Sei sulla pagina 1di 28

UNIVERSITA’ TELEMATICA e-CAMPUS

MASTER ANNUALE
1500 ORE 60 CFU
“A scuola oggi: metodologie didattiche e strumenti innovativi per gli
alunni con BES”

“I BES E L’INCLUSIONE”

CANDIDATO RELATORE
Simone Landi (007155407) Prof.ssa Gnesi Chiara

Anno accademico

2019/2020

0
INDICE

Introduzione ………………………………………………………………….. 3

1. I BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI …………………………………….. 4

1.1 Descrizione ……………………………………………………………….. 4

1.2 Le categorie dei BES ……………………………………………………. 6

1.2.1 Gli alunni disabili: la legge 104/1992 …………………………… 7

1.2.2 I disturbi specifici di apprendimento DSA ……………………… 9

1.2.3 Svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale ………... 11

2. GLI STRUMENTI PER L’INCLUSIONE………………………………... 12

2.1 L’educazione inclusiva ………………………………………………... 12

2.2 Il Piano per l’inclusione (ex PAI) ………………………………...... 13

2.3 I Gruppi di lavoro per l’inclusione …………………………………. 15

2.4 Il Piano didattico personalizzato (PDP) ………………………….. 16

2.5 Il Piano educativo individualizzato (PEI) ………………………… 18

2.6 Pratiche educative e inclusive ………….…………………………… 20

Conclusioni ……………………………………………………………………. 24

BIBLIOGRAFIA …….…………………………………………………………. 25

1
NORMATIVA …………………………………………………………………... 26

SITOGRAFIA ….…………………………………………………………...….. 27

2
INTRODUZIONE

La didattica è teoria e pratica dell’insegnamento e ha per oggetto di studio i

metodi e le tecniche d’insegnamento, e proprio per questo è fondamentale

prendere in considerazione tutte le necessità educative degli alunni, soprattutto

gli alunni BES cioè con Bisogni Educativi Speciali.

In questa tesi si parlerà dell’area dello svantaggio scolastico, che viene indicata

come area dei Bisogni Educativi Speciali, in cui sono comprese tre grandi sotto-

categorie:

- quella della disabilità (L. 104/1992)

- quella dei disturbi evolutivi specifici (L. 170/2010)

- quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale.

Inoltre si affronterà il discorso sull’ inclusione a scuola degli alunni BES,

sull’educazione inclusiva, sugli strumenti innovativi inclusivi e su alcune

metodologie didattiche inclusive per una adeguata istruzione, valorizzando la

diversità che diventa risorsa anche per il gruppo.

3
1. I BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI

1.1 Descrizione

Il concetto Bisogni Educativi Speciali compare inizialmente in Inghilterra nel

rapporto Warnock del 1978, con l’intento di eliminare l’impiego del termine

“handicap” evidenziando dunque una necessità di rinnovamento in ambito

pedagogico.

In questo documento viene identificato il bisogno di integrare nelle scuole

britanniche, mediante l’utilizzo di metodi inclusivi incentrati sulla determinazione

di obiettivi educativi comuni a tutti gli alunni, i discenti considerati “diversi”

indipendentemente dalla loro abilità o disabilità1.

Il concetto di Bisogni Educativi Speciali, nonostante sia presente in Europa e in

America fin dagli anni settanta, trova una sua collocazione internazionale

soltanto nel 1994 con la Dichiarazione di Salamanca dell’UNESCO, in cui si

stabilisce che con il termine BES si fa riferimento a tutti quegli individui i cui

bisogni scaturiscono da disabilità oppure difficoltà di apprendimento. Altri

documenti dell’UNESCO che affrontano questa specifica problematica sono

risppettivamente l’ISCED (international standard classification of education) del

1997 e del 2011, che allargano il concetto di Bisogni Educativi Speciali

mensionando anche disagi di tipo fisico, economico, linguistico, intellettivo,

compotamentale, sociale ed emotivo.

1
Tabarelli s., Pisanu f., Elementi generali di approfondimento sui BES nel contesto italiano. I quaderni
della Ricerca. Loescher Editore, 2013.

4
In Italia, a semplificare il concetto di BES, in materia educativa, è la Direttiva

Ministeriale del 27 dicembre 2012, cito testualmente un estratto della premessa

di questo documento:

[In questo senso, ogni alunno, con continuità o per determinati

periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici,

biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai

quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata

risposta.] 2

Sulla base di quanto sopra citato possiamo facilmente dedurre che, nonostante i

BES favoriscano processi di comprensione e integrazione, è altresì

fondamentale evitare ogni occasione di categorizzazione sociale che

provocherebbe inevitabilmente marginalizzazione e esculsione.

In ambito europeo è molto forte l’intenzione di riformare il sistema dei BES e

della disabilità mirando a favorire un’idea di educazione più inclusiva. In

Inghilterra infatti si attesta un nuovo sistema di “Education Healt and Care

Plan” (EHC)3 in vigore già dall’aprile 2018, mentre oggi l’UNESCO mira ad

utilizzare l’espressione “Education for all” (EFA)4.

2
Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012 “ Strumenti d’intervento per alunni con Bisogni Educativi
Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica, Premessa”
3
Piani di istruzione, salute e cura, incentrati sulla persona e riuniscono le informazioni sull’educazione, la
salute e l’assistenza del bambino o del giovane in un unico documento.
4
Movimento globale guidato dall'UNESCO che mira a soddisfare le esigenze di apprendimento di tutti i
bambini, i giovani e gli adulti.

5
In conclusione in Italia abbiamo visto evolversi gradualmente questi concetti, a

partire dalla Legge 104/92 dove venivano considerati come bisognosi di

particolari attenzioni solo gli alunni disabili, passando per la legge 170/10 che

prendeva in considerazione solo gli alunni con Disturbi specifici di

apprendimento, arrivando infine alla Direttiva Ministeriale del 2012 che estende

l’insieme degli alunni non più solo ai disabili o a coloro che presentano disturbi e

disabilità, ma anche tutti i discenti con difficoltà che non sono innate e sono

modificabili con interventi specifici5.

1.2 Le categorie dei BES

Il concetto di Bisogno Educativo Speciale è identificabile in una macrocategoria

che include in sé altre sotto-categorie riguardanti ogni difficoltà educativa e

apprenditiva degli alunni.

Tra queste:

- le situazioni di disabilità certificate (secondo la Legge 104/92);

- quelle legate a situazioni di difficoltà in caso di DSA (Legge 170/2010), di

disturbo di deficit di iperattività/attenzione;

- quelle legate a situazioni di disagio socioeconomico, culturale e

linguistico.

5
AA.VV., Dislessia e altri DSA a scuola Erickson 2013

6
1.2.1 Gli alunni disabili: la legge quadro 104/1992

Con la L. 517/1977 vediamo applicato anche in ambito scolastico il principio

costituzionale dell’eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost.; cito

testualmente l’art.2 titolo I:

[Ferma restando l'unità di ciascuna classe, al fine di agevolare

l'attuazione del diritto allo studio e la promozione della piena formazione

della personalità degli alunni, la programmazione educativa può

comprendere attività scolastiche integrative organizzate per gruppi di

alunni della classe oppure di classi diverse anche allo scopo di realizzare

interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni.

Nell'ambito di tali attività la scuola attua forme di integrazione a

favore degli alunni portatori di handicaps con la prestazione di

insegnanti specializzati assegnati ai sensi dell'articolo 9 del decreto del

Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975, n. 970, anche se

appartenenti a ruoli speciali, o ai sensi del quarto comma dell'articolo 1

della legge 24 settembre 1971, n. 820.

Devono inoltre essere assicurati la necessaria integrazione

specialistica, il servizio socio-psicopedagogico e forme particolari di

sostegno secondo le rispettive, competenze dello Stato e degli enti locali

preposti, nei limiti delle relative disponibilità di bilancio e sulla base del

programma predisposto dal consiglio scolastico distrettuale.]

7
La L.104/1992, in particolare l’art. 13 comma 1, garantisce testualmente:

[L'integrazione scolastica della persona handicappata nelle

sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e nelle

università…]6

Nella L. 104/1992, precisamente all’art.3 comma 1 si stabilisce testualmente:

[È persona handicappata colui che presenta una minorazione

fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di

difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e

tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di

emarginazione.] 7

In seguito alla classificazione ICF (International Classification of Functioning,

Disability and Health) dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), il

termine handicap viene sostituito dal più coerente termine disabilità.

Le classificazioni ICF sono ritenute fondamentali anche nella determinazione del

processo di inclusione scolastica da parte delle ASL, le quali, previo consenso

informato della famiglia, stilano il Profilo Descrittivo di Funzionamento

dell’alunno, con l’obiettivo di contribuire all’assegnazione delle ore di sostegno

da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale.

6
L. 104/1992 articolo 13, comma 1
7
L. 104/1992 articolo 3, comma 1

8
L’alunno appartenente a questa categoria necessita dunque di un percorso

scolastico, che viene definito attraverso il PEI (Piano educativo indidualizzato);

questo piano viene redatto dal Consiglio di classe in stretta collaborazione con il

referente ASL e la famiglia dell’alunno. Questo strumento è orientato ad

edificare un progetto di vita riguardante lo sviluppo personale e sociale dello

studente con disabilità, prevedendo attività educativo-didattiche scolastiche ed

extrascolastiche.

1.2.2 I disturbi specifici di apprendimento DSA (L. 170/2010)

Con disturbi specifici di apprendimento si fa riferimento a tutte quelle condizioni

in cui il soggetto, in particolari circostanze, come a scuola, non apprende in

misura corrispondente alla propria età.

Sul piano legislativo, la L. 170/2010 ha riconosciuto come disturbi specifici di

apprendimento:

- la dislessia: si palesa attraverso una minore correttezza e velocità di

lettura ad alta voce, in relazione all’età anagrafica e comprende lettura

lenta e stentata, difficoltà di riconoscere suoni simili, inversioni di lettere,

omissione di grafemi, sillabe, parole, consonanti doppie, salti da una riga

all’altra, difficoltà di riconoscimento dei gruppi consonantici, nella

memorizzazione di sequenze, nella consulenza del dizionario, a copiare

dalla lavagna e a svolgere due azioni contemporaneamente;

9
- la disgrafia: è un disturbo specifico della scrittura legato agli aspetti

grafico-formali è collegata al momento motorio della prestazione e

comprende una scrittura irregolare, impugnatura scorrette, posizione del

corpo non corretta, difficoltà a gestire lo spazio grafico, inadeguata

pressione sul foglio, dimensione delle lettere irregolare e alterazione del

ritmo di scrittura;

- la disortografia: è un disordine di transcodifica del testo scritto che

viene attribuito a un deficit di funzionamento delle componenti centrali

del processo di scrittura, responsabili della transcodifica del linguaggio

orale nel linguaggio scritto;

- la discalculia: riguarda l’abilità di calcolo, sia nell’area dell’intelligenza

numerica basale8, sia nei meccanismi di quantificazione, seriazione,

comparazione, strategie di composizione e scomposizione di quantità e

strategie di calcolo a mente, e comprende errori di conteggio, incapacità

di riconoscere il valore dello zero, errori nel recupero dei fatti aritmetici e

errori nel recupero delle procedure e nelle loro applicazioni.

Tali disturbi specifici di apprendimento si manifestano in presenza di capacità

cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, e

possono determinare una limitazione consistente per alcune attività della vita

quotidiana, soprattutto inerenti all’area dell’apprendimento scolastico. Dislessia,

disgrafia, disortografia e discalculia possono sussistere separatamente o

insieme.

8
Il subitizing, cioè il riconoscimento immediato di piccole quantità.

10
1.2.3 Svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale

Per svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale si intendono tutte quelle

situazioni derivanti dal vivere in contesti socio-economico e culturali poveri,

senza escludere però tutte quelle situazioni derivanti da difficoltà dovute alla

scarsa conoscenza della lingua italiana (appartenenti a culture differenti).

La Direttiva Ministeriale per i BES del 27/12/2012 si occupa dunque di tutti

questi casi sopra menzionati e quindi bisognosi di una “speciale attenzione” nel

loro percorso scolastico benchè non avendo nessuna certificazione di disabilità,

né di DSA, le due condizioni riconosciute e protette dalla legge.

Nella Direttiva si precisa che l’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia

di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit.

“In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale

attenzione per una varietà di ragioni”9, lo svantaggio sociale e culturale è una di

queste.

Tutte queste differenti problematiche possono non essere certificate: a doverle

rilevare è il team docenti e/o il Consiglio di classe che dunque dovrà

preparare anche per questi studenti dei percorsi personalizzati che saranno

precisati in un piano didattico personalizzato (PDP) individuale o riferito anche a

tutti i membri della classe con questa tipologia di BES, ma articolato, che serva

come strumento di lavoro in itinere per gli insegnanti ed abbia lo scopo di

documentare alle famiglie le strategie di intervento programmate.

9
D.M.27/12/2012, p. 1

11
2. GLI STRUMENTI PER L’INCLUSIONE

2.1 L’Educazione Inclusiva

L’educazione inclusiva è da definirsi un metodo innovativo che raggruppa

all’interno delle sue finalità non soltanto gli alunni con bisogni educativi speciali,

ma tutti i soggetti (anche gli alunni definiti “normali”) poiché tiene conto della

diversità dei bisogni di ognuno, per favorire dunque quella partecipazione e

quell’apprendimento intrinsechi all’ambito scolastico, escludendo ogni rischio di

esclusione ed emarginazione sociale. Diventa importante modificare il metodo

d’insegnamento affinchè ogni alunno trovi il giusto percorso, in relazione alla

sua condizione sociale e alla sua eventuale manifesta difficoltà. È necessario

dunque che l’educatore modifichi il proprio approccio da statico, rivolto alla

semplice constatazione delle difficoltà dell’alunno, a dinamico e quindi in grado

di rispondere in maniera personalizzata alle necessità della persona che si

intende formare. Questo procedimento si può attuare tramite metodi che

stimolano ogni singolo studente al raggiungimento di obiettivi indispensabili,

attraverso tempi e modalità in sintonia con le sue capacità, avviandolo verso la

migliore espressione delle proprie potenzialità nell’ottica della costruzione di un

vero e proprio progetto di vita personale.

La Normativa sui BES sancisce chiaramente le procedure che la scuola Italiana

deve adoperare per raggiungere l’obiettivo dell’inclusione scolastica, partendo

già dalle condizioni di accoglienza degli alunni in ingresso. In questo modo si

consente sin da subito di strutturare percorsi idonei per l’inserimento di alunni

12
BES a livello di songola scuola o di più ampia rete territoriale, tenendo quindi

conto di tutti gli aspetti dell’organizzazione scolastica, dalle procedure

burocratiche alle modalità di prima conoscenza, ai criteri di inserimento nelle

classi, alla progettazione didattico-educativa personalizzata.

È compito dei docenti individuare in maniera precoce e attraverso l’osservazione

sistematica, i segnali di difficoltà di apprendimento e i sospetti casi di DSA,

rendendo possibile l’intervento attraverso attività didattiche mirate e specifiche.

Il team docenti o il consiglio di classe ha il dovere di definire i principi e le

modalità delle attività di osservazione svolte in classe (ad esempio tempi,

modalità di registrazione dei risultati, modalità di condivisione).

2.2 Il piano per l’inclusione (ex PAI)

Ai fini della programmazione e progettazione, il deceto n. 66 (art. 8) prevede

che ciascuna scuola predisponga il Piano per l’inclusione (PI), il principale

documento programmatico in materia, con il quale sono definite le modalità per

l’utilizzo coordinato delle risorse e gli interventi di miglioramento della qualità

dell’inclusione scolastica.

Il Piano, già previsto dalla direttiva BES del 27/12/2012 e dalla C.M. n. 8/2013,

(cd. PAI), viene predisposto ogni anno,entro giugno, da ciascuna scuola

nell’ambito della definizione del Piano dell’offerta formativa, costituendone parte

integrante.

13
Il Piano definisce e contiene le modalità:

- per l’utilizzo coordinato delle risorse disponibili, compreso l’uso complessivo

delle misure di sostegno sulla base dei singoli PEI di ogni alunno.

Definisce, inoltre, nel rispetto del principio di accomodamento ragionevole, le

modalità per:

- il superamento delle barriere;

- l’individuazione dei facilitatori del contesto di riferimento;

- progettare e programmare gli interventi di miglioramento della qualità

dell’inclusione scolastica.

Il Collegio dei docenti definisce il PI sulla base della programmazione proposta a

supporto del Gruppo di lavoro per l’inclusione(GLI).

Il Piano poi viene attuato dallo stesso GLI, con il supporto di studenti, genitori e

associazioni.

14
2.3 I Gruppi di lavoro per l’inclusione

Il nuovo ordinamento del Decreto Legislativo 66/201710, che sostituisce l’art.

1511 della L. 104/1992, stabilisce i nuovi Gruppi per l’inclusione scolastica:

- il Gruppo di lavoro interistituzionale regionale (GLIR) viene costituito

(con decorrenza dal 1° settembre 2017) presso ogni USR; ha incarichi di

consulenza e proposta all’ufficio scolastico regionale per la determinazione,

l’attuazione e la verifica degli accordi di programma; di sostegno ai gruppi per

l’inclusione territoriale (GIT) e alle reti di scuole per la realizzazione dei piani di

formazione in servizio del personale. Esso è presieduto dal direttore dell’USR o

da un suo delegato, prevede la partecipazione dei rappresentanti della Regione,

degli enti locali, delle associazioni delle persone con disabilità maggiormente

rappresentative;

- il Gruppo per l’inclusione territoriale (GIT) (con decorrenza dal 1°

gennaio 2019), per ogni ambito territoriale previsto dalla L. 107/2015 art. 1

comma 66, tale organo ha il compito di ricevere dai dirigenti scolastici

dell’ambito di rifermento la quantificazione delle risorse del sostegno didattico,

le verifica e formula la proposta all’USR. Esso è presieduto da un dirigente

tecnico o scolastico ed è composto da tre dirigenti scolastici dell’ambito di

rifermento, da due docenti per la scuola dell’infanzia e la scuola superiore,

nominati con decreto dell’USR;

10
http://2.flcgil.stgy.it/files/pdf/20170517/decreto-legislativo-66-del-13-aprile-2017-inclusione-
scolastica-studenti-con-disabilita.pdf
11
https://www.brocardi.it/legge-104/art15.html

15
- il Gruppo di lavoro per l’inclusione (GLI) (con decorrenza dal 1°

settembre 2017) è composto dagli insegnanti, dal personale ATA, dagli

specialisti dell’ASL competente per territorio. In sede di attuazione del Piano di

inclusione si serve dell’ausilio degli alunni, della famiglia e delle associazioni

delle persone con disabilità.

2.4 Il Piano didattico personalizzato (PDP)

Nel caso di disturbo specifico di apprendimento, si ha diritto ai benefici previsti

dalla L. 170 e dunque deve essere programmato un piano didattico

personalizzato entro il mese di novembre dell’anno scolastico in corso.

In presenza di alunni con bisogni educativi speciali, sarà il consiglio di classe ad

elaborare il PDP secondo tempi e modalità differenti per ogni singola situazione.

Chiaramente nel caso di un alunno straniero da poco giunto in Italia,

l’assegnazione di un piano didattico personalizzato richiederà tempi molto più

brevi rispetto invece se fossimo in presenza di un soggetto con evidenti

difficoltà scolastiche. In ogni caso il PDP sarà applicabile e quindi consegnato

alla famiglia solamento dopo aver acquisito le dovute documentazioni (cliniche e

non), e dopo un’azione di coordinamento tra il dirigente scolastico, il referente

BES, il consiglio di classe e la famiglia del soggetto.

16
Nel PDP si troveranno indicati dati anagrafici, tipo di disturbo o di difficoltà,

attività di personalizzazione didattico-educativa, misure dispensative, verifica e

valutazione, strumenti compensativi, patto con la famiglia.

Il PDP deve sottolineare i punti di forza e le caratteristiche dell’allievo e non

elencare eventuali carenze pratiche, poiché è considerato una vera e propria

opportunità di utilizzo e sperimentazione di nuove metodologie didattiche, in

continuo mutamento in relazione ai progressi del discente; in sintesi è un vero e

proprio “contratto” con le famiglie.

Se prendiamo ad esempio il caso di uno studente con DSA o BES delle scuole

superiori, ormai consapevole delle proprie caratteristiche di apprendimento, dei

propri punti di forza e punti deboli, possiamo evidenziare quanto sia utile da

parte del coordinatore (docente, referente DSA o BES, consiglio di classe…)

avviare con lo stesso un processo di riflessione atto a stabilire insieme gli

strumenti, le misure e le modalità organizzative del lavoro scolastico più

consone al raggiungimento di una migliore autonomia di studio.

In sintesi se lo studente DSA o BES viene coinvolto in prima persona nella

stesura del proprio PDP questa responsabilizzazione porterà ad un reale

benessere nella vita scolastica12.

12
Gabrielli R. Anno nuovo documentazione nuova tratto da BES e DSA in classe , rivista pratica per
l’inclusione scolastica, n. 3 , settembre 2014

17
2.5 Il Piano educativo individualizzato (PEI)

Il Piano educativo individualizzato (PEI) è il documento che esplicita gli

interventi didattico-educativi, riabilitativi e di socializzazione predisposti in

favore dell’alunno.

Il PEI è il progetto di vita scolastica di ogni studente con disagi e disabilità, e

all’interno di questa documentazione vengono spiegati gli interventi finalizzati

alla piena realizzazione del diritto all’educazione, all’istruzione e all’integrazione

scolastica.

Il PEI è redatto dal GLHO (Gruppo operativo per l’inclusione del singolo allievo),

composto da: gli insegnanti del Consiglio di classe frequentata dall’alunno,

l’insegnante di sostegno (se già assegnato), i genitori, l’insegnante operatore

psico-pedagogico (se presente/assegnato) e gli operatori del distretto socio

sanitario che hanno in carico l’alunno. Tutti stabiliscono gli obiettivi del PEI e

definiscono il tipo di programmazione adeguata per lo studente.

Il PEI viene redatto all’inizio di ciascun anno scolastico, dopo un periodo di

osservazione e di analisi, in collaborazione con la famiglia dell’alunno poiché

ricopre un ruolo di importante responsabilità nel raggiungimento dei traguardi.

L’insegnante di sostegno raccoglie tutte le informazioni e il materiale relativo e

compila la parte didattica individuando le azioni, le strategie, i percorsi, i mezzi

e i materiali, le tipologie delle prove e definendo i tempi di apprendimento.

18
Il PEI deve essere compilato in relazione alle abilità possedute dall’allunno, delle

difficoltà di apprendimento, dei punti di forza e dei punti critici. Deve tener

conto di tutti i progetti in cui è coinvolto, dai progetti didattico-educativi,

riabilitativi, alle attività extra scolastiche sportive, laboratoriali e creative,

riabilitative e di socializzazione.

Nella stesura finale del PEI si seguono delle indicazioni dettate dal Ministero

della Pubblica Istruzione. La progettazione del PEI si inserisce all’interno della

programmazione della classe e segue le stesse regole progettuali della

programmazione, con la sola differenza di essere rivolta al singolo e non al

gruppo classe.

La tipologia di programmazione che seguirà l’alunno disabile:

- è riferita agli obiettivi della classe;

- procede per obiettivi minimi semplificati;

- è una programmazione differenziata.

Il Consiglio di classe decide le linee guida comunicandole alla famiglia, che può

a sua volta accettare o rifiutare la proposta di programmazione differenziata per

il proprio figlio. In caso di rifiuto è previsto che l’alunno venga valutato con gli

stessi criteri adottati per il gruppo classe. L’insegnante di sostegno deve quindi

trovare dei punti di incontro, tra gli obiettivi della classe e gli obiettivi che

l’alunno in situazione di difficoltà di apprendimento può raggiungere.

19
2.6 Pratiche educative e inclusive

La Circolare Ministeriale n.8 del 6 marzo 2013 è da considerarsi un importante

punto di riferimento per tutti gli organi scolastici in quanto stabilisce che

l’utilizzo di strategie mirate, materiali adeguati e strumenti in dotazione alle

scuole possono dare l’opportunità concreta agli insegnanti di inserire nei

percorsi formativi qualsiasi tipologia di alunno, persino quelli in situazione di

BES. Richiama quindi gli insegnanti all’utilizzo e alla conoscenza di nuove

metodologie didattiche quali: l’apprendimento cooperativo, il peer tutoring e il

peer collaboration. Queste tecniche di insegnamento sono dei veri e propri

modelli educativo-collaborativi volti a stimolare un processo naturale di

passaggio di conoscenze, emozioni ed esperienze da alcuni membri di un

gruppo ad altri dello stesso gruppo.

L’apprendimento cooperativo o cooperative learning fornisce a tutti gli alunni la

possibilità di crescere e di potenziare le proprie abilità nei confronti dello studio.

In un tale ambiente ogni alunno si predispone alla condivisione delle proprie

risorse e contestualmente a fornire e ricevere un ausilio dagli altri per il

raggiungimento degli obiettivi prefissati. In questa ottica ciascun componente

del gruppo può contribuire all’apprendimento collettivo e ognuno può diventare

risorsa e strumento per gli altri; questo permette così di stimolare un

apprendimento paritario e realmente inclusivo. Nelle compagini cooperative

ogni alunno trova il suo spazio e si sviluppano forme di rispetto reciproco tra gli

allievi.

20
Il peer tutoring promuove uno studio a coppie o piccoli gruppi, all’interno dei

quali un alunno (esperto) ricopre il ruolo di tutor rispetto ai suoi compagni; egli

funge quindi da guida, sostenendo gli altri nell’apprendimento, senza essere

mai lasciato a sua volta dall’insegnante che fa quindi da supervisore.

Nella peer collaboration gli allievi sono allo stesso livello, senza divari

“gerarchici” e hanno le stesse conoscenze e competenze, quindi il gruppo

svolge il compito favorendo la collaborazione reciproca; tutto ciò facilita la

scoperta intellettuale e l’acquisizione di conoscenze di base. Con questo metodo

raggruppiamo persone che possono anche essere molto diverse tra loro sia per

struttura sociale che caratteriale, che però possono condividere obiettivi e

progetti comuni, purchè ciascuno riconosca il contributo, l’esperienza e la

responsabilità degli altri senza negare la diversità13.

L’utilizzo delle tecnologie è uno strumento di notevole importanza nei processi

educativi poiché per loro natura favoriscono, attraverso diverse metodologie, i

processi di apprendimento, di collaborazione tra gli allievi e quindi di inclusione.

Attraverso il loro utilizzo si può avere accesso ad una grande quantità di

informazioni, basti pensare ad esempio agli stimoli visivi scaturiti da filmati o

immagini, oppure alla possibilità di personalizzare le informazioni per

sperimentare un lavoro di gruppo flessibile e in continua evoluzione. La

possibilità di condividere sul web i lavori realizzati e gli obiettivi raggiunti dal

gruppo classe è un altro fattore che favorisce l’interazione tra i soggetti,

stimolando la loro creatività, l’apprendimento costruttivo ed esplorativo, e non


13
Schettini B. Un’educazione per il corso della vita Luciano Editore, 2007

21
in ultimo, le tecnologie sono un valido strumento compensativo per gli alunni

con difficoltà, basti pensare alla possibilità di utilizzare sintesi vocali,

videoscrittura, schemi, tabelle e mappe concettuali.

Secondo Ianes, il miglior approccio in grado di semplificare i processi educativi

di tipo inclusiva è l’utilizzo della LIM (lavagna interattiva multimediale); essa

infatti, grazie alle sue caratteristiche, si rivolge a tutti gli allievi, finanche a quelli

con difficoltà14. Possiamo dunque affermare che non si tratta di uno strumento

di sostegno, ma di una tecnologia al servizio di una necessaria innovazione

didattica in grado di rispondere alla complessità ed eterogeneità della scuola

attuale15.

La didattica metacognitiva è una valida strategia inclusiva, molto adatta a

favorire l’apprendimento. Fonda le sue radici nell’ambito della psicologia

cognitiva e raccoglie importanti risultati positivi, sia come metodologia didattica

generalizzata all’intero gruppo classe, sia come intervento di sostegno a quei

soggetti con difficoltà di apprendimento o addirittura con deficit più gravi 16.

La didattica metacognitiva indirizza l’alunno verso una maggiore consapevolezza

dei propri processi cognitivi, stimolando le capacità di problem solving

dell’individuo, autostima e motivazione, rafforzando capacità cognitive come ad

esempio la memoria e l’attenzione. Questo approccio alimenta nell’alunno l’idea

14
Ianes D., Didattica inclusiva con la LIM, Erickson, Trento 2009
15
Zambotti F. didattica inclusiva con la LIM Erickson 2010
16
Ianes D. Bisogni educativi speciali e inclusione, Erickson 2005

22
di poter affrontare le problematiche e le situazioni, utilizzando adeguate

strategie e maggior impegno, in grado di favorire un maggior controllo delle

proprie azioni. D’altro canto il docente ha il compito di indirizzare l’alunno alla

scoperta proprio di questi processi cognitivi personali, stimolandolo allo sviluppo

di soggettive tecniche di autoregolazione.

23
Conclusioni

In questo lavoro sono state analizzate e prese in esame le diverse metodologie

di inclusione e il ruolo che la scuola e la famiglia dell’alunno BES svolgono nel

processo educativo, abbiamo posto l’attenzione sulla normativa e sui progressi

che questa ha attraversato in Europa e nel mondo nel corso di questi anni, ma

saremmo certamente superficiali nel pensare che tutto è già stato fatto. Molti

alunni BES vivono in contesti familiari “particolari” con realtà e difficoltà sociali

più “colorite” e disparate, e considerando il fatto che è la famiglia a fornire il

primo insegnamento educativo, comprendiamo benissimo che molto ancora

deve essere fatto dalle istituzioni e dai membri delle strutture scolastiche, per

promuovere e assistere sempre più il processo educativo inclusivo anche fuori

dal contesto scolastico, che in alcuni casi può essere tristemente un fattore

“barrierante” per lo sviluppo e la crescita dell’individuo.

24
BIBLIOGRAFIA

- AA.VV., Dislessia e altri DSA a scuola Erickson 2013

- Gabrielli R. Anno nuovo documentazione nuova tratto da BES e DSA in classe ,

rivista pratica per l’inclusione scolastica, n. 3 , settembre 2014

- Ianes D., Bisogni Educativi Speciali e inclusione Erickson 2005

- Ianes D., Didattica inclusiva con la LIM, Erickson, Trento 2009

- Schettini B. Un’educazione per il corso della vita Luciano Editore, 2007

- Tabarelli s., Pisanu f., Elementi generali di approfondimento sui BES nel

contesto italiano. I quaderni della Ricerca. Loescher Editore, 2013.

- Zambotti F. didattica inclusiva con la LIM Erickson 2010

25
NORMATIVA

D.M.27/12/2012

L. 104/1992

L. 170/2010

26
SITOGRAFIA

http://2.flcgil.stgy.it/files/pdf/20170517/decreto-legislativo-66-del-13-aprile-
2017-inclusione-scolastica-studenti-con-disabilita.pdf

https://www.brocardi.it/legge-104/art15.html

27

Potrebbero piacerti anche