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Giampiero Cordisco_www.primoscritture.blogspot.com
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Gli amici e colleghi di Bunny sono della sua stessa stoffa, solo stanno ai
margini, e ti fanno capire che questa è follia pura e oblio e disumanizzazione a
360 gradi, che il filo dell’orizzonte è moralmente rovinato su se stesso, che
l’umanità è persa. Questa sensazione di deserto ti accompagna per l’intero
romanzo. Apparentemente non esistono vie d’uscita dal nulla in cui è ridotto
l’umanismo contemporaneo, sbriciolato dall’immagine, fatto a pezzi dalla
pubblicità e dai tormentoni radiofonici. Qualcosa è andato storto nel tirare la
corda dei vari corpicini prestati alle campagne pubblicitarie, ed eccoci qui.
Basta poco.
Solo la figura di Bunny Junior – solitario, semiautistico, nostalgico,
sofferente – salva questo immaginario desolante e parassitico. Bunny Junior si
rifugia fra i pianeti che tiene in sospensione sopra il letto e l’enciclopedia che
gli ha regalato la madre, e così facendo apre linee prospettiche su altre
dimensioni, salvando in parte la chirurgica tragedia umana di cui La morte di
Bunny Munro è imbevuto. La sua è una tensione alla possibilità di un altrove: il
simbolismo del suo piccolo planetario e dell’enciclopedia è evidente (benché
“simbolismo” è parola terribilmente fuori luogo, incompleta e inadatta a
descrivere questo processo che è in parte allegorico e in parte
straniato/straniante – è un “simbolismo” che lavora per fotogrammi sinaptici,
insomma). Lo stesso si può dire per le infezioni oculari di cui soffre: è forse un
richiamo alla necessità del pianto, al potere catartico della commozione, unico
antidoto per tornare a “sentire”, per riagganciarsi a una tensione spirituale.
L’enciclopedia e il planetario sono per il piccolo Bunny oggetti di transizione
post-traumatica, sono le vie di attuazione del superamento che si fonda
sull’amore per la mamma scomparsa, e sulla sua ineluttabile e disperata
mancanza. Bunny Junior inizia a vedere la madre ovunque, inizia a parlarci, a
sentirne il caldo profumo. E sa che suo padre, nel frattempo, ha imboccato una
strada senza ritorno.
Che poi “impazzire” è termine troppo vago. Bunny Munro naviga a vista
a caccia di clientela da spennare cui rifilare confezioni di creme da notte e
tubetti di esfolianti, e ignora completamente le domande ansiose del figlio, tipo
cosa diavolo stanno facendo e dove porterà questo giro senza senso, dal
momento che la lista è quasi finita e la prospettiva è inesistente a dir poco (e
Bunny Junior sa che tutto questo avrà breve durata e porterà allo sfacelo più
completo, sa che finirà tutto veramente male, tant’è che si mette a consultare
sull’onnipresente enciclopedia la voce “esperienza di premorte”). Poi beve
come un SUV, ed è chiaro che ha delle allucinazioni sensoriali cui non riesce a
dar corpo. E le prende, perdio, le prende di santa ragione prima da una
femminista patita di Frida Kahlo e di Tae Kwon Do, evidentemente contrariata
dal suo atteggiamento testosteronico, e poi dall’energumeno Mushroom Dave,
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