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Isa Maria Sozzi Pedagogia delle risorse umane Riflessioni sulla lettera di J.

Hillman
La prima lettura della lettera di James Hillman ha messo in risalto alcuni temi condivisibili e attuali. Quale insegnante non si sente schiacciato dalla burocrazia, dai mille impegni di non insegnamento che assorbono tempo ed energie a scapito della didattica, dalle varie riforme con controriforme? Quale docente non prova disagio di fronte alleconomia applicata alla scuola, con le regole dei bilanci, dei risultati, delle verifiche di progetto, del gradimento e chi pi ne ha, ne metta? E indiscutibile che un buon rapporto tra insegnante ed alunno favorisca lapprendimento di questultimo. Daltra parte leffetto Pigmalione ben noto in letteratura. Negli esempi citati da Hillman si parla di un insegnante con un alunno, uno solo. Una classe per formata da molti alunni, e tutti gli altri? Un buon rapporto tra un insegnante ed un singolo alunno molto facile da stabilire, per affinit, simpatia, condivisione di interessi ma il compito dellinsegnante quello di favorire lapprendimento di tutti, quindi deve rivolgere la sua attenzione a tutti gli alunni cercando di mettere in luce le capacit, le potenzialit di ciascuno di essi. Cosa veramente difficile. Richiede intelligenza emotiva, competenza, conoscenza, tempo. Per una lettura pi attenta mi ha fatto riflettere e sono emersi tanti punti che non condivido affatto. Forse sbaglier, ma ho intuito questi concetti di fondo: 1. il bambino pura fantasia; 2. il bambino un vaso vuoto, una tabula rasa, da riempire, da scrivere; 3. la naturale curiosit del bambino basta per creare apprendimento; 4. basta sapere un argomento per poterlo insegnare; 5. il rapporto insegnante/alunno uno a uno, individualistico; 6. leducazione listruzione regolamentata delle istituzioni scolastiche. 1. Il bambino non solo fantasia e curiosit. Solo un bambino cresciuto in un ambiente adeguato e stimolante possiede quella che noi chiamiamo fantasia, espressivit, curiosit.
2.

Un bambino non mai un vaso vuoto. Possiede conoscenze o misconoscenze che derivano dal suo bagaglio esperenziale, costruzioni personali, apprendimenti che nessuno gli ha insegnato intenzionalmente. Ogni intervento istruttivo ed educativo deve incardinarsi su queste basi. Non solo: ciascuno sviluppa un livello diverso di quelle che Howard Gardner definisce intelligenze multiple. Linsegnante quindi deve conoscere quale sia lazione didattica pi adatta per stimolare lintelligenza prevalente di ciascun alunno, individualizzando linsegnamento. Nel contempo deve promuovere lutilizzo di tutte le potenzialit, per non trascurare nessuna competenza.

3. I bambini pongono dei perch. Spesso per non sono interessati alla risposta o ad approfondire la risposta con altri perch. Dalla mia esperienza attuale posso dire che la richiesta di spiegazioni sempre pi una richiesta affettiva di attenzione e considerazione, non ricevuta in famiglia. Molti genitori di oggi sono troppo presi dalla loro crescita personale, dai loro interessi, dalle mille attivit pubbliche per occuparsi delle esigenze dei loro figli. Li riempiono di oggetti materiali, di attivit, di amore (ormai non usano pi i nomi propri!). Si potrebbe anche pensare che la naturale tendenza dei bambini a porsi dei perch possa essere soddisfatta non con lintervento di una figura come quella dellinsegnante, ma con la creazione di un ambiente di apprendimento strutturato adeguato a soddisfare in piena autonomia tale curiosit. Papert, in merito, auspica labolizione della scuola tradizionale, sostituita da un ambiente digitale programmabile. 4. Una mentalit tipicamente idealistica ritiene che le competenze disciplinari siano sufficienti per insegnare una certa materia. Si visto che non cos e chi non rammenta lesempio pi eclatante? Einstein era senzaltro molto competente in fisica, ma risult un pessimo docente.

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5. A scuola lallievo non apprende solo dallinsegnante. Il processo di apprendimento/insegnamento non un travaso da chi sa di pi a chi sa di meno. Lapprendimento un processo che non implica solo contenuti trasmissibili, ma costruzione di strutture, strategie, connessioni che devono essere attivate, organizzate ed interiorizzate anche con linterazione tra pari. Il modello d'insegnamento ex cathedra non risponde ai moderni criteri metodologici. L'insegnamento tradizionale di tipo individualistico e la comunicazione passa dal docente alla classe intesa non come gruppo, ma come singoli individui riuniti in un'aula con scarse possibilit di interazione tra loro e senza poter contare su apporti concettuali come quelli forniti da una concezione sociale, collaborativa dell'apprendimento. Uno dei presupposti per accogliere certe tipologie di lavoro che l'apprendimento migliora tramite la collaborazione con i compagni attraverso il lavoro di gruppo. All'insegnante affidato il compito fondamentale di organizzare il gruppo e ovviamente tutto quanto attiene alla progettazione e alla regia dell'attivit didattica. L'organizzazione della classe e la gestione del lavoro del gruppo sono fattori aggiuntivi che pongono altre importanti questioni all'attenzione dell'insegnante, non solo di tipo organizzativo. Essi chiamano in causa, infatti, scelte metodologiche rilevanti. Apprendimento collaborativo e necessit di rendere sempre pi individualizzato il lavoro in classe in realt sono le due facce della stessa medaglia. L'allievo, con i suoi bisogni e prima ancora con le sue caratteristiche personali posto al centro del percorso d'apprendimento/insegnamento che si esplica attraverso le dinamiche collaborative che si instaurano in classe. Per non risultare demagogici auspicando unimpossibile dimensione di didattica sempre personalizzata, utile proporre un approccio pragmatico: per operare in maniera efficace gli insegnanti dovrebbero agire alla ricerca dei momenti in cui riuscire a individualizzare lintervento, consapevoli del fatto che nella maggior parte del lavoro in classe le dinamiche portano a privilegiare percorsi collettivi. Il compito di ricercare possibilit di individualizzazione dei percorsi trover una risposta, allora, nello sviluppo di capacit di pianificazione delle lezioni che permettano di diversificare per quanto possibile il lavoro; nellapplicazione di tecniche didattiche che riescano a rispettare, laddove vi sia lo spazio, i ritmi e gli stili di apprendimento; nelle strategie di osservazione dei singoli oltre che delle dinamiche di classe da parte del docente. 6. Ritengo che leducazione ed istruzione non siano sinonimi, ma fattori legati intimamente per la formazione integrale della personalit umana. Leducazione la massima espressione del saper essere: dimostrare con comportamenti adeguati quanto si appreso, sia intenzionalmente che non intenzionalmente, mettere in pratica i cosiddetti valori della convivenza civile. Dunque se listruzione compito principalmente della scuola, intesa come organizzazione strutturata e regolamentata, leducazione compito dellintera societ, espressa nelle sue varie componenti, la famiglia in primis, le altre agenzie educative e non ultima la scuola, ma non da sola. Nella realt quotidiana della scuola dove insegno, i maggiori problemi che abbiamo noi docenti sono dovuti allincontro, o meglio scontro, tra i valori educativi. Da una parte famiglie che, per la maggior parte, delegano alla scuola ogni competenza educativa. Anzi vorrebbero che la scuola si occupasse totalmente delleducazione dei loro figli, spesso per mettendole i bastoni fra le ruote. Se le regole del comportamento sociale fossero imparate in famiglia per imitazione, quasi per osmosi, la fatica per questo apprendimento sarebbe minima e comunque compensata da un rapporto affetto e protettivo. Oggi non pi cos: la famiglia non offre questo modello di esempio educativo e non perci non in grado o non vuole mostrare autorevolezza. E facile delegare ogni compito, voler ottenere risultati soddisfacenti, ma non impegnarsi! La scuola deve perci svolgere i suoi compiti, istruzione ed educazione, attraverso atti intenzionali e trasparenti. Ho trovato, durante un percorso di formazione in rete (Puntoedu), uno schema sui compiti del docente. Mi sembra estremamente interessante e ne riporto i punti salienti: studia il progetto educativo a cui deve rispondere (il programma, sillabo, ecc.); analizza i bisogni dei singoli apprendenti;

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verifica i percorsi da mettere in atto per un apprendimento proficuo, ma anche in relazione alle strategie d'apprendimento; pianifica e organizza la lezione in funzione del processo d'apprendimento; gestisce i tempi, i modi e gli scopi del percorso; guida gli apprendenti alla scoperta del percorso didattico; gestisce l'organizzazione del lavoro di gruppo; agisce quale punto di riferimento per le informazioni necessarie a procedere nella lezione o attivit; una sorta di consulente/consigliere; un tutor ; facilita l'esperienza nel tentativo di far raggiungere i necessari obiettivi didattici, compresi quelli legati all'autonomia del discente; monitorizza il percorso, fornendo l'appoggio necessario per giungere agli obiettivi prefissati; fornisce appoggio psicologico per abbassare l'ansia e i filtri affettivi; agisce per mantenere alta la motivazione; corregge, dove lo ritiene importante, eventuali errori; interviene o si defila a seconda delle necessit didattiche; verifica e valuta il percorso formativo; predispone interventi di recupero; orienta gli apprendenti lavora in team con gli altri docenti. Un docente cos non solo conosce perfettamente i contenuti e le metodiche della propria disciplina, ma ha sviluppato competenze pedagogiche, psicologiche, relazionali, gestionali, docimologiche, tecnologiche durante un percorso formativo molto approfondito. Ritengo inoltre le considerazioni del prof. Antonio Porcu molto interessanti e stimolanti.

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