno a s. Si trovava a pochi passi dalle rovine. La pietra si trovava pur sempre, vide, nello stesso posto in cui laveva lasciata; ma gli era passata la voglia di intervenire. Volse i passi per tornare a casa sua, e l rimase rintanato per pi giorni di seguito.

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Fu allora che si accorse di una croce doro che giaceva per terra. Di questa, con mossa avida, se ne impadron, tirandola a s; al che il cadavere balz su, mentre la croce sub una brusca frenata.

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il tesoro era qui! Un salto e si butt dentro, senza badare alla propria incolumit; il pericolo e la stessa morte erano diventati per lui del tutto irrilevanti.

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JEFFERYS TAYLOR (1792-1853)

Piombata nel paese della meraviglia, Alice sgrana gli occhi e resta a bocca aperta davanti alle avventure alle quali va incontro. Una dopo laltra, mettono a dura prova i luoghi comuni da lei assimilati nel corso della sua formazione; vengono rovesciate, ad esempio, le nozioni apprese a scuola, per non parlare delle poesiole mandate a memoria, filastrocche incluse. The Star di Ann Taylor, per i curatori di The Oxford Dictionary of Nursery Rhymes, sarebbe one of the best-known poems in the English language. I ragazzini la cantano adoperando una melodia usata anche da Mozart, Ah vous dirai-je Maman:
Twinkle, twinkle, little star, How I wonder what you are. Up above the world so high, Like a diamond in the sky.

Seduto a tavola con Alice, il cappellaio matto racconta di averla cantata anche lui davanti alla Regina di Cuori e, l per l, si esibisce di nuovo allindirizzo della

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commensale. Le parole per non sono pi quelle di prima: Twinkle, twinkle, little bat, / How I wonder what youre at. C un pipistrello al posto della stella e, al posto di un diamante, un vassoio. Ma questa canzone la conosci? lui chiede e lei risponde, Ive heard something like it. Il testo risale al 1808 quando fu incluso nelle Rhymes for the Nursery, un compendio di componimenti delle due sorelle di Jefferys, Ann (1782-1866) e Jane (17831824). Questi quattro versi, la prima stanza della poesia di Ann, rappresentano, a duecento anni di distanza, quasi tutto quello che resta nella memoria collettiva della vasta produzione letteraria di questinstancabile famiglia. Erano protestanti, non anglicani; il che vuol dire che non potevano accedere alle universit di allora. Il padre pastore, il reverendo Isaac, era esperto della Bibbia ma doveva la propria formazione alle Enciclopedie settecentesche di Chambers e di Rees per le quali, ancora ragazzo, aveva preparato le Tavole. Queste sue conoscenze tecniche le aveva impartite agli allievi, ragazzi e ragazze senza distinzione. Ci troviamo a Colchester negli ultimi mesi del 1798 dove era in programma una serie di lezioni sullastronomia tenute da un personaggio illustre. Anne, ormai ottantenne, ricordava questa circostanza: Per assicurare una piena comprensione dellargomento aveva pensato di organizzare a casa propria delle lezioni preliminari. Queste erano accompagnate da tavole, preparate o da lui stesso o, sotto la sua direzione, da noi. Un gran numero dei nostri giovani compagni ha partecipato alliniziativa e il loro vivo coinvolgimento aveva convinto nostro padre a non fermarsi l. [] Gli incontri che seguivano avevano luogo nel nostro salotto davanti ad un pubblico di una settantina di ragazzi entusiasti. Lui sapeva presentare i diversi argomenti in modo semplice ma efficace; si trattava se mi ricordo bene di astronomia, geografia, geometria, meccanica, storia e anatomia. I suoi discorsi erano accompagnati da diagrammi, rudimentali
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ma vigorosi, alloccorrenza, persino divertenti. Erano vergati su grandi fogli di carta grossa da disegno. Alle volte per prepararli ho lavorato anche tre giorni di seguito. Ci teneva a rivolgersi, entro il limite del possibile, allocchio, pi tenace dellorecchio. Unimpronta empirica cos concepita ben presente nel dettato pedagogico in un libro del 1832 dello stesso Jeffreys. Allinizio di A month in London, Some of its modern wonders described lui descrive le reazioni dei ragazzi che dalla campagna stanno arrivando per la prima volta nella grande metropoli di Londra, che sta l a smentire le loro ingenue aspettative iniziali. In un istante scrive Jefferys la strampalata impalcatura della loro messinscena mentale fu rimossa; tocc a loro rendersi conto senza ambagi che le case erano solo case, i negozi solo negozi. La piccola Lucy, guardando dalla finestrina della diligenza, legge delusa le insegne che le passano davanti agli occhi: Ladies boot and shoe warehouse Hodson, Dyer, and Hodson Eves fancy dress and millinery rooms Ladies school Phoenix fire-office, Pryke, haberdasher. Nel romanzo del 1821, tutta la faccenda si svolge nel buio pi nero della notte. Lavaro scava sotterra senza candele e al lettore tocca accompagnarlo; gira lui per i tortuosi labirinti di una mente annebbiata, quella del protagonista ossessionato. Non agisce di giorno perch non vuole che nessuno si accorga di lui: Ogni essere umano era un potenziale nemico; avrebbe voluto che gli altri fossero sprovvisti docchi e che lunico in grado di vedere fosse lui e lautore precisa, Questo suo desiderio non intaccava lorgano visivo di nessuno, uomo, donna, ratto o rospo che fosse. In seguito ad un incidente nelle budella della terra in cui aveva rischiato di perdere la vita, era nato in lui un forte desiderio di rivedere la luce del sole e di respirare nellaria pura. [] Raggiunse la superficie, ma rimase di stucco, credendo

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di aver lasciato dietro di s nei sotterranei anche il cervello. Affacciatasi pronta a godere appieno le piacevoli e abbondanti benedizioni del giorno, la sua testa si era trovata, al contrario, avvolta nel buio della notte. Sembrava che fosse diventato cieco. Sono di casa gli spettri nei paraggi di questo castello in rovina e la strega del paese sa approfittare delle superstizioni della gente credulona. Lei per finir contestata in modo violento da una popolana che, convinta di essere protetta dai suoi sortilegi, aveva visto spuntare dalle viscere della terra la testa dellavaro. Mi hai detto che stanotte sarei potuto passare davanti al castello senza correre rischi dice e invece, oddio, ho visto ho visto una cosa! Era tenebroso, non so come dire; non mi sono fermata a guardarlo, e la fattucchiera ribatte Hai visto un ronzino che andava a spasso, ecco che cosa hai visto e sfido io era spaventato quanto te. Per Jefferys Taylor gli spettri non sono da prendere sul serio, sono da prendere in giro, come quello che in una notte buia e tempestosa appare davanti al nostro avaro: Fece un passo e si trov faccia a faccia con lo spettro. Mentre lo fissava, la parte superiore dellapparizione assunse una forma pi consistente; era una faccia stravolta, ghignante con gli occhi maligni. Solo in seguito il lettore viene a sapere di che cosa si tratta; nellimmediato, per, sono avanzate dallautore alcune ipotesi dimpronta razionale, capaci di spiegare tale fenomeno: Qualche ragazzaccio ingegnoso sarebbe stato capace di svuotare una rapa, incidendo con malizia occhi, naso e bocca prima di inserirvi una candela. del 1804 una piccola poesia, sempre della sorella Ann; si chiama The HandPost. Anche in questo caso, ci troviamo al buio: Un piccolo gufo vol basso, rasente la brughiera / e il vento port con s quel grido acuto; / il povero Henry, impaurito, sorpreso per strada dalla notte, / affrett il passo. // Nelloscurit, av-

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vampavano / dei lampi intermittenti / che si riflettevano nelle pozzanghere lungo la strada; mentre ai lati incombeva nera la sagoma delle siepi. La messinscena perfetta e difatti il giovane anche qui va incontro allo spettro di turno: allimprovviso gli si present davanti / una forma orripilante. // Stava l in piedi, immobile, pallida come la morte; / non indossava n coperta n mantello / e, per ghermire i capelli del ragazzo, / stendeva il braccio ischeletrito. Prendendo il coraggio a due mani lui decide di affrontarlo:
So calling all his courage up, He to the goblin went; And eager through the dismal gloom His piercing eyes he bent. And when he came well nigh the ghost That gave him such a fright, He clappd his hands upon his side, And loudly laughd outright. For twas a friendly hand-post stood His wandring steps to guide; And thus he found that to the good No evil can betide.

In una delle notti di Ralph Richards descritte da Jefferys buio a tal punto che si correva il rischio di prendere uno spettro per un palo. Molti anni dopo, Joseph Gilbert, il figlio di Ann, avrebbe dato alle stampe Autobiography and other Memorials of Mrs Gilbert, Londra 1874, i documenti di cui disponeva relativi alla sua famiglia. Rievoca le visite fatte da lui ragazzino alla

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casa dei nonni ad Ongar; era un immenso edificio legato nel suo ricordo ai romanzi gotici dello zio Jefferys. Dallaltra parte del corridoio, in faccia allo studio pieno di libri del nonno, si trovava la cosiddetta Brown Room, piena questa di lastre di rame e con un odore fortissimo dolio, asfalto e di acido nitrico. La stanza dello zio Isaac invece sapeva sempre di inchiostro di china, perch lui per i tanti libri che illustrava adoperava di preferenza questo delicato pigmento. Jefferys ci dice scriveva appartato in una grande mansarda che guardava ad occidente con, sotto di s, lagitato ondeggiare dei pioppi. I libri da lui posseduti erano pochi, ma cera un tornio e molte macchine e componenti di macchine, tutte cose abbastanza strane: era qui che lui aveva inventato un congegno che facilitava il lavoro di quelle parti di unincisione che prevedono tante righe parallele, fitte e ravvicinate; era qui pure aggiunge il nipote che aveva scritto i suoi libri diventati famosi, Harrys Holiday e Aesop in Rhyme; e intanto, frammenti di manoscritti giacevano sparsi ovunque, pi o meno in disordine. Joseph ricordava la bravura dello zio nel raccontargli storielle maliziosamente agghiaccianti; dopo di ch, lui ragazzino, infilatosi nel letto, non voleva che fosse spento il lume sul comodino.

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