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1. 4. 8.

oh, granchio che cammini avanti


volevo fare a tutti vedere quando le pecore fanno le ombre tonde Per te scelsi la rana indietro e di lato
come fa i fiori l’olivo la sera si avvicina principe di gioia a lato e lateralmente!
a piccoli grappoli e
un bianco e d’un giallo e se le nuvole si raggruppano sporche il tuo reame è vasto sopra e sotto e a volte un capitombolo
i raspi con gli acin’oliva minuti non è a causa della pioggia -sopra-a-tutto sotto un tuffo improvvisato
e l’acido olezzo al limone_ ma dell’umore inverso degli dèi e limpido sei
seduto su una foglia a riemergere di nuovo sulla terra!
è la primavera che si avvicina pazza a marzo saggi l’acqua circospetto
che la farà piangere di baci_ strizzi l’occhio sotto al ghiaccio
e ti salvi dal crepaccio scoprendo
che al perché non c’è mai fine 11.
5. La donna di oggi
ahi_mé_ ben ti sta quella corona aveva sei dita per piede
ahm’inchiodi e crocifiggi al e il ventre imbrillantato -sei ciliegie ben distinte-
muro del pianto ricco di dolcezze e anche il dorso delle mani
aveva propaggini numero sei
m’im_picchi prono [hang] quasi quasi ti do un bacio_
al albero aveva un solo grande occhio
con la saracinesca abbassata e,
ar beit ar beit ar beit 9. sul petto, triangoli spaziali
nicht frei nach liebe Per te, squalo, ho trovato un pesce spada nutrivano ogni dissennata sete
sarà per via del naso
la protuberanza che s’incaglia è piazza pulita la sua pancia
6. e fa macello a tutto spiano un osanna al décolleté sulle scapole
se tu mi passi innanzi perché le sue spalle abbiano
con quelle belle bocce tonde d’altro canto, fungere potrebbe da timone libero arbitrio sul cuore
dimmi, che ne posso fare? o da deriva
e / se mi guardi / e rincorrendo discalculabili le rotte e i gai dementi un frullato di biglie
con fessure brillanti e birichine agìta nell’aria
m’inviti al nascondino / d’altr’onde la buona fortuna aiuta gli audaci_ che fanno la conta
da che parte debbo stare? a sillabe ormai addomesticate_

2. devo darti una lezione


togliersi le braccia di dosso devo darti un bel esempio 12.
uguale o rincorrerti nel prato gambe rosa hai
sbracciarsi d’amore occhieggiato da farfalle? e poi –sopra-
un vigoroso tulle
tornare a fare piroette solinghe
trottole in fango e 7. scivola lungo il collo
ocarine di terracotta pecore sparse su un prato verde sbiadito il tuo capino levio
siffler sbadate brucano fili antichi e col becco insinuante
intrecciati a tappeto sconquassi il fango
je m’en fiche
merde_ donne silenti a guardia di vecchi telai gambe rosa hai
ordiscono trame tremende gambe rosa sei

3. il sole abbassando fa lunghe le ombre


“Mi sento inaridita” e rotelle di paglia si affrettano al covo
disse la pianta al fiume
che lento le scorreva accanto tracce di lapis chiudende incorniciano i luoghi_ 10.
Per te, ma non con te, ho preso un granchio
“Vuoi un po’ d’acqua?” di milo e con le braccia
le chiese il fiumiciattolo
gli occhi fuor dall’acqua
“No grazie, e il carapace immerso a tratti
preferisco pioggere”
conosci la parola e resti muto a denti stretti,
risate
13. Indice delle poesie: Un giorno, le voci.
deleng deleng
deleng deleng 1. volevo fare a tutti vedere Il pensiero tenuto, temuto, compresso,
deleng deleng 2. le braccia di Milo ripreso e vocabolizzato, la ribollita di
3. “spoon r” magma, vomitevole piatto d’entrata, sinfonia
o amati pascoli 4. quando le pecore fanno le ombre contemporanea dal cyberspazio, miasmi
oh fieni vivaci tonde interiori, attittidusu, macerazioni, imprec’
o giocosi recinti 5. ahm’inchiodi azioni, stiletti cinici, duelli e duetti, triplette
ai quali era sì lieto 6. bocce tonde e oplà, amarcord e nuove ebbrezze au
il mesto ritiro siriale! 7. pecore sparse tunnali, digiuni e overdosi.
8. la rana
o laudato pastore 9. lo squalo E_chi furono a vincere?
la cui ruvida mano 10. il granchio
afferrava le rigogliose ciuccie 11. m’arzia Coloro ai quali non la fame, non la sete del
ormai inerti e smunte 12. gamberosa successo, ma la brahma di tesori di dentro,
13. spleen della mucca in poche parole_
e il gaio vitellino
i cui piccoli corni
sbocciavano dal bubbone occipitale

e l'orrido muggito
del toro straziato d'amore!

la mucca trista e vagabonda


verso i brulli pascoli d'inverno ripiega
dondolando la zucca abnorme
farcita di bontà inane_

In realtà, più che poeti eravam pionieri,

Notizie pionieri dell’argospazio, pionieri dall’animo


poetico,
più che poeti arroganti produttori di
dall’argo_spazio endecasillabi e rime tronche,
è vero, eravamo dei veri pionieri.

Il nostro passo -o l’andazzo se vogliamo- era


quell’incedere curioso alla ricerca di simili stati,
gli stati di dentro, quelli che anelano alla
giustizia scritta, alla giustezza della parola, alla
purezza delle fonti di dioniso, all’etimologia
dell’umano, al suono delle cosmoenergie,
mentre al di fuori -negli stati di fuori- il
rimbombo degli tzunami, il frastuono degli
attacchi alle torri, il silenzioso allargarsi a
dismisura del buco nell’ozono, stordivano il
resto del mondo fra gli applausi stupiti ai
fantastici quattro e le stupide bocche, stupido
pubblico.

Pionieri senza macchia e senza corona, taluni


fallati da rovesci d’amore, o con figli appesi a fili
13 poésie di amilga quasino di ragna, e poi ancora rancori e torpore e oppio
e vini e orchi e festini, di nanne e di nenie e di
nonne perdute, di musiche tristi di spleen e
abbandoni, e poi i canti e poi i cori e poi ancora
gli assoli

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