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FRANCESCO GRASSALA (Gianfranco La Grassa) SULLA CONCEZIONE LENINISTA DEL PARTITO, OGGI (pubblicato in Zibaldone due, a cura di Leonetti,

Pomodoro, Di Marco, Feltrinelli 1973) 1. Da alcuni anni a questa parte, molte mode si sono diffuse allinterno del movimento operaio italiano (ed europeo); o, per meglio dire, allinterno delle frange antirevisioniste di questultimo. Fra le pi importanti ricordiamo innanzitutto la moda trotzkista favorita dalla destalinizzazione revisionista. Ad un certo punto, per, si vista limpossibilit di un ritorno al vero Lenin, interpretato secondo la visuale di Trotzky e ci si accorti che, in fondo, pur con tutte le sue deficienze ed errori, lo Stalin era stato il pi corretto interprete del leninismo in quelle determinate circostanze storiche. Si allora cominciato a sostenere che, in definitiva, le cosiddette degenerazioni staliniane erano implicitamente contenute nella concezione leninista del partito e si iniziata cos la moda luxemburghista. Non basterebbe pi passare sul cadavere (teorico) di Stalin per tornare al leninismo puro ma sarebbe necessario andare oltre Lenin per tornare ad una corretta interpretazione di Marx (seguendo le indicazioni della Luxemburg appunto). Naturalmente allinterno di queste mode vi sono delle varianti; importane quella di certi trotzkisti o luxemburghisti mascherati, i quali affermano bont loro! che a quel tempo Stalin (o, rispettivamente, Lenin) avevano sostanzialmente ragione, ma che oggi acquistano totale validit le tesi di Trotzky o, rispettivamente, della Luxemburg. Questi ultimi in poche parole, sarebbero stati antiveggenti; avrebbero commesso soltanto il piccolo errore di essere teoricamente troppo avanzati rispetto alla pratica arretrata di quella certa situazione storica. C da augurarsi soltanto che, venendosi in seguito a dimostrare limpossibilit di mettere Lenin contro Marx, non si decida di dar vita ad una nuova moda, superando Marx e sostenendo la validit attuale di un Bakunin o di un Proudhon o altri (e del resto siamo sicuri che qualcuno non abbia gi iniziato tale tentativo?). Ci sembra evidente che necessario avere pazienza, infinita pazienza con questi facitori di sempre nuove mode, anche perch non si pu negare che i marxisti-leninisti abbiano molte colpe al loro passivo. Infatti pi che indignarsi per loffesa arrecata ai loro idoli non hanno fatto; o hanno generalmente fatto molto poco con un gran numero di citazioni dai sacri testi che di per s non sono in grado di far fare molti passi in avanti. 2. A me sembra che un errore assai comune ai revisionisti e agli antirevisionisti, che seguono le varie mode, sia quello di voler storicizzare troppo. Non che tale esigenza non sia spesso giusta e possa far conseguire corretti risultati, ma anche in questo campo lesagerazione porta ad aberranti conseguenze. Se ogni principio teorico nel campo delle scienze sociali derivasse esclusivamente da situazioni del tutto particolari, irripetibili e rigidamente situate nel tempo e nello spazio, sarebbe perfettamente inutile parlare di una qualsiasi teoria, ma al massimo di una storia delle idee e delle concezioni sulla societ prevalenti in determinati momenti storici ed in determinate collettivit umane. Ogni teoria una generalizzazione tratta da eventi particolari, avvenuti nella pratica sociale, generalizzazione nata dalla interpretazione che di questi eventi viene fornita da uno o pi ricercatori. La teoria formulata informa di s la successiva azione di trasformazione delle realt sociale e viene cos sottoposta a verifica e ad eventuali correzioni (o viene negata nel caso di reiterato insuccesso totale nella pratica). Naturalmente, nessuno vuole sostenere che una teoria, una volta verificata, non debba pi essere modificata per leternit, tramutandosi cos in un dogma assoluto; per certo che quanto pi una teoria generale, quanto pi essa porta alla luce e chiarisce il senso delle pi essenziali e profonde connessioni tra fenomeni sociali in settori estesi della societ, tanto pi la radicale modificazione di tale teoria richiede mutamenti radicali nei connotati di fondo dellorganizzazione sociale o di suoi ampi settori. Coloro che attaccano la concezione leninista del partito sostengono quasi unanimemente che tale concezione era giusta nelle

condizioni particolari di un paese feudale ed economicamente arretrato come la Russia allepoca dello zarismo. Essi non sembrano accorgersi che la concezione di Lenin nasce da una interpretazione pi generale del rapporto tra avanguardia e masse, tra coscienza e spontaneit. Al fondo, vi una attenta valutazione (la pi generale possibile) della posizione della classe sfruttata (operaia) allinterno della societ capitalistica. 3. La classe operaia nella formazione sociale capitalistica (cos come del resto tutte le classi sfruttate allinterno di altre formazioni sociali precedenti) rappresenta la negazione di tale tipo di societ. [Sia ben chiaro che, nonostante il termine usato, non intendiamo qui civettare con la dialettica hegeliana]. La classe operaia lelemento chiave del processo produttivo capitalistico. Essa produce tutta la ricchezza della societ (nel senso lato del termine ricchezza). Essa viene per espropriata di tutto ci che non necessario al suo proprio mantenimento (in senso non puramente biologico, evidentemente). Tutto il plusprodotto (sempre crescente) serve al mantenimento della classe dominante, che tramite questo in grado di sviluppare incessantemente tutta una serie di elementi sovrastrutturali raggruppati, generalmente, sotto le due categorie di cultura e politica. La classe operaia allinterno dellorganizzazione capitalistica della produzione non in grado che di riprodurre se stessa (oltre al plusprodotto, che non le appartiene); essa non pu uscire dalla condizione in cui relegata. E non ci si riferisce solo alle condizioni materiali, che non possono migliorare ad un tasso superiore a quello di crescita del salario (costo di produzione della forzalavoro), alla cui determinazione, come si sa, concorrono elementi storico-sociali (il tenore di vita medio sociale vigente in una determinata situazione storica). Si tratta per anche dellorizzonte culturale che singolarmente ristretto e che in senso relativo, i livelli assoluti essendo del tutto inadeguati ad esprimere un fenomeno storico-sociale viene continuamente compresso dallenorme sviluppo e dalla sempre pi capillare ramificazione della sovrastruttura culturale elaborata dalla classe borghese al potere. E di moda parlare oggi di un sostanziale elevamento della cultura della classe operaia, facendo soprattutto riferimento allespansione dei settori dei tecnici, ricompresi almeno come fenomeno di tendenza nel proletariato. Intanto non corretto confondere uno strato di ceto medio, fosse anche in via di proletarizzazione, con il proletariato. I fenomeni di tendenza non debbono essere confusi con quella che attualmente la situazione per quanto concerne tale strato di lavoratori. Daltra parte, anche circa leffettiva portata di questa tendenza, bisogna andare cauti. In un sistema di capitalismo monopolistico vi sono pure meccanismi che tendono a rigenerare continuamente strati sociali intermedi. Importante per i capitalisti non il mero processo produttivo, ma soprattutto il problema della valorizzazione del capitale e della realizzazione del plusvalore. Data la concentrazione monopolistica, perde relativamente dimportanza lintroduzione di innovazioni nelle tecniche produttive. Acquistano invece maggior rilevanza il problema dellinvenzione di nuovi prodotti (e il loro lancio sul mercato tramite opportune politiche di vendita) e quello della ricerca di nuovi sbocchi di investimento del plusvalore accumulato (non a caso i collegamenti tra imprese o tra settori produttivi diversi non avvengono sempre con integrazione o coordinamento dei loro processi produttivi, ma in molti casi si ha una semplice integrazione finanziaria o collegamenti di vario tipo nella politica delle vendite). Tutto ci tendenzialmente comporta unespansione di nuovi strati medi (di tipo parassitario, nel senso che il loro lavoro del tutto inutile ai fini di un autentico sviluppo sociale). E questa tendenza pu controbattere quella alla proletarizzazione di quel ceto medio, costituito soprattutto dai tecnici. Infine non crediamo si possa negare lesistenza di una aristocrazia operaia come veicolo, allinterno del proletariato, di forti elementi della cultura e della ideologia borghesi. Tale strato elevato di operai strettamente connesso allesistenza di consistenti strati di ceto medio, che come gi detto sempre si rigenerano. [Oltre al ceto medio parassitario, di cui si gi detto, si ha sovente soprattutto in periodi di espansione economica un accrescersi del numero dei piccoli imprenditori organicamente collegati alle grandi imprese monopolistiche; per lanalisi di questo fenomeno rinvio ad un mio precedente articolo]. Gli strati intermedi complicano

enormemente la lotta di classe sul fronte ideologico; essi impediscono che su questo piano vi sia un confronto pi diretto e radicale fra borghesia e proletariato. Essi non sono per certo portatori di una terza ideologia; sono invece nettamente subordinati allideologia borghese (anche se talvolta con velleit radicali nei confronti della grande borghesia monopolistica). Tramite loro, quindi, la borghesia capitalistica (proprietaria dei mezzi di produzione) accresce il suo dominio ideologico sulla societ tutta e in certi periodi storici riesce addirittura a cementare gran parte della collettivit attorno alle sue direttive ideologiche (che sembrano essere al di sopra delle classi). In questo modo approfittando naturalmente di particolarit storiche contingenti, ma anche del particolare tipo di sviluppo economico concentrato cui d origine il monopolio non si pu negare che la borghesia monopolistica si serva dei ceti medi per influenzare e legare a s gli strati pi elevati della classe operaia e, tramite loro, stabilire la sua sostanziale egemonia sul proletariato in generale. 4. Ammettiamo pure, che in un sistema di capitalismo monopolistico la stratificazione sociale vada semplificandosi e non complicandosi e che il ceto medio sia prevalentemente costituito da tecnici in via di proletarizzazione. E ammettiamo ancora che nella classe operaia prevalga nettamente la tendenza alla sempre maggiore specializzazione della forza-lavoro. Anche in questo caso contestabile laffermazione di un sostanziale elevamento del livello culturale del proletariato, a meno che non si intenda per cultura una semplice somma di nozioni a-sistematiche. Innanzi tutto, non neghiamo che oggi, in molti settori produttivi, sia richiesta alloperaio e al tecnico una migliore conoscenza di intere parti del complessivo ciclo produttivo e, persino, un certo livello di cultura di base. Sarebbe per errato non accorgersi che, ancora oggi, accanto a questa vi unaltra tendenza: quella che ha sempre agito durante tutto larco dello sviluppo della societ capitalistica, la tendenza ad una sempre pi spinta divisione del lavoro, con la riduzione della forza-lavoro a mera appendice della macchina, appendice per la quale non richiesto uno speciale grado di abilit tecnica. Daltra parte, la stessa forza-lavoro intellettuale allinterno della grande impresa (tecnici, amministratori, anche di grado elevato) sottoposta ad un intenso processo di specializzazione dei propri compiti. Del resto, lassunzione e il controllo da parte di tecnici, operai specializzati, ecc., di intere parti del complessivo ciclo produttivo non vanno disgiunti da una pi intensa e totale applicazione delle capacit intellettuali della forza-lavoro qualificata al proprio lavoro, che pur sempre un lavoro parziale. Non bisogna poi dimenticare che la cultura richiesta in tale tipo di forzalavoro soprattutto di natura tecnica e non ha niente a che vedere con quellapprofondimento sistematico del complessivo movimento del fenomeno sociale, che la base di una vera autonomia culturale di fronte alle cristallizzazioni della cultura ufficiale (della classe dominante), che tende ad eternare quella particolare e storicamente determinata organizzazione sociale. N si pu veramente pensare che laumento del livello medio di cultura di base possa ovviare a questo inconveniente; e nemmeno pu avere molta importanza laumento del tempo libero. Lenorme sviluppo e ramificazione delle sovrastrutture culturali della classe dominante (di cui abbiamo gi detto) e il perfezionamento dei mezzi di diffusione e di penetrazione (tra le masse) della cultura borghese avviluppano in un intreccio fittissimo e soffocante la classe operaia. Lespansione della sua produttivit e del plusprodotto si ritorce quindi in questa organizzazione sociale contro di essa, minandone sempre pi ogni possibilit di autonomia culturale (autonomia dalla classe dominante), anche a causa come gi visto dellaumento dei ceti medi che di questo plusprodotto vivono. In un certo senso, anche per quanto riguarda i livelli culturali, si pu parlare di impoverimento relativo del proletariato. Quindi io penso che la classe operaia, nellambito della societ capitalistica, non possa far altro che riprodurre le condizioni della propria esistenza e del proprio sfruttamento, anche per ci che concerne i suoi orizzonti culturali; anzi, questi ultimi si restringono (relativamente) sempre pi quanto pi si sviluppa la societ capitalistica. Il proletariato si impoverisce sempre pi in tutti i sensi (validissime, quindi, rimangono le affermazioni di Marx che, infatti, non si riferiva ad un semplice immiserimento materiale). Il proletariato, per ci stesso, lelemento negativo di questa

organizzazione sociale; cio il polo della societ in cui vanno accentuandosi tutte le principali contraddizioni inerenti al tipo di sviluppo caratterizzante tale societ (sfruttamento crescente, ritmi di lavoro stressanti, condizioni di vita in relativo peggioramento, miseria culturale, ecc.). Tale classe quindi direttamente interessata al rivolgimento radicale di questa societ; essa rappresenta la base di ogni processo rivoluzionario. Gli elementi negativi visti sopra fanno parte delle condizioni oggettive della rivoluzione. Accanto a queste ultime necessario si sviluppi pure un fattore soggettivo: la coscienza di classe, la coscienza che la classe operaia ha della necessit della rivoluzione. Non per una coscienza generica, che pu condurre al massimo alla ribellione (sempre soffocata dalla classe al potere), ma una specifica coscienza delle direttrici secondo cui deve svilupparsi la rivoluzione proletaria, se vuole giungere ad abolire il sistema di sfruttamento delluomo da parte delluomo. 5. Quanto abbiamo detto alla fine del paragrafo precedente ci indica il punto di partenza per una corretta considerazione del problema del partito. Se le cose dette in precedenza sono esatte [molte di queste cose sono affermate anche nelle tesi del Manifesto, dove peraltro esse vengono stranamente portate a sostegno di una diversa concezione del partito e della rivoluzione], evidente che la classe operaia, di per se stessa, ben difficilmente pu giungere ad una coscienza specifica dei compiti della rivoluzione. In questo senso, Lenin affermava che essa, da sola, non va al di la di una coscienza tradunionistica (cio sindacale in senso lato). Nella lotta di classe, il proletariato giunge certamente alla coscienza del proprio sfruttamento (anche se ben difficilmente sa individuarne con precisione le radici); pu giungere a comprendere che il suo nemico non il singolo padrone, ma lintera classe dei capitalisti e pu rendersi conto, sovente, delle radici di classe dello Stato, che sempre interviene a favore dei padroni (anche se con unazione di mascheramento, che spesso inganna buona parte degli sfruttati). Questa, per, ancora una coscienza di tipo puramente negativo; importante, certo, perch pu portare al rifiuto di ogni armonia di interessi, di ogni integrazione nel sistema capitalistico, ma non sufficiente a sviluppare unazione positiva di trasformazione rivoluzionaria del sistema stesso. Loperaio inserito in determinati rapporti sociali, fra il quali sono prevalenti ai fini della formazione della sua coscienza (alcuni lo chiamerebbero istinto) di classe i rapporti di fabbrica, i rapporti esistenti tra lui e il padrone allinterno di una particolare struttura organizzativa indirizzata a certi fini dal piano del capitalista. E anche allinterno di questa struttura, ben difficilmente la classe operaia (salvo una minoranza pi cosciente) sarebbe in grado di avere una visione complessiva dellintero processo economico (produzione, innovazioni, politica delle vendite, politica degli investimenti, collegamenti finanziari, ecc.), che ivi si svolge. Questo soprattutto oggi, quando ogni gruppo monopolistico controlla tutta una serie di fabbriche (sovente in svariati settori produttivi) tra loro collegate magari soltanto da un punto di vista finanziario. Senza poi considerare che allinterno di tale struttura, i rapporti tra padrone e operai non son diretti, ma avvengono tramite una complicata serie di gradini gerarchici; la qual cosa rende assai pi complessa la stessa lotta di classe. Ma non esiste soltanto questa struttura organizzativa. Vi il mercato che collega tra loro tutte queste particolari strutture e che sembra affermare la sua legge non soltanto indipendentemente dalla volont dei singoli capitalisti, ma anche indipendentemente dalla volont di una data classe dominante. Vi poi la sovrastuttura politica, Lo Stato, che emanazione (mediato) di questultima classe, ma che gode di una autonomia (relativa) in quanto tenta di coordinare lintero processo sociale in vista del conseguimento dei pi generali interessi della classe borghese. E altre cose ancora. Certo, la confusione che alcuni fanno tra struttura e sovrastruttura pu far loro pensare che i compiti di una forza rivoluzionaria siano semplificati rispetto ad un tempo; ma anche se le cose stessero in questo modo, non vi subbio che lenorme complicazione della struttura (in un capitalismo monopolistico) rende comunque sufficientemente complessi tali compiti, lattuazione dei quali richiede una visione generale e unitaria di un processo sociale complicatissimo e contraddittorio, che si svolge secondo direttrici di non facile previsione a causa del groviglio di

tendenze e controtendenze a cui esso sottoposto. Una precisa conoscenza dellintero processo sociale quindi indispensabile, se non ci si vuol limitare a ribellioni parziali, che possono tuttal pi contestare singoli aspetti del meccanismo di sviluppo capitalistico, senza per incidere a livello pi generale. 6. Senza teoria rivoluzionaria non si fa la rivoluzione. Tale frase vuol appunto indicare che soltanto una coscienza generale e completa dei meccanismi di sviluppo della societ capitalistica pu permettere un totale rivolgimento di questultima. Non pu bastare la semplice ideologia proletaria. Intanto perch il particolare punto di vista, da cui si pone la classe operaia nellinterpretazione della realt in cui vive, eccessivamente limitato rispetto allestrema complessit dellinsieme sociale. Inoltre, ed ancora pi importante, tale ideologia nellambito della societ borghese conculcata, compressa, snaturata e battuta in breccia dallideologia della classe dominante, che si avvale del suo potere politico e del dominio che ha in campo culturale. Questi elementi sovrastrutturali sono di fondamentale importanza per cercare di assicurare la stabilit della base economica (rapporti di produzione) borghese. Lideologia proletaria, se non vuole trovarsi in una situazione di permanente subordinazione, deve essere rafforzata da unadeguata conoscenza del complessivo movimento della societ. La lotta di classe in campo ideologico pu essere combattuta con successo dal proletariato soltanto se questultimo armato di una teoria scientifica della realt. Ideologia proletaria e teoria rivoluzionaria debbono essere strettamente collegate, non possono essere scisse luna dallaltra, pena il continuo riflusso del movimento rivoluzionario su posizioni nettamente subordinate alla classe avversaria. La classe operaia non per in grado di conseguite da sola, sulla base della sua lotta di classe contro il capitale, una visione generale e scientifica dello sviluppo sociale. Come si detto in precedenza, non possibile per la classe operaia allinterno della formazione sociale capitalistica raggiungere una reale autonomia culturale; il potere che la classe economicamente dominante esercita e detiene nella sovrastruttura (politica e ideologica), decisivo nel determinare la subordinazione culturale del proletariato, strettamente connessa alla sua subordinazione economica e sociale (il fatto che la tecnica e la stessa scienza siano piegate ai fini del capitale mi sembra confermare quanto ho appena affermato). E per questo che si afferma essere decisiva la questione del potere politico (la questione di sapere chi ha il potere in mano). Per rompere definitivamente ogni sua subordinazione, la classe operaia deve prendere il potere nella sovrastruttura; e per conseguire questo fine le specialmente necessario il possedere una teoria generale di tutte le interconnessioni esistenti fra le varie parti della struttura e della sovrastruttura della societ. Sembrerebbe quindi esistere un circolo vizioso; per diventare classe dominante, il proletariato deve prendere il potere politico; ma per far questo necessario che esso si armi di una teoria generale, di cui non pu, daltra parte, entrare in possesso da solo con la sua lotta di classe, a causa del dominio politico e culturale della classe borghese. La rottura del circolo vizioso si ha appunto con il passaggio alla classe rivoluzionaria di una piccola parte della classe dominante e in modo particolare di una parte degli ideologi borghesi, che sono riusciti a giungere alla intelligenza teorica del movimento storico nel suo insieme (vedi Marx-Engels, Manifesto, ecc., Einaudi, 1949, pag. 105). Quindi la teoria generale del movimento della societ, che sta alla base della coscienza rivoluzionaria, portata al proletariato dallesterno; e su questo punto non vi sono subbi sulla concordanza di opinioni tra Lenin e Marx-Engels. Certamente la coscienza rivoluzionaria e la lotta di classe nascono dalle medesime condizioni oggettive, rappresentate dallo sviluppo della societ capitalistica e dalle contraddizioni che la lacerano; ma esse nascono una accanto allaltra ma non una dallaltra. Una teoria scientifica della rivoluzione pu essere elaborata compiutamente soltanto da appartenenti alla classe borghese, che dominante anche nel campo della sovrastruttura culturale. Se le cose stessero soltanto cos, naturalmente, la classe operaia non dovrebbe far altro che seguire passivamente i portatori della verit, gli intellettuali borghesi. Soltanto costoro sarebbero i veri elementi attivi, che fanno la rivoluzione; le masse operaie dovrebbero soltanto farsi guidare. In realt, ogni teoria

scientifica (soprattutto nel campo delle scienze sociali), ogni conoscenza razionale ed obiettiva della realt non pu essere indipendente dalla posizione di classe di coloro che la formulano. Lideologia (di classe) influenza necessariamente la conoscenza scientifica; credere nella neutralit (rispetto al punto di vista delle classi) di questultima non mi sembra possa essere considerato un atteggiamento marxista. Teoria e ideologia sono tra loro essenzialmente differenti, ma non si pu immaginare una loro separazione, uno sviluppo delluna indipendentemente dallaltra. Lideologia, non accompagnata da una conoscenza scientifica della realt, pura mistificazione; ma altrettanto lo una teoria che si pretende neutrale, al di sopra delle classi. E nel difficile equilibrio tra teoria e ideologia che progredisce ogni conoscenza umana. Di conseguenza, quella frazione di classe borghese (parte degli ideologi borghesi) che abbandona questultima e si pone dalla parte del proletariato perch giunta allintelligenza teorica del movimento storico nel suo insieme non pu pretendere di porgere su un piatto doro la verit ai poveri ignoranti, non pu pretendere che i proletari la seguano, perch essa possiede la Teoria (anche se magari si fa finta, con falsa modestia, di mettersi al servizio del popolo). Oggi, in modo particolare, possiamo vedere le disastrose conseguenze di questo modo di vedere le cose, che pi o meno mascherato alla base dellattivit di numerosi gruppetti di ultrasinistri. E evidente che gli intellettuali rivoluzionari devono realmente comprendere il punto di vista del proletariato, per organizzarlo e dirigerlo. Soltanto cos si pu avere una saldatura effettiva tra teoria scientifica (di cui sono sostanzialmente portatori alcuni membri della classe dominante, per i motivi gi messi in luce) e ideologia proletaria (di cui non possono che essere portatori gli operai). E una saldatura difficile a farsi, a causa del dominio che ha in campo culturale lideologia borghese. Quando questultima riesce a prevalere anche nel movimento operaio, abbiamo il marxismo degenerato dei secondinternazionalisti (Bernstein, Kautsky, ecc.) o dei revisionisti moderni da una parte e, dallaltra, quello altrettanto degenerato degli intellettuali piccolo-borghesi ultrasinistri, con un illimitato fiorire di mode che poco hanno a che vedere con la lotta del proletariato. 7. Teoria scientifica ed ideologia proletaria, quindi; conoscenza della realt in cui si opera e punto di vista di classe. Allelaborazione della teoria contribuiscono soprattutto degli intellettuali borghesi, perch la subordinazione culturale della classe operaia, la struttura particolare in cui essa inserita ed in cui si sviluppa la sua lotta di classe, le impediscono di accedere ad una conoscenza pi completa, pi generale di tutti gli aspetti del complessivo meccanismo di sviluppo della societ capitalistica. Certamente, anche operai partecipano a questa elaborazione, ma non vi partecipano come operai, bens come teorici del socialismo In altri termini, non vi partecipano che nella misura in cui giungono ad acquisire pi o meno completamente cognizioni della loro epoca e a farle progredire (Lenin, Opere scelte, Ed. Riuniti, pag, 113). Ma soltanto la pi stretta fusione tra teorici del socialismo e la classe operaia pu far si che una conoscenza pi generale serva effettivamente al rivoluzionamento della societ capitalistica e alla costruzione del socialismo. Questa fusione non pu che avvenire in un solo modo, con uno stretto collegamento fra gli intellettuali rivoluzionari e gli elementi politicamente pi avanzati della classe operaia, i quali sono cos in grado di elevare continuamente la loro coscienza politica, acquisendo gli elementi teorici necessari. Nel contempo, tali proletari avanzati se (e fintanto che) mantengono effettivi legami con le masse fungono da portatori del punto di vista della classe operaia e permettono quindi che la conoscenza teorica sia effettivamente indirizzata ad una attivit pratica di trasformazione rivoluzionaria della societ capitalistica secondo direttrici che rispondano ai reali interessi di tale classe (e che sono poi gli interessi di tutta la societ, dato che il proletariato non pu emancipare se stesso se non emancipando tutta la societ). Tale strato di operai avanzati decisivo nella formazione della coscienza di classe del proletariato (quella coscienza specifica e non generica, di cui abbiamo gi detto); questo strato a consentire la reale sintesi tra teoria scientifica (del movimento sociale complessivo) e ideologia proletaria. Se mancano questi proletari avanzati, noi abbiamo, da una parte, dei gruppetti di teorici (dei quali possono far parte anche operai,

completamente staccati dalla loro classe) e, dallaltra, la classe operaia senza una specifica coscienza dei compiti che la rivoluzione impone. I primi quandanche si muovano nellambito della teoria marxista-leninista sono portati spesso a snaturare tale teoria e ad adattarla agli interessi della classe dominante, in quanto essi non hanno la possibilit di ergersi al di sopra delle classi; la mancanza di effettivi legami con il proletariato tende a farli ricadere sotto linfluenza ideologica della classe cui appartengono. La seconda non in grado di andare oltre una generica coscienza ribellistica. Essa non pu nemmeno elaborare una ideologia in senso proprio, ma semmai frammenti di questa, un mero punto di vista operaio. Lideologia proletaria, non corroborata da una teoria scientifica, non nemmeno pi unideologia, perch per elaborare in modo sistematico questultima occorre unautonomia culturale o il potere nella sovrastruttura e la classe operaia non ha n questo n quella, come gi detto. Ora, il partito di tipo leninista, non altro che la fusione degli intellettuali rivoluzionari con lo strato avanzato della classe operaia. Il partito quindi la sintesi tra teoria scientifica del socialismo e ideologia proletaria. In questo senso, il partito rappresenta lavanguardia della classe, lespressione concentrata della coscienza rivoluzionaria di questultima. Solo attraverso il partito, lelemento oggettivo della rivoluzione (il tipo di sviluppo della formazione sociale capitalistica con laccumularsi delle contraddizioni in essa insite, lo sfruttamento degli operai, il loro immiserimento relativo, ecc.) si salda con lelemento soggettivo, la coscienza (specifica) di classe. Naturalmente, necessario che questa avanguardia abbia i pi stretti legami effettivi con il rimanente della classe. Soltanto cos vi pu essere un continuo elevamento del livello teorico ed ideologico di strati sempre pi vasti di proletariato; soltanto cos vi pu essere effettiva direzione politica delle masse, che si basi essenzialmente sugli interessi reali di queste ultime e non sugli ideali rivoluzionari di qualche teorico. Lenin ha sempre affermato la necessit di questi legami; ha sempre sottolineato limportanza del movimento delle masse, senza il quale non possibile fare la rivoluzione. E incredibile sentire oggi della gente che attacca Lenin, sostenendo che la rivoluzione non pu essere opera di una minoranza illuminata. Ma questa una caricatura della concezione leninista! [Molto spesso si muove a Lenin laccusa di giacobinismo. Anzi, alcuni vogliono sostenere che fu Lenin stesso a definire giacobino il rivoluzionario, membro del partito. In una sua polemica con la Luxemburg, ecco cosa scriveva il rivoluzionario bolscevico (R. Luxemburg, Centralismo o democrazia?, Samon e Savelli, pag, 98): La compagna Luxemburg dice che con la mia definizione del socialdemocratico rivoluzionario come giacobino legato alla organizzazione degli operai dotati di coscienza di classe ho caratterizzato il mio punto di vista pi acutamente di quanto non avesse potuto fare qualsiasi dei miei avversari. Ancora una volta una inesattezza di fatto. Non io, ma P. Axelrod stato il primo a parlare di giacobinismo. E stato Axelrod il primo a paragonare le nostre sfumature di partito con quelle dei tempi della grande rivoluzione francese. Io ho rilevato unicamente che questo ammissibile solo nel senso che la divisione della odierna socialdemocrazia in rivoluzionaria e opportunistica corrisponde fino a un certo punto alla divisione in montagnardi e girondini R. Luxemburg confonde qui la relazione esistente fra due correnti rivoluzionarie del XVIII e XX secolo con lidentificazione di queste stesse correnti. Se io dico, per esempio, che la relazione esistente tra la Jungfrau e il piccolo Scheidegg corrisponde alla relazione esistente tra una casa di quattro piani ed una casa di due, non significa affatto che io identifichi la Jungfrau con una casa di quattro piani. La compagna Luxemburg ha completamente trascurato lanalisi concreta delle diverse correnti del nostro partito]. Lenin non ha mai parlato di una minoranza illuminata, ma dellorganizzazione davanguardia degli operai, che rappresenta il cervello della classe, che raccoglie e coordina tutti gli elementi accumulati disordinatamente dalla pratica della lotta di classe del proletariato e ne fa la base di una conoscenza adeguata e generale delle strutture sociali con la conseguente elaborazione di una linea strategica e tattica, lungo la quale dirigere il proletariato nella rivoluzione. Ma questo cervello deve essere collegato con tutte le sue fibre alla classe operaia; senza questi legami non soltanto non vi pu essere una reale direzione politica delle masse, ma nemmeno possibile

cogliere quegli elementi della pratica sociale e quel punto di vista di classe senza i quali non vi una effettiva elaborazione teorica generale di tipo rivoluzionario. 8. Quando si vuol sostenere che la concezione leninista del partito non pi valida attualmente ed in un paese a capitalismo avanzato, non assolutamente sufficiente riferirsi genericamente alle diverse condizioni esistenti in questultimo tipo di paese rispetto alla Russia del 1917. Bisogna invece dimostrare che nella societ capitalistica sviluppata la posizione della classe operaia ha subito un mutamento radicale; che essa non pi subordinata materialmente e culturalmente rispetto alla classe borghese; che essa, quindi, in grado di impossessarsi dei risultati dello sviluppo scientifico e culturale della societ e di esprimere cos da se stessa e senza lintermediazione degli intellettuali di origine borghese una teoria scientifica della rivoluzione e della marcia verso il socialismo. Dopo quanto si precedentemente sostenuto (soprattutto nei paragrafi 3-4), a me sembra evidente che cos non . La classe operaia subisce un processo di immiserimento culturale (relativo) e la sua subordinazione, sotto questo punto di vista, tende ad aggravarsi o, comunque, non si attenua. La societ del capitalismo monopolistico maturo tende a differenziarsi ed a complicarsi sempre di pi sia a livello di struttura che di sovrastruttura. La stratificazione sociale sempre pi complessa; esistono numerosi strati intermedi e la stessa classe operaia conosce un accentuato processo di differenziazione al suo interno. Una visione generale e unitaria degli interessi di fondo del proletariato richiede sempre di pi lintervento del cervello di questa classe, richiede lelaborazione e lutilizzazione a fini rivoluzionari di una teoria scientifica complessiva dellinsieme sociale estremamente differenziato, cui ci troviamo di fronte; teoria senza la quale impossibile superare il particolarismo di singoli strati o ceti della societ. Il rivoluzionamento decisivo dei rapporti di produzione non si fa nei luoghi di produzione; necessario che il proletariato esca da una visione ristretta delle singole strutture, in cui inserito, per comprendere pi compiutamente tutte le articolazioni e le interconnessioni tra le varie parti del sistema, sia a livello strutturale che sovrastrutturale. E tutto questo compito precisamente del partito. Teniamo poi presente che uno degli aspetti pi importanti dellazione rivoluzionaria (di cui non ho finora parlato) la politica delle alleanze del proletariato con altre classi o ceti. Tale politica delle alleanze richiede in modo speciale lintermediazione di un partito che rappresenti la visione generale e scientifica della societ e della rivoluzione da parte del proletariato (anche perch non esiste lalleanza fra classi, ma fra espressioni politiche di queste classi). E questa politica di alleanze infinitamente pi difficile in un paese come il nostro che non nella Russia del 17, proprio per la complessit della stratificazione sociale. Tale complessit non pu essere addotta a giustificazione del tentativo di dar vita ad una organizzazione politica molto articolata al suo interno e senza un preciso indirizzo unitario. Le alleanze tra classi e ceti diversi non possono passare allinterno dellavanguardia proletaria, pena la sua totale paralisi (la lotta di classe si riflette allinterno dellavanguardia, ma non certo la politica delle alleanze!). Il proletariato abbisogna di una teoria generale (ed unitaria) per fare la rivoluzione (e da questa teoria generale discendono anche le indicazioni precise circa le alleanze tattiche da stringere); e, come gi detto, questa teoria viene elaborata e si fonde con lideologia proletaria nellambito del partito (intellettuali rivoluzionari e proletari avanzati). Non esiste quindi nessun motivo per rivedere radicalmente la concezione leninista del partito, proprio perch essa non si basa sulle condizioni (arretrate) esistenti in un determinato paese ed in una determinata epoca, bens su considerazioni generali inerenti alla posizione della classe operaia nella formazione sociale borghese. Quanto detto, evidentemente, non implica che non possano esserci approfondimenti, sviluppi di questa concezione; quello che mi sembra debba andare rifiutato il suo totale ribaltamento. 9. Vogliamo chiudere queste note con alcune considerazioni intorno alla democraticit o meno della concezione leninista del partito. Anche se non stato detto esplicitamente, dovrebbe essere risultato chiaro da quanto detto fin qui, che il partito di tipo leninista richiede un notevole grado di centralizzazione. Nella lotta che si svolge (e che riflette allinterno del partito) tra concezioni

teoriche ed ideologiche differenti che esprimono interessi di differenti classi (in ultima analisi si tratta di proletariato e borghesia, perch gli strati intermedi non sono portatori di una terza ideologia, ma fluttuano di qua e di l), indispensabile la centralizzazione intorno alle idee giuste, intorno ad una teoria generale ed unitaria che esprima gli interessi di fondo della classe operaia, il punto di vista della rivoluzione proletaria e della costruzione del socialismo. Una centralizzazione prematura, di tipo puramente organizzativo, che si verifichi prima della elaborazione di una teoria (che non una semplice accozzaglia di principi tratti dai classici sia ben chiaro) e di un programma politico rivoluzionario, pu soltanto portare ad un aborto di partito; e di esempi ve ne sono a iosa! Ma il voler negare la necessit della centralizzazione di una effettiva avanguardia proletaria significa voler impedire lelaborazione di una corretta teoria rivoluzionaria, voler favorire la commistione di elementi tratti da ideologie contrapposte, voler ribadire limpotenza e la subordinazione della classe operaia di fronte alla classe dominante borghese. Ma vi dellaltro. Lorganizzazione davanguardia, come gi visto, composta dagli intellettuali rivoluzionari (di origine borghese) e dagli elementi avanzati del proletariato i quali acquisiscono dai primi la teoria rivoluzionaria e garantiscono la sintesi di questa con lideologia proletaria. Naturalmente, sia tra gli intellettuali che tra i proletari avanzati esistono vari gradi di preparazione teorica, di capacit organizzativa e di direzione politica, ecc. Lavanguardia ha forma piramidale; ristretta al vertice e si va allargando alla base. Daltra parte, se il partito ha effettivi legami con pi vaste quote della popolazione, se la presenza dello strato (anzi degli strati, per essere pi precisi) di operai avanzati garantisce la trasmissione di elementi della conoscenza teorica verso il basso e lelevamento ideologico di gruppi sempre pi numerosi di proletari, evidente che, anche allinterno delle cosiddette masse, si verifica un processo di differenziazione quanto a grado di coscienza politica rivoluzionaria. La costruzione piramidale va quindi al di l dei confini dellavanguardia, del partito. Lintera classe ci appare allora non pi come un insieme caotico e indifferenziato di elementi, accomunati tra loro soltanto dallassunzione di una analoga posizione nel processo produttivo capitalistico, ma invece come un complesso organico, contraddistinto da tutta una serie di piani che si susseguono lun laltro in senso verticale senza soluzione di continuit. E lesistenza di questi diversi piani (o livelli) della coscienza di classe ad assicurare la necessaria circolazione delle idee dal basso verso lalto e viceversa. Dal basso provengono le idee che sono espressione immediata della pratica sociale del proletariato e della sua lotta di classe, idee allo stato ancora grezzo, affastellate insieme senza un ordine preciso e senza che possano acquistare, quindi, un pi pregnante significato conoscitivo. I livelli pi elevati si servono di queste idee come materia prima, le generalizzano, le collegano fra loro e ne fanno scaturire una conoscenza pi scientifica, pi complessiva della realt sociale. Tale conoscenza viene poi riportata verso il basso onde possa servire come strumento di direzione e di coordinamento delle lotte parziali verso un unico sbocco rivoluzionario. In questa circolazione delle idee nei due sensi, ancora una volta ripetiamo che acquistano una funzione decisiva gli elementi avanzati del proletariato; essi sono lanello di collegamento tra i portatori della teoria e il punto di vista della loro classe, rappresentano il catalizzatore della indispensabile simbiosi tra teoria rivoluzionaria e ideologia proletaria. La distruzione di questo anello lelemento fondamentale della degenerazione di un partito rivoluzionario in partito revisionista. La circolazione delle idee cessa allinterno della classe oltre che del partito. Non esiste pi simbiosi tra teoria scientifica della rivoluzione e ideologia proletaria. I teorici si pongono al di sopra della classe. La teoria si sclerotizza e si riduce ad un insieme di formule dogmatiche. Il centralismo democratico si trasforma in centralismo burocratico. I teorici (dirigenti burocrati del partito) trasmettono ordini verso il basso (sia alla base del partito, sia alla classe). Questo soltanto il primo passo; evidente che la teoria, completamente staccata dal punto di vista di classe, tende a ricadere sotto linfluenza ideologica della borghesia.

E allora comincia lattacco da destra ai dirigenti del partito. Si chiede maggior democrazia nel partito, il che significa soltanto maggior democrazia ai vertici del partito. Si chiede il libero dibattito di idee; il che significa limmissione dellideologia borghese nel partito, il suo trionfo. Questultima assai pi raffinata, pi articolata in una serie di posizioni differenti (e che possono persino sembrare a volte contrapposte), pur se tutte non fanno che ribadire il dominio culturale e politico della borghesia. Tale differenziazione (molto spesso pi apparente che reale) dovuta a vari motivi. Innanzitutto, la borghesia al potere da molto tempo ed ha potuto sviluppare una assai ramificata sovrastruttura politica e culturale. Inoltre, essa diversificata in molti strati e ceti; questo, in modo particolare nellattuale sistema capitalistico di tipo monopolistico, dove, ad esempio, la piccola borghesia pu persino apparire radicale in certe sue critiche al monopolio. Infine, bisogna ricordare che la struttura economica borghese si basa sulla lotta concorrenziale e tale fatto si riflette anche nel campo delle idee e dellattivit politica. Quando nel partito trionfa il punto di vista della democrazia, abbiamo le correnti pi o meno aperte o mascherate. Ma la democrazia, il libero dibattito, la circolazione delle idee (quandanche tutte queste cose ci siano) si hanno soltanto negli organismi dirigenti. In basso sta la massa informe ed anonima degli iscritti, che fanno parte certamente del proletariato, ma non sono in grado di esprimere i loro reali e pi generali interessi; essi danno soltanto una verniciatura proletaria ad un organismo ormai degenerato in appendice politica della classe avversa. Un rivoluzionario non pu accettare un simile concetto di democrazia. Dal fatto che vi sempre pericolo che il centralismo da democratico possa trasformarsi in burocratico, non se ne pu fare derivare la necessit di introdurre la democrazia borghese nel partito. La centralizzazione indispensabile al proletariato. Senza di essa, questultimo completamente in balia dellideologia borghese. Ma la semplice centralizzazione non basta, questo certo. Bisogna garantire la circolazione delle idee dal basso in alto e viceversa; e questo richiede che si presti la massima attenzione alla formazione e alla conservazione dellanello di collegamento tra teoria e interessi generali della classe, anello rappresentato dagli strati di operai avanzati. Quindi, il partito deve essere non soltanto lorganizzatore ed il cervello dirigente della classe, ma anche leducatore, il centro di propulsione e di formazione teorica ed ideologica dei suoi militanti e di gruppi sempre pi numerosi di proletari, anche al di fuori di se stesso. Alcuni intellettuali e teorici di sinistra che io penso credano sinceramente nella rivoluzione tendono oggi a rimettere totalmente in discussione questo tipo di partito. Lorganizzazione politica che essi prefigurano per pericolosamente simile a quelle di tipo revisionista; non nella forma del centralismo burocratico, certo, ma in quella della democrazia interna, della libera circolazione delle idee, dellarticolazione in correnti (anche se non apertamente organizzate), che assicurino una ricca dialettica interna. In realt, lorganizzazione preconizzata sembra soltanto garantire la coesistenza al suo interno di gruppetti di intellettuali con punti di vista teorici notevolmente differenziati tra loro, ma che, in ultima analisi, non possono non essere fortemente influenzati dallideologia borghese, proprio perch manca un effettivo legame con la classe operaia (non significa molto avere degli operai al seguito). Nel migliore dei casi, questorganizzazione potrebbe conoscere una certa espansione numerica, ma senza una ben precisa articolazione in senso verticale. In sostanza, da una parte vi sarebbe un certo numero di proletari con un medio livello di coscienza di classe e con una media preparazione ideologica e politica (quando non si tratti poi di un livello mediocre e non medio); dallaltra, al vertice, vi sarebbe tutta una serie di gruppetti di teorici (pur se con la probabile presenza di qualche operaio), che si garantiscono la libert di dibattito e di scontro fra le loro divergenti posizioni. Bisogna che certi compagni si rendano conto che una effettiva democrazia (proletaria) richiede una circolazione verticale delle idee (naturalmente in entrambi i sensi e non soltanto dal vertice alla base!) e non una circolazione orizzontale tra gruppetti di lite. E una circolazione verticale richiede lesistenza di unorganizzazione a struttura piramidale, con tanti livelli che siano situati uno di seguito allaltro, senza fratture fra luno e laltro. E una costruzione di questo tipo richiede che il vertice sia uno e uno solo, fondamentalmente omogeneo e sostanzialmente concorde su una teoria generale e su un

programma politico rivoluzionario. La democrazia proletaria garantita non dallesistenza di mille opinioni differenti ai vertici dellorganizzazione di avanguardia, ma dallassunzione di un preciso punto di vista di classe nellelaborazione e della teoria e del programma politico; garantita dalla sintesi di teoria scientifica della rivoluzione e ideologia proletaria. In definitiva, la garanzia della democrazia sta in uno stretto ed inscindibile legame tra vertice del partito e classe, legame assicurato da tutta una catena di gradini intermedi, costituiti da elementi proletari che, da una parte, debbono elevare il loro livello di preparazione politica assorbendo tutta una serie di elementi teorici trasmessi dai gradini superiori e, dallaltra, debbono rinvigorire il punto di vista di classe nel partito trasmettendo verso lalto gli elementi base di una teoria effettivamente rivoluzionaria, che son desunti dalla pratica sociale delle masse. Certamente, lesperienza della fallita formazione di vari gruppi m-l stata traumatizzante. In quel caso, per, si era voluto arrivare alla centralizzazione prima della costruzione di legami con le masse, e soprattutto con nuclei di proletari di avanguardia; e prima dellelaborazione di una teoria generale che rendesse conto delle particolarit dello sviluppo capitalistico italiano e dei compiti che nascevano per una forza rivoluzionaria. A causa di questo errore, molti compagni hanno ora la tendenza a sbandare in senso opposto, chiedendo lintroduzione della democrazia borghese nella futura organizzazione davanguardia. E un errore grave, denso di grossi pericoli. E da sperare che sia scongiurato, altrimenti si avr un nuovo forte ritardo nella preparazione delle condizioni soggettive della rivoluzione.

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