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Samiszdat
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Flavio Toccafondi
Isabelle
(dimmi che non speri)
copyright © dell’autore
Collana Samiszdat
Prima edizione
Isabelle
(dimmi che non speri)
I libri mentono
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PREFAZIONE
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frustrazione del povero letto-
re/ascoltatore che, dopo un paio di
endecasillabi perfetti, si aspetta
la rima baciata, non vede l’ora che
arrivi, e invece no, il poeta non
gliela manda più. La rima è fru-
strata, si dice in gergo.
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Ti chiede di seguirlo nei suoi
percorsi mentali, ti trascina in
un vorticare di prosa poetica che
ti afferra e non ti molla neanche
se provi a staccare gli occhi da
quelle parole. Un esempio? Provate,
se ci riuscite, a frenare su questo
passaggio, provate a interrompere
la lettura a metà, è una sfida ve-
ra: Sei l’equilibrio e la distanza,
la dichiarazione d’intenti, la
guerra e la pace, sei l’armistizio,
il delitto perfetto, la prova
schiacciante, sei l’arma del delit-
to, sei bordura di rose, bordura di
lavanda, siepe di bosco, cancello
d’ingresso, sei la calce, il gesso,
il collante di ogni frattura, sei
la paura, il timore, l’espressione
del dolore, sei un giorno appeso al
vento fuori casa passeggiando sot-
to il sole, sei peggio di un crimi-
ne e in quanto delitto strappi il
cuore, il tuo amore è assassino,
amputa gli arti, si prende gli ab-
bracci, e mi lasci a metà. Capito?
Tante volte vi foste dimenticati
chi comanda, nelle pagine di Toc-
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cafondi, e chi è l’unico che ha il
potere di lasciare a metà qualcosa.
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Eppure, vale la pena di farsi mal-
trattare e frustrare, non vi pen-
tirete di dovervi arrabbiare per
le frenate improvvise su un elenco
interminabile di nomi di lumache,
non vi spaventerete di esser tra-
scinati in gorghi di parole inca-
tenate. Alla fine, chiuderete il
libro e avrete la consapevolezza di
aver letto due storie d’amore al
prezzo di una: quella narrata nel
libro, mendace per dichiarazione
programmatica, e quella tra lo
scrittore e le sue parole, vera
perché i libri mentono, ma i veri
autori non possono farlo.
Valeria Coiante
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PRIMO
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Mi ricordai di me a giugno
dell’anno dopo, ti seppi andalusa e
viaggiante, mangiavo pochissimo,
desideravo bacche, il miele, il
miele, le bacche, il miele. Mi im-
piegai in una ditta di spedizioni
ittiche, lavoravo quattro ore in un
centralino, potevo sfogliare le ri-
viste e le mappe, seguire col dito
le rotte delle tue apparizioni.
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SIAMO TUTTI CECOSLOVACCHI
e di seguito
e ancora
e ancora
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IL LAVORO E’ UNA TRUFFA CHE DURA
BEN PIU’ DI 8 ORE.
UN RAGNO MI HA ABBRACCIATO.
MAMMA, SAPRO’ RESISTERGLI?
GARANTISCO IO
e di nuovo
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Non spensi la luce, essendo la lam-
padina da immemore tempo fulmina-
ta.
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questa frase in testa, più che una
convinzione, lasciato stare.
= If I...
stessi ...
cado su stessi, mi viene “if i was
fine” o al limite good
ma se fossi stato bene non avrei
scritto, non avrei descritto, un
ritto, un rutto, ora rutto e sto.
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Fatevi una ragione degli altri e
soprattutto datevi una motivazione
per voi.
Spegnete le candele nelle chiese,
chi prega ha bisogno del buio, chi
è morto ha già lasciato in eredità
la luce perpetua.
Fregiatevi di un titolo nobiliare
che vi soddisfi, fatevelo calzare
addosso aderente al tema della vo-
stra debolezza: Duca Di Sinusite,
Contessa Di Endometriosi oppure o
al contempo, nutrite un cucciolo di
animale non mirando esclusivamen-
te alla sua pelliccia, amatelo sim-
metricamente alla fiducia che ri-
pone in voi, relegatevi in un ruolo
di appartenenza e non acquistate
più, per carità del cielo, cibo pre-
confezionato.
Infine datevi un’arte, gestite i
vostri resti, fondate una casa edi-
trice clandestina e richiamatevi
al rigore della memoria che vi
consiglia di fissare su carta le
idee malsane che vi passano per la
testa.
E soprattutto, sposatevi con una
ragazza che non concepisca il vo-
stro bisogno di poesia, che dia una
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parvenza di quotidiana normalità
alla vostra vita mentre voi, nella
stanza accanto, vi sentite Dio.
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SECONDO
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oppure
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che tutto gira, che tutto si dimen-
tica; forte sempre più forte, che
tutto passa, che tutto è forte
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TRE DIVAGAZIONI
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CONSIDERAZIONI SULL’AMORE,
INTESO COME (manca definizione)
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E ti ho amata, vista dalla strada
sui balconi alle fermate alla ra-
dio la tua voce, vista distratta
attraversavi la strada la sera la
mattina a pasqua nelle festività,
vista vestita bene o poco e male,
coperta abbronzata pallida nel do-
po ciclo, vista la mattina presto
stendere o stirare, ritirare o ap-
pendere o in fila a una cassa o
guidare o guidata o a spasso con
un cane o delusa, sconfitta e dolce
a cucinare o a cucinarti addosso o
a cucinare per cene per feste per
sabati sera nei palazzi di festa,
gli amici, il resto, le bottiglie lo
spumante le pastarelle, i dettagli,
curare i dettagli! I tovaglioli
rossi sono volgari, bianchi sanno
d’ospedale, le tovaglie, le tovaglie!
Nascondere la biancheria sporca
dal bagno, eliminarla, io e te sia-
mo perfetti, non sudiamo non sudi,
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non puzziamo non puzzi, non per-
diamo liquidi non,
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Tanti Auguri Papà, cento di questi
giorni.
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bene, è la musica che impazza, e
tutto gira, tutto valza1, ogni cosa
ronda in movimento sismico qui al-
la festa della vostra superbia,
della vostra vanagloria ed è
chiasso, frastuono, gli oggetti si
animano, le bomboniere si scartano,
i doni d’argento si fondono, si pla-
smano, divengono stalattiti e la
vetrinetta esplode, i libri si
scambiano le pagine, Cervantes da
98 a 130 passa a Sartre e La Nau-
sea diventa un capitolo di Romeo e
Giulietta e Jacopo Ortis si trova a
sua insaputa in Patagonia con Se-
pulveda e Alvaro Mutis e il suo
Gabbiere diventano serial killer
insieme a Donato Bilancia.
Questo vi dovevo.
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Guardatevi e fatevi pena, stravol-
te e sfatte dopo il ballo folle
nella vostra stanza, sdraiate mezze
morte di sudore sul divano, il ri-
tratto a farvi il verso da sopra il
muro mentre voi, piangenti, di-
strutte, afflitte, ancora sperate
che l’immagine sorrida a qualcun
altro dietro di voi.
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alveare,
alveare,
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alveare.
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NON IMPORTA
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se per anni o quarti di vita o
fisso ammaliato dal pendolo dovrò
aspettarti per vent’anni, bene
amore mio, io ti aspetterò.
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E poi seziono piccole foglie di
lattuga per il rancio dell’Esercito
delle Lumache da qui in avanti,
per comodità, rinominato EDL.
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Sento un aereo che plana, immagino
un atterraggio d’emergenza, sento
le grida di centellinate mamme
fuori, immagino UN bambino e UNA
bambina che si tengono per mano,
vanno in direzione opposta al ri-
chiamo, ho paura di star solo ho
paura del ragno ho paura di di-
menticarmi per sempre il tuo pro-
filo, sono una lumaca e come tutte
le lumache ho paura di attraver-
sare qualsiasi cosa, senza rima-
nerne schiacciato.
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Il delirio della partoriente
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(e tutti i gatti diventano tiranni,
mi sporca d’avena la nebbia e sento
la stanchezza addosso; ora mi metto
in disparte e tossisco un’altalena
di penitenze: tutti i gatti
diventano tiranni, ogni forma di
vita diversa dalla mia soffoca in
un girotondo).
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e l’aiuto parlato sussurrato ogni
giovedì pomeriggio, portarti da
uno psicologo, tua madre ad acca-
rezzarti il capo, io ad aspettarti
con il caldo latte artificiale
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Se mi evidenzio catarifrangente
nella posa dell’inadatto, saprai
ridere come un tempo, saprai scio-
glierti dall’abbraccio dei cateti?
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TERZO
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Qui collocato con le mie lumache,
le zanzare ci guardano e le api ci
spiano; pensiamo che il circostante
sia tutto falso e invidioso così ce
ne infischiamo dei microorganismi
e costruiamo un plastico per essere
più fedeli all’idea del sequestro:
per entrare nella parte del
sequestratore esigo te, accarez-
zarti il collo per settantadue ore
e se davvero mi ami esci, ti prego
amore, esci dalla grotta qui in
fondo al plastico e corri nuda
sulla ferrovia, stupisci i passanti
e i capotreni, non vietarti nulla,
corri amore corri, ridi di te
stessa, non prenderti sul serio,
ridi di quei matti che aspettano il
treno con una coppetta di gelato in
mano, mangiagli la panna, corri
amore corri, costruiamoci una
casetta là in fondo al plastico, coi
fiori e coi fiorai, coi medici e un
battistero, non usciamo dal limite
di bosco, sotto c’è un vuoto
tremendo, il niente amore, lo
capisci, il niente, rimaniamocene
nel nostro plastico perfetto con
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questo tic tac d’orologio a scandire
il tempo.
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LE LUMACHE SI ORGANIZZANO
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A Ursula, Mannola e Demetra viene
affidato il ruolo di allestire i
covi per la tua et di mio figlio
permanenza durante il sequestro.
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A Hena Naku, Hikwit, Ikenga, Nzam-
bi, Kijo e Momotaro il delicato
compito strategico di gestire il
tutto.
Saranno loro il cuore dell’ opera-
zione.
Ognuna supervisionerà i vari re-
parti facendo in modo che gli stes-
si non vengano a contatto tra loro.
È fondamentale che le varie cellu-
le non conoscano i dettagli
dell’operazione. Riferiranno dati,
sensazioni e fatti a Shozuka no
Baba.
Lei sola conoscerà la complessità
dei movimenti. Lei sola conferirà
con me. Lei sola.
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Per ora è tutto. L’appuntamento è
per domattina, al mercato, alle no-
ve. Sappiamo che lei va lì, la let-
tera parla chiaro.
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teazione, piccoli campanelli ar-
gentati.
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E tu da che parte stai? Da quella
che sgancia bombe umanitarie o da
quella che passeggia nelle piazze
per la pace?
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GRAN FINALE
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Dunque, - dice Shozuka no Baba il
Generale – il piano è questo. Tu
Sambara, con Kitsune, Rahu, Tienma
e Jara ve ne andrete al mercato.
Ognuna di Voi dovrà portarsi die-
tro altri sei elementi
dell’esercito. Sarete Voi a coordi-
nare l’attacco. Abbiamo ormai la
certezza che l’Obiettivo si dirige
lì il martedì e il giovedì mattina.
Gli appostamenti continui di Apsa-
ras, Camunda, Kunkun e Hoga hanno
fornito le indicazioni necessarie:
sappiamo di poterci muovere con un
margine di errore prossimo al tre
per cento.
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volta effettuata tale operazione
non ci sarà che d’attendere, celate
tra le foglie. Appena uno dei cespi
verrà prescelto avremo l’obiettivo
in mano. A quel punto sarà tutto
molto semplice. L’avremo sequestra-
ta.
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Passeggia, Isabelle, degustando lo
scudo dell’insicurezza, di ogni sua
più flebile incertezza. Non sa se
ha ancora voce, se sente ancora
freddo al cuore, se il dolore le è
bastato e se così non fosse se mai
basterà in questa esistenza piena
di rabbia; non dorme più bene da
diverso tempo, sogna gomitoli di
lana verde e cose pronte da man-
giare. Sa perdonare tutto non es-
sendoci più nulla che valga la pe-
na di essere giudicato. Stanca di
pensare, offesa dalla sola idea di
perdonare. Sente di avere poteri
speciali come ogni donna e di poter
ancora tentare di amare, nonostan-
te la fila amara delle cicatrici.
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Cadono le foglie e le strisce pedo-
nali sono sempre meno visibili; I-
sabelle cammina complessa nei suoi
meccanismi, complessa mentre dice
basta dolore, adesso non serve. Ca-
dono le foglie, pronte a rialzarsi
nonostante il cielo, sopra l’attuale
rappresentazione, sembri chiuso o
dia questa impressione. Per Isabel-
le è tutta rappresentazione, la fi-
la delle donne con le mani tese e
troppa gente con unghie a puntare
e nessuno le crederebbe, nessuno
scommetterebbe che solo lei è inno-
cente, che non c’entra niente con
questo furore, che non ha calore e
pace, solo senso di vuoto a perdere
e non fa niente, si ripete
nell’attimo di coscienza, da ora mi
basto, da ora mi basto, da ora mi
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l’intero settore, valutando con
piena soddisfazione come in questa
prima fase non abbiano subito per-
dite. Una volta appurata la per-
fetta collocazione dell’EDL si van-
no a posizionare all’uscita pedona-
le del mercato.
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FINE
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Flavio Toccafondi è del 1974.
Ha pubblicato “Scatto matto”, I fi-
gli belli – 2004, “Vi tiravamo sas-
si”, Marcovalerio – 2006, “Brahms
fece il pianista in un bordello”,
Liberodiscrivere – 2006, “Scolopen-
dra”, con Alessandro Ansuini, Lulu
- 2008, “Irraggiamento di spari e
polvere” – Samiszdat – 2008.
È il suo primo libro in un anno
dispari.
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Ringraziamenti.
A Lara e Cino.
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Per quando avrete finito di
leggere questo libro
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gnificava, a spanna, che se un mi-
lione e passa di persone avevano
comprato quel libro, allora era un
libro buono, valido, che piaceva
alla gente. E se un libro non piace
alla gente non è un gran libro.
Non sto a tediarvi con le argomen-
tazioni che tirai fuori per confu-
tare quella che, ancora oggi, giu-
dico una teoria ridicola.
La letteratura, contrariamente a
quanto si spaccia oggi, è un corpo
vivo, in evoluzione. I suoi cicli
sono oltremodo irregolari e diffi-
cilmente classificabili. Ma sap-
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piamo che, ogni trenta, quaranta,
cinquanta anni, arriva uno tsuna-
mi che cambia il modo stesso di in-
tendere la letteratura. Scendono i
barbari, riprendendo l’ultimo lavo-
ro di Baricco, e cambiano le cose.
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Per quanto possano cercare di non
vederlo, lo tsunami è passato.
Flavio ne è decisamente parte.
Alessandro Cinelli
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