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LE PRINCIPALI TECNOLOGIE DIDATTICHE PER LEDUCAZIONE INCLUSIVA ANCHE CON RIFERIMENTO ALLE

TECNOLOGIE COMPENSATIVE

La pedagogia speciale per anni è stata intesa come emendativa e negativa. Siamo andati a tenere in
considerazione la PATOLOGIA, LA DISABILITA’

Non esiste handicap come patologia, handicap è situazione di difficoltà per chi ha una patologia.

Nel tempo la pedagogia è diventata pedagogia della SPECIALE NORMALITA’ che però si compone di una
pluralità di differenze e di diverse abilità.

Dove speciale nella normalità sono le differenze, le diversità

Diciamo che siamo tutti diversamente abili perché ognuno di noi esprime la sua specialità, il suo essere
specifico attraverso una differenza di abilita’…altrimenti saremmo tutti uguali!! Simo tutti diversamente
intelligenti

Inoltre tutti noi compresi quelli che hanno disabilità sono dotate di una PLURALITA’ DI INTELLIGENZE.

Anche la persona con disabilità ha abilità che esprime a suo modo e di queste scopriamo le POTENZIALITA’
RESIDUE!!!

Possiamo intervenire solo sulle potenzialità residue per le quali ognuno dovrebbe poter decidere quali
interventi fare.

Tutto questo ci porta ad avere una PROSPETTIVA INCLUSIVA! Più persone includiamo è più possiamo
sperare che queste persone aiutino allo sviluppo di un Paese.

Siamo stati i primi a parlare di inclusività a scuola.

Avevamo scuole speciali e classi differenziali, ma sono maturate delle condizioni e nel 1971 abbiamo
pensato bene dalla Costituzione che dovevamo aprire la scuola legge 118 del 1971, abbiamo immesso in un
circuito educativo e non formativo, queste persone con menomazione (disabilità ancora dopo). Questo ha
rappresentato un inserimento selvaggio, perché era solo educativo e non formativo. Non si sapeva come
formare queste persone.

Poi abbiamo capito che la disabilità è conseguenza di menomazione….

Poi tra il 1971 e il 1978 inizia il vero processo quando si parla di INTEGRAZIONE; con l’inserimento avevamo
dato educazione, nel 1977 con la legge 517 si garantiva anche il diritto all’istruzione,… si passa da educativo
ad una integrazione anche FORMATIVA. Introduciamo la programmazione educativo didattica. Poi
inserimento l’insegnante di sostegno ai sensi del dpr 70/75, quindi nel 1977. Si andava solo alla patologia e
non oltre.

Poi nel 1992 abbiamo sistematizzato l’inserimento e l’integrazione in una legge quadro…la legge 104; la
legge:

 ci dice le garanzie,
 ci dice l’assitenza,
 garantisce l’integrazione sociale

…ma la legge presuppone che lo stato abbia pronti gli strumenti per le garanzie all’integrazione, le
condizioni favorevoli all’integrazione. Oltre che i diritti
La legge introduce una:

 diagnosi funzionale, accertamento della patologia


 il profilo dinamico funzionale cioè traccio una identità e li approfondisco. a legge obbliga le scuole
di ogni ordine e grado a elaborare uno specifico profilo in collaborazione tra l’Azienda Sanitaria, gli
insegnanti e la famiglia del disabile; tale profilo va aggiornato al termine di ogni ciclo scolastico. Il
profilo deve tenere conto delle specifiche caratteristiche psico-fisiche, sociali ed affettive del
minore ed ha lo scopo di metterne in luce esigenze, difficoltà e capacità. Sul profilo costruisco lo
STRUMENTO DI AZIONE E DI PARTECIPAZIONE: IL PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO….CHE POI
OGGI DICIAMO INDIVIDUALIZZATO E PERSONALIZZATO. MA ALLORA ERA ANCORA
INDIVIDUALIZZAZIONE COME RISPOSTA O MODALITA’ PER RILEVARE UN SETTORE, UNA DIVERSA
ABILITA’ E DECLINAVAMO L’INTERVENTO. Ma quella persona è una complessità…è una relazione e
quindi potrebbe essere che attraverso una abilità sii arrivi ad un’altra, perché noi non siamo
sequenziali. Potrebbe avvenire un’azione sistemica!!! 29:30
 il valore della

Tecnologie digitali

Le tecnologie digitali sono strumenti che possono e devono essere utilizzati a fini didattici per il
perseguimento di quelli che sono gli obiettivi della scuola complessivamente intesa: far si che il discente
sviluppi abilità e queste a loro volta si trasformino in competenze.
Non un uso fine a se stesso quello delle tecnologie digitali, quindi, ma strumento didattico di ausilio per
l'insegnamento, che va a ad affiancarsi ad altre metodologie didattiche. Spetta, in ogni caso, all'insegnante
valutare l'effettivo apporto di esse ai fini didattici per cui se il loro utilizzo non incide o, addirittura, limita
l'apprendimento egli potrà "accontonarle".
Sicuramente, esse costituiscono uno strumento di ausilio in favore di soggetti portatori di DSA e DEA in
quanto rappresentano utili strumenti compensativi di quelle che sono le difficoltà di questi studenti.
Sotto l'aspetto pratico, le tecnologie digitali sono rappresentate dal computer, dalle LIM, dalla sintesi
vocale ecc.

Sebbene da molti, per alcuni aspetti anche giustamente, criticati e ritenuti addirittura pericolosi per un
corretto sviluppo psico-fisico della persona (tanto che c’è chi ritiene che se ne debba proibire l’uso almeno
fino ai 9 anni di età, essendo prima necessario che il bambino sperimenti il mondo reale con tutti i suoi
sensi e, poi, opportuno farlo approcciare al mondo tecnologico), non si può negare che, rappresentando la
realtà attraverso più linguaggi (multimedialità) e utilizzando più canali (multicanalità) in un unico contesto,
le tecnologie digitali sono un utilissimo strumento per favorire l’apprendimento, per come modernamente
concepito. E’ indubbio che le tecnologie digitali stimolino vari canali, vari tipi di intelligenze favorendo il
learning by doing cui i sostenitori di un metodo pedagogico attivo guardano con favore. Col passaggio da
“Gutenberg” a “google” si è passati da un’era in cui il libro cartaceo aveva un ruolo centrale, in cui
strumenti di supporto erano le calcolatrici, le lavagne, le cartine, gli atlanti e la cartellonistica (di limitata
praticità e visibilità) ad un’era in cui il libro è diventato digitale e in cui gli strumenti a supporto della
didattica consentono davvero a tutti di partecipare attivamente alla lezione. Si pensi alla LIM (lavagna
interattiva multimediale) che è una lavagna potenziata, un dispositivo multimediale collegato ad internet,
sul quale si può scrivere con pennarelli speciali o avvalendosi del sistema touch, che consente di usare
software didattici anche in modo collettivo, permettendo la visualizzazione in grande di immagini, testi, di
guardare video, quiz interattivi, fare mappe concettuali da costruire con gli alunni e da condividere con la
classe, di registrare la lezione (che potrà eventualmente essere riascoltata o spedita tramite posta
elettronica agli alunni assenti), di semplificare e trasformare la scrittura in testo stampabile, di avvalersi di
strumenti geometrici. E, ancora, a tutte le tecnologie largamente adottate per migliorare l’apprendimento
degli studenti disabili o con bisogni educativi speciali: ipertesti , testi a struttura reticolare che permettono
al lettore di avere un ruolo attivo, consentendogli di creare un testo in base ai propri gusti e di modificare la
direzione in base alle proprie esigenze (non più il libro sequenziale da sfogliare pagina per pagina ma il libro
digitale, potenzialmente sfogliabile all’infinito grazie ai link in esso presenti); alla sintesi vocale, utilissima
soprattutto per i dislessici poiché, trasformando il testo in parlato, consente loro di “leggere anche con le
orecchie” rendendone più semplice la decodificazione; all’uso del computer e dei tablet; alle moderne
tecnologie che consentono di fare scuola anche a distanza facendo così sentire anche meno soli gli studenti
malati. Anche il forum didattico, il mezzo di cui mi sto avvalendo in questo momento per argomentare, è
uno strumento digitale che favorisce l’apprendimento attraverso il confronto, la collaborazione tra studenti
e insegnanti, sempre nell’ottica secondo cui i discenti non devono essere più considerati spugne che
assorbono, contenitori da riempire, ma parti attive del processo di costruzione della conoscenza. Le
tecnologie digitali consentono di fare lezione in modo alternativo, sostituendo alla classica statica lezione
frontale una lezione interattiva, che non si fondi più sulla centralità dell’insegnante (teaching centered) ma
che ponga al centro del processo educativo il soggetto che apprende (learning centered) coinvolgendolo il
più possibile, in un processo di apprendimento costruttivista, collaborativo, basato sulla interazione
continua, che stimoli la riflessione, il ragionamento, l’interesse, la motivazione, capace di generare risultati
pieni, duraturi (life long learning). Perché la moderna tecnologia possa ritenersi davvero efficace è, però,
sempre fondamentale considerarla “uno strumento a servizio dell’uomo”, un mezzo e non un fine. Le
tecnologie devono essere funzionali all’obiettivo: “bisogna utilizzarle e non farsi utilizzare da queste”.
Perché davvero possano promuovere l’apprendimento devono essere correttamente impiegate. Per questo
è di primaria importanza l’educazione alla rete (c.d. media education). Bisogna implementare
l’alfabetizzazione informatica, spesso carente anche nei “nativi digitali” (che non sempre sono anche
alfabeto digitali), tenendo conto anche che non tutti hanno le stesse opportunità di accostarsi alla rete.
Bisogna educare “con” e “ai media” cosicchè tutti ne possano fare un uso consapevole, critico,
responsabile. Ciò, sia quando se ne è fruitori (momento in cui si “naviga”), sia quando si è produttori dei
contenuti da immettere nella rete. La rete ha regole precise, bisogna diventarne cittadini, abitarla e
padroneggiarla, acquisire la capacità di sapersi muoversi nel mondo digitale. Non è un caso che lo sviluppo
delle competenze digitali rappresenta uno degli obiettivi della Comunità Europea: tra le competenze
europee c’è, appunto, quella di educare ai media (ad un uso consapevole) e con i media (usare gli strumenti
mediale per l’apprendimento). Ed è in questa ottica che negli ultimi anni si sta favorendo la diffusione delle
nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione all’interno delle scuole. Perché ciò possa
avvenire al meglio è fondamentale coinvolgere tutto il sistema scolastico, a partire dalla dirigenza scolastica
che le deve sollecitare e promuovere. E’poi necessaria una formazione ad hoc per i docenti che le potranno
e dovranno utilizzare nella loro attività didattica. Questo è un elemento imprescindibile perché
l’apprendimento possa trarre davvero beneficio dall’uso di questi strumenti ed è ciò che davvero può
permettere di fronteggiare il cambiamento culturale. La figura dell’insegnante è sempre fondamentale. E’
sempre questi che ha il compito di stabilire quali tecnologie e quali usi sono funzionali agli obiettivi da
perseguire. Le tecnologie digitali sono utili se si vanno ad aggiungere e non a sostituire all’insegnante e agli
strumenti già utilizzati, cosicchè, possedendo entrambe le “ali”, quella della monomedialità alfabetica e
quella della multimedialità, si potrà “volare meglio e più in alto”.
Tecnologie per l’inclusione

Con questa espressione si intendono una serie di strumenti che, favorendo una didattica individualizzata e
personalizzata, contribuiscono a rendere la scuola “per tutti” ma allo stesso tempo “a misura di ciascuno”.
Si tratta di una serie di tecnologie che consentono di favorire l’apprendimento in situazioni di disabilità,
difficoltà o svantaggio: situazioni in cui si è dinanzi ad una disabilità “certificata” o casi in cui pur non
esistendo una disabilità certificata e pur avendo una buona cognitività, gli studenti manifestano bisogni
educativi speciali (si pensi ai casi di dislessia, disortografia, disgrafia, ai disturbi specifici
dell’apprendimento,ai disturbi legati a svantaggi socio-culturali, come, per esempio, la non conoscenza
della cultura e della lingua italiana). In tutti questi casi è utile intervenire con misure, a seconda dei casi,
compensative o dispensative, che abbiano la funzione di mettere lo studente nella condizione di superare
l’ostacolo. Infatti, le misure compensative permettono allo studente di superare lo stato di frustrazione in
cui si trova, evitando il crollo dell’autostima, e di operare più agevolmente sollevandolo dalla prestazione
resa difficoltosa dal disturbo senza facilitazioni del compito dal punto di vista cognitivo. Le misure
dispensative, invece, consentono allo studente di non svolgere alcune prestazioni che a causa del disturbo
risultano particolarmente difficoltose. Evitano situazioni di affaticamento e di disagio ma mantenendo
inalterati gli obiettivi. Non si tratta di strumenti tesi ad una facilitazione immotivata ma che, attraverso un
intervento mirato, personalizzato, migliorano l’apprendimento. Si pensi alla dispensa dalla lettura ad alta
voce che può essere prevista per il dislessico, alla possibilità di usare la calcolatrice per chi soffre di
discalculia (con funzione dispensativa ove, ad esempio, si rivolga ad uno studente delle prime classi della
primaria; con funzione compensativa ove diretto ad uno studente della secondaria di primo grado); alla
possibilità di prevedere tempi più lunghi o con ridotto numero di esercizi, pur facendo restare immutata la
qualità del compito. Gli insegnanti devono in ogni momento valutare la necessità di ricorrere all’uso di
tecnologie ove necessarie per realizzare l’inclusione. Si tratta di strumenti che possono risultare utili e
funzionali solo se l’allievo li sa usare bene, in piena autonomia e al massimo delle loro potenzialità. Tra le
principali tecnologie didattiche per l’educazione inclusiva si possono menzionare: la sintesi vocale,
l’audiolibro, i registratori, la LIM, le mappe concettuali, il pc. La sintesi vocale consente di leggere anche
“con le orecchie” poiché si tratta di una tecnologia che trasforma il testo in parlato. E’ molto utile ai
dislessici perché consente di decodificare il testo e di non considerarlo più come una minaccia o un
ostacolo. Non sostituisce ma rafforza la lettura visiva e consente di concentrarsi meglio sul significato del
testo aiutando anche con un evidenziazione delle parole in fase di lettura. Si tratta di uno strumento molto
più utile dell’audiolibro per il quale la capacità di concentrazione, mancando un testo scritto, è messa a
dura prova. L’audiolibro permette,in ogni caso, all’utente che avrebbe bisogno dell’aiuto di un lettore
“altro” di essere più autonomo. I registratori consentono, soprattutto a chi non riesce a prendere appunti,
di poter riascoltare parti della lezione poco chiare o di concentrarsi meglio su concetti importanti (a tal fine
è utile annotare i punti della lezione sui quali si intende tornare in un momento successivo per facilitare poi
il lavoro). La LIM, lavagna multimediale interattiva, dalle enormi potenzialità, se correttamente e
pienamente utilizzata, rappresenta una vera e propria rivoluzione del sistema didattico e ciò a vantaggio
dell’intera classe. Si tratta di un dispositivo elettronico per il cui funzionamento sono necessari una lavagna,
un proiettore e un computer e la cui caratteristica peculiare è la superficie interattiva che consente di
interagire direttamente con i contenuti che vi sono proiettati (attraverso pennarelli speciali o, anche,
attraverso il sistema touch). Essa consente di favorire una didattica individualizzata, incentiva metodologie
didattiche cooperative e metacognitive e potenzia la comunicazione all’interno della classe. La mappa
concettuale, che può essere creata anche tramite la LIM, permette di rappresentare graficamente una serie
di conoscenze su un dato tema attraverso l’uso di caselle, frecce. Anche il computer è uno strumento che
può essere utilizzato con modalità differenti, on line o off line. Questo è un elenco, esemplificativo, ma non
esaustivo, delle tecnologie che attualmente sono utilizzate dai docenti per favorire una didattica inclusiva.
Come già anticipato, la didattica oggi è sempre più individualizzata (PDI), personalizzata (PDP). Quella
odierna è una scuola in cui si realizza l’equità formativa, cioè l’uguaglianza delle opportunità di
apprendimento che tiene conto della diseguaglianza degli stili e ritmi di apprendimento. Con l’inclusione si
valorizzano le differenze, le diversità, le disomogeneità, viste come risorse da valorizzare e non come
problemi da livellare. La scuola inclusiva è quella che cerca di non lasciare indietro nessuno, che accoglie la
“pluralità di validità” e che usa a tal fine tutte le tecnologie esistenti. Oggi non si parla più di deficit ma di
difficoltà, ostacoli, qualcosa che sta fuori, che si frappone tra il soggetto e il risultato perseguito e che si
deve far in modo di superare. Più persone si accolgono, infatti, più persone potranno partecipare allo
sviluppo del paese.

METODOLOGIE PER L’APPRENDIMENTO: METODI ATTIVI E COOPERATIVI

Le metodologie di apprendimento attive e cooperative di cui la scuola può servirsi sono diverse:
Peer comunication: " Educazione tra pari" ossia creazione di gruppi di lavoro formati generalmente da
pochi alunni (4/5 al massimo, meglio in numero pari per evitare le decisioni a maggioranza) che cooperando
tra loro perseguono quello che è l'obiettivo loro assegnato;
Role playing: "Gioco dei ruoli" dove vengono assegnati, appunto, agli studenti ruoli tra loro intercambiabili
per far si che tutti possano sviluppare ed acquisire più concetti.
Esistono anche altre forme (lo sportello amico ecc.) che hanno come caratteristica comune una sorta di
"marginalizzazione" del ruolo dell'insegnante: questi svolgerà sempre la sua funzione educativa, dovrà
vigilare sul corretti svolgimento dei compiti assegnati, ma ha un ruolo secondario dovendosi privilegiare il
ruolo attivo degli studenti.
Ne consegue che la valutazione resta pur sempre individuale ma parametrata all'apporto concreto che ogni
singolo componente avrà fornito alo gruppo.

Vediamo i metodi didattici (ossia delle azioni strategiche di insegnamento) e inizieremo lo studio delle
cosidette “tecniche attive” (ossia delle attività procedurali che coinvolgono attivamente lo studente nel
processo di apprendimento). La lezione, nelle sue diverse accezioni, è certamente il modo di insegnare più
frequentato nella scuola secondaria: ciò non significa che sia il metodo più efficace per ogni disciplina e per
ogni apprendimento. Al contrario, in tutte le discipline (anche in quelle più teoriche) si dovrebbero attivare
metodi diversi :

♦ per sviluppare processi di apprendimento diversi e più autonomi (non solo quello per ricezione, ma
anche per scoperta, per azione, per problemi, ecc.)

♦ per garantire un’offerta formativa personalizzabile (l’allievo che non impara con un metodo, può
imparare con un altro)

♦ per promuovere e/o consolidare l’interesse e la motivazione degli studenti (alla lunga ogni metodo
annoia, soprattutto un adolescente). Prenderemo qui in considerazione il laboratorio (metodo operativo),
la ricerca sperimentale (metodo investigativo), la ricerca-azione (metodo euristico-partecipativo) e il
mastery learning (come esemplificazione dei metodi individualizzati). Questi metodi sono rappresentativi di
intere famiglie metodologiche e ciascuno di essi attiva specifici processi formativi (l’operatività,
l’investigazione, la partecipazione nella ricerca, l’individualizzazione dei percorsi). Non esamineremo in
questa lezione il metodo dei modelli esperti di lavoro didattico e non verranno presi in considerazione
neppure i cosidetti metodi nominali.
IL METODO OPERATIVO: IL LABORATORIO (vedi lezione sbobinata)

Prima di essere “ambiente”, il laboratorio è uno “spazio mentale attrezzato”, una forma mentis, un modo di
interagire con la realtà per comprenderla e/o per cambiarla. Il termine laboratorio va inteso in senso
estensivo, come qualsiasi spazio, fisico, operativo e concettuale, opportunamente adattato ed equipaggiato
per lo svolgimento di una specifica attività formativa. Dal punto di vista logistico il laboratorio della scuola
secondaria dovrebbe essere un locale a sé stante, appositamente costruito e corredato per produrre
apprendimenti specialistici. Dal punto di vista formativo, il laboratorio si caratterizza per l’oggetto della sua
azione, vale a dire per l'attività che vi si svolge, che investe il soggetto operante. Con il lavoro in laboratorio
lo studente domina il senso del suo apprendimento, perché produce, perché opera concretamente, perché
“facendo” sa dove vuole arrivare e perché. Quali sono gli elementi fondamentali del metodo laboratoriale?
A. Munari (1994) indica alcune caratteristiche per un laboratorio di epistemologia operativa (= conoscere
attraverso l’azione).

LE TECNICHE ATTIVE: IL QUADRO GENERALE

Queste tecniche respingono il ruolo passivo, dipendente e sostanzialmente ricettivo dell’allievo; esse, al
contrario, comportano la partecipazione sentita e consapevole dello studente, poiché contestualizzano le
situazioni di apprendimento in ambienti reali analoghi a quelli che l’allievo ha esperito nel passato
(attualizzazione dell’esperienza), che vive attualmente (integrazione qui e ora della pluralità dei contesti) o
che vivrà in futuro (previsione e virtualità). Le tecniche che prenderemo in esame si caratterizzano per: la
partecipazione "vissuta" degli studenti (coinvolgono tutta la personalità dell'allievo),

 il controllo costante e ricorsivo (feed-back) sull’apprendimento e l’autovalutazione,


 la formazione in situazione,
 la formazione in gruppo.

Prendiamo in considerazione quattro gruppi di tecniche attive:

 ♦ tecniche simulative, in cui troviamo il role playing (gioco dei ruoli) per l’interpretazione e l’analisi
dei comportamenti e dei ruoli sociali nelle relazioni interpersonali, l'in basket (cestino della posta)
per le prese di decisione in ambito di ufficio e l'action maze (azione nel labirinto) per lo sviluppo
delle competenze decisionali e procedurali.
 ♦ tecniche di analisi della situazione che si avvalgono di casi reali: nello studio di caso si analizzano
situazioni comuni e frequenti, nell' incident si affrontano situazioni di emergenza. Con lo studio di
caso si sviluppano le capacità analitiche e le modalità di approccio ad un problema, nell’'incident, si
aggiungono le abilità decisionali e quelle predittive.
 ♦ tecniche di riproduzione operativa come le dimostrazioni e le esercitazioni: esse puntano ad
affinare le abilità tecniche e operative mediante la riproduzione di una procedura. Sono
complementari e richiedono la scomposizione della procedura in operazioni e in fasi da porre in
successione e da verificare ad ogni passaggio.
 ♦ tecniche di produzione cooperativa, tra cui possiamo annoverare la tecnica del brainstorming
(cervelli in tempesta), per l’elaborazione di idee creative in gruppo, e il metodo del cooperative
learning, per lo sviluppo integrato di competenze cognitive, operative e relazionali.
Le tecniche definiscono il rapporto tra il soggetto che apprende e la situazione d’apprendimento. Con le
tecniche di simulazione il soggetto impara immerso nelle situazioni; con quelle di analisi della situazione
impara dalle situazioni (leggendole); con le tecniche di riproduzione operativa impara operando sulle
situazioni, e con quelle di produzione cooperativa impara a modificare (o a inventare) le situazioni.
Naturalmente è variabile anche il coinvolgimento emotivo degli studenti: è profondo nelle tecniche
simulative, con l'immersione nella realtà e con l'assunzione di ruoli specifici, più distaccato nelle analisi
delle situazioni e nelle riproduzioni operative.

LE TECNICHE SIMULATIVE PER CAPIRE UN ALTRO PUNTO DI VISTA

Il role playing per mettersi nei panni degli altri Il role playing (gioco o interpretazione dei ruoli) consiste
nella simulazione dei comportamenti e degli atteggiamenti adottati generalmente nella vita reale; i ruoli
sono assunti da due o più studenti davanti al gruppo dei compagni - osservatori. Gli studenti devono
assumere i ruoli assegnati dall'insegnante e comportarsi come pensano che si comporterebbero realmente
nella situazione data. Questa tecnica ha, pertanto, l'obiettivo di far acquisire la capacità di impersonare un
ruolo e di comprendere in profondità ciò che il ruolo richiede. Il role playing non è la ripetizione di un
copione, ma una vera e propria recita a soggetto. Riguarda i comportamenti degli individui nelle relazioni
interpersonali in precise situazioni operative per scoprire come le persone possono reagire in tali
circostanze. Gli elementi fondamentali del role playing:

 si predispone una scena in cui partecipanti devono agire;


 i partecipanti sono al centro dell'azione e devono recitare spontaneamente secondo l'ispirazione
del momento;
 l'uditorio assume particolare importanza poiché il gruppo non funge da semplice osservatore, ma
cerca di esaminare e di capire quanto avviene sulla scena;
 il docente deve mantenere l'azione dei partecipanti e la situazione scenica, anche sollecitando,
suggerendo, facilitando l'azione fino al momento in cui gli studenti protagonisti non agiscono
autonomamente;
 il docente può avvalersi di collaboratori incaricati di favorire la recita, anche con la loro recitazione:
potranno utilizzare tecniche come quella dello specchio (in cui rinviano gli atteggiamenti del
soggetto al soggetto stesso) o la tecnica del doppio (in cui si sforzano di cogliere gli atteggiamenti
tipici del soggetto prolungandone l'espressione e rendendo esplicito ciò che rimarrebbe latente).
Oltre alla tecnica dello specchio e a quella del doppio, il role playing si avvale di altre tecniche:
 L’autopresentazione
 Il monologo (le riflessioni personali dell’attore)
 La presentazione di ruoli collettivi (uno stesso partecipante interpreta tutti i ruoli previsti)
 L'inversione dei ruoli: (dopo aver sostenuto una posizione, provare a sostenere quella
opposta) Il gioco dei ruoli possiede una grande forza catalizzatrice che coinvolge
emotivamente sia i partecipanti sia gli osservatori. A volte si tratta di esperienze difficili da
vivere. Il docente è tenuto a rispettare questa presa di coscienza senza giudicare se ciò è
giusto o pertinente. Come ogni tecnica di sensibilizzazione utilizzata a scopi formativi,
anche il role playing dev'essere utilizzato come tale (a scopi formativi), deve avere delle
sequenze strutturate e deve concludersi con una verifica degli apprendimenti.
Aspetti della progettazione educativo-formativa e per competenze

La didattica delle competenze si fonda sul presupposto che gli studenti apprendono meglio quando
costruiscono il loro sapere in modo attivo attraverso situazioni di apprendimento fondate sull’esperienza.
Aiutando gli studenti a scoprire e perseguire interessi, si può elevare al massimo il loro grado di
coinvolgimento, la loro produttività, i loro talenti. L’insegnante non si limita a trasferire le conoscenze, ma è
una guida in grado di porre domande, sviluppare strategie per risolvere problemi, giungere a comprensioni
più profonde, sostenere gli studenti nel trasferimento e uso di ciò che sanno e sanno fare in nuovi contesti.
I “prodotti” dell’attività degli studenti, insieme a comportamenti e atteggiamenti che essi manifestano
all’interno di compiti costituiscono le evidenze di una valutazione attendibile, ovvero basata su prove reali
ed adeguate. Il valore della didattica per competenze è definita dalla seguenti mete formative: - formare
cittadini consapevoli, autonomi e responsabili; - riconoscere gli apprendimenti comunque acquisiti; -
favorire processi formativi efficaci in grado di mobilitare le capacità ed i talenti dei giovani rendendoli
responsabili del proprio cammino formativo e consapevoli dei propri processi di apprendimento, verso la
competenza di “imparare a imparare”; - caratterizzare in chiave europea il sistema educativo italiano
rendendo possibile la mobilità delle persone nel contesto comunitario; - favorire la continuità tra
formazione, lavoro e vita sociale lungo tutto il corso della vita; - valorizzare la cultura viva del territorio
come risorsa per l’apprendimento; - consentire una corresponsabilità educativa da parte delle famiglie e
della comunità territoriale. Una scuola che si proponga di sviluppare una formazione efficace pone al centro
del suo compito il “coltivare talenti” di tutti i cittadini, senza esclusione di nessuno, e propone la cultura
come esperienza ed appropriazione personale in vista di un progetto di vita significativo. La formazione è
efficace se non opera su saperi inerti, ma valorizza la cultura realmente vissuta (civica, professionale,
umanistica quanto scientifica) stimolando lo studente alla ricerca ed alla scoperta dei significati, dei valori,
dei metodi, così da acquisire coscienza personale, consapevolezza del mondo, competenze attuali.

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