Al mondo cittadino del Mezzogiorno legata anche lopera di Vitaliano
Brancati, con unaccentuazione che ci porta a una vena ironica e satirica concentrata sul tema tutto italico e meridionale del gallismo. Una vena anche comica, dunque, almeno alla superficie della scrittura, ma in realt fondata su una straziante amarezza, su una desolazione che si alimenta ad una crescente sfiducia nelle possibilit delluomo e della societ e si allunga fino a un sempre incombente senso di morte. La grande noia della provincia si tinge di colori cupi e disperati proprio perch agli eroi di Brancati manca una speranza di uscire dalla loro condizione miserabile, anzi essi possono anche compiacersene e menarne vanto, perch del tutto oscura la coscienza che ne hanno. questo il contributo che lo scrittore siciliano ha dato alla demolizione degli idoli imposti dal fascismo e cio, si badi bene, non tanto la scoperta di unaltra e pi vera Italia che con le sue meschine passioni, il suo vuoto interiore, il suo velleitarismo imponente si contrapponeva a quella mussoliniana volitiva e quadrata, ma la rivelazione che quelle due Italie coincidevano. Il gallismo dei romanzi di Brancati contemporaneamente una verit di fatto e una metafora, la metafora della societ fascista tronfia e vanagloriosa, millantatrice di avventure impossibili, conquistatrice a parole del mondo, ma nella realt impotente e ridicola. Giuliano Manacorda, storia della letteratura italiana contemporanea ( 1940-1965),editori riuniti, Roma 1967. Brancati rappresenta, gi in Gli anni perduti (1941), la vita pigra e sonnolenta della provincia siciliana, con i suoi vani sogni di evasione, perlopi concentrandosi ( specie nei romanzi Don Giovanni in Sicilia (1941) e Il bellAntonio (1949)) nella rappresentazione del gallismo e dellossessione della donna e delleros. Il moralismo si stempera per in una caricatura in fondo non priva di qualche adesione e simpatia per i suoi eroi. Cos, talora, la comicit si trasforma in amaro umorismo, lasciando intravedere una prospettiva esistenziale e psicologica e la lezione pirandelliana: in questi casi lautore riesce a cogliere la scissione della personalit nella maschera, nella divaricazione fra realt interiore, fatta di dubbi e angosce, e la necessit di adeguarsi alle convenzioni piccolo-borghesi. Romano Luperini, Piero Cataldi, Lidia Marchiani, Franco Marchese,La scrittura e linterpretazione, Palumbo editore, Citt di Castello(PG) 2011 VITA Nato a Pachino, in provincia di Siracusa, il 24 luglio 1907. compie i propri studi a Catania e si laurea in lettere nel '29, con una tesi su Federico De Roberto. Per alcuni anni, si dedica all'insegnamento e pubblica opere (il poema drammatico "Fedor", 1928; l'atto unico "Everest", 1931; il dramma patriottico "Piave", 1932) di irrilevante valore artistico e manifesti intenti di propaganda nazionalfascista. Si trasferisce intanto a Roma, ove - grazie pure ai contatti con Moravia ed Alvaro - si allontana dalle posizioni politiche favorevoli al regime, al punto da ripudiare i suoi lavori precedenti. Il nuovo corso artistico si apre con "Gli anni perduti" (1938), ma con "Don Giovanni in Sicilia" (1941), che egli s'impone all'attenzione della critica e del pubblico. Il successivo romanzo Il bellAntonio (1949) il racconto tragicomico di un'impotenza sessuale mentre il romanzo rimasto incompiuto e pubblicato postumo (1959), Paolo il caldo, la storia di un'ossessione erotica alla quale si intreccia una lucida analisi del costume politico e culturale del dopoguerra. Nel 1942 conosce, al teatro dell'Universit, l'attrice Anna Proclemer con la quale inizia una relazione che sfocer nel 1947 nel matrimonio. Da lei avr una figlia, Antonia (nata nel 1947). Tra i racconti spicca inoltre lo straordinario "Il vecchio con gli stivali" (1944), acre satira del fascismo e dell'antifascismo ufficiale, trasposta in celluloide da Luigi Zampa in "Anni difficili" (1947). Separatosi dalla moglie nel 1953, Vitaliano Brancati mor il 25 settembre 1954, in seguito a un'improvvisa operazione fatta a Torino da un chirurgo allora assai famoso, il professor Achille Mario Dogliotti. L'operazione aveva lo scopo di "svuotare" una cisti dermoide a carattere benigno che Brancati portava fin dalla nascita e che si era ingrossata a dismisura. Aperto il torace, il medico ritenne di poterla togliere del tutto, ma il vuoto che si cre in quella zona provoc un'inaspettata e fatale crisi cardiaca.
DON GIOVANNI IN SICILIA Vitaliano Brancati scrive il Don Giovanni In Sicilia nel 1940, durante la guerra. Il romanzo restituisce l'atmosfera di quegli anni nella Catania fascista, una citt che tentava di non dar peso al conflitto imminente. Giovanni Percolla ha quarant'anni, vive segregato dal mondo con le tre sorelle che lo accudiscono e lo adorano. Con gli amici ama passare le giornate al bar fantasticando su rapporti amorosi che non osa poi concretizzare. Cos i viaggi, ufficialmente fatti per lavoro, a Roma e poi in localit di villeggiatura come Viareggio e Cortina, sono sempre alla ricerca di donne ed avventure. Ricordi, banali passatempi e sogni erotici scandiscono il tempo. Un giorno, per, una nobildonna, Ninetta di Marronella, gli sconvolge la vita. Dopo esser riuscito a conquistarla grazie all'aiuto di una guida "spirituale" che lo consiglia, la sposa e la segue, lontano da Catania e dalla sua routine. Giovanni diventa il capo di una grossa azienda di Milano, conosce la bella vita e tante donne. Pur essendo molto innamorato di Ninetta, la tradisce per il gusto di raccontare agli amici le sue avventure. La Sicilia, tuttavia, resta nel suo cuore e, in conflitto con se stesso, decide di tornarvi, per dormire e sognare. Giovanni un personaggio decadente, non sa affrontare il mondo e se ne tiene lontano grazie alle cure delle sorelle, unico rifugio dal disordine cosmico che lo circonda. Innamorato della vita, incapace di viverla fino all'arrivo di Ninetta: non sopporta la stasi del conservatorismo n il caos del modernismo. Attraverso il suo personaggio, Brancati rappresenta la realt della Sicilia alla met del Novecento, tra storie di vita quotidiana ed indifferenza del regime fascista. Grazie ad un sapiente uso dell'ironia, l'autore mette in scena le due anime del protagonista: la tendenza, tutta meridionale, alla vita tranquilla tra le proprie abitudini; lesigenza di dare un senso alla propria vita impegnandosi nel lavoro, tipica di Milano. Entrambe convivono in Giovanni assieme ad un gallismo, leitmotiv dei romanzi di Brancati, fatto di chiacchiere e, soprattutto, di sguardi: la storia pi importante di Catania non quella dei costumi, del commercio, degli edifici e delle rivolte, ma la storia degli sguardi. La vita della citt piena di avvenimenti, amori, insulti, solo negli sguardi che corrono fra uomini e donne; nel resto, povera e noiosa. Il ritratto di una Sicilia inerte, duna povert politica ed intellettuale che mette a nudo il vuoto della propaganda fascista. Al ritorno in Sicilia: Dopo un abbondante pasto, come ai vecchi tempi, Giovanni vuole riprovare il piacere di fare la siesta nella sua camera da scapolo e, appena sotto le coperte, risorge l'antica sua natura: Tutto il corpo gli s'intiepid, e fin dai calcagni, che a Milano s'era tirato dietro come pezzi di ghiaccio, gli sal alla testa un'onda di sangue calda e mormorante. Rivide le signore lombarde; ma al paragone di come le aveva viste, sembrava che proprio allora fossero ricordi dilavati, e invece ora erano donne vere. E che donne! [..] Il bisogno di raccontare gli formicol nella lingua: desiderava che Muscar e Scannapieco gli sedessero, come ai bei tempi, vicino al capezzale. Per gustare il se stesso ritrovato Giovanni, per tutto il tempo del soggiorno a Catania, rimarr a dormire nella sua casa senza la moglie. MATILDE SERAO stata la prima donna italiana ad aver fondato e diretto un quotidiano, Il Mattino. Dopo lUnit la cultura napoletana appare in piena ripresa, grazie soprattutto allazione di Francesco De Sanctis. Nella letteratura si assiste a una variet notevole di soluzioni. Lautore di maggior rilievo di questi anni Matilde Serao, nata in Grecia, a Patrasso, nel 1857, da un emigrante napoletano e da madre greca. Morta la madre, nel 1886, si trasferisce a Roma dove fonda con Edoardo Scarfoglio (che diventer un anno dopo suo marito) il Corriere di Roma, dedicandosi pienamente al giornalismo. Alla fine del1887, il giornale va in falimento, Matilde torna a Napoli e, grazie a Matteo Schilizzi, finanziatore del Corriere, risolleva le sorti del giornale. Dopo avere esordito nel 1878 con un libro di novelle, Opale, e aver scritto un romanzo sentimentale, Cuore inferno(1881), si avvicin al Verismo, scrivendo racconti, romanzi, un libro-inchiesta su Napoli (Il ventre di Napoli, del 1884) che descrive le condizioni di vita della citt durante unepidemia di colera. Il verismo della Serao istintivo, lontano dal rigore scientifico di Capuana e di Verga, e tuttavia attento alla considerazione concreta e miuta di abitudini, ambienti, vesti, luoghi sociali. In questa prima fase verista, a cui appartiene anche Il romanzo della fanciulla (1885), ambientato fra le giovani impiegate dei Telegrafi di Stato che lautrice ben conosceva per esperienza personale, lopera pi notevole la novella lunga La virt di Checchina (1883). la storia di una piccola-borghese, moglie di un medico rozzo e volgare, afflitta dalla miseria e tentata dalla corte di un marchese. La sua virt si salva solo per una serie di impedimenti e di occasionali contrattempi, dovuti alla sua miseria e alla sua timidezza. Il titolo, ponendo laccento sul termine virt, non vuole dunque tanto mostrare le doti morali della donna, quanto ironicamente insistere sulle modalit del tutto casuali con cui ella salvaguarda il proprio onore di moglie. Gi nei due romanzi successivi (Romanzo della fanciulla, la conquista di Roma e Vita e avventure di Riccardo Joanna) la Serao sembra allontanarsi dal Verismo. E tuttavia lautrice non ha ancora rinunciato al realismo e infatti torna a soluzioni pi impegnate in senso veristico quando di nuovo opta per il mondo napoletano. Ne esce il suo romanzo probabilmente pi riuscito, Il paese di cuccagna, in cui lautrice ci offre uno spaccato di Napoli, nelle sue diverse classi sociali, dai bassi popolari ai palazzi aristocratici, unificate dalla passione per il gioco del lotto. Estratto da Il ventre di Napoli: Efficace la frase, Voi non lo conoscevate, onorevole Depretis, il ventre di Napoli. Avevate torto, perch voi siete il Governo e il Governo deve saper tutto. Non sono fatte pel Governo, certamente, le descrizioncelle colorite di cronisti con intenzioni letterarie, che parlano della via Caracciolo, del mare glauco, del cielo di cobalto, delle signore incantevoli e dei vapori violetti del tramonto: tutta questa rettorichetta a base di golfo e di colline fiorite, di cui noi abbiamo gi fatto e oggi continuiamo a fare ammenda onorevole, inginocchiati umilmente innanzi alla patria che soffre; tutta questa minuta e facile letteratura frammentaria, serve per quella parte di pubblico che non vuole essere seccata per racconti di miserie. Ma il governo doveva sapere l'altra parte; il governo a cui arriva la statistica della mortalit e quella dei delitti; il governo a cui arrivano i rapporti dei prefetti, dei questori, degli ispettori di polizia, dei delegati; il governo a cui arrivano i rapporti dei direttori delle carceri; il governo che sa tutto: quanta carne si consuma in un giorno e quanto vino si beve in un anno, in un paese; quante femmine disgraziate, diciamo cos, vi esistano, e quanti ammoniti siano i loro amanti di cuore, quanti mendichi non possano entrare nelle opere pie e quanti vagabondi dormano in istrada, la notte; quanti nullatenenti e quanti commercianti vi sieno; quanto renda il dazio consumo, quanto la fondiaria, per quanto s'impegni al Monte di Piet e quanto renda il lotto. Quest'altra parte, questo ventre di Napoli, se non lo conosce il Governo, chi lo deve conoscere? E se non servono a dirvi tutto, a che sono buoni tutti questi impiegati alti e bassi, a che questo immenso ingranaggio burocratico che ci costa tanto? E, se voi non siete la intelligenza suprema del paese che tutto conosce e a tutto provvede, perch siete ministro? In primo piano l'attenzione della Serao per la gente povera e rassegnata dei quartieri fatiscenti e brulicanti della citt. Ella raccont lessenza di Napoli, con i suoi aristocratici, surreali e inadeguati, i borghesi vacui e invadenti, i popolani, veri anche se mai riscattati. La Serao ha fatto soprattutto vivere nelle sue opere la plebe napoletana,le loro gioie e disperazioni, miserie e speranze, sensualit e debolezze, furbizie e innocenza.
IL FILM DIVORZIO ALLITALIANA TRAMA E ANALISI Nel 1960, ad Agromonte, immaginario paese della provincia catanese, tipico della profonda Sicilia per le consuetudini e la mentalit arretrata che vi predominano, si svolge la vicenda della passione amorosa del barone Ferdinando Cefal. Questi, uomo di trentasette anni, coniugato da quattordici con Rosalia e ora oppresso dalle sue smancerie e dalle sue cure assillanti, si invaghisce di Angela, una cugina adolescente. Per sbarazzarsi della moglie, il barone elabora un piano. Poich il divorzio non ancora ammesso dal codice (la legge Fortuna- Baslini che lo istituir sar approvata dal Parlamento italiano, dopo le intense lotte sostenute dalle forze radicali e socialiste, nel 1970, e confermata dalla sconfitta di un referendum abrogativo nel 1974) e non rientra nemmeno nelle aspirazioni e nella mentalit dell'uomo, egli progetta di uccidere Rosalia sorprendendola in flagrante adulterio e conta di avvalersi delle ampie attenuanti previste dal codice penale italiano per il 'delitto d'onore' (grazie al famigerato articolo 587, che sar abolito soltanto nel 1981). A tal fine, attira nel palazzo in cui vive, affidandogli il restauro degli affreschi, il pittore Carmelo Patan, antico pretendente della moglie. Il barone spia e registra i colloqui fra i due, ma Rosalia e Carmelo fuggono insieme dal paese, sventando inconsapevolmente il suo piano. Divenuto oggetto di dileggio e ostracismo da parte dei compaesani, che lo considerano 'disonorato', il barone raggiunge i due fuggiaschi e uccide Rosalia, subito dopo che la moglie di Carmelo ha ucciso il suo consorte. Uscito di carcere nel giro di pochi anni, pu finalmente sposare Angela. Ma da un'ultima immagine si intuisce che la giovane consorte non gli sar fedele. L'ambientazione siciliana di Divorzio all'italiana ampiamente connotata attraverso riferimenti di vario genere: dati culturali, come l''onore', le 'corna' e il maschilismo; episodi di cronaca e di costume (la sezione del PCI dove ancora gli uomini ballano esclusivamente con altri uomini; la proiezione della Dolce vita di Fellini, che suscita scandalo e riprovazione, ma attira nel cinematografo tutti i maschi del circondario); il ricorso al dialetto, cui si associa una gonfia retorica umanistica forense; ma anche alcuni tratti paesaggistici entrati nel folklore, come le calde notti estive, al chiaro di luna, nelle quali risuonano i mandolini. Tuttavia, hanno notato alcuni lettori del film (tra gli altri Maurizio Grande, il quale a sua volta riprende uno spunto di Leonardo Sciascia), in quella Sicilia si accentrano, come sotto una lente caricaturale, i connotati di un'intera nazione, ancora oppressa, nelle leggi e nei costumi, da retaggi culturali arcaici. Ecco perch il tono del racconto non mai improntato a un umorismo distaccato e magari paternalistico, come se i problemi che affliggono il protagonista fossero per l'autore questioni superate; ma scorre per tutto il film un autentico, partecipato sentimento di malessere e di rivolta, che si coniuga con una fervida verve satirica. Il malessere trasmesso, per esempio, attraverso le fisionomie, caricaturali fino alla ripugnanza, dei compaesani e dei familiari che circondano il barone Cefal (a partire dalla moglie Rosalia, cui lo stesso Pietro Germi disegn le due sopracciglia convergenti che le deturpano il viso), cos come attraverso i contrasti fotografici di luce e di ombra: all'intenso biancore della spiaggia o delle strade del paese, nelle quali si costantemente esposti al giudizio 'bruciante' degli altri, si contrappone la penombra degli interni del palazzo, che non suggerisce frescura o protezione, ma d il senso di un ambiente dove alligna l'accidia, dove si trascina una pena di vivere segreta (che pu dar luogo alle fantasie di omicidio nutrite dal barone, cos come a violente scenate familiari, specie nell'ala del palazzo occupata dal ramo della famiglia composto di borghesi arricchiti). Il film, del resto, racconta il tentativo paradossale di liberazione dalla propria sofferenza, da parte del barone oppresso da una moglie che non ama; senza mai, tuttavia, che egli sappia giungere a una presa di coscienza critica rispetto alle regole sociali che quella sofferenza producono. In definitiva, egli mira soltanto a manipolarle per il proprio tornaconto, manifestando solo un disinteresse cinico (si vedano, per esempio, le sue reazioni indifferenti e annoiate, quando sorprende la sorella nubile in incontri amorosi con un giovanotto). I personaggi somigliano a marionette, come testimonia anche la loro tendenza a irrigidirsi in clich (a partire dal barone, con i suoi capelli lucidi di brillantina). Immersi nei propri drammi, essi non sospingono mai lo sguardo al di l dello scenario fittizio che li imprigiona, vivendo come un dato naturale la cultura che li deforma e comprime la loro esistenza. Lo stile del racconto reso perspicuo da una delle sequenze di apertura, nella quale il barone, introducendo il lungo flashback che costituisce il corpo centrale del film, presenta il proprio paese e sembra a tratti prestare la propria voce al regista: il movimento fluido della macchina da presa, guidato dalla voce fuori campo, ricorre a zoom e panoramiche, appuntando lo sguardo dello spettatore sui guasti e sui paradossi della vita di Agromonte, e orchestra una piccola, sarcastica e appassionata requisitoria, il cui tono quello dell'intero film.
SCHEDA TECNICA
Prima data di uscita: 20 dicembre 1961 Regista: Pietro Germi Genere: commedia Distribuzione (Italia): Lux Film Interpreti e personaggi: -Marcello Mastroianni: Ferdinando Cefal -Daniela Rocca: Rosalia Cefal -Stefania Sandrelli: Angela -Lando Buzzanca: Rosario Mul -Leopoldo Trieste:Carmelo Patan -Odoardo Spadaro: don Gaetano Cefal -Saro Arcidiacono: dottor Talamone -Angela Cardile: Agnese Cefal -Margherita Girelli: Sisina -Pietro Tordi: avvocato De Marzi -Ugo Torrente: don Calogero -Bianca Castagnetta: donna Matilde Cefal -Renzo Marignano: un politico del PCI -Antonio Acqua: il parroco -Renato Pinciroli: un conoscente di Ferdinando Cefal