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GIANCARLO BIGUZZI

ELOGIO DELLA CARIT


Testi del Nuovo Testamento sullagp

Roma, 2001

PRESENTAZIONE

Amore una parola inflazionata: sulla bocca di ogni uomo o donna, in tutte le letterature, in tutte le arti e religioni, sui muri o sulle cortecce degli alberi, al cinema, nelle preghiere, o nelletere delle telecomunicazioni. Tutto gi stato detto al riguardo, e quando si fa uso di quella parola si pu anche barare, contrabbandando per amore quello che magari amore non . Lamore, poi, ha molti nomi: qual il migliore, il pi pertinente, il pi profondo, il pi umano, o il pi divino? I brevi capitoli che seguono rileggono i principali testi che nei libri sacri e normativi della fede cristiana parlano dellamore, o carit, o come quei testi dicono agp. Il tema dellagp pi nel NT che nellAT, e quindi salteremo da un testo allaltro dei vangeli o delle lettere neotestamentarie. La scelta dei testi del NT offre il vantaggio di sfuggire al soggettivismo. Parleremo dellamore, infatti, non a partire da quello che pensiamo io o tu al riguardo, ma andando alla ricerca delle affermazioni pi importanti sullamore cos come sono codificate in quel complesso di documenti che la tradizione cristiana bimillenaria considera come parola profetica e quindi, in ultima analisi, proveniente da Dio. Il confronto della nostra idea soggettiva di amore con quelle affermazioni profetiche potr arricchire la nostra convinzione, o correggerla, o, se saremo daccordo con quei testi, confermarla e motivarla ulteriormente. Cominceremo con la prima lettera di Paolo ai cristiani di Tessalonica la quale elenca lagp insieme con fede e speranza e, collocandola in una triade, d le prime coordinate per non perdersi nella ricerca (cap. 1). Poi raccoglieremo dalla prima lettera di Giovanni linsuperabile definizione di Dio come Agp e laffermazione che lagp viene da lui (cap. 2). Lagp che viene da Dio duplice dice poi il vangelo di Giovanni: c un amore universale e un amore che sorprendentemente limitato e selettivo (cap. 3). Lo stesso quarto vangelo e il capitolo settimo della prima lettera ai Corinzi diranno il perch di quellesclusivit (cap. 4). Una definizione e unaffermazione contenute in Col 3,14 e, rispettivamente, in Mc 12,33 diranno poi come lagp sia al centro e al vertice della vita cristiana (cap. 5), mentre lindispensabilit dellagp, i gesti concreti che essa compie, e la sua perennit saranno ricavati dal famosissimo inno a tre strofe di 1Cor 13 (cap. 6). Bisogner poi dire in che modo si differenziano lamore di chi vive nel matrimonio, e lamore di chi vive nel celibato (cap. 7), e bisogner discutere anche sul rapporto tra amore e libert (cap. 8), e tra amore e verit (cap. 9). Il grido: Io sar lamore deve infine riassumere la scoperta dellamore da parte di Teresa di Lisieux come anima di ogni vocazione (cap. 10). La conclusione chiuder il cerchio. Il suo titolo C elogio ed elogio richiama, infatti, con tutta evidenza il titolo del primo capitolo, che diceva: C amore ed amore. Il titolo generale Elogio della carit perch, anche se ardua da praticare, lagp grande.

1. C AMORE E AMORE Introduzione, e agp in 1Ts 1,3

1. La pi universale delle leggi della natura Non c da meravigliarsi se uno dei sentimenti pi forti, pi belli e pi universali stato detto con molti nomi: amore, eros, amicizia, filantropia, affetto, carit ecc. Ma il contenuto di nessuno di questi nomi coincide appieno con quello dellaltro. Non basta. Ogni realt, anche inanimata, sembra obbedire a leggi che imitano lamore umano. Quando piove, sui vetri delle nostre finestre una goccia cerca laltra, la raggiunge, si fonde con essa, e un unico grande gocciolone scende verso il basso, magari un po a zig-zag, quasi in una danza damore. Le foglie degli alberi si dispongono in modo da non sottrarre luce ognuna alle altre, quasi sentissero di essere tra loro sorelle, e tutte cercano il sole, come fosse il loro sposo. Lo stesso fanno tutte le erbe, tutti i fiori e pi di tutti gli altri fiori il girasole. Nella natura, poi, i 103 elementi si trovano solo molto raramente allo stato puro. Tutto o quasi invece frutto di infinite combinazioni e variazioni chimiche: lacqua nasce dallunione di idrogeno e di ossigeno, e il nostro corpo dallinsieme di acqua, ferro, fosforo, calcio e cos via. La legge della gravitazione universale dice che ogni entit pesante calmita a s tutto ci che pesa di meno, e, mentre nel creato nulla si crea e nulla si distrugge, un elemento attira o cerca laltro per fondersi con esso come in un matrimonio fecondo di nuove forme di aggregazione e di esistenza. Non basta ancora. Sono frutto di qualcosa di analogo allamore umano le cose pi belle che luomo

produce. Laggregazione armoniosa di molte onde sonore d vita alle composizioni musicali, laccostamento di colori diversi d vita ai capolavori della pittura, e lunione e lorganizzazione di molte parole porta a quelli della letteratura. Lo stesso va detto delle scienze: la geometria non si pu fare con una sola linea, n laritmetica con un solo numero. Una delle leggi che governano sia il mondo fisico che le diverse soglie di vita, da quella vegetale a quella animale e a quella umana, ha dunque qualcosa che si assomiglia alla legge dellamore. Per vivere o anche semplicemente per esistere e per avere un senso, sembra che tutto cerchi qualcosaltro, e nulla sembra volersene stare nel gelo della solitudine. 2. La pi universale delle leggi umane vero che un filosofo ha detto: Homo homini lupus - Ogni uomo per laltro come un lupo, ma unesperienza almeno altrettanto universale ci dice che gli uomini si cercano, si aggregano, formano coppie e famiglie e parentadi, paesi, citt, nazioni, e alleanze regionali e internazionali. O squadre per qualsiasi sport, o corporazioni professionali, o gruppi di studio e di ricerca, e associazioni di ogni tipo e per ogni scopo. Questi infiniti modi che gli uomini hanno di rapportarsi tra loro sono nutriti dai pi diversi sentimenti. Ed ecco che torniamo al punto dinizio: necessariamente ci sono molti nomi per dire sentimenti in qualche modo analoghi, ma mai identici. Quelli che ci interessano di pi sono amicizia, eros, filantropia, agp o carit. 3. Amicizia, eros, filantropia Eros, Cupido o Amore per i Greci e per i Romani il dio dellamore. Leros lega due persone di sesso diverso lasciamo da parte il problema dellomosessualit con un trasporto, una passione e un desiderio ardente luno dellaltro. il sentimento che lega tra loro gli innamorati, gli amanti. Il nostro aggettivo erotico deriva da eros ma, soprattutto nel linguaggio moralistico, ha acquisito una connotazione in qualche modo negativa. Di per s per lamore di uomo e donna in vista del matrimonio deve avere nellattrazione erotica vicendevole la prima scintilla per rendere possibile il superamento del vincolo di sangue che terrebbe ognuno legato invincibilmente alla famiglia dorigine. A differenza delleros, lamicizia lega due persone non importa di quale sesso che stanno bene insieme e si sentono in consonanza daffetti e dinteressi, senza che gli impulsi della sessualit siano coinvolti. Le espressioni Amici per la pelle, Patti chiari, amicizia lunga, e Chi ha trovato un amico ha trovato un tesoro ecc. dicono che i valori dellamicizia sono uninvulnerabile solidariet, una trasparenza vicendevole a tutta prova, un bene e un aiuto preziosissimo. Quanto poi ai termini filantropo e filantropia, la pi antica ricorrenza si trova nel Prometeo incatenato di Eschilo (Eleusi, 525-456 a.C.). Il grande tragediografo definisce come filantropo leroe Prometeo, perch ricuper dallOlimpo, la sede egli di, e restitu agli uomini il fuoco che Zeus aveva loro sottratto e nascosto. Filantropo infatti in greco vuol dire amico ( phlos) delluomo (nthrpos), e ora nelle nostre lingue descrive chi benefattore dellumanit, generosamente e disinteressatamente, senza chiedere nulla in cambio. 4. Agp o carit Quanto infine alla carit (in latino caritas e in greco agp), essa pu essere nutrita ed espressa da tutti questi atteggiamenti, ma qualcosa di molto diverso e

richiede un discorso a parte. Il senso del termine non quello che esso ha nellespressione Fare la carit e cio Fare lelemosina, n quello dellesclamazione Per carit! e, cio, Per favore!. Mettiamoci alla ricerca del suo ricco e complesso significato a cominciare dalla prima lettera di Paolo ai Tessalonicesi che probabilmente lo scritto cristiano pi antico di quelli che ci sono pervenuti, essendo stata scritta nellanno 52 d.C. circa. Per lostilit dei giudei del luogo, Paolo aveva dovuto lasciare Tessalonica allimprovviso e aveva ripiegato su Corinto. Quando da Tessalonica giunse Timoteo con buone informazioni, Paolo scrisse per incoraggiare i Tessalonicesi, per esortarli, e per elogiarli anche circa lagp. 5. Agp in 1Ts 1,3 Proprio allinizio della lettera, Paolo dice ai Tessalonicesi che egli continuamente grato a Dio al ricordo della loro fede, carit, e speranza: Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi () tenendo continuamente presenti, davanti a Dio e Padre nostro, il vostro impegno nella fede, la vostra operosa carit ( agp), e la vostra costante speranza nel Signore nostro Ges Cristo (1,3). Le osservazioni da fare su questo testo venerando, il quale contiene la pi antica menzione scritta dellagp cristiana, sono due. La prima: la carit non abbinata a virt greche o latine come il valore militare, la fedelt alla patria, la fedelt alla parola data, e cos via, n abbinata alle virt laiche del galantomismo o dellonest. Le virt insieme con le quali la carit viene elencata sono invece la fede e la speranza che con la carit formano la triade delle virt teologali. Sono dunque le tre virt che mettono nel giusto atteggiamento nei confronti di Dio e del Cristo. Lo si ricava anche da due espressioni che sono contenute nello stesso versetto di 1Ts 1,3: davanti a Dio e Padre nostro, nel Signore nostro Ges Cristo. Questo non vuol dire che siano virt aeree, poco umane, disincarnate. Vuol dire piuttosto che aprono luomo alla dimensione verticale, al mistero di Dio. La seconda osservazione riguarda lordine secondo il quale il testo di 1Ts 1,3 elenca le tre virt. I nostri catechismi ci insegnano a dire: fede, speranza, carit, mentre qui Paolo mette la carit in seconda posizione e la speranza alla fine, scrivendo: fede, carit, speranza. La ragione sta nel fatto che nella vita cristiana tutto nasce dalla fede, mentre la speranza proietta la vita cristiana verso il futuro, cos che nellelenco la fede va messa al primo posto, e la speranza allultimo. In altre parole, chi non crede non pu sapere cosa sia la carit, n pu essere proteso come diciamo nella preghiera eucaristica verso la beata speranza. La carit, dunque, sta al centro della vita cristiana.

2. DIO AMORE La definizione di 1Gv 4,8 e 4,16

1. La definizione di Dio come Agp Da Paolo a Giovanni. In questo capitolo parliamo dellamore a partire dai testi della prima lettera giovannea. Le lettere giovannee sono tre. La seconda e la terza sono cos brevi che per la loro suddivisione non servono i capitoli ma bastano i versetti, che sono 11 nella seconda, e 15 nella terza. La prima invece chiamata grande lettera proprio perch molto pi ampia delle altre due, estendendosi per ben 5 capitoli. Ma grande soprattutto perch teologicamente molto pi ricca. Per quel che ci riguarda, da dire che due volte la grande lettera giovannea ripete una definizione di Dio che insieme lapidaria e insuperabile. Dice la lettera in 4,8 e 4,16: Dio Amore. Ed in Dio-Amore che c la base e la fonte dellamore di cui stiamo parlando. 2. Come gli antichi definivano la divinit Il poema pi diffuso nel Vicino Oriente Antico, e cio nel mondo nel quale si formata la Bibbia, il poema che ha come protagonista Ghlgamesh, re di Urk, nella Mesopotamia inferiore. Traumatizzato dalla morte dellamico Enkdu con il quale aveva intrapreso avventure dogni sorta, Ghlgamesh si mette alla ricerca dellimmortalit perch non vuole essere preda della morte come lo stato Enkdu. Ad ogni passo della sua affannosa ricerca, per, Ghlgamesh si sente dire: O Ghlgamesh, dove mai vuoi andare? Non sai che gli di hanno tenuto la vita per s e che agli uomini hanno destinato la morte? I frammenti di vita che tu puoi godere sono quelli che ti possono dare la tua donna e il tuo bambino che ti tende affettuoso la mano. Le divinit del poema di Ghlgamesh sono dunque ostili alluomo, e della vita non lasciano a lui se non gli spiccioli, le briciole. Unaltra definizione della divinit si pu prendere dallo storico Erodoto (sec. v a.C.), grande viaggiatore e reporter delle cose che aveva voluto vedere di persona in Egitto, in Siria, in Scizia, in Babilonia, e in Grecia. Egli fa dire a Solone: La divinit invidiosa e turbolenta (Storie 1, 32,5-6), e vede in un albero decapitato dal fulmine il segno che gli di sono soliti stroncare chi tra gli uomini tenta di emergere e di eccellere (Storie 7, 10,5). Ma anche Solone, lirico del secolo vi a.C., aveva detto: La divinit tutta gelosia (1, 32).

evidente che la definizione della 1Gv va in tuttaltra direzione. 3. La definizione della 1Gv: Dio amore Per la 1Gv, Dio non lascia agli uomini le briciole della vita, non invidioso nei loro confronti, e non stronca il loro desiderio di emergere dalla banalit verso conquiste ardite. Al contrario, egli Amore. Amore in s stesso, nel suo essere, nella sua natura. Lo sarebbe, cio, anche se non ci fosse il mondo e anche se non ci fosse luomo. Lamore dunque ci precede e, quando veniamo al mondo, lamore gi c, ed indistruttibile, infinito, come Dio stesso. Nelleternit divina, lAmore lunica realt che esiste, e allinfuori dellAmore non c nulla. Poi Dio crea il mondo e crea luomo. E dunque lAmore che crea sia il mondo che luomo. E tutto lambiente in cui dovr svolgersi il corso della loro esistenza lAmore, cos come lo scopo della loro esistenza ancora lAmore. per questo che la lettera non solo afferma: Dio Amore (4,8 e 4,16), ma anche che Dio ha amato il mondo (4,9), che ha amato noi, gli uomini (3,1; 4,10.11.19), ed afferma che lamore da Dio (4,7), e che non siamo noi i primi ad amare ma che invece Dio ad averci amati per primo (4,10). Si gi detto che qualcosa di molto simile allamore unisce le molecole e gli atomi, un elemento chimico allaltro, una goccia dacqua allaltra, un suono allaltro per fare la musica, una lettera allaltra per fare una parola, una parola allaltra per fare un verso di Dante o di Leopardi, e un colore allaltro per fare un capolavoro di Michelangelo o di Tiziano. Questo la lettera non lo dice, ma non illegittimo ricavarlo dal fatto che essa definisce Dio come Amore, e dal fatto che da Dio-Amore tutto venuto. 4. Chi ama passa dalla morte alla vita Se la creazione e ogni altra iniziativa di Dio viene dal suo essere e quindi dallAmore, evidente che per la massima manifestazione divina di amore fu linvio del Figlio. La lettera non pu fare a meno di ricordarlo: In questo si manifestato lamore di noi fra noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito (4,9). Ma va notato, poi, quello che immediatamente si aggiunge: perch noi avessimo la vita per mezzo di lui. Lamore dunque porta con s la vita. Non per nulla, in unaltra memorabile affermazione la lettera pu dire che, se amiamo, noi siamo passati dalla morte alla vita (3,14a). Chi non ama aggiunge la lettera rimane invece nella morte (3,14b). Dunque, lamore vita, e il non-amore morte. E questo universalmente: in ogni relazione e forma di convivenza, nel cuore di ogni uomo o di ogni donna, in ogni famiglia, in ogni gruppo sociale o religioso, ecc., dovunque c amore, l c vita e c qualcosa di divino, qualcosa di Dio. E dove invece lamore non c, l luomo si perde, si snatura, decade, va in rovina, va verso la morte. La lettera pu affermare infatti: Chi odia il proprio fratello omicida (3,15). Se questo vero, se cio la lettera riconosce che dove non c amore c morte e omicidio, allora essa non prigioniera di un ottimismo tanto dolciastro quanto miope, come se non fosse capace di rendersi conto di tutto il male che nel mondo rigurgita, come ben sappiamo per esperienza personale e quotidiana. 5. Il mondo tutto posto nel maligno No. La lettera sa bene che il fratello chiude il cuore al fratello (3,17), sa che il fratello odia il fratello (2,9) e, ancora, sa che luomo spesso come Caino, il quale fu

omicida (3,12), e che lodio moltiplica ogni giorno le tenebre (2,8-11). Nel mondo dice poi la lettera ci sono tre sorgenti di peccato e di male: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita (2,16). Ci sono cio tutte le brame insaziabili delluomo avido, corrotto, borioso. La lettera, anzi, con una affermazione raggelante giunge a dire che il mondo interamente posto nel maligno (5,19). La lettera non dice se il mondo sempre stato assestato nella sfera del male, o se caduto in quella situazione per una qualche catastrofe dello spirito in qualche epoca della sua storia. Sembra per alludere allorigine diabolica del male quando afferma che il diavolo peccatore fin dal principio (3,8). La lettera dice poi comunque che, se il mondo nella tenebra, ora le tenebre vanno diradandosi (2,8-11). Non per nulla il Figlio di Dio si manifestato per distruggere le opere del diavolo (3,8). 6. Lamore scaccia la paura Verso la fine della lettera c unaltra affermazione sullamore che merita di essere messa in risalto: Nellamore non c timore. Al contrario lamore perfetto scaccia il timore (4,18). La lettera contrappone qui allamore non legoismo o lodio, come noi siamo soliti fare ma, sorprendentemente, la paura. La paura di cui la lettera parla quella che si prova di fronte a Dio e di fronte al suo giudizio (4,17), ma certamente anche quella che contrassegna tutte le altre relazioni: con gli uomini, con lambiente, e con le cose. A pensarci bene la paura davvero blocca e impedisce in noi rapporti sereni e liberi. La paura immobilizza e fa morire un settore della nostra vita, fa seccare un ramo dellalbero vivo che siamo noi. Lamore invece getta ponti sembra dire la lettera , costringe allincontro, al dialogo, allo scambio, allarricchimento vicendevole, alla pace. Lamore costruttivo e creativo. unenergia e una potenza, perch scalfisce la realt, perch cambia le situazioni, le risana con il coraggio e con la fiducia. Qualche tempo fa mi arrivata una cartolina su cui era riprodotto quello che veniva definito un aforisma americano. Laforisma dice: La paura ha bussato alla porta Ha risposto la fede Fuori non cera pi nessuno. Poich lamore perfetto scaccia il timore (1Gv 4,18), quellaforisma potrebbe essere adattato al nostro tema e diventare: La paura ha bussato alla porta Ha risposto lamore Fuori non cera pi nessuno. 7. Nel guazzabuglio del cuore umano Abbiamo parlato dellodio e della paura, ma nel guazzabuglio del cuore umano vanno e vengono i pi diversi e contrastanti sentimenti o pensieri o desideri, anche nello spazio di una sola ora. Il nostro cuore campo di battaglia tra bene e male, ed corridoio di passaggio, o covo e rifugio per tutto, per le idealit pi alte e per le intenzioni pi miserabili e meschine. Ma il cuore di ogni uomo, anche il cuore delluomo pi sciagurato, fatto per lamore, perch per ogni uomo lamore come il suo marchio di fabbrica. La nostra esperienza ci fa avere unidea molte volte negativa del nostro cuore e del mondo in cui viviamo, ma di per s la loro vocazione sublime, perch vocazione allamore.

Saperlo non poca cosa. Fa venire il desiderio di impegnarsi nellamore e di fare dellamore linquilino numero-uno del nostro cuore, perch nel suo guazzabuglio metta ordine e pace.

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3. AMORE UNIVERSALE E AMORE ESCLUSIVO Lagp nel vangelo di Giovanni

1. Il manifesto neotestamentario dellagp Insieme con la grande lettera, il vangelo giovanneo il manifesto cristiano dellagp. Di essa parla ben 44 volte, contenendo 7 ricorrenze del sostantivo agp (1 in Mt e Lc, nessuna in Mc e At), e 37 ricorrenze del verbo agap (8 in Mt, 5 in Mc, 13 in Lc, nessuna in At). C di pi, perch nel vangelo giovanneo tutta la vita cristiana compendiata in due parole: fede e amore. Il quarto vangelo non contiene per esempio i termini conversione, o vigilanza, o perdono, o misericordia, n proibisce laffanno per come vestire o cosa mangiare come fa il vangelo di Matteo (6,25ss), n la ricerca delliniqua ricchezza come fanno insieme il vangelo di Matteo e quello di Luca (Mt 6,24; Lc 16,13 ecc.). Nel quarto vangelo il discepolo non deve fare altro che credere e ci che ci interessa amare. 2. La sorprendente coesistenza di amore universale e di amore esclusivo Schematizzando ci che di per s non pu stare in alcuno schema, si pu dire che lagp viene da Dio secondo due diversi flussi damore. Il primo potrebbe essere identificato nellatto damore con cui Dio prima ha creato e ora mantiene nellesistenza il mondo e ogni cosa. Il secondo va identificato invece nellatto damore che si realizzato

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nella pi grande anzi nellinsuperabile manifestazione di Dio nella storia: quella che locchio umano ha potuto contemplare in Ges, figlio di Dio e fratello di ogni uomo e di ogni donna che compaiono sulla faccia della terra. Tutto questo porta a tracciare una distinzione che, nel nostro tempo preoccupato della tolleranza e degli abbracci ad ogni costo, suona sorprendente se non proprio sgradita. La distinzione quella che si deve fare tra lamore universale di Dio e lamore che invece si potrebbe chiamare cristologico: lamore che Dio, attraverso il Cristo, riversa nei soli credenti perch, uniti dalla stessa fede, si amino a vicenda come il Cristo li ha amati. 3. Lamore universale allorigine della missione del Figlio Quel vangelo in miniatura che sono i versetti di Gv 3,16-18 si apre con laffermazione secondo cui Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio unigenito. Lespressione il mondo ha qui valore positivo ed esprime molto adeguatamente luniversalit di ci che oggetto dellamore di Dio. Allo stesso modo linno iniziale dice che il Lgos, o Parola eterna di Dio, venne nel mondo come luce a illuminare ogni uomo (Gv 1,9), e linterpretazione che levangelista d dellinvolontaria profezia di Caifa che uno solo doveva morire per radunare tutti i dispersi figli di Dio (Gv 11,52), e, infine, i samaritani definiscono Ges con unespressione che levangelista condivide e propone al lettore: Costui veramente il salvatore del mondo (Gv 4,42). Se Dio ama il mondo e se il Cristo ha dato la sua vita non solo per il popolo ma per tutti i figli di Dio che erano dispersi, evidente che i discepoli di Ges devono avere lo stesso amore universale per il mondo e per tutti i figli di Dio, anche se dispersi nella non-fede. In secondo luogo, anche se ad amare o a dover amare universalmente siamo noi uomini, quellamore non viene dal nostro eros o dal nostro affetto o dalla nostra filantropia. Viene dalla fede. E cio dalla convinzione che Dio ha creato buona ogni cosa (Gen 1,31; 1Tm 4,4) e che ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio unigenito (Gv 3,16-18). Ecco una prima agp o carit. Con essa, dopo avere creduto (fede), e mentre camminiamo in avanti verso il mondo ultimo (speranza), in questo mondo penultimo noi amiamo (agp, carit) ogni cosa e ogni essere umano perch sono usciti dalla mano di Dio e sono da lui amati. Da questo punto di vista il cristianesimo quanto mai universale, molto pi dellebraismo e dellislam. E tuttavia c nel vangelo di Giovanni un amore che non altrettanto universale, ma esclusivo. lamore vicendevole. 4. Lamore esclusivo tra discepoli Il comando dellamore vicendevole viene dato 5 volte da Ges ai discepoli nei discorsi di addio dellultima cena (13,34 bis.35; 15,12.17), altrettante volte viene evocato nella 1Gv (3,11.23; 4,7.11.12), e una volta nella 2Gv (v. 5). Undici ricorrenze fanno di quellimperativo uno dei temi che caratterizzano la letteratura giovannea, anche perch essa non contiene altri comandamenti, come si gi detto. Nel quarto vangelo il comando dellamore vicendevole tra discepoli definito come comandamento di Ges, e lamore con cui Ges li ha amati ne termine esemplare di confronto. Dicono infatti i testi: Questo il mio (= di Ges) comandamento: che vi amiate a vicenda come io ho amato voi (Gv 15,12), Come io ho amato voi, cos amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34). Questo come cristologico dice che lamore vicendevole imita lamore pasquale di Ges del quale non c amore pi grande (Gv 15,13). Dice che prima dellincarnazione

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quellamore non cera, e che dopo di essa non conosciuto da chi non conosce il Cristo. dunque lamore di cui i credenti sono debitori luno allaltro (Rm 13,8) a partire dalla loro fede cristologica. Tanto pi che esso il segno di riconoscimento del discepolo da parte di tutti, e cio dagli estranei alla fede cristiana: Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore vicendevole (Gv 13,35). C insomma un amore universale di Dio che esige lamore universale anche da parte del credente, ma c poi un amore esclusivo di cui il credente debitore nei confronti di coloro che fanno parte della sua stessa comunit, e non di chi ne estraneo. Di conseguenza i coniugi cristiani, per esempio, o i membri di una famiglia o di una comunit di credenti, devono attingere a una sorgente dellamore a cui non sono in grado di attingere i non-credenti, come diremo anche pi avanti. 5. Il comandamento nuovo Quello dellamore vicendevole chiamato anche comandamento nuovo. Ed nuovo certamente anche perch, modellato ed esemplato sullamore di Ges, prima di lui non esisteva, come si diceva sopra. Il fondamento di quella novit per qualitativo pi che cronologico: nella sua sorgente, pi che nella sua recente istituzione. Il comandamento di Ges sullamore nuovo dunque perch il mondo non aveva la fede cristologica, cos che lavvento del Cristo, la fede in lui, e lamore hanno cambiato la qualit della storia umana. Questo lo si pu esprimere con la storia del rabbino cui fu annunciato: venuto il Messia!. Egli and alla finestra, guard le case, le colline, e torn indietro dicendo: No, non venuto. Perch il mondo non cambiato. In parte il rabbino aveva ragione. Prima del Cristo si uccideva, e dopo di lui si continua ad uccidere. Prima del Cristo cerano le guerre, le ingiustizie ecc., ed esse ci sono dopo la venuta del Cristo esattamente come cerano prima, e sono triste opera anche dei cristiani. E tuttavia ora, dopo il Cristo, c la possibilit di essere uomini rinnovati da quellamore con cui il Padre ama il Figlio e con cui il Figlio, dando la vita, ha amato gli uomini, e dal quale essi ora possono attingere per amarsi a vicenda: affinch lamore con cui mi hai amato sia in loro (Gv 17,26). A differenza di chi non crede in Ges, il cristiano pu essere definito come uomo agapico.

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4. LAMORE ESCLUSIVO Vangelo di Giovanni e 1Cor 7

1. Un falso problema facile parlare dellamore universale, perch tutti oramai saspettano quel discorso a partire da ci che comunemente si conosce circa il cristianesimo. Che i cristiani si amino tra di loro con un amore diverso da quello con cui amano i non-cristiani o i non-credenti fa invece meraviglia, ma a torto. Come scontato e inevitabile parlare di diversi modi di amare diversi nellambito, nellintensit, nel coinvolgimento delle persone da amare ecc. , allo stesso modo inevitabile parlare di amori esclusivi, cos che non dovrebbe esserci neanche bisogno di difenderne questa legittimit. La riserva di chi contrario a un amore esclusivo tra credenti , insomma, un falso problema, perch del tutto normale che quanti hanno qualcosa in comune in qualsiasi campo si intendano pi immediatamente che non con gli estranei: gli sportivi con gli sportivi, i compaesani con i compaesani, gli orefici con gli orefici, gli italiani con gli italiani, i tedeschi con i tedeschi, i giovani con i giovani, i musulmani con i musulmani, e cos via, allinfinito. Restando nel campo dellamore, nessuno poi si meraviglia che lamore tra marito e moglie sia del tutto particolare e unico, e che anche lamore di un figlio per i genitori sia unico, e che il suo amore filiale non sia rivolto ad alcunaltra persona. E nessuno si meraviglia che chi stato curato e guarito insperatamente da un medico, sia a lui legato da una gratitudine e da un affetto che non riserva a nessun altro, e cos via anche qui allinfinito. 2. Lamore universale possibile? Lamore esclusivo non solo di fatto praticato da ogni essere umano di qualsiasi et, razza e religione, ma ineludibile. vero che qualcuno nella sua vita fa spazio a persone sfortunate o emarginate, e si potrebbe allora pensare che il suo amore non sia esclusivo, ma universale. Eppure quellamore si rivolge di fatto a una, a due, a venticinque persone, ma non si rivolge a tutti. Anche quellamore esclusivo e limitato. Lamore universale a pensarci bene irrealizzabile. un ideale, ma impossibile. Come ogni ideale, quello dellamore universale importantissimo perch disintossica dallegoismo, dalla banalit, dalla grettezza danimo e di mente. Ma bisogna

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poi tenere i piedi a terra, e ben sapere che lideale si pu concretizzare solo in una percentuale molto limitata. Chi non ha ideali gretto e meschino, ma chi non vive gli ideali in modo concreto un acchiappanuvole, un disadattato, uno che vive fuori del mondo, uno che mette alla prova la pazienza e il buon senso degli altri. Per fare solo un altro esempio, sempre sullo stesso terreno dei valori non specificamente cristiani, basti pensare a un uomo o una donna sposati. Forse che essi debbono amare il proprio partner da una parte e i propri figli dallaltra, con lo stesso identico amore e con le stesse espressioni concrete dellamore? No: essi devono amare il proprio marito e rispettivamente la propria moglie per esempio con un coinvolgimento della propria sessualit che nei confronti di un figlio e di una figlia sarebbe incesto, violenza carnale, pedofilia Insomma, se si praticasse lo stesso e identico amore sia per il proprio coniuge che per il proprio figlio, ci si renderebbe colpevoli di un delitto che tutti condannano, probabilmente anche quelli che magari approvano il divorzio, ladulterio, i rapporti pre-matrimoniali, il libero amore, lamore omosessuale ecc. Un delitto che perfino le leggi dello stato censurano e puniscono con anni e anni di carcere. 3. Lamore esclusivo nella vita cristiana Senza per il momento risalire ai principi e alla teologia, si possono fare domande e proporre esempi che, con tutta evidenza, dicono la necessit di un amore esclusivo. Ecco alcune domande: forse che lamore tra sposi non-credenti identico a quello di due credenti, i quali magari pregano insieme, leggono insieme il Vangelo, partecipano insieme alleucarestia domenicale ecc., in modo da lievitare la loro vita con gli ideali evangelici? E quando gli uni e gli altri avranno figli, forse che due credenti ameranno i loro figli allo stesso modo di due non-credenti? No: la coppia credente includer nellamore con cui ama il figlio o la figlia anche linsegnamento delle piccole preghierine, del bacetto a Ges e poi, pi tardi, della fede e dellimpegno cristiano a tutti i livelli e in tutti gli ambienti. Sar in quel modo che i genitori cristiani concretizzeranno il comandamento dellamatevi a vicenda come io ho amato voi nei confronti dei loro figli. E tutti i rapporti che due sposi cristiani intrattengono saranno ispirati a motivazioni evangeliche. Tra laltro, essi si sono giurati un amore indissolubile davanti allaltare di Dio, e non davanti a un uomo o a una donna che in municipio indossava la fascia tricolore. E poi: il corpo che due sposi credenti coinvolgono nellamore matrimoniale per loro membro di Cristo (1Cor 6,15), tempio dello Spirito santo (1Cor 6,19), destinato alla resurrezione e alla vita senza fine (1Cor 6,13-14). E ancora: la loro famiglia non si lega soltanto a qualche compagno di merende o di partite a bridge, o neanche solo a rapporti di vera amicizia. No: la loro famiglia sar aperta anche e soprattutto a quella comunit che al settimo giorno, benedetto e santo (Gen 2,3), si raduna attorno alla tavola eucaristica per fare memoria dellazione di Dio nella storia umana, per nutrirsi di un pane spirituale e vivificante, e per cantare le lodi di Dio. una famiglia che si integra in una famiglia di fede, aperta non solo orizzontalmente verso altre coppie o persone, ma anche verso Dio, verso lalto. 4. Amarsi a vicenda tra cristiani in 1Cor 7 Paolo lascia intravedere che conosceva questo problema in 1Cor 7, l dove parla dei matrimoni misti, dei matrimoni cio nei quali solo uno dei due partner era credente. In quel testo, abbastanza sconosciuto, Paolo dice cose che ci possono interessare. Dice che: 1) come Ges aveva insegnato, anche lui esclude la possibilit del divorzio; 2) se dunque due si separano, non si risposino per non commettere adulterio, 3) Paolo per apre la possibilit dellannullamento del vincolo matrimoniale nel caso in cui uno dei due appunto non sia credente. Paolo infine dice, per, che: 4) meglio se

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credente e non-credente restano insieme, perch 5) il coniuge credente reca in s una forza di santificazione che pu contagiare sia il coniuge non-credente, sia i figli. Dice il testo: se un nostro fratello ha la moglie non credente e questa consente a rimanere con lui, non la ripudi; e una donna che abbia il marito non credente, se questi consente a rimanere con lei, non lo ripudi: perch il marito non credente viene reso santo dalla moglie credente e la moglie non credente viene resa santa dal marito credente; altrimenti i vostri figli sarebbero impuri, mentre invece sono santi. Per Paolo il matrimonio con un non-credente diverso da quello tra credenti, tanto che egli prevede la possibilit dannullarne il vincolo. Il matrimonio tra credenti dunque basato su di un amore che due non-credenti non possono scambiarsi. 5. Che cosa si ama nel credente e manca nel non-credente Come il tifoso di una squadra di calcio si lega in una complicit tutta particolare con un altro tifoso della stessa squadra, o come un italiano o un francese ecc. si trovano a proprio agio a parlare con uno che parla la loro stessa lingua, cos un credente europeo si trova a fare le stesse battaglie con un sud-americano o africano ecc. che hanno la sua stessa fede, e si trova invece in disaccordo profondo con un europeo il quale rigetti la concezione della vita, della famiglia, della sessualit ecc. che si ispirano al Vangelo. Ma non solo questione di ideologia. C di pi. C il Cristo. Secondo la nostra fede, il battesimo imprime il carattere e cio imprime nel battezzato limmagine e la somiglianza del Cristo (questo il significato della parola greca charaktr). Leucarestia poi unisce al Cristo in modo cos profondo che noi parliamo di in-corporazione o con-corporazione. Anche qui si possono citare testi neotestamentari. Per il battesimo: Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Ges, siamo stati battezzati nella sua morte? Se siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua resurrezione (Rm 6,3-5). Per leucarestia: Il pane che noi spezziamo, non forse comunione con il corpo di Cristo? Poich c un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dellunico pane (1Cor 10,16-17). ben vero che limmagine del Cristo in ogni uomo e donna, perch per mezzo di lui tutto stato fatto e nulla senza di lui stato fatto di ci che fu fatto (Gv 1,3). per questo che ogni uomo e donna devono essere amati: perch sono usciti dalla stessa mano del Creatore e perch sono fatti a immagine e somiglianza del Lgos. Ma il battesimo, leucarestia, tutti i sacramenti, e tutta la vita cristiana imprimono nel credente unimmagine pi ravvicinata del Cristo: limmagine di lui morto in croce e risorto. In un musulmano c limmagine del Lgos. Nel cristiano c ovviamente la stessa immagine del Lgos ma, in aggiunta, c poi anche limmagine pasquale del Cristo: limmagine del Cristo che nellorto degli ulivi dice: Padre, sia fatta la tua volont, non la mia (Mc 14,36), che sulla croce dice: Perdona loro perch non sanno quello che fanno, e che, risorto, dice a Tommaso: Beati quelli che, senza vedere, credono (Gv 20,29) e agli Undici: Andate in tutto il mondo e fate discepoli tutti i popoli ecc. (Mt 28,19). C insomma il Cristo che ha detto: Amatevi a vicenda come io ho amato voi (Gv 13,34; 15,12). 6. Lamore in ogni condizione di vita Finora abbiamo fatto lesempio di sposi o di genitori cristiani che, nel campo dellamore, hanno una marcia in pi, quella dellamore cristologico. Ma facile estendere la stessa prospettiva alla vita di un catechista, o di chi attivo nei gruppi

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parrocchiali o nei movimenti, di una suora dospedale, di un sacerdote, di un missionario ecc., i quali si mettono dichiaratamente in un ruolo cristiano. E, ancora, la stessa cosa da dire di chi, in qualunque condizione, sia ispirato dalla fede e dalla sensibilit evangelica: da dire di un insegnante, di un medico, di un operaio, di un impiegato, di uno sportivo, di un ministro ecc., i quali portano in s, e sono in grado di vedere negli altri, il segreto contrassegno del Creatore e del Redentore. Non che i credenti debbano essere moralisti e predicatori, bigotti e bacchettoni. No: devono essere equipaggiati della discrezione e del rispetto di Dio il quale esiste e tuttavia si lascia scoprire e amare con la stessa invisibile velocit o, meglio, lentezza con cui cresce lerba. Il profeta Geremia attribuiva a Dio addirittura le caratteristiche del seduttore (Ger 20,7: Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre!). Ecco: il credente non devessere antipatico, ma deve sedurre. Sedurre con lamore universale e con quello esclusivo. Sedurre allamore universale e allamore esclusivo. 7. Cristiano, riconosci la tua dignit Il motivo dellesclusivismo dellamore nel realismo dellamore di Ges. Lamore di Ges non si colloca sul piano esortativo come fosse soltanto un buon esempio che tutti possono raccogliere e che pu avere una diffusione trasversale. Si colloca invece sul piano delle realt. un dono, unenergia, riversata e posta dal Cristo nel cuore di chi crede in lui. Anche Paolo scrive: La carit (agp) di Dio stata riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci stato dato (Rm 5,5). Se ci si scandalizza che Ges abbia dato ai suoi discepoli il comandamento dellamore esclusivo, significa che non si sanno pi riconoscere e apprezzare i doni messianici e salvifici, e significa che non si sa pi qual la vocazione e la dignit del cristiano. Significa che, secondo un modo di sentire sempre pi diffuso, il cristiano in nulla si differenzia da chi non lo , per cui credenti e non-credenti dovrebbero fare le stesse battaglie, per esempio per lecologia, o per i randagi, o contro la vivisezione, e che il credente non ha nulla di diverso da chi non lo . In altre parole, per molti ci che nel cristianesimo sarebbe periferico divenuto centrale, e lagp, con tutta la sua centralit, stata estromessa e defenestrata da casa sua. San Leone Magno ( 461) diceva invece: Cristiano, sii consapevole della tua dignit! Agnosce, o Christiane, dignitatem tuam e: Cristiano, sii consapevole della dignit di ci che ti stato insegnato Agnosce, christiane, tuae sapientiae dignitatem (PL 54, 192.C; 464.B).

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5. LAMORE COME COMPENDIO DELLA VITA CRISTIANA Lagp in Col 3,14 e in Mc 12,33

Se secondo i nostri libri sacri Dio amore e se lamore viene da Dio, non difficile concluderne che lamore cosa grande e riassuntiva di tutto il cristianesimo. Lamore mette in atto come una grande croce: ha una dimensione verticale perch scende a noi dallalto, e una orizzontale perch poi tra noi dato, ricevuto, scambiato. In questo capitolo andremo in cerca di testi neotestamentari che parlano sia di questa centralit dellagp, sia del ritorno a Dio da cui venuto del nostro amore. Il primo principale testo sar preso dalla lettera ai Colossesi e il secondo dal vangelo di Marco. Colosse oggi terreno agricolo. Dai campi coltivati emergono qua e l blocchi di calcestruzzo e rocchi di colonne, e locchio pu intravedere nella morfologia delle colline la linea concava dellantico teatro e il lungo corridoio dellantico stadio. Paolo non fu mai a Colosse e la fede vi fu impiantata da un suo discepolo di nome Epafra e fu probabilmente questo Epafra che chiese a Paolo una lettera per quella comunit dellentroterra di Efeso. Paolo consegn alla lettera che allora scrisse una felice definizione dellagp. Quanto al vangelo di Marco, esso ambienta lultima attivit gerosolimitana di Ges esclusivamente nel tempio, e, secondo Marco, nel tempio Ges insegn qual la vera adorazione da dare a Dio. Ad essa tuttaltro che estranea lagp. 1. Lagp come vincolo di perfezione(Col 3,14) La lettera ai Colossesi parla della carit in un contesto in cui si intrecciano quasi inseparabilmente le immagini del morire con Cristo e del vestiario. Il cristiano dice anzitutto Paolo morto con Cristo (Col 2,20; 3,3) e con lui risorto (3,1). Di conseguenza egli deve far morire tutto ci che apparteneva alla vita precedente (prima immagine 3,5), deve spogliarsi delluomo vecchio (seconda immagine, al negativo 3,9) e deve rivestirsi delluomo nuovo (seconda immagine, al positivo 3,10). Paolo elenca poi a due riprese le opere delluomo vecchio che sono da abbandonare (3,5 e 3,8) e quelle delluomo nuovo che sono da fare proprie (3,12ss). In questo contesto egli, prolungando limmagine degli indumenti, dice che il cristiano deve rivestirsi di misericordia (letteralmente: viscere di misericordia), di benignit, di modestia, di mansuetudine, di longanimit ecc., come se fossero altrettanti capi di vestiario. Paolo, poi, conclude tutta lesortazione del vestiario cristiano scrivendo: Sopra tutti [questi indumenti, indossate] lagp, che cintura perfetta (letteralmente: cintura di perfezione). In altre parole, tutte le virt rivestono il cristiano in modo goffo, disordinato, sciatto, senza eleganza ecc., se non le tiene insieme e al modo giusto la cintura ideale che lagp.

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Limmagine del vestiario per noi sa di formalismo perch siamo condizionati dal proverbio secondo cui labito non fa il monaco, ma con limmagine dellabito Paolo parla invece di ci che pi intimo e pi profondo. Egli per esempio mette a contrasto lindossare le opere delluomo nuovo con il far morire / nekr le opere delluomo vecchio: anche con il solo suo suono, il verbo nekr evoca una necrosi o morte reale e irreparabile, e non solo esteriore o apparente. In altre lettere paoline le opere da indossare diventano poi le armi della luce (Rm 13,12; cf. anche 1Ts 5,8 ed Ef 6,11-17). La stessa lettera ai Colossesi e quella agli Efesini invitano poi a indossare luomo nuovo (Col 3,10; Ef 4,24), le lettere ai Galati e ai Romani invitano a rivestirsi del Cristo (Gal 3,27; Rm 13,14), mentre le lettere ai Corinzi dicono che Dio ci spoglier della condizione mortale per rivestirci di incorruttibilit (1Cor 15,53-54; 2Cor 5,2-4). Nel linguaggio biblico, dunque, con la terminologia dello svestirsi e dellindossare si parla di ci che cos profondo nellessere umano da riguardare la sua stessa redenzione e conformazione al Cristo, e addirittura la sua condizione mortale e la sua incorruttibilit escatologica. Se noi siamo capaci di cambiare abito pi volte al giorno e di passare dalla minigonna a un lungo abito da sera nel giro di cinque minuti, luomo medio dellantichit indossava invece gli abiti fino alla consunzione, cos che per lui labito significava fedelt e coerenza, oltre che identit e dignit personale. La carit dunque deve coordinare armoniosamente e vivificare tutte le altre dimensioni della vita etica. Devessere il vincolo di perfezione, la cintura perfetta, la cordicella doro che tiene insieme i fiori pi belli nel bouquet della sposa, per la gioia degli invitati al matrimonio che salzano in piedi tra la folla per vederla, e soprattutto per la gioia dello sposo e del suo occhio innamorato. 2. Lamore di Dio e il suo canone critico (Mc 12,28ss) I vangeli (Mt 22,36ss; Mc 12,28ss; Lc 10,25ss), Paolo (Gal 5,14; Rm 13,9-10ss), e Giacomo (2,8) ci fanno udire leco di una discussione che devessere stata particolarmente vivace tra giudaismo e movimento cristiano delle origini. Mentre nel giudaismo cera chi, come i farisei, chiedeva losservanza di un grande numero di comandamenti (per lesattezza di 613), il movimento cristiano si interrogava su quali fossero i comandamenti pi importanti o, addirittura, quale fosse il pi grande. la domanda che, come noto, uno scriba rivolge a Ges: Qual il primo di tutti i comandamenti? (Mc 12,38). Ed la discussione che sembra ispirare il testo in cui Paolo dice: Chi ama il prossimo ha adempiuto la Legge. Infatti Non commettere adulterio, Non ucciderai, Non ruberai, Non desidererai, e qualsiasi altro comandamento, si ricapitolano in questa parola: Amerai il prossimo tuo come te stesso Dunque, pieno compimento della Legge la carit (Rm 13,9-10). In aderenza al pi rigoroso monoteismo giudaico Ges e il suo movimento posero sul piedistallo il comandamento dellamore di Dio. Tutto ci evidente ed esplicito soprattutto nel racconto di Marco, nel quale Ges premette alla sua risposta laffermazione dellunicit di Dio: Il primo comandamento : Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio lunico Signore. Amerai dunque il Signore tuo Dio con tutto il cuore ecc. (Mc 12,29). Come se questo non bastasse, lo scriba replica a Ges riaffermando anche lui, a sua volta, il monoteismo: Hai detto bene, Maestro, e secondo verit, che Egli unico e non vi altri allinfuori di lui, e che amarlo ecc. (Mc 12,32). Detto questo, per, il movimento cristiano avvert il rischio di incentrare la vita etica su di un comandamento davvero grande, ma che avrebbe potuto prestarsi allalibi pi clamoroso, riempiendo la bocca di belle parole e in realt sottraendosi ad ogni verifica concreta. Che cosa vuol dire, infatti amare Dio con tutto il cuore e, soprattutto, come

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si dimostra quellamore? per questo che la risposta di Ges allo scriba continua con laffermazione per la quale il comandamento dellamore di Dio non pu fare a meno del complementare comandamento dellamore del prossimo: Il secondo comandamento questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c altro comandamento pi grande di questi (Mc 12,31). Mentre dunque la domanda riguardava un solo comandamento (Qual il primo di tutti?), la risposta ne chiama in causa due, a costo di andare contro la logica. Ma non vero che la logica sia contraddetta: non per nulla la prima lettera di Giovanni afferma con chiarezza solare: Se uno dice: Io amo Dio, e odia il fratello, un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non pu amare Dio che non vede (1Gv 4,20). Tra laltro, la stessa lettera con altrettanta chiarezza aveva affermato: Non amiamo a parole n con la lingua, ma con i fatti e nella verit (3,18). Lamore del prossimo dunque il canone critico del primo e massimo comandamento. 3. Lagp come vera adorazione da rendere a Dio (Mc 12,33) Secondo levangelista Marco, il dialogo tra Ges e lo scriba va avanti con una battuta di grande rilevanza. Esprimendo soddisfazione per la risposta ricevuta da Ges, nella sua replica lo scriba afferma che il duplice amore rende inutile tutto il sistema sacrificale gerosolimitano e tutto il suo apparato: il commercio degli animali da immolare, la sacra macellazione, le liturgie e i riti di offerta o di consumazione della carne sacrificale. Lo scriba dice infatti: Hai detto bene, Maestro, e secondo verit, che amare Dio con tutto il cuore ecc. e amare il prossimo come se stessi, vale pi di tutti gli olocausti [= animali bruciati interamente] e di tutti i sacrifici [= offerta parziale dellanimale sacrificato] (Mc 12,33). Come se non bastasse, questo episodio e questa affermazione sono al vertice di una serie di tre episodi. Il primo, quello della domanda sulle tasse da pagare o no al Cesare di Roma, si concludeva con limperativo di dare a Dio quello che di Dio (Mc 12,17). Il secondo, quello del raccontino con cui i Sadducei cercavano di ridicolizzare la fede nella resurrezione, si concludeva con laccusa di Ges ai Sadducei di non conoscere il mistero di Dio che dio non di morti, ma di viventi (Mc 12, 24.27). Limperativo del duplice amore viene dunque in terza posizione, e tutti e tre gli imperativi (dare a Dio, conoscere Dio, amare Dio) culminano nellaffermazione secondo cui il vero omaggio cultuale a Dio non nei sacrifici e negli olocausti, ma nella pratica della duplice agp verso Dio e verso il prossimo. Lamore che ha la sua sorgente in Dio, a lui deve tornare, ed la massima offerta che luomo ha a disposizione per dare a Dio ci che di Dio, e come riconoscimento della sua grandezza e del suo mistero. Le solenni architetture del tempio di Gerusalemme, le gerarchie e i turni dei suoi mille sacerdoti, le trombe annunciatrici del sabato, i canti, gli incensi, gli altari, i pellegrinaggi..., tutto esce relativizzato dallaffermazione della priorit dellagp su ogni comandamento e su ogni istituzione cerimoniale.

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6. LA CARIT PAZIENTE - BENEVOLA LA CARIT Lagp in 1Cor 13

Il testo biblico pi famoso sulla carit quello di 1Cor 13. Bisogna aggiungere che giustamente famoso, non solo perch un intero capitolo a essere dedicato allagp, ma soprattutto per il lirismo ispirato che permea i suoi 13 versetti. Un commento a 1Cor 13 non solo difficile, ma anche sconsigliabile, perch rischia di oscurarne le bellezze, invece che di metterle in luce. Per questo conviene limitarsi a dire come il testo di 1Cor 13 organizzato, e a riassumerne il contenuto. E cos faremo. 1. Un encomio dellagp e le sue tre strofe Di solito, a proposito di 1Cor 13, si parla di inno alla carit, ma pi che di inni e di poesia bisogna parlare di encomio. Lencomio lelogio in versi o in prosa con cui si celebrano una persona e le sue virt: famoso per esempio lencomio di Evagora pronunciato dalloratore ateniese Isocrate (436-338 a.C.), e si potrebbe chiamare encomio quello che Ges fa del Battista quando dice tra laltro: Fra i nati di donna non sorto alcuno pi grande di lui (Mt 11,11). Ma lencomio poteva celebrare anche un oggetto e, soprattutto, una virt. Quando scrisse 1Cor 13, dunque, Paolo compose lencomio dellagp. Per consenso generale dei commentatori, lencomio di 1Cor 13 si compone di tre strofe. Gi Tommaso dAquino ( 1274, Super primam ad Corinthios), vi distingueva una prima strofa sulla necessit dellagp (quantum ad necessitatem), una seconda strofa sulle sue opere (quantum ad utilitatem), e una terza circa il suo valore perenne (quantum ad permanentiam). 2. Le tre ipotesi della prima strofa (1Cor 13,1-3) La prima strofa composta di tre ipotesi nelle quali si prospettano capacit sovrumane (13,1), e poi rispettivamente doni spirituali strabilianti (13,2), e azioni eroiche (13,3). Ognuna delle tre ipotesi culmina nella contro-ipotesi: ma se non ho la carit, e si conclude con le raggelanti conclusioni: allora non sarei altro che un trombone

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rumoroso (letteralmente: un bronzo rumoroso e un cembalo squillante), allora sarei il nulla, allora tutto sarebbe inutile. Le capacit sovrumane di cui parla la prima ipotesi sono quelle del parlare le lingue, non solo degli uomini ma anche quelle degli angeli se esistono. I doni strabilianti della seconda ipotesi sono quello della profezia, della conoscenza dei misteri, e la proverbiale fede capace di trasportare le montagne. Gli eroismi della terza ipotesi, infine, sono quelli di distribuire i propri averi e di morire sul rogo per qualche persona o per qualche causa. Tutto questo sarebbe inutile e vuoto dice Paolo , se non si avesse lagp. Un commentatore scrive: Luomo a volte si dona per sfuggire la carit (H. Schlier), e un altro: Una chiesa che parla in lingue ma non pratica lamore, mero paganesimo (C.K. Barrett). 3. Lesemplificazione con 15 opere nella seconda strofa (13,4-7) Nella seconda strofa Paolo personifica la carit, quasi fosse una donna forte e dolce che in ogni campo della vita si prodiga e si batte senza mai arrendersi. Nelle traduzioni di questa strofa inevitabile far ricorso agli aggettivi, tanto vero che sappiamo a memoria il versetto: La carit paziente, la carit benigna (versione CEI 1975). Ma nel testo greco ci sono 15 verbi, e nessun aggettivo. L agp dunque in piena azione dice un commentatore, che poi aggiunge: Paolo non descrive lessenza dellamore, ma il suo agire e la sua efficacia (R. Kieffer). Pi in particolare Paolo elenca: 2 azioni positive (le due gi ricordare per le quali lagp agisce paziente e benigna), e poi 8 azioni al negativo concluse con una positiva: non invidia (1), non va fanfaronando (2), non si gonfia (3), non trascende in forme e azioni sconvenienti (4), non cerca il proprio interesse o il proprio comodo (5), non sincendia di irritazione (6), non accumula motivi di rancore (7), non gode dellingiustizia, ma si rallegra della verit (8 e 9). Le ultime 4 delle 15 prestazioni dellagp parlano della sua azione a tutto campo, perch i quattro stichi cominciano con un inequivocabile tutto (in greco: pnta): Tutto sostiene, tutto affronta con fiducia, tutto spera, tutto sopporta senza defilarsi. Lelenco avrebbe potuto continuare e dire altre segrete capacit e virt dellagp, ma si arresta al quindicesimo verbo. Ogni verbo per porta al centro del discorso e dice di che cosa ha bisogno, per non essere un trombone rumoroso o una nullit, colui che magari parla le lingue degli angeli, o chi sposta le montagne con la sua fede taumaturgica, o chi pronto anche a dare eroicamente la vita. 4. Il valore imperituro dellagp nella terza strofa (13,8-13) La terza strofa enuncia la superiorit di fede, speranza e agp attraverso quattro illustrazioni, per dire che esse non fanno parte di ci che parziale, acerbo e mediato, ma di ci che perfetto (vv. 9-10.12), maturo (v. 11), e diretto (v. 12). Certi valori si possono paragonare allinfanzia dice Paolo e altri sono paragonabili alla maturit, cos come certi valori sono paragonabili alla visione in uno specchio (v. 12a; gli specchi metallici dellantichit erano opachi e in qualche misura deformanti) e altri invece al vedere faccia a faccia (v. 12b). Allo stesso modo ci sono doni dello Spirito che passano: passano le profezie, passano la conoscenza e il parlare in lingue misteriose, ma la fede, la speranza e lagp restano (v. 13a). Con laffermazione della permanenza della triade teologale il discorso sembrerebbe concluso, e invece Paolo aggiunge a sorpresa: ma pi grande di tutte lagp (v. 13b).

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Tutta la strofa di difficile interpretazione, e quello che sembra essere il suo contenuto, si pu parafrasare cos: nella vita cristiana si hanno spesso aspirazioni che sono segno di immaturit e che come oggetto hanno beni parziali e incompleti. Si maturi invece solo quando ci si ispira alle tre virt teologali. La triade, che compariva nella prima lettera ai Tessalonicesi dalla quale siamo partiti, ricompare qui, ma qui le tre virt si succedono in un altro ordine. Lordine di 1Tessalonicesi quello cronologico: la fede linizio di tutto e come tale si colloca nel passato del credente, la carit deve ispirare ogni azione del presente e perci menzionata al secondo posto, la speranza ultima perch con essa ci si protende verso il mondo futuro. Qui, in 1Cor 13,13 (e nei nostri catechismi), la successione determinata invece dalla grandezza. E allora lagp alla fine, e cio al vertice. Non per nulla dunque che le ultime parole di tutto lencomio dicono: ma pi grande di tutte lagp. 5. Gli imperativi dintroduzione e di conclusione Chiusa la terza strofa, un imperativo menziona unultima volta lagp. Limperativo dice: Perseguite la carit (14,1). Paolo era stato cos convincente nel cantare in tre strofe la necessit e la grandezza dellagp che quellimperativo sembra pleonastico. In realt con esso Paolo si ricollega a quanto aveva trattato prima dellencomio, e cio al tema dei doni dello Spirito (o carismi), della loro funzione e della loro complementarit. Dopo limperativo Perseguite lagp , Paolo infatti scrive: ma cercate pure i doni dello Spirito, e soprattutto quello della profezia (14,1). Pi interessante che quello di conclusione, limperativo dintroduzione che dice: Cercate i carismi pi grandi, e tuttavia voglio indicarvi la via pi sublime. Ci che interessante la definizione dellagp come via su cui mettersi e su cui camminare con tutto s stessi. A noi che leggiamo non solo Paolo ma anche Giovanni, quella definizione richiama alla mente come Ges si sia definito la via (Io sono la via, Gv 14,6). Lui che ha detto di amare come lui ha amato. In questo modo l agp viene ancora una volta inserita in un orizzonte pi largo e pi alto di quello semplicemente umano. In altre parole, lagp cantata da Paolo nel suo encomio bens lagp del credente, ma non esclusivamente e forse neanche principalmente. Scrive infatti un commentatore: Lagp dellinno di 1Cor 13 anzitutto lagp di Dio che per sua natura traboccante e oblativa. La corrente damore che stata versata nel cuore del credente, da lui fluisce poi verso il suo prossimo (A. Nygren). Dopotutto Paolo si sentiva afferrato e sospinto dallamore del Cristo e augurava ai credenti i doni di quel Dio che Dio di agp: Lagp del Cristo ci sospinge (2Cor 5,14), Abbiate tra voi un unanime sentimento, vivete in pace, e il Dio dell agp sar con voi (2Cor 13,11).

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7. LAMORE DI SPOSATI E DI CELIBI Confronto di 1Cor 13 con 1Cor 7

1. La carit per tutti, ma in modo diverso La carit paziente, benevola la carit (versione C.E.I. 1997): questo il canto di Paolo in 1Cor 13. E chi non ha la carit precisa Paolo nientaltro che un trombone rumoroso, il nulla, e nessun gesto eroico gli giova. Nel suo canto a tre strofe Paolo parla a tutti: egli vi si esprime con un io (Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli ecc.), oppure con un noi (Ora noi vediamo come in uno specchio ecc.) che non si riferiscono alla sua persona, ma hanno la funzione di universalizzare il discorso. La carit paziente, benevola la carit vale dunque per ogni credente, per ognuno che desideri fare proprio linsegnamento del Cristo e che, di pi, voglia entrare nel flusso salvifico venuto fra noi da Dio e che a Dio riconduce. dunque a tutti che Paolo dice: Perseguite la carit (1Cor 14,1), e Cercate la via sublime della carit (12,31). Valido per tutti, limperativo di Paolo deve per essere tradotto da ciascuno in modo adeguato alla propria condizione di vita. Lo dice Paolo stesso qualche capitolo addietro, in 1Cor 7, di cui abbiamo gi parlato, l dove distingue chi sposato da chi non lo . La donna non sposata dice Paolo si pu dedicare alle cose del Signore (1Cor 7,32), mentre colei che sposata si preoccupa delle cose del mondo e di come possa piacere al marito (7,34). Questultima dice Paolo divisa!. La spiritualit cristiana stata profondamente influenzata da queste affermazioni di Paolo, oltre che dal dato di fatto che Ges, Paolo e molti protagonisti del cristianesimo primitivo non erano sposati. In altre parole, nei secoli cristiani si ritenuta come condizione di vita ideale quella del monaco e di chiunque si consacra a Dio nella vita ascetica. Solo molto recentemente si detto in lungo e in largo che la via del matrimonio altrettanto santa e santificatrice quanto quella della persona cosiddetta consacrata, perch in realt tutti sono stati consacrati a Dio e al Cristo nel battesimo. La discussione tuttaltro che facile, per cui conviene qui occuparsi di come vivere limperativo della carit nella condizione di vita in cui ci si trova o che si scelta per se stessi, senza discutere se tutte le condizioni di vita siano o no equivalenti.

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2. Lagp nel matrimonio Le caratteristiche dellagp che si devono vivere nel matrimonio sono quelle della profondit, della totalit, dellesclusivit. I due partner devono conoscersi e amarsi come nessun altro. Per questo devono cominciare a studiarsi a vicenda non appena nellinnamoramento sorge tra loro lipotesi che potrebbero fondere le loro vite in una sola. I due devono addirittura mettere in atto un vero e proprio spionaggio nei confronti dellaltro, perch inevitabile che anche nel rapporto di coppia ognuno tenda a mettere avanti i propri pregi e cerchi invece di nascondere i risvolti negativi. Il mistero di una persona insondabile addirittura per essa stessa, perch nessuno sa davvero chi , nel bene e nel male. A maggior ragione difficile sondare il mistero dellaltro. Eppure nel matrimonio i due partner devono imparare a cogliere anche un desiderio inespresso dellaltro, a decifrare unimpercettibile tensione o distensione di un muscolo del volto, a captare lappello o il rimprovero affidato a una parola che ad altri sembrerebbe normale, innocua e insignificante. Nelle relazioni di lavoro, di amicizia, di interessi, di vicinato ecc. ci si pu limitare allindispensabile e poi scomparire e defilarsi. Ma non nel matrimonio. Nel matrimonio vige la regola del tutto, del tempo pieno. Nel matrimonio si mette insieme tutto, anche il portafoglio, anche la fede e la preghiera, o la decisione di mettere al mondo un figlio. Nel matrimonio, poi, con il contributo di tutti e due i partner, poco a poco si elabora una nuova lingua, fatta non solo di parole ma anche di silenzi, di toni di voce, di cenni, di sguardi, di modo di abbigliarsi o di acconciarsi i capelli, e perfino di uso degli spazi, delle cose, e poi, soprattutto, del corpo e dei gesti della sessualit e dellaffetto. Costruita giorno per giorno, e giorno per giorno arricchita di nuove sfumature e di nuove potenzialit, quella lingua vivr per tutto il tempo che i due vivranno, e, sconosciuta a tutti gli altri, morir con loro. In quel dialogo nessuno sapr inserirsi perch irripetibile ed esclusivo, come per ciascuno lo la propria anima. Quando poi viene un figlio, lagp per lui da parte di chi lo ha dato alla luce anchessa profondissima e irripetibile. Padre e madre sanno interpretare il vagito del neonato pi di qualsiasi altro, soffrono o gioiscono con lui per un nulla, per un ditino agitato teneramente in un certo modo, o per lassaggio del primo biscotto. In modo unico sono per da lui anche disturbati e importunati: per colpa sua spesso di notte non si dorme e, se lui ha una linea di febbre o una piccola bronchite, vengono sconvolti i ritmi di vita della famiglia pi che per la caduta del governo o per la morte del parroco. E quando il figlio entra nellacerba e difficile et delladolescenza, per capire il loro ragazzo o la loro ragazza, i due rievocano la propria adolescenza e si sforzano di aggiornarla per essere allaltezza della situazione e della responsabilit. Poich tutto questo agp, nella condizione di vita matrimoniale di certo non mancano le circostanze per incarnare ogni giorno il canto paolino che dice: la carit paziente, benevola la carit e per camminare sulla via sublime di cui parla 1Cor 12,31. 3. Lagp nel servizio divino o ecclesiale a pieno tempo Lagp di chi non si sposa per servire Dio con una vita di preghiera e di lavoro nei luoghi dellascesi e della contemplazione, o per servire il popolo cristiano in una parrocchia o in un movimento o nella missione alle genti, contrassegnata non dallesclusivit, ma dallapertura e dalla molteplicit del rapporto. Anche questi credenti a volte svolgono un lavoro manuale: Ora et labora: Prega e lavora, dice san Benedetto ai suoi discepoli e alle sue discepole. Ma molto spesso,

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mentre gli altri sono al lavoro, essi sono a celebrare la divina liturgia e allora cantano i salmi o intercedono per s, per tutto il popolo cristiano, e per tutti gli uomini. Oppure nel proprio studio o in qualche sala di riunione mettono a punto una qualche strategia per i giovani, o per chi in un letto di dolore, o per chi chiede di sposarsi allaltare, o per il popolo dei credenti che nel giorno del Signore raggiunger la chiesa del paese o del quartiere, in cerca di motivazioni evangeliche. Tutti costoro non amano una qualche persona profondissimamente e, in particolare, nel loro amore non coinvolgono la dimensione fisica della sessualit. Se si dedicano ai bambini, si dedicano a tutti i bambini che lo chiedono, perch non ne hanno di propri. Questo significa che spendono tempo ed energie per ragazzi e giovani che altri hanno plasmato ed educato, magari secondo uno stile di vita che, non potendo condividere, essi devono allora integrare o rettificare o capovolgere. A differenza di chi vive nel matrimonio, poi, essi non possono usare un linguaggio troppo esclusivo, perch nella loro responsabilit rientra un popolo intero e non un unico, irripetibile partner. Non devono essere lontani da nessuno, ma devono parlare a tutti, lasciando il segno nella coscienza e nella vita di tutti. Devono poi integrare la formazione umana di coloro a cui si dedicano, perch senza quella base si lavora invano, ma devono soprattutto essere esperti del mistero che avvolge ogni esistenza, devono saperlo dire e, per quel che possibile, saperlo illustrare e avvicinare alla vita. Quel mistero a volte direttamente, a volte solo indirettamente il mistero di Dio, santo, invisibile, infinito. Tutti sanno e immaginano quanto sia arduo rendere concreto e credibile linvisibile. Nonostante tutto, quelle persone ci si provano. Per essere in qualche modo allaltezza dellimpresa, dunque, devono avere una duplice conoscenza ed esperienza. Devono conoscere bene il cuore delluomo, le sue potenzialit e le sue miserie, perch dice la pedagogia per insegnare il latino a John bisogna conoscere John. E devono poi conoscere le parole di chi di Dio ha parlato non solo in modo magistrale, ma anche in modo definitivo. Devono conoscere la persona, il messaggio e la vicenda dellInviato di Dio, di Colui che via verit e vita (Gv 14,6), di Colui che venuto perch tutti abbiano la vita e perch labbiano in abbondanza (Gv 10,10), di colui che di tutti il buon Pastore (10,11.14.16). Anche questo agp e via per eccellenza.

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8. CARIT E

LIBERT

1Corinzi 8,1-13

1. Epoche diverse, valori diversi Si potrebbe paragonare la storia umana a una sfera che, rotolando, poggia su punti sempre diversi. Limmagine serve a dire che da unepoca allaltra cambia il valore (o il complesso di valori) che viene avvertito come il pi grande, e su cui poggia di volta in volta la sensibilit dominante. Si potrebbe dire che nellantica Grecia e nellantica Roma fosse stimato soprattutto il valore militare e lamore della patria. Omero infatti scrive: Solo un augurio buono: battersi per la patria ( Iliade 12, 243), e Orazio: cosa dolce e buona morire per la patria Dulce et decorum est pro patria mori ( Odi, 3,2,15). Si potrebbe poi per esempio dire che nel Medioevo il valore pi grande era la verit, cos che era avvertito come nemico e distruttore della convivenza umana leretico o chi aderiva a una religione diversa dalla propria, e quindi a una religione falsa. Dante per esempio chiama di falsi e bugiardi le divinit del paganesimo cui per motivi anagrafici il suo Virgilio

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era legato (Inferno 1, 72). Nel Rinascimento invece, let di Botticelli, di Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Giorgione, Tiziano ecc., il valore pi grande era il bello, almeno tra le classi alte (perch i poveri avevano altro cui pensare). Poi, a partire da quelluragano che fu la rivoluzione francese tra 1700 e 1800, il valore pi grande diventato ed tuttora la libert. evidente che in ogni epoca ogni valore ha il suo spazio e i suoi entusiasti, ma innegabile che nel nostro tempo anche luomo della strada, o la casalinga, o il ragazzo del sabato sera, e non solo lintellettuale e lideologo, dovendo scegliere tra verit e libert, darebbero la loro preferenza ideale alla libert. Ebbene, scrivendo alla chiesa di Corinto quella che per noi la prima lettera ai Corinzi, Paolo dovette porre ai Corinzi e a s stesso lalternativa tra libert e carit, e fu a proposito dellidolatria. 2. Coscienza forte e coscienza debole di fronte allidolatria A Corinto, come in ogni citt e villaggio del tempo, gli edifici sacri erano molto numerosi. Soltanto in uno dei due lati minori (60 m. di lunghezza) della piazza principale di Corinto gli archeologi hanno messo in luce non meno di cinque tempietti, le cui statue cultuali sono descritte da Pausania, scrittore della seconda met del secondo secolo d.C.: C anche un tempio di Fortuna- Tych, con una statua in piedi, di marmo pario. Accanto ad esso si trova un santuario dedicato a tutti gli di (). Ci sono poi due statue di Afrodite, opera di Ermogene di Citera. E ci sono due statue di Ermes in bronzo, entrambe stanti, e una ha anche un tempio ecc. (Pausania, Guida della Grecia, II, 2,8). Insomma i templi, le feste, i riti, i sacrifici pagani riempivano la vita cittadina, e i cristiani corinzi erano a continuo contatto con quel mondo di di falsi e bugiardi. Alcuni avevano al riguardo una coscienza forte. Paolo si fa loro portavoce quando scrive: Quanto a [] gli idoli, noi sappiamo che non esiste alcun idolo al mondo, e che non c che un solo Dio (1Cor 8,4). Di conseguenza non avevano alcuna difficolt ad acquistare e poi a mangiare la carne che proveniva dai sacrifici idolatrici, la quale veniva in parte bruciata in onore delle divinit, in parte consumata dai sacerdoti, e in parte messa appunto sul mercato a basso prezzo. Ma altri erano in difficolt. Abituati dallinfanzia a considerare quella carne come in qualche modo carne sacra, ora stentavano a considerala carne normale e a mangiarla senza sentirsi coinvolti nellidolatria che avevano abbandonato diventando cristiani. Era un sentimento in qualche modo paragonabile a quello che proviamo noi quando vediamo, con una fitta al cuore, una chiesa sconsacrata che serve oramai come officina meccanica o come gelateria, oppure quando, in casa di un amico e collezionista dilettante, vediamo una statua del Budda l dove starebbe meglio un crocefisso o una Madonna a rendere pi cristiana quella casa. Cera dunque chi, per il fatto di avere una coscienza debole, si asteneva da quelle carni e rimaneva traumatizzato al vedere un cristiano, magari uno dei capi della sua comunit, mangiare disinvoltamente quella carne che aveva a che fare con la religione dei falsi di. Paolo fa anche lipotesi che qualche cristiano debole intraveda un compagno di fede banchettare nei locali adibiti a mensa presso un tempio: Se infatti uno ti vede () stare a convito in un tempio idolatrico, la coscienza di questa persona debole non sar forse sospinta a mangiare le carni immolate agli idoli? (1Cor 8,10). Ora, poich ognuno dice Paolo deve agire secondo coscienza, ne risulterebbe che un fratello di fede sarebbe spinto ad agire contro coscienza e quindi a peccare. per questo che Paolo aggiunge: ed ecco: a causa tua va in rovina un debole, un fratello per il quale Cristo morto! (v. 11). E aggiunge ancora, passando dal tu al voi per ottenere un effetto retorico pi forte: Peccando contro i fratelli e ferendo la loro coscienza debole, voi peccate contro il Cristo! (v. 12).

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3. Non sono forse libero, io? Come si intravisto, Paolo si schiera con quelli che hanno coscienza forte, che cio si sentivano liberi di mangiare la carne proveniente dal mercato sacro perch lidolo come tale nulla: se la statua di marmo, lidolo un pezzo di marmo; se la statua di metallo, lidolo metallo; se la statua di legno, lidolo un pezzo di legno. Isaia direbbe che, poich lidolo fatto dalla mano delluomo, gli inferiore e non certo ragionevole che luomo adori un oggetto che pi piccolo di lui: Traggono loro dal sacchetto e pesano largento con la bilancia. Poi pagano un orefice perch faccia un dio e poi venerano e adorano quel dio! (Is 46,6). Paolo si sentiva dunque libero di mangiare tutto, anche la carne che per i greci di Corinto era sacra e che per i deboli era idolatrica. Allinizio del cap. 9 della stessa lettera, in una serie di quattro domande retoriche, che dunque hanno la risposta scontata, Paolo chiede infatti ai Corinzi: Non sono forse libero, io? (9,1). Per, poi, lapostolo si arresta di fronte alla considerazione che abbiamo ricordato sopra, che cio latteggiamento di qualche cristiano forte potrebbe indurre qualche cristiano debole ad agire contro la propria coscienza. E allora, con parole taglienti e ferme, lApostolo scrive: Se un cibo scandalizza il mio fratello, non manger mai pi carne, per non dare scandalo al mio fratello! (1Cor 8,13). 4. La libert grande, ma la carit le superiore In 1Cor 8 Paolo si trova dunque di fronte ad una alternativa, come tutti i giorni capita anche a noi per questioni a volte piccole ma a volte anche di grande rilevanza. Da una parte c la consapevolezza di Paolo che i riti pagani celebrati sulle carni dei sacrifici sono puro suono di voce e puro gesticolare, e che quella carne resta ci che era prima. Dallaltra c invece il rischio che la libert di Paolo scandalizzi e ferisca la coscienza di un fratello di fede, di un credente in Ges. Da una parte i diritti della propria libert, dallaltra le esigenze dellagp cristiana. Ma Paolo, non ha il minimo dubbio. La libert un grande valore ed egli se ne fatto difensore soprattutto nella lettera ai Galati nella quale dice di avere combattuto chi insidiava la libert del cristiano (2,4) e nella quale tra laltro scrive: Il Cristo ci ha liberati perch restassimo liberi. State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavit (5,1). La libert, dunque, bens un grande valore, ma non tutto. Per questo, lui che nella stessa lettera scriver: Mi sono fatto tutto a tutti, mi sono fatto debole con i deboli (9,19-23), qui davvero si fa debole con i deboli, protestando di non volere mangiare carne in eterno, se questo serve al loro bene. E parla, non della carne immolata agli idoli ( eidolthyta) di cui stava discutendo, ma paradossalmente di qualsiasi tipo di carne (kras). La libert grande, dunque, ma lagp pi grande della libert.

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9. CARIT E VERIT Mt 5,37; Gc 5,12, e Gal 1,8

1. Lobiezione contro i testi fondanti dellagp Da nessuna parte ci sono soltanto rose e fiori. Neanche nellelogio dell agp. Insegnata da Ges con la sua croce pi ancora che con le sue parole, e poi detta da Giovanni e da Paolo con formule indimenticabili, lagp esposta a unobiezione non piccola, che onesto non eludere. Quellobiezione si potrebbe formulare cos: se la 1Gv contiene tante incomparabili affermazioni sullagp, perch lautore di quella stessa lettera giunge a colpire altri credenti col tremendo titolo di anticristi (1Gv 2,18 ecc.; cf. anche 2Gv 7)? E se, poi, la carit paziente e benevola (1Cor 13,4), perch il medesimo Paolo che autore di quellaffermazione, anche lui cos duro con altri missionari cristiani da chiamarli falsi apostoli (2Cor 11,13), ministri di Satana e non del Cristo (2Cor 11,13-15), e cani, cattivi operai (Fil 3,2)? E, infine, perch lo stesso Ges attacca i leader spirituali del suo popolo chiamandoli serpenti e vipere (Mt 23,33), ipocriti (Mt 23,13.15 ecc.), sepolcri imbiancati (Mt 23,27), o guide cieche (Mt 23,16)? E perch si fece una sferza e con essa aggred cambiamonete e venditori nei cortili del tempio (Gv 2,15), proponendosi come esempio di riformatore violento? La risposta ovviamente difficile. In ogni caso per ogni obiezione, e quindi anche questa, ha limportante funzione di attirare lattenzione su risvolti che altrimenti rimarrebbero nellombra. 2. Le motivazioni di Giovanni, di Paolo e di Ges Lautore della 1Gv chiama anticristi coloro che a proposito del Cristo negano la sua venuta nella carne. Lo si ricava dalla lettura di 1Gv 2,18-19 in combinazione con

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1Gv 4,1-2, e da 2Gv 7 dove le due affermazioni sono riunite: Sono apparsi molti seduttori che non riconoscono Ges venuto nella carne. Ecco il seduttore e lanticristo. Se cos , allora lepiteto di Anticristo non del tutto fuori posto, almeno dal punto di vista delletimologia, perch chi nega lincarnazione davvero colui che si mette contro (anti-) il Cristo. Lautore di 2Gv aggiunge che chi tace su una questione cos centrale, si fa complice: Se qualcuno viene a voi e non porta questo insegnamento (= la fede nellincarnazione), non ricevetelo in casa e non salutatelo, perch chi lo saluta partecipa alle sue opere malvagie (v. 11). Se con la durezza dei loro epiteti la 1Gv e 2Gv intendono difendere la fede, Ges e Paolo intervengono con durezza a difesa, invece, delletica, e cio del retto comportamento. Si tratta dunque di tre casi di difesa della verit, cos che lobiezione iniziale si trasforma nelle domande: giusto tacere la verit per amore della carit?. Il dilemma non affatto piccolo e, senza arrischiare nostre risposte, chiediamoci che cosa dicono al riguardo Ges e Paolo. Quanto a Paolo, nella lettera egli dice ai Galati che la verit del Vangelo (2,5.14) va difesa come valore supremo e che egli pronto a invocare la maledizione, qualora il Vangelo venisse adulterato, anche su s stesso: Se noi stessi o se anche un angelo del cielo vi annunciasse un Vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia antema (= maledetto) (Gal 1,8). Temendo di non essere stato abbastanza fermo ed esplicito, raddoppia la sua affermazione: Quel che ho appena detto, lo ripeto: se qualcuno vi annuncia un Vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia maledetto (1,9). Ma anche nellencomio dellagp, tra le molte affermazioni che danno di essa unimmagine dolce se non proprio dolciastra, una ha invece il sapore della severit e della fermezza perch dice: Lagp non tollera lingiustizia ma si compiace della verit. evidente che, prima di ricorrere a terapie durto, bisogna esaurire tutte le risorse dellagp paziente e benevola. Esemplare al riguardo la cristallina replica di Ges a chi lo percuote durante linterrogatorio del sommo sacerdote Anna (Gv 18,19ss). Aveva appena detto questo che una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Ges dicendo: Cos rispondi al sommo sacerdote?. La disarmante reazione di Ges suona: Se ho parlato male, dimostrami dov il male. Ma se ho parlato bene, perch mi percuoti?. In altre parole Ges dice tre cose: 1) chi non va contro la verit non deve essere percosso; 2) chi va contro la verit, prima di essere percosso, devessere messo di fronte al suo errore; 3) poi pare di poter dedurre si crea spazio per una difesa in qualche modo aggressiva, della verit. E cos siamo passati a esaminare il caso imbarazzante dellaggressivit di Ges. Tra laltro, di s Ges non ha mai detto: Io sono lAmore, e invece ha detto: Io sono la Verit (Gv 14,6). Ges ha detto poi: La verit vi far liberi (Gv 8,32), come a dire che chi non ha il coraggio della verit non un uomo libero o una donna libera. Manifesto di Ges circa la verit, comunque, pu essere considerato quel suo detto che riportato da Matteo: Il vostro parlare sia s, s, no, no. Il resto viene dal maligno (Mt 5,37), che ripreso dalla lettera di Giacomo: Il vostro s sia s, e il vostro no sia no, per non incorrere nella condanna (Gc 5,12). 3. Lagp non consenso ad ogni costo Vero e proprio cancro della carit la criminalizzazione della critica o, se si vuole, il consenso ad ogni costo, e la tolleranza. cos che chi prende a due mani il coraggio per dire quello che tutti pensano ma che tutti tacciono qualcuno che manca di carit. Ma troppo spesso il silenzio circa le malefatte altrui per assicurarsi silenzio e indulgenza circa le proprie. Questo inconfessato scambio di favori trova un terreno quanto mai favorevole nei rapporti damicizia e nei rapporti con i potenti. Per

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linteressato silenzio nei confronti degli amici si pu citare Cicerone, mentre per il silenzio nei confronti dei potenti si possono citare un episodio poco noto di cui fu protagonista Agostino di Ippona e, nei nostri tempi, la strategia operativa di una centrale della divulgazione scientifica. Quanto a Cicerone, buon conoscitore dellanimo umano, in una sua vivace operetta morale egli scrive: Obsequium amicos, veritas odium parit Lossequio procura amici, la verit invece procura nemici. Cicerone si dilunga poi per dire che, se la verit molesta (molesta veritas) essendo purtroppo come un veleno per ogni amicizia, molto pi molesto e colpa massima (multo molestius, maxuma culpa) il consenso ossequioso, perch la fine sia dellamicizia che della verit ( Laelius de amicitia 89,3ss; cf. anche Terenzio, Andria 68, e Quintiliano, Institutiones 8,5,4). La lettera n. 247 di Agostino fu da lui scritta a Romolo, un potente esattore di tasse, quando venne a sapere che gli impiegati delle imposte esigevano da famiglie povere (miseri et egeni homines) il doppio di quel che avrebbero dovuto chiedere. Agostino aveva fatto chiamare Romolo ma lui, indovinando che il vescovo lo avrebbe posto sotto critica, era andato alla sua messa domenicale senza poi presentarsi. Agostino allora, scrivendogli, rivendica il diritto di dirgli senza false indulgenze quello che doveva dirgli. La lettera comincia cos: La verit sia dolce che amara. Quando dolce, indulgente. Quando invece amara, allora medicinale Veritas et dulcis est et amara. Quando dulcis est parcit, et quando amara curat . Poi, prolungando la metafora della medicina, scrive a Romolo: Non rifiutare di bere quello che ti scrivo in questa lettera (PL 33, 1062). In altro contesto, lo stesso Agostino scrive: Pu essere che qualcuno sia duro per carit ed qualche altro sia gentile per diniquit. Un padre pu per esempio percuotere un figlio, e un mercante di schiavi invece trattare con riguardo. Poi Agostino conclude: In questi due casi concreti, la carit colpisce e liniquit blandisce Caritas caedit, blanditur iniquitas (In epistolam Joannis ad Parthos 7,8; PL 35, 2033). Una delle 7 regole di redazione della National Geographic Society (Washington), la pi grande istituzione scientifica e culturale di pubblica utilit del mondo come essa si definisce , chiede ai suoi collaboratori di pubblicare solo informazioni positive, per cui ogni dato spiacevole e ogni critica inopportuna devono essere evitati. A partire dal 1897, questa regola salv dal fallimento la Society che era sorta nel 1888 e che non aveva mai decollato. Ligia alla sua norma del parlare sempre in positivo, la rivista omonima National Geographic giunse a elogiare lefficienza tedesca della Berlino hitleriana, senza eccepire sulle leggi e sulla prassi del nazismo, e fu anche cos che si conquistata ladesione di 40 milioni di lettori. E allora viene da chiedersi: si deve tacere o, invece, alzare la voce contro persone o autorit ingiuste, e istituzioni opprimenti? Per quanto riguarda il passato prossimo che ci riguarda, pi dirompente laccusa alla nostra chiesa di avere troppo taciuto di fronte al nazismo, o quella di essere stata troppo esplicitamente e duramente anticomunista? Lagp, dunque, non tollera lingiustizia, e non compra col silenzio il consenso di nessuno. Condannare e denunciare il nazismo o il comunismo agp, ed agp quella di Giovanni di Patmos, autore dellApocalisse, il quale schiaffeggi con lepiteto di bestia limperatore di Roma che si faceva adorare, mettendosi in blasfema concorrenza con Dio. 4. Un chirurgo impressionabile e la cattiveria cristiana Un chirurgo che taglia un chirurgo che fa il suo mestiere. E, quando necessario, anche la carit devessere chirurgica. Se necessario, lagp deve far soffrire.

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Io rimprovero e correggo ( elnch ki paidu) coloro che amo, dice il Cristo dellApocalisse alla chiesa di Laodicea (3,19), e: Qual il figlio che il padre non corregge (paiduei)? Se siete senza correzione (), siete bastardi, non figli!, dice lautore dellepistola agli Ebrei (12,7-8). I verbi usati in queste frasi sono tutto un programma: il verbo elnch significa fare davvero lelenco dei misfatti di qualcuno per esempio davanti a un tribunale, mentre paidu pu voler dire educare severamente o castigare. La traduzione della C.E.I., che traduce con rimproverare e correggere, sulla via di fare del Cristo un chirurgo un po troppo suggestionabile. Dalle parti di Cesarea di Filippo, Ges aveva chiesto ai discepoli: Voi , chi dite voi che io sono?. E Pietro aveva detto prontamente: Tu sei il Messia. Poich poi Ges aveva precisato che non intendeva essere un Messia politico e teocratico ma un Figlio delluomo disposto anche a subire ostilit e persecuzione, allora Pietro lo aveva preso in disparte e, rimproverandolo, gli aveva detto: Questo non ti dovr succedere mai e poi mai! (Mt 16,22). Come tutti sappiamo, a questo punto Ges non fu n tenero n diplomatico. Disse che Pietro era per lui come un satana, e cio come un micidiale tentatore, dal momento che voleva strapparlo dalla volont di Dio e voleva imporgli una prospettiva del tutto mondana. Le parole precise di Ges dicono: Vattene da me, Satana. Tu mi sei di scandalo, perch [circa il mio compito messianico] non hai il pensiero di Dio, ma quelli umani! (Mt 16,23). Ecco Ges nelle vesti di chirurgo non impressionabile ma fermo e risoluto. Dopo quel battibecco, i due, Ges e Pietro si pu aggiungere senza paura di sbagliare , non si sono parlati per almeno una settimana. E anche questa agp. agp perch, come scrive lautore della lettera ai Colossesi, lagp vincolo di perfezione. la cordicella che lega insieme il bouquet delle molte virt necessarie alla vita cristiana. Tra quelle molte virt c anche il coraggio di dire o di gridare la verit, di inquietare, di smascherare, di scardinare, di contestare ecc. Tra quelle virt c insomma quella che potrebbe essere chiamata la cattiveria cristiana. 5. Quando verit e carit vengono a conflitto Gli antichi dicevano: Amicus Plato, sed magis amica veritas Platone amico, ma pi amica la verit (rielaborazione latina di un detto di Aristotele, Etica nicomachea 1096.A.16). Anche questo famoso detto latino non teme dunque di mettere la persona al secondo posto: prima la verit, poi Platone e la mia amicizia con lui. Laffermazione gravissima ma, per stemperarla, resta sempre in ognuno di noi una riserva mentale, perch noi siamo incorreggibilmente convinti che, bene o male, c sempre una via duscita per salvare sia Platone che la verit. Tanto pi che la lettera agli Efesini invita a conciliare verit e carit ( veritatem facientes in caritate, Ef 4,15). Ma se ci mettiamo una mano sul petto, a ciascuno di noi gi capitato molte volte di vivere in situazioni in cui stato necessario scegliere, e nelle quali purtroppo si potuto salvare soltanto la capra, e non anche i cavoli: nel matrimonio, nel rapporto con persone vicinissime, o con quelle persone con cui la domenica si condivide leucarestia. Ecco dunque la terribile domanda: cosa salvare tra carit e verit, quando le due venissero a insanabile conflitto? Risposta non c. La risposta quella di andare alla fonte di tutte e due, sia della verit che della carit, e cio lo Spirito di Dio. Allo Spirito bisogna chiedere un raggio di luce. Caso per caso. Come poveri mendicanti. Senza poi sentirsi detentori di alcuna sicurezza. Se infatti a un certo momento ti sembra di far luce su quel tuo caso, chi ti assicura che la determinazione cui arrivi per quanto onesta sia , viene davvero dallo Spirito?

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10. IO SAR LAMORE

1. Lamore copre una moltitudine di peccati La prima lettera di Pietro afferma un po a sorpresa che la carit copre una moltitudine di peccati (1Pt 4,8). Come e perch la carit sia in grado di dissolvere nel nulla il male commesso mirabilmente illustrato in almeno due testi del NT. Il primo testo quello di Lc 7,36ss secondo il quale un giorno Ges si espose ai sorrisi maliziosi dei benpensanti, e fu quando, ospite di un fariseo di nome Simone, permise a una peccatrice di accostarsi a lui, di bagnargli i piedi con le sue lacrime, di asciugarglieli con i propri capelli e di cospargerli di unguento prezioso e profumato. Poich il suo ospite pens male di lui, Ges narr la parabola del grande condono di 500 denari (paga di 500 giornate lavorative, cf. Mt 20,2.13), e la applic alla donna dicendo: Simone, a lei molto perdonato perch molto ha amato (v. 47). Di per s il rapporto di causa ed effetto che la parabola illustra quello inverso, quello per cui un grande perdono provoca un grande amore, ma vero anche che, nel circolo virtuoso che innesca, lamore porta con s il perdono. Il secondo testo nel quarto vangelo. Nei dialoghi finali di Gv 21,15ss Ges chiede a Pietro: Simone di Giovanni, mi ami pi di costoro (oppure: pi di queste cose)?, e poi ancora: Simone di Giovanni, mi ami?, e poi infine per la terza volta: Simone di Giovanni, mi ami?. Interrogato tre volte circa il suo amore, Pietro risponde tre volte che ama: Certo, Signore, tu sai che ti amo, Certo, Signore, tu sai che ti amo, Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo. Non basta perch, ad ognuna delle assicurazioni di Pietro, per tre volte Ges lo incarica del proprio gregge: Pasci i miei agnelli, Pasci le mie pecorelle, Pasci le mie pecorelle. Il ripetersi tre volte sia delle domande, sia delle risposte, sia dellincarico pastorale, per gli interpreti un evidente richiamo e una riparazione adeguata del triplice rinnegamento di Pietro nella notte dei processi (18,17.25-27). Per lasciarsi alle spalle le penose negazioni di quella notte e per riconquistarsi la fiducia di Ges, Pietro non ebbe dunque altra via che lamore. Anzitutto, dunque, lamore redime dal male e purifica. Ma la sua efficacia poi soprattutto positiva e si irradia a 360 gradi, perch lamore anima della vera libert e di ogni virt, ed sostanza di ogni vocazione. 2. Ama e fa quello che vuoi I predicatori dei bei tempi andati avevano tra i loro pezzi forti un motto sullamore che attribuivano ad Agostino. Il motto dice: Ama et fac quod vis Ama e fa quello che vuoi. Come a dire: se tu ami davvero, non c pi legge che debba dirti cosa fare e cosa non fare, perch lamore non ti potr ispirare altro che il bene del tuo prossimo e la volont di Dio. Quel motto davvero un capolavoro perch dice che lamore assoluta immunit dal male, assoluta adesione al bene e, nello stesso momento, assoluta libert e legge di libert. Ma quel motto non si trova negli scritti di Agostino, cos come daltra parte per esempio non vi si trova laltra famosa sentenza a lui solitamente attribuita, che dice: Chi canta, prega due volte Qui cantat, bis orat. DellAma et fac quod vis dei predicatori, comunque, possibile rintracciare la derivazione da almeno due passi agostiniani. Nel primo testo Agostino dice che le azioni vanno giudicate in base alla loro radice, non in base allapparenza. Lapparenza a volte

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infatti pu essere quella della benevolenza ma il giudizio deve essere negativo, o pu essere quella della severit e il giudizio deve essere allora positivo. Scrive Agostino: Molte cose possono avvenire che hanno unapparenza buona ma non procedono dalla radice della carit e poi aggiunge che, se ci si fa ispirare dalla carit, ci si possono permettere interventi anche duri e severi. qui che Agostino scrive: Dilige, et quod vis fac Ama, e quello che vuoi, fallo! ( In epistolam Joannis ad Parthos 7,8; PL 35, 2033). Linsistenza di Agostino pi sulla carit che riscatta e nobilita ogni azione anche severa, linsistenza dellaforisma dei suoi interpreti pi sulla libert che non sar mai libertinismo, se si guidati dallamore. Il secondo testo quello in cui, commentando il passo di 1Gv 3,2 (Vedremo Dio cos come egli ), Agostino pone la visione beatifica di Dio come il massimo bene di cui essere alla ricerca, e in cui spiega che differenza ci sia tra amore e timore. Scrive Agostino: Immagina che Dio ti dica: Fai quello che vuoi / fac quod vis. Soddisfa le tue bramosie, permettiti ogni iniquit e ogni lussuria, ritieni lecito per te qualsiasi cosa ti piaccia. Io non ti punir per queste cose e non ti mander nella geenna. Soltanto ti negher il mio volto!. Ecco, se alla minaccia di perdere la visione del volto di Dio tu avrai avuto un sussulto al cuore, allora tu sei uno che ama Dio amasti, gratis amasti (Sermones de Scripturis 46, 10; PL 38, 965-966). Fin qui Agostino. I predicatori hanno fatto il resto quando hanno sintetizzato il paradosso agostiniano ( fac quod vis, amasti) nel mirabile Ama et fac quod vis, per dire che lamore, e non la minaccia di un qualche castigo, a mantenere il credente sulle vie del bene. 3. La mia vocazione lamore Agostino si misurato con il tema dellamore anche quando, tra il 413 e il 418, ha commentato ai suoi fedeli, in ben 124 catechesi, il quarto vangelo e i suoi molti versetti sullagp. Tema ricorrente nelle omelie agostiniane che lamore indispensabile a ogni scelta del cristiano e a ogni sua virt. Commentando Gv 15,17-19 (Amatevi come io vi ho amato) con Gal 5, Agostino nota che Paolo mette la carit al primo posto tra le virt scrivendo: Frutto dello Spirito agp, gioia, pace, longanimit, benignit, bont, fede, mitezza, dominio di s (Gal 5,22-23). Paolo ci presenta tutte le altre virt come nascenti dalla carit e ad essa strettamente legate, scrive Agostino. E poi commenta quella lista di 9 virt dicendo: Chi pu essere spiritualmente lieto, se non ama quel bene di cui gioisce? Come si pu essere veramente in pace, se non lo si con colui che veramente si ama? Chi pu dimostrare la sua longanimit perseverando nel bene, se non ama con fervore? Chi pu dirsi benigno se non ama colui che soccorre? E chi pu dimostrarsi buono se non ama? Chi pu avere sinceramente fede ed ottenere con essa la salvezza, se la sua fede non opera nellamore? Come si pu essere mansueti, se lamore non allorigine della mansuetudine? Perch poi luomo continente si astiene dalle azioni che lo disonorano se non perch ama quelle che lo onorano?. Tornando a Gv 15, Agostino conclude: A ragione Ges ci raccomanda lamore come se esso costituisse lunico comandamento. Senza lamore tutte le altre buone qualit non servono a nulla, mentre lamore che necessariamente conduce a tutte le virt ( In Johannis evangelium 87, 1; PL 35, 18521853). In una precedente omelia Agostino aveva espresso la stessa convinzione: L dove la carit, che cos che pu mancare? E dove non c carit, che cosa pu giovare? Il diavolo stesso crede, e tuttavia non ama, mentre non pu non credere chi ama. Chi non ama pu anche sperare ma spera inutilmente di essere perdonato. Non potr mai disperare invece colui che ama (83, 3; PL 35, 1846).

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Se Agostino dice che nella carit ci sono tutte le virt, Teresa di Lisieux, pi modernamente e in termini pi ecclesiali, dice che nella carit ci sono tutte le vocazioni. Scrive Teresa nella sua autobiografia: Siccome le mie immense aspirazioni erano per me un martirio, mi rivolsi alle lettere di San Paolo, per trovarvi finalmente una risposta. Gli occhi mi caddero per caso sui capitoli 12 e 13 della prima lettera ai Corinzi, e lessi nel primo che tutti non possono essere nel tempo stesso apostoli, profeti e dottori; e che la Chiesa si compone di varie membra e che locchio non pu essere contemporaneamente la mano. Una risposta certo chiara, ma non tale da appagare i miei desideri e darmi la pace. Poi Teresa dice la sua scoperta dellamore come sintesi di tutti i carismi: Continuai la lettura e non mi perdetti danimo. Trovai cos una frase che mi diede sollievo: Aspirate ai carismi pi grandi! E io vi mostrer una via migliore di tutte (1Cor 12,31). LApostolo infatti dichiara che anche i carismi migliori sono un nulla senza la carit e che questa medesima carit la via pi perfetta che conduce con sicurezza a Dio. Avevo trovato finalmente la pace. Considerando il corpo mistico della Chiesa non mi ritrovavo in nessuna delle membra che S. Paolo aveva descritto o, meglio, volevo vedermi in tutte. La carit mi offr il cardine della mia vocazione. Compresi che la Chiesa ha un corpo composto da varie membra, ma che in questo corpo non pu mancare il membro pi necessario e pi nobile. Compresi che la Chiesa ha un cuore, un cuore bruciato dallamore. Capii che solo lamore spinge allazione le membra della Chiesa e che, spento questamore, gli apostoli non avrebbero annunziato pi il vangelo, i martiri non avrebbero versato pi il loro sangue. Compresi e conobbi che lamore abbraccia in s tutte le vocazioni, che lamore tutto, che si estende a tutti i tempi e a tutti i luoghi: in una parola, che lamore eterno. Da questa scoperta dellamore come sintesi di ogni vocazione viene quello che Teresa chiama il suo grido: Allora con somma gioia ed estasi dellanimo gridai: O Ges, mio amore: ho trovato finalmente la mia vocazione. La mia vocazione lamore. S, ho trovato il mio posto nella Chiesa; e questo posto me lo hai dato tu, o mio Dio. Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sar lamore e in tal modo sar tutto e il mio desiderio si tradurr in realt (S. Teresa del Bambino Ges e del Volto Santo, Autobiografia). Il quarto vangelo illustra la complementarit dei ruoli ecclesiali e delle vocazioni attraverso il ripetuto abbinamento delle figure di due discepoli, caratterizzati tutti e due dallagp . 4. Il discepolo che ama e il discepolo che amato Il quarto vangelo a pi riprese intreccia insieme il destino del discepolo anonimo cui si fa riferimento con la formula Il discepolo che Ges amava (Gv 13,23; 20,2; 21,7.20), e di Pietro che, come abbiamo appena visto, pu in tutta coscienza dire a Ges: Tu sai che ti amo. Il primo amato, il secondo ama. I due sono menzionati insieme anzitutto alla cena, non appena Ges ha preannunciato il tradimento di Giuda, l dove Pietro spinge laltro discepolo a chiedere chi sia il traditore, e quello fa la domanda a Ges poggiando il suo capo sul suo petto (Gv 13,23-25). La passione poi separa i due perch Pietro nella notte dei processi rinnega Ges non avendo il coraggio di dichiararsi suo discepolo (18,17ss), mentre laltro segue il Signore fin sotto la croce (19,26-27). I due sono nuovamente insieme nella corsa verso il sepolcro (20,3-9) che Maria di Magdala ha trovato spalancato e vuoto. E sono insieme al lago per la terza apparizione del Risorto quando il Discepolo Amato con il suo intuito di fede riconosce il Signore, mentre nella sua impetuosit Pietro gli corre incontro saltando gi dalla barca (21,7). E sono insieme infine nel dialogo finale nel quale Ges preannuncia a Pietro il suo martirio e preannuncia invece allaltro

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discepolo che rester (21,20-23), probabilmente con la testimonianza del suo scritto: Se voglio che egli rimanga, che importa a te?. Questo il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti, e noi sappiamo che la sua testimonianza vera (21,24). Oltre che evidentemente dalla figura di Ges, tutta la seconda met del quarto vangelo dominata dunque da questa coppia di discepoli, che rappresentano le diverse anime della comunit cristiana di tutti i tempi. Il loro sconcerto di fronte al tradimento lo sconcerto di ogni credente di fronte alla sconfitta cui Dio misteriosamente si espone. La debolezza di Pietro nella notte della passione e la fedelt del Discepolo Amato fino alla croce, sono la nostra debolezza e la nostra volont di essere fedeli. La corsa di tutti e due verso il sepolcro la corsa per verificare lincredibile notizia secondo cui qualcuno ha combattuto la morte e lha sconfitta. Lintuito di fede del Discepolo Amato al lago e la fatica di Pietro per portare a riva la pesca miracolosa sono la fede e limpegno apostolico della chiesa in ogni tempo. Il bastone pastorale di Pietro e il libro del Discepolo Amato sono lequipaggiamento della chiesa nel suo difficile viaggio attraverso la storia. per questo che Agostino, commentando Gv 21, scrive: Che nessuno pensi di separare questi due illustri apostoli Nemo istos insignos apostolos separet. Essi non sono soli: quello che essi fanno quanto fa anche la santa Chiesa tutta intera, la sposa di Cristo (124, 7; PL 38, 1975). Se tutto questo vero, non si pu poi non ribadire che quei due discepoli rappresentano la chiesa proprio in quanto sono due immagini dellamore: luno ama e laltro amato.

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11. C ELOGIO ED ELOGIO Conclusione

1. Platone, lelogio del sale e delleros tempo di chiudere questo lungo elogio della carit e, come linizio diceva che c amore e amore, cos la conclusione dice che c elogio ed elogio. Lelogio dellagp scritto da Paolo in 1Cor 13 non , infatti, lunico elogio scritto dagli antichi, e ovviamente anche i moderni sanno scrivere i loro elogi. Ma partiamo da Platone che ha fatto di uno dei suoi dialoghi (il Simposio) tuttun amplissimo encomio di Eros, e cio dellamore. Nel dialogo platoniano un certo Apollodoro sente un amico chiamarlo da dietro, e quellamico poi, dopo lo scambio dei convenevoli dobbligo, si fa raccontare da lui il simposio (da cui il titolo del dialogo) o banchetto tra sapienti, avvenuto molti anni addietro in casa di Agatone. In apertura del banchetto, Erissimaco aveva proposto che ognuno dei convitati facesse a turno un elogio di Eros, e aveva introdotto cos la sua proposta: Mi sono imbattuto in un libro che tesseva un mirabile encomio del sale e della sua utilit. Ebbene aveva soggiunto Erissimaco , mentre si messo tanto ingegno a elogiare cose da poco, nessuno ha avuto il buon senso di celebrare degnamente un grande dio qual Eros (Simposio, 177.B-C). Poco entusiasta degli encomi in onore del sale, dalla lontana antichit fino ad oggi lo scritto di Platone ha continuato a ripetere inutilmente il suo: Meno sale, e pi Eros!, perch in ogni tempo non si contano gli encomi dal tema decisamente modesto e frivolo. 2. Gli elogi frivoli degli antichi e dei moderni Erasmo di Rotterdam, in pieno Rinascimento, nel 1508, scrisse lElogio della follia, dicendo proprio in apertura, nella dedica a Tommaso Moro, di non essere affatto il primo a scrivere un elogio scherzoso di qualcosa che non lo merita. E cita Virgilio che fece lelogio della zanzara e della focaccia, Ovidio della noce, Favorino di Tersite quello

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della febbre quartana ecc. Ma si possono aggiungere Dione Crisostomo (40 d.C. 115 circa) che scrisse lencomio della capigliatura e poi, a tre secoli di distanza, Sinesio, vescovo della pentapoli cirenaica (Africa, 370 413 d.C. circa), che gli contrappose lencomio della calvizie (PG 66, 1167ss), o ancora il celebre retore Marco Cornelio Frontone (100 166 d.C. circa), maestro dellimperatore Marco Aurelio, che ha composto invece un elogio del fumo. Il suo contemporaneo Luciano di Samosata (nato intorno al 120 d.C.), poi, non solo scrisse lelogio della danza e del mimo per il gusto di andare contro il gusto romano dlite che li disprezzava, ma scrisse anche lelogio della mosca. Eccone alcuni stralci: La mosca non il pi piccolo dei volatili, se si paragona alle zanzare, ai tafani e ad altri pi tenui insetti. Ha le ali duna membrana tanto pi delicata delle altre quanto una veste indiana pi sottile e morbida duna greca, e di colore cangiante, come i pavoni, se la si guarda bene quando si compiace di sciorinarle al sole Ed bello vederla camminare su 4 piedi, mentre tiene sollevata tra le mani qualche briciola, proprio a guisa umana e come facciamo noi (traduzione di Luigi Settembrini). E avanti di questo tono per alcune pagine, fino alla battuta finale: Avrei ancora molto da dire, ma mi fermo qui per non fare come dice il proverbio duna mosca un elefante. Tra gli encomi frivoli scritti dai moderni se ne pu citare uno di Pirandello. Lo scrittore siciliano mette in bocca a Moscarda, il protagonista di Uno, nessuno e centomila, lelogio della zanzariera. Mentre il vicino di casa dalla zanzariera si sentiva soffocare, Moscarda dice: io avrei seguitato sempre a usarla, anche se tutte le zanzare fossero scomparse, per la delizia che mi dava, tenuta alta comio la tenevo e drizzata tuttintorno al letto senza una piega. La camera che si vede e non si vede traverso a quella miriade di forellini del tulle lieve: il letto isolato, limpressione desser come avvolto in una bianca nuvola. A parte Luciano di Samosata o Pirandello, basta salire sul treno o sullautobus per sentire lelogio del forno a microonde o del telefono cellulare. 3. Apuleio di Madaura, un primatista degli encomi Apuleio di Madaura (nato intorno al 123 d.C.), degli encomi aveva una vera e propria mania. Ecco il suo elogio in versi! del dentifricium. Per lamico Calpurnio, a cui Apuleio invia un po di polvere esotica, essa sar pulizia dei tuoi denti e splendore della tua bocca: sottile, candeggiante, nobile polverina, che spazza le reliquie di ieri, perch non si veda qualche bruttura di sporco, caso mai tu sorrida con le dolci labbra dischiuse (De magia, vi). Allelogio del dentrifricio Apuleio fa seguire quello della bocca, il cui uso si ripete pi di una volta, sia nel caso che si dia un bacio a qualcuno, sia che si conversi, sia che si tenga una conferenza in un auditorium, sia che in un tempio si affidino agli di le proprie preghiere. S, perch la parola precede ogni azione delluomo: la parola che, come dice il poeta dei poeti (= Omero), esce dal muro dei denti, ... poich la bocca il vestibolo dellanimo, la porta della parola, il luogo dincontro dei pensieri. E ancora: Quella parte delluomo elevata nella sua posizione, facile a vedersi, faconda nellusarsi. Alle belve e agli animali stata data invece una bocca che posta in basso e volta allingi, verso i piedi, vicino al suolo e al cibo. La bocca degli animali non la si vede mai, se non quando sono morti o quando sono irritati a mordere. Nelluomo, invece, non puoi vedere niente prima della bocca quando tace, e niente pi spesso della bocca, quando parla (De magia, vii). Ma Apuleio fa anche lelogio dello specchio. Esso di molto migliore delle statue e dei ritratti. Pur essendo essi elaborati con arte, con fatica e con lungo lavoro, tuttavia alla creta di cui sono fatti manca il vigore, alla pietra manca il colore, alla pittura la durezza, e a tutte il movimento. Nello specchio invece si vede limmagine

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mirabilmente riprodotta, tanto simile quanto nobile e obbediente ad ogni cenno delluomo. Essa sempre contemporanea a coloro che vi si mirano, dal sorgere della fanciullezza fino al tramonto della vecchiaia. Assume tutte le successioni dellet delluomo, partecipa a tutti i vari aspetti del corpo, imita tante espressioni del volto, di gioia o di dolore..., mentre le statue a mo di cadavere possiedono ununica e immobile espressione (xiv). Si potrebbe spigolare da Apuleio qualche altra amenit, ma basti aggiungere lencomio, un po pi impegnato, della paupertas, o sobriet di vita. Per una sorprendente coincidenza vi ci si sente il ritmo dellencomio dellagp di 1Cor 13. Dice infatti Apuleio: La paupertas onesta, sobria, ricca del poco, gelosa del suo buon umore. un possesso sicuro di fronte alle ricchezze, tranquilla nella sua condizione, semplice nellaspetto, buona consigliera. Non gonfi mai nessuno di superbia, non corruppe nessuno con la sfrenatezza, non rese feroce nessuno con la tirannide. I piaceri del ventre e della carne non li vuole, n li pu volere. E poi, alzando il tiro e cedendo alla retorica, Apuleio aggiunge: La paupertas, fin dagli antichi tempi, stata la fondatrice di tutte le citt, linventrice di tutte le arti. Priva di ogni colpa, munifica di ogni gloria, ha compiuto ogni azione gloriosa presso tutte le genti: tra i Greci ..., per il popolo romano ... (xviii). 4. Il pi grande di tutti gli elogi quello della carit Tutto ha una sua dignit e una sua grandezza: anche la mosca decantata da Luciano, o il dentifricio e lo specchio decantati da Apuleio. Tra laltro, anche cose piccole e frivole possono essere messe al servizio dellagp. Per la mosca bisogna riconoscerlo difficile configurare una qualche finalizzazione alla carit, ma possono essere molto agapici invece un buon uso del dentifricio e dello specchio: per comparire meno sgradevoli in societ, o, nella vita di coppia, per piacersi a vicenda ed esprimersi lun laltro attenzione, rispetto, e per fare di s allaltro un dono pi squisito. E tuttavia c elogio ed elogio. Ci sono elogi frivoli ed elogi pi seriosi, e Platone aveva ragione a preferire lelogio di Eros allelogio del sale. Poich anche oggi si fanno elogi a non finire di dentifrici, saponi, o patatine ecc., non sarebbe affatto fuori posto il borbottio di un qualche moderno Platone. Paolo comunque pi che sufficiente, lui che in 1Cor 13,13 ha scritto: Queste tre cose rimangono, ma pi grande di tutte l agp. Parafrasando lApostolo, noi potremmo dire che si pu fare lelogio di tutto, ma che il pi grande di tutti gli elogi quello dellagp. Dopotutto, lelogio di Dio stesso, perch Dio agp e sorgente di essa (prima lettera di Giovanni); lelogio del vincolo che perfeziona tutta la vita cristiana (lettera ai Colossesi); lelogio del culto pi grande che si possa offrire a Dio (vangelo di Marco), ed infine lelogio della via (prima lettera ai Corinzi) sulla quale Dio si mosso verso di noi e sulla quale noi a lui possiamo tornare.

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(INDICE CON I TITOLI IN FORMATO DI LIVELLO 1 E 3)

1. C AMORE E AMORE. Introduzione, e agp in 1Ts 1,3

1. La pi universale delle leggi della natura 2. La pi universale delle leggi umane 3. Amicizia, eros, filantropia 4. Agp o carit 5. Agp in 1Ts 1,3 2. DIO AMORE. La definizione di 1Gv 4,8 e 4,16

1. La definizione di Dio come Agp 2. Come gli antichi definivano la divinit 3. La definizione della 1Gv: Dio amore 4. Chi ama passa dalla morte alla vita 5. Il mondo tutto posto nel maligno 6. Lamore scaccia la paura 7. Nel guazzabuglio del cuore umano 3. AMORE UNIVERSALE E AMORE ESCLUSIVO. Lagp nel vangelo di Giovanni

1. Il manifesto neotestamentario dellagp 2. La sorprendente coesistenza di amore universale e di amore esclusivo 3. Lamore universale allorigine della missione del Figlio 4. Lamore esclusivo tra discepoli

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5. Il comandamento nuovo 4. LAMORE ESCLUSIVO. Vangelo di Giovanni e 1Cor 7

1. Un falso problema 2. Lamore universale possibile? 3. Lamore esclusivo nella vita cristiana 4. Amarsi a vicenda tra cristiani in 1Cor 7 5. Che cosa si ama nel credente e manca nel non-credente 6. Lamore in ogni condizione di vita 7. Cristiano, riconosci la tua dignit 5. LAMORE COME COMPENDIO DELLA VITA CRISTIANA. Lagp in Col 3,14 e in Mc 12,33

1. Lagp come vincolo di perfezione(Col 3,14) 2. Lamore di Dio e il suo canone critico (Mc 12,28ss) 3. Lagp come vera adorazione da rendere a Dio (Mc 12,33) 6. LA CARIT PAZIENTE - BENEVOLA LA CARIT. Lagp in 1Cor 13

1. Un encomio dellagp e le sue tre strofe 2. Le tre ipotesi della prima strofa (1Cor 13,1-3) 3. Lesemplificazione con 15 opere nella seconda strofa (13,4-7) 4. Il valore imperituro dellagp nella terza strofa (13,8-13) 5. Gli imperativi dintroduzione e di conclusione 7. LAMORE DI SPOSATI E DI CELIBI. Confronto di 1Cor 13 con 1Cor 7

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1. La carit per tutti, ma in modo diverso 2. Lagp nel matrimonio 3. Lagp nel servizio divino o ecclesiale a pieno tempo 8. CARIT E
LIBERT.

1Corinzi 8,1-13

1. Epoche diverse, valori diversi 2. Coscienza forte e coscienza debole di fronte allidolatria 3. Non sono forse libero, io? 4. La libert grande, ma la carit le superiore 9. CARIT E VERIT. Mt 5,37; Gc 5,12, e Gal 1,8

1. Lobiezione contro i testi fondanti dellagp 2. Le motivazioni di Giovanni, di Paolo e di Ges 3. Lagp non consenso ad ogni costo 4. Un chirurgo impressionabile e la cattiveria cristiana 5. Quando verit e carit vengono a conflitto 11. C ELOGIO ED ELOGIO. Conclusione

1. Platone, lelogio del sale e delleros 2. Gli elogi frivoli degli antichi e dei moderni 3. Apuleio di Madaura, un primatista degli encomi 4. Il pi grande di tutti gli elogi quello della carit

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(INDICE CON I TITOLI IN FORMATO NORMALE)

1. C AMORE E AMORE. Introduzione, e agp in 1Ts 1,3 1. La pi universale delle leggi della natura 2. La pi universale delle leggi umane 3. Amicizia, eros, filantropia 4. Agp o carit 5. Agp in 1Ts 1,3 2. DIO AMORE. La definizione di 1Gv 4,8 e 4,16 1. La definizione di Dio come Agp 2. Come gli antichi definivano la divinit 3. La definizione della 1Gv: Dio amore 4. Chi ama passa dalla morte alla vita 5. Il mondo tutto posto nel maligno 6. Lamore scaccia la paura 7. Nel guazzabuglio del cuore umano 3. AMORE Giovanni 1. Il manifesto neotestamentario dellagp 2. La sorprendente coesistenza di amore universale e di amore esclusivo 3. Lamore universale allorigine della missione del Figlio 4. Lamore esclusivo tra discepoli 5. Il comandamento nuovo 4. LAMORE ESCLUSIVO. Vangelo di Giovanni e 1Cor 7 1. Un falso problema 2. Lamore universale possibile? 3. Lamore esclusivo nella vita cristiana 4. Amarsi a vicenda tra cristiani in 1Cor 7 5. Che cosa si ama nel credente e manca nel non-credente 6. Lamore in ogni condizione di vita 7. Cristiano, riconosci la tua dignit 5. LAMORE Col 3,14 e in Mc 12,33
COME COMPENDIO DELLA VITA CRISTIANA. UNIVERSALE E AMORE ESCLUSIVO.

Lagp nel vangelo di

Lagp in

1. Lagp come vincolo di perfezione(Col 3,14) 2. Lamore di Dio e il suo canone critico (Mc 12,28ss)

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3. Lagp come vera adorazione da rendere a Dio (Mc 12,33) 6. LA 1Cor 13 1. Un encomio dellagp e le sue tre strofe 2. Le tre ipotesi della prima strofa (1Cor 13,1-3) 3. Lesemplificazione con 15 opere nella seconda strofa (13,4-7) 4. Il valore imperituro dellagp nella terza strofa (13,8-13) 5. Gli imperativi dintroduzione e di conclusione 7. LAMORE DI SPOSATI E DI CELIBI. Confronto di 1Cor 13 con 1Cor 7 1. La carit per tutti, ma in modo diverso 2. Lagp nel matrimonio 3. Lagp nel servizio divino o ecclesiale a pieno tempo 8. CARIT E
LIBERT. CARIT PAZIENTE

BENEVOLA LA CARIT.

Lagp in

1Corinzi 8,1-13

1. Epoche diverse, valori diversi 2. Coscienza forte e coscienza debole di fronte allidolatria 3. Non sono forse libero, io? 4. La libert grande, ma la carit le superiore 9. CARIT E VERIT. Mt 5,37; Gc 5,12, e Gal 1,8 1. Lobiezione contro i testi fondanti dellagp 2. Le motivazioni di Giovanni, di Paolo e di Ges 3. Lagp non consenso ad ogni costo 4. Un chirurgo impressionabile e la cattiveria cristiana 5. Quando verit e carit vengono a conflitto 10. C ELOGIO ED ELOGIO. Conclusione 1. Platone, lelogio del sale e delleros 2. Gli elogi frivoli degli antichi e dei moderni 3. Apuleio di Madaura, un primatista degli encomi 4. Il pi grande di tutti gli elogi quello della carit

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quarta di copertina (proposta poi corretta) Giancarlo Biguzzi sacerdote della diocesi di Cesena-Sarsina ed docente di Nuovo Testamento presso lUniversit Urbaniana (Roma). Ha pubblicato libri sul vangelo di Marco (1978), sullApocalisse di Giovanni (1996), su Paolo (1999, 2001), e sulla letteratura giovannea (2002). Ha scritto questo saggio per i giovani di ACI della sua diocesi che ne hanno pubblicato un capitolo dopo laltro sul loro foglio di collegamento.

Tutto sembra obbedire a leggi che imitano lamore umano. Le foglie degli alberi si dispongono in modo da non sottrarre luce ognuna alle altre, quasi sentissero di essere tra loro tutte sorelle. Il girasole si gira su se stesso, sempre guardando il sole. Sul vetro della finestra, quando piove, ogni goccia scende a zigzag cercando di fondersi con laltra. Sono poi frutto di qualcosa di analogo allamore umano le cose pi belle che luomo produce. Laggregazione armoniosa di molte onde sonore d vita alle composizioni musicali, laccostamento di colori diversi d vita ai capolavori della pittura, e lunione e lorganizzazione di molte parole porta a quelli della letteratura. Una delle leggi che governano sia il mondo fisico che le diverse soglie di vita ha dunque qualcosa che somiglia alla legge dellamore. Per vivere o anche semplicemente per esistere e per avere un senso, sembra che tutto cerchi qualcosaltro, e nulla sembra volersene stare nel gelo della solitudine. Su questa che sembra essere la pi universale delle leggi della natura si inserisce il comando cristiano dellamore, in latino caritas, in greco agp. Le pagine di questo libro passano in rassegna i pi importanti testi neotestamentari che ne parlano, dicendo da dove la carit viene e dove torna, che cosa crea nelle diverse categorie di credenti, qual il suo rapporto con la libert e la verit. un elogio dell agp che cerca di illustrare quello che Paolo scrisse in 1Cor 13,13: Fede, speranza e carit restano, ma pi grande la carit.

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