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3
Samiszdat
Maeba Sciutti
Nō
copyright © dell’autore
Collana Samiszdat
Prima edizione
Nō
Nota al testo
7
i testi. E il Nō diventa il grido di
rifiuto, implicito o esternato, ri-
spetto a una condizione innaturale,
addomesticata, dolorosa.
La figura centrale è quella femmi-
nile centrata in una condizione di
non pienezza, di difficoltà a essere
e a riconoscersi (Ho casa violata di
assenze, hanno perforato il corpo
della quasi. Prima che fosse donna.),
l'andamento procede verso il dissol-
vimento materico per cui la consi-
stenza iniziale tende a diminuire
con il procedere dei versi fino al-
la sconfitta, all'identificazione del
corpo con l'aria.
L'ultima sezione “Etilene” è l'esal-
tazione di un universo non abitato,
disumano, ciò che rimane è solo
struttura, logica, parola e, infine,
simbolo.
8
Rischia di esser scortese una composi-
zione di me dentro mi cerca l'assoluzio-
ne. Una sola assoluzione può essere di-
fesa a mezzocielo tratterrà le costole
riunite e le anime troppe smetteranno
di urlare se, con l'amuleto sulle labbra
sulle dita,
la parola mi aggrapperà tutta.
9
Rammaricata dall'inesistenza sono tornata
culla bimba malata]
che graffia, sbatte porte graffia. Non so
dire “guardami”, faccio]
rumore.
“Oh”!
Urla madre più forte dei figli. Per mezzo
secolo di conoscenza]
il palcoscenico lo sa gestire.
10
Ero quasi solida. Fra le cose sapevo la
consistenza esistere altrove. Per confronto
sapevo l'intermittenza finché restava solo
la lacrima chiusa nella palpebra. Apparte-
neva a se stessa.
11
riempito in un mercatino. E' il mio tesoro
d'anni.
12
Sangue di colomba in qualche luogo
dentro
fa sedimento di tutti gli anni che lo
dissero tramonto
Sul rosso sterrato passava lo sguardo
scelto cieco al tormento
un quarzo
chiuso nella mano arroccava, sveniva
i rimasugli nella fede dei vetri
ballata
Un attimo prima di sapere la paura
una carezza sulle dita diceva
altrove
solo del sole, sa lei, è incolore
sopra l'urlo delle nuvole spaccate
dorme
non convince niente a tacere.
13
Capolini riversi
2007
14
“La bellezza salverà il mondo”
F. M. Dostoevskij
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mi aspetta con una carezza, ha sopra il
mio nome.
Altrove mi dissero del sole e un'am-
piezza di rose
vibra colore agli occhi tutti lo posso-
no vedere:
il bacio sulla guancia, il gesto primo
era pieno
di vita tanto che il ricordo pigola pi-
ano la
sera anche abbassa le ciglia al sorri-
so.
Prima.
Piano sarà notare il sole sul pallone è
un mulinello
l'artista: una piccola felce infittita
nel mistero del bosco
c'è una casa.
Almeno nostro è il forse, mio amore.
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Sulle tue labbra chiuse
passa l'indice senza coraggio
e lei, per non sentire il silenzio
grida la grandine
fissando il ventre rosso delle foglie
da imprimerci bene la fronte
da affondarci le mani
dove una linea si scompone
inadeguata
fermata per l'attenzione
ruga di vento su capelli scomposti
come falene
rifratte da muri di pietra
percezioni che ritornano
fratturate
in sassi certi del suolo
miniature
su cui impalare la fantasia
dividendo l'odio concentrato al petto
spillato nelle iridi
che mi temono:
pedice della mia pagina
tendine d'ansia sul collo.
2007
17
Sembrava sospetto un angolo di cuore
senza occupanti
nascondeva agli occhi del giorno -
sempre grigio -
l'ansia femmina di toccare l'armonia. Ti
nascondevi
nei fianchi, nel sonaglio fra i capelli
dal riflesso
su tutti i vetri.
Imparammo a guardare insieme, io e i
tuoi occhi
è un oceano l'imperfezione
t'insegue per le strade dove si solleva-
no cumuli
di ore portate, alla meno peggio, sul
viso dei passanti
incolori, per troppe tonalità di grida
indifferenti
a una manciata di biglie nelle mani,
t'insegue nella terra nemica che è già
un passo fuori dal letto
dalle storie che raccontano voci di ca-
sa incontrate solo nei sogni
al diniego offrono i polpastrelli se
indugiano a riconoscere sulla pelle
la sconfitta nel profilo di sempre
d'un tratto ti fa triste.
18
Le mie pieghe
sono pagine di grano
chicchi irrisolti
che cadono uno a uno.
2007
19
L'aria ti ha rincorso
sulla superficie del pavimento
dove arrendi le gambe alla corsa
riflettendo una distorsione romantica
di profili variegati dall'ombra,
incorniciati dagli stipiti,
fotogrammi urticanti i ricordi
che si raggomitolano sotto la pelle
aggiungendo sale alla circolazione,
rossa
che in te nacque e in te resta.
2007
20
La noia per i tuoi occhi morti fissi
sulla soglia e i miei che
mangiano la quiete: spalle, gola, bocca
a morsi.
Rintracciare il respiro che guaisce
sul pavimento o
smagrita scordare mani con linee della
vita bucate.
I buchi dei miei palmi sono scacchi per
giocare.
21
Il nostro piccolo romanzo passa
aperto fra le tende ci sbiadisce la lu-
ce
anche oggi non sarai, se mi volto,
braccia aperte
né ho il permesso
di stendere un dolore sul non ritorno.
22
Tristi le foglie che ti deposi sul ven-
tre finché, nel tuo abbandono, rividi
ogni mio giorno:
23
che da sola non chiama e non crea di-
menticanza, respiro.
2007
24
*
25
26
Riempivamo quaderni in fogli.
Scrittura stretta, iniqua, nera.
Listate a tomba
le cose serie che mi portate nel becco.
Piccoli dei del suolo non so venerare
idoli stanchi svenuti sulla carta pre-
miata.
27
Roteano ossificazioni sul volto schia-
rito
a lume porta consiglio.
Fasci di apostrofi alla tomba
sua deità poeta caduto mille secoli or-
sono.
Non più reclute da allora. Neanche u-
na.
28
Porta il soffione la neve d'aprile non
vede sua maestà
poeta non più. Si autoproclama l'esse-
rino – che a
guardarlo sei tutta pena - esibizione
nuda per nudo orrore
offre fine, si schianta sul suo passo_
artista non sa dire
la Fervente quasi si arrende al prato
bianco offerta gramigna.
Prega la febbre svanire, corpo e mente
assaggiare
brezza disumana è indifferente idolo
santo irsuto di nebbie,
capillari a macchia d'ortica rifugiano
il sangue rifiuta squadroni
in parata sono solo assassini.
29
Sciorinano sul foglio tutti i miei pec-
cati d'astuzia
restano disidratati nella convulsione
delle tempie
adattate a ticchettio per blandire il
sonno.
30
Prima stanza.
31
Seconda stanza.
L'arresa è libera.
Le lucciole spengono la vista e sporgo-
no
braccialetti di farfalle
cosparse a ogni colore.
32
a stordire muri, steli, lobi di tulipani
mentre l'umano inghiotte i suoi sensi
scompare
"l'arresa è libera" dice
2008
33
34
Beltane
35
36
Legarono le corde vocali fuori dal
giardino dove elencava le campanelle -
belle –
il badante pensò di farla internare la
prima volta che la Suicida
non volle stenografare.
Crisi uterina. Pianse per l'utero sua
madre.
di farsi gridare
37
nella latitudine concessa del cortile
resto incinta di parole.
Scoppiavo senza partorire, quel giorno
l'ostretico pensava al ciliegio da po-
tare
diranno che muore per l'innamorato in-
collato a cuore
dirò "per essere sono dovuta crepare".
38
Le mie mani sono foglie, casa per tutte
le coccinelle
povera pazza ancora giovane non è bel-
la come la
magnolia. Carente aria uccide pensieri
nati
giovano e belli, li deforma piccoli mo-
stri sbattuti
contro il silenzio di tante orecchie.
Bellabambina non si vuole conoscere
oltre occhi e gonne
a fil di ginocchio lo sguardo si spe-
gne, il proiettore
chiude la luce quando il racconto in-
comincia
39
Passano brave madri di anni brucate a
lasciare l'obolo
alle diplomate oggi. Quindici lingue
automatiche, bocche
sorriso, occhi a odio aspettano il
prossimo suicidio per
saltare sul podio. Osanna. La ragazza
quasi nuova si è
venduta quasi tutta e stringe nelle
mani l'orgoglio appena
per veder fiottare il sangue sul tuli-
pano.
40
Le culle hanno macchie di pizzo, dor-
mono, senza trattenere i fiati caldi.
Condense di cielo sul volto.
La febbre d'ossa travisa tuttogiallo
finché ondeggia la corsa zoppa del
siamese spalancando le membrane dove
pulsa
il pensarti
nel suo doppio cordone denutrito
a singhiozzi
singhiozza e s'inginocchia
41
Occhi a sangue di bue hanno un solo
centro
domandano la pallottola o l'appiglio.
Nati figli del greto sono polvere, gia-
cenze
di tempo aspettano il rintocco delle
campane
è nero e al ritorno la veggente ripete
lo stesso:
spoglierà il primo fresco, le farfalle
scucite dalle
gambe in ginocchio hanno chiesto...ma
una
bocca di marmo ha pietà altra, non sa
nulla
del pianto.
42
Ho un male dentro di mani appena fio-
rite, ricettecura madre buona - tutto
seno e nipotini-
ti ha cucinata un bel cielo rotondo,
grasso fertile tondo. Pronta pietanza
da servire:
una nuora incinta ancora. Senza l'ap-
provazione fu mai data assolta per le
sue gambe, sguaiate regali ai bambini
di sessant'anni teneri, non possono non
toccare tutti parenti il frutto lucido
al finepasto invita a.
Copula.
43
Di lei si ricorda il riprovevole
schianto. Pianto.)
|
|
| Variazione sulla furia
|
V
44
/Pascolo lenito da gocciole buone os-
serva il pesco sfuriare
germogli faranno sanguinare troppi
tempi di cieli uguali/.
45
La ragazza depressa pulisce foglie di
latta
pianta appartamento sempreverde
come se sempreverde potesse essere il
cuore, Mulholland Drive
intermittente insegui la mano libera
suggerita
in tante persone per un polso solo.
Nessuna davvero crudele hanno inten-
zioni buone: buoni consigli,
alprazolam, censure e lamette.
Grida.
La madre più caritatevole rimetta l'e-
mozione al suo posto
nella bianca puttana disanimata
prodotto da discount si svende a basso
prezzo
la periferia
mentre Mulholland è nebbia.
46
Scaldate male il pittore troppo giorno
ha speso per la
tonalità giusta è passata la tempia di-
venta pesante come
un delitto già compiuto non può torna-
re in strada a
battere da donna paonazza la propria
isteria.
La tempia ingrana a seconda dell'umore
malmenato
presenta a te la furia non ha saputo
trovare il giusto
colore di una mattina tossita a malau-
gurio prima
del debutto tanto che evitarla era sal-
varci dai suoi occhi
ottusi come grida sulle mattonelle.
47
Mi ricordi allattata dal geranio mia
madre ha mammelle
abbondanti mi trovarono allarmata fra
lo squadrone delle
donne il fucile puntato e un padre vo-
luminoso in assenza
aiutava...me sperperavo tutto il disa-
stro sentivo tremare
perfino il midollo sembrava nell'aria
→
gemono le grida grinzose mi portano
→ via
48
Si era creduta possibile ultima fede
caduta sull'io mastico
quel che rimane di accenti ho creduto,
idolo santo, fatto
da mani che conosco non si sono mai
mosse graziose tutte
insieme lambiscono il bavaglio in gola
è casa. La tua. A te
porteranno fumo e una scusa gli occhi
roventi quasi cresciuti,
crederò, dalla scorza del pesco.
49
Profuga inchino il capo fissandomi in
superficie estesa
che riflette, i tuoi occhi da ladro
sulla schiena ritoccano
il mobilio, i miei immobili come denti
maturi specchiano
i nervi verdi azzurri delle campanel-
le. Crescono sulla
pelle le radici puntate al cielo non
esultano l'arsenico.
Il veleno patrilineare scorre fino al
cuore crudo.
50
Aspettano le braccia per essere ferma-
te,
paziente chirurgo ricuce pezzo a pezzo
toglie le bocche troppe sono tutte un
ansimo
per l'animale svezzato e subito abbat-
tuto si
tenta la sommossa.
Madre dolce pensa al prossimo ventre
già pieno ghigna la sacra compiacenza
delle prefiche ammutolite urlano at-
torno alla
Rimasta è occhi vani come malattie
d'acqua.
51
Si è impietrita la forma
cullata da amache di vento
che sussurrano il loro ritorno, su noi
monoliti alle viscere, al sole che cede
quadrati all'autunno;
2008
52
Dentro la sua ansia tutt'occhi cercano
la fuga
nella silhouette accesa dalla nebbia è
la tentazione all'autunno, confonde le
fondamenta
eppure
Non c'è malinconia ma sbatte il mare
spento
rubato dagli occhi si distende su donne
senza peso
contorni macchiati nell'iride sono fi-
gli
di un singhiozzo
tutto d'anni murati a sipario.
53
Ho cento cuori: uno mi fu madre, l'altro
padre e poi delirio
di bocche, ancora rosse, sotto il ghiac-
cio
Ricordi? Le osservammo urlare ora ri-
dendo, ora...
Sulle nostre pareti di nebbia scorre il
latte che non bevemmo
e il vento prega silenzi, briciole con-
cave, fotografie
su cui sprecammo
l'indice nervoso
distrazione prima di ritornarci
annaspo alle caviglie, trasparenze che
ci inseguono.
Nel crollo
fioriscono costole tagliate nel piombo.
54
La figlia ascolta arrotare la lingua
insonne se morale spinge a diffidare
donne dal farsi carne.
Infertile grembo scorda sua madre,
sdentando la bocca ripete frasi - in-
cisioni nell'aria - ,
riconduce anche la santa al bel mobi-
lio accatastato.
55
56
*
57
58
Votata a giaciglio tristezza già
nell'era infertile precedente
il diurno l' hai saputa: fra i campi di
granito i silenzi erano
acque mature, tenevano la testa nel lo-
ro ventre.
Infelicità balbettata discolpa scese
nelle ossa di alberi fermi in inverno.
Costretto compiaciuto era il sangue. Il
sangue
compiaciuto vedeva occhi di madre a
stella pattinare sul gelo
tutto l'anno per vent'anni di freddo.
Ma. Più di ogni altra fu cara la stan-
za dove il volto si assomiglia:
tu con in braccio il gatto che rin-
ghia... tua figlia costole crude
strette alla sua scostumata tristezza.
59
60
*
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62
I tuoi occhi che guardano i miei
navigano la superficie stesa sulle
crepe
lentamente si arrendono a pensare fer-
tile...
un altro autunno ha parole arrossite
sui vetri
cingono anche i singhiozzi, dilagano
dentro.
63
Metteva le farfalle in fila la nebbia
ha una compassione
abbondante per vista parsimonia in
dettagli abbassa
il suono dei lampioni è tutta foschia
dimentica il bisturi
non trova l'odiante chirurgo ha solo
paura. Lo copre la
bufera è caos di etichette rimangono
in disparte le cose
violentate si sentono richiamare alla
base dallo squadrone.
Lo squadrone piccolo come un io sa la
femmina che, sempre madre,
sempre allatta polvere e, per pietà
tutta, in difesa tutta abbassa la
luce. Se. Il figlio balbuziente gioca
alla comprensione.
64
La luna è un'ostia nel cielo troppo li-
quido
per prendere sul serio le grida dei
gatti non suonano
ascolto per le vedove, annodano i fili
del non più_
Non ritorno.
Un attimo troppo tardi è la fuga trova
glicini in cocci
si fanno raffermi nell'afa spuntata da
voci tutte, tutte uguali
nella folla istupidita dei mercati si
barattano parole:
passano nei pensieri e ne escono illese
tanto che sembra dolore al sangue
l'ascolto.
65
Non avrebbe temuto di piangere ancora
lei che tracima si fa colma di rugiada,
inclina il collo più fragile dell'erba:
ogni goccia è lima sul collo se il collo
è sottile per molti dolori affilati. Li
puoi
salutare anche tu, ridendone come ri-
dono
i legni delle cose lontane.
Ma sa lei
il corpo è una diramazione per lunghi
nervi
esplodono senza epidermide, senza spa-
zio.
E' colma l'ampiezza del tormento non mai
superato
ricade sul suo tutto “per amato non
sense” diranno persone piane.
66
Cola il salice ha nelle vene l'oro, non
piange ma biondissimo assale la vista
tutta
il mio viso acceso accade: sparge la
luce è un giglio la vecchia fede mai
diversa
invita
un corpo attende di veder germogliare
la prima radice.
Porta il salice ninnananna corre sul
vento, dentro ho nascosto ancora un
attimo di carne
si sbilancia nelle lingue che conosce
racconta il mio amore è un campo d'orzo
mai abbattuto. Lunga notte. Attentarono
allo svenimento punti in terra da non
risveglio per il prossimo morso disob-
bedivo l'istinto alla resistenza mentre
cieche sotto pelle le vie che posso
prendere hanno fughe in aria, culle
per le bouganvillee.
67
Quella di me che mi possedeva era tutta
lucente pesce azzurro
in branchi squamava la superficie del-
la chiesa marina scompone
il nucleo della polpa per acqua in o-
smosi affina la leggerezza /che
dirla allarma gli occhi tutti a taran-
ta/.
Ti voglio tutta nel modo glabro che sa
il nido dell’ultimo fiore non
mai dischiuso al vezzo della natura
può essere cattivo se elargito a
piene mani rinchiude il corpo a chie-
sa... una lezione dopo l’altra
per spegnere gli abbaini finché il
cuore mobile ha cieco il perimetro
voluto.
68
Scendeva la pelle nel campo di lillà
tutto l'orgoglio
sapeva la consistenza del polline, per-
se fra steli
l'erba annodava le nostre speranze di
restare
polline carnivoro, cresciuto sino al
limite si adagia
a ingrandire il sangue che cola sulle
montagne
69
Non sapevo ridere al giorno così lo
creavo con ore
identiche di sconfitta da masticare,
senza l'aroma
menta non somiglia ad altro da sé ma
incendia il
ventricolo unico rimasto dopo aver
venduto l'altro
per una carezza a forma d'occhiello
sulla pagina
che è un osanna. Un osanna pasto per
gli inesistenti
stipati sul fondo il prossimo nome sem-
bra infinito.
70
- Ti ho incontrata -
Tremando con le caviglie di un pianto
dissennato
macinavi gli occhi e le radici spunta-
rono
iridi di gelsomino
- Iridi a gocce -
Guardano altre nel lontano assolato
le afferrano, occhi a rapina portano
dentro:
una pozzanghera restituisce figurine
nere
quasi contorni di un Monet smagrito
lenisce scacchi di pelle vuota
ribolle, acceca nel pianto primo
inciamperai
colando sulle ciglia il sangue bianco
del gelsomino.
71
Sono la venere da cinque soldi.
Senza lacrime. Parole mitragliate
sul viso cercano la confessione nel
punto dove tramontano
i neon l'infruttuoso procedere delle
giornate. Un corpo stanco.
Un dettaglio stanco si graffia le pa-
reti dell'addome posandosi
nelle fila delle bambine buone.
72
Non mi lasciare in pace adesso marea
hai il mio sapore
di raucedine, mortificante rinchiuder-
si in se stessi. Bocciòli
notturni, vi colerò acqua dagli occhi,
vostro cielo fecondo
rinchiude la bolla costellata d'ansia
sulla nenia dei cuccioli
innamorati traballano anche i morti.
Morti momenti rauchi
scesi in qualche luogo dentro.
73
Sulla scia di un'improvvisa paura
il corpo senza ali da farfalla faceva
il volto tutt'acqua, non distingueva
i contorni ma dibatteva in linea retta.
Nelle ferite sugli asfalti si esanime-
rà
almeno un po' di fiato lascerà spazio
al vento.
Chiedevo sorellanza ma la
confraternita non mi assomiglia né
la linfa mi prende se imprimo il volto
a macchia l'erba rimane indifferente
il sangue ghiacciato del bucaneve non
prende il tumulto, non compiange
gli interni sono cenere.
74
Mi risucchiano visi grigi sparpagliato
sangue, mestruato
dalla nascita graffiano la presa del
più forte. Io ero incolore:
fuori dal gioco restano le bambole.
Crescono. Senza quadrati spassionati da
lenire, compiti a casa, verso sera.
75
Non avevo calma se tornava al corpo un
grappolo di accenti
caduti sul caso pregavano di rendere
carne altro da me.
Volevo coniarmi rabbia per l'insostitu-
ibile sciocchezza all'
infinito.
La porto dentro come placenta in osce-
na recidiva del parto.
76
Mi trova un mattino smembrata decisa a
concedermi una
quadratura mi renderà fumo negli oc-
chi indifferente.
Così provavo a rendermi tattile ma se
tocca una parola
appena squilibra la posologia della
pelle farà inutile muovere
in apnea le fila dei nervi. Le fila dei
nervi sono bambine
sgusciate per ogni pulviscolo agiscono
anemoni al vento.
77
La neve d'autunno è tutta sfumata
meraviglia
la figurina che passa nell'iride ra-
strella
un po' del dolore dimentica la sostanza
nei giorni troppe parole, tutte svelte
durano il tempo di uno scoppio.
78
Girandole di crochi neri da una di lei
che si moltiplicava in trasparenze.
Le infinite variazioni ti musicano
tutte, così continui: dagli affusola-
menti fra i seni ai grovigli nei ca-
pelli. Riccioli liberty per le tue pose.
79
Mi spigolo vestendomi a cuori spesso
con occhi carnosi
nelle mattine fredde le palpebre trat-
tengono notte, scendono
sui contorni smagriti delle ballerine.
Sente i loro muscoli, li
conosce. Lei che non ha corpo né mente
legge la consapevolezza
nell'aria.
80
ETILENE
81
82
Do-dominante
la voce si fa ventre tondo
allerta
il collo un passo verso
l'odore premuroso schiamazza
bianco
incomincia il foglio
83
Inchiostro
o prima tentazione
_Inchiostro_
84
Seconda tentazione
- la definitiva -
85
Lemon
Cinge la chiamata al movimento se
il lampione, a tono mezzo, non tiene
il passo delle oscillazioni, delle
ciglia
divaricate
a coro d'occhi.
86
Blue, green, brown
E' blu il suono in uno stringere d'ali
si fa
frugale in uno stringere d'ali
va
il lucore serale sul tuo seno
sfinisce la vista nel battito chiuso
degli occhi
si sa
il rispetto per gli anni seduti ai tuoi
piedi
ronzanti dai nidi, dagli alveari...
legislazione sopra l'occhiolino: dalle
felci sfiora il sottobosco
_Fa silenzio_
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Visioni simultanee
Nascono le viole che nascondo
quando si scioglie la vista
rimaniamo bocconi. Fra le forme tonde
il seno soffia
rispetto, per gli anni scesi a terra,
lucida particolari in controsenso:
la papilla tonda del mio gusto è la
cassa armonica della chitarra
c'era, era
mia madre occhi cerchiati d'azzurro.
88
N.o
Compromessa fra le istanze: nebbia
nella nebbia dove non senti, non muovi
un passo, il respiro rimane agli alvei,
nei polmoni si ripete foschia. Mono-
cromatica e irrigidita stilla perife-
ria. Stillicida, distilla un crollo de-
solato mentre fuma turbamento con ac-
cento minimale rimane cortina. Negli
occhipolvere, continuum senza separa-
zione. Dal vetro grigio nessun soffio
consuma. Anche le corde vocali hanno
inclusioni calcaree.
_contorni fermi_
89
90
Maeba Sciutti è nata nel 1977 a Ri-
mini. Nel 2006 fonda i gruppi di
poesia e arti contemporanee TheCa-
tsWillKnow e TheCatsWillKnowAr-
tGallery.
Scrive articoli, critiche e recen-
sioni per diversi siti on-line fra
cui Tellusfolio, Via delle Belle
Donne, Nazione Indiana e Imperfetta
Ellisse.
91
Sue poesie sono comparse in svaria-
te riviste fra cui “Velvet” magazine
di Repubblica, “Π- trimestrale di
conversazioni poetiche” e “Le Voci
della Luna”.
Ha pubblicato “Flaming June - donne
oltre la tela” (ARPANet, 2008) e le
raccolte poetiche “Cristalli di fia-
to” (Liberodiscrivere, 2007) e “Lin-
gue di piume” (ARPANet, 2007).
Particolarmente attenta ai lin-
guaggi sperimentali, si interessa
alla contaminazione artistica se-
guendo gli sviluppi e ricostruendo
le basi storiche della poesia visiva
e di quella elettronica.
92
Lo spettatore non deve essere preso
in considerazione durante la rea-
lizzazione dell’opera, ma non gli va
detto, dopo, cosa pensare o come in-
tenderla o quello che significa. Non
c’è bisogno di definizione…
…Il suo scopo, il suo significato è
quello di comunicare emozioni, di
qualsiasi tipo. Quale sia questa e-
mozione o come venga percepita di-
pende dallo spettatore. Dovrebbe po-
ter guardare l’arte e reagire senza
chiedersi se la “capisce”. Non vuole
essere capita! Chi mai “capisce”
l’arte? Se l’arte è così facilmente
definita allora esiste solo per
quelli che la “capiscono” e tutti
gli altri le sono indifferenti.
Definire la mia arte equivale a di-
struggerne lo scopo. L’unica defini-
zione legittima è la “definizione
individuale”, l’interpretazione in-
dividuale, un’unica risposta perso-
nale che può solo essere considera-
ta in quanto opinione…”
Keith Haring, “Diari” (Mondadori 2001)
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