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MARCELLA

Racconto di propriet di Margherita Sgorbissa coperto da Racconto tratto dal quadro Marcella di Ludwig Kirchner, dipinto nel 1910 allinterno della corrente Die Brcke (Il Ponte), dellEspressionismo tedesco.

Alzati, Marcella. Ludwig aveva una voce stanca e appena irritata. Ma si guardava bene dal sembrare perentorio. Il sapore etilico che aveva appena bagnato le sue labbra aleggiava nella stanza disordinata e consumata dal tempo. Ero accovacciata sul divano, con gli occhi chiusi e un'aria dimessa. Ludwig, dammene un po'!. Lo vidi voltarsi e lanciarmi un'occhiata accigliata, come se fosse preoccupato. Avanti!. Insistetti languidamente, accavallando le gambe e massaggiandomi una coscia come se provassi freddo. Sei troppo piccola per bere!. Scoppiai a ridere e aggiunsi Erich se la riderebbe...!. Perch?. Vaglielo a chiedere, se sono troppo piccola . Rimase in silenzio e provai una certa fierezza a vedere le sue labbra rimanere abbracciate, finalmente. La settimana scorsa aveva mandato il suo amico Erich Heckel a farmi una proposta. Cos una sera buss al Casino e trov Franzi ad accoglierlo. Aveva detto di essere alla ricerca di una ragazza giovane, sulla quindicina. Capelli scuri, non troppo alta, poteva chiamarsi Lella o Mariella, qualcosa del genere. Io ero nella sala del tabacco, proprio dietro l'ingresso, e avevo sentito la loro breve conversazione, allora mi ero avvolta le spalle con il vecchio scialle di Mama Kristin e avevo raggiunto i due. Sono io, mi chiamo Marcella. Chi la manda?

Buonasera Marcella, mi manda Ludwig.... Vivevo a Dresda da anni, ma faticavo a capire quella lingua stretta e appuntita. Lasciai che un mezzo sorriso si facesse largo sulla mia bocca e gli chiesi: Sind Sie Herr Heckel? Ja.... Was passiert? Aveva risposto velocemente e a denti stretti. Gli chiesi di ripeterlo pi lentamente e disse che Kirchner mi stava cercando perch aveva bisogno di parlare con me. Mi avrebbe aspettata la settimana prossima nel suo studio a Luxemberg Strasse, oltre il Caff Senior. Ricordo che Ludwig mi aveva parlato di Erich pi volte, collaboravano assieme in questo gruppo della Brcke, ma non ne sapevo molto. Dipingevano, progettavano, questo era tutto ci di cui ero a conoscenza riguardo la loro attivit di artisti. Quelle poche volte che venivano a bussare alla nostra porta pagavano bene, anche se non dovevano poterselo permettere spesso. A quel punto Heckel avrebbe potuto girare i tacchi e andarsene senza troppi complimenti, invece qualcosa lo trattenne sulla porta. Forse la scollatura con cui mia sorella lo aveva caldamente accolto. O le mie spalle che facevano capolino oltre lo scialle, con sensualit. Sei carne giovane Cellina, tu ci porterai una gran fortuna. Questo mi dicevano sempre le ragazze. Io continuai a guardare Heckel intensamente, con volutt: anche se quegli scombinati artisti erano degli squattrinati, qualche soldo per un grammo e pi di piacere ce l'avevano sempre. E noi amavamo le loro attenzioni e ancora di pi le loro tasche accondiscendenti. Prego signor Heckel, si accomodi. Abbiamo giusto due bicchierini in pi di assenzio, capitato a pennello! Gli dissi, sistemando blandamente una ciocca di capelli e lasciando che la spalla destra si scoprisse, scappando dal dolce abbraccio dello scialle. La mia voce assunse quella vaga nota di casualit, come se l'assenzio sul tavolo nell'altra stanza fosse realmente un dettaglio imprevisto. Lui titub un istante, guard a destra e a sinistra lungo la strada e poi con passo incerto entr. Era un ragazzo sui ventisette anni, con un fascino tutto suo, non sicuramente pari a quello di Ludwig. Aveva uno sguardo affaticato, schivo e fra tutti i ragazzi della Brcke era quello pi generoso. Nonostante le incertezze sulla soglia, non ebbe alcun riguardo ad accomodarsi con noi e brindare alla salute. Dopo cinque bicchierini di assenzio eravamo ubriachi e parlavamo di Dresda e di Moritzburg. Da quanto ci raccont, passava un mese qui e un mese l, trascorrendo il tempo in scampagnate, pittura, donne. Fra una battuta e l'altra, notai casualmente gli occhi di Franzi farsi lontani, avrei voluto chiederle anche solo con uno sguardo cosa avesse, ma l'alcol stava entrando in circolo e mi dimenticai di lei, giustificando la cosa con il fatto che in tutta probabilit stava provando un briciolo d'invidia davanti a un Heckel pi attratto da me che da lei. Non era la prima volta che avvertivo una certa gelosia da parte di Franzi, ultimamente era capitato spesso che avvertissi competizione fra di noi. Avrei voluto dirle che non c'era niente di meglio nell'una piuttosto che nell'altra, ma noi eravamo sorelle in un modo strano. E, paradossalmente, sentivo che non avevo la confidenza necessaria per parlarne. Dopo il secondo bicchiere e un tiro della sua pipa, l'alcol era balzato elegante al cervello e io ero seduta sopra le sue gambe. Franzi aveva tolto la pelliccia e si era abbarbicata sulla sua schiena, lasciando che i seni gli accarezzassero il collo. La trovai stranamente impacciata. Al terzo bicchierino sentii le mani di Heckel tremare sulle cosce, al quarto sui seni. Dopo il quinto avevo le mani sulle sue spalle, le gambe avvolte alle sue e le labbra a sfiorare il collo. Gli sussurravo qualcuna di quelle frasi che le ragazze mi avevano insegnato a usare all'occorrenza. La mia carne giovane, ormai lo aveva capito, era una garanzia. Finimmo nella mia stanza nel giro di dieci minuti, quando Franzi si arrese alla mio vantaggio sul nostro ospite.

Voglio 10 franchi per il sesso e altri 10 per quello che faremo per arrivarci . Bambina impertinente!. Aveva sussurrato a denti stretti chiudendo le mie natiche fra le sue mani. Se non mi paghi, mi buttano fuori di qui!. Mi tremava la voce. In quei momenti mi sentivo estremamente fragile nel barattare il mio amore con banconote di carta, anche se lo facevo da tempo. Era come realizzare ogni volta un po' di pi il peso di quella vita, e anche se l'alcol confondeva l'inibizione e la malinconia, c'era sempre un momento capace di prendermi alla gola e farmi sentire debole. Ma avevo accettato di essere strumento di quella fabbrica d'amore, la mia tenera carne doveva assicurare il pranzo e la cena di altre ragazze e i dubbi erano lussi che non potevo concedermi. In fin dei conti, mi ripetei che succedeva sempre cos, ma poi, alla fine dei giochi, mi guardavo allo specchio e vedevo una donna. L'amavo, l'amavo davvero. Ma per quanto lo facessi, amavo pur sempre una giovane donna che invecchiava un po' ogni giorno. In mezzo a questi fugaci pensieri, lui si era staccato da me in velocit. Lo sguardo era basso, come se tutte quella questione di soldi fosse solo un impiccio in mezzo alle voglie. Aveva aperto la giacca e frugato impaziente in un taschino interno, poi mi aveva guardata e con un pezzo da 50 marchi fra le dita si era riavvicinato. Quanto mi costa rubarti un po' di giovinezza. Il suo fiato caldo e mescolato all'assenzio mi eccitava. I ragazzi della Brcke erano cos: mi regalavano una mezz'ora d'amore, che soffiava via ogni incertezza. Quando mi vendevo a loro, riaffiorava sempre alla mente la faccia di un viandante che incontrai sulla strada mentre viaggiavo in direzione di Dresda. Mi aveva parlato d'amore, di quello fisico, quello fatto con la pelle invece che col cuore. Io non ne sapevo molto. Viaggiavo per raggiungere mia sorella nel posto in cui gi da mesi aveva trovato alloggio. Partimmo separate a causa di una brutta febbre e viaggiai da sola, per la prima volta. Signorina, vede, non che ci sia molto da sapere. Si pu fare sesso e si pu fare l'amore. Lo sente dal suono delle parole, quanto c' di diverso fra i due. Io annuii, ma senza convinzione. Non riuscivo a capire veramente quale fosse la differenza: a sentirli cos parevano la stessa cosa. Dunque, si immagini una giornata afosa sulla riva di una baia dall'acqua limpida. Sentir sicuramente un gran caldo e una gran voglia di tuffarsi!. Provai a immaginare la scena, ma il mare non l'avevo mai visto e il caldo torrido mai provato. Ecco, ora si immagini due bagnanti a riva, pronti a godere di quel mare: uno si tuffa in velocit, correndo verso le onde, lasciandosi investire dal piacere di quell'acqua sulla pelle calda. E poi tornare nuovamente a riva, con aria compiaciuta. Non le sembrer un uomo soddisfatto? . Io lo guardai perplessa, annuendo. L'altro, invece, si avvicina piano all'acqua, passo dopo passo, prima immerge i piedi, poi il corpo e lentamente lascia che l'acqua gli arrivi alle spalle, al collo, per scivolare poi morbidamente sotto la superficie. Lo potr veder nuotare per ore, sparendo verso gli abissi a scoprire la bellezza dei colori, del silenzio sottomarino, e riemergere per ritrovare la gioia di un respiro, fino a sprofondare ancora, instancabilmente. Anche lui le sembrer un uomo di gran lunga soddisfatto, non vero? . Stava sorridendo bonariamente, forse gli ricordavo qualche figlia lontana. Dopodich se li immagini ancora, questi due bagnanti. Il primo le apparir invaso da una strana frenesia, concitato, come se quel tuffo non gli fosse bastato e ne cercasse un altro e un altro ancora, senza trovare appagamento. Il secondo invece, ancora a riva, con i piedi affusolati sul bagnasciuga, a contemplare l'orizzonte con la freschezza negli occhi, rimarr fermo e sereno, con la parvenza di avere addosso ogni risposta. Ora mi dica, signorina. Lo capisce cos' fare l'amore solo con il corpo e farlo con il cuore?. Rimasi in silenzio, nella mia mente c'erano dei colori blu e verdi, mi stavo immaginando gli abissi. Lui mi guard e sicuramente cap che qualcosa si stava componendo nella mia testa. Dopo quella notte nel vagone, non lo rividi mai pi. Ma ogni volta in cui gli artisti della Brcke vengono a regalarmi una mezz'ora e pi d'amore, ho

l'impressione di nuotare in quel mare di cui mi parlava, di immergermi piano nella loro pelle, nel loro corpo, di sentir uscire dalle loro mani la profondit degli abissi e provare il brivido di una freschezza rigenerante. Ogni volta in cui mi sfiorano, capisco la differenza che aveva cercato di spiegarmi. Io sono con loro la bagnante dai piedi affusolati sul bagnasciuga, che contempla l'orizzonte. Era passata una settimana esatta da quando avevo ricevuto la visita di Heckel e dalla nostra serata all'insegna dell'amore e dell'ebrezza. Mi trovavo nello studio di Ludwig Kirchner e avevo in mano un bicchierino di assenzio, contro la sua volont. Credeva che fossi piccola e indifesa, con le sue manie paterne cercava di strapparmi ai dolori della vita. Avrei voluto dirgli che ero gi stata strappata abbastanza. E anche un po' ubriaca, forse. Ludwig, sono due ore che siamo qui e non mi hai ancora detto cosa vuoi.... Non credevo che Erich ti sarebbe venuto a cercare . E perch? Non ti fidi di lui?. Quando c' troppa differenza d'et, inizia a titubare . Forse sono riuscita a convincerlo. Mi scapp un sorrisino malizioso. Lui mi guard con aria seria, ma imperturbabile e replic con una nota vagamente seccata entrato nella lista, quindi? . Quale lista?. Quella della clientela.... Mi usc uno sbuffo dalle labbra e per poco non mi scivol una goccia sotto il mento. Non so perch ma mi sentii avvampare, provando una sorta di insolito imbarazzo Be', tu che dici?. Non rispose. L'avevo zittito di nuovo. Lo guardai a lungo, c'era un manto di indifferenza nel suo sguardo, confusa a quell'imperturbabilit che toccava il cinismo. Non gli importava se fossi stata a letto con il suo amico, perch loro erano cos: scansavano ogni convenzione, che fosse sentimentale, politica o sociale. Non avevano vincoli, n principi. L'unico era vivere di se stessi quanto pi conformemente potessero alla vera natura umana. Le passioni, gli istinti, la carne, lo spirito, l'anima la natura. L'illogicit animava l'arte della loro indole, e cos facevano con i pennelli e con le donne, noi per loro eravamo lo stesso. Eravamo espressioni, solo espressioni. Un ponte per approdare all'anticonformismo puro ed eccezionale. Anche Ludwig era lievemente alticcio: aveva smesso di girare per la stanza con quell'aria preoccupata e ora se ne stava fermo davanti alla finestra, con gli occhi puntati su di me. Mi cercava perch mi voleva. Ogni volta che succedeva, era come se ci fosse una sorta di tensione nell'aria, qualcosa che non sono mai riuscita a spiegare. Un sesto senso erotico, prettamente femminile, come se iniziassero a vibrare le note pi intime delle nostre calamit. Erano giochi d' attrazione involontaria, le energie del corpo che si richiamavano. O semplicemente ci stavamo eccitando. Senza il bisogno di farmi stuzzicare da qualcuna delle sue provocazioni, procedetti con la mia arte che oggi era mestiere, lasciando che le mie ginocchia si aprissero appena, facendo scivolare l'orlo della gonna indietro fino a mostrare l'assenza di qualche abbigliamento intimo. Ludwig piomb su di me in meno di un istante e sentii il peso del suo corpo schiacciare il mio esile petto, ma era un calore che mi proteggeva. Era l'esclusivit che sapevano regalarmi gli uomini del Ponte. Lui mi penetr e assaggi un po' alla volta ogni parte del mio corpo. Io mi sentivo l'agnello preferito di un lupo anziano, che rimaneva vicino alla sua preda per poterla apprezzare in tutta la sua tenera fanciullezza. A volte sognavo quei lupi. Mi rincorrevano nel sonno, io scappavo, inciampavo, cadevo. Perdevo, crollavo, scomparivo dentro le loro fauci. Ma quel pomeriggio Ludwig mi parve stranamente un lupo illuso, cercava quasi l'amore mentre mi mordeva le spalle e le avvolgeva con le sue mani piene di angoscia, come se l giacessero le nuvole di un paradiso mai trovato. Forse dietro quella ribellione che vivevano, anche loro cercavano

qualcosa di pi genuino, come il tremore della pelle, il peso di un respiro vero, la felicit di condividere un attimo puramente intimo. Pensai addirittura di non farmi pagare. Avevamo fatto l'amore e il bagnante degli abissi non avrebbe mai chiesto nulla in cambio a quel mare che gli offriva un benessere vero. Io ero sciocca, perch mi innamoravo come fanno le bambine con i prncipi delle loro storie. Ogni bicchiere, ogni carezza, ogni piacere provato era l'idillio di un sogno di cui, con l'andare del tempo, venivo privata sempre pi. Ma nonostante tutto, continuavo a godere di quell'amore che mi davano, nonostante loro ne facessero un mero strumento. Io invece, ingenuamente tradizionale, dimenticando che anche io facevo dell'amore una strategia per vivere, mi ci perdevo. Ero capace di addormentarmi grazie alle stesse favole che mi raccontavo. Il divano era pieno di noi. Lui si alz e mi lasci da sola, ne approfittai per girare un po' in quella stanza immersa nella confusione: c'erano bottiglie a terra, un gatto abbarbicato sul davanzale e per poco non rovesciai la scatola di sigari. Feci una carezza dietro l'orecchio del felino e proprio allora sentii Kirchner tornare e avvicinarsi. Avvertii una strana freddezza in lui, tant' che per poco non mi dispiacque di non avergli chiesto un compenso. Posa per me. Mh?. Sei bella... . Credo di non aver capito. Davvero? Da quando non capisci i complimenti?. No, Ludwig, parlo sul serio. Che diavolo mi hai appena chiesto?!. Stavo cercando di controllarlo, ma il tono della mia voce diventava sempre pi secco e inquieto. Lui cap che forse la questione non era semplice come aveva previsto, allora si sedette sul divano e port il busto in avanti, guardandomi dritto negli occhi. Erano scuri e profondamente seri, tanto da confondermi. Marcella, tantissime donne hanno posato per me. Erano belle, avevano degli sguardi facilmente rappresentabili sulla tela. Ma con te diverso.... Io ero ancora voltata, gli davo le spalle e accarezzavo il gatto con poca convinzione. Avrei voluto dirgli che io non ero ancora una donna, prima di tutto. E che l'unica cosa che mi rendeva davvero diversa dalle altre era il fatto che non avrei mai voluto vendere il mio corpo nudo ai suoi quadri. No, non se ne parla. Tagliai corto. Ti pagher, sarai ufficialmente una mia modella, e non ti chieder di farlo come favore! Ti ingagger nel mio atellier, sar una cosa ufficiale!. Ufficiale? Atellier? Modella? Ma di cosa stava parlando? Ludwig cercava di insistere, ma io sentivo l'angoscia crescermi dentro sempre pi incalzante. Scusa, ma Mama Kristin mi aspetta, non sa nemmeno che sono qui . Marcella, fermati...!. Stavo andando a riprendere i miei vestiti al bordo del divano, ero ancora nuda. Lui si era alzato e si era messo davanti a me, cercando i miei occhi, ma io spostai lo sguardo verso la cucina ed evitai che il suo si incrociasse al mio. Avrebbe trovato tutto l'imbarazzo che stavo ingannando dietro un orgoglio mal riuscito. Ludwig, ti prego.... Lui moll la presa. Forse la mia voce gli era sembrata veramente bambina, in quel momento. Ne fui contenta. Andai in bagno, mi rivestii in fretta e mi fermai per un istante a guardare il mio riflesso allo specchio. Vedevo delle piccole rughe agli angoli della bocca, le guance erano incavate e sotto gli occhi c'era un lieve gonfiore. Mi toccai la fronte, alzai la frangia e provai un dolore intenso in mezzo al petto. Io sulla sua tela non ci sarei entrata. Mi credevano portatrice di una nobile giovinezza, ma non

capivano che l'avevo persa ormai da tempo, che era fuggita con il passare dei mesi e con l'ineluttabilit delle cose: avevo scelto? Pu darsi, come no. C'erano troppe cose che non mi erano chiare e in quel momento lo sembrarono ancora meno. Ludwig non mi avrebbe dipinta per amore, non ero la donna che avrebbe voluto trattenere nei suoi pennelli come pegno di un sentimento sincero. Ero solo una fra le tante, ero Marcellina, la piccola, quella che ha ancora il fiore degli anni con s, quella con cui trasmettere l'essenza della Brcke. Uno strumento. Ancora. Giocare a vendermi per qualche uomo, magari agli stessi pittori di Dresda poteva andarmi bene, s poteva andarmi bene per il tempo di offrire il mio servizio, farmi pagare e poi chiudere la porta e non vedersi fino al prossimo appuntamento. Ma cosa ne sarebbe stato di me se fossi finita sulle loro tele? In quel modo sarebbe stato tutto vero, avrebbe smesso di essere un gioco e avrei finito per crederci davvero io stessa. Sarebbe stato il matrimonio forzato tra me e la mia amara condizione di ragazzina precoce e sgualdrina. Ludwig Kirchner avrebbe rubato con i suoi pennelli tutta la leggerezza di cui ero stupidamente in possesso per trasformare la mia vita in una realt effettiva. E avrei finito col doverla accettare per forza. Era questa la donna che volevo essere? Nel momento in cui Ludwig mi aveva fatto la sua proposta, mi ero resa conto che vivevo una latente e bruciante volont di cambiamento, che sentivo l'idea di vedermi dipinta sui suoi quadri come un vincolo indistruttibile fra me stessa e il ruolo che portavo avanti da tempo. Senza accorgermi, stavo cercando un riscatto per quella mia giovinezza rubata, stavo aspettando il giorno in cui, forse dal cielo, sarebbe scesa la novit, la fuga. Non lo sapevo nemmeno io, me lo stavo chiedendo per la prima volta. Mi sentii una bambina in preda ai capricci, alla confusione, persino all'abbandono. Uscii dal bagno con gli occhi lucidi e spettinata, non salutai nemmeno Kirchner che era ancora seduto sul divano, e me ne andai. Per strada l'aria della citt mi sembr confortante. Respirare un po' di libert e solitudine mi diede l'impressione di poter avere qualsiasi possibilit a disposizione. Eppure i miei passi mi portarono nuovamente al Casino. Battei alla porta e Mama Kristin venne ad aprirmi. Si ferm un momento sulla soglia e torva mi chiese Dov'eri finita?. Clienti.... Mormorai, con gli occhi bassi. Fila dentro e non dirmi che eri di nuovo da quei pittori!. Lasciami in pace, Mama!. Scorbutica, corsi su e rubando un po' di tabacco dalla scatola di Franzi andai a fumarmi una delle rare sigarette che mi concedevo nei momenti pi ostili. Qualche ora pi tardi, mentre mi ero lasciata cullare da un sonno inatteso, avevo sentito qualcuno bussare alla mia porta e avanzare lentamente oltre la soglia. Marci?. La faccia di Mama Kristin aveva fatto capolino nella penombra e io mi ero alzata a sedere in fretta. Quando faceva cos voleva dire solo due cose: qualche cliente o qualche danno. Sperai sinceramente che non si trattasse n della prima, n della seconda. Qualcuno chiede di me?. Biascicai con la bocca ancora impastata. Lei si sedette sul bordo del letto, poggiando lo sguardo sulla finestra. No, tranquilla... tutto a posto!. Mi sentii sollevata da quelle parole. Ma fu un attimo, perch immediatamente sal la curiosit di quella sua visita. Marcella, prima ti ho vista entrare davvero sconvolta. Di norma tendo a ignorare i vostri umori, preferisco non intromettermi nella vita privata delle mie ragazze, ma vi conosco bene. E l'irruenza con cui sei arrivata non da te. Non era vero che conosceva i nostri umori. Se li avesse conosciuti davvero come diceva, si sarebbe accorta di tutte quelle volte in cui avevo il disprezzo dipinto in fronte all'idea di aprire le gambe per

quei galantuomini e politici che si presentavano al Casino, da cui Mama si lasciava impietosire e che mandava su nelle nostre stanze. Frau Kristin non era mia madre, ma a volte era come se lo fosse. Quella naturale, invece, era la direttrice di un circo, viaggiava di continuo e non appena io e mia sorella eravamo cresciute abbastanza per sopravvivere senza di lei, ci aveva mandato a Dresda da Frau Kristin, una vecchia amica con cui aveva condiviso gioie e dolori di giovent. Io e Franzi eravamo due ragazze piacenti, cresciute in un mondo gi adulto, come se l'ingenuit dell'infanzia fosse stata una tappa saltata a pie' pari. Ma non avendola conosciuta a fondo, non ne provavamo n la mancanza. Non sentivamo nemmeno il peso di averla trascorsa diversamente da come dovessimo. Fu naturale arrivare a essere quel tipo di donne. Le ballerine e le acrobate del circo in cui avevamo vissuto fino a qualche mese prima erano l'unico esempio a nostra disposizione. E quando tutte le ragazzine sognavano di diventare principesse, io e Franzi invece sognavamo di diventare due donne mondane e sessualmente appetibili, proprio come quelle donne sempre scosciate, nude, accattivanti che vivevano nel circo di nostra madre. Non ci trovavamo nulla di scandaloso, era semplicemente la scelta pi naturale che potessimo fare per le nostre vite, non ci facemmo mai nessuna domanda. Per noi andava bene cos. Mama, va tutto bene, non preoccuparti!. Bofonchiai abbassando lo sguardo. Le stavo mentendo, perch improvvisamente mi erano salite alla mente le parole di Kirchner e non riuscii a nascondere un lieve rossore. Guardami!. Va' via!. Diventai pigramente supplicante. Marcella! Guardami, avanti. Era un imperativo materno, duro e indeclinabile. Alzai lo sguardo verso di lei, ma gli occhi rimasero voltati verso la porta. Non capivo perch tutto questo mi stesse creando un simile impaccio. Eri da Kirchner? Franzi mi ha detto che Heckel stato qui qualche giorno fa e che ti ha riferito qualcosa per conto suo.... E' un interrogatorio?. Sbottai, seccata. Lei rimase in silenzio, stava aspettando impeccabile che io rispondessi. S, stato qui. Be', allora?. Mi fissava con insistenza. Allora abbiamo fatto quello che dovevamo fare e poi... e poi basta!. Non ti credo! Una come te non torna a casa sconvolta per una... . Scopata. Stava per dirlo, stava per uscirle quel termine poco gentile, ma si blocc prima. Non stava facendo altro che aumentare la mia tensione, e finii per alzarmi e dirle in un borbotto Mi ha chiesto di posare per lui. Ecco, lo sapevo! Un'altra volta.... Esclam all'improvviso, alzandosi con foga e appoggiando un braccio sull'altro gi avvolto all'altezza dello stomaco. Ogni volta cos! Ogni volta la stessa storia! Arrivano qui con la loro stupida ambiguit, vi incantano con i loro modi alternativi da quattro soldi, e vi mandano in confusione. Quei scansafatiche approfittatori me ne hanno portato via gi una, non lascer che mi portino via qualche altra ragazza con le loro belle parole! Marcella, ti avviso... non devi pi vederli, mi hai capito? Sei solo una ragazzina, non permetter che qualcuno ti porti sulla cattiva strada!. Ero rimasta a guardarla, cercando di soffocare l'imbarazzo. Mama Kristin aveva confermato le mie supposizioni. In quel momento mi ero sentita protetta da lei, come se non avessi avuto bisogno di spiegarle tutto quello che mi era successo. Non mi interessa posare per lui, gli ho gi detto di no!. Oh, sapevo che eri una ragazza promettente, dolcezza!. L'angoscia di Mama Kristin si dissolse in un attimo, bastarono due occhi imbarazzati a tradire tutta la sincerit delle mie parole. Cara, questo il tuo posto, questa la tua casa, qui la tua famiglia. Siamo noi a proteggerti, a prenderci cura di te e cercare il tuo bene. Il resto solo una vana

parvenza di miglioramento, che pu solo portarti al peggio, hai capito? Loro vorrebbero farti credere che l fuori c' una via di salvezza, ma solo Dio sa quale sia la salvezza e credimi, cercano solo di approfittare della tua bellezza. Resta a casa tua, mia cara. A casa tua... capito? . Annuii, mentre la sua mano sfiorava la mia guancia fino al mento. Approfittare della mia bellezza. Voleva farmi credere che lei non lo avesse fatto, da quando misi piede a Dresda? E mi chiesi, dimprovviso: che differenza cera fra lei e Kirchner? Queste riflessioni si proiettavano aspre nella mia mente, offuscavano una visione limpida della realt. Riposati pure, fra qualche ora ti mando un certo giovinetto in cerca di esperienza, fallo divertire come sai tu, d'accordo? Il fratello paga bene!. Ammicc nella mia direzione e senza aspettare risposta se ne usc. Ero confusa. Mama Kristin mi aveva lasciata da sola in quella stanza e tutto ci che riuscivo a sentire era una sconfinata desolazione. Per un attimo mi chiesi a chi appartenessero quelle gambe nude stese sulle lenzuola, quelle braccia abbarbicate alle ginocchia e i capelli che distratti scivolavano sul viso. A chi appartenesse tutto quello che portavo con me in ogni istante della mia vita. E quei pensieri che se lo stavano chiedendo? Era strano, ma realizzai che le parole di Mama mi avevano concesso un conforto temporaneo, quanto precario. La sua smania di tenermi lontana dai pittori della Brcke mi era suonata strana, come se ci fosse una nota di ambiguit. Essere in un Casino, alla merc di chiunque, non era gi una cattiva strada? Essere uno strumento nelle mani di uomini che mi amavano a pagamento voleva dire fare il mio bene? Mi chiesi come poteva essere che in una sola giornata avessi vissuto cos tanti turbamenti e soprattutto cos profondi. Non mi era mai successo di farmi tutte quelle domande. Fin da quando ero piccola avevo semplicemente accettato il percorso che mi si era posto davanti, senza riflettere se ci fosse una seconda alternativa o la possibilit di dire no. Invece ora, tutto d'un tratto, queste domande. Tremavo sul filo di un sonno che si stava rompendo, che stava andando avanti da anni, lasciandomi in balia di giocatori estranei, che avevano mosso le pedine al mio posto: prima mia madre, poi Mama Kirstin e ancora Franzi e le altre ragazze del Casino. Questo pensare e ripensare mi aveva solo fatto perdere tempo, perch il giovinetto di cui parlava Mama stava per arrivare e io ero ancora con la vestaglia da notte. Allontanai momentaneamente i miei complessi, senza riuscire a fare lo stesso con il presagio che le parole di Mama Kristin mi aveva lasciato addosso. Mi ripromisi di ritornarci pi tardi, quando mi sarei concessa all'abbraccio della sera. Era stata una notte tormentata. Dopo il noioso e imbarazzante incontro con l'ultimo cliente, il ragazzetto mandatomi da Mama Kristin, avevo cercato invano di addormentarmi. Mi ero alzata a socchiudere la finestra, la primavera a Dresda non era delle pi miti, ma potevo sentire il profumo di qualche fiore in lontananza, timidamente sporto nella sua rinascita. Vidi l'alba baciare il cielo e fu l'unica cosa a tranquillizzarmi un po'. Continuavo a chiedermi cosa fosse quel vortice di inquietudine che mi aveva colto, che all'improvviso sembrava attanagliarmi l'esistenza come mai era successo prima. Ripensavo a mia madre, a mia sorella e per un attimo provai l'insistente voglia di poter condividere con loro il mio peso. Franzi era una ragazza schiva e scorbutica. Anche se pi grande di me, non era mai stata interessata ad esercitare la sua primogenitura. Da un lato lo apprezzavo: eravamo piccole donne libere, vivevamo i vincoli come una camicia chiusa fino al collo. Dall'altro, per avrei voluto la sua protezione e il suo interesse. Mi sarebbe piaciuto essere sorelle per davvero, quelle che si scambiano confidenze, che si intrecciano i capelli, che litigano perch in fondo si amano. Invece noi eravamo piuttosto indifferenti l'una con l'altra. Io l'avevo presa per molto tempo come un modello

su cui costruire la mia personalit, poi, una volta trovata, me n'ero staccata ed eravamo diventate una sorta di coinquiline. Sotto lo stesso tetto, sotto lo stesso destino. Tuttavia realizzai che la proposta di Kirchner poteva essere l'occasione giusta per riallacciare con Franzi un rapporto pi stretto, e che mi avrebbe fatto bene parlare con lei. Aveva qualche anno in pi, forse anche lei aveva attraversato una fase simile ed era riuscita a superarla. Mi alzai con quello slancio di chi ha trovato una parvenza di soluzione e con un motivo in pi per affrontare il nuovo giorno, mi avvolsi nel gilet di lana blu e scesi a colazione. successo di nuovo.... Che?. Ma s, la Brucke ha chiesto a Cellina di posare. Un'altra volta?. S... se continuano cos finir come con Sissi, Karla!. Suvvia, Kristin! Sono poco pi che delle ragazzine, cosa vuoi che ne sappiano? . questo che mi spaventa! Sono piccole, curiose, ingenue!. Esatto, quindi non sar difficile convincerle a rimanere!. Avevo raggiunto l'ultimo gradino prima di entrare nello stanzino del cucinotto e mi erano arrivate limpide le parole di Mama Kirstin e di Karla. Mi ero ben guardata dal farmi scoprire, ed ero rimasta dietro la parete ad origliare. Qualcosa non mi quadrava di quello che avevano appena detto e subito ripensai al discorso di Mama Kristin il giorno prima. Cosa voleva dire quel finiremo male? . Tutto quel senso protettivo era forse una messa in scena per nascondere altre intenzioni? Cercai di ricollegarmi ancora alla chiacchierata del giorno prima e mi resi conto che tutto quello smarrimento provato era lo stesso che stavo provando in quel preciso istante, dopo aver udito la discussione fra le due. Allora ebbi l'impressione che nessuna delle strade che mi si erano offerte fosse quella giusta, n l'idea di posare per Ludwig n quella di assecondare la stizza di Mama. E in quell'istante capii di aver ragione, perch mi invase la consapevolezza che quell'amorevole senso materno fosse solo un modo per trattenermi al Casino e calare un sipario sulle innumerevoli strade della vita. Mi colse un senso di rabbia e paura. Non avevo mai avuto voglia di essere padrona di me stessa come in quel momento, il mio istinto pulsava assieme al cuore e mi urlava di lasciarmi la porta di quel posto alle spalle e chiuderla per sempre dietro di me. Qualsiasi cosa stessero tramando, non doveva essere nulla di buono. E io avrei dovuto scoprirlo e scappare, prima possibile. Sentii di colpo le sedie spostarsi e le due procedere verso la porta, cos mi spostai dalle scale verso la sala del tabacco, dove mi infilai felina e impassibile. Non appena mi sentirono, fecero capolino oltre la soglia con i loro sorrisi che mi sembrarono incredibilmente falsi e con mielosa gentilezza mormorarono quasi in coro Buongiorno Cellina. Dovevo parlare con Franzi, questa volta non pi solo per una questione familiare. C'erano dei piani strani sopra la mia testa e non potevo pi rimanerne indifferente. Per riflettei sul fatto che avrei dovuto fare le cose con calma e astuzia. Il mio comportamento avrebbe dato nell'occhio e avrebbero cercato di mettermi alle strette. Non doveva essere sicuro la prima volta che qualcuna delle ragazze si accorgesse di qualcosa di strano, forse era proprio questo ci a cui si riferiva Mama quando aveva detto finiremo male. Decisi quindi di lasciar passare qualche giorno. Avrei dedicato il mio tempo a concentrarmi su cosa dire a Franzi, stando attenta soprattutto come l'avrei fatto. I miei giorni al Casino continuarono. Dopo la richiesta di Kirchner non avevo pi rivisto i ragazzi della Brcke e forse, dopo i sospetti su Mama Kristin, non me n'ero quasi pi curata troppo. Passavo le mie giornate a cercare di cogliere qualsiasi stranezza attorno a me, guardare con pi

attenzione gli atteggiamenti delle ragazze, tendere l'orecchio dietro ogni parete e nello stesso tempo di sembrare pi naturale e disinvolta possibile. Una sera ci invitarono a un ballo clandestino nella cantina del Caf Senior, proprio vicino a casa di Ludwig, e mi era ripiombato alla mente il peso della questione. Mi stupii di quanto l'avessi trascurata in quei giorni. Mi sembr che un altro vecchio macigno cadesse su di me e nuovi pensieri affollassero la mia mente. Ma cercai di farmi distrarre dal pensiero del ballo: avrei conosciuto qualche bel giovane compiacente e ricco, mi sarei portata a casa qualche soldo e sarei riuscita a scoprire qualcosa. E dopo il ballo mi ripromisi di parlare con Franzi. Sarebbe stato esattamente una settimana dopo la discussione origliata. La sera, poche ore prima di recarci alla cantina, mentre stavo sistemando il corpetto rosso, sentii qualcuno bussare alla porta. Era di nuovo Mama Kristin e quando sentii la sua voce per poco non mi si ferm il cuore. Resta calma, Marcella. Nessuna emozione! Marcella, sei splendida!. Grazie Mama! Anche tu lo sei. Questa sera ci saranno un sacco di uomini, lo sai?. Certo, per cosa mi starei acconciando in questo modo?. Una risata sbarazzina mi usc dalle labbra. Che in realt tremavano inquiete. Sorrise anche lei. E ricominci. Molti verranno a domandarti qualche favore, Cellina. Tu sorridi, avvicinati seducente, ma lascia che sia io a dirti a chi di loro concederti. Non sappiamo con precisione chi ci sar e potrebbe capitare qualche guardia infiltrata o qualche approfittatore. Per cui restami vicina e segui le mie direttive, d'accordo?. Deglutii Un tempo non mi sarebbe sembrato nulla di strano, eppure ora sentivo che quel controllo era quasi ossessivo. Alzai le spalle e senza scompormi le risposi. Certo, Mama... Andr tutto bene. Sorrise ancora, soddisfatta. Mi sembr di scorgere un ghigno all'angolo della sua bocca. Preferii dimenticarlo subito. Lei in fretta usc. Non avevo alcuna biancheria intima, quella era la regola. Infilai la sottogonna e poi la grande gonna rossa, lunga fino a terra e molto pi corta dietro. Si vedevano le gambe e le cosce, se mi fossi chinata anche solo di poco, si sarebbe potuto assistere a un piacevole spettacolo di curve e nudit. Volevano questo da noi. Mi chiesi se fosse questo che volessi per me. Scendendo le scale incrociai Franzi, che non mi degn nemmeno di un saluto. Ero l e l per fermarla, ma poi mi bloccai. Dovevo aspettare. Scendemmo ed entro dieci minuti eravamo in strada. Dieci ragazze nascoste dietro pastrani neri, con solo pochi strati di tulle a nascondere una profumata carne. Non appena varcammo la soglia della cantina trovammo un'atmosfera avvolta nella penombra, rischiarata solo da poche candele sparse qua e l. Il posto era gi colmo di gente e c'erano altre ragazze che stavano ballando sinuosamente sopra le sedie, forse erano gi ubriache e non solo. Sentivo odore di assenzio, whisky e marijuana, era un miscuglio proibito che arricchiva l'aria di clandestinit attraente. Se qualcuno ci avesse scoperti, ci avrebbe mandato diretti in carcere. Ma il rischio era un ottimo afrodisiaco e noi ci giocavamo con gusto. Mama Kristin si allontan subito verso un uomo alto e misterioso. Sicuramente erano amici. Ma non sembrava volersi appartare con lui, anzi non smetteva di tenere gli occhi su di me. Anche Karla, che mi stava tenendo a braccetto, non sembrava volersi staccare. La loro stretta fu sciolta solo grazie all'arrivo di altri due uomini alquanto appariscenti, dovevano essere omosessuali da come si tenevano per mano. Li avevo visti girare per il Casino, qualche volta. Karla si stacc e raggiunse Mama. Io indietreggiai e cercai di defilarmi verso un tavolo con del vino sopra, ma mentre mi stavo

spostando dall'ingresso andai a sbattere contro qualcuno. Mi girai e trovai gli occhi di Heckel su di me. Per un attimo avrei voluto avere Karla a braccetto per poter sviare da quell'incontro, ma non fu cos. E mi ritrovai faccia a faccia con lui. Marcella.... !. Sembrava stupito. Che ci fai qui?. Chiesi, quasi sgarbata, abbassando gli occhi. Sto bene, ti ringrazio. Tu...?. Ironico. Che ci fai qui?!. Ripetei la mia domanda scandendo con precisione le parole. Non avevo nessuna intenzione di intavolare una normale chiacchierata con lui, ma non sembrava assecondare le mie volont. Potrei farti la stessa domanda. Anche se a ben pensarci non un luogo in cui scommetterei di non trovarti. Potrei dire la stessa cosa di te!. Mormorai, con gli occhi fissi sul bancone. Cosa bevi? Mi servo da sola, grazie.. Feci per allungare la mano verso il tavolo, ma lui me la blocc con grazia e allung la sua verso due calici, di cui uno and dritto nella mia mano. Alla tua salute, Marcella!. Butt gi il vino d'un fiato, io mi limitai a portarlo alle labbra e berne un sorso. E poi ricominci, sfacciato Perch non vuoi posare per Ludwig?. Non ho nessuna intenzione di parlare di questo con te . Avanti, non essere sciocca! Ti rendi conto di quale opportunit sia, Marcella?. No, forse no!. Ero sgarbata e non mi facevo problemi a dimostrarlo. Per inizia ad allentare la presa della mia tensione, pensai che forse parlarne con Erich mi avrebbe fatto bene, poteva chiarirmi le idee e forse cambiarle. Alla luce dei sospetti su Mama Kristin non ero pi davvero sicura di nulla, nemmeno del mio no a Ludwig. Bene, potremmo andare a parlarne in un luogo pi tranquillo?. La sua voce era morbida, forse la questione di Kierchner era solo una scusa per potermi avere per qualche ora. Ci sono delle stanze qui?. Domandai, guardando con occhio furtivo ogni angolo di quella grande cantina. S, sono oltre quella porta. D'accordo, andiamo... . Marcella!!. Era la voce di Mama, da lontano mi stava richiamando. La ignorai completamente, anche se continuava a urlare di tornare subito da lei. Spinsi Heckel verso la porta che mi aveva indicato e ci defilammo fra la folla. Ero nei guai, ma non me ne importava. Chi diavolo era quella donna che urlava?. ' Mama Kristin, gestisce il Casino. Avevo risposto in modo lento, perch rimasi attratta dalla stanza in cui eravamo entrati: era davvero bella. C'era un grande letto al centro con delle lenzuola rosse, illuminata da piccole candele su un com in fondo. Per un attimo provai un senso di commozione, pensai ancora all'amore, al viandante, al mare. Anche se non l'avevo mai visto, doveva essere cos. Profondo e commovente. Le labbra sul mio collo distrassero i pensieri sul mare e per poco non feci un balzo. Poi sentii prendermi per i fianchi e una mano accarezzarmi la pelle nuda della coscia. Un brivido viaggi fino alla testa. Saresti perfetta come modella. Il suo sussurro mi sfior l'orecchio e alzai la testa verso il soffitto. Lo smarrimento mi colse ancora, pi mordace, assieme a una stizza convulsa che arriv repentina e mi fece divincolare dalla stretta di Erich. Ti ha mandato lui?! Dimmelo, Heckel! Ti ha mandato Ludwig a cercare di convincermi? Non si sporca nemmeno le mani a presentarsi da me e cercare di fare da s quello che invece ti sta mandando a fare?!. Il respiro si era fatto pi veloce, stavo urlando, ma non me ne importava. L

fuori, in mezzo a quel vociare, non mi avrebbero sentita. Lui continuava a sorridere e a guardarmi con occhi quasi paterni. Ludwig non sa nemmeno che sono qui e io non avrei mai immaginato di trovarti, Marcella. Sei una piacevole sorpresa, questa sera.... Si avvicin di nuovo, mi port a s con un gesto avvolgente e pos un dito sul mio petto, lo fece scorrere fino al seno dove cominciava l'orlo dell'abito. Accarezz tutta la scollatura, prima con un movimento della mano e poi con le labbra, baciando la mia pelle calda fino a scivolare pi sotto e pi sotto ancora. Non volevo che mi distraesse, non volevo che quell'incontro si risolvesse cos. Dovevo sapere di pi sulla storia delle modelle, sulle intenzioni di Ludwig. Lo scostai, questa volta con pi dolcezza e lo guardai con occhio deciso. Che fine fanno, poi?. Di chi parli?. Era difficile che se ne rimanesse dritto e attento davanti a me, continuava a baciarmi il collo e a mordermi le spalle. Le modelle! Dopo che hanno posato, cosa ne di loro? In che mondo strano vanno a finire e le voci? Che mi dici sui pettegolezzi e le cattiverie della gente?. A questo punto Heckel si allontan lentamente e mi guard. Doveva aver capito la mia paura, cos ingenua. Mi sorrise ancora, forse ebbro. C'era tenerezza nel suo viso, come se volesse regalarmi conforto. Non succede nulla, dopo. Non finiscono in nessun mondo, non si dice niente di loro. La Brcke non espone alle accademie, Cellina, loro non ci vogliono. Ci disprezzano, ci denigrano come uomini e come artisti. Non nemmeno arte, la nostra, secondo loro. Noi dipingiamo per noi, per opporci. Finiamo a goderci la natura, ad amare e amarci, a gioire della vita finch ce n'. Come vorrei fare ora con te.... Perch mi suonavano cos bene quelle parole? Perch c'era qualcosa di cos seducente in quella prospettiva? E soprattutto, perch sentito da Kirchner non era stata la stessa cosa? Forse ero io che mi ero fatta prendere dalla paura. Dal rifiuto di un mondo pi libero e vasto, dove potermi prendere in mano e condurre verso una vita pi consapevole e mia. Era tutto cos complicato. E le labbra di Heckel sulla mia schiena mi regalavano sensazioni di caldo piacere a cui non avrei voluto resistere, soprattutto dopo quelle settimane di congetture e bugie. Finimmo sul letto, fra le lenzuola rosse. Mi chiesi come mai Mama Kristin non mi avesse seguita fino l, ma fu solo un attimo. Quello dopo, Erich era su di me e io mi abbandonai all'amore fatto col cuore, non con la pelle. Anche se lui non lo sapeva. Erano i preziosi momenti con i ragazzi della Brcke. Sentivo la mia vulnerabilit fondersi con il bisogno di protezione, in quell'istante bast che le mie ginocchia si separassero un po' perch la soluzione entrasse completamente dentro me. Poche ore dopo mi ritrovai nuovamente in piedi, raccolsi le mie cose e rifiutai i soldi di Erich. Lui si stup a tal punto da sembrare offeso. Insistette per avere una spiegazione, io gli dissi che non ce n'era e che se gli andava bene cos d'accordo, altrimenti gli avrei chiesto il triplo della cifra. Non aggiunse altro, premendosi la testa che doveva dolergli parecchio, si distese, senza alcuna intenzione di uscire dalle lenzuola. Fuori albeggiava e aprendo la porta di quella stanzetta, mi sentii catapultare nella realt. La taverna era vuota, c'erano un sacco di bottiglie vuote e gocciolanti a terra, qualche vecchio ubriaco accasciato all'angolo di un tavolo. Le ragazze erano tutte sparite, anche le mie. Per un attimo provai un senso di angoscia: ero rimasta da sola in quel posto sconosciuto e nessuna si era prodigata di venirmi a chiamare. Fortunatamente il Casino non era lontano, ci avrei messo poco pi di dieci minuti a rientrare. L'aria era tagliente ed entrava con invadenza sotto la gonna a gelare le mie cosce. Stavo tremando dal freddo, avvolta solo dal pastrano con cui ero uscita assieme alle altre. L'insegna rossa apparve luminosa contro il cielo bianco, arrivai davanti alla porta e bussai.

Chi ?!. Era la voce di Mama Kristin che dopo pochi minuti aveva risposto. Cellina.... Vattene, brutta puttana ingrata!. Sobbalzai. Quella voce impettita mi aveva lasciato senza parole. Nonostante mi avesse insultata, in quel momento lunica cosa che desideravo davvero era un bagno caldo e una dormita. Apri Mama! Si gela qua fuori! Va' al diavolo! Fatti ospitare da Heckel e non presentarti qui mai pi! Sei una sgualdrina, Marcella! Ti vendi alla feccia, proprio come le peggiori meretrici!. Come diavolo si permetteva di dirmi quelle cose? Mi precipitai sulla porta con violenza, sbattendo i pugni e anche i piedi contro di essa, era furiosa. Era tutta colpa sua se la mia vita era in questo stato. Mama! Apri! Apri, avanti!. I miei pugni continuarono a colpire impetuosi la porta di legno, ma nessuno accennava ad aprirmi. Non potevo crederci che mi stesse sbattendo fuori. Dove potevo andare alle cinque del mattino? Alla taverna sicuramente non ci sarebbe stato nessuno, presto si sarebbe riempita dei primi lavoratori e dei signori della citt che passavano per colazione prima del lavoro, poi vestita in quel modo non sarei di certo passata inosservata. Ero stata lasciata l, per strada. Poi d'un tratto mi venne in mente che c'era un posto dove sarei potuta andare. E, pregando che fosse in casa e disposto ad accogliermi, non mi rimaneva altro che raggiungere la casa di Kirchner e chiedergli ospitalit. Il pensiero mi ripugnava. La notte con Heckel mi aveva portato consiglio, le sue parole avevano reso la proposta di Ludwig qualcosa di pi accettabile, ma ero paralizzata dalla paura, ero da sola con me stessa, in un mondo che ora mi stava ponendo davanti a delle scelte che avrebbero cambiato il corso della mia vita per sempre. Ero al bivio di fronte al quale tutti si ritrovano prima o poi nella vita. E non mi sentivo pronta a scegliere nessuna strada. Avrei preferito continuare a vivere nel mondo dei burattini, dove qualcuno avrebbe mosso i miei fili, senza che potessi accorgermi di quanto invece si potesse scegliere per se stessi. Mi strinsi nelle spalle, avevo voglia di piangere. I miei occhi diventarono due fiori invasi dalla rugiada, la pensai cos: era l'unico modo per accettare quello sfogo, che per me era sempre stato un segno di debolezza. I miei passi si infrangevano con forza sulla strada, finch superai la taverna e arrivai oltre il Caff Senior, dove c'era la casa di Kirchner. Rimasi davanti alla porta per dieci minuti, con la mano alzata verso la superficie lignea, pronta a colpirla, poi invece abbassata lungo il vestito, incerta. Quell'attesa mi stava esasperando, sicch mi decisi a sfiorare l'uscio con le nocche. Credetti che il cuore mi si fermasse da un momento all'altro per quanto pulsava nel petto. Chi ?. Era la voce di Ludwig, impastata e assonnata. D'istinto ringraziai il cielo che qualcuno mi avesse risposto, poi con un flebile sussurro mi limitai a replicare. Marcella. Marcella?!. Nel tempo di quell'esclamazione la porta si apr, lui era a petto nudo e aveva dei pantaloni sgualciti. Doveva essere la sua tenuta da notte. I capelli erano scompigliati e sotto gli occhi delle grandi occhiaie. Io avevo lo sguardo basso, lo stesso con cui ero uscita da quella casa l'ultima volta che ci avevo messo piede. Il mio respiro era irrequieto. Lui era dannatamente bello. Che ci fai qui a quest'ora?. Mi ha sbattuto fuori. Come sarebbe ti ha sbattuto fuori? E chi?. Posso entrare, Ludwig? Sto gelando!.. Si fece da parte e mi lasci passare. Il suo appartamento comparve ai miei occhi, identico a com'era la volta prima. Per un attimo esitai, ma il pelo della gatta contro le mie caviglie mi aveva sollecitato a proseguire. Be, insomma? Mi vuoi spiegare che succede?.

Mama Kristin mi ha sbattuto fuori. Ieri eravamo a una festa sotto la taverna qui accanto e mi ha vista defilarmi con un cliente che non era di suoi gradimento e... quando l'ho congedato per ritornare al Casino, lei non mi ha voluto aprire. Come sarebbe a dire non ti ha voluto aprire. Ludwig, cos difficile da capire? Se sono capitata qui alle cinque del mattino, non sicuro per una visita di piacere, diavolo!. Mi aveva appena dato un buon motivo per sbottare. Ero nervosa, in piedi fra la cucina e il salotto. Non mi ero nemmeno accorta di una grande tela bianca vicino alla finestra, inerme e stagliata nel cielo bianco del mattino. Erich mi ha accennato a una festa in taverna... . Non mi andava di raccontargli della mia notte con il suo amico. Ogni volta che ne parlavo, sembrava seccarsi e non capivo se fosse una sorta di gelosia o di orgoglio maschile. Avrei voluto dirgli che nel primo caso non aveva di che preoccuparsi. Quando facevo l'amore, non c'era nessuno in grado di farmi sentire bene come faceva lui. Anche se stentavo ad ammetterlo, sapevo che era il mio preferito. Con gioia e con dolore. Ti preparo un t. Non serve.... Mugugnai pigramente, arricciando le labbra con lieve imbarazzo. Andai di l e mi sedetti sul divano. Finalmente mi accorsi della grande tela e mi si strinse il petto. Mi vidi l. Tratteggiata in quel candore, incastrata nella dolcezza di una carta tutta da macchiare. Potevo vedere i miei contorni, i miei colori, la mia espressione. Le mie spalle, la mia paura. Erano tutti l, in quel cavalletto che reggeva un'alba quadrata, pronta a offrire chiss quale suo sole. Ero appoggiata al bordo del sof, non sarei riuscita ad abbandonarmi allo schienale. Non sentivo sonno, n freddo n altro. Non sentivo pi nulla, riuscivo solo a fissare quella grande tela e quel cavalletto stabile e forte nel sorreggerla. Mi parve che quelle gambe di legno fossero le braccia di Kirchner e la tela il mio corpo. Ci stavamo abbracciando e lui riusciva a tenermi in una presa dalla quale non sarei potuta cadere. Provai amore. Maledetto e giovane amore. Ludwig torn con il t e si sedette affianco a me, appoggiando sulle mie ginocchia una canottiera lunga a righe, dei calzini e un paio di pantofole. Mi invit a cambiarmi d'abito, con quello dovevo sicuramente sentirmi scomoda. Io iniziai a sbottonare il pastrano, lentamente. Non riuscivo pi a essere ostinata, a combattere contro quei stupidi principi che si erano impossessati di me da qualche settimana. Chi erano loro per togliermi la tranquillit, il piacere del momento, dell'incoscienza? Lo appoggiai a terra e rimasi con il corpetto rosso stretto al seno e la gonna rossa a fare volume sul divano. Ludwig sapeva che non portavo alcuna biancheria oltre la sottogonna. Sentii la sua mano accarezzarmi la gamba e sfiorarmi l'inguine con delicatezza. Trasalii, forse per la stanchezza o lo sciogliersi di una lunga resistenza. Lui non era come Erich. Le sue mani scorrevano lente, senza foga. I suoi baci sembravano studiati, preparati uno a uno per capitare al momento giusto, nel posto giusto. Il suo tocco privo di peso, ma pieno, avvolgente. C'era un'intesa inspiegabile, qualcosa che lo distingueva da chiunque altro. Fin dal primo momento in cui ci incontrammo non provai mai quel senso formale che provavo di solito davanti ai clienti. Mi aveva rapita, aveva fatto di me una creatura sensibile al sentimento, al naturale lavoro dell'irrazionalit. E nonostante mi costringessi a respingere quel cieco abbandono, quando eravamo assieme non ci riuscivo. Stava l il punto: forse, per l'importanza che ne davo, se Heckel mi avesse chiesto di posare per lui sarebbe stato diverso. Avrei persino detto di s, senza pensarci, come facevo ogni volta, per qualsiasi cosa. Invece era stato Ludwig a chiedermelo e a far scatenare in me quel vortice inarrestabile di pensieri e paure. Era per il sentimento che provavo che quella richiesta mi era sembrata cos forte, prepotente. La sua mano non smetteva di volermi, io cominciai a respirare pi a fondo e anche la mia testa

prese ad abbandonarsi all'abbraccio del divano. Il corpetto si stava slacciando lentamente, facendo scoprire il seno su cui ora il viso di Kirchner era piegato. Tolsi la gonna, poi la sottogonna e mi ritrovai nuda su quel divano vicino a Ludwig, come se nulla fosse mai successo fra noi, come se per un attimo fossi riuscita a riappropriarmi di tutto e di niente, di quello che c'era prima del bivio, di quella confusione in cui giocavo senza coscienza. Sarebbe potuto crollare il mondo, l fuori, che io mi sarei sentita felice. Mi svegliai poco dopo abbarbicata sul bracciolo del divano, avevo una coperta vecchia e rotta sul corpo e gli abiti che prima mi aveva portato indosso. Dovevano essere le tre del pomeriggio o poco pi. Ero stordita e per un attimo dovetti ricostruire gli eventi delle ultime ore. Ero stata sbattuta fuori dal Casino dopo aver trascorso la notte con Heckel e ora ero qui, a casa di Kirchner. Sospirai a fondo e mi alzai a sedere. Lui non c'era, forse era uscito o era di l a dipingere, visto che la tela non c'era pi. Mi sal la paura che nel sonno mi avesse raffigurata. In un balzo fui in piedi, mi precipitai di l, ma non c'era nessuno. La tela era l, non pi sul cavalletto, ma appoggiata a terra, contro il tavolo. Era ancora bianca. C'era un biglietto sul tavolo. Torno presto. Aspettami se vuoi. Non sapevo che fare. Mi sentivo spaesata in quella casa, completamente estranea. Eppure lui mi aveva invitato a rimanere, forse gli avrebbe fatto piacere trovarmi l al suo ritorno. All'improvviso sentii qualcuno bussare alla porta, per poco non morii di paura. Chi diavolo poteva essere? Non era il caso che fossi io ad aprire, il pi delle volte mi consideravo una probabile presenza scomoda. Non era la prima volta che venivo sorpresa da mogli stizzite o, ancora peggio, totalmente inconsapevoli dei vizi dei mariti. Rimasi immobile. Se ne sarebbe andato via, se non avesse sentito nessuno aprirgli. Eppure continuava a calcare il pugno sulla porta, lasciando che un'inquietudine inarrestabile dilagasse dentro di me. Mi stavo mordendo il labbro, cercando di non muovere nulla. Marcella! Kirchner? Era la voce di Franzi! Che ci faceva qui? Ma...! Mi precipitai ad aprire la porta con uno sguardo perplesso. Dove diavolo eri finita? Sono ore che ti cerco, stupida! Stupida?! Franzi, ti dato di volta il cervello? Sono stata sbattuta fuori da Mama Kristin questa mattina al ritorno dalla Taverna e tu mi chiedi dove sono finita? L'hai chiesto a Mama, dove fossi?!. Certo che gliel'ho chiesto, ed meglio che tu non sappia la sua risposta. Ti ho cercato dappertutto, persino alla stazione! Poi mi sono ricordata di Heckel e sono andata fino a casa sua, lui mi ha detto di non saperne nulla e di provare a cercarti qua. E perch sei venuta a cercarmi? Cosa vuoi, Franzi?. Devi tornare al Casino, Marcella. Quella casa tua, non puoi permetterti di farti sbattere fuori cos!. Senti, Franzi, io da Mama non torno. Mi ha insultata, mi ha dato della sgualdrina da quattro soldi e sbattuta fuori solo perch mi ha visto con Heckel e lei odia i ragazzi della Brcke perch ha paura che io possa lasciare il Casino e farle perdere la miriade di opportunit di guadagni che le garantisco ogni giorno!. Ma che... ? Mi fai entrare, per favore? Gira l'aria qui!. La feci entrare ancora con uno sguardo contratto dalla rabbia. Cos' questa storia?. Franzi mi stava guardando torva, ma la sua espressione sembrava essersi leggermente ammorbidita. Era come se non fosse la prima volta che sentisse un discorso cos. Ma continu a rimanere con uno sguardo interrogativo, alla ricerca di mie spiegazioni. La lasciai entrare, chiedendomi per un attimo cosa fosse successo se Ludwig fosse improvvisamente

tornato. Avrei trovato una scusa qualsiasi, tanto ero quasi certa che conoscesse gi Franzi. Lei entr, piazzandosi proprio al centro dell'atrio e io, dopo aver chiuso la porta alle sue spalle, la tornai a guardare. Qualche settimana fa, Kirchner mi ha chiesto di posare per lui. Io non ho minimamente accettato la sua proposta e quando sono tornata al Casino, Mama deve avermi vista piuttosto turbata. Poche ore dopo salita in camera e ha insistito per sapere cosa fosse successo, finch non riuscita a cavarmi le parole di bocca. Non appena ha sentito il nome di Ludwig ha iniziato ad agitarsi e a mettermi seriamente in guardia, dicendomi che i pittori della Brcke non sono persone affidabili e che me ne sarei dovuta tenere alla larga. Aveva un tono allarmato. Poi ha iniziato a dire che il Casino la mia vera famiglia ed quello il posto in cui io posso sentirmi davvero al sicuro, il resto solo un tentativo di espormi ai pericoli della vita. Vedi, Franzi, all'inizio io le ho creduto. Ho pensato davvero che questi pittori miserabili volessero solamente approfittare di me e del mio bell'aspetto come hanno fatto con altre donne, per poi dar loro chiss quale reputazione, come se gi non ce l'avessimo! Poi per, la mattina seguente, sono scesa per colazione e per puro caso ho origliato una conversazione di Mama con Karla e le loro parole erano tutto fuorch affettuose. Si sono messe a parlare di noi ragazze come se fossimo in vendita in una vetrina di pasticceria, come se i pittori della Brcke rappresentassero una minaccia per i loro progetti di guadagno, sporco guadagno alle nostre spalle. Marcella, cosa stai dicendo?. Aveva uno sguardo fisso, ma c'era qualcosa di vagamente incerto nei suoi occhi. Sembrava che ora la spavalderia di qualche minuto prima fosse totalmente scomparsa e un imbarazzo fievole le pizzicasse la faccia. Mi stava evitando? Stava nascondendo qualcosa? Franzi! Mama Kristin ha parlato di altre ragazze con cui probabilmente successa la stessa cosa, ragazze che forse sono state pi furbe e hanno capito prima che quello solo un posto dove si stanno facendo i soldi con la scusa di essere per noi una grande famiglia! Tu ne sai qualcosa, vero? Avanti Franzi, dimmelo!. Mi stavo alterando. La mia voce stava diventando pi forte e anche le guance si stavano arrossando. Sentivo uno strano calore pervadermi il corpo e aveva voglia di sentire mia sorella sputare il rospo una volta per tutte. Due anni fa successa la stessa cosa anche a me, Marcella. Ero proprio qui, in questa stanza, su quel divano. Kirchner mi fece la stessa proposta e io scappai, proprio come te. Arrivai a casa e Mama Kristin cap subito cosa doveva essere successo e mi ferm, parlandomi allo stesso modo in cui ha fatto con te. E io le credetti. E sai perch? Perch avevo paura, avevo veramente paura. Sissi, una ragazza pi grande di me, aveva lasciato il Casino da poco per andare a vivere con uno scultore di Dresda che l'aveva scelta come modella dei suoi lavori. Pochi mesi dopo mi mand una lettera in cui mi raccont come fosse cambiata la sua vita, come fosse bello aver trovato l'amore e quanto bello fosse il mondo al di fuori della vita che aveva appena dimenticato. La voce di Franzi tradiva risentimento e amarezza. Lo capivo dal modo in cui guardava il divano, in cui faceva passare il suo sguardo lungo la stanza e da come parlava di questa Sissi. Avevo un vago ricordo di lei. Quando aveva detto che Kirchner le aveva fatto la stessa proposta provai un moto di gelosia, il mio stomaco si oppose all'idea che per Ludwig io potessi essere soltanto una diversa versione di Franzi. Non dissi niente, lasciai che mia sorella parlasse ancora. Avevo voglia di capire. Davanti a quella lettera provai il pi cocente senso di invidia che avessi mai provato in tutta la mia vita. Mi resi conto che davanti ad una stessa possibilit di fuga, non sarei mai riuscita ad abbandonare il Casino, te e Mama Kristin. Avevo troppa paura del mondo l fuori per credere di poter avere ancora una possibilit di vivere diversamente. Bruciai la lettera con rabbia, mi dimenticai di Kirchner e della Brcke e rimasi al Casino, promettendo a Mama Kristin di rimanerle fedele. Come un cagnolino. Anche tu hai avuto paura? Anche a te sono nate tante domande, Franzi? Perch a me sembra di essere diventata un'altra persona nel giro di poche settimane. come se sopra la mia testa ci fosse

una nuvola di interrogativi che mi perseguitano e mi stanno facendo vedere le cose in tutt'altro modo. Non riesco pi a rimanere indifferente davanti al senso di disagio che ho addosso per quello che facciamo ogni giorno. Mi adatto per abitudine, per rispetto della quotidianit, ma quando Kirchner mi ha proposto di essere la sua modella, io ho sentito qualcosa muoversi dentro, qualcosa a cui non ho potuto resistere. Avrei preferito non provare nulla, lasciarmi andare all'incoscienza come avevo fatto finora, e invece no. Marcella perch non vuoi posare per lui?. Come fai a farmi queste domande? E tu per quale motivo non hai voluto posare per lui? Credi che non sia gi abbastanza umiliante dover finire nel letto di chiunque, ingrassare le tasche di Mama Kristin senza chiedersi nulla? Cosa ne sarebbe di me se questo bel visetto venisse dipinto su una tela ed esposto a un pubblico di persone pronte a marchiarmi a fuoco con un solo nome che anche tu conosci benissimo. Marcella la puttana bambina! Marcellina la bambina di Ludwig! Questo direbbero di me, e non ti sembra squallido?. Non ti credevo capace di tali paranoie, Marcella.... Si era fatta distante e amara. Fu un attimo. Franzi! Non sono paranoie, sono scelte! Tu perch hai detto di no?. Semplicemente perch sapevo benissimo di Sissi e di quanto Mama Kristin si fosse arrabbiata. E che lasciare la strada vecchia per quella nuova non mai un lusso che quelle come noi si possono concedere. Ah, perch credi che non siamo ancora abbastanza in fondo?. Cal il silenzio. Franzi si volt e mi diede le spalle, vidi un sorriso amaro all'angolo della bocca prima che la sua schiena mi fosse davanti. Passarono alcuni secondi e poi riprese. Ho sempre invidiato la forza di Sissi e anche la sua fortuna. Ho sempre pensato che la sua capacit di cogliere le giuste occasioni fosse il segno di un'intelligenza non indifferente, assolutamente indegna per una che faceva quel tipo di lavoro. Perci sai cosa ti dico, Marcella? Se vuoi un mio consiglio, posa per Kirchner, fagli da modella e scappa via dal Casino. Scappa dai giochi di soldi di Mama Kristin e rischia come tua sorella non ha scelto di fare. Sei giovane, bella, seducente. E mi ricordi quella volpe di Sissi. Ti prometto che non brucer le tue lettere quando anche tu mi rinfaccerai la tua felicit, forse non lo far anche solo per andare a cercare la tua casa quando avr bisogno di qualcosa. Questa volta mi stava guardando dritta negli occhi, dai quali trasudava un'espressione beffarda, quasi cattiva. Franzi non provava affetto per le persone, solamente un senso di confronto. L'unico scopo dell'esistenza altrui era farle capire cosa ci fosse di buono e di cattivo in lei, un continuo paragone, un continuo altro con cui misurare se stessa. Non andr lontana, io non voglio lasciarti da sola Franzi. Siamo sorelle, a volte te lo ricordi?. Domani ti porto le tue cose. Scrivi un biglietto ufficiale a Mama Kristin cos mi risparmierai la fatica di doverle dare la notizia di una nuova Sissi. Detto questo usc di casa, senza voltarsi nemmeno a guardarmi per un'ultima volta. Io e Franzi non eravamo mai state sorelle. Se lo eravamo, era solo una questione di sangue. Di parentela. Di realt biologica. Avevamo una madre in comune, per il resto eravamo esattamente due persone estranee. E quella conversazione ne era stata la prova. Io per lei ero solo un termine di paragone con cui confrontare e soppesare le sue sconfitte e le sue vittorie. Nello stesso modo in cui lo era stata Sissi, e chiss quante altre ancora. Ricacciai le lacrime in gola e andai a sedermi sul divano. La tela mi stava osservando in cucina. Sentivo il cuore battermi forte nel petto, era il peso della scelta, perch era esattamente quello a farmi sentire improvvisamente cos adulta, cos vulnerabile. Avrei voluto rimanere ferma l per ore, non dover pi decidere niente, lasciarmi semplicemente vivere, abbandonare agli eventi come una piuma che scivola lungo il respiro dell'aria. Mi pulsavano le tempie, avrei voluto scuoterle e poter svuotarle da ogni pensiero. Sentivo l'urgenza di mandare quella lettera a Mama Kristin perch non sarei tornata laggi, dopo quello che mi aveva detto Franzi non avrei permesso a me stessa di ritornare in quel posto dove mi

sembrava che ormai da troppo tempo avevano approfittato della nostra incoscienza. Mi sentivo stupida e percepivo tutta la frenesia di riscattare quei mesi di silenzio in un solo momento. Dovevo riprendere le mie cose, e Ludwig dov'era? Dovevo dirgli della mia decisione, che avevo cambiato idea e che sarei stata disposta a posare per lui e fargli da modella. Forse avrei dovuto pensare a delle condizioni precise da porgli, per limitare altri inganni. Mi stavo facendo travolgere dalla situazione, mi stava sfuggendo di mano. Ma improvvisamente mi accorsi che un sonno prepotente stava calando su di me, realizzai che erano ore che non dormivo. In quel turbinio di angosce, mi assopii. Fui svegliata dal chiavistello della porta, sobbalzai bruscamente e mi rimisi a sedere. Ludwig stava rientrando. D'istinto portai una mano ai capelli, cercando di sistemarli o forse solo per nervosismo. Ciao. Ciao Ludwig.... La mia voce era ancora impastata dal sonno. Addosso avevo la canottiera e le calze che mi aveva precedentemente prestato per cambiarmi d'abito dopo la nottata con Heckel. Le avevo indossate prima che Franzi bussasse alla porta, lasciando al bordo del divano la coperta con cui Kirchner mi aveva avvolta prima di andare via. Avevo dormito poche ore e poi, dopo la discussione con mia sorella, avevo ceduto nuovamente alla stanchezza. . Come stai? Hai trovato qualcosa per colazione?. No, a dire il vero non avevo fame, non me ne sono preoccupata. Dov'eri?. Domandai con distrazione, poi mi resi conto che poteva essere una domanda di troppo. Ho visto Karl, mi ha mostrato un suo nuovo dipinto. Per ora solo abbozzato, ma sembra promettere bene. Mi sentivo a disagio. Sullo sfondo di quelle parole c'era molto di pi che una semplice visita e un semplice abbozzo di quadro. Nell'aria c'era tutta la questione di Marcella che non voleva farsi ritrarre. Marcella confusa, instabile, bambina. Marcella impertinente, arrabbiata, adulta. Sospirai senza che se ne accorgesse, poi ripresi con voce forzatamente disinteressata. Schmidtt Rottful?. S, lui. Lo conosci?. Sorrise malizioso, con quella sua aria da uomo sicuro di s, che fa dell'ironia per mascherare la fragilit. Lo riconoscevo ogni volta, mi infastidiva. Mi chiedevo per quale motivo si dovesse nascondere la propria debolezza con il gioco dell'ironia, come se servisse veramente a esorcizzare la paura. No. Ho sentito mia sorella parlare di lui, tempo fa. Rimasi vaga, ma non dissi il vero. Karl Schmidtt Rottful si era presentato come ogni ragazzo della Brucke alla porta di Mama Kristin e dopo essersi fatto avanti come membro di essa, era stato sbattuto fuori. Mi trovavo per caso nella sala del tabacco e ascoltai tutta la discussione, allora. Forse era la prima volta che sentii parlare della Brcke e la prima volta in cui cominciai ad informarmene. A proposito continuai - passata Frazi prima. Mi ha chiesto dove fossi sparita e le ho spiegato la situazione.... Franzi? Perch non le hai chiesto di fermarsi? E' tanto tempo che non la vedo.... Da quando ha rifiutato di posare per te?. La casa sembr gelarsi. Notai con soddisfazione che quel suo sorrisetto spavaldo se n'era andato e che la sua faccia si era fatta rigida, lo sguardo sfuggente. Io continuai a guardarlo fisso negli occhi. Te l'ha detto.... Abbass lo sguardo, ma gli angoli della sua bocca si allargarono ancora. Questa volta c'era un velo di malinconia, un vago risentimento che fioriva da una nuova espressione pi riservata, quasi timida avrei osato dire. Mi hai presa per un ripiego, Ludwig? Dopo che Franzi ti ha negato la possibilit di vendere il suo corpo a quel mondo che ti loda grazie a quelle come noi, ci hai riprovato con me?. Dopo che tua sorella Franzi si fatta assoggettare da quella vecchia megera di Frau Kristen, ho

sperato che almeno nella tua testa ci fosse un briciolo di coscienza in pi. Siete cresciute entrambe in un ambiente indegno, le persone sono abituate ad approfittare di voi e questo vi va bene, finch non arriva qualcuno a proporvi qualcosa di meglio. Davanti a questo meglio sembra non poterci essere nemmeno la minima curiosit o un sentimento di rischio. Allora io mi chiedo perch per un solo istante non possiate immaginarvi una vita diversa. Marcella, guardami negli occhi.... Mi prese il mento con una mano. Non era cattiva, solo forte. Paterna. Se non puoi immaginare te stessa in nessun altro modo che in quello in cui sei ora, perch non provi almeno a immaginare una cornice diversa? Non ti ho mai chiesto di prostituirti agli occhi di tutti, non ho mai attentato alla tua dignit. la tua paura che ti spinge a crederlo. Come tua sorella, ti ritrovi al bivio in cui da una parte c' la vita di sempre e dall'altra la luce di un cambiamento che freme da tempo dentro di te, lo so, ma che non riesci ad accettare. Puoi essere di pi, Marcella. Con me, con noi, con la Brcke. Puoi essere di pi che una bambola nelle mani di bambini affamati. Come aveva fatto a centrare cos bene la questione? Era cos evidente, nei miei occhi, la paura di credere che ci fosse un modo migliore per esistere in quel mondo? Franzi, cos intrappolata in se stessa da non vedere oltre il suo limitato orizzonte, aveva parlato del lusso di lasciare la strada vecchia per quella nuova, ma fino a che punto poteva essere un lusso? E non una semplice alternativa? Ritrassi il volto dalla sua mano, che si sciolse da me morbida. Non voleva farmi male, lo sapevo. Quando sei una donna come me, ti sembra di aver raggiunto il punto pi alto e nello stesso tempo il punto pi basso e ti sembra che fra quei due punti non ci sia nient'altro. Rimase in silenzio, la mia voce tremolante sembrava rimbalzare fra le pareti. E quando ti accorgi che pu esserci di pi, ti assale la vergogna del non averci mai pensato prima, perch la consapevolezza sa diventare il senso di colpa pi meschino di tutti. Passai un braccio lungo gli zigomi, togliendo le lacrime dal viso e respirando a fondo. Mi sembrava cos stupido scoprirmi davanti a lui. Sei bella.... Me lo disse ancora, esattamente come la prima volta in cui mi aveva fatto la sua proposta. No, sono solo un'ombra delle volont altrui. Nient'altro che un'ombra. Allora lasciami catturare quest'ombra e riempirla di colori. Mi allungai sul divano, un braccio sulla sponda, il palmo aperto a reggere il mento. Le gambe accoccolate fra loro, distese una sull'altra. Guardai fuori dalla finestra e poi delle bottiglie che erano sparse per la stanza. Pensai che sarei dovuta andare presto a riprendere le mie cose, che avrei perso la mia casa, quella che avevo chiamato famiglia. Ma ormai credevo in una Marcella adulta, e in fin dei conti diventare adulti significava fare delle scelte ed essere disposti a perdere qualcosa. E nello stesso tempo credevo in una Marcella migliore, che si potesse permettere il lusso di una strada nuova. Persa in questi pensieri, non mi ero accorta del trafficare di Kirchner, che in quei pochi minuti aveva preso la tela e l'aveva portata da noi. Come la vidi davanti a me, sentii un fremito nel petto, la possibilit ancora viva di fuggire, di tornare indietro. Tremavo e tutto quel lieve muoversi del mio corpo sembrava suggerirmi di poterlo fare, di alzarmi, andare via. Era il momento in cui dovevo scegliere se prendere o lasciare. Poi pensai alla notte con Heckel. Saresti una modella perfetta, Marcella. Guarda verso la finestra come stavi facendo poco fa! Ti dispiace?. Ludwig interruppe la mia titubanza. Non si trattava semplicemente di rispondere alla sua domanda, ma di dire s o no a una nuova vita. Il viso di Mama Kristin mi attravers la mente, anche quello di Franzi e quello di Sissi, di Karla. Guardai fisso negli occhi Ludwig per alcuni istanti, poi, senza assumermi la responsabilit di rispondere in maniera definitiva al quesito esistenziale che, senza saperlo, Kirchner mi aveva

nuovamente posto, voltai lo sguardo esattamente nel punto in cui era poggiato prima. Lui afferr un pennello e con il cavalletto che mi fissava, bramoso delle mie forme, cominci ad appoggiarlo sulla tela. Il fruscio dei crini sulla stoffa segnarono definitivamente la mia svolta. Non potr mai dimenticare il rumore di quel silenzio. UN ANNO DOPO Cara Franzi, sono seduta sulla riva del lago, a Moritzburg. Ho deciso di scriverti, perch quel giorno a casa di Kirchner hai promesso che non avresti buttato via le mie lettere e cos, visto che sono quasi undici mesi che non ho tue notizie, ho voluto scriverti. Probabilmente non manterrai la tua parola e questo pezzo di carta finir come quello che Sissi ti sped, anni fa. Io spero vivamente di no. Il giorno che sono venuta a prendere le mie cose al Casino tu non c'eri e, per quanto tu abbia sempre voluto ignorare il nostro legame di sangue, ho provato un profondo dolore a non poterti salutare almeno con uno sguardo. Ma a volte Dio decide cos e noi non possiamo fare altro che accettare. Ma pi che accettare, questa volta ho scelto. E ho capito che sono le scelte a fare di noi persone migliori. Ludwig non mi ha dipinta nuda. Mi piacerebbe che lo vedessi, un quadro strano, forse nemmeno io riesco a comprenderlo fino in fondo. C' molto giallo e anche molto verde e quando lo osservo come se sentissi una vertigine difficile da spiegare. come entrare nell'intimit di qualcuno, pur non svestendo nessuno. Penserai che sono pazza. Ma a frequentare la Brcke, soprattutto qui a Moritzburg, si diventa cos: pi riflessivi, pi attenti. I laghi sono meravigliosi. So che ignorerai la mia proposta, ma potresti raggiungermi se ti fa piacere. Qui ci sono prati bellissimi e tante altre ragazze e ragazzi con cui chiacchierare in libert. Ho conosciuto una ragazza, si chiama Dodo. Kirchner l'ha dipinta come una Venere, a volte provo invidia per tale bellezza. Ma qui non c' amore, non c' dolore, non c' niente. Solo un'anarchia di colori, sentimenti, voglie. Vorrei saperlo spiegare meglio, ma forse non ho cos tante parole nella mia testa per poterlo fare. Il prossimo anno forse andremo a Berlino. Ti ricordi? Gi Heckel ce ne aveva parlato. Non ci sono mai stata, ma dicono che potrebbe rivelarsi un cambiamento interessante. L'unica cosa che so che mi mancheranno molto questi laghi meravigliosi. E il Sole. Anche tu mi manchi. Mandami tue notizie, te ne prego. Anche in poche righe. Tua, Marcella.

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