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Dal greco antico al greco moderno

La conoscenza di una lingua non deve essere uno strumento meccanico di espressione, ma deve rappresentare il mezzo per comprendere le manifestazioni spirituali di un popolo che la parla; anche se richiesto soltanto da necessit pratiche, il possesso di una lingua deve significare anche arricchimento della cultura. Sotto questo aspetto presentiamo un breve panorama di notizie a carattere storico-linguistico della Grecia moderna, dei suoi rapporti con quella antica e degli influssi subiti, per giungere a definire che cosa si intende per lingua neoellenica. La letteratura antica ha inizio coi poemi omerici e termina, convenzionalmente, con la chiusura della scuola filosofica di Atene, ordinata dall'Imperatore Giustiniano nell'anno 529 dell'Era Cristiana. Ma gi durante questo periodo la letteratura cristiana si era vigorosamente affermata con nomi che non la cedono in nulla ai migliori scrittori pagani, quali S. Basilio il Grande e S. Giovanni Crisostomo, e molto pi tardi S. Giovanni Damasceno. La letteratura pagana ebbe carattere dialettale, con prevalenza del dialetto di Atene (attico) che fin col diffondersi e col diventare la lingua comune dell'ellenismo Alessandrino, cos come, circa mille anni dopo, la lingua di Firenze fin col diventare la lingua nazionale d'Italia. Pertanto il lessico antico comprende non solo i vocaboli del dialetto attico e della lingua comune ( zo & v-'n y)6)gacz ) ma anche le voci dialettali desunte dalle opere e dai frammenti pervenutici (1).

(1) Come noto gli antichi dialetti greci si possono distinguere, d'accordo con la tradizione classica, in tre gruppi; dialetti ionico-attici (della jonia d'Asia Minore, dell'Attica, dell'Europa e della Grecia insulare), dialetti eolici (settentrionali: eolico d'Asia Minore, tessalico, lesbico; meridionali: arcadico e cipriota), dialetti dorici (settentrionali o dialetti di nord-ovest : arcanano, focese, locrese, eleo, ecc.; meridionali o peloponnesiaci: corinzio, argivo, laconico, ecc. Molti dei moderni distinguono invece quattro gruppi: ionico-attico, eolico, dorico e acheo (o arcadico-cipriota). Vari dialetti salirono a dignit di lingua letteraria, come per esempio, l'attico nella prosa e nel dramma, ma dal IV secolo in poi si va formando una lingua letteraria comune che si fonda sull'attico ( x.ouv-;) ) mentre i dialetti si dissolvono in un volgare comune che la base delle odierne parlate popolari. In una classificcazione a grandi linee si distinguono dialetti del sud e dia-

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Durante il periodo alessandrino la lingua greca subi due influenze straniere: la latina e la ebraico-cristiana. Il contatto della civilt latina ancora agreste con la raffinatissima, se pur decadente, civilt greca, introdusse numerosi grecismi in Roma, ed alquanti latinismi in Grecia, attinenti questi ultimi soprattutto alla terminologia giuridico-amministrativa e militare. Eccone alcuni: kastron (castrum), dekouron (decurio), kentouron (centurio), fssa (fossa) hosption (hospitium), familia (familia), sgnon (signum), pkton (pactum), tbla, tablla (tabula, tabella), prator (praetor), prafektos (praefectus), kaballrios (caballarius). Alcuni di questi latinismi si diffusero tra il popolo, sicch spiti e kaballres hanno sostituito gli antichi oika e hipptes che ricor rono soltanto nello stile elevato, e familia ricorre ancora accanto al pi frequente okogneia. Il Cristianesimo, di origine ebraica, introdusse una propria terminologia, con vocaboli nuovi, ma pi spesso attribuendo significati nuovi a vocaboli gi esistenti. Alleluia, amen, osanna, sono termini ebraici. I termini greci, da cui derivano attraverso il latino i termini italiani, sono assai pi numerosi. Ad es.: angelo, diavolo, demonio, chiesa, sinagoga, basilica, parrocchia, diocesi, vescovo, prete, monaco, eremita, liturgia, salmo, antifona, epstola, vangelo, canone, litania, battesimo, cresima, eucaristia, ecc. ebbero nella letteratura pagana significato diverso. I mesi assunsero nel mondo greco la denominazione romana, i giorni della settimana quella ebraica. Tuttora nella nostra Grecia diciamo: deftra, trti, tetrati, pefti, parassai, parassegui, samba, ciuriac che rispondono ai termini liturgici feria secunda, tertia, quarta, quinta, parasceve vel sexta, sabatum, dominica. L'influsso cristiano non si limit alla terminologia; esso fu assai pi vasto e profondo. Il greco dei Vangeli non quello forbito e atticizzante delle prose del Crisostomo e di S. Basilio. Coi Vangeli la lingua perde il suo carattere aristocratico, preferendo nel lessico le voci pi in uso tra il popolo. La lingua assunse cos un carattere po-

letti del nord, i quali ultimi vivono nel continente (tranne le zone di Atene e Megara), nelle Sporadi settentrionali, nell'Acaia settentrionale, a Tino, nelle isole a nord di Scio, ecc. e sono caratterizzate dalla scomparsa di i e u atone e dallo oscuramento di e e o atone rispettivamente in i e in u: per es. 7:,),ccou vendere; in una particolare condizione di isolamento si trovano lo Zaconico (parlato in una limitata zona fra Hagios Andreas e Leonidi nel Peloponneso) che trae direttamente le sue origini dall'antico Laconico, il Greco dell'Italia meridionale (Bova e Terra d'Otranto), e infine i dialetti della Cappadocia e del Ponto che, come tutte le parlate greche dell'Asia minore, si avviano ad estinguersi dopo lo scambio di popolazioni fra Grecia e Turchia (accordo del 30 gennaio 1924) che li ha tolti dal loro ambiente. (E. Peruzzi - Elementi di greco moderno - Edizioni Le lingue Estere - Milano - 1924).

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polare, e perci si pu affermare che il greco moderno trova le sue origini nei testi evangelici. Non che la % decadesse, ma la letteratura seguiva due vie, e mentre i dotti e la corte imperiali continuarono ad adoperare la x o t v-1 integrata coi necessari neologismi, altri adottarono lo stile evangelico in racconti o poemi a sfondo religioso o romanzesco e con concessioni via via pi numerose al lessico ed alla morfologia della lingua parlata. Cos andarono le cose fino a quasi tutto il sec. XII, fino a quando cio l'Impero Bizantino, pur nei limitati confini cui l'aveva ridotto la crescente potenza islamica, conserv la propria forza vitale. Nel XIII secolo se g uirono dapprima la conquista di Costantinopoli da parte dei Franco-Veneti e la creazione dell'Impero Latino d'Oriente, (1204-1262), poi le conquiste venete e turche, e infine la caduta definitiva di Costantinopoli in mano ai Turchi (1453). Ma quando Costantinopoli cadde, l'Impero era gi da un pezzo una larva: il suo territorio si limitava alla capitale con l'immediato retroterra. Adrianopoli era g i capitale della Turchia Europea fin dal 1365; turchi erano i territori che costituiscono la Grecia continentale d'oggi, mentre Venezia deteneva ancora Cipro, Creta, le Isole lonie ed altre isole minori dell'Egeo. I Turchi le tolsero Cipro nel 1571, Creta nel 1669, mentre il dominio franco-veneto segn la fine dell'Impero Bizantino. Nelle terre soggette a Venezia si risent l'influsso della cultura italiana in pieno rinascimento; la Grecia continentale ebbe invece a subire l'oppressione di un popolo di altra razza e di altra religione, nemico acerrimo del nome cristiano. Scese cos sulla Grecia l'ombra della notte, pi scura di quella che tanti secoli innanzi si era distesa sull'Italia. In questa notte lunga, le lettere tacquero, e le arti con esse. Unica, piccola face dell'Ellenismo, che mai si spense, e che poi divamp, fu la Fede, l'Ortodossia. Ma mentre i dotti tacevano (in gran parte si erano rifugiati in occidente, dando impulso nuovo allo studio dei classici antichi), cant il popolo nel suo vernacolo: cant le sue trenodie sulla splendida Polis caduta in mano degl'infedeli, su Santa Sofa profanata e le campane mute, mentre gruppi di ardimentosi, insofferenti di servit, abbandonarono per le gole selvagge dei monti le case materne, cantando: mamma, non posso, no, sopportare il servaggio; vado via, mi faccio klefta; ma prima ch'io parta, dammi, mamma, la tua benedizione e i tuoi auspici: auspicami, mamma, ch'io uccida molti turchi. I canti cleftici costituiscono la gemma pi preziosa del patrimonio poetico popolare della Grecia moderna. I Klefti non cantarono soltanto le loro ardite azioni di guerra ma celebrarono la vita libera, le fresche sorgenti ristoratrici, le nevi immacolate dei monti, sede delle loro antiche divinit, gli omerici banchetti con le carni arrostite dei montoni e degli agnelli razziati al nemico, le danze gioconde col tamburello al lume di luna, la belt delle fanciulle dagli occhi neri e 189

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dai capelli neri. Il dialetto montanaro un po' aspro, irto di barbarismi, e di forme sincopate; son fiori di campo e non di giardino; ma sono molto belli, e taluni di una bellezza veramente superba; vi si respira quasi l'aura della bellezza antica. Nelle terre soggette a Venezia il canto cleftco ovviamente non esiste. Il canto vi pi dolce, pi melodioso il linguaggio, meno inquinato da barbarismi, avendo aggiunto soltanto agli antichi latinismi un numero non eccessivo di italianismi che non guastan troppo, ma accentuano il carattere romaico che gi la z o t yn aveva assunto durante la dominazione romana. La metrica italiana vi domina, specie col settenario e l'endecasillabo, e si esplica in sonetti, ottave, quartine, come in Italia. Rimane per sempre in vigore il ritmo giambico, vale a dire il decapentasllabo, che pu essere rimato o sciolto; nella narrativa di regola sciolto; nella lirica prevale il distico rimato. Il verso corrisponde al nostro martelliano, con l'avvertenza che il primo emistichio, sdrucciolo, pu assumere un accento tonico sull'ottava sillaba, completando cos quattro giambi perfetti. in uso anche nei canti popolari il ritmo trocaico, corrispondente al nostro ottonario. Il patrimonio poetico popolare costituisce a buon diritto il titolo giustificativo del successivo affermarsi della lingua vol gare quale lingua letteraria della nuova Grecia; ma l'affermazione letteraria del volgare non avvenuta senza contrasti; furono, anzi, contrasti gravissimi, e non del tutto ingiustificati. La lotta per la redenzione ebbe un primo epilogo nel 1821, con la creazione di uno stato continentale di angusti confini. Vi era finalmente una Grecia libera, sia pure piccola e povera, sia pure con molti figli ancora in servit. Bisognava dirigere, amministrare, legiferare in questo piccolo paese. Di quale lingua si sarebbe dovuto servire il giovane Stato nell'esplicazione della propria attivit? Non certo di quella dell'antica Bisanzio, che pochi avrebbero saputo scrivere, e soltanto le persone colte (ed erano poche) intendere. Ancor meno avrebbe potuto servirsi del dialetto dei canti cleftici o di quello pi levigato delle Isole Ionie, i quali erano stati adoperati soltanto in poesia: niente prosa, n artistica, n, tanto meno, scientifica. Cosa fecero allora i nuovi dotti? Fecero la sola cosa che potessero fare: ricorsero cio alla zorr>1 ma con opportuni adattamenti e modifiche tanto nel lessico quanto nella morfologia, in modo da renderla adatta allo scopo, e di non difficile intelligenza alle persone di modesta cultura. Si afferm cos come lingua ufficiale dello Stato la cosiddetta o u cc che vuol dire epurata. La denominazione potrebbe far pensare al volgare illustre del pensiero dantesco, ma la realt diversa. Il volgare illustre dantesco pura lingua italiana, integrata con termini letterari derivanti dal latino ed epurata da elementi vernacoli troppo plebei; non lingua latina italianizzata o lin190

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gua italiana latinizzata. La katharvusa invece si distacca troppo dal parlare comune tanto nel lessico quanto nella morfologia, sicch si presenta come una forma rammodernata della zo , non come una forma castigata della lingua di uso. Non v'era allora altra soluzione possibile, ed aveva anche dei precedenti nei sermoni dei Vescovi e nei catechismi ad uso del popolo. Era una lingua ora pi dotta e arcaizzante, ora pi semplice (, ^ ao ^ vouca.), secondo la natura dell'argomento e l'indole dello scrittore. Il nuovo Stato adott, dunque, la katharvusa e ne ordin l'insegnamento nelle pubbliche scuole. I letterati l'adoperarono in prosa ed in versi, anch'essi con diverse gradazioni, secondo vedute personali; talch venne giustamente osservato dai volgaristi che non esiste una katharvusa, ma che ogni scrittore ha la propria, il che costituisce certamente un difetto. Ma, pur con questo difetto, la katharvusa si presta mirabilmente alle esigenze della scienza, per le quali il volgare non ancora abbastanza maturo. Ci non deve recar meraviglia agli italiani, i quali nel campo scientifico continuarono ad adoperare il latino quando gi da secoli la lingua italiana irradiava nel campo delarte la pi vivida luce. Accanto alla katharvusa la h tA.o c h , cio il volgare, nel senso dantesco della parola. Il movimento letterario tendente a valorizzare la lingua parlata conferendole il carattere di lingua nazionale della nuova Grecia, ebbe origine nelle Isole Ionie, ad iniziativa del poeta Dionisio Soloms, nato a Zante al pari del Foscolo di cui fu coetaneo, educato in Italia, e successivamente stabilitosi a Corf dove mor. L'inno nazionale della nuova Grecia, molto bello sebbene un po' troppo lungo, opera sua. Molto prima di lui, nel '600 Vincenzo Cornaro, cretese di origine veneziana, aveva pubblicato un lungo poema romanzesco in dialetto cretese, 1'Erotkritos, di notevole pregio artistico, oggi giustamente apprezzato, ma che a suo tempo non ebbe larga diffusione e che comunque non esercit alcuna influenza per la soluzione della questione linguistica non ancora sorta. Il Soloms perci considerato il padre della letteratura volgare moderna. Purtroppo la malferma salute lo rese poco resistente al lavoro, sicch, oltre a numerose liriche, lasci soltanto frammenti di opere di maggior lena. A lui fecero seguito numerosi poeti delle Isole Ionie, particolarmente simpatici al lettore italiano perch vi si respira l'affiato della scuola romantica italiana. Il Soloms compose anche un breve lavoro in prosa: dialogo intorno alla lingua volgare, nel quale espone le proprie idee sull'argomento. Il movimento volgarista provoc la feroce opposizione dei puristi e la conseguente violenta reazione degli altri. Come sempre accade quando le menti sono ottenebrate dalle passioni, puristi e volgaristi caddero in esagerazioni, fanatici entrambi, gli uni contro la 191

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realt della vita con abuso di arcaicismi incomprensibili alla massa dei lettori, gli altri con ostentato disprezzo delle tradizioni, compiacendosi di barbarismi e di forme troppo plebee che avrebbero potuto e dovuto evitare. Per chiarezza, i termini della questione in fatto di lingua, oggi, si possono cos riassumere. La h 9L OTEV1 la lingua parlata del popolo e pi usata in poesia; la zot,SOCP901)(3-0C usata in prosa e adottata nelle assemblee, nei giornali, nel Parlamento, nei tribunali, negli atti ufficiali. Lo Psicharis fu il capo dei volgaristi, cio dei sostenitori della lingua popolare e i suoi seguaci in Grecia sono detti pelosi, t9:11cono : un modo questo di insultarsi, perch in Grecia quando si discute di lingua non si pu non ricorrere agli insulti. La regina Olga aveva avuto la cattiva ispirazione di far tradurre i Vangeli in lingua popolare. Ne segu un putiferio tale che s'ebbe una trentina di morti tra ufficiali, soldati e cittadini. La questione della lingua ogni tanto arriva in discussione nelle alte sfere governative e gli animi a trattarla s'inveleniscono. I volgaristi vorrebbero adottare una lingua racimolata dai vari dialetti che, appunto perch dialetti, sono molto influenzati dall'albanese, dallo slavo, dal turco. I puristi invece vogliono conservare al greco il suo carattere, la sua armonia e vogliono rendergli un po' di quella purezza che venne perdendo coi secoli. Anche se Soloms, affermano costoro, scrisse nella lingua popolare, bisogna ammettere che da allora, la nazione greca, ad oggi ha accresciuto il suo capitale di cultura, uniformandosi alle nuove relazioni con le nazioni civili. I volgaristi si difendono, che il libro dello Psicharis Taxidi capito perfettamente dal popolo ed anche perch maestro delle parole il popolo (6 kb57zotlo.: T6i9 grion 6 la6c). I puristi accettano questa massima, che per malintesa dai volgaristi, in quanto il popolo non solo rappresentato dagli operai, dai contadini e dai pastori, ma anche dalle altre categorie sociali, che, non solo lavorano e si nutrono, ma pensano anche alla loro formazione spirituale. Riformatore della lingua nazionale greca fu il Korais (1747-1833), uomo di grande animo e di grande impegno. Egli non si irrigid in formule assolute, propugn l'epurazione del greco moderno e non pretese che si ritornasse a Senofonte, come poi pretesero i suoi discepoli esagerando. Il Korai:s non giudicava spregevole la lingua volgare, voleva per che si eliminassero i barbarismi introdottisi nel greco. La soluzione si sarebbe certo ottenuta, ma scoppi la rivoluzione e la riforma linguistica fu sospesa. Conquistata la libert, si pens di nuovo alla lingua e subito cominciarono i guai. Sostenevano i volgaristi che i greci odierni si impossessano del greco antico solo dopo lungo studio, ma chi non 192

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ha cultura classica non sarebbe in grado di conoscere i prodotti della nuova letteratura, se i puristi trionfassero. Rispondono i puristi con il Rangavis che la lingua greca sempre rimasta la medesima; che persino la pronuncia antica identica alla moderna (1). Replicano i volgaristi: il popolo non capisce la lingua dei puristi. Controreplicano i puristi: il popolo non capisce la lingua dei volgaristi. Dicono i primi: ci appelliamo al popolo. Ripetono i secondi: ci appelliamo al popolo. In mezzo a queste opinioni contraddittorie, come vengono a proposito le parole del semplice buon senso manzoniano! La ragione e il torto non si dividono mai con un taglio cos netto, che ogni parte abbia soltanto dell'una o dell'altro. Oggi le acque sono pi calme; il volgare domina ormai nel campo dell'arte e si signorilizzato, pur presentando qualche incertezza e qualche discutibile innovazione, particolarmente nel campo dell'ortografia e di alcune forme verbali. Accenniamo molto brevemente alle principali caratteristiche di entrambe le lingue. Lessico dotto Corrisponde in genere al lessico della zotv-i, con le seguenti avvertenze: a) sostituisce numerosi vocaboli antichi caduti in oblio con altri egualmente antichi in uso tra il popolo; b) accoglie un limitato numero di voci e forme della lingua parlata, tra cui la particella th (sincope di thlo na, volo ut) che serve per la formazione del futuro e del condizionale, in sostituzione delle antiche forme scomparse; c) introduce tutti i neologismi scientifici e tecnici della vita moderna, i quali corrispondono in genere, ma non sempre, ai grecismi della lingua italiana; d) d l'ostracismo ai barbarismi (in maggioranza italiani e turchi) di larghissimo uso, sostituendoli o con vocaboli antichi caduti in oblio, o pi spesso con vocaboli di nuovo conio, i quali per non hanno incontrato molto favore tra il pubblico.

(1) L'insigne umorista ed ebraista tedesco Johann Reuchilin pronunziava il greco antico come gl era stato insegnato dai suoi maestri, cio alla maniera moderna; questa pronunzia fu conosciuta come reuchiniana o dei dittonghi chiusi (E t, oc = i; ac = e), detta pure itacismo perch sostiene che la In si deve pronunciare i (ita) e anche iotacismo per la prevalenza che ha in essa il suono i (ota). In contrasto c' la pronunzia usata da Erasmo di Rotterdam, che fu detta erasmiana o dei dittonghi aperti (sc = ei; oc = oi; occ_ ai) si deve pronunciare detta anche etacismo perch sostiene che la lettera

e (eta).
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Lessico volgare Il volgare letterario ancora in via di assestamento; perci, tra scrittore e scrittore, esistono lievi differenze nella fonetica, nell'ortografia e nella morfologia. Ci premesso, ecco i principali caratteri del lessico volgare: a) gran numero di vocaboli trovano esatta corrispondenza nel lessico dotto; b) molti vocaboli differiscono dalla lingua dotta soltanto per lievi differenze fonetiche; c) i sostantivi maschili e femminili della declinazione antica sono passati alla prima attraverso l'accusativo singolare, per cui da patr, obdms si ha patras, ebdomda; d) gli antichi diminutivi in ion hanno rigettato dapprima l'omicron ed in seguito anche la consonante finale (paidon, paidn, paid). e) infine, il lessico volgare accoglie un gran numero di barbarismi, specialmente neolatini e turchi, per alcuni dei quali non esiste purtroppo un termine greco corrispondente, mentre il tentativo dei dotti di sostituirli con termini di nuova creazione ha avuto scarsa fortuna. Un generoso contributo alla risoluzione del problema linguistico, quello di dare una lingua ad una nazione, offerto dall'eminente filologo greco Giacomo Disikirikis, che nella sua opera I glossa - mas (la nostra lingua) si manifesta come l'assertore convinto dell'unit linguistica, che debba realizzarsi nella lingua popolare. Una parola nuova ricorre nelle penna di Disikirikis: Kalliepeia (Bello eloquio), cio a dire, il parlare e lo scrivere con propriet di termini, con eleganza, con armonia. La lingua parlata dagli ateniesi il modello da imitare, ed quella, secondo Disikirikis, destinata a diventare la lingua nazionale perch la sola capace di esprimere ogni pensiero, e di questa egli fornisce gli esempi e formula regole. Noi siamo persuasi che l'opera della scuola, tanto accetta al popolo greco, contribuir alla diffusione di una lingua comune. La scuola, in Grecia, non ha che da operare l'epurazione del linguaggio; il popolo, per parte sua, vi si piega volenteroso.
ANGIOLINO COTARDO

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