volevo fare a tutti vedere quando le pecore fanno le ombre tonde Per te scelsi la rana indietro e di lato come fa i fiori l’olivo la sera si avvicina principe di gioia a lato e lateralmente! a piccoli grappoli e un bianco e d’un giallo e se le nuvole si raggruppano sporche il tuo reame è vasto sopra e sotto e a volte un capitombolo i raspi con gli acin’oliva minuti non è a causa della pioggia -sopra-a-tutto sotto un tuffo improvvisato e l’acido olezzo al limone_ ma dell’umore inverso degli dèi e limpido sei seduto su una foglia a riemergere di nuovo sulla terra! è la primavera che si avvicina pazza a marzo saggi l’acqua circospetto che la farà piangere di baci_ strizzi l’occhio sotto al ghiaccio e ti salvi dal crepaccio scoprendo che al perché non c’è mai fine 11. 5. La donna di oggi ahi_mé_ ben ti sta quella corona aveva sei dita per piede ahm’inchiodi e crocifiggi al e il ventre imbrillantato -sei ciliegie ben distinte- muro del pianto ricco di dolcezze e anche il dorso delle mani aveva propaggini numero sei m’im_picchi prono [hang] quasi quasi ti do un bacio_ al albero aveva un solo grande occhio con la saracinesca abbassata e, ar beit ar beit ar beit 9. sul petto, triangoli spaziali nicht frei nach liebe Per te, squalo, ho trovato un pesce spada nutrivano ogni dissennata sete sarà per via del naso la protuberanza che s’incaglia è piazza pulita la sua pancia 6. e fa macello a tutto spiano un osanna al décolleté sulle scapole se tu mi passi innanzi perché le sue spalle abbiano con quelle belle bocce tonde d’altro canto, fungere potrebbe da timone libero arbitrio sul cuore dimmi, che ne posso fare? o da deriva e / se mi guardi / e rincorrendo discalculabili le rotte e i gai dementi un frullato di biglie con fessure brillanti e birichine agìta nell’aria m’inviti al nascondino / d’altr’onde la buona fortuna aiuta gli audaci_ che fanno la conta da che parte debbo stare? a sillabe ormai addomesticate_
2. devo darti una lezione
togliersi le braccia di dosso devo darti un bel esempio 12. uguale o rincorrerti nel prato gambe rosa hai sbracciarsi d’amore occhieggiato da farfalle? e poi –sopra- un vigoroso tulle tornare a fare piroette solinghe trottole in fango e 7. scivola lungo il collo ocarine di terracotta pecore sparse su un prato verde sbiadito il tuo capino levio siffler sbadate brucano fili antichi e col becco insinuante intrecciati a tappeto sconquassi il fango je m’en fiche merde_ donne silenti a guardia di vecchi telai gambe rosa hai ordiscono trame tremende gambe rosa sei
3. il sole abbassando fa lunghe le ombre
“Mi sento inaridita” e rotelle di paglia si affrettano al covo disse la pianta al fiume che lento le scorreva accanto tracce di lapis chiudende incorniciano i luoghi_ 10. Per te, ma non con te, ho preso un granchio “Vuoi un po’ d’acqua?” di milo e con le braccia le chiese il fiumiciattolo gli occhi fuor dall’acqua “No grazie, e il carapace immerso a tratti preferisco pioggere” conosci la parola e resti muto a denti stretti, risate 13. Indice delle poesie: Un giorno, le voci. deleng deleng deleng deleng 1. volevo fare a tutti vedere Il pensiero tenuto, temuto, compresso, deleng deleng 2. le braccia di Milo ripreso e vocabolizzato, la ribollita di 3. “spoon r” magma, vomitevole piatto d’entrata, sinfonia o amati pascoli 4. quando le pecore fanno le ombre contemporanea dal cyberspazio, miasmi oh fieni vivaci tonde interiori, attittidusu, macerazioni, imprec’ o giocosi recinti 5. ahm’inchiodi azioni, stiletti cinici, duelli e duetti, triplette ai quali era sì lieto 6. bocce tonde e oplà, amarcord e nuove ebbrezze au il mesto ritiro siriale! 7. pecore sparse tunnali, digiuni e overdosi. 8. la rana o laudato pastore 9. lo squalo E_chi furono a vincere? la cui ruvida mano 10. il granchio afferrava le rigogliose ciuccie 11. m’arzia Coloro ai quali non la fame, non la sete del ormai inerti e smunte 12. gamberosa successo, ma la brahma di tesori di dentro, 13. spleen della mucca in poche parole_ e il gaio vitellino i cui piccoli corni sbocciavano dal bubbone occipitale
e l'orrido muggito del toro straziato d'amore!
la mucca trista e vagabonda
verso i brulli pascoli d'inverno ripiega dondolando la zucca abnorme farcita di bontà inane_
poetico, più che poeti arroganti produttori di dall’argo_spazio endecasillabi e rime tronche, è vero, eravamo dei veri pionieri.
Il nostro passo -o l’andazzo se vogliamo- era
quell’incedere curioso alla ricerca di simili stati, gli stati di dentro, quelli che anelano alla giustizia scritta, alla giustezza della parola, alla purezza delle fonti di dioniso, all’etimologia dell’umano, al suono delle cosmoenergie, mentre al di fuori -negli stati di fuori- il rimbombo degli tzunami, il frastuono degli attacchi alle torri, il silenzioso allargarsi a dismisura del buco nell’ozono, stordivano il resto del mondo fra gli applausi stupiti ai fantastici quattro e le stupide bocche, stupido pubblico.
Pionieri senza macchia e senza corona, taluni
fallati da rovesci d’amore, o con figli appesi a fili 13 poésie di amilga quasino di ragna, e poi ancora rancori e torpore e oppio e vini e orchi e festini, di nanne e di nenie e di nonne perdute, di musiche tristi di spleen e abbandoni, e poi i canti e poi i cori e poi ancora gli assoli