Sei sulla pagina 1di 161

DOCUMENTI DI ARCHEOLOGIA

Collana diretta da Gian Pietro Brogiolo e Sauro Gelichi

DOCUMENTI DI ARCHEOLOGIA 23

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA


Giornata di studio Milano 1 Ottobre 1999

a cura di MARINA DE MARCHI, MIRELIA SCUDELLARI, ANTONIO ZAVAGLIA

ASSOCIAZIONE STORICO ARCHEOLOGICA DELLA RIVIERA DEL GARDA

Societ Archeologica Padana s.r.l.

Editrice S.A.P.

Il volume stato pubblicato con il contributo dell Assessorato Culture, Identit e Autonomie della Regione Lombardia 2001, Societ Archeologica Padana s.r.l.
Via R. Ardig, 7 - 46100 Mantova Tel./Fax 0376-369611

In copertina:

Serena Franceschi, Adelmo Lazzari, Sandro Salvatori: Padova, Casa di Via Boccalerie: lettura stratigrafica

I N D I C E

Presentazione, di P. MARINA DE MARCHI, ANTONIO ZAVAGLIA Presentazione, di MIRELIA SCUDELLARI Introduzione, di TIZIANO MANNONI Progetto RISPL: ricerche lungo lAdda e nel territorio garde sano, di GIAN PIETRO BROGIOLO Itinerari di ricerca in territorio gardesano - Il Progetto Cavaion - La carta archeologica del Comune di Cavaion Veronese: aspetti metodologici, linee di ricerca e pianifica zione territoriale. Esperienze e confronti, di FABIO SAGGIORO, NICOLA MANCASSOLA Lesperienza dellinsegnamento di Archeologia Medievale a Siena nel campo dellinformatica applicata, di LUCA ISABELLA , FEDERICO SALZOTTI, MARCO VALENTI Il paesaggio antropico come palinsesto: il caso dellager ticinensis e della Mediolanum Ticinum, di MAURIZIO BORIANI, ANNAMARIA BONIARDI, SUSANNA BORTOLOTTO, PIERO FAVINO Uscire dal paesaggio: il contributo dellecologia storica e della storia locale, di DIEGO MORENO La carta del rischio per ledilizia storica: un esempio appli cativo, di NINFA CANNADA-BARTOLI Il caso di Cornello del Tasso - Val Brembana (Bergamo), di P. MARINA DE MARCHI, ANTONIO ZAVAGLIA Recupero e valorizzazione di Cornello del Tasso, di P AOLO MASOTTI La mappatura culturale della citt vecchia di Genova: un metodo per una lettura nuova della citt, di RITA VECCHIATTINI Dieci edifici storici di Padova: una proposta operativa per il catalogo monumentale, la tutela e la programmazione, di SERENA FRANCESCHI, ADELMO LAZZARI, SANDRO SALVATORI Tavola rotonda

Pag.

7 8 9 13

21

31

65 85 89 99 117 129

143 163

PRESENTAZIONE

La Direzione Generale Cultura, anche in relazione alla gestione diretta di leggi inerenti le attivit di conservazione e valorizzazione delledilizia storica, si posta da tempo il problema di individuare gli stru menti per una programmazione territoriale degli interventi volta alla migliore conoscenza dei beni, alla loro relazione con lambiente e alla loro integrazione nella pianificazione urbanistica regionale. In questa logica lattivazione della Carta del Rischio dellEdilizia Storica, interna al Sistema Informativo Territo riale Regionale, realizzata in stretta collaborazione con LIstituto Centrale del Restauro, ha avuto il meri to di evidenziare la necessit di uno strumento puntuale e concreto per la conoscenza e il controllo dei sin goli beni e del loro contesto territoriale, nellottica di rendere operativa la conservazione programmata e di individuare le priorit di intervento sui beni. Le diverse esperienze che la Regione Lombardia ha maturato in questi anni, anche nel settore delle ricerche archeologiche promosse in singoli siti e in microbacini territoriali, ci hanno convinto della neces sit di un confronto tra operatori che toccasse metodi, mezzi e discipline, in un sistema di conoscenze che va via via estendendosi fino comprendere oltre allarcheologia e allarchitettura anche lambiente antropi co e lecologia storica. Gli Atti del Convegno, nella loro apparente disomogeneit, illustrano bene le diverse linee di sviluppo della ricerca in questo settore. Si va dallanalisi storica di singoli siti, o di caratteristiche del paesaggio antropizzato lombardo - inteso come risultato di un processo di stratificazione degli interventi umani alla ricerca capillare per microaree geografiche omogenee connesse a sviluppi storici peculiari e coerenti, mediante lutilizzo di strumenti di indagine mirati (ad esempio la fotointerpretazione aerea). Contemporaneamente hanno ampio spazio i saggi relativi allapprestamento e alla gestione di sistemi informatici per la conoscenza e la tutela di ampie aree dinteresse archeologico, nonch la realizzazione di mappe territoriali e urbane indispensabili per una pianificazione che si ponga lobiettivo concreto della conoscenza storica e della tutela dei beni e dellambiente. Il confronto tra esperienze di ricerca, gestione delle conoscenze e tutela conferma che la strada da per correre ormai segnata. Linvito alla riflessione operato in apertura da T.Mannoni coglie lessenza del problema: le macchine potenti non rappresentano per s ottimi strumenti di ricerca e di servizi di pubblico interesse, se non quando si siano chiariti i problemi, gli obiettivi e, conseguentemente, si siano selezionati in modo coeren te i dati utili alla realizzazione di uno strumento conoscitivo per la tutela, conservazione, valorizzazione dei beni culturali e del loro contesto storico e ambientale. Si ringraziano i relatori e, non ultima, lAssociazione Storico Archeologica della Riviera del Garda con la quale il Servizio Musei e beni culturali ha maturato una lunga e proficua collaborazione sui temi della ricerca e della salvaguardia dei beni del territorio regionale. P. MARINA DE MARCHI, ANTONIO Z AVAGLIA

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

PRESENTAZIONE

Con questo convegno dedicato al tema lo spessore storico in urbanistica, lAssociazione Storico Archeologica della Riviera del Garda compie una parabola che unisce i luoghi della storia dellarcheolo gia, finora privilegiati nei nostri incontri, con le pi recenti istanze legate alla gestione del territorio e alla pianificazione urbanistica. Rimane sotteso il filo che conduce a quegli strati dello spessore storico a cui tutti guardano con inte resse ma che rischiano di scomparire progressivamente sotto le trasformazioni e le distruzioni del terri torio prodotte dallazione umana. pur vero che tutti i segni lasciati dalluomo, sia esso distruttore, costruttore o conservatore, si sedimentano e vanno a costituire la storia come stratificazione dellattivit umana, complementare alla stratificazione del paesaggio naturale. Che cosa dunque fa parte di questo spessore storico? Con quali nuove tecniche di indagine lo si pu documentare e conoscere? Chi lo deve tutelare e gestire? E come formare professionisti e tecnici in una materia cos complessa? Intorno a tali questioni e intorno ad uno stesso tavolo hanno discusso i relatori; la presenza, insieme a tanti archeologi, di tanti architetti e funzionari dello Stato e delle Regioni dimostra la volont di dialoga re e pone in evidenza gli elementi di intersezione. Attraverso la pubblicazione degli Atti intendiamo offrire ai lettori la possibilit di partecipare, seppu re indirettamente, a questo confronto di esperienze e di idee. Ringraziamo la Direzione Generale Cultura Servizio Musei e Beni Culturali per il supporto che anco ra una volta ci ha offerto. Ringraziamo i relatori per il loro qualificato intervento. Ringraziamo le collaboratrici, Silvana Ciriani e Miriam Musesti per la disponibilit dimostrata nel lavoro di redazione. MIRELIA SCUDELLARI

Associazione Storico Archeologica della Riviera del Garda Palazzo Fantoni 25087 Sal (BS) mireliascudellari@tin.it

Tiziano Mannoni

INTRODUZIONE
Tiziano Mannoni

Sar unintroduzione vista pi da un membro dellISCUM (Istituto di Storia della Cultura Materiale) che da un urbanista, come sembra ispirare il titolo della Giornata di studio. 1. Non si pu fare uno stato dellarte in questo importante settore, senza premettere quali siano le grandi possibilit che il progresso dei mezzi informatici ha oggi messo a disposizione per indagare e rappresentare lo spessore storico del territorio. Tali possibilit, oltre a richiedere del tempo come sempre per la loro diffusione, molto probabilmente non sono state ancora viste in tutte le loro possibili articolazioni: si tratta in realt di avere imboccato una strada nuova, della quale difficile prevedere ora tutti i percorsi. Ma gi ora sono stati superati molti ostacoli. Quando allinizio degli anni Settanta il generale Giulio Schmiedt, ex direttore dellIstituto Geografico Militare, insegnava Topografia antica allUniversit di Genova, tent con la nostra collaborazione di impostare una carta dettagliata dei beni culturali che superasse i limiti delle precedenti carte archeologiche: limiti non soltanto nei contenuti (cronologia e genere dei beni presi in considerazione), ma anche nei mezzi di gestione dei dati (carte a scala troppo grande e schede descrittive stampate). Lesperimento urt tuttavia in altri limiti: la scala pi bassa delle carte tridimensionali esistenti era il 25.000 dellIGM, dove cio i nuclei abitati sono reali, ma non i singoli edifici; la carta a stampa non riceve pi di tre gruppi di informazione (numerazione, lettere, colori), e gli aggiornamenti richiedono nuove edizioni; le uniche schede che era possibile selezionare e incrociare meccanicamente erano quelle perforate IBM, dove era necessario ridurre a simboli semplici un numero limitato di informazioni per ragioni di memoria. La Carta Tecnica Regionale 1:5.000, le banchedati computerizzate ed il loro abbinamento con i Geographical Informatic Systems, hanno in pochi decenni superato tali ostacoli, praticamente senza limiti nella quantit delle informazioni georeferenziate (150.000 informazioni ad ettaro); senza contare che le carte numeriche sono continuamente aggiornabili. Si cio, passati da una fase nella

quale i dati esistenti erano quantitativamente e qualitativamente superiori ai mezzi informatici disponibili, ad una fase dove i mezzi stessi hanno possibilit superiori ai dati disponibili, non perch il patrimonio culturale presente in un territorio sia abbastanza semplice, ma proprio perch le limitazioni dei mezzi hanno determinato per molto tempo la tendenza a semplificare le informazioni. 2. evidente che disporre di grandi mezzi informatici non crea automaticamente degli ottimi strumenti di ricerca e dei nuovi servizi di pubblico interesse: superati gli ostacoli tecnologici, tutto dipende da che cosa realmente si mette dentro alle macchine potenti. La possibilit di accedere velocemente a molti dati, anche in modo incrociato, con facili rimandi ad altre informazioni, dipendono certamente dalla macchina, ma se tali dati contengono o no certi problemi dipende da ci che si decide di mettere nelle schede di partenza. Le elaborazioni dei dati caricati nel sistema informatico possono mettere in luce certi aspetti del patrimonio culturale che non erano stati osservati prima: questo accade specialmente se si tratti di nuovi dati che emergono dal confronto particolare di molti casi schedati, ma funziona se in tutte le schede siano stati immessi i dati di base necessari. La prima idea che viene in mente quella di studiare una scheda che possa contenere tutte le informazioni che riguardano i beni culturali. Basta provare a costruirla per capire, per, che non possibile. Non si mai sicuri in primo luogo di ricordare tutte le caratteristiche che un bene possieda, e, passando il tempo, ne vengono sempre in mente di nuove: alcune sembrano in parte comprese in qualche voce gi ordinata, ma queste ultime non sembrano esaurire tutta linformazione. Laltro inconveniente dipende dal fatto che le caratteristiche vanno classificate per categorie, con dei gradini precisi allinterno di ciascuna di esse, ma ci non possibile. Anzi in molte caratteristiche esistono variazioni continue, ma persino fra una caratteristica e unaltra non vi sono dei confini ben precisi, come sa chi ordina le biblioteche. Le difficolt incontrate non sono casuali, ma dipendono dal fatto che qualsiasi realt non

10

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

strutturata a compartimenti autonomi come la nostra mente razionale: quando non si riesce ad imbrigliare una realt analizzata in schemi razionali si parla della sua complessit, per giustificare la mancata analisi. Ci sono tre problemi principali da affrontare, che nella realt saranno pi o meno connessi tra loro, ma che per non uscire dal nostro modo di pensare analizziamo separatamente. A) Anche nella classificazione di un bene culturale molto circoscritto come la ceramica medievale, nel 1973 ho dimostrato che una scheda in grado di distinguere qualsiasi tipo e sottotipo conosciuto diventerebbe non gestibile: ogni piccola differenza non contemplata dalle caratteristiche prese in esame, ma che permette di distinguere nellosservazione due tipi tra loro, obbliga ad aumentare le voci della scheda. Senza contare che ogni volta che una nuova differenza di questo genere viene messa in luce, bisogner aggiornare tutte le schede gi compilate. B) In qualunque modo si studino i criteri che normano le categorie di classificazione, esisteranno sempre dei beni che non troveranno in esse collocazione, o che potrebbero appartenere contemporaneamente a pi categorie. Le banche-dati computerizzate, come ogni altro sistema razionale, non sono in grado di risolvere questo problema alla base, ma permettono di diminuire notevolmente il disagio usando il criterio delle configurazioni a voci incrociate, ed inserendo una voce imprevisto. C) Allinterno delle singole categorie di informazione della scheda, il sistema numerico binario funziona molto bene per valori assoluti: si-no, presente-assente. sempre necessario per aggiungere le voci con il significato non rilevato e domanda non proponibile, perch tali situazioni non vengano confuse con le risposte: no, assente. Per valori intermedi tra si e no, quando questi siano misurabili in modi quantitativi, si possono usare scale decimali, o fasce quantificate. Quando le variazioni non siano quantificabili, bisogna sperimentare su campioni gi noti le voci che siano in grado di rappresentare il fenomeno studiato, cambiandole fino alla copertura dei casi reali. 3. Si pu affermare che non esiste la vera scheda di un oggetto, cos come non esiste il vero posto di un libro nella biblioteca: la vera scheda delloggetto loggetto stesso. Questo non per i limiti e gli errori dei mezzi di ricerca, ma perch la scheda un mezzo analitico, e, come tale, non potr mai essere totale. Non si dispone, daltra parte, di nessun altro strumento conoscitivo totale, se si escluda lintuizione, che non essendo razionale, non ripetibile e trasmissibile. Lasciar perdere i modelli idealistici non vuol dire per passare alla passivit degli scettici. Chi si
1 T. MANNONI, D. CABONA, I. FERRANDO, Archeologia globa -

occupi di beni culturali non pu non conoscere i metodi della cultura materiale con i quali luomo, in mancanza di strumenti scientifici, ha sempre cercato di risolvere i problemi: tentativi, e miglioramenti, per eliminazione delle prove sbagliate. Il metodo dellevoluzione culturale, che in ci assomiglia a quella biologica, un modo di procedere che non idealistico, ma neanche scettico: Karl Popper lo definisce realistico. Non bisogna dimenticare quali e quanti monumenti, le cui realizzazioni e durate sono ancor oggi di difficile spiegazione, sono stati prodotti in passato con questa logica: lintero patrimonio culturale di un territorio, oltre a possedere indiscussi valori estetici, e spesso ancor oggi funzionali, rappresenta proprio le fondamentali testimonianze dellevoluzione culturale. Non va infine dimenticato che anche linformatica, per affrontare i problemi complessi, si sta muovendo nella linea della logica empirica che agisce per tentativi e correzioni degli errori. molto probabile che, in un futuro non lontano i programmi a reti neurali ci permetteranno di affrontare in un modo diverso i problemi oggi discussi. probabile, per, che anche le reti neurali presentino qualche controindicazione pratica, e che per certi problemi con minori complessit classificatorie i sistemi attuali resteranno preferibili. 4. A questo punto il realismo impone, che prima di ogni progetto di ordinamento di dati a fini conoscitivi o informatici, si debba stabilire quale problema si voglia affrontare. Esso stabilir, con tutti i margini di sicurezza che si vogliano adottare, quali dati vadano raccolti e quali modi debbano essere messi a confronto. Tornando al patrimonio culturale di un territorio, gi le prime esperienze hanno dimostrato che si possono affrontare problemi assai differenti tra loro, con banche-dati e logiche selettive altrettanto differenti, pur usando gli stessi strumenti informatici e gli stessi dati di partenza. A) Se lo scopo quello di creare un servizio di grande utilit per le ricerche di archeologia globale del territorio, e per qualsiasi progettazione e pianificazione ai fine della conservazione e dello sviluppo di un territorio, o di sue parti, non necessario conoscere tutti i particolari che costituiscono ogni bene culturale, ma soltanto certe categorie generali. indispensabile invece che ogni segno di attivit umana conosciuto e georeferenziabile, piccolo o grande, sia messo in evidenza con continuit su aree estese, come provincie e regioni. Questo proprio il principale significato di archeologia globale introdotto dallISCUM nel 19811, allo scopo di ricavare informazioni dai rapporti tra territorio e insediamenti, ed altre attivit di qualsiasi epoca e funzione.
dans les pays mditerranens: les mthodes et lapport de larcho logie extensive, (Parigi 1984), Roma-Madrid 1988, pp. 43-58.

le del territorio. Metodi e risultati di una nuova strategia della ricerca in Liguria, in Structures de lhabitat et occupation du sol

Tiziano Mannoni

11

Su questa linea si muove, per esempio, la Carta del Patrimonio Archeologico, Architettonico e Storico Ambientale della Regione Liguria. Si tratta di un GIS MAPINFO che utilizza la Carta Tecnica Regionale, con banca-dati ACCESS ed una scheda unica per ogni classe di bene immobile (puntuale, lineare o areale), o beni mobili con significato di attivit legata ad unarea precisa del territorio. In essa si data unimportanza rilevante alla classificazione funzionale, per la quale stato possibile superare le differenze dovute soltanto ai vari linguaggi accademici: non ha sempre senso infatti stabilire un confine netto tra edificio storico e rudere archeologico di un edificio che aveva le stesse funzioni, tra una taberna viaria romana ed una locanda stradale medievale, eccetera. Seguono: la cronologia; lo stato di conservazione, e i vincoli; le modalit delle ricerche che hanno portato alla conoscenza del bene; le fonti impiegate criticamente; la frequenza nel territorio della classe a cui appartiene il bene preso in esame; quanto questultimo rappresenti la classe a cui appartiene; rischi e bisogni di conservazione (dieci categorie, compresa lindividuazione e lubicazione, con cinquanta voci e centocinquantaquattro tipi funzionali di beni immobili)2. La nuova legislazione urbanistica prevede, per evitare che ogni progetto si attardi in sequenze di tagli da parte degli Enti di tutela e di controllo, che il progettista possa gi rendersi conto ampiamente del contesto culturale su cui va ad operare, e del suo contorno. A meno che non si vogliano fare le leggi soltanto per far lavorare i legislatori ed i professionisti che li aiutano, un servizio del genere ora esaminato diventa indispensabile. B) Volendo affrontare problemi meno generali, gli stessi strumenti possono essere impiegati per carte tematiche, sempre a scala provinciale o regionale, ma anche nazionale. Qualsiasi approfondimento su singole classi di beni richieder ovviamente schede particolari che vanno articolate sulla base dei problemi affrontati. Esempi tipici sono: la Carta del Rischio del Patrimonio Culturale del Ministero per i Beni Cultura-

li e Ambientali, dove prevalente il problema della tutela e della conservazione in relazione ai vari agenti di degrado (dati prediagnostici per i progetti di restauro); la Carta dei siti fortificati di altura della Regione Toscana che, data la geomorfologia prevalentemente collinare della regione, diventa uninteressante chiave di lettura della storia del territorio3. C) I sistemi A e B non possono per affrontare veramente tutti i dati scaturiti dalle analisi dettagliate dei singoli beni, gi eseguite o ancora da fare. Per scendere a questo livello particolare diventa per veramente impossibile cercare di uniformare le categorie distintive, pur rimanendo gli stessi i mezzi informatici: i singoli problemi diventano dominanti nelle scelte. Lo scavo archeologico condotto in modo razionale richiede, per esempio, una collocazione e una rappresentazione tridimensionale delle giaciture dei reperti mobili ed immobili, associate alle analisi della sequenza stratigrafica ed alle schede delle unit stratigrafiche e dei reperti. Specialmente quando aumenti notevolmente il numero delle u.s., la gestione manuale diventa difficile e molto lenta, diminuendo la quantit e la qualit delle elaborazioni dei dati registrati, mentre una banca-dati associata ad un GIS pu gestire velocemente fino a 150.000 informazioni ad ettaro. Come si pu vedere dalla Carta Archeologica della Provincia di Siena, si pu passare gradualmente dalla scala del territorio, sulla base della Carta Tecnica Regionale, a quella 1:20 delle rappresentazioni di scavo archeologico, fino ad ubicare ogni singolo reperto4. Al di sopra del suolo, lo stesso sistema pu essere impiegato, sempre ai fini della conoscenza storica, nellarchitettura che viene studiata con metodi archeologici. Non questo il caso della Mappatura culturale della citt vecchia di Genova, dove i dati archeologici, assieme a quelli storici e del degrado, sono stati invece usati su tutto lesistente, soprattutto per creare uno sportello del cittadino in grado di migliorare la qualit della vita nel centro storico, mediante una sua conservazione intelligente5.

2 F. BANDINI, T. MANNONI, S. VALERIANI, Dallarcheolo -

gia globale del territorio alla carta archeologica numerica, in La carta archeologica fra ricerca e pianificazione territoriale, (Firenze 1999), in corso di stampa. 3 Si vedano, negli atti di questa stessa Giornata di studio: N. CANNADA BARTOLI, La carta del rischio: un esempio applica tivo; M. VALENTI, Informazione archeologica nel territorio e metodi dindagine.

4 Il Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dellUniversit di Siena ha condotto le ricerche pi avanzate in questo campo, come si pu anche vedere dalla gi citata comunicazione di M. Valenti negli atti di questa Giornata di studio. 5 Questo esperimento stato descritto dettagliatamente da R. Vecchiattini negli atti di questa Giornata di studio.

Gian Pietro Brogiolo

13

PROGETTO RISPL: RICERCHE LUNGO LADDA E NEL TERRITORIO GARDESANO


Gian Pietro Brogiolo

Lassociazione, senza fini di lucro, denominata Ricerche fortificazioni altomedievali stata costituita nel 1993, con lo scopo di promuovere non solo ricerche e attivit di studio e di divulgazione sulle fortificazioni tardoantiche-altomedievali e sul loro territorio, ma pi in generale sullevoluzione dellinsediamento medievale Al fine di realizzare le numerose iniziative in corso, lassociazione si articolata in gruppi territoriali (attualmente attivi sono i gruppi Adda, Garda, Trento, Udine) e tematici (aereofotointerpretazione e studio ceramiche). Numerose sono le iniziative che hanno preso il via grazie alla collaborazione fra studiosi ed enti di ricerca e di tutela. Tra queste il progetto Risorse storiche delle Prealpi Lombarde (RISPL), avviato nel 1995 dai gruppi Adda e Garda, che si sviluppato fino al 1999 secondo un programma prestabilito, ma flessibile. RISPL stato infatti pensato come un progetto contenitore per dare complementariet di indirizzi ad una serie di ricerche storico-archeologiche avviate nel corso degli anni 80 nel territorio delle Prealpi lombarde. Comprende sia sottoprogetti di analisi sistematica di aree campione, sia indagini tematiche: a) ricostruzione dei paleoambienti, b) analisi di paesaggi antropici, c) insediamenti rupestri, d) fortificazioni tardo-antiche e altomedievali, e) castelli ed edilizia di et feudale. Si avvalso della collaborazione scientifica di studiosi e studenti di tre Universit (Universit di Birmingham, Dept. of Archaeology and ancient History; Universit di Padova, Dipartimento di Scienze dellAntichit; Universit di Siena, Dipartimento di Archeologia e Storia della Arti), di tre Musei (Museo Giovio di Como, Museo di Manerba, Museo di Cavaion), di numerosi Enti Locali (Comunit Montane della Val San Martino (Lc) e dellAlto Garda bresciano, Parchi di Monte Barro e Adda Nord, Comuni di Cornate (Mi), Paderno dAdda (Lc), Manerba del Garda (Bs), Cavaion (Vr), Garda (Vr) e di alcune associazione operanti nellambito dei Beni Culturali (Associazione Storico Archelogica della Riviera, Federazione delle Associazioni gardesane, Gruppo archeologico di Cavaion, Gruppo Alpini di Monte Marenzo).

La domanda generale che ha fatto da legante per una quindicina di sottoprogetti apparentemente eterogenei ha riguardato i modi e le conseguenze sullambiente dellutilizzo delle risorse da parte delle societ preindustriali. Il progetto RISPL prevedeva un impegno pluriennale, attraverso distinti momenti operazionali, di un percorso cognitivo che muoveva da una conoscenza complessiva del territorio verso livelli di approfondimento analitico mirati alla dimensione del singolo sito e/o monumento. Con due concomitanti obiettivi: (a)-lapprestamento di una schedatura sistematica, premessa di un sistema informativo territoriale, strumento indispensabile per una salvaguardia ed una valorizzazione delle testimonianze documentate; (b)-la progettazione, nelle aree campione e dintesa con gli enti territoriali e le istituzioni culturali locali, di ecomusei territoriali (centri espositivi collegati ad itinerari storico-archelogici-ambientali attrezzati). Si trattato di un progetto ambizioso che ha prodotto risultati significativi, sia per quanto riguarda le metodologie adottate che per i singoli prodotti scientifici Nei territori campione esaminati (Val San Martino, territorio di Cornate, Isola brembana, Area gardesana per campioni significativi: infra) lindagine ha seguito un modello standard distinto in due fasi. La prima fase prevedeva un approccio complessivo al territorio, realizzato attraverso tre momenti operativi. 1-La schedatura e lindividuazione su base cartografica esistente (1/10.000 e/o 1/5.000) di tutti i dati cartografici e documentari editi o conservati in archivio, relativi allo sfruttamento delle risorse naturali (terreni agricoli, bosco, acqua, cave, grotte e ripari ecc.). Tali dati rappresentano il livello di conoscenza casuale, dal quale conviene tuttavia partire per individuare le coordinate culturali della nostra indagine.

14

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

2-La ricerca delle tracce osservabili in superficie, attraverso linterpretazione di immagini multispettrali, riprese da differente altezza (pallone aerostatico, aereo, satellite) e osservate a differente scala. Lesame allo steresoscopio e lapplicazione di software di image-processing ha consentito di identificare una vasta gamma di anomalie, naturali ed antropiche e di ricostruire, attraverso un confronto tra dati fisico-ambientali ed antropici, un primo quadro a maglie larghe dello sfruttamento del territorio. 3-Il controllo sul terreno delle evidenze documentate dalle foto aeree, attraverso un programma sistematico di ricognizioni e di localizzazione, sulla cartografia esistente. Tali ricognizioni hanno permesso di verificare le tracce sul terreno delle informazioni fornite dalle fonti cartografiche storiche e documentarie e il grado di rappresentativit delle informazioni desunte dalle immagini aeree; di classificare, da un punto di vista funzionale e cronologico, le evidenze riscontrate; di individuare altre tracce di sfruttamento delle risorse naturali, non testimoniate al livello 1-2. Unindagine specificatamente orientata hanno richiesto i siti rupestri, generalmente non identificabili da riprese aeree zenitali, ma segnalati nella cartografia geologica e speleologica. Nel corso del progetto RISPL sono state effettuate ricerche sugli insediamenti rupestri dellalto Garda bresciano e del lago di Como. Nella seconda fase ci si invece proposti lanalisi di singoli siti o di specifici tematismi. 1-Per i siti archeologici ritenuti pi interessanti (insediamenti abbandonati e tracce fossili di sfruttamento delle risorse) caratterizzati da strutture osservabili in superficie, stata realizzata una ricerca pi approfondita, ottenuta con rilievi della distribuzione dei reperti, con losservazione e la descrizione delle sezioni esposte, con carotaggi e saggi di scavo. Sono stati in tal modo documentati, in tutti i territori analizzati, siti archeologici di rilevante interesse. 2- Sono state avviate campagne di scavo archeologico in tre siti del lecchese (S. Stefano di Garlate, S. Margherita di Monte Marenzo, Madonna della Rocchetta di Cornate-Paderno) e in quattro dellarea gardesana (Rocca di Manerba, Rocca di Garda, Monte Castello di Gaino, S. Faustino di Cavaion), scelti sulla base di una convergenza tra interesse storico-archeologico, disponibilit di un finanziamento locale, prospettive di valorizzazione. 3-In alcune aree campione (Valtenesi e Cavaion) stata studiata levoluzione dei centri abitati attuali, sulla base della cartografia storica combinata con lanalisi stratigrafica delledilizia superstite.

Per quanto riguarda la gestione e la valorizzazione dei risultati erano previsti cinque differenti strumenti: 1- la gestione delle informazioni prodotte mediante un data base da sviluppare poi in un sistema informativo territoriale (GIS) in grado di correlare i dati archeologici (alfanumerici, grafici e fotografici) con quelli relativi alle risorse ambientali, e di restituire perci in tempo reale le informazioni richieste; 2- la divulgazione scientifica mediante seminari e convegni e la pubblicazione scientifica dei risultati in monografie; 3- la predisposizione di itinerari turistico-culturali, attraverso cartellonistica e materiali a stampa o informatizzati illustranti le peculiarit storiche ed archeologiche di ciscun territorio; 4- la musealizzazione di singoli siti (attraverso progetti di sistemazione e di gestione); 5- attivit di formazione per i giovani impegnati nei progetti, con corsi di aereofotointerpretazione archeologica, di tecnica di scavo, di apprendimento di software dedicato. I singoli progetti Nel fornire una sintetica scheda dei singoli progetti seguir un ordine topografico dallAdda al Garda. 1- R I C E R C H E MONTE BARRO.
NEL TERRITORIO CIRCOSTANTE IL

Nel corso del 1995 stata eseguita laereofotointepretazione del territorio di Galbiate e di Valmadrera. stato individuato un sito di interesse archeologico sulla sommit del monte Regina. Si tratta di unanomalia circolare che il controllo sul terreno ha permesso di riconoscere in un fossato. Non sono stati trovati reperti e non ne sono chiare n la funzione, n la cronologia. 2- PIEVE DI S. STEFANO DI GARLATE (1995-97) Tre campagne di scavo hanno interessato rispettivamente la sacristia (1995), linterno (1996) e unarea esterna (1997) della Pieve di Santo Stefano. Lo scavo, finanziato oltre che nel progetto RISPL, anche con specifici contributi della CARIPLO, della Comunit Montana e del Comune di Garlate, ha permesso di individuare tre distinti edifici e unininterrotta sequenza di sepolture, alcune delle quali, di et longobarda, erano provviste di corredo. Ledificio pi antico un edificio romano disposto sul versante della collina in riva al lago di Gar-

Gian Pietro Brogiolo

15

late. I frammenti superstiti di pavimenti in mosaico a terrazzo con fasce laterali bianche e nere e di affreschi a grandi campi colorati indicano una elevata qualit e suggeriscono, unitamente ai reperti ceramici, una sua datazione al I secolo d.C. Alcune murature della villa vennero riutilizzate, nel corso del V secolo, per una cappella funeraria privata. Ad aula unica, con abside semicircolare e antistante nartece, accolse una quindicina di tombe gentilizie. Una era in sarcofago; le altre a cassa litica. Lapidi funerarie in marmo, databili tra il 489 e il 539 e collocate in origine sulle pareti della cappella, sono da riferire a questa prima fase di inumazione. Lo scavo ne ha restituito numerosi frammenti che si aggiungono alle tre rinvenute nel XVIII secolo e ancora nel 1896. Personaggi di alto rango continuarono ad essere tumulati in queste tombe fino al VII secolo. Avvolti in preziosi vestiti (ne rimasta limpronta nel fango in due tombe) e con ricco corredo funerario furono oggetto di ripetute spoliazioni. Solo una sepoltura della prima met del VII secolo si conservata intatta. Gli oggetti pi minuti (elementi di cintura in ferro con agemine dargento, non riconoscibili in quanto ossidate; un minuscolo anello doro di una bambina) o pi modesti (pettini), sfuggiti alla depredazione, ne attestano peraltro la ricchezza. La cappella altomedievale non sub modifiche strutturali di rilievo fino attorno al Mille, quando, al suo posto, venne edificata una pi ampia chiesa romanica a tre navate, della quale sopravvive in alzato il campanile. Una nuova fase di sepolture interess sia linterno che lesterno del nuovo edificio. Deposizioni per lo pi in nuda terra e senza alcun corredo, ma importanti comunque per ricostruire, attraverso le analisi antropologiche, uno spaccato della popolazione della zona nei secoli centrali del Medioevo. 3- VAL SAN MARTINO (LECCO) (1995-1997) Nella prima fase del progetto triennale, finanziato dalla Comunit della Val San Martino, si proceduto alla raccolta sistematica della documentazione fotografica, catastale, cartografica, bibliografica relativa ai beni culturali della valle. Una tesi di laurea (discussa da F. Bonaiti presso il Dipartimento di storia dellUniversit statale di Milano) ha trascritto e studiato i documenti del XII-XIII secolo del monastero di Pontida riguardanti questo territorio. La fotointerpretazione del volo del 1955 ha portato allindividuazione di numerosi siti, alcuni dei quali, come labitato di Cremellina, distrutti dallespansione urbanistica di questo dopoguerra. Due anomalie daltura, Scarlascio e S. Margherita solo infine risultati castelli bassomedievali. Nella seconda fase stata documentata ledilizia medievale di potere. Castelli, chiese e case torri sono stati schedati e documentati con riprese fotogrammetriche dei prospetti esterni.

4- SCAVO DI MONTE S. MARGHERITA (1998-2000) Lo scavo, finanziato dalla Comunit Montana di Val San Martino, ed eseguito in collaborazione con il Dipartimento di Scienze dellAntichit dellUniversit di Padova, ha permesso di identificare un sito fortificato costituito da una cinta che circonda interamente la parte pi alta del colle e presenta pi fasi costruttive. Al suo interno sono stati individuati una torre isolata e una sequenza di edifici. Monete di XII secolo sembrano appartenere alle fasi pi recenti di occupazione, mentre non al momento certa la cronologia della fase iniziale dellinsediamento. Conclusi gli scavi sono state restaurata e le murature ed stato predisposto un progetto di musealizzazione del sito. 5- T ERRITORIO DI CORNATE (1995-96) Il progetto, finanziato oltre che da RFA da due sponsorizzazioni di ditte locali, si sviluppato tra 1995 e 1996 con la fotointerpretazione dei voli 1980, 1989 e voli a bassa quota con aereo da turismo, seguita dal controllo sul terreno. Sono stati individuati due siti di peculiare interesse archeologico: una villa romana in localit Villa Paradiso, con fasi tardo antiche e altomedievali segnalata alla Soprintendenza archeologica che vi ha subito avviato campagne di scavo, e una fortificazione altomedievale nel sito di S. Maria della Rocchetta, che stata indagata con sistematicit a partire dal 1998. 6-SCAVO DEL CASTELLO DI CHETTA (1998-2000) S. M ARIA
DELLA

R OC -

Lo sperone di conglomerato di forma ellittica, sul quale sorge la chiesa trecentesca di S. Maria della Rocchetta, sopraelevato di una cinquantina di metri rispetto allAdda (q. 204.2 rispetto a 154 circa) e strapiomba sul fiume nei versanti nord ed est, mentre denota un declivio meno accentuato negli altri due. Il sito in una posizione strategica nel controllo del tratto dellAdda prima delle rapide di Paderno, che il famoso trattato del 715 tra Liutprando e i Comacchiesi annovera tra i principali approdi fluviali della Pianura Padana. Limportanza della localit sottolineata dalla presenza di una seconda chiesa, intitolata a S. Giovanni, che sorgeva ai piedi della Rocchetta in prossimit del porto fluviale, chiesa che stata distrutta allinizio del secolo. Il cocuzzolo sommitale (diametri massimi m 115 per m 45) difeso da un muro in ciottoli fluviali disposto lungo il bordo, provvisto di alcune torri. In

16

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

una stata ricavata labside della chiesa. Una seconda torre era forse sul lato sud in corrispondenza di una sporgenza rettangolare della roccia. La chiesa, costruita verso est nella parte pi elevata del cocuzzolo, nella sua configurazione attuale un edificio distribuito su due livelli che sfrutta, oltre alla torre, anche la cinta difensiva come perimetrale nord. Il luogo di culto, al primo piano, costituito da un atrio rettangolare con presbiterio anchesso rettangolare ricavato nella torre e una sacrestia aggiunta in et moderna. In origine, vi era plausibilmente un unico accesso alla cappella, tramite una scala esterna, addossata al perimetrale sud del vano. Alla fase pi antica sono attribuibili due ampie finestre, aperte rispettivamente nel lato est dellabside (gi torre) e nel muro di cinta settentrionale: hanno spalle in muratura e archivolto in laterizi di modulo romano-altomedievale. Lo scavo allinterno della torre ha restituito frammenti di sigillata africana contenuti nello strato di cantiere. Sul lato opposto del pianoro sommitale venuta in luce una grandiosa cisterna (m 12x4x4,5 di profondit) collegata ad un edificio che, a sua volta, verso nord, si addossava plausibilmente alla cinta. Dal riempimento originario della cisterna sono stati recuperati reperti di VI secolo che ne segnano labbandono a seguito di una frattura longitudinale che lha resa inservibile. 7- ISOLA BREMBANA (BERGAMO) (1995-96) Nellambito di un progetto predisposto dallUniversit di Bergamo, il prof. Cosci (Universit di Siena) ha individuato tramite aerofotointerpretazione (voli del 1955 e del 1980) 35 anomalie. Con una tesi di laurea (discussa da Cristina Carletti presso il Dipartimento di Scienze dellAntichit dellUniversit di Padova) sono stati eseguiti i controlli sul terreno che hanno riscontrato come la maggior parte dei siti sia stato distrutto da costruzioni e sbancamenti o inaccessibile in quanto recintato. Un paio di siti (Baccanello e S. Margherita) sono ancora integri e meriterebbero unulteriore indagine archeologica. 8- GARDA BRESCIANO (dal 1995) A partire dal 1995, il gruppo Garda, in collaborazione con lAssociazione Storico Archeologica della Riviera (ASAR) e con la cattedra di Archeologia Medievale del Dipartimento di Scienze dellAntichit dellUniversit di Padova, ha sviluppato quattro progetti di ricerca sulle trasformazioni del territorio tra et romana e altomedioevo. Hanno interessato lintero arco collinare morenico compreso tra lAdige a est, le Prealpi bre-

sciane a ovest, lalto mantovano a sud e hanno comportato ricognizioni sistematiche e due scavi (Rocca di Manerba e Monte Castello di Gaino). Le aree interessate da aereofotointerpretazione e controllo a terra delle anomalie sono state: 1) il territorio dellAlto Garda tra Toscolano e Tremosine; 2) il medio Chiese tra Gavardo e Virle Treponti (oggetto di una tesi di laurea in Archeologia Medievale discussa da G. Tononi presso lUniversit di Padova) di cui stata indagata levoluzione tra et romana e medioevo; 3) le colline dellalto mantovano per le quali stata realizzata una carta archeologica dalla preistoria al medioevo (tesi di laurea in Archeologia Medievale, discussa da A. Crosato presso lUniversit di Padova); 4) il territorio circostante la Rocca di Manerba, oggetto di ricognizioni sistematiche, nellambito del progetto di scavo. 9- R OCCA DI MANERBA (1995-1999) RFA ha collaborato con il Comune di Manerba e con il Dipartimento di Scienze dellAntichit dellUniversit di Padova e con lUniversit di Birmingham ad un progetto che ha sinora realizzato: a) lavvio dello studio dei materiali di et romana e medievale rinvenuti nelle ricognizioni di superficie nella zona compresa tra Sal e Padenghe (tesi di laurea in Archeologia Medievale discussa da F. Cortiana presso LUniversit di Padova); b) una prima sintesi dei risultati della ricerca relativamente allet romana e altomedievale (L. Barfield, G.P. Brogiolo, S. Buteux 199); c) lo scavo integrale delle fortificazioni sommitali, eseguito tra il 1995 e 1999; d) un progetto di musealizzazione della Rocca medievale, completato nel 2000. 10- ANALISI DEI CENTRI STORICI DELLA VALTENESI Nella prima met degli anni 70, lAssociazione Storico Archeologica della Riviera aveva censito fotograficamente gli edifici storici del Garda Bresciano. Le foto relative ai centri storici di Polpenazze, San Felice del Benaco e Manerba del Garda sono state messe a confronto con la cartografia del catasto napoleonico ed austriaco e con la cartografia attuale per verificare, mediante carte tematiche, le trasformazioni e le distruzioni intervenute negli ultimi due secoli. Lintera documentazione stata trasferita su CD e fatta oggetto di una nota a cura di A. Crescini. 11- PROGETTO CAVAION (1995-2000) Il progetto, finanziato dallammistrazione Comunale di Cavaion e diretto da G.P. Brogiolo (Dipartimento di Archeologia e Storia delle arti dellUniversit di Padova) e L. Salzani (Soprinten -

Gian Pietro Brogiolo

17

denza archeologica del Veneto), si proposto, sulla scia di altri progetti consimili avviati nel territorio lombardo, come un intervento pilota attraverso il quale affinare metodi di ricerca interdisciplinare. Sono state attivate cinque linee di indagine: a) ricognizioni negli archivi storici di Verona (prof. A.M. Varanini e dr. B. Chiappa); b) indagine sui catasti (C. Carletti); c) aereofotointerpretazione dei voli disponibili (N. Mancassola, F. Saggioro); d) controllo a terra delle anomalie riscontrate (N. Mancassola, F. Saggioro, B. Parolotti e collaboratori locali); e) analisi del centro storico (A. Crescini); f) saggi di scavi in siti di particolare interesse o minacciati (chiesetta altomedievale di S. Faustino, insediamento tardo romano di Cordevigo). I risultati sono andati al di l delle aspettative, sia per la ricca documentazione inedita di XIII e XIV secolo che stata rintracciata negli archivi del monastero di S. Zeno, il maggior proprietario fondiario a Cavaion nel medioevo, sia per i risultati dellaereofotointepretazione e delle ricognizioni che hanno portato al riconoscimento del modello insediativo di et romana, sia per i saggi di scavo presso S. Faustino che hanno portato allidentificazione di un insediamento tardo antico altomedievale. 12- PROGETTO GARDA (dal 1998) RFA collabora dal 1998 con il Comune di Garda, la Soprintendenza archeologica del Veneto e linsegnamento di Archeologia Medievale dellUniversit di Padova al progetto pluriennale che prevede scavi sulla sommit della Rocca e unindagine territoriale nei comuni di Garda, Bardolino e Costermano. Nella prima fase (1998) sono state concluse le seguenti indagini: (a)- schedatura e individuazione su una base cartografica preesistente di tutti i dati documentari editi o conservati in archivio, relativi ai rinvenimenti archeologici della Rocca e del territorio circostante; (b)- ricerca delle tracce osservabili in superficie, attraverso linterpretazione di immagini multispettrali (dal visibile allinfrarosso fino al radar), riprese da differente altezza (pallone aerostatico, aeromobile) e osservate a differente scala; (c)- ricognizioni sistematiche a controllo delle anomalie, con individuazione di siti fortificati di sommit e di insediamenti romani nelle zone pianeggianti; (d)- rilievo con distanziometro elettronico dei resti strutturali visibili della sommit della Rocca e predisposizioni di carte tematiche di valutazione e di progetto; (e)- documentazione delle murature conservate in alzato con rilievo di dettaglio e riprese fotografiche raddrizzate;

(f)- pulizia di sezioni esposte e carotaggi sistematici per valutare la potenzialit archeologica del sito; (g)- rilievo e analisi stratigrafica delle chiese di S. Vito di Cortelline (indagine completata, con il riconoscimento di una fase altomedievale ancora conservata in alzato) e di S. Severo di Bardolino (indagine avviata con la realizzazione dei fotopiani); (h)- avvio della gestione delle informazioni mediante un sistema informativo territoriale (GIS) interfacciato da un data-base relazionale in grado di correlare i dati sinora raccolti; (i)- avvio di cinque tesi di laurea (quattro in Archeologia Medievale presso lUniversit di Padova e una in economia dei Beni Culturali presso lUniversit Bocconi di Milano): due riguardano le architetture medievali della Gardesana (di cui una a cura di S. Merlo sulla chiesa di S. Severo di Bardolino, discussa nella.a. 1999-2000, laltra di Laura Rodighiero nel 2000-2001), una i paesaggi agricoli del territorio circostante la Rocca (Anna Dalla Vecchia), una gli insediamenti di altura (a cura di B. Mancini, discussa nella.a. 1999-2000), una sulla prospettive di valorizzazione della Rocca (la tesi di M. Nuccio, discussa alla Bocconi nella.a. 1998-99, riguardava sia la Rocca di Garda che quella di Manerba). I risultati di queste indagini confermano da un lato la presenza sulla sommit della Rocca di alcuni depositi archeologici dello spessore di circa un metro ancora integri, dallaltro la sopravvivenza nel territorio circostante, nonostante lalto grado di urbanizzazione, di insediamenti romani e medievali ancora parzialmente integri. Nella seconda fase del progetto, sulla sommit della Rocca stato scavato esaustivamente un edificio rettangolare che due monete suggeriscono di datare al V secolo; stata individuata una chiesa con numerose sepolture e una fibula gota a disco con teste daquila; sono stati localizzati altri edifici, di cui tre sono attualmente in fase di scavo. Nel territorio circostante sono state condotte ricerche su alcuni castelli medievali. In uno di questi, Castion, la pulizia delle sezioni esposte ha portato alla luce una sequenza con reperti altomedievali, tra cui un puntale di VII secolo. Nellambito della valorizzazione, stato predisposto un itinerario longobardo carolingio con una cartellonistica che presenta, oltre alla Rocca, i resti architettonici e scultorei delle chiese di S. Maria di Cisano, S. Severo, S. Zeno e S. Vito di Bardolino. 13- SCAVO DEL CASTELLO DI GAINO (1997-98) RFA ha collaborato con ASAR negli scavi diagnostici nel castello di VI secolo di Gaino. stata

18

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

accertata la presenza anche sulla vetta pi alta (m 865) di un deposito archeologico prodotto dal crollo di un edificio sommitale (una torre?). Ricognizioni di superficie nel versante nord hanno, inoltre, portato al rinvenimento di reperti ceramici, tra cui altri frammenti di sigillata chiara di VI secolo. 14- INSEDIAMENTI RUPESTRI DELLALTO GARDA Sono state esplorate, grazie al supporto logistico di alcuni alpinisti bresciani, tre impervie grotte interessate da insediamento rupestri. Le prime due si trovano presso la frazione di Sermerio di Tremosine, sul lato occidentale del fiume Tignalga, a due terzi della parete rocciosa pressoch verticale, ad una ottantina di metri sopra il fiume. Sono chiuse da muri legati da malta e gli unici reperti visibili in superficie sono costituiti da frammenti di tegole piatte di tipo romano o altomedievale. La terza grotta, che secondo la tradizione locale venne abitata dal vescovo bresciano Erculiano, vissuto in un periodo non meglio precisato, ma comunque dopo la met del VI secolo, invece sul lago, in loc. Campione di Tremosine, dove sfocia il fiume Tignalga. anchessa chiusa da un muro, che presenta due fasi costruttive, al pi recente delle quali mostra unapparecchiatura di tipo romanico. In quella pi antica sono impiegati tegole piane di tipo romano-altomedievale. Pur mancando dati cronologici puntuali, plausibile che le tre grotte siano riferibili ad una medesima fase di insediamento eremitico che la leggenda di S. Erculiano suggerisce di collocare, pur con cautela, nelle fasi turbolente della conquista longobarda. 15- ATTIVIT DI FORMAZIONE Come si accennato nel paragrafo introduttivo, uno degli obiettivi principali del progetto RISPL stato quello di formare sul campo giovani ricercatori. A tal fine sono stati realizzati: (a) un corso di aereofotointerpretazione in collaborazione con ASAR, tenuto a Toscolano da F. Saggioro e N. Mancassola; (b) un corso teorico-pratico di analisi dei Centri storici, sempre in collaborazione con ASAR, tenuto presso la fondazione Cominelli di Cisano di San Felice per complessive 80 ore; (c) due corsi residenziali, di 40 ore ciascuno, di introduzione allarcheologia, organizzato a Monte Barro, in collaborazione con il Parco. Infine nel 2001 stato organizzato a Desenzano del Garda, in collaborazione con la Federazione delle Associazioni Gardesane e con specifico finanziamento dellAssessorato regionale alle

Culture e alle Identit locali della Regione Lombardia, un corso per operatori culturali della durata di 360 ore. 16- SEMINARI E CONVEGNI NELLAMBITO DEL PROGETTO RISPL Nellambito del progetto RISPL e in collaborazione con lAssociazione Storico Archeologica della Riviera del Garda, sono stati infine organizzati nove convegni e seminari, tutti gi pubblicati, tranne gli ultimi due: 1- Atti del 5 seminario sullItalia centrosettentrionale tra Tarda Antichit e Altomedioevo sul tema: Citt, castelli e campagne nei territori di confine (secc. VI-VII) , a cura di G.P. Brogiolo, (Monte Barro, 9-10 giugno 1994), Mantova 1995; 2- Atti del 6 seminario sullItalia centrosettentrionale tra Tarda Antichit e Altomedioevo, Le ceramiche altomedievali (VI-X secolo) in Italia set tentrionale: produzioni e commerci, a cura di G.P. Brogiolo e S. Gelichi, (Monte Barro, 21-22 aprile 1995), Mantova 1995; 3- Atti del I convegno archeologico del Garda, La fine delle ville romane: trasformazioni nelle campagne tra Tarda Antichit e Alto Medioevo, a cura di G.P. Brogiolo, Gardone Riviera, 14 ottobre 1995, Mantova 1996; 4- Atti del 7 seminario sul tardo antico e lalto medioevo in Italia centrosettentrionale, Sepolture tra IV e VIII secolo, a cura di G.P. Brogiolo e G. Cantino Wataghin, Gardone Riviera 1996, Mantova 1998; 5- Atti del II convegno archeologico del Garda, Le fortificazioni del Garda e i sistemi di difesa dellItalia settentrionale tra tardo antico e alto medioevo, Mantova 1999, pp. 1-167; 6- Progetto archeologico Garda.I.1998, a cura di G.P. Brogiolo, Mantova 1999, pp. 1-131; 7- Atti dell8 seminario sul tardo antico e lalto medioevo in Italia centrosettentrionale, Le cera miche in Italia settentrionale tra II a.C. e VII d.C., a cura di G.P. Brogiolo e G. Olcese, Desenzano 1999, Mantova 2000; 8- Atti convegno, Lo spessore storico in urbani stica, Milano 1999, c.s; 9- Atti del 9 seminario sul tardo antico e lalto medioevo in Italia centrosettentrionale, Le chiese tra VIII e IX secolo, a cura di G.P. Brogiolo, Garda 2000, c.s.

Gian Pietro Brogiolo

19

BIBLIOGRAFIA

L.H. BARFIELD, G.P. BROGIOLO, S. BUTTEUX 1997, Rocca di Manerba (BS). Relazione preliminare sugli scavi 1995, Archeologia Medievale, XXIV, pp.129-143. G. BELLOSI, G.P. BROGIOLO, L. DORATTIOTTO, E. POSSENTI 1997, Sequenza di et romana e medievale nella Pieve di Garlate (Lecco), in Atti I congresso di Archeologia Medievale, Firenze, pp.254-260. F. BONAITI, M. NUCCIO, M. UBOLDI 2000, Il sito fortificato di Monte Marenzo (Lecco), in G.P. BROGIOLO (a cura di), Atti II congresso nazionale di Archeologia Medievale, (Brescia 2000), Firenze, pp.154-160. G.P. BROGIOLO 1998, Gli scavi alla Pieve di S. Stefano di Gar late, Lecco Economia, n.2, pp.1-8 dellestratto. G.P. BROGIOLO 1998, Garlate (LC), Pieve di S. Stefano. Scavi 1995-97, NSAL 1995-97, Milano, pp.236-38. G.P. BROGIOLO 1998, Toscolano Maderno (BS), frazione Gaino, Monte Castello. Saggi di scavo, NSAL 199597, Milano, p.130. G.P. BROGIOLO 1999, Introduzione, in G.P. BROGIOLO (a cura di), Le fortificazioni del Garda e i sistemi di dife sa dellItalia settentrionale tra tardo antico e alto medioevo, Mantova, pp.9-12.

G.P. BROGIOLO 1999, Unenclave bizantina sul lago di Garda?, G.P. BROGIOLO (a cura di), Le fortificazioni del Garda e i sistemi di difesa dellItalia settentrionale tra tardo antico e alto medioevo, Mantova, pp.13-20. G.P. BROGIOLO et al. 1999, La fortificazione altomedievale del Monte Castello di Gaino (Bs), in G.P. BROGIOLO (a cura di) Le fortificazioni del Garda e i sistemi di dife sa dellItalia settentrionale tra tardo antico e alto medioevo, Mantova, pp.45-54. G.P. BROGIOLO 1999, Introduzione, in G.P. BROGIOLO (a cura di), Progetto archeologico Garda.I.1998, Mantova, pp.9-12. N. MANCASSOLA, F. SAGGIORO 1999, Aerofotointerpretazio ne e ricognizioni: impostazione teorica e primi risulta ti, in G.P. BROGIOLO (a cura di), Progetto archeolo gico Garda.I.1998, Mantova, pp.85-111. N. MANCASSOLA, F. SAGGIORO 2000, Ricerche sul territorio tra tardo antico e altomedioevo: il caso di studio del Garda orientale, in G.P. BROGIOLO (a cura di), Atti II congresso nazionale di Archeologia Medievale, (Brescia 2000), Firenze, pp.127-131. N. MANCASSOLA, F. SAGGIORO 2000, Il contributo della foto grafia aerea alla comprensione dei paesaggi antichi medievali, Archeologia Medievale, XXVI, pp.279-297.

Fabio Saggioro, Nicola Mancassola

21

ITINERARI DI RICERCA IN TERRITORIO GARDESANO IL PROGETTO CA ION VA LA CARTA ARCHEOLOGICADEL COMUNE DI CAVAION VERONESE: ASPETTI METODOLOGICI, LINEE DI RICERCA E PIANIFICAZIONE TERRITORIALE. ESPERIENZE E CONFRONTI.
Fabio Saggioro, Nicola Mancassola

Premessa Lidentit dei luoghi non un prodotto definito una volta per tutte, non rappresenta limmagine statica dello stato dellarte, ma al contrario rappresenta lesito concreto e tangibile di un processo evolutivo dinamico che ha avuto luogo nel tempo1. Crediamo che con queste efficaci parole, Maurizio Carta individui, concettualmente, quelli che sono i problemi legati ad una pianificazione territoriale che voglia tenere conto anche degli elementi culturali, questione, questultima, sulla quale necessario soffermarsi a riflettere. Larcheologia, a dire il vero, si spesso sottratta ad un confronto deciso su questi temi, spesso divisa tra unarcheologia del recupero, di quanto era oramai irrimediabilmente compromesso, e unarcheologia della ricerca, pi orientata alla ricostruzione storica del territorio 2. Questa artificiosa, ma di fatto esistente divisione, ha spesso condizionato i metodi e le strategie dintervento allinterno di progetti, ma soprattutto ha consentito, troppo spesso, che si escludesse un terzo fondamentale approccio: quello dellintegrazione del dato allo sviluppo del territorio. Uno sviluppo sostenibile3, ben inteso, poich non si tratta di abbandonare il dato archeologico alla sua distruzione, n tantomeno di selezionare tra siti quelli sacrificabili e quelli da salvare. Piuttosto il caso di riflettere sulle reali possibilit e sulle modalit
1 CARTA 1999. 2 Per un inquadramento generale CAMBI, TERRENATO 1994

di integrazione tra i dati ottenuti da ricerche programmate (ma anche dei recuperi!) e politiche di sviluppo di un territorio (comunale, provinciale, regionale). Il problema dunque non solo quello di una ricerca che tenga conto dei problemi della tutela, ma, a questo punto, anche quello di uno studio che sappia relazionarsi effettivamente con gli enti amministrativi, affinch si possa creare una gestione4 consapevole e coordinata del patrimonio culturale5.
(Fabio Saggioro)

Introduzione Le zone prese in considerazione, per tracciare questo primo bilancio su come il dato archeologico si conserva e si modifica in relazione allutilizzo del territorio, corrispondono grossomodo alla sponda orientale del Lago di Garda6, in territorio veronese quindi, con particolare attenzione al comune di Cavaion Veronese in cui da tre anni in corso un articolato progetto di ricerca denominato Carta Archeologica del Comune di Cavaion Veronese7, il quale, attualmente, risulta essere nella fase conclusiva di studio e permette dunque di trarre bilanci e considerazioni complete e precise. Abbiamo inoltre deciso di affiancare a questa esperienza, altre ricerche, svolte in parte, con finalit e strategie diverse, ed in parte ancora in corso su territori limitrofi: si tratta del progetto Adelai6 Si tratta di aree interessate da una serie di esperienze di stu-

dio che si sono consolidate nel corso degli anni.


7 Si tratta di un progetto di ricerca finanziato dallAmministra-

e GUIDI 1992. 3 CARTA 1991. 4 CARTA 1991, FABBRI 1997. 5 Lesempio senese, in questi anni, ha rappresentato sicuramente un costante punto di riferimento in questa direzione, ma apparso, purtroppo, isolato e confinato.

zione Comunale e dallAssociazione Archeologica Cavaionese e coordinato dal prof. Gian Pietro Brogiolo dellUniversit di Padova, con la collaborazione del prof. Gian Maria Varanini (Universit di Trento) e del dott. Luciano Salzani (Soprintendenza Archeologica del Veneto, Nucleo Operativo di Verona). Alcuni dati preliminari su un sondaggio di scavo sono stati pubblicati. Si veda CERVIGNI 2000.

22

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

de Rocca di Garda 8 e dello studio di alcune aree dellalta pianura veronese e della Valpolicella. Il territorio che andremo a considerare dunque sostanzialmente omogeneo, sia per quanto riguarda gli aspetti geomorfologici (eccettuando in questo caso la Valpolicella, che useremo comunque come riferimento solo su un piano di confronto metodologico), sia per quanto riguarda gli aspetti dello sviluppo urbanistico. Il territorio di Cavaion era stato gi dallinizio degli anni 80 oggetto di studi9, anche se non sistematici, proprio per la ricchezza e linteresse dei dati che offriva. Agli inizi del 1997, anno in cui iniziato il progetto di ricerca sotto la coordinazione scientifica del prof. Gian Pietro Brogiolo, si sono intraprese le prime ricognizioni sistematiche sul campo con lobiettivo di giungere alla creazione di una carta archeologica10. Ma di che carta archeologica si tratta? La questione non oziosa, n tantomeno pu essere considerata superflua. Diverse, in questo senso, sono infatti le esperienze maturate nel corso di questi anni sullintero territorio italiano11.
(Nicola Mancassola)

Fig. 1 - Modello tridimensionale del territorio di Cavaion Veronese.

Carta archeologica del comune di Cavaion. Metodi e strategie Nel progetto di Carta Archeologica del Comune di Cavaion si sono impiegati principalmente tre strumenti: il survey, laerofotointerpretazione e lo scavo stratigrafico. Per ci che concerne le ricognizioni si deciso di campionare il territorio di Cavaion in modo danalizzarne una porzione statisticamente significativa. Gli obiettivi erano in sostanza due: 1) definire il modello di popolamento nelle varie epoche (storiche-preistoriche); 2) giungere alla stesura di una carta del rischio archeologico, che fornisse al Comune uno strumento di tutela attiva del proprio patrimonio archeologico-culturale. Per ottenere tali risultati finali si deciso di suddividere dapprima la zona in classi dutilizzo (individuando aree urbanizzate, settori marginali lasciati a bosco, aree agricole con colture arative, zone adibite a vigneto), passando poi a ricognire sistematicamente solo le ultime due classi, ovvero i campi arati e le vigne, in quanto le precedenti presentavano una visibilit nulla. I dati dei survey sono stati integrati con lo studio delle fotografie aeree, sia per permettere di cogliere larticolazione interna dei siti individuati sul campo, sia per analizzare in maniera sistematica le aree non comprese nella campionatura. Da
8 MANCASSOLA, SAGGIORO 1999. 9 Per la bibliografia dei rinvenimenti editi si rimanda a CARTA

un punto di vista metodologico si sono ricogniti sistematicamente i campi con visibilit anche bassaprocedendo per file parallele e in presenza di materiali archeologici stata eseguita la raccolta, materiali da costruzione compresi, quadrettando larea di affioramento con un modulo costante di due metri. Dove fosse necessario si sono studiate sezioni esposte, compiuti sondaggi stratigrafici di scavo e rilievo dettagliato tramite Stazione Totale. Tutte le informazioni acquisite sono in seguito confluite in apposite piattaforme informatiche che hanno permesso vari tipi danalisi: modello tridimensionale del territorio (figura 1) elaborazione spaziale dei vari cluster di reperti documentati, ecc., nonch la gestione informatica, tramite database, dei dati archeologici desunti. Solo dopo una valutazione articolata delle aree stato possibile giungere ad una sintesi dei dati. Si quindi proceduto (fase ancora in corso di svolgimento) a strutturare le due cartografie finali: la carta del rischio archeologico e la carta archeologica digitale. Lindagine si articolata, come detto, attraverso limpiego differenziato e diversificato di tre strumenti: le ricognizioni di superficie, lo studio della fotografia aerea e i sondaggi di scavo. Essi non rappresentano, a nostro avviso, tre momenti separati di indagine, pur presentando necessariamente approcci di studio diversi: sono stati, infatti, impiegati in modo dialettico, finalizzati tutti alla massima comprensione delle evidenze archeologiche individuate. Si sono dunque, distinte tre fasi nello studio dei siti: 1) lindividuazione;
documenti storici, lanalisi della cartografia e dei catasti e lo studio degli elevati. 11 APROSIO 1997, BOATO 1998, BROGIOLO 1999, CAMBI 1996, CARTA ARCHEOLOGICA 1990, AA.VV. 1996, MANCASSOLA, SAGGIORO, SALZANI 1999, VALENTI 1989, VALENTI 1995, VALENTI 1999.

ARCHEOLOGICA 1990. 10 Laspetto delle ricognizioni solo una parte del Progetto Carta Archeologica, che comprende uno studio dettagliato dei

Fabio Saggioro, Nicola Mancassola

23

Fig. 3 (sopra) - Rapporto tra siti individuati e classi di visibilit.

Fig. 2 (a lato) - Cavaion Veronese, UT 192.

2) la fase di studio; 3) la sintesi e la restituzione delle informazioni. La fase di studio si articolata in modo diverso, a seconda dei dati in nostro possesso. stato preciso obiettivo, nel caso di siti ritenuti particolarmente significativi, giungere ad una valutazione minima dellarea, che fornisse quantomeno la possibilit di inquadrare cronologicamente il sito, di comprenderne o ipotizzarne la tipologia e definirne, almeno globalmente, anche la topografia. In questo senso anche la raccolta del materiale di superficie avvenuta secondo criteri precisi. Come gi accennato, si spesso proceduto ad una quadrettatura (oppure si mantenuta la divisione dei filari delle viti -3m. x 5m. in genere-) e ad unanalisi per classi differenti di materiali eseguita a computer (figura 2). Tuttavia se vogliamo effettivamente capire le reali potenzialit di un tale approccio dobbiamo considerare alcuni dati. La Carta Archeologica della Regione Veneto12 risulta essere unottima raccolta bibliografica delle evidenze note sui vari territori. Di
12 CARTA ARCHEOLOGICA 1990.

per s dunque non rappresenta una ricerca sul terreno, ma piuttosto una raccolta di studi diversi e tale aspetto abbastanza evidente: in alcune zone lassenza di ricerche mostra un corrispettivo vuoto nella documentazione archeologica. Anche tuttavia in un territorio come quello di Cavaion, dove studi sono gi stati svolti e dove presente unattiva Associazione Archeologica, il dato, a nostro avviso, comunque significativo, dal momento che registriamo, rispetto ai siti noti, un aumento di oltre il 400% delle aree archeologiche. In pratica si passa da sei siti conosciuti ed editi a poco meno di una trentina. Considerando che il territorio stato in parte campionato e che presenta delle oggettive difficolt di valutazione nelle zone a vigneto (figura 3), il dato registrato mostra chiaramente come una ricerca sistematica, per quanto limitata da problemi e difficolt, fornisca indubbiamente un approccio pi efficace nella valutazione complessiva di un territorio. Infatti, non si tratta solo di un, sicuramente cospicuo, ma comunque numerico, incremento del dato, bens

24

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

piuttosto di una valutazione completa di ogni singola evidenza, anche gi nota. Lintegrazione, specificamente finalizzata, tra la diversa strumentazione impiegata (foto aeree, ricognizioni, notizie ecc.) ha portato, infatti, ad una comprensione pi completa del tessuto insediativo antico. Limpiego di tre sistemi di studio diversi ha fornito, almeno nella fase di individuazioFig. 4 - Strumenti utilizzati e siti rinvenuti. ne, risultati differenti (figura 4). La maggior parte dei siti stata scoperta attraverso ricognizioni di superficie e solo limitatamente stato efficace il contributo della fotografia aerea. Questo dovuto principalmente alle caratteristiche del territorio dove si operato: unarea morenica presenta numerosi disturbi tonali a causa dellaffioramento di depositi glaciali e non possibile distinguere, se non in presenza di evidenze particolarmente significative, le potenzialit archeologiche di un oggetto individuato. In territori di bassa o dalta pianura, come ad esempio la ValpolicelFig. 5 - Impiego degli strumenti nellanalisi infrasito. la, invece possibile ottenere risultati pi incisivi e numerosi e la fotografia aerea diviene, a nostro avviso, uno strumento dindagine imprelata in due fasi: una di studio (eseguita tramite scindibile. uno specifico software) e laltra di restituzione graTuttavia, anche in un territorio come quello di fica ed interpretativa, che tiene conto dei dati racCavaion, fortemente condizionato dagli aspetti colti sul campo, delle analisi differenziate per clasgeomorfologici - si tratta infatti di unarea comprese di materiale, dei tipi di materiali, ecc. La valusa tra fasce di cordoni e depositi morenici - non si tazione stratigrafica dei depositi stata effettuata pu prescindere da uno studio, seppur preliminasolo nei casi in cui non fosse possibile verificare re, delle forme naturali e da una valutazione urbaappieno le potenzialit del record archeologico. nistico-ambientale. Lanalisi delle fotografie aeree questo il caso di San Faustino13 sempre nel ha avuto anche il compito di comprendere levolcomune di Cavaion Veronese. Si tratta di unantiversi del paesaggio negli ultimi cinquantanni e ca chiesa campestre, oggi abbandonata e fino a conseguentemente valutare a quali rischi e a quali poco tempo fa adibita ad abitazione contadina, modificazioni il record archeologico pu essere datata in base alle tecniche costruttive genericastato sottoposto. mente al periodo romanico, nei pressi della quale Nello studio dei siti il contributo della fotograsono visibili i resti di un pozzo. Si sono eseguiti due fia aerea aumenta leggermente (figura 5), ci aiuta saggi di scavo per una superficie complessiva di infatti a definire la topografia dellarea in alcuni mq 14, il primo allesterno dellabside, il secondo a casi, in altri localizza zone archeologiche non pi fianco delledificio di culto sul lato nord. stata verificabili. Il contributo maggiore, come si pu inoltre eseguita la pulizia di una sezione esposta notare, resta comunque quello fornito dalle ricoin prossimit del pozzo. Dai dati emersi durante lo gnizioni e dallo studio della distribuzione spaziale scavo si potuto appurare con certezza la presendei materiali. Questultima, in genere, si articoza di almeno due fasi di necropoli, la prima, la pi
13 CERVIGNI 2000

Fabio Saggioro, Nicola Mancassola

25

antica, composta da inumati deposti in tombe alla cappuccina, la seconda, pi recente, caratterizzata da sepolture in fossa semplice (figura 6). Entrambe le fasi non presentavano corredo, ma in base ai rapporti stratigrafici, ai materiali raccolti ed alle identit formali con altre sepolture del nord Italia, sono state genericamente datate al V-VII secolo, le seconde, mentre anteriori possono essere considerate le prime. La pulizia della sezione in prossimit del pozzo ha stabilito che la struttura era senzaltro in uso tra IV-VII secolo e, probabilmente, stata riutilizzata in epoca pi tarda con limpianto di una nuova vera. Si potuto inoltre determinare con certezza, in base ai rapporti stratigrafici tra le fondazioni dellabside e il periodo di abbandono della necropoli, che le fasi pi antiche della chiesa sono anteriori al XII secolo. La valutazione spaziale dei reperti stata impiegata nel 48% dei casi possibili, e ha dato risultati soddisfacenti nella maggior parte delle situazioni. Il caso dellUnit Topografica 3017 esemplificativo a tal riguardo. In superficie il materiale si presentava secondo cluster -concentrazioni- di reperti affioranti di forma allungata (soprattutto il materiale da costruzione) non orientate rispetto agli assi del campo entro le quali si trovavano. La raccolta ha messo in evidenza picchi di materiale da costruzione ben differenziati, non omogenei tra loro e sostanzialmente separati da zone (di dimensioni variabili) caratterizzate da un calo deciso, a livello numerico, del materiale (figura 7). In base a queste peculiari caratteristiche dissonanti, ad esempio, da quelle verificate per alcuni edifici rustici depoca romana, sempre nella zona, si sono interpretate queste concentrazioni di materiali come i probabili resti di un vicus depoca romana. La restituzione del dato raccolto sul campo resta indubbiamente una fase di estrema importanza. Dal momento, infatti, che ci confrontiamo con un Ente pubblico, quale ad esempio un Comune, una Provincia, una Regione, o una Soprintendenza, esso pu avere in sostanza, riteniamo, due tipi di esigenze: quella di una ricostruzione storica del territorio e quella di una valorizzazione e tutela delle aree principali, maggiormente significative. Con questa divisione non sintende sottolineare una diversit dapproccio, anzi, sia nel primo caso, quanto nel secondo, la ricerca sul campo diventa un passaggio obbligato e necessario. La restituzione delle informazioni acquisite pu, poi, essere distinta in due fasi: una finalizzata alla ricerca storica, laltra finalizzata alla tutela del territorio. Abbiamo distinto in questo senso la carta archeologica, dalla carta di rischio archeologico. In questultima confluiscono anche dati relativi alla situazione di giacitura dei depositi archeologici, al loro stato, se sono cio intaccati, parzialmente o interamente, distrutti o integri (figura 8) e alla loro topografia. Il grado di rischio, poi, determinato da fattori convergenti

Fig. 6 - San Faustino, sepoltura altomedievale.

Fig. 7 - Cavaion Veronese. UT 3017 carta di sintesi delle principali tracce.

Fig. 8 - Stato di conservazione del deposito archeologico.

26

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

sullarea del sito (densit urbanistica, impatto agricolo sul record, valutazione archeologica del sito, ecc.), che traducono, in una scala di valori predeterminata, schemi di valutazione e di interpretazione anche per chi non archeologo. In sostanza si trattato di fornire di uno strumento non specialistico, lente stesso, per la valutazione del rischio al quale un sito pu essere soggetto. Per far ci, tuttavia, non sarebbe stato sufficiente la sola individuazione delle aree e la loro identificazione. Era, ed , necessaria una valutazione pi completa e articolata. La strategia della ricerca stata in questo senso impostata proprio per fornire un duplice strumento nelle mani del comune. LUnit Topografica stata fatta coincidere, per evitare difficolt interpretative, con gli appezzamenti di terreno attuali, entro i quali si poi posizionato il sito, o i siti, archeologici individuati.
(Nicola Mancassola)

Confronti In un territorio come Cavaion, dove le pratiche agricole sono i principali agenti di disturbo, la distruzione di un deposito archeologico pu avvenire in modo lento (figura 9), a causa dellazione ripetuta dei mezzi meccanici. Il dato, anche se comunque intaccato e/o totalmente distrutto, mantiene uninformativit minima, ridotta nel peggiore dei casi alla segnalazione di un sito. Pu essere considerato un esempio dapproccio metodologico, quello riguardante il dato dellUT 118, nel territorio di Bardolino, in zona ancora sostanzialmente agricola. In seguito ad alcuni affioramenti di materiale depoca romana durante i lavori dimpianto e di aratura superficiale del nuovo vigneto, si deciso di eseguire una serie di ricognizioni mirate per valutare le potenzialit archeologiche dellarea. Considerata dunque lelevata presenza di materiale da costruzione, pietre o laterizi, si preferito limitare la raccolta dei reperti ai soli elementi ritenuti indicativi in genere ceramici indicando con precisione la localizzazione degli stessi. Il materiale da costruzione invece stato contato e distinto in due classi: -pietre lavorate o coperte da residui di calce; -laterizi, dove questi ultimi sono quasi esclusivamente rappresentati dai tegoloni. Il campo interessato dallo studio si presentava gi suddiviso, per limpianto del vigneto, in rettangoli di 3x 4,5 metri e si pertanto deciso di mantenere tale suddivisione. Ulteriori classi di materiale sono state poi inserite direttamente sul campo, dopo averne verificato la presenza: tessere di mosaico, laterizi per ipocausto, o piccole lastre marmoree. Dopo un primo sopralluogo preliminare, effettuato nel mese di marzo, si sono svolte tra settem-

Fig. 9 - Cause della distruzione del deposito archeologico.

Fig. 10 - Bardolino, San Vito, UT 118.

bre ed ottobre tre distinte ricognizioni di superficie. In ognuna di queste si sono raccolti i dati relativi al numero dei reperti per i rettangoli in cui il sito stato diviso. Il risultato stato quello di ottenere, non solo larea di distribuzione del materiale e quindi individuare la zona occupata dal sito, bens, anche, grazie ad un indubbia e fortunata coincidenza, alcune murature, ben visibili sul terreno al momento della raccolta ed evidenziate nitidamente anche dalle successive elaborazioni informatiche (figura 10).

Fabio Saggioro, Nicola Mancassola

27

Al contrario, un altro sito nel territorio di Cavaion Veronese (UT 225), nonostante le elaborazioni e lo studio svolto, non ha fornito risultati se non relativi allareale complessivo occupato dai reperti e alla cronologia (figura 11). tuttavia da notare come, nel caso di San Vito (UT 118), ci si trovasse di fronte ad un affioramento di materiale avvenuto dopo un primo scasso: il campo era cio stato arato in profondit per la prima volta dopo cinquantanni di deboli arature superficiali e di brevi periodi dovera lasciato a riposo; mentre nel caso dellUT 225 laratura si protraeva oramai da cinque anni con interventi di scasso in profondit oramai da dieci. In territori come questi i depositi depoca storica e, con tutta probabilit anche protostorica, non raggiungono profondit tali da evitare la distruzione nel caso di scassi in profondit superiori ai 50 centimetri. Lo studio delle sezioni esposte presenti in alcune aree archeologiche, o i dati ottenuti dai saggi di scavo, hanno evidenziato come il materiale depoca romana, ad esempio, si collochi in genere a partire dai 50 centimetri di profondit e, salvo casi eccezionali, non giunga a superare il metro e venti, tutte profondit, comunque, facilmente raggiungibili dalle attivit agricole attuali. La progressiva distruzione dei siti archeologici (figura 12) fenomeno comunque che si deve notare specifico per aree differenti: se ad esempio consideriamo territori comunali limitrofi, BardolinoGarda da una parte e Cavaion dallaltra, divergenti sono le tendenze della conservazione del record archeologico. Nel primo caso i due comuni, soggetti ad uno sviluppo urbanistico sempre pi intenso dagli anni Settanta ad oggi, mostrano una notevole flessione, non solo numerica, nei dati relativi ai siti archeologici, ma anche e soprattutto qualitativa. Si deve, infatti, notare come la maggior parte delle evidenze individuate siano totalmente o in parte sconvolte, praticamente illeggibili e difficilmente interpretabili. In questi casi sarebbe spesso necessario intervenire con sondaggi di scavo, per valutare la consistenza del deposito e limportanza dello stesso. Il caso gi citato dellUT 118 di San Vito di Cortelline, resta significativa: si situa, infatti, in una fascia di territorio del comune di Bardolino ancora agricola e solo marginalmente interessata dallo sviluppo urbanistico che invece caratterizza la fascia costiera del lungolago, dove non possibile intervenire se non con azioni di recupero e/o demergenza. In questo senso interessante richiamare alcuni dati, recentemente discussi, su una classe tipologica particolare di siti: quelli daltura (figura 13). La scomparsa progressiva, non tanto del dato, quanto piuttosto della leggibilit dello stesso, risulta un problema di non indifferente portata. Nellarea considerata, quella del Garda veronese, si nota chiaramente come i siti distrutti, oppure comunque obliterati,

Fig. 11 - Cavaion Veronese, UT 225 concentrazione di reperti per quadrato.

Fig. 12 - Progetto Adelaide, siti non verificabili.

Fig. 13 - Cause della scomparsa dei siti daltura.

28

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. - 14.

siano progressivamente aumentati dagli anni 80 ad oggi in modo considerevole. Lo studio, eseguito sulla fotografia aerea, mostra ed indaga un fenomeno che, se esteso, pu pregiudicare in alcune zone, soprattutto quelle densamente urbanizzate, lo sviluppo di ricerche e lo studio di programmi di salvaguardia e tutela. A tal riguardo indubbiamente significativo sottolineare come, ad esempio, non si tratti di considerare ai fini di una valorizzazione i soli siti archeologici. Altri elementi possono rappresentare il patrimonio culturale archeologico di un territorio. I paesaggi storici ad esempio. Si consideri il caso di una zona della Valpolicella, ed i cambiamenti avvenuti tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta. Il tratto chiaro, visibile sulla foto aerea, risulta essere un elemento di viabilit sepolto antico, forse un tratto della Via Claudia Augusta Padana o della Via Alemanna. Solo il contributo dellinfrarosso ed il trattamento digitale dellimmagine restituiscono il tracciato, ma non possibile indagare ad esempio la parcellizzazione presente nel 1962 ed ora non pi visibile. Lesempio serve a mostrare le rapide modificazioni a cui un territorio agricolo risulta comunque sottoposto e con le quali tuttavia ci si deve confrontare. La distruzione del record archeologico un

fenomeno forse inevitabile, indubbiamente, e che interessa in primo luogo i siti di modeste dimensioni. Tuttavia si pone il problema di come tutelare il patrimonio storico di un territorio, che non si pu esprimere solo attraverso la conservazione di un sito, senza la completa o parziale comprensione di come esso si sia relazionato con il paesaggio, con gli altri siti (figura 14). Se accettiamo che il territorio sia un complesso sistema di stratificazioni storiche, come stato oramai da pi parti notato, necessario che anche lindagine archeologica si presti allora a considerare tale complessit. La gestione dei dati, la loro informatizzazione, risulta essere in questo senso un momento, in genere lultimo, di un pi articolato percorso di studio. La creazione di una carta del rischio archeologico non contribuisce, a nostro avviso, alla tutela di un territorio se non viene concepita come un sistema aperto e relazionale, e soprattutto se non il risultato di un percorso critico di ricerca. Lindagine svolta sul territorio di Cavaion veronese, ad esempio, se si fosse basata sui siti noti in bibliografia, avrebbe tralasciato lesistenza di almeno sei siti di importanza notevole, tutti valorizzabili ed indagabili, ancora in buono stato di conservazione, sarebbe andata a tutelare zone la cui effettiva importanza, alla luce di una valutazione pi complessiva, ora per buona parte ridotta. Ma questesempio confermato attualmente da altre indagini in corso su territori limitrofi che hanno evidenziato limportanza di alcune zone archeologiche, ancora non conosciute o poco considerate. Il problema, dunque, non risulta essere solo quello di una pianificata gestione delle informazioni note, ma, soprattutto, risiede nello sviluppo di una strategia dindagine per lacquisizione delle informazioni - e solo poi della gestione. Il rischio quello di creare sistemi chiusi di gestione dati non preparati ad accogliere nuove informazioni e basati su ricerche non territoriali, su rinvenimenti occasionali o su notizie, e non su indagini specificamente finalizzate alla valutazione del patrimonio archeologico di un territorio. In questa direzione, anche la tutela non pu essere efficace. Lesperienza maturata nel corso di queste ricerche, e di altre eseguite in zone della provincia di Verona, ha confermato lefficacia del metodo (lindagine sistematica), ma si notata la necessit di modificare la strategia a seconda del territorio considerato, a causa delle diversit e delle peculiarit proprie di ogni paesaggio.
(Fabio Saggioro)

Fabio Saggioro, Mancassola Nicola

29

BIBLIOGRAFIA

AA.VV 1996, La ricerca archeologica di superficie in area pada na, Rovigo. M. APROSIO, F. CAMBI, A. MOLINARI 1997, Il territorio di Sagesta tra la tarda antichit ed i secoli centrali del medioevo, in I congresso nazionale di archeologia medioevale, Firenze, 1997. A. BOATO, A. CAGNANA 1998, Archeologia globale nel terri torio del comune di Levanto (SP): primi risultati e prospettive di ricerca, in S. PATITUCCI UGGERI (a cura di), Scavi medievali in Italia: 1994-1995, Roma-Freiburg-Wien. G. P. BROGIOLO (a cura di) 1999, Progetto Archeologico Garda. I-1998, Mantova. F. CAMBI, N. TERRENATO 1994, Introduzione allarcheolo gia dei paesaggi, Roma. F. CAMBI (a cura di) 1996, Carta Archeologica della provincia di Siena. Il Monte Amiata, vol. II, Siena. L. CAPUIS et al. (a cura di) 1990, Carta Archeologica del Vene to, Modena. M. CARTA 1991, Larmatura culturale del territorio, Bologna, M. CARTA 1999, Larmatura culturale del territorio. Il patri monio culturale come matrice didentit e sviluppo, Milano.

L. CERVIGNI et al.2000, Sondaggi di scavo presso la chiesetta rurale di San Faustino, Cavaion Veronese, in stampa. P. FABBRI 1997, Natura e cultura del paesaggio agrario, Milano. A.GUIDI 1992, La ricerca di superficie in funzione della proget tazione e realizzazione di opere pubbliche, in M. BERNARDI (a cura di) Archeologia del Paesaggio, Firenze. N. MANCASSOLA, F. SAGGIORO 1999, Aerofotointerpreta zione e ricognizioni: impostazione teorica e primi risultati, in G. P. BROGIOLO (a cura di), Progetto Archeologico Garda. I-1998, Mantova 1999. N. MANCASSOLA, F. SAGGIORO, L. SALZANI 1999, Proget to San Briccio: risultati preliminari, in Quaderni dArcheologia del Veneto XV, p.49 M. VALENTI 1989, Cartografia archeologica e ricognizione di superficie. Proposte metodologiche e progettazione dellindagine, Siena. M. VALENTI (a cura di) 1995, Carta archeologica della provin cia di Siena. Il Chianti senese, vol. I, Siena. M. VALENTI (a cura di)1999, Carta archeologica della provin cia di Siena. La Val dElsa, vol. III, Siena.

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

31

LESPERIENZA DELLINSEGNAMENTO DI ARCHEOLOGIA MEDIEVALE A SIENA NEL CAMPO DELLINFORMATICA APPLICATA


Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

Introduzione - Linformatizzazione nella archeologia italiana Linformatizzazione oggi uno dei principali argomenti di discussione in archeologia. A livello disciplinare, stenta per ad affermarsi come un sistema di documentazione necessario ed imprescindibile per governare la mole enorme di dati prodotti dalle nostre ricerche. Nonostante alcune nicchie di sperimentazione (in particolare le universit di Padova, BolognaRavenna, Roma-La Sapienza, Napoli-Federico II, Lecce e Siena), sono ancora molte le resistenze accademiche di fronte ad una serie di strumenti inizialmente ostici. Gi dalla met degli anni ottanta, la tradizionale chiusura degli ambienti umanistici nazionali aveva creato unarretratezza macroscopica a confronto con molte aree della ricerca archeologica europea e costituiva, come daltra parte costituisce ancora, una forte remora allottimizzazione degli strumenti a disposizione. A questo proposito particolarmente significativo richiamare linsuccesso di un qual si voglia progetto organico di inventariazione del patrimonio archeologico a livello nazionale, nonostante il largo investimento operato nel settore dal Ministero del Beni Culturali a partire dal fallimento delle iniziative nate con i finanziamenti erogati nellambito dei progetti sui cosiddetti giacimenti culturali (FRANCOVICH 1999). In quegli anni lincontro della ricerca archeologica italiana con la computer science si rivelava un rapporto non risolto ed ha colto quasi di sorpresa un ambiente scientifico ancora intento a perfezionare la sua metodologia di ricerca. Provare a flettere alle esigenze della disciplina gli algoritmi, le applicazioni e le strategie sviluppate nellinformatica pura, rappresentava di fatto unimpresa difficile se non un ostacolo insormontabile (VALENTI 1998a). Si aspettava limpiego del calcolatore come una sorta di magico strumento per la soluzione dei problemi connessi alle esigenze di uniformare ed accellerare la registrazione dei dati e di semplificarne la consultazione. Ci si augurava, inoltre, il superamento di operazioni ripetitive nella pratica

dellarcheologia attraverso lautomatismo (FRANCOVICH 1990). Dopo un decennio ci siamo resi conto di quanto limitata fosse la conoscenza delle potenzialit dello strumento informatico, il concetto stesso di multimedialit era ancora lontano da essere percorso efficacemente e nello stesso momento il nostro grado di alfabetizzazione non ci autorizzava ad usare al meglio i personal computers. Una delle grandi difficolt, inoltre, era costituita dal fatto che stavamo cercando un rapporto con una tecnologia che proprio in quella fase subiva una lenta, ma inesorabile, fase di trasformazione. Guardavamo agli informatici come ad una sorta di alchimisti dai quali ottenere la cura per i nostri mali ed al computer come ad una macchina capace di restituire velocemente il risultato richiesto (FRANCOVICH 1999). La situazione veniva complicata da esempi di sistemi informativi territoriali provenienti soprattutto dallesterno. In particolare la tecnologia GIS, al di l delle poche nicchie con forme di applicazioni gi avanzate (in particolare Roma: AZZENA 1992), trov (e trova ancora) un ambiente che, nella quasi totalit dei casi, non solo doveva costruire le proprie banche dati, ma non aveva ancora le idee chiare delle cognizioni informatiche imprescindibili per realizzare, interrogare e fare parlare una piattaforma del genere. Pensiamo per esempio allo smarrimento di fronte al confronto fra le sigle GIS e SIT. In molti hanno creduto per lungo tempo a due diversi tipi di gestione: il primo come uno strumento capace di gestire i dati e tra sformali in informazioni storiche e predittive della resa archeologica, il secondo come semplice banca dati geografica per amministrare la risorsa archeologica di un territorio definito. Quindi, contrariamente a quanto accaduto negli Stati Uniti ed in Inghilterra, dove larcheologia ha potuto disporre di esperienze di avanguardia nel campo dei sistemi di informazione geografica (LOCK-STANCIC 1995), le applicazioni GIS non hanno sinora goduto, nonostante il gran parlarne, di una generalizzata diffusione. La ragione del ritardo nazionale forse da ricercare anche nella relativa novit dello studio

32

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

dei paesaggi storici ed in generale della dimensione territoriale e geografica della ricerca archeologica rispetto alle altre tradizioni. Pi probabilmente lo sviluppo di sistemi GIS, richiedendo una forte assimilazione delle basi informatiche, trova nel nostro paese un ostacolo nella mancanza di una massiccia diffusione nelle strutture di ricerca del calcolatore come strumento collettivo e cumulativo di lavoro interdisciplinare. vero che in quegli anni la tecnologia GIS forniva strumenti che non apparivano immediatamente utili agli archeologi, costringendoli al dialogo con specialisti o a dover compilare i necessari algoritmi di programmazione (i primi pacchetti software, come Arc/Info, Moss, Grass, Idrisi, sono stati commercializzati pi tardi); ma altrettanto vero che le resistenze delle scuole archeologiche mediterranee (ad eccezione dei francesi) verso una prospettiva rivoluzionaria, ha causato un forte ritardo nello sviluppo di tali strumenti ed una grande incertezza circa le loro potenzialit. Esisteva in definitiva un forte problema di adeguamento ai tempi, di informazione sulle esperienze internazionali ed anche di conoscenza dello stato di avanzamento della tecnologia. Eppure era nata, e stava muovendo i primi passi, una piccola tradizione di applicazione del computer nellarcheologia italiana. Soprattutto gli anni ottanta hanno visto svilupparsi anche nel nostro paese unesperienza di Archeologia Quantitativa raccolta in un volume di sintesi uscito nel 1987 a cura di Paola Moscati (MOSCATI 1987). Gi allora, i paragrafi bene illustravano le tematiche affrontate allestero ed in parte anche da noi (soprattutto in ambito protostorico): banche dati, analisi matematico-statistiche e applicazioni, analisi spaziali. Non crediamo che il volume abbia ricevuto lattenzione meritata. Probabilmente unassunzione delle problematiche in esso contenute ed una curiosit maggiore della comunit scientifica verso lo stato dellarte illustrato dalla Moscati avrebbero evitato molte delle battute a vuoto o le difficolt degli anni seguenti, quando stato molto forte limpatto deflagrante delle possibilit offerte dalla crescita tecnologica. La stessa sorte sembra subire ai nostri giorni la rivista Archeologia e Calcolatori ormai giunta al suo decimo anno di attivit che, pur con alcuni difetti insiti soprattutto negli articoli proposti da molti autori (troppo tecnicismo e scarsa chiarezza per accedere anche ad un pubblico pi allargato), rappresenta uno strumento fondamentale in questo campo. Oggi siamo comunque in uno stato di cambiamento: la rivoluzione digitale ci sta traghettando nel terzo millennio attraverso nuove forme di comunicazione, gestione e condivisione dellinformazione. Il progresso tecnologico, lallargamento ad una sempre pi ampia fascia di pubblico dei contenuti della nostra disciplina, lannullamento

del rapporto spazio-tempo prodotto dalle reti telematiche e dalla nascita del villaggio globale, hanno costretto anche le scienze umanistiche a confrontarsi con i computers. Alcune aree dellarcheologia non sono rimaste estranee a tali dinamiche ed hanno intrapreso attivamente percorsi, talvolta originali, con esiti diversificati tra nazioni ed anche allinterno di ogni singolo paese (in Italia larea dellArcheologia Medievale si proposta come un terreno di sperimentazione avanzata). Gli effetti sono quindi stati diversi nel livello di evoluzione raggiunta e possiamo dividere il percorso affrontato dagli archeologi italiani allinterno del mondo digitale in alcune tappe principali: la conoscenza del calcolatore e dei programmi, le sperimentazioni di sistemi necessari soprattutto alla costruzione delle banche dati, al trattamento delle immagini, alle elaborazioni grafiche, alle ricostruzioni 3D, lavvento della tecnologia GIS (VALENTI 1998a). Sono per osservabili alcuni punti di arrivo. Dato per scontato che non esistono programmi scritti appositamente per supplire alle esigenze di documentazione proprie di un archeologo, alcuni hanno speso lunghi periodi nel conoscere le molte applicazioni e scegliere quelle giudicate pi adatte; altri si sono invece limitati ad emulare supinamente oppure ad assumere suggerimenti provenienti da operatori di altri campi disciplinari, ma con esperienza diretta solo sul proprio campo specifico. Il risultato si prospetta nella divisione in due categorie di utenza: coloro che, sperimentando ed avendo ben chiaro quale tipo di risultato volevano raggiungere, hanno individuato gli standard ottimali ed aggiornabili per catastare un composito emisfero di dati come quello archeologico; coloro che, per non avere sperimentato direttamente e non avendo passato la fase critica del come risolvere?, rimangono ancorati alle posizioni bene o male raggiunte, progredendo solo ed ancora a seguito dellevoluzione degli altri. Negli ultimi anni linteresse generale si finalmente posato anche da noi sulle applicazioni GIS come testimoniano i convegni di Ravello nel 1993, la summer school di Pontignano-Siena nel 1995 e tutta una serie di workshops a livello nazionale. Il GIS, insostituibile per una gestione sistematica di tutti i tipi di dato archeologico, ha nuovamente confuso la situazione. Molti, non hanno ancora finito di compiere i due passi precedenti ed sopraggiunta a complicare le cose una tecnologia estremamente impegnativa, senza dubbio inizialmente criptica, attuabile solo avendo grande confidenza con una vasta mole di applicativi (grafica vettoriale, fogli di calcolo, database, trattamento immagine, programmazione). Conseguentemente, lo sforzo maggiore si per ora concentrato sulla catastazione georeferenziata del dato; sono per ancora rare le sperimentazioni

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

33

di vere e proprie analisi territoriali con applicazione di modelli di lettura. Daltronde crediamo che tutto ci rientri nella natura stessa del GIS. infatti una tecnologia modulare, cio composta da diverse parti che possono essere scelte secondo gli obiettivi (anche le numerose definizioni prodotte nella sua storia esprimono fondamentalmente le esperienze e le scelte professionali effettuate). Ha tre campi di utilizzo: processamento e archiviazione delle informazioni, supporto per analizzare e prendere decisioni o programmare interventi, produzione di informazioni ed ipotesi di lettura dei dati. palese che la realizzazione di una buona piattaforma GIS rappresenta la fase pi impegnativa e indispensabile per potere passare alle altre due; si sta quindi ancora lavorando alla costruzione di piattaforme ben strutturate. Attualmente siamo in un momento molto dinamico; lattenzione sempre pi rivolta verso limpiego di una buona forma tecnologica nella consapevolezza ormai raggiunta di un sensibile miglioramento del proprio lavoro. Il panorama, pur se positivo, non pu per ancora definirsi pienamente soddisfacente. Se dalla met degli anni novanta sono stati fatti dei passi avanti (in particolare nellambito universitario), non siamo comunque autorizzati a credere che linformatizzazione abbia definitivamente sfondato. La crescita si abbina soprattutto ad iniziative singole e non su progetti organici, inoltre esistono ancora resistenze tradizionaliste talvolta camuffate da dichiarazioni di apertura verso linnovazione. Anche se le numerose occasioni dincontro mostrano sempre pi una sperimentazione diffusa ed un confronto in atto, ci troviamo in pratica di fronte ad una sorta di anno 0 i cui effetti saranno giudicabili solo in un prossimo futuro. Da parte nostra abbiamo fiducia nella capacit di crescita degli archeologi, ma vediamo profilarsi allorizzonte alcuni pericoli di rallentamento nellottica di uno sviluppo organico. Essenzialmente sono tre i fattori da sottolineare: -lidea ancora esistente di comprare la soluzione ai problemi di informatizzazione; -la nascita di una corporazione di iniziati che mal comunica con il resto della comunit scientifica; -il rischio di vedere presentato un sempre maggior numero di applicazioni che rimangono poi al semplice livello di esercizio di stile. a) - Rivolgersi al mercato dietro al principio quanto costa la soluzione? rappresenta un errore macroscopico ed un atteggiamento privo di senso nellattuale strategia di progettazione della grandi multinazionali dellhardware e del software. Questa si basa sulla diffusione di macchine ed applicativi sofisticati, con capacit di calcolo impensabili sino a due anni fa e sul rendere accessibile la programmazione del proprio computer. Di conseguen-

za, ci significa mettere in una posizione di dominio sulla macchina chiunque decida di approfondirne luso: riuscire a costruire le proprie soluzioni, calibrandone la realizzazione sulle esigenze del proprio campo specifico, aggiornarle, svilupparle senza essere dipendenti da una societ commerciale impegnata nella vendita di servizi e con interesse a continuare. b) - Contemporaneamente si sta creando una sorta di gruppo, consapevole di operare in un campo sperimentale ed ancora ristretto, che adotta un linguaggio per soli adepti danneggiando in visibilit i lavori presentati in articoli o trattazioni e complicando ancora di pi un approccio generalizzato allimpiego del calcolatore in archeologia. A nostro avviso un eccessivo tecnicismo non giova; si rendono infatti inaccessibili a gran parte della comunit scientifica strumenti in grado di rivoluzionare i metodi di documentazione tradizionali. La non chiarezza, od il linguaggio computerese, in un campo di sviluppo recentissimo come linformatica applicata allarcheologia, produce il solo effetto di creare difficolt a chi si avvicina per la prima volta. Soprattutto circonda di un alone di mistero quelle realizzazioni pratiche che invece potrebbero essere affrontate da un pubblico pi allargato solo se veicolassimo chiaramente il lavoro prodotto (VALENTI 2000 c.s). Nella nostra esperienza, per esempio, quando ci siamo avvicinati alla tecnologia GIS abbiamo dovuto fare una fatica enorme anche solo per arrivare a capire cosa fosse il GIS; non riuscivamo a trovare una bibliografia per neofiti e lo stesso panorama editoriale non proponeva molte alternative. Con una leggera forma di provocazione, quindi, affermiamo che necessario mostrarci poco infor matici e molto archeologi, senza nessun bisogno di nobilitare il nostro lavoro con un linguaggio specialistico di sicuro disorientamento per il lettore alle prime armi, le cui domande pi ricorrenti sono: a cosa serve un GIS di scavo? Come deve essere costruito? Quali benefici pu portarmi? Pu (e come pu) fungere da strumento per interrogare i dati e produrre modelli storici? Egli cerca, negli articoli o nelle relazioni a convegni, risposte chiare sul lavoro da realizzare, gli ostacoli ed i futuri benefici ai quali risultati potr approdare, non desidera certo imbattersi in un linguaggio pi adatto ad un trattato di informatica. Il rischio maggiore si profila quindi nel porre una netta separazione sino dallinizio tra chi usa il computer e chi non ne fa ancora uso, questultimo potrebbe per accedervi e uniformarsi ad uno standard sempre pi necessario ed imprescindibile se proprio dalle esperienze avanzate non venissero posti ostacoli. Linformatizzazione ed i metodi di trasmissione dei dati ad essa legati hanno oltretutto come filosofia di fondo la condivisione dellinformazione e lapertura alla comunit per

34

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

una crescita globale. Si tratta di forme collettive di sapere e di metodi di produzione del sapere, lesatto contrario di un monopolio dellinformazione e della tecnologia che oggi non ha nessuna ragione di esistere. c) Esiste leventualit di un mancato incremento di crescita anche allinterno del gruppo degli archeologi impegnati nellinformatica: una sensazione sempre pi crescente frequentando le diverse occasioni di incontro. A tutti i convegni od ai workshops nazionali (ma anche internazionali) ai quali abbiamo presenziato, di rado si osserva girare unapplicazione. Vengono illustrati, costantemente attraverso diapositive o slide show, progetti dei quali non siamo in grado di valutare la reale portata e la bont della soluzione poich illustrati solo con diagrammi, schemi e foto di schermate. Anche quando ha avuto luogo una dimostrazione non si andati spesso oltre la semplice proposta di una base ArcView, con il normale caricamento di shapes ed un elementare collegamento tabelle-scheda esterna; in pratica, unillustrazione dei comandi e delle funzioni del programma dietro uninterfaccia di tipo archeologico. Mai la discussione ha interessato la struttura di un DBMS (il sistema degli archivi) o la costruzione del modello dei dati (condizione imprescindibile per capire la bont della soluzione GIS progettata) e quali gli ostacoli superati, in pratica come sono stati tradotti i contenuti metodologici della nostra disciplina in protocolli ed algoritmi e perch si sono effettuate determinate scelte e non altre. Spesso, quindi, siamo di fronte ad una sorta di esercizio di stile. Non pi necessario dimostrare di avere un GIS e linformatizzare non si limita alla sola costruzione dellapplicazione. Significa, invece, in primo luogo realizzare uno strumento ottimale nella gestione di una vasta mole di dati ed in secondo luogo (ma con valore paritetico) impiegare questo strumento come mezzo di ricerca per la produzione di nuova conoscenza. Conseguentemente, si rende indispensabile il confronto su cinque aspetti ben delineati: -filosofia di fondo (perch realizzo questo tipo di applicazione); -struttura dellapplicazione proposta; -caratteristiche delle banche dati; -finalit delle relazioni tra applicazioni e banche dati; -metodi di lettura dei dati (produzione di nuove informazioni archeologiche). Concludiamo queste note sottolineando come, parallelamente alla crescita qualitativa del lavoro, altri sforzi dovranno essere indirizzati verso gli aspetti quantitativi. In altre parole, la costruzione di un sistema informativo non dovr essere pi imperniata solo su uno o pi progetti; vi dovranno invece trovare posto tutti i dati prodotti dallente o dallorganismo di appartenenza, dovranno dialo-

gare ed essere interrelati. Solo realizzando grandi banche dati e facendole interagire raggiungeremo il progresso connaturato allinformatizzazione. Oggi vediamo come imprescindibile registrare nelle memorie digitali lintero stato delle ricerche svolte, costruire degli strumenti di memoria destinati ad accrescersi nel tempo andando a comporre dei formidabili motori di crescita del sapere. Siamo, forse, in una fase che in parte ripercorre la grande stagione delle classificazioni positivistiche e dellaccumulo di conoscenza ad essa legato, anche se limpiego della tecnologia ci proietta, contemporaneamente e quasi in tempo reale, nellutilizzo pratico di tale patrimonio, sia per il progresso, sia per la ricaduta che pu e che deve avere nella gestione del patrimonio archeologico. Dobbiamo dire che, forse, pretendiamo troppo per il reale stato di avanzamento dei lavori e per il cammino ancora da percorrere nel campo dei computers come comunit degli archeologi. Non esiste una manualistica ad hoc e lo stesso stato di cultura dellinformatizzazione archeologica , forse, ancora basso a livello generale. In un recente incontro svoltosi a Roma presso lEcole Franaise (Trattamento informatizzato della documentazione archeologica degli scavi urbani), per esempio, al dibattito finale stato chiesto da un partecipante: perch dobbiamo usare un GIS per documentare lo scavo? Io mi trovo meglio con i metodi tradizionali. Ecco, di fronte ad affermazioni come questa ci rendiamo conto di quanto lavoro di base sia ancora necessario. La strada da percorrere non pu, per, che essere questa. 1 - Il Laboratorio di Informatica Applicata allArcheologia Medievale Il LIAAM (Laboratorio di Informatica Applicata allArcheologia Medievale) presso il Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dellUniversit di Siena, rappresenta ununit operativa molto attiva, coordinata da Riccardo Francovich e Marco Valenti. composta da quindici membri che da quasi un decennio sviluppano tecniche di documentazione digitale finalizzate ad una gestione ottimale del dato archeologico, ad un suo inserimento in altri sistemi di documentazione ed in politiche di valorizzazione e tutela del patrimonio archeologico. I sistemi elaborati sono quindi il mezzo principale per condividere il record con lintera comunit scientifica e per connotarlo di una ricaduta pubblica secondo i canoni dettati dallodierna societ dellinformazione. Il team di lavoro non si compone di informatici, bens di archeologi con il know how indispensabile per costruire e sperimentare una compiuterizzazione interamente tarata sulle esigenze di catastazione e di elaborazione dellindagine archeologica. Si tratta in definitiva di sistemi digitali rea-

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

35

lizzati da archeologi per larcheologia e conseguentemente modificabili in qualunque momento si presentino nuove esigenze di registrazione o di interazione dei records. Il Laboratorio inizia a configurarsi tra la fine degli anni ottanta ed i primi anni novanta, periodo in cui gi lambiente senese percepiva la necessit ormai improrogabile di fare uso massicciamente del computer come mezzo principe nella gestione dei dati archeologici. Questa raggiunta consapevolezza trovava terreno fertile in spunti provenienti soprattutto dallestero ed in particolare dai nostri contatti con lInghilterra, dove avevamo osservato di persona esperienze avanzate, come la Unit di York o come il dipartimento di Archeologia di Leicester, nelle quali si faceva largo uso dei calcolatori e si discuteva, producendo risultati, della tecnologia GIS. Il nostro stato di alfabetizzazione era al tempo realmente molto elementare. Nella seconda met degli anni ottanta riuscivamo ad usare dei word processor e degli elementari database (citiamo soprattutto il mitico DB3). vero che la tecnologia viveva una fase iniziale di crescita e che neanche immaginavamo i super computers dei nostri giorni, ma altrettanto vero che non sapevamo realmente da dove iniziare per documentare le nostre indagini. Sentivamo di dovere lavorare in questa direzione, ma anche lhardware a nostra disposizione non ci aiutava molto: possedevamo due PC Olivetti ed un portatile (anzi, sarebbe meglio definirlo un trasportabile) in cui prima dovevamo caricare il sistema da floppy disk e poi il programma da usare. Chi scrive per esempio era appena passato privatamente (e con entusiasmo) da un Commodore 64 ad un Commodore 128! Il primo tentativo di crescita venne quindi svolto facendo trasferire dal Centro di Calcolo dellAteneo un tecnico informatico. Lesperienza, nonostante lunghe sedute di discussione-erudizione (per comprendere cosa ci serviva e come ottenerlo) ed alcune lezioni sulluso di programmi di videoscrittura e di archiviazione, non ebbe buon fine e si interruppe bruscamente. Poco tempo dopo cercammo il contatto diretto con una societ di professionisti (lItalsiel), attraverso la quale speravamo e credevamo di ottenere un sistema di gestione per immagini e per archivi chiavi in mano. Durante gli incontri che seguirono si materializzava comunque la difficolt di cooperazione. Sentivamo parole strane: algoritmo, database lineare e relazionale, DTP ecc. La nostra preparazione era veramente di scarso spessore, non potevamo dirci neppure alfabetizzati, ma anche la controparte aveva seri problemi a comprendere i concetti di sito, unit topografica, unit stratigrafica, periodo, fase ecc. In conclusione, non esistevano le condizioni per giungere ad un prodotto tangibile e soprattutto immediatamente operativo. Questa fase pu definirsi come la preistoria

del nostro incontro con la tecnologia digitale. La protostoria pu invece essere indicata nel rapporto instaurato con Antonio Gottarelli, per alcuni anni professore a contratto presso il nostro Dipartimento; ci ha mostrato attraverso le sue applicazioni quali scenari di progresso potevano schiudersi in prospettiva. Ad Antonio va anche ascritto il merito di avere costituito, su mandato del Dipartimento, il primo laboratorio di Informatica, impostato su tecnologia Macintosh, ed al tempo composto da quattro macchine (un Classic, un FX, due LC) e tre periferiche (tavoletta grafica A0, scanner Apple e stampante Laser). Anche in questo caso, comunque, si commisero alcuni errori di impostazione. Gottarelli non venne sfruttato a pieno per alfabetizzare studenti e laureati del Dipartimento; invece di avere pazienza nellaspettare una crescita interna si cerc di bruciare le tappe cercando nel suo lavoro quella stessa panacea digitale gi sperata nel rapporto con lItalsiel. La traccia pi importante lasciata da Gottarelli, con il senno di poi, si riconosce nella illustrazione di quella filosofia di lavoro che, opportunamente sviluppata, stata in seguito alla base della nascita del LIAAM: domare la tecnologia e realizzare in proprio le soluzioni. Alla fine del 1989 nasceva intanto il Laboratorio di Cartografia Archeologica della Provincia di Siena, un progetto che ci vede ancora oggi cooperare proficuamente con lAmministrazione Provinciale. Questo evento ha iniziato a coagulare nel tempo un gruppo di archeologi e di studenti, animati dalla passione per linformatica e decisi a sviluppare la sua applicazione alla nostra disciplina. Con i pochi fondi a disposizione il Laboratorio venne dotato di alcuni computer Macintosh per quel periodo molto potenti (i Quadra 800 e 950), furono poi acquistati anche alcuni esemplari di LC, memorie di massa, tavolette grafiche da tavolo, scanner e stampanti. Lacquisto in proprio delle attrezzature rappresenta una delle note costanti nella crescita del LIAAM; mai abbiamo ricevuto finanziamenti pubblici finalizzati e limplementa zione di tecnologia stata sempre effettuata ritagliando alcune quote da fondi di ricerca diversi. La trasformazione definitiva del Laboratorio di Cartografia nellattuale conformazione di Laboratorio di Informatica Applicata allArcheologia Medievale si verificata a partire dal 1993-1994 con linizio del progetto Poggio Imperiale a Poggibonsi (Siena). Questa indagine ha preso il via da un approfondimento della carta archeologica per valutare il potenziale della fortezza medicea di Poggibonsi. Il progetto nasceva come sperimentale; volevamo impiegare linformatica in ognuna delle sue fasi, sia come strumento di documentazione sia come mezzo di lettura dei dati per ottenere informazioni. Lo sviluppo del progetto Poggio Imperiale abbastanza noto per ripercorrerne le tappe; lo sforzo effettuato nel costruire un sistema

36

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

informativo, crediamo, con pochi uguali, ha comunque formato un team di ricerca molto unito, complementare ed altamente specializzato: tuttora rappresenta il cuore pulsante del LIAAM. Linformatica ha da questo momento completamente trasformato il tipo di lavoro svolto in tutti i laboratori dellInsegnamento di Archeologia Medievale e poi, per effetto onda lunga nellintero Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dellUniversit di Siena. Essendo una fase di passaggio il cambiamento andato di pari passo con laumento delle nostre capacit di gestione dellhardware e del software e con lo stesso sviluppo dei prodotti immessi sul mercato. Lo spirito di sperimentazione insito nella nostra filosofia di lavoro ha portato il gruppo di ricerca ad operare secondo un principio di base completamente opposto a quello iniziale: non comprare sistemi di gestione da una delle numerose societ informatiche presenti sul mercato, ma costruirli in proprio. Oggi chiaro che la passiva adozione di programmi preconfezionati avrebbe avuto come conseguenza quella di disporre di un sistema calibrato su macchine e su softwares inadeguati e non resi flessibili ai sempre nuovi bisogni della ricerca sperimentale, senza ricorrere continuamente allintervento degli analisti. Un sistema cio destinato a divenire obsoleto di fronte alleventualit di una non rinnovata collaborazione con informatici o nellassenza di risorse economiche per attivarla. Gli archeologi si sarebbero limitati a riempire di contenuti le banche dati ed effettuare le operazioni illustrate da un manuale o da un help in linea. Tutto ci stato evitato. Invece, la necessit di dovere gestire agevolmente masse di dati sempre pi ampie, di produrre risultati ed avviare processi interpretativi attraverso luso di strumenti nuovi di elaborazione, ha permesso di iniziare un lungo cammino, che ha portato poi alla costituzione nellambito dellinsegnamento di Archeologia Medievale di un laboratorio stabile di informatica applicata e di nuove figure professionali cresciute al suo interno. In sostanza, la soluzione cercata dieci anni orsono stata trovata attraverso la crescita, in termini di alfabetizzazione informatica, degli stessi archeologi. Si trattato di investire nel progetto risorse umane, mettere in grado un gruppo di persone di formarsi lavorando e sperimentando, confrontando inoltre i punti di arrivo raggiunti con quelli di altre unit operative nella nostra area disciplinare. In particolare, il LIAAM, ha sviluppato molte tecniche tra le quali citiamo il processamento al calcolatore di fotoaeree, la gestione GIS di scavi e territori, scansione ed editing avanzati, la modellazione 3D, il rendering foto realistico, animazione e morphing, la video documentazione elettronica, la fotografia digitale, CAD, la programmazione, la

produzione di filmati multimediali, applicazioni QuickTime Virtual Reality, realizzazione di siti e pagine WEB. Oggi, queste competenze mettono in grado il nostro insegnamento di gestire lintero processo di archiviazione e trattamento del record sino alla sua uscita per la comunit scientifica, per il grande pubblico, per gli enti amministrativi e di tutela, per il mercato. 2 Obiettivi e filosofia di lavoro del LIAAM La sperimentazione continua e febbrile, la ricerca della soluzione ottimale e la ferma volont di superarsi, sconfiggendo la potenza della macchina e dei programmi, ci ha portati a trovare una personale via informatica allarcheologia. Gi dal 1990 abbiamo iniziato a presentare pubblicamente le tappe del nostro percorso. Alcuni articoli (FRANCOVICH 1990; VALENTI 1998a; VALENTI 1998b; FRANCOVICH 1999; VALENTI 2000 c.s, FRANCOVICH-VALENTI 2000 cs.) hanno evidenziato il cambiamento di impostazione che ci ha contraddistinto, levoluzione degli ultimi anni e le nuove frontiere verso le quali ci stiamo proiettando. Lobiettivo delle nostre sperimentazioni, tese ad una gestione globale del dato archeologico, corrisponde essenzialmente alla produzione ed al perfezionamento progressivo di uno strumento di lavoro che permetta la consultazione integrata di tutti i dati raccolti, svincolato da processi interpretativi preliminari, dunque uno strumento non di supporto ad elaborazioni gi compiute. Come gi abbiamo avuto modo di scrivere, la filosofia di lavoro sulla quale ci siamo mossi si articola su sei punti principali: applicazione di tecnologia come mezzo di ricerca e documentazione sul campo, applicazione di tecnologia come mezzo di archiviazione in laboratorio, uso di tecnologia come mezzo di interrogazione dei dati e produzione di informazioni, continua apertura ed attenzione alle novit tecnologiche immesse sul mercato, gestione fatta in proprio da archeologi dotati del know how e di un generalizzato livello utenza di fascia molto alta, usare il computer come un elettrodomestico pi sofisticato della media ed ordinare alla macchina (attraverso la programmazione) di fare ci che noi vogliamo. Solo cos la costruzione di un sistema di gestione dei dati, realizzato da archeologi per larcheologia, ha in fieri lallargamento delle sue componenti e qualsiasi tipo di revisionabilit in qualunque momento sia reputato necessario. In sostanza, i nostri prodotti, forse, non sono del tutto ortodossi dal punto di vista informatico, anche se a fine millennio parlare ancora di ortodossia informatica non ci sembra del tutto coerente: come abbiamo gi sottolineato, lattuale filosofia vincente di alcuni sistemi operativi (primo tra tutti Macintosh), invece mettere in grado luten-

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

37

te di sviluppare le proprie soluzioni e programmare il superamento dei propri bisogni di gestione. I nostri prodotti sono, infatti, assolutamente funzionali e applicabili a tutti i contesti di scavo; consideriamo del tutto inutile abbandonarsi alle teorizzazioni in eccesso dellanalista tradizionale per poi alla fine perdere di vista gli obiettivi che hanno reso necessario luso del calcolatore. Bisogna, soprattutto, avere ben chiaro quali sono i rapporti e le relazioni necessarie allarcheologo, conseguentemente articolare la soluzione, applicando la tecnologia non solo come strumento di archiviazione, ma anche come mezzo di ricerca e produzione di informazioni. Si rende allora necessario decidere quale pu e quale deve essere il grado di alfabetizzazione informatica degli archeologi che vogliono fare un uso realmente buono del calcolatore, intendendo con ci la sua applicazione finalizzata ad ottenere risultati tangibili, progredendo sia in conoscenza sia nella costruzione di banche dati di utilit pubblica. Larcheologo deve sapere gestire in prima persona i processi di catastazione e gestione dei dati; i computer dei nostri giorni lo permettono. Questo per richiede che allinterno dei dipartimenti di archeologia nascano le competenze ed i canali della sua trasmissione. quindi necessario lo sviluppo di esperienze destinate alla formazione di una sorta di scuola, o di una tradizione; alcune universit si sono gi mosse in tale direzione, in primo luogo la stessa Siena, ma anche Lecce e Bologna-Ravenna dove esistono insegnamenti di Informatica applicata. Larcheologia, per lenorme mole di dati che produce, non pu pi essere efficacemente gestita senza il calcolatore; non pu permettersi di stare fuori dai sistemi di comunicazione odierni che richiedono, e richiederanno sempre di pi, la completezza della documentazione e la sua trasparenza, grande velocit di trasferimento, chiavi di lettura diversificate. Lo specialista ed il non specialista devono avere entrambi la facolt di accedere alla forma di esposizione delle ricerche pi consona alle loro esigenze ed al grado di interesse nel momento in cui, per ricerca o per lavoro o per semplice curiosit, si connettono: dal dato oggettivo al dato interpretato ed esposto su piani di narrazione a diverso grado di difficolt. Stanno finendo i tempi in cui unindagine archeologica rimaneva inedita per lungo tempo ed i dati non potevano essere resi disponibili per lintera comunit scientifica. Larcheologia, se vuole realmente avere un dialogo con le istituzioni che governano il territorio e raggiungere anche una molteplicit di potenziali fruitori del nostro lavoro, dovr soddisfare questi obiettivi: abbattere lo stereotipo (?) dei tempi lunghi di gestazione dellinformazione, scrivere in un linguaggio digitale corretto, trasmettere il dato

velocemente nei modi di trasmissione pi diffusi e recepibili dalle stesse amministrazioni pubbliche (per esempio da un SIT provinciale o regionale) o da qualunque altro soggetto interessato. Solo cos sar possibile fare entrare le nostre indagini nelle politiche territoriali, giocando un ruolo da protagonisti, ed accedere a finanziamenti che permetteranno lo sviluppo della ricerca; allargheremo, inoltre, linteresse per le nostre indagini, raggiungendo anche la fascia di pubblico dei non addetti. Il mondo pu continuare a vivere ugualmente anche senza gli archeologi (non dobbiamo costruire ponti destinati a non crollare od operare persone a cuore aperto). Se non riusciremo ad adeguarci ai sistemi di comunicazione attuali (oggi ci si pu collegare ad Internet anche da un telefono cellulare) ed alla filosofia ad essi legata (dati a disposizione di tutti, sapere collettivo, globalizzazione dei contenuti), lavoreremo solo per noi stessi, a circolo chiuso. Larcheologia perfetta per il digitale; sa trovare in questo campo grandi spunti di spettacolarit che non dobbiamo lasciarci sfuggire per sfruttare al meglio le dinamiche ed il linguaggio della comunicazione odierna basati molto sullimmagine abbinata a trattazioni stringate, ma al tempo stesso esaustive. Attenzione, questo non significa svendere o semplificare, e quindi ridurre, lo spessore delle nostre indagini; linformazione oggi richiede infatti contenuti alti e veicolati con realizzazioni tecnologiche elaborate, ma tramite uninterfaccia di accesso friendly. 3 Il sistema di gestione dei dati del LIAAM: dalla macro scala alla micro scala Il nostro obiettivo di lavoro principale, come abbiamo gi indicato, si materializza nella costruzione di un sistema di gestione di tutti i dati prodotti dalle indagini dellInsegnamento di Archeologia Medievale. Il sistema stato progettato su tre livelli di registrazione, ognuno corredato da molti tipi di archivi inerenti le diverse ricerche catastate, da piattaforme GIS, da prodotti multimediali illustrativi, da pagine web: livello macro -> la Toscana; livello semi-micro ->i territori oggetto di prospezioni; livello micro -> gli scavi. La chiave di volta per riuscire a pilotare dinamicamente una struttura di questo tipo la costruzione di una soluzione performante (definizione oggi alla base di tutti i nuovi computers immessi sul mercato); ovvero relazionare le piattaforme GIS di territorio e scavo, le stesse piattaforme alle banche dati alfanumeriche e multimediali, le banche dati fra loro, con link multidirezionali che attraversano tutti i piani di informa-

38

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

zione originando da una griglia di domande completamente aperta. Fare interagire i dati a tutte le scale spaziali e di archiviazione richiede la progettazione di una soluzione di gestione ipermediale. Lipermedialit rappresenta, infatti, il nuovo punto di arrivo del rapporto archeologia-informatica. Questa categoria di creazioni racchiude tutto ci che programmabile e riconducibile in un sistema composito di documentazione integrata; la programmazione cos la frontiera che larcheologo deve riuscire a varcare se vuole padroneggiare il computer come un semplice elettrodomestico. Crescere in termini di elaborazione dei dati e di produzione di informazioni vuol dire riuscire a programmare e scriversi il proprio protocollo di gestione; la conoscenza del linguaggio d infatti modo di creare un sistema non disponibile sul mercato, una soluzione ipermediale, composta di moduli diversi, correlati a seconda delle nostre esigenze di archeologi. La soluzione individuata e la nostra attivit si quindi indirizzata verso la creazione di OpenArcheo, il prototipo di un sistema integrato ed aperto per la gestione del dato archeologico; tramite uninterfaccia semplice permette di collegare vari tipi di dati (cartografici, planimetrici, alfanumerici, grafici, multimediali, ecc.) in modo multidirezionale fra le diverse applicazioni usate. Il concetto di base sul quale si fonda il sistema ruota intorno a due parametri: la documentazione (quale tipo di documentazione intendiamo reperire?) e la keyword di relazione (in base a quale chiave di ricerca vogliamo reperire la documentazione?). Per esempio, se dalla base GIS di uno scavo intendiamo visualizzare la ceramica pertinente al periodo delloggetto selezionato, la documentazione sar costituita dai reperti ceramici, la keyword di relazione dal periodo ed il collegamento avverr fra la base GIS ed il DBMS relazionale dello scavo. La facilit e lutilit di una simile gestione risulta facilmente intuibile, soprattutto se si considera la possibilit multidirezionale dei links (giacch tutte le applicazioni che gestiscono i singoli tipi di dati interagiscono con tutte le altre), il vasto range delle informazioni reperibili dalla scala macro (per esempio la carta archeologica di unintera regione) a quella micro (per esempio la scheda di un singolo coccio) e la rapidit dei collegamenti. Si tratta in definitiva di una vera e propria applicazione (da trasformare in sistema con limmissione di funzioni di controllo), che consente il monitoraggio ottimale del dato. Da un punto di vista tecnico OpenArcheo , e sar nella sua versione definitiva, un sistema programmato costituito da routines organizzate in tre livelli: la parte principale realizzata con OneClick, gli script locali delle singole applicazioni che sfruttano gli eventuali linguaggi di programmazione residenti ed

alcuni passaggi particolari realizzati con AppleEvents o AppleScript apps. In tutti i casi si tratta di linguaggi object oriented, ma la differenza fra i tre livelli risulta sostanziale. In questo momento OpenArcheo permette di consultare lintera documentazione catastata e comprende attualmente le seguenti piattaforme GIS (ognuna corredata da archivi alfanumerici e multimediali, da prodotti multimediali illustrativi): -castelli scavati in Italia: registrazione georeferenziata, alfanumerica e raster delle informazioni edite; -progetto siti daltura della Toscana (sviluppato inizialmente nellambito della collaborazione con il gruppo Bassilichi, si tratta forse della pi grande carta archeologica esistente a livello regionale; consta di oltre 2000 castelli ed oltre 4.000 anomalie su fotoaerea (fig. 1); registrazione georeferenziata, alfanumerica e raster (FRANCOVICH-GINATEMPO 2000); -carta archeologica della Provincia di Siena (dati puntiformi e rinvenimenti perimetrati) (fig. 2); -carta archeologica della Provincia di Grosseto (fig. 3); -carta archeologica della diocesi di Massa e Populonia; -carta archeologica di Siena citt contenente anche lo scavo nella piazza di fronte allo Spedale S.Maria della Scala (prevista anche limmissione dellattuale cantiere di scavo allinterno del complesso); -carta archeologica di Grosseto citt. -scavo di Poggio Imperiale a Poggibonsi (SI); -scavo di Rocca S.Silvestro (Campiglia M.maLI); -scavo di Rocchette Pannocchieschi (Massa M.ma-GR); -scavo della Rocca di Campiglia (Campiglia M.ma-LI); -scavo della Rocca di Piombino (Piombino-LI); -scavo di Selvena (GR); -scavo di Castel di Pietra (Gavorrano-GR). Stiamo, inoltre, impostando due ulteriori piattaforme GIS, per le quali sono gi disponibili gli archivi alfanumerici e multimediali, cio lAtlante delledilizia altomedievale europea e lAtlante delledito della rivista Archeologia Medievale. Questo complesso di piattaforme rappresenta una soluzione GIS ipermediale tale da permettere di raggiungere contemporaneamente tre obiettivi: gestione di informazioni per la salvaguardia e per la tutela, accellerazione dei tempi dindagine, elaborazioni sofisticate dei dati. Con la fine del 2000, allinterno di un progetto pluriennale in comune con la Fondazione Monte dei Paschi di Siena, andremo sia ad arricchire il patrimonio dei dati catastati sia ad unapertura sul territorio del nostro lavoro. Questo progetto, incentrato sulle province di Siena e Grosseto e sul

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

39

comprensorio Piombino-Val di Cornia, permetter al nostro insegnamento di incrementare la dotazione tecnologica, di fare crescere professionalmente (dando quindi anche occupazione) diciassette operatori, di fare ricerca informatizzando e creare un rete informativa e di trasmissione dei dati articolata sul LIAAM (sede di alta elaborazione e del server centrale) sullo Spedale del S. Maria della Scala di Siena, sulla fortezza di Poggio Imperiale a Poggibonsi (SI), su Grosseto e Piombino (LI). Tra le tante operazioni da compiere, in unottica di costruzione di banche dati, si segnalano larchiviazione integrale (archivi e GIS) di tutte le ricerche dellattivit quasi trentennale della cattedra di Archeologia Medievale dellateneo senese, la costruzione di un museo virtuale della ceramica senese, di archivi bibliografici sullevoluzione della nostra disciplina, sulla ceramica, sui metalli, sul vetro (compresa la cartografazione su GIS di tutti gli scavi ed i rinvenimenti italiani), sulle ossa animali (anche in questo caso con cartografazione su GIS di tutti i rinvenimenti italiani), il completamento della cartografia toscana medievale incrementando chiese e monasteri. Questulteriore evoluzione delle nostre banche dati (amministrata da OpenArcheo) costituir uno strumento unico per lArcheologia Medievale; uno strumento che, oltre nei poli collegati in rete tra loro, potr in forme diverse e da definire nel dettaglio, essere reso consultabile dagli specialisti, dagli appassionati, dagli organismi amministrativi. 4 La piattaforma GIS del territorio nellesperienza senese Redigere cartografia archeologica prevede il perseguimento di due obiettivi principali: uno scientifico ed uno politico. Il loro raggiungimento permette da un lato di comprendere levoluzione insediativa di una regione e dallaltro di fare entrare definitivamente larcheologia nelle dinamiche di gestione e valorizzazione che la riguardano. Lobiettivo scientifico , quindi, riuscire a leggere sincronicamente e nella diacronia le forme assunte da rapporti di tipo residenziale, ovvero interpretare gli spazi che costituivano lassetto dellinsediamento delle collettivit, ricostruendo cos il processo di formazione del territorio. Lobiettivo politico corrisponde, invece, alla produzione di carte tematiche attraverso le quali leggere i processi storici susseguitisi nella formazione del territorio e, soprattutto, mappare la risorsa archeologica. Ricostruire levoluzione storica e culturale delle campagne significa pertanto produrre una serie di supporti cartografici dove leggere la memoria di un paesaggio rurale progressivamente ed irreversibilmente stravolto dalle nuove tecnologie e da uno sviluppo urbanistico incontrollato. Si tratta di approntare degli strumenti operativi che

permettano una pianificazione territoriale, annoverante tra le proprie finalit il mantenimento delleredit storica; quindi lindividuazione delle strategie dintervento pi appropriate per sfruttare al massimo un patrimonio sommerso come larcheologia. Questa doppia anima insita nella definizione Cartografia archeologica collegata conseguentemente ad altrettanti tipi di ricerca: il censimento del noto e la ricognizione diretta del terreno. Si tratta di aspetti diversi ed ormai tradizionali della medesima attivit; ambedue sono indispensabili ma entrambi presentano problemi che devono essere risolti per raggiungere standard competitivi e coerenti con gli attuali sistemi digitali di documentazione e gestione del dato cartografico. Sino a pochi anni fa, la costruzione di cartografia archeologica veniva svolta attraverso il lavoro manuale oltre, naturalmente, al lavoro di ricognizione e battitura a terra. Attualmente, la cartografia archeologica passa ancora per la ricerca sul campo, ma il lavoro a tavolino stato sostituito dallimpiego dei computers. Non si tratta di un cambiamento di comodo (cio registrazione esteticamente migliore e di pi facile immagazzinamento); lutilizzo ottimale della macchina ormai necessario per evitare di svolgere ricerche che gi in partenza si collochino ad un grado di arretratezza sugli standard di documentazione ormai imprescindibili. Oggi si dialoga con le amministrazioni pubbliche per una progettazione congiunta, se produciamo e forniamo archeologia come dati digitali di formato universale. Il valore di una ricerca risiede, oltre che nella bont scientifica, nei giga di informazioni archiviati in standard davanguardia. Questa rivoluzione ha cos aperto nuove prospettive al lavoro dellarcheologo e ad un impiego per fini pubblici dellarcheologia. Ha indotto un maggior peso alle nostre ricerche di fronte agli enti preposti alla tutela ed alla gestione del territorio e ai beni culturali (necessitano di inserire la risorsa archeologica nella cartografia numerica complessiva del territorio di competenza). Paradossalmente il progresso non ha portato solo benefici. Larcheologia che trasmettiamo deve rispondere a precisi requisiti di completezza e ci ha messo in luce quelle carenze, oggi drammatiche, che da sempre investono la nostra produzione di dati, soprattutto per gli aspetti legati alla rilevazione ed alla loro traduzione in forma geometrica, contenente attributi fondamentali di individuazione. Linformatizzazione delledito e dei rinvenimenti, prodotti da ricerche anche recenti allinterno delle diverse universit, ha quindi sottoposto ad una prima, generale e severa verifica la qualit del lavoro svolto dalla met degli anni settanta ad oggi. Ad essa sta conseguendo una perdita di dati non indifferente, poich rappresentati come pun-

40

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

tiformi, fuori scala reale e posizionati in maniera errata. Il computer sta, quindi, innescando la necessit di svolgere le indagini territoriali in modo diverso da quello tradizionale. Le sue funzioni di calcolo e di gestione dei dati rappresentano una cartina tornasole impietosa nellevidenziare le carenze di documentazione; richiedono registrazioni esaustive per poterne beneficiare e questo passo sar effettuato solo attraverso il progresso delle metodologie di indagine. Misurare, rilevare, posizionare, contare e georeferenziare sono i cinque attributi essenziali che permettono allarcheologo la razionalizzazione dei propri rinvenimenti: si ottiene cos una trasparenza interpretativa (quindi comprensibile, contestabile e reinterpretabile da qualunque altro ricercatore) e linserimento reale delle informazioni, sia nella gestione digitale ed amministrativa del territorio, sia in operazioni di modellizzazione predittiva, che permettono ipotesi di resa archeologica in aree ancora non battute. Lavvento di questa tecnologia e la sua applicazione come strumento di ricerca, richiede, allora, un progresso nella registrazione che dovr essere realizzato soprattutto nella lettura delle presenze archeologiche di superficie (necessit di repertori casistico/interpretativi comuni ed esplicitati con chiarezza; localizzazione spaziale tramite impiego del GPS) e di catastazione, interrogazione e verifica del dato nella piattaforma GIS. Come abbiamo gi detto, una piattaforma GIS territoriale pu essere scissa in due categorie di applicazione e quindi, nellesperienza senese, abbiamo deciso di realizzare ambedue le finalit; in pi intendiamo lavorare sulla nostra piattaforma per produrre modelli di lettura della diacronia insediativa. Il primo tentativo svolto, cio la creazione da parte di Giancarlo Macchi di una piattaforma GIS per la catastazione della Carta Archeologica della Provincia di Siena ha avuto senza dubbio la funzione di consegnare al Dipartimento le prime chiavi di accesso alla tecnologia GIS, fare intravedere il suo reale utilizzo in archeologia ed i suoi possibili impieghi in ottica di elaborazione di modelli storici di lettura della diacronia insediativa. Si tratta della prima realizzazione GIS nellambito archeologico senese. Lesperienza nata nella prima met del nostro decennio e per le risorse messe a disposizione dal mercato, nonch per la nostra iniziale impreparazione sul GIS, andata ben oltre le aspettative. Il progetto iniziava allora con mezzi limitati, soprattutto per le difficolt d aggiornamento dei programmi e dei sistemi, per laumento delle memorie RAM, per la mancanza di dispositive ed apparecchiature dinput e output. La progettazione e la costruzione della struttura portante hanno avuto una durata di quasi due anni; era necessario

acquisire quel background di conoscenze indispensabili per capire cos realmente un GIS e come costruire un GIS funzionante. La piattaforma venne imperniata sul programma MapGrafix che rappresentava in realt un modulo cartografico da collegare ad un database per costituire una reale piattaforma GIS. Si rendeva, quindi, necessario creare un sistema per larchiviazione dei dati alfanumerici indipendente dai files cartografici. Sotto la piattaforma Macintosh le scelte non erano molte; in quegli anni risultavano affidabili tre soluzioni: 4th Dimension, Fox Base e FileMaker. Solo i primi due programmi avevano allora capacit relazionali, mentre FileMaker era invece un database lineare; venne comunque scelto per la facilit duso, ad esso connaturata, e per la sua diffusione allinterno del Dipartimento. La struttura originale del database di tipo flat mostr ben presto i suoi limiti e la rigidit con cui condizionava il DBMS; prima provando a programmare, poi con luscita sul mercato del tanto atteso FileMaker Pro, venne finalmente impostata una struttura relazionale con collegamenti effettuati tramite un campo indicizzato (ID). Questo doveva garantire lunivocit delle informazioni in esso contenute, per evitare la creazione di rapporti sbagliati tra le diverse informazioni; la scelta cadde quindi su un campo cos strutturato: (numero del sito)/(numero dellut)/(numero del quadrante IGM senza la lettere Q e senza spazio fra il numero di foglio e il numero di quadrante/(codice del comune). La stessa stringa ID venne poi usata anche sul programma cartografico. Inoltre, sfruttando il linguaggio di programmazione nativo di MapGrafix, venne creata, allinterno del database, uninterfaccia logica che permetteva lacquisizione delle coordinate UTM di ogni sito e con esse la creazione dei layers in formato vettoriale direttamente dal database. La cartografia fu organizzata su due diversi livelli: vettoriale e raster. La prima fu prodotta direttamente digitalizzando supporti cartacei ed articolata in confini della Provincia di Siena, confini comunali, coordinate dei capoluoghi dei Comuni, limiti dei quadranti IGM, limiti dei fogli IGM, sistema di quadrettatura o particelle IGM con coordinate UTM; inoltre vennero aggiunti altri piani dinformazione come idrografia, morfologia semplificata, orografia principale, strade, precipitazioni e temperature medie annue. La seconda fu ottenuta scansionando e georeferenziando i quadranti regionali in scala 1:25.000. Dietro questesperienza e grazie ad una collaborazione pi stabile con il SIT provinciale ed il SIT regionale, abbiamo continuato a sviluppare la piattaforma GIS arrivando a cambiare software di gestione cartografica, perfezionare il DBMS, utilizzando esclusivamente cartografia vettoriale. La base vettoriale dedicata al territorio provin-

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

41

ciale senese in realt un modulo di una pi ampia cartografia regionale in via di realizzazione curata da Federico Salzotti con la collaborazione di Alessandra Nardini, Vittorio Fronza per gli aspetti legati alla programmazione ed alle ricerche e di Giancarlo Macchi per il processamento. Il DBMS stato revisionato ampliando il numero e le definizioni degli archivi lookout, costruendo una scheda sito centrale alla quale si relazionano schede UT, schede con notizie storiche e citazione di documenti darchivio, schede materiali ed uno schedario bibliografico. Il sistema di ID progettato inizialmente stato conservato, anche se attraverso OpenArcheo, le ricerche sugli stessi archivi e la loro trasposizione visiva sulla base cartografica viene allargata attraverso limpiego di campi multipli di ricerca. La piattaforma, impostata sul software ArcView, gi ampiamente in corso di elaborazione e sta gi fornendo i primi, significativi risultati. Personalmente, non ci riteniamo completamente soddisfatti del software adottato; si tratta di un programma pensato molto bene (anche per luscita in stampa) ma realizzato con molti limiti e bug per quanto riguarda la versione Macintosh. Anche i moduli di calcolo pi complesso devono essere acquistati extra-pacchetto. Continueremo, comunque, ad usarlo e svilupparlo nei suoi aggiornamenti per dialogare direttamente con il SIT provinciale che utilizza tanto ArcView quanto ArchInfo (programma al quale abbiamo deciso di passare a breve), ma per tutto quello che riguarda calcoli, ricerche complesse, od applicazione di modelli lavoreremo su un diverso software: MacMap. Questo stesso programma alla base della piattaforma GIS dello scavo di Poggio Imperiale a Poggibonsi. In ognuno dei casi citati, la costruzione di basi GIS non ha inteso la mera archiviazione georeferenziata dellinformazione. Piuttosto stiamo tentando di sviluppare gli aspetti predittivi e programmatici che permettano a noi di calcolare leventuale potenziale archeologico di aree non ancora indagate sul campo e progettare le strategie di ricerca adatte; inoltre di mettere in grado le amministrazioni pubbliche di orientare sia sulle zone gi indagate sia sulle zone ancora da indagare (ma oggetto di predittivit) le scelte di conservazione, tutela, valorizzazione, plausibilit di interventi distruttivi ecc.
(Marco Valenti)

5 La cartografia numerica ed i rapporti con gli enti pubblici La creazione di piattaforme GIS per la gestione dei dati storici ed archeologici non pu prescindere dalla disponibilit di unadeguata base cartografica, nei formati raster e vettoriale e nelle diverse scale di acquisizione, dall1:1.000 o 1:2.000 (centri

storici) all1:5.000 o 1:10.000 (territori comunali) o ancora all1:25.000, 1:100.000, 1:250.000 (territori provinciali o regionali). Un supporto cartografico cos vasto e completo si traduce per, in termini di costi, in grosse spese, difficilmente sostenibili da realt di ricerca quali quelle universitarie. Nel nostro caso la soluzione individuata risiede nella stipula di convenzioni con gli organi pubblici competenti (i Sistemi Informativi Territoriali della Provincia di Siena e della Regione Toscana) sulla base di un protocollo che garantisce un arricchimento reciproco della dotazione cartografica e del bagaglio informativo: da parte nostra la forni tura di tematismi puntiformi e perimetrali delle emergenze archeologiche; da parte delle amministrazioni pubbliche la cessione della cartografia numerica di base. Questa forma di collaborazione non certo casuale, bens il frutto di uno sforzo, mirato al conseguimento delle capacit tecniche ed informatiche indispensabili allavvio di un dialogo fra ambienti professionali di formazione diametralmente opposta (umanistica/tecnico-scientifica). La stessa scelta del software stata fortemente influenzata dal rapporto instaurato. Cos si spiega ladozione, per gestire le indagini territoriali, di ArcView, prodotto dalla ESRI come versione light di ArcInfo, il pi completo e sofisticato programma GIS in commercio. Le applicazioni ESRI rappresentano, infatti, lo standard a livello mondiale e sono quindi adottate da tutti gli enti amministra tivi provvisti di un Sistema Informativo Territoriale. In realt, questa stata per noi una scelta di compromesso, dettata dalle necessit di interscambio dei dati e della cartografia, fattori che compensano una serie di limiti dellapplicazione alla quale preferiamo, almeno per la gestione degli scavi, MacMap, programma francese che meglio si adegua alle dinamiche della stratigrafia archeologica. Nel futuro prossimo questo problema sar comunque risolto, considerato che abbiamo deciso di passare ad ArcInfo, risolvendo molti dei nostri problemi legati alle scarse risorse e potenzialit di ArcView. Grazie alle convenzioni stipulate, il nostro repertorio cartografico si progressivamente arricchito di nuovi tematismi e di maggiori sezioni CTR 10.000 richieste per avviare indagini archeologiche in varie zone della regione. Le piattaforme sulle quali operiamo sono cos complete di dati nei formati raster e vettoriale; ultimamente siamo riusciti ad acquisire anche il DTM (Digital Terrain Model) regionale (fig. 4), disponibile in formato grid e dbf. Non tutto il materiale ci stato fornito comunque gratuitamente, anche se le spese sono state limitate alle forniture che non potevano essere considerate cartografia di base. Il nostro caso sicuramente fra i pi fortunati

42

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

nel panorama italiano, in quanto ci troviamo a trattare con amministrazioni che hanno ben compreso la necessit dellallestimento di cartografia numerica per unagevole ed efficace gestione del territorio di competenza. Al riguardo, dobbiamo rilevare un ritardo generalizzato nella produzione dei supporti. Il governo nazionale aveva posto la data del 2000 come termine ultimo per la copertura totale del territorio italiano ad una scala di 1:10.000. Tale scadenza non stata rispettata da nessuno ed anzi il caso senese, pur non avendo ancora completato il proprio compito, risulta essere fra i pi avanzati in tutta la penisola: in molte realt amministrative nulla ancora stato fatto in tale prospettiva. Questo potrebbe rappresentare un limite molto forte per qualunque progetto che intenda avvalersi della tecnologia GIS. In tal caso bisognerebbe supplire alle mancanze degli enti predisposti facendo ricorso a ditte private e specializzate nella produzione di cartografia vettoriale, acquisibile per al normale prezzo di mercato, spesso proibitivo in rapporto ai fondi disponibili per alcune realt accademiche o, pi in generale, di ricerca. Per quanto concerne la nostra esperienza, abbiamo fin da subito avvertito il bisogno di richiedere cartografia sia raster (fogli IGM, quadranti CTR, mappe catastali con relativo file di georeferenziazione) sia vettoriale (digitalizzata da immagini raster ma modificabile, misurabile e arricchibile di un archivio alfanumerico che permetta laccumulo di informazioni per ciascun oggetto disegnato). In mancanza di una copertura completa del territorio a tutte le scale e per qualunque tematismo o tipo di cartografia, tendiamo ad accumulare quanto pi materiale possibile preferendo, in linea di massima, le scale di acquisizione pi basse possibili, proprio per lentit relativamente modesta dei nostri interventi nello spazio geografico. Le evidenze e le concentrazioni di materiali richiederebbero infatti una precisione al metro o comunque uno scarto non molto superiore. Nei casi in cui queste richieste non siano esaudibili, si pu, comunque, lavorare anche con gradi di precisione pi grossolani, senza per questo dover ritenere falsato il dato finale ( sufficiente dichiarare la scala cartografica alla quale sono state condotte le ricerche, fornendo cos i parametri per tarare i risultati delle analisi). Nel formato raster, attualmente, ci siamo assicurati la totalit della copertura regionale dei fogli IGM (scala 1:25.000), base di partenza fondamentale, dal momento in cui ci garantisce di poter lavorare in qualsiasi zona del territorio toscano con margini di precisione minimi. Nel caso della provincia senese la copertura totale assicurata anche a scale minori: unendo i quadranti CTR disponibili all1:10.000 con quelli disponibili all1:5.000 si riesce infatti a coprire lintera estensione. Questa una risorsa formidabile soprattut-

to per i ricognitori; collocata in automatico larea di spargimento dei materiali mobili, possono anche rintracciare con facilit, nellattivit invernale di laboratorio, tutti i singoli campi battuti (fig. 5), perimetrando lo stesso stato effettivo della ricerca (dando cio attributi relativamente al grado di visibilit, allo stato di conservazione dei depositi, allestensione effettivamente coperta). Lintera provincia inoltre visualizzabile caricando un unico file, utilizzabile come generico riferimento, presentandola nella sua interezza alla scala di 1:100.000. In alcuni casi fortunati, frutto della collaborazione anche con i singoli comuni, stato inoltre possibile ottenere, per i soli centri storici (aree per noi di indagine privilegiata) e poche altre zone significative, una mosaicatura estremamente raffinata a scale di maggior dettaglio (1:2.000 e 1:1.000). Anche nel formato vettoriale abbiamo accumulato molto materiale e sicuramente il nostro bagaglio destinato ad aumentare consistentemente ed in progress, poich su questo tipo di cartografia i SIT stanno maggiormente lavorando. In particolare vengono sviluppati due differenti tipi di supporti: carte tematiche, a scale dacquisizione che variano fra l1:25.000 e l1:100.000 (cartografia Gis Oriented) e quadranti CTR derivati dalla vettorializzazione dei corrispondenti quadranti raster alle rispettive scale (cartografia Map Oriented). La produzione Gis Oriented avviene a copertura regionale o provinciale (a seconda dellente fornitore) ed mirata allillustrazione di determinati tematismi, evidenziando le aree e le modalit della loro manifestazione. Possiamo, quindi, avere casi in cui vengono semplicemente indicate le zone interessate da particolari processi storici o naturali, o soggette a leggi e/o vincoli (di carattere storicoarcheologico, architettonico o ambientale), o ancora segnate dalla presenza di elementi antropici o naturali (aree urbanizzate, fiumi, laghi, ecc.). Per i tematismi estesi su tutto il territorio, viene invece operata una distinzione qualitativa che permette di leggere i diversi caratteri o le differenti propriet del contesto esaminato, oppure consente di creare una discriminazione sulla base dellentit dei vari fenomeni analizzati ( il caso delle carte geologiche, climatiche, di uso del suolo o simili). Pi omogenea si presenta, invece, la produzione Map Oriented, trasposizione in formato vettoriale dei vari quadranti della Carta Tecnica Regionale, disponibili alle scale 1:2.000, 1:5.000 e 1:10.000 (su questultima si stanno concentrando i maggiori sforzi per il completamento dellintera griglia). Differentemente dal raster, per, gli elementi rappresentati possono essere misurati, modificati, caratterizzati da nuove o mutate propriet, arricchiti di dati ed informazioni, distinti o assemblati sulla base dei valori a ciascun record assegnati. Od ancora, si possono unire in un unico layer oggetti appartenenti a differenti documenti

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

43

di origine; oppure, al contrario, isolarne alcuni sulla base di un qualsiasi criterio frutto di ricerche effettuate sugli archivi interni dei vari temi. Insomma, i vari quadranti possono essere modificati nel tempo ed organizzati a piacimento secondo diverse chiavi di lettura. Queste possono anche stravolgere la rappresentazione dei dati senza assolutamente mutarne lentit o i valori che sono stati loro assegnati. Addirittura, nel momento in cui ci vengono forniti, per riuscire a formare un quadrante completo di tutte le sue originarie informazioni necessario assemblare pi di dieci temi. Cos lidrografia verr rappresentata tramite un tematismo puntuale (sorgenti, fonti, ecc.), uno lineare (fiumi, torrenti, canalizzazioni, ecc.) e uno areale (laghi e stagni). Altri tematismi puntuali verranno utilizzati per indicare i punti quota o per restituire convenzionalmente le localit minori; altri lineari impiegati per la resa della viabilit o delle curve di livello; quelli areali per una suddivisione degli spazi a seconda della loro funzione o della loro destinazione duso. Al fine di una pi completa e dettagliata interpretazione, inoltre, una serie di codici convenzionali permette di distinguere ulteriormente i caratteri degli elementi di ogni singolo tema: a ciascun codice corrisponder cos un tipo di strada (autostrada, strada statale, provinciale o comunale, ecc.) o di corso dacqua, oppure una differente destinazione di spazi e edifici (uso privato o pubblico, agricolo o commerciale, civico o religioso, ecc.). Al momento risulta disponibile solo una parte dei quadranti in scala 1:10.000 componenti la mosaicatura regionale; si devono quindi segnalare dei vuoti che investono anche interi contesti provinciali. Fortunatamente, nel senese, lattuale disponibilit copre lintero settore settentrionale e gi consistenti porzioni di quello centrale e meridionale; il completamento dellintero quadro provinciale sembra possa realizzarsi entro la primavera 2001. Il materiale cartografico cos rielaborato funge da supporto a tre progetti: la Carta Archeologica della Provincia di Siena, la Carta Archeologica della Provincia di Grosseto e lAtlante dei Siti Fortificati della Toscana. Per quanto riguarda la carta archeologica provinciale del senese, nellutilizzo della base GIS ci siamo mossi su due scale dintervento e di analisi: quella dei singoli comuni (ciascuno indagato tramite ricognizione); quella pi vasta dei contesti territoriali con unomogeneit storico-paesaggistica (Chianti, Valdelsa, ecc.) e per i quali le indagini sono finalmente arrivate alla fase di sintesi interpretativa. Nel primo caso, la piattaforma GIS viene utilizzata dagli stessi ricognitori in tutte le fasi del loro lavoro, parallelamente allattenta compilazione

degli archivi alfanumerici. Dopo liniziale operazione di censimento del materiale edito e delle fonti darchivio, la possibilit di valutarne la distribuzione nello spazio permette allo studente di tracciare i transetti scelti come aree campione della propria indagine. Tale scelta non in realt condizionata solo dalla posizione nello spazio delle presenze gi conosciute. Caricando carte di uso del suolo (fig. 6) e curve di livello, infatti, si tentano di evidenziare i diversi habitat di cui si compone il territorio comunale; di conseguenza la campionatura verr orientata in maniera tale da comprenderne una porzione rappresentativa di ciascuno di essi (nuclei urbani, boschi, seminativi, colture stabili, a loro volta situati in aree pianeggianti o daltura, con determinate forme di occupazione antropica) e verificare le tendenze insediative (od i modelli dinsediamento) suggeriti dal GIS. Con linizio dellattivit sul campo, oltre alla normale opera di documentazione basata sulla stesura degli archivi riguardanti UT e relativi materiali, i ricognitori procedono ad un continuo aggiornamento della documentazione tramite perimetrazione sia dei campi battuti che delle evidenze riscontrate (fig. 7). Grazie a queste attivit possibile visualizzare e calcolare la reale estensione delle aree concretamente indagate; cio effettuare una valutazione meno approssimativa di quella fornita dai soli transetti (troppo spesso inglobano nei propri confini porzioni di paesaggio in realt non controllato) e consegnare anche ai futuri usufruitori della ricerca il quadro reale di quanto stato effettuato e di come stato effettuato. In definitiva, si tratta di unoperazione di trasparenza. Lo stesso processo di delimitazione degli effettivi confini delle unit topografiche (tramite GPS) fornisce un inedito valore alle carte archeologiche, in un recente passato operativamente inutilizzabili dalle amministrazioni pubbliche in fase di pianificazione (tranne per le zone contraddistinte da emergenze monumentali chiaramente percepibili). Non si esauriscono, comunque, in queste motivazioni (censimento finalizzato alla tutela) i vantaggi delle attivit di perimetrazione; anche la ricerca ne trae giovamento soprattutto per le molteplici capacit di calcolo consentite dalle piattaforme GIS permettendo operazioni complesse di incrocio fra tematismi: un esempio pu essere indicato nel calcolo della densit di presenze archeologiche, ricavato dal rapporto fra perimetrazioni dei campi e delle UT. Ci sembra per giusto sottolineare come tale svolta non abbia assolutamente coinciso con laccantonamento del tematismo puntuale che resta un ottimo strumento soprattutto per la rappresentazione simbolica dellevoluzione diacronica dei paesaggi e per la caratterizzazione tipologica delle maglie insediative in contesti sincronici. Riassumendo, nel lavoro che uno studente svol-

44

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

ge sul territorio comunale, fin dalle prime fasi di impostazione della ricerca vengono utilizzati archivi alfanumerici per attivit di schedatura e basi GIS per la programmazione dellattivit sul campo e la scelta delle aree dintervento. Nel corso dellindagine diretta sul campo (e nei mesi dedicati alla sistemazione della documentazione) si procede contemporaneamente alla perimetrazione di ogni singola unit territoriale e alla sua immissione in un archivio dal quale sempre possibile esportare dati georeferenziati caricabili sulla piattaforma anche come tematismo puntuale. Una volta completate le ricerche, viene impostata, sempre sulla piattaforma GIS, la lettura e linterpretazione dei processi insediativi sincronici e diacronici. Recenti indagini sulla zona dei comuni senesi di Colle Val dElsa e Poggibonsi, hanno iniziato a mostrare le potenzialit del sistema come strumento di elaborazione dei records e di processamento dei sistemi insediativi (VALENTI 1999). Le funzioni sviluppate dai GIS offrono, infatti, allarcheologo una vasta gamma di soluzioni per analizzare e portare a modellizzazione le vicende del popolamento e dello sfruttamento del suolo. La base di partenza sulla quale si sono mosse le analisi lapplicazione delloverlay topologico, una delle funzioni di maggiore utilit per lanalisi del territorio, poich permette la costruzione di piani cartografici costituiti dai livelli dinformazione geografico-ambientale predefiniti (geologia, morfologia, vegetazione, orografia ecc.) e dalla casistica di siti archeologici richiamata. Si realizzano cos analisi sincroniche e diacroniche sovrapponendo i dati in successione. Il riconoscimento dei sistemi insediativi territoriali si fondato sullapplicazione di modelli teorici geografici nella lettura di situazioni archeologiche sincroniche; al loro interno il dato statistico viene trattato nella vasta gamma di relazioni e combinazioni permesse dal calcolatore (per una rassegna di casi di studio relativi prevalentemente alla preistoria, si veda MOSCATI 1987, pp.125-131). In generale, il processo interpretativo stato finalizzato alla formulazione di nuovi modelli insediativi e nella verifica della loro trasformazione nel tempo; le tendenze accertate sono poi state comparate con modelli elaborati per altri contesti regionali. Il punto di partenza, anche in questo caso, stato rappresentato da un sistema di archivi il pi possibile completi ed omogenei. Dati disarticolati e privi di parametri comuni rischiano infatti di complicare, o addirittura falsare, ricerche e tematismi. Una dimenticanza o un errore al momento della compilazione delle voci attinenti alla definizione od alla cronologia comporta lassenza e la conseguente mancata visualizzazione del record allinterno delle viste create. Al momento dellelaborazione della sintesi sto-

rica risultato preferibile lutilizzo dei temi puntiformi, visibili a tutte le scale, e frutto dellesportazione dagli archivi, con la possibilit, quindi, di portarsi dietro le informazioni dei record dellarchivio utili allanalisi. In effetti, per indagini compiute su territori relativamente vasti non richiesta la riproduzione in dimensioni reali delle varie UT; sufficiente segnalare la semplice presenza, preferendo qualificarla su scala cronologica (macrodivisioni per secoli o epoche) o tipologica (distinzione per realt insediative). In questi casi, forma e dimensioni delle emergenze in superficie diventano fattori di secondo piano, essendo sufficiente evidenziare, tramite legende, le fasi e la natura degli insediamenti; per tale scopo, un singolo punto di forma o colore differente pu bastare. Il tematismo puntiforme stato quindi adottato per lapplicazione di modelli geografici teorici. Nella Valdelsa, per esempio, oltre allo studio del fenomeno incastellamento tramite applicazione dei poligoni di Thyessen, stata ipotizzata larticolazione della rete viaria medievale e valutata la natura di luoghi centrali di Colle e Poggio Bonizio per il XII-XIII secolo (periodo in cui conoscevano un processo di grande crescita, al punto da poter essere considerate come quasi citt). La problematica risiedeva nel comprendere come la Central Place Theory di Cristaller si adattasse in una situazione storica e paesaggistica reale; inoltre, fornire unipotesi sullestensione dei territori controllati dai due nuclei e leggerne la progressiva formazione (VALENTI 1999). Lo studio delle possibili reti di comunicazioni stato, cos, applicato collegandosi da vicino alla modellizzazione necessaria per la definizione dei due central places. Abbiamo costruito una fitta trama di linee tipo polyline che collegano tutti quei siti ritenuti principali e gerarchicamente dominanti. Per il X secolo sono stati collegati tutti i castelli e le curtis; per lXI-XII secolo tutti i castelli. La sovrapposizione in overlay topologico della rete dei villaggi aperti ha fornito una prima verifica delle traiettorie pi probabili ed allo stesso modo la successiva sovrapposizione della rete composta da chiese e monasteri ha ulteriormente tarato i modelli proposti. Il confronto tra le diverse reti viarie delineatesi ci ha dato modo poi di ipotizzare le tendenze distributive del popolamento nel tempo e di osservare le tendenze attuatesi nella scelta degli spazi da occupare, di ipotizzare quali insediamenti potevano svolgere un ruolo di centri nodali (raccordo di pi direttrici per limmissione sulle arterie principali: Francigena e Volterrana). La taratura effettuata poi sovrapponendo la cartografia IGM con gli shape delle polyline (controllando convergenze o discrepanze con la viabilit odierna ed adattando le direttrici alla morfologia del paesaggio), ci ha permesso di eliminare i collegamenti sicuramente falsi e tracciare una nuova cartografia della viabi-

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

45

lit connotata da un buon grado di attendibilit (fig. 8). In questo caso non si potuto applicare alcun modello teorico; la base GIS ci ha, comunque, permesso di studiare il fenomeno di nostra iniziativa, sfruttando le pi elementari funzioni del programma e cercando di ingegnarci nel tentativo di interrogare nella maniera pi appropriata lapplicativo. La sequenza pratica della ricerca, impostata sul software ArcView, ha visto il seguente andamento: - suddivisione in cronologie (queries sugli schedari e creazione di temi); - individuazione di categorie di siti (ricerca sui temi della cronologia in base alle caratteristiche strutturali dei siti); - comprensione delle tendenze distributive sul territorio (temi relativi alle diverse componenti insediative divise per cronologia in relazione alla posizione, alla geologia, alle quote, alla distanza dai corsi dacqua); - relazioni tra i diversi siti (rapporti interni di carattere gerarchico tra i diversi tipi di insediamento: se accentrato, o sparso, o per piccoli nuclei); - applicazione di modelli geografici (verifica delle relazioni ipotizzate); - taratura del risultato sul dato paesaggistico reale (adattamento delle forme prodotte sulla realt paesaggistica); - taratura dei modelli sul dato storico (seconda taratura sulla base di variabili gerarchiche ed insediative); - formulazione definitiva del modello. In conclusione, questo nuovo modo di proporre i risultati di unindagine territoriale e la trasposizione dei modelli prodotti allinterno di situazioni storiche facendo incrociare piani di informazione spaziale orizzontale con piani di informazione verticale, solo linizio dellesperienza. I lavori che utilizzeranno parametri diversi vedranno lapplicazione di una pi ampia gamma di analisi spaziali, sui quali stiamo lavorando anche in accordo con il Dipartimento di Storia della nostra facolt, dove le ampie ricerche socio demografiche a livello regionale impongono un uso integrato di database e sistemi GIS. Linterrogazione della base GIS costituisce, quindi, uno strumento di analisi e di interpretazione dal quale gli archeologi potranno difficilmente prescindere. Infatti non solo ci permette di ricostruire sincronia e diacronia delle reti/organizzazioni insediativo-produttive confrontando ed integrando (rendendoli cio interagenti) diversi tipi di analisi, ma al tempo stesso ci fornisce gli strumenti per una corretta valutazione e gestione del potenziale rischio archeologico nei contesti territoriali.
(Federico Salzotti)

6 - Il sistema degli archivi Com noto il Database management ha rappresentato uno dei primissimi obiettivi perseguiti nellambito delle scienze informatiche. Il modello di base per la gestione di un archivio si fonda sulla teoria matematica delle matrici e si esplicita in campo informatico con il concetto di tabella suddivisa in righe e in colonne. Una riga rappresenta ununit dinformazione allinterno dellarchivio ed composta da un numero predefinito di colonne, variabile in base alla natura dellarchivio stesso. Correntemente ununita dinformazione, in altre parole la riga di una tabella, detta record, mentre la colonna, ovvero una voce dellintera informazione di un record, detta campo (o attributo). In definitiva una tabella un database semplice, bidimensionale; in questo senso spesso definito come archivio lineare. Una simile organizzazione pu risultare molto farraginosa con laumentare della complessit e della diversificazione delle informazioni; la soluzione rappresentata da una gestione relazionale dei dati, attraverso la quale pi archivi lineari sono messi in relazione per mezzo di una colonna comune. La teoria relazionale si basa su tre concetti fondamentali: le tabelle appena descritte, gli identificatori (ovvero i campi comuni a pi tabelle che permettono di stabilire le relazioni), le relazioni. Si generano in questo modo archivi complessi che da un punto di vista algebrico sono delle matrici multidimensionali. Lalgebra, per, non in grado di stabilire dei collegamenti logici fra i vari elementi di una matrice multidimensionale, se non quelli immediati rappresentati da unidentit di riga, di colonna, di profondit, ecc. Si dovuto, perci, ricorrere alla teoria matematica degli insiemi. Questa prevede la manipolazione di elementi aventi almeno una caratteristica in comune, raggruppati appunto in insiemi; fra le operazioni principali previste ricordiamo laddizione, la sottrazione, lunione, lintersezione. Le basi di questa teoria, opportunamente riviste e adattate, nonch ampliate in alcune sue caratteristiche soprattutto operative, sono risultate perfettamente aderenti alle necessit di esprimere la relazionalit fra archivi. La teoria relazionale classica prevede tre categorie di relazioni: 1:1 si tratta della relazione che collega un record di un archivio ad uno ed un solo record di un altro archivio. 1:N; N:1 mette in relazione un record di un archivio (detto principale o master) con N record di un altro archivio (detto secondario), o viceversa. Per gli archivi di uno scavo archeologico si avr, ad esempio, una relazione di tipo 1:N dalla tabella Unit stratigrafiche verso la tabella Reperti cera mici (per uno ed un solo strato si possono avere n schede di reperti ceramici).

46

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

N:N si tratta delle relazioni pi complesse da gestire e difficilmente si troveranno applicate in archivi di largo consumo. Tramite questa relazione vengono messi in collegamento n record di un archivio con n record di un altro archivio, secondo un criterio logico aderente allarchitettura globale del database relazionale. Questa succinta spiegazione della teoria relazionale, e lorganizzazione razionale del dato che ne deriva, dovrebbe bastare per intuire lutilizzo che se ne pu fare nella gestione dei dati prodotti dalle indagini archeologiche. Nel caso di uno scavo, per citare un esempio semplice, larchivio delle US messo in relazione con gli archivi dei reperti snellisce notevolmente il database. Si evita, infatti, in questo modo la duplicazione dei dati relativi alla stratigrafia in ciascuna scheda dei reperti (in informatica detta ridondanza del dato); ci consente di risparmiare spazio sulle memorie di massa del calcolatore e, soprattutto, tempo nella fase di immissione dei dati. Il database sul quale stiamo lavorando nel nostro Dipartimento ha tenuto conto di tali premesse teoriche e nellultimo anno si va conformando ad un modello in corso di elaborazione per la gestione globale degli archivi relativi alle indagini archeologiche (dalla ricognizione allo scavo). Dal 1997, infatti, unapposita commissione istituita dalla Regione Toscana sta lavorando alle Linee Guida per la redazione della Carta Archeo logica della Toscana (LINEE GUIDA CARTA ARCHEOLOGICA 1998). Il Laboratorio di Informatica applicata ha intrapreso, dallinverno 1998, le operazioni di codificazione secondo lanalisi scaturita dal lavoro della commissione; ci presenta problemi di diversa natura e riferibili soprattutto alladeguamento al software scelto, alla riconversione degli archivi precedenti e al disegno di uninterfaccia utente per il data entry e per la consultazione. Si tratta di una mole di lavoro rilevante; in sostanza prevediamo la costruzione di una base di dati che contempli la gestione di qualsiasi tipo di dato archeologico alfanumerico. Le Linee Guida, estremamente complete per quanto riguarda il ventaglio dei dati prodotti da una carta archeologica, sono piuttosto schematiche nellapprofondimento dei dati oggettivi ed interpretativi, connaturati allo svolgimento di un progetto di ricerca; si render pertanto necessario integrarle con gli archivi di dettaglio, direttamente funzionali alle tematiche affrontate e gi sviluppati presso il laboratorio; va inoltre prevista laggiunta di una serie di dati particolari relativi ad approfondimenti in corso di svolgimento presso il Dipartimento (archivio dei castelli italiani scavati, archivio degli insediamenti rurali e delledilizia in materiale deperibile a livello europeo). Fino ad ora abbiamo portato a compimento i soli archivi per le informazioni provenienti dalle indagini stratigrafiche ma, anche per quanto riguarda le

indagini di superficie, il lavoro attualmente ad uno stato molto avanzato (potevamo gi disporre della nostra struttura relazionale sperimentata allinterno del progetto carta archeologica della Provincia di Siena e dellAtlante dei siti daltura della Toscana). Lorganizzazione dei dati si fonda su unarchitettura gerarchica dove il livello pi alto rappresentato dal sito (in relazione 1:1 o 1:N con tutti gli altri archivi), concetto di base per la gestione del dato in archeologia secondo la progettazione logica delle Linee Guida; sullo stesso piano della scheda di sito si colloca la tabella relativa ai progetti di ricerca contenente i dati fondamentali inerenti le indagini stratigrafiche (archivio Scavi) (fig. 9). Un nodo importante rappresentato dalla definizione degli identificatori relazionali. I frequenti interventi sui dati catastati e soprattutto la necessit di importazioni ed esportazioni continue durante la fase di data entry ha suggerito di evitare luso di numeri progressivi; si invece optato per campi calcolati, che definissero univocamente i dati. In particolare gli identificatori si compongono di una stringa costituita dai diversi tipi di informazioni necessarie a creare i criteri di univocit, preceduti da una sigla di tre caratteri maiuscoli che identifica il tipo di informazione e separati da un carattere convenzionale neutro (nel nostro caso %). Per quanto riguarda la struttura dei singoli archivi, ci siamo basati ancora una volta sulle schede ministeriali, spesso ritoccate per soddisfare le nuove esigenze derivate dallimplementazione del sistema di gestione informatizzato e dallapprofondimento dei livelli interpretativi della ricerca; in questa sede richiederebbe troppo spazio analizzare dettagliatamente, campo per campo, i singoli archivi del database. Va comunque sottolineato che le modifiche apportate si riferiscono principalmente alle necessit imposte dallutilizzo della base GIS e del sistema OpenArcheo. In questo senso si provveduto allaggiunta di campi specifici, rappresentanti stringhe di identificatori sulla quale si basano le relazioni del sistema e alcune ricerche sulla base GIS. Ai fini dellimplementazione di OpenArcheo si rivelato sufficiente creare un indice relazionale generico, in relazione con tutte le tabelle attraverso un identificatore da importarsi ad ogni collegamento fra i dati e costituito da una stringa che concatena tutte le chiavi di ricerca previste dal sistema. Ovviamente in ogni tabella si ritrova lo stesso identificatore (denominato I D O p e n A r c h e o) che consente di rendere operativa la relazione. In sostanza se si vuole accedere alle schede US di un insieme di oggetti selezionati nella base GIS il sistema esporter i relativi identificatori dalla tabella interna, effettuer quindi unimportazione nellindice di OpenArcheo e visualizzer relazionalmente i dati riferiti alle US, catastati nellapposito archivio.

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

47

7 La piattoforma GIS dello scavo nellesperienza pilota del progetto Poggio Imperiale a Poggibonsi Dagli inizi degli anni 90 il Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dellUniversit di Siena sta conducendo un progetto di studio territoriale sulla Val dElsa, incentrato soprattutto sui distretti comunali di Colle Val dElsa e Poggibonsi. Lindagine stata articolata sullintegrazione fra fonti storiche e fonti archeologiche; allinterno della diacronia insediativa ipotizzata, abbiamo poi approfondito la ricerca aprendo un esteso cantiere di scavo in localit Poggio Imperiale a Poggibonsi, collina sulla quale si collocava il sito fortificato di Poggio Bonizio, fondato nel 1155 e distrutto nel 1270. Questo castello, filiazione di una tra le pi potenti famiglie toscane (i Guidi eredi dei Canossa), si era sviluppato in una realt urbana nel corso del XIII secolo. Lintervento archeologico ha poi rivelato lesistenza di una lunga frequentazione non attestata dalle fonti scritte (VALENTI 1996; VALENTI 1999 con bibliografia); lagglomerato di pietra era stato preceduto da un complesso tardoantico (del quale ancora non conosciamo la reale consistenza) e da un villaggio di capanne popolato per lintero altomedioevo (dalla prima et longobarda sino alla piena et carolingia). Il cantiere nato come sperimentale; volevamo coniugare nuove strategie di indagine con le risorse messe a disposizione dalle nuove tecnologie. Tra i nostri obiettivi principali elenchiamo di seguito: -ipotizzare la consistenza dei depositi attraverso unindagine scandita da steps di avvicinamento progressivo al terreno (strategia di valutazione articolata fra ricognizione del terreno e trattamento al calcolatore di foto aeree a scale diverse); -osservare i risultati di un intervento articolato per grandi aree (ad oggi stato scavato pi di un ettaro di terreno); -leggere progressivamente il complesso attraverso un feed back retroattivo incrociando i piani dinformazione preliminari e di scavo; -testare le risorse dellinformatica per una gestione globale del record; -impiegare linformatica come strumento per produrre informazioni. Ognuno di questi obiettivi ha poi dato luogo ad ulteriori sperimentazioni, tra le quali citiamo la definizione di un metodo per la valutazione dei contesti di buche di palo e per la lettura di strutture in materiale deperibile (FRONZA-VALENTI 1997; inoltre FRONZA-VALENTI 2000 c.s) (fig. 10), il tentativo di costruire una griglia di riferimento per la ceramica comune altomedievale toscana (FRANCOVICH-VALENTI 1998), la definizione degli indicatori materiali per individuare un modello di gerarchia sociale in ognuna delle

fasi del villaggio di capanne (VALENTI 1999 e soprattutto NARDINI-SALVADORI 2000 c.s) (fig. 11-14) e, non trascurabile, limmediata diffusione dei risultati progressivi dello scavo accompagnati al grado di sviluppo delle ipotesi interpretative in corso (tra i tanti FRANCOVICH-VALENTI 1996; VALENTI 1996). Uno dei punti principali della sperimentazione, cio il tentativo di gestire interamente in digitale lo scavo archeologico, si imposto nel tempo come il contributo di grande novit che il progetto Poggio Imperiale sta portando. Poggibonsi infatti lunico cantiere interamente catastato allinterno di una piattaforma GIS (fig. 15-16) relazionata ad un articolato sistema di archivi; contiene lintera memoria dellintervento (dalle indagini preliminari al deposito archeologico, dagli scarichi al progetto di parco), permette, inoltre, lo sviluppo di nuove metodologie di interpretazione del record e la progettazione mirata sia dellampliamento dello scavo sia della sua musealizzazione. La gestione GIS dello scavo archeologico intesa come uno strumento di ricerca e non di illustrazione di elaborazioni gi compiute. Si tratta in realt di una soluzione GIS, intendendo per essa una serie di piattaforme e di archivi che interagiscono tra loro dando accesso, su richiesta, a tutta la documentazione attraverso unampia gamma di interrelazioni. Pi nello specifico, la piattaforma permette la gestione immediata di tutti i dati, la costruzione in tempo reale dei piani dinformazione conseguenti alle interrogazioni effettuate, la formulazione di nuovi interrogativi in base alle risposte ottenute, la costruzione di ipotesi interpretative e predittive. Per fare ci stato necessario creare almeno tre applicazioni e metterle in relazione dinamica: la piattaforma dello scavo, il DBMS alfanumerico (il sistema degli archivi US, reperti ecc.), il DBMS delle pictures e della multimedialit (il sistema degli archivi fotografici e grafici). Questa articolazione ed il meccanismo operativo costruito (il motore OpenArcheo), hanno semplificato lesecuzione di interrogazioni complesse e polverizzato i tempi di elaborazione, accellerando cos la costruzione di modelli interpretativi. Nelle sperimentazioni italiane realizzate a partire dalla seconda met degli anni ottanta non si mai giunti ad una vera applicazione GIS dellintervento stratigrafico. stata privilegiata la gestione del dato alfanumerico (gli archivi), considerando come accessoria la parte grafica (il rilievo di scavo) che ha trovato posto soprattutto in programmi CAD. Lassunzione in vettoriale dei rilievi non imperniata sul principio della digitalizzazione di una macro pianta composita (tutti gli strati scavati), bens di piante di fase o di periodo; cio non tutti i dati, ma dati selezionati e gi interpretati. I sistemi di archiviazione proposti da Roma Tor

48

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Vergata (ARGO: RICCI 1988), Pisa (NIKE: BIANCHIMANI-PARRA 1991), Lecce (ODOS: DANDRIA 1997), Napoli (Eurialo: per uninquadratura riassuntiva si veda MOSCATI 1998, pp. 226-228) risentono di questa impostazione. Si distingue il caso di Bologna (Aladino: GUERMANDI 1989), datato alla seconda met degli anni80 e gi impostato secondo la filosofia del sistema aperto e aggiornabile sulla base delle reali esigenze connaturate alla ricerca. Di recente, in occasione di un seminario allEcole Franaise di Roma (Trattamento informatizzato della documentazione archeologica degli scavi urbani, 25 ottobre 1999: http://www.ecolefrancaise.it/actualite.htm), sono state presentate alcune relazioni che rappresentano unevoluzione di tali sperimentazioni. Nello scavo del Foro di Traiano (diretto da Roberto Meneghini, Silvana Rizzo, Riccardo Santangeli della Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma) la coperativa Astra ha riorganizzato i sistemi di acquisizione della documentazione grafica e schedografica per rendere disponibili archivi informatizzati con la possibilit di operare in tempo reale verifiche multiple sulla correttezza della sequenza interpretata, supplendo ai problemi legati alla necessit di registrare esaustivamente nei tempi ristretti di un cantiere urbano. Il sistema si propone come efficiente ed articolato in due unit operative (documentazione pregressa; documentazione grafica in formato vettoriale, pictures, database relazionabile) che producono tre archivi: grafico, di immagini e alfanumerico relazionale. Il rilievo generale ottenuto tramite strumento ed una volta riversato in ambiente CAD, genera la cartografia numerica direttamente elaborata sui punti acquisiti e allo stesso tempo utilizzata come supporto alla referenziazione e allelaborazione dei rilievi redatti manualmente in scala 1:20 o superiore. () da questi elementi cartografici che vengono generate le piante composite e le sezioni interpretate, prodotto finale della lettura stratigrafica e punto di partenza di ogni ricostruzione. Larchivio relazionale si lega a tavole separate che contengono le informazioni relative alle generalit dello strato, ai componenti, alle relazioni stratigrafiche, allinventario materiali, allinventario dei rilievi grafici ed allinventario fotografico, tutti legati dal codice univoco del numero di US. Infine si afferma che gli archivi presentati possono essere agevolmente assimilati in Sistemi Informativi o GIS gi operanti sul territorio di Roma e che in futuro verranno integrati attraverso un linkaggio con architettura ancora da definire ( http://www.ecolefrancaise.it/informatiz/Meneghini.htm). In questo progetto, pur di fronte ad un interessante strategia di documentazione di cantiere, si evita la realizzazione di una piattaforma GIS e la fiducia nellinserimento del record di scavo in GIS

gi esistenti per Roma si scontrer con il grande ostacolo rappresentato dalla necessit di un modello dati ad hoc. Continua luso del CAD (non superando cos del tutto la logica che vede la parte di gestione in digitale delle piante di scavo come accessorio subordinato agli archivi alfanumerici) e non viene realizzato un sistema di gestione aperto, dinamico e soprattutto realmente multidirezionale attraverso limpiego di molteplici chiavi di ricerca. Le scelte operate sul cantiere della Porticus Minucia (presentata da Enrico Zanini dellUniversit di Siena: http://www.ecole-francaise.it/informatiz/Zanini.htm) e per gli scavi della cattedra di archeologia e storia dellarte greca e romana II dellUniversit di Roma La Sapienza (proposti da Paolo Carafa, Sabatino e Roberto De Nicola), sono abbastanza simili; utilizzano un software GIS (ArcView) ed altri software commerciali (essenzialmente Autocad ed Access) nel tentativo di fare comunicare diversi tipi di record. Nel complesso si propongono senzaltro come un passo avanti verso la gestione georeferenziata dello scavo. Non ci sembra, per, adatto il software GIS scelto; troppo rigido e meccanico nella sua esposizione dei dati vettoriali, non ha limmediatezza richiesta per la costruzione delle piante di fase o di periodo: le sue funzioni di calcolo e simulative risultano senzaltro limitate per il cantiere archeologico. Manca, inoltre, anche in queste due esperienze il tentativo di realizzare una vera e propria soluzione GIS aperta e multidirezionale come la letteratura specializzata professa ormai da oltre un decennio. Non condividiamo, infine, limpostazione del tutto artigianale di Zanini, che concepisce linformatizzazione come uno dei tanti strumenti che larcheologo utilizza nella sua attivit sul cantiere e in laboratorio, e che prevede quindi ladozione di strumenti e di procedure operative anche banali, ma che proprio per la loro semplicit si stanno rivelando ben utilizzabili in tutti i contesti - urbani ed extraurbani - in cui sono state applicate. In altre parole, noi siamo dellopinione contraria; linformatizzazione non oggi un accessorio dello scavo, rappresenta, invece, il mezzo per gestire completamente la documentazione prodotta. La tecnologia digitale non deve infatti essere considerata un completamento dellindagine; deve invece trovare applicazione come importante strumento di elaborazione del record e della sua traduzione in informazione (fig. 17-19). Questo richiede che larcheologo abbia un alto grado di alfabetizzazione, tale da permettergli di costruire il proprio sistema di gestione dei dati libero dai condizionamenti dei soli prodotti reperiti con facilit sul mercato. Il sistema deve uscire dallingerenza dei protocolli dettati a priori dagli analisti delle societ produttrici di software; dei protocolli non certamente destinati ad applicativi di tipo archeologico. Deve essere, invece, realizzato da archeologi per

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

49

larcheologia sfruttando chiaramente i software in commercio (come anche noi facciamo) ma inserendoli, programmando, in un contesto di dialogo aperto. Solo cos si ha in fieri lallargamento delle sue componenti e qualsiasi tipo di revisionabilit in qualunque momento sia reputato necessario. Nella nostra esperienza, il GIS dello scavo viene concepito come una piattaforma che contiene la memoria di tutte le operazioni e le ricerche effettuate. La collina di Poggio Imperiale stata interamente vettorializzata ed inserita nel suo immediato contesto paesaggistico ed insediativo. Sono stati poi catastati la carta geologica di dettaglio, il lavoro della geoarcheologa Antonia Arnoldus (sezioni geologiche della collina, carta della probabilit archeologica, ipotesi su un eventuale sistema di captazione delle acque), le indagini preliminari sul terreno (fieldwalking 1991 e 1992), le letture al calcolatore delle fotoaeree effettuata nel 1991-1992 (fotoaeree regionali per levata cartografica, volo centri storici, foto da aereo da turismo, foto da pallone), la lettura al calcolatore delle fotoaeree prese tramite velivolo da turismo negli anni 1996 e 1997. Infine lintero scavo e le aree di scarico nei loro spostamenti progressivi (fanno anchesse pienamente parte della storia della collina). I dati stratigrafici riportati sono completi, dallhumus al terreno vergine; viene rappresentata lintera realt dei depositi archeologici nella loro successione fisica. Proponiamo di seguito una breve carta didentit della base GIS di Poggio Imperiale, complesso esteso per 12 ettari e del quale stato scavato sinora poco pi di un ettaro con 4.139 unit stratigrafiche sino alla campagna del 1999. Ad oggi censisce 55.862 elementi vettorializzati e raggiunge un peso di 68 mega; viene gestita su un MacIntosh G4 a 450 MHz - 256 MB di memoria RAM ed ha tempi di caricamento dei dati di circa 5-10 secondi, mentre quelli di elaborazione oscillano fra i 15-20 secondi per le ricerche pi semplici ed i 25-35 secondi per quelle pi articolate. I tempi di impostazione e di registrazione non possono essere quantificati nel loro complesso con precisione, in quanto fortemente condizionati sia dalla mole dei dati da processare ogni anno (non sempre uguale) sia dallabilit delloperatore (in crescita esponenziale). In genere lassunzione delle piante di scavo viene svolta da tre operatori nel corso delle attivit invernali di laboratorio; la campagna 1998 ha, per esempio, richiesto un totale di 160 ore circa a persona nella digitalizzazione di tre grandi settori di scavo (il pi grande raggiungeva i 30 x 12 m) caratterizzati da stratigrafie molto articolate. Nel suo insieme, si tratta di un prodotto che, nonostante una notevole complessit strutturale, consente una fruizione molto agevole e veloce, anche per utenti non alfabetizzati. Una gestione corretta della documentazione di

scavo passa inevitabilmente dallinserimento della grafica allinterno del programma GIS. La scelta del software dunque fondamentale e deve orientarsi verso prodotti non condizionati da unimpalcatura logica troppo rigida (come nel caso degli standard usati per il territorio; per esempio ArcView). Ci siamo cos indirizzati verso MacMap (prodotto in Francia e distribuito in Italia da Step Informatica - Torino), un programma che consente di costruire ex novo la struttura dei dati attraverso la creazione di un modello, organizzato per tipi e sottotipi, definiti sia geometricamente (superfici, linee, testo e punti) che graficamente. Questa peculiarit del programma permette di comporre ununica base di dati dove vengono per a convergere tutti i grafi vettorializzati, classificati al momento dellimmissione secondo gli schemi logici impostati dallutente (facilmente modificabili comunque anche in seguito); in questo modo si rende possibile in qualsiasi momento e per qualsiasi operazione integrare tutti i dati, anche se distribuiti in tipi distinti e con caratteristiche geometriche differenti. Il modello dei dati stato organizzato in modo da accogliere in maniera stratificata lintero patrimonio di informazioni concernenti il sito di Poggio Imperiale: la morfologia e laspetto della collina precedentemente allintervento archeologico, lindagine non distruttiva (fieldwalking e rilevamento dei crop marks), lintervento di scavo, gli approfondimenti di ricerca effettuati (indagine paleopedologica, test di geomagnetismo e resistivit, studio antropologico dei reperti scheletrici), le prospettive di musealizzazione (parco archeologico) e le elaborazioni predittive sulla base dei dati gi acquisiti. Tutti questi dati sono stati distinti in 13 tipi, sulla base della coerenza tipologica e della identit geometrica, evitando ridondanze. Il principio corretto per limpostazione del modello quello di costruire unimpalcatura tenendo conto delle caratteristiche intrinseche del dato e non del significato attribuito a seguito di interpretazioni soggettive. Per esempio: dovendo inserire la viabilit, risulterebbe incoerente inserire i tracciati gi in uso e quelli in fase di progettazione in due tipi distinti, associandoli nel primo caso con gli altri aspetti riguardanti lo stato attuale della collina e nel secondo con quelli previsti nel progetto di musealizzazione del sito: lincoerenza consisterebbe nel fatto di distinguere due elementi tipologicamente omogenei sulla base di una lettura individuale e di conseguenza assegnare gi in fase di acquisizione un valore predefinito. Il sistema degli archivi grafici e multimediali vede luso di databases appositamente creati per la gestione di immagini, filmati e suoni e rappresenta uno strumento utile solo se si lavora intensamente con grafica e files multimediali; i documenti che ne fanno parte non sono inseriti in un unico file, ma vengono ricercati dallo stesso data-

50

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

base nelle loro svariate collocazioni; alle immagini, rappresentate in una galleria di miniature (e visibili a grandezza naturale con un semplice doppio click), sono associabili uno spazio descrittivo e una serie di chiavi che permettono visualizzazioni per soggetti; le keywords scelte per il nostro archivio corrispondono ai numeri delle unit stratigrafiche rappresentate, area, settore, quadrato, definizione US stratigrafica, definizione US interpretata, anno di scavo, struttura, periodo, fase, area per fase, responsabile di area. Ad oggi sono catastati 3.933 documenti tra immagini, filmati e animazioni; con lestate 2000 previsto linserimento di altri 1.500 documenti circa. Il sistema degli archivi alfanumerici stato concepito come unapplicazione relazionale che vede convergere in interrogazione i dati di unit stratigrafiche, schedature ceramica, metalli, monete, vetri, ossa animali, reperti osteologici umani, eventuali analisi specialistiche, bibliografia. Sono state sinora inserite 19.425 schede. La base di dati alfanumerica rappresenta un nodo essenziale nellelaborazione di una soluzione informatica che gestisca in modo efficiente il complesso dei dati generati da unindagine stratigrafica. Da essa dipende in buona parte la qualit e la fruibilit delle informazioni catastate. Sotto questo profilo assume importanza primaria il momento progettuale del database relazionale; in questa fase occorre, a nostro avviso, basarsi in primo luogo sulle necessit specifiche connesse alla ricerca archeologica, elaborando un modello informatico che coniughi il rigore logico proprio della computer science con la semplicit duso e la facilit dimplementazione sullambiente hardware/software a disposizione (nel nostro caso una LAN di personal computer gestita attraverso un server Alpha, e applicazioni commerciali largamente diffuse e facilmente reperibili). Va tenuto presente che i processi cognitivi applicati dallarcheologia e finalizzati alla produzione di modelli storiografici non sempre si adattano ai metodi dellanalisi informatica; le incompatibilit pi evidenti si rilevano nella necessit, propria dellanalisi, di giungere ad un modello dei dati definitivo (le applicazioni classiche nellambito della realizzazione di database relazionali riguardano solitamente processi che non mutano nel tempo e difficilmente necessitano un aggiornamento continuo dellarchitettura dei dati; basti pensare alla gestione contabile di unazienda, allarchivio anagrafico di un comune, ecc.). Un sistema simile applicabile tuttal pi allelaborazione di strumenti per la tutela del patrimonio archeologico, costituiti da banche dati contenenti le notizie essenziali pertinenti ad un sito. Durante la progettazione di un database (e, pi in generale, di una soluzione informatica globale) che si riveli funzionale alla ricerca si rende invece necessario porre la massima attenzione a due

aspetti: la creazione di unarchitettura aperta e facilmente integrabile con nuove tipologie di informazioni e la definizione, fin dallinizio, del grado di dettaglio cui si vuole giungere nella catastazione del dato. Non considerare queste problematiche significherebbe realizzare soluzioni parziali o, nel peggiore dei casi, inefficienti. Lesigenza di unarchitettura aperta si rivela direttamente connaturata al concetto di ricerca archeologica. Questa infatti, pur partendo da basi metodologiche sufficientemente consolidate, presenta spesso dinamiche mutevoli e strettamente connesse al contesto ed agli obiettivi del progetto; lo stesso procedere delle indagini spesso fonte di idee per approfondimenti in direzioni non previste inizialmente. Il grado di dettaglio delle informazioni, non necessariamente uniforme per tutte le categorie dei dati, invece direttamente legato allefficienza della base di dati. Si tratta di coniugare le esigenze specifiche degli approfondimenti su particolari aspetti del progetto di ricerca con i criteri di agilit indispensabili per una proficua fruizione dei dati; giungere ad una soluzione di compromesso che rispetti le esigenze coinvolte rappresenta un momento importante nella progettazione del database.
(Marco Valenti)

8 Un sito Internet per lArcheologia Medievale I vantaggi di Internet sono noti a tutti: facilit di consultazione, semplicit duso, trasmissione di ogni tipo di informazione a pi segmenti di utenza. La rete risulta, quindi, un veicolo perfetto per la comunicazione, per lo scambio di dati e di informazioni, per incrementare i contatti con altri archeologi ed altri organismi. Inoltre, nel caso della nostra disciplina, ci mette in grado di superare alcuni dei mali che colpiscono a diversa profondit le unit di ricerca: una di queste patologie rappresentata dalle informazioni che non circolano per i lunghi tempi di costruzione ed elaborazione della documentazione. E questo si accompagna ad un atteggiamento che vede molti addetti ai lavori trattare come loro propriet esclusiva i dati, che assai spesso non vengono resi disponibili alla collettivit scientifica. Il calcolatore permette di mettere a disposizione dei ricercatori in tempi strettissimi attraverso la rete i dati prodotti nelle indagini e quindi dare la possibilit di consultare la documentazione e renderla oggetto di critiche e di reinterpretazioni; inoltre permette agli organi di tutela (che a loro volta dovrebbero fare altrettanto) una possibilit di verifica ed un dialogo diretto assai pi agevoli. Infine risolve lantico e costoso problema della pubblicazione. La costruzione in proprio di siti internet (e di prodotti ipertestuali o multimediali oggi sempre pi connessi al loro impiego in rete), abbatte decisamente i costi di socializzazione

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

51

dellinformazione archeologica. Gli alti costi della stampa di impegnative edizioni di scavo possono fortemente ridursi e limitarsi alledizione di elaborazioni interpretative e a sintesi, lasciando alle banche dati il compito di assolvere la funzione di banca dati di supporto. quindi di vitale importanza essere in rete, costruire un sito non solo di presentazione ma anche e soprattutto di servizio e motore per lattivazione di contatti, scambi, diffusione di sapere a tutte le fasce di utenza. Nella realizzazione del sito Internet dellArea di Archeologia Medievale dellUniversit di Siena, abbiamo voluto e dovuto tenere conto di queste caratteristiche e di tali necessit. Ci sembrato, pertanto, di fondamentale importanza lutilizzo (insieme a foto di scavo, sezioni, piante e disegni di reperti per ricostruire la sequenza stratigrafica) di tutti quegli strumenti informatici capaci di far comprendere, sia allo specialista, sia al grande pubblico le interpretazioni date dagli archeologi (fotografie, ricostruzioni bidimensionali e tridimensionali, filmati, QTVR, morphing ecc.). In questo senso grande attenzione stata riservata anche al linguaggio ed alla presentazione grafica. Per rendere immediatamente comprensibili i contenuti del nostro sito, abbiamo impiegato un linguaggio non specialistico prestando particolare attenzione al rapporto testoimmagine ed inserendo immagini in grado di parlare anche autonomamente. La presentazione grafica il fattore primario che rende accattivante e seducente il sito agli occhi del fruitore. La sua funzione si rivela fondamentale fin dal primo contatto (la Home Page) e pu determinare la scelta di continuare o meno la visita. Per questo motivo grande attenzione stata data alla scelta del colore e del background, al tipo, alla grandezza ed al colore dei caratteri, allo stile dellimpaginazione, allutilizzo di gif animati e di quantaltro contribuisse a dare una visione accattivante e ad invogliare lutente a proseguire nella visita del sito. Tutto questo senza eccedere, cercando di facilitare la consultazione delle diverse sezioni, ed attenti a rappresentare adeguatamente, sia la natura del sito, sia le caratteristiche del gruppo di lavoro che vi si rappresenta. Nel nostro caso, data la straordinaria ampiezza del sito (oltre 600 pagine divise in varie sezioni), si cercato di rendere estremamente flessibile il percorso di visita; attraverso vari men laterali e la divisione in finestre dello schermo, il visitatore ha la possibilit di scegliersi gli argomenti a cui interessato e di crearsi un percorso personale potendo sviluppare determinati argomenti e tralasciandone altri senza essere costretto ad una visita lineare ed obbligata. Il sito, realizzato allinterno del LIAAM, restituisce, cos, limmagine delle attivit di varia natura svolte dallInsegnamento di Archeologia Medievale ed i temi ai quali viene data larga attenzione.

Da un punto di vista tecnico il sito stato realizzato utilizzando i programmi Adobe Golive, Adobe Photoshop per il trattamento delle foto e Adobe Image Ready per la compressione delle immagini in formato gif e jpg necessaria per non appesantire troppo le pagine e per garantire una navigazione sufficientemente veloce per ogni tipo di connessione. Il problema principale con cui abbiamo dovuto confrontarci stato, infatti, quello del peso delle immagini. Da una parte, pagine graficamente molto elaborate con immagini, morphing, filmati e QTVR di elevata qualit grafica comportano il rischio di aumentare notevolmente il tempo di caricamento e possono indurre il visitatore ad abbandonare subito la visita; dallaltra, pagine composte esclusivamente da testo inducono nel visitatore un senso di noia e rendono difficoltosa la comprensione portandolo anche in questo caso ad abbandonare il sito. Pertanto risultato necessario arrivare ad una via di mezzo raggiungendo un giusto equilibrio tra testo ed immagini e, per quanto riguarda queste ultime, tra peso e qualit grafica (cercando di conciliare entrambe le necessit senza costringere lutente ad attendere tempi di caricamento troppo lunghi). Al momento le pagine sono consultabili solamente in italiano ma, per aumentare la visibilit e per far conoscere il LIAAM, gli scavi e le ricognizioni a livello internazionale stiamo lavorando alla traduzione in inglese ed in francese (entrambe le versioni saranno consultabili al pi presto attraverso links). Accedendo allHome page (www.archeo. unisi.it/archeologia_medievale/Welcome.html) si immediatamente accolti da uninterfaccia semplice e graficamente gradevole, che tramite sette pulsanti permette di esplorare le varie sezioni suddivise nei seguenti argomenti: I docenti, Il Laboratorio di Informatica, Le ricerche, Il bollettino SAMI, Le novit, Le informazioni, I nostri links. a) - I docenti. Si tratta di una sezione dedicata ai profili dei vari docenti dellarea di Archeologia Medievale con il loro curriculum, la bibliografia aggiornata e la possibilit di contattarli direttamente attraverso e-mail. Da segnalare allinterno della pagina dedicata a Riccardo Francovich la presenza del fondo degli estratti Francovich, donato alla Biblioteca della Facolt di Lettere e costituito da circa 3.300 pezzi che rappresentano quasi completamente la produzione scientifica in materia di Archeologia Medievale ed un patrimonio bibliografico di grande valore. La presentazione delle diverse figure che operano nellarea di Archeologia Medievale, manifesta immediatamente larticolazione della ricerca qui svolta, gli interessi e le tematiche affrontate. In pratica, anticipano e fanno comprendere i contenuti del sito. b) Il Laboratorio - presentata in questa sezione lattivit del LIAAM. Oltre ad una breve storia del Laboratorio, varie sottosezioni sono dedicate ai prodotti hardware e software utilizzati, alla com-

52

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

posizione del team, ai progetti realizzati, alla bibliografia e alla presentazione di Open Archeo.(il sistema integrato ed aperto per la gestione del dato archeologico presentato ampiamente in questo articolo), alle nostre esperienze. Qui spiccano, per spettacolarit delle immagini ed approfondimento dei contenuti, le pagine dedicate alle ricostruzioni tridimensionali, alle animazioni di reperti e strutture ed alla gestione GIS dello scavo archeologico e del territorio. Inoltre, ampio spazio riservato alle analisi spaziali finalizzate a studiare la maglia castrense della regione Toscana, al progetto Vite (un modello radiocomandato di elicottero modificato per ospitare una macchina fotografica ed utilizzato per ottenere foto zenitali di ottima qualit destinate alla videodocumentazione ed alla fotointerpretazione aerea computerizzata), ed alla presentazione di prodotti multimediali da noi realizzati essenzialmente a scopo didattico. c) Le ricerche - Si tratta della sezione pi ampia dellintero sito; in essa sono descritti in maniera dettagliata undici scavi e tre ricognizioni territoriali inerenti il progetto Carta archeologica della provincia di Siena, a cui possibile accedere da un men laterale o da una carta geografica personalizzata della Toscana. Vengono illustrati ampiamente gli scavi dello Spedale Santa Maria della Scala di Siena, Montarrenti, (SI), Poggio Imperiale a Poggibonsi (SI), S. Quirico (SI), Grosseto, Scarlino (GR), Selvena (GR), Castel di Pietra (GR), Rocchette Pannocchieschi (GR), Campiglia M.ma (LI) e Rocca S. Silvestro (LI). Le ricognizioni territoriali sono quelle di Chiusdino (SI), dellAlta Valdelsa (SI) e di Murlo. Particolare attenzione riservata alle oltre 150 pagine dedicate allo scavo di Poggio Imperiale a Poggibonsi interamente curato dal LIAAM anche sul campo ed allavanguardia nella gestione informatica in archeologia. Sono proposti, oltre ai dati archeologici che consentono una ricostruzione storica della frequentazione della collina, anche numerosi supporti multimediali di ultima generazione che integrano e danno unimmagine facilmente comprensibile non solo agli specialisti ma anche al grande pubblico; allo scopo di spettacolarizzare il contenuto e di fornire la possibilit di effettuare un viaggio virtuale allinterno dello scavo sono utilizzati, oltre a testi scritti, immagini, filmati, ricostruzioni, QTVR e morphing. Sono inoltre consultabili sottosezioni dedicate allarcheozoologia (Frank Salvadori), allo studio della ceramica toscana altomedievale (Marco Valenti), alla lettura dei contesti stratigrafici di buche di palo altomedievali (Vittorio Fronza e Marco Valenti), alla realizzazione di plastici ricostruttivi pertinenti alle diverse periodizzazioni individuate nello scavo (Filippo Cenni). Inoltre viene presentato il progetto di Parco Archeologicoculturale affidato a Jamie Buchanan con la collaborazione del Comune di Poggibonsi e del Diparti-

mento di Archeologia e Storia delle Arti dellUniversit di Siena. Largo spazio riservato anche alla presentazione dello scavo di Rocca S. Silvestro Campiglia M.ma (LI), villaggio fortificato scavato fra gli anni 1984-1995 sotto la direzione di Riccardo Francovich: oltre ai risultati di scavo, significative sono le ricostruzioni realizzate da Paolo Donati (un grande illustratore purtroppo prematuramente scomparso) ed il morphing con levoluzione del villaggio tra fine X e XIII secolo. d) Il Bollettino SAMI - Il sito ospita ledizione digitale del Bollettino SAMI (organo della Societ degli Archeologi Medievisti Italiani). Sono riportati in edizione digitale sette bollettini dinformazione concernenti lattivit della Societ dal 1995 ad oggi, il calendario delle ricerche svolte sul campo e le modalit di partecipazione. Viene inoltre presentato il convegno svoltosi nel mese di settembre 1997 a Poggibonsi dal titolo La nascita dei castelli nellItalia medievale. Il caso di Poggibonsi e le altre esperienze dellItalia centro-settentrionale con la possibilit di scaricare le relazioni contenute nel volume dei pre-atti. Lo scopo dellapertura di questa sezione risiede nel volere dare ampia visibilit allassociazione, nello stimolare e favorire il contatto fra i soci (i cui indirizzi personali e di posta elettronica, risolte cautele legate alla legge sulla privacy, verranno inseriti on line), nel volere pubblicizzare le attivit di ricerca dei soci e le pubblicazioni editate. In prospettiva, la sezione SAMI dovr essere maggiormente vissuta da tutti i membri dellassociazione; dovr cio rappresentare una sede di scambio continuo e proficuo, di dibattito ed a tale scopo stiamo progettando di aprire a breve una chat line espressamente dedicata alla discussione di temi inerenti la nostra disciplina. e) Le novit - Sono presenti in questa sezione tutte le ultime notizie riguardanti le iniziative ed i convegni ai quali i membri dellinsegnamento partecipano, le recensioni al sito da parte di riviste di archeologia e informatica, nonch la presentazione di pubblicazioni inerenti larea di Archeologia Medievale dellUniversit di Siena. Va segnalata, inoltre, unestesa trattazione del Cofanetto Franks curata da Nicoletta Onesti Francovich. Il Cofanetto Franks un oggetto assai particolare: ritrovato in Francia a Auzon ma probabilmente northumbro e risalente allVIII secolo, uno scrigno composto oggi da cinque pannelli in osso di balena, ciascuno fittamente decorato con scene in bassorilievo e con iscrizioni correnti sui bordi come dei nastri, insieme decorativi e funzionali, che integrano le immagini rappresentate. f) Le informazioni - Sono presentate tutte le informazioni pratiche riguardanti la possibilit di partecipare agli scavi e alle ricognizioni territoriali organizzati dallinsegnamento di Archeologia Medievale con il periodo di scavo, le modalit di

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

53

partecipazione e la possibilit di iscriversi direttamente tramite email, fax o telefono. g) I nostri links (www archeologico) - Sono proposte ventuno sezioni tematiche per un totale di 2500 links a siti di archeologia ed informatica di tutto il mondo ed una sezione di indirizzi utili per la navigazione nellimmenso mondo di Internet. La sezione aggiornata settimanalmente ed ha lo scopo di fare del nostro sito un vero e proprio portale sullarcheologia in genere, sullarcheologia medievale e su archeologia-informatica. Questa scelta rientra nella filosofia di base illustrata nellintero articolo: porsi al centro dellinformazione, fornendo informazione ed indirizzando verso informazioni a noi esterne. Rappresenta lunico sistema possibile per dialogare con lintera comunit scientifica europea ed extraeuropea, mantenendo viva la conoscenza delle ricerche effettuate in tutti i paesi e favorendo cos linterscambio. Non solo, forniamo anche un servizio agli studenti, dando la possibilit di muoversi autonomamente ed approfondire la propria conoscenza della disciplina e del suo stato attuale. Il sito ha per ora una media di oltre 30 visitatori al giorno (.ricordiamo che si tratta di Archeologia Medievale!) ed ha gi raggiunto in 5 mesi oltre 10.000 visite. Gli indirizzi dei contatti dimostrano una visibilit molto alta; i collegamenti provengono dallintera Europa, molti da Canada, Stati Uniti ed Australia.

Nonostante il successo riservatoci dalla critica (e lemulazione: alcuni siti hanno chiaramente copiato ed inserito alcune delle nostre immagini, altri hanno addirittura replicato i nostri background) ed il consenso (da pi parti ci arrivano richieste di inserire i propri siti nelle diverse sezioni dei nostri links), il sito entro alcuni mesi cambier pelle. A seguito del progetto in collaborazione con la Fondazione Monte dei Paschi (gi illustrato in precedenza), andremo alla costruzione di un laboratorio di alta tecnologia; tutte le postazioni di Archeologia Medievale (oltre 40) saranno collegate da una rete interna amministrata da un server che sar impiegato anche con le sedi esterne del progetto e per la gestione quotidiana del sito Internet. Questo evento porta obbligatoriamente ad un rinnovo della veste grafica (dovr accogliere anche una nuova sezione dedicata al progetto stesso ed alla sua evoluzione), allinserimento di banche date consultabili e GIS interrogabili dagli utenti poich tradotti in una veste grafica multimediale ed in applicazione autonoma. In conclusione, stiamo andando ad un uso globale dellattuale tecnologia informatica, mettendola al servizio dellarcheologia e cercando di realizzare un circuito informativo di larga fascia che rappresenti un punto di riferimento per larcheologia medievale, lheritage, linformatica applicata.
(Luca Isabella)

Fig. 1 - Atlante dei siti fortificati della Toscana. Vista generale dei siti fortificati (2266 attestazioni, pallino nero) e delle anomalie aeree (4235 attestazioni, cerchio bianco).

54

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 2 - Carta archeologica della Provincia di Siena. Vista generale di tutti i siti con transetti e confini marcati per i comuni gi indagati.

Fig. 3 - Carta archeologica della Provincia di Grosseto. Vista generale di tutti i siti con transetti.

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

55

Fig. 4 - Atlante dei siti fortificati della Toscana. Vista generale dei comuni toscani con DTM regionale.

Fig. 5 - Carta archeologica della Provincia di Siena, Comune di Buonconvento. Zoom su unarea di perimetrazioni con sovrapposizione della Cartografia Tecnica Regionale in versione raster (scala 1:5.000); sono visualizzati anche i campi battuti, luso del suolo e lidrografia.

56

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 6 - Carta archeologica della Provincia di Siena, Comune di Buonconvento. Territorio comunale con visione completa dei transetti e con idrografia e uso del suolo.

Fig. 7 - Carta archeologica della Provincia di Siena, Comune di Buonconvento. Campi battuti e perimetrazioni delle UT rinvenute con uso del suolo e idrografia.

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

57

Fig. 8 - Carta archeologica della Provincia di Siena, comuni di Colle Val dElsa e Poggibonsi. Maglia insediativa completa con viabilit tarata. Sono evidenziati a parte i tracciati viari della Francigena e della Volterrana.

Fig. 9 - Database di scavo. Schema dellarchitettura con rappresentazione delle principali relazioni.

58

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 10 - Poggio Imperiale (Poggibonsi SI). Capanna 1; et carolingia. Visualizzazione sulla base GIS dei dati relativi alla pianta ipotizzabile e allinterpretazione funzionale delle buche di palo.

Fig. 11 - Poggio Imperiale (Poggibonsi SI). Piattaforma GIS dello scavo: carta distributiva dei reperti osteologici animali (areali di massima concentrazione) allinterno delle capanne di et carolingia.

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

59

Fig. 12 - Poggio Imperiale (Poggibonsi SI). Piattaforma GIS dello scavo: carta distributiva dei reperti osteologici animali allinterno delle unit stratigrafiche pertinenti alle capanne di et carolingia (visualizzazione grafico a torta).

Fig. 13 - Poggio Imperiale (Poggibonsi SI). Piattaforma GIS dello scavo: carta distributiva dei reperti osteologici animali allinterno delle capanne di et carolingia (visualizzazione per cerchi proporzionali).

60

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 14 - Poggio Imperiale (Poggibonsi SI). Piattaforma GIS dello scavo: carta distributiva dei reperti osteologici animali per strutture di capanna di et carolingia (visualizzazione grafico a torta).

Fig. 15 - Poggio Imperiale (Poggibonsi SI). Piattaforma GIS dello scavo: pianta composita (stratigrafia completa) dellarea 2.

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

61

Fig. 16 - Poggio Imperiale (Poggibonsi SI). Piattaforma GIS dello scavo: cimitero altomedievale. Distribuzione delle patologie riconosciute.

Fig. 17 - Poggio Imperiale (Poggibonsi SI). Piattaforma GIS dello scavo. Piani di informazione incrociati per la redazione dellipotesi urbanistica dellinsediamento di met XII secolo (ricognizione di superficie, crop marks di foto aeree a scale diversificate, strutture murarie rinvenute sullo scavo).

62

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 18 - Poggio Imperiale (Poggibonsi SI). Piattaforma GIS dello scavo: piani di informazione incrociati e redazione dellipotesi urbanistica dellinsediamento di met XII secolo.

Fig. 19 - Poggio Imperiale (Poggibonsi SI). Piattaforma GIS dello scavo: ipotesi finale concernente la topografia dellinsediamento di met XII secolo.

Luca Isabella, Federico Salzotti, Marco Valenti

63

BIBLIOGRAFIA

G. AZZENA 1992, Tecnologie avanzate applicate alla topogra fia antica, in M.BERNARDI (a cura di), Archeologia del paesaggio, IV Ciclo di Lezioni sulla Ricerca applicata in Archeologia. Certosa di Pontignano (Siena), 14-26 gennaio 1991, Firenze, pp.747-765. A. BIANCHIMANI, M.C. PARRA 1991, NIKE: progetto di una base di dati archeologica, Archeologia e Calcolatori, 2, pp.179-203. G. BIANCHI, A. NARDINI 2000, Archeologia dellarchitettura di un centro storico. Proposta per unelaborazione informatica dei dati su piattaforma GIS bidimensio nale, in G. P. BROGIOLO (a cura di), II Congresso Nazionale di Archeologia Medievale , Firenze, pp.381-388. P. BOSCATO, V. FRONZA, F. SALVADORI 2000, Un archivio informatizzato per la gestione dei reperti archeozoologi ci, in G. P. BROGIOLO (a cura di), II Congresso Nazio nale di Archeologia Medievale, Firenze, pp.46-52. F. DANDRIA 1997, Metodologie di catalogazione dei beni archeologici, Lecce-Bari (Beni Archeologici - Conoscenza e Tecnologie, Quaderno 1.1). dellUniversit di Siena, Archeologia e Calcolatori, 9, pp.305-329. R. FRANCOVICH 1990, Dalla teoria alla ricerca sul campo: il contributo dellinformatica allarcheologia medieva le, Archeologia e Calcolatori, I, pp.15-27. R. FRANCOVICH 1999, Archeologia medievale e informatica: dieci anni dopo, Archeologia e calcolatori, 10, pp.45-63. R. FRANCOVICH et al.1997, Verso un atlante dei castelli della Toscana: primi risultati, in S.GELICHI (a cura di), I Congresso Nazionale di Archeologia Medievale , (Pisa 29-31 maggio 1997), Firenze, pp.97-101. R. FRANCOVICH, M.GINATEMPO (a cura di) 2000, Castelli Medievali. Storia e archeologia del potere nella Toscana medievale, Firenze. R. FRANCOVICH et al. 2000, La piattaforma GIS dello scavo nella gestione di unarea cimiteriale, in G. P. BROGIOLO (a cura di), II Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, Firenze, pp.28-36. R. FRANCOVICH, M. VALENTI 1996, The Poggibonsi excava tions and the early medieval timber building in Euro pe, XIII International Congress of Prehistoric and Protohistoric Sciences, Forl - Italia-8/14 settember 1996, Colloquia 14, Forl - Grafiche M.D.M., pp.135-149.

R. FRANCOVICH, M. VALENTI 1998, La ceramica duso comune in Toscana tra V-X secolo. Il passaggio tra eta tardoantica ed altomedioevo, in La cramique mdivale en Mediterrane, Actes du VI Congrs International de lAIECM2, Aix-en Provence 13-17 novembre 1995, Narration Edition, pp.129-137. R. FRANCOVICH, M. VALENTI 2000, La piattaformaGIS dello scavo ed il suo utilizzo: lesperienza di Poggibonsi, in G. P. BROGIOLO (a cura di), II Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, Firenze, pp.14-20. V. FRONZA 2000 c.s., Il sistema di gestione degli archivi nello scavo di Poggio Imperiale a Poggibonsi (Insegna mento di Archeologia Medievale dellUniversit di Siena). Una soluzione allinterno della soluzione GIS, Archeologia e Calcolatori, c.s. V. FRONZA, M. VALENTI 1997, Lo scavo di strutture in mate riale deperibile. Griglie di riferimento per linterpre tazione di buche e di edifici, in S.GELICHI (a cura di), I Congresso Nazionale di Archeologia Medieva l e. Auditorium del Centro Studi della Cassa di Risparmio di Pisa (ex Benedettine). (Pisa, 29-31 maggio 1997), Firenze, pp. 172-177. V. FRONZA, M. VALENTI 2000, Lutilizzo delle griglie di rife rimento per lo scavo di contesti stratigrafici altome dievali: elaborazione di una soluzione informatica, in G. P. BROGIOLO (a cura di), II Congresso Nazio nale di Archeologia Medievale, Firenze, pp.21-27. M.P. GUERMANDI 1989, Aladino: uno strumento per la gestio ne dei dati di scavo, Bollettino dinformazioni del Centro di Elaborazione Automatica di Dati e Documenti Storico Artistici, X, pp. 21-56. L INEE
GUIDA

CARTA A RCHEOLOGICA 1998, Linee guida per la redazione della Carta Archeologica della Toscana. Versione del 11/9/1998, Firenze, Regione Toscana.

G. LOCK, Z. STANCIC 1995, Archaeology and Geographic Infor mation Systems: an european perspective, London. P. MOSCATI 1987, Archeologia e calcolatori, Firenze. P. MOSCATI 1998, GIS applications in italian archaeology, Archeologia e Calcolatori, 9, pp. 191-236. A. NARDINI 2000 c.s., La piattaforma GIS dello scavo di Pog gio Imperiale a Poggibonsi (Insegnamento di Archeologia Medievale dellUniversit di Siena). Una soluzione allinterno della soluzione GIS , Archeologia e Calcolatori, c.s.

64

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

A. NARDINI, F. SALVADORI 2000, La piattaforma GIS dello scavo e i modelli distributivi di manufatti e reperti osteologici animali, in G. P. BROGIOLO (a cura di), II Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, Firenze pp.37-45 A. RICCI 1988, Ricognizione di superficie e scavo: dalle schede cartacee ad un sistema automatico al servizio dellarcheologia sul campo: il prototipo Argo , in Archeologia e Informatica, Atti del Convegno (Roma 3-4-5 marzo 1988), Roma, 77-83. SEMINARIO ECOLE FRANAISE DI ROMA, Trattamento informatizzato della documentazione archeologica degli scavi urbani , 25 ottobre 1999: http://www.ecole-francaise.it/actualite.htm. M. VALENTI (a cura di) 1996, Poggio Imperiale a Poggibonsi (Siena). Dal villaggio di capanne al castello di pie tra. I. Diagnostica archeologica e campagne di scavo 1991-1994, Biblioteca del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti. Sezione Archeologica. Universit di Siena, 1, Firenze.

M. VALENTI 1998a, La gestione informatica del dato; percorsi ed evoluzioni nellattivit della cattedra di Archeolo gia Medievale del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti-Sezione archeologica,, Archeologia e Calcolatori, 9, pp. 305-329. M. VALENTI 1998b, Computer Science and the menagement of an archaeological excavation: the Poggio Imperiale Project, Archaeological Computing Newsletter, 50, Spring 1998, Oxford, pp.13-20. M. VALENTI 1999, Carta Archeologica della Provincia di Siena, vol. III, La Valdelsa (Comuni di Colle Val dElsa e Poggibonsi), Siena. M. VALENTI 2000, La piattaforma GIS dello scavo nella speri mentazione dellInsegnamento di Archeologia Medievale dellUniversit di Siena. Filosofia di lavoro e provocazioni, modello dei dati e soluzione GIS, Archeologia e Calcolatori, c.s.

Maurizio Boriani, Annamaria Boniardi, Susanna Bortolotto, Piero Favino

65

IL PAESAGGIO ANTROPICO COME PALINSESTO: IL CASO DELLAGER TICINENSIS E DELLA MEDIOLANUM TICINUM.
Maurizio Boriani, Annamaria Boniardi, Susanna Bortolotto, Piero Favino

1.

La metodologia della ricerca

Larcheologia del paesaggio Il modificarsi del concetto di monumento, di documento e di paesaggio ha avuto importanti ricadute anche allinterno della disciplina del restauro che ha spostato il suo obiettivo dalla ricostruzione di una originaria, quanto arbitraria, forma delledificio o del territorio alla conservazione di ci che ci perviene con tutta la sua complessit e tutte le sue stratificazioni storiche non pi considerate come semplici interferenze col progetto iniziale, ma diventate esse stesse documenti della storia. Questa importanza del dato materiale avvicina il lavoro dellarchitetto restauratore ad alcune discipline da pi tempo orientate a indagini di questo tipo quali lantropologia, la geografia storica, larcheologia. Soprattutto con questultima sembrano essersi create contaminazioni interessanti ricche di ricadute pratiche per la conoscenza della complessit delloggetto su cui deve intervenire il progetto di conservazione. Nel campo specifico dello studio del territorio si sviluppata la cosiddetta archeologia del paesaggio inteso come metodo di analisi delle strutture territoriali basato su uno studio attento degli oggetti che costituiscono un dato paesaggio e delle relazioni intercorrenti fra essi1. Lespressione archeologia del paesaggio ha la sua motivazione dessere nel metodo di lavoro che la contraddistingue, che si fonda sullanalisi e sullinterpretazione dei resti materiali lasciati dalluomo sul territorio e che si caratterizza come studio di reperti intesi come fonti storiche. Sono considerati reperti tutti gli oggetti presenti sul territorio che ne costituiscono la struttura e che sono ricchi di informazioni storiche, sia considerati in se stessi sia nelle relazioni intercorrenti fra gli uni e gli altri. Il paesaggio attuale diventa cos interpretabile come stratificazione di paesaggi del passato e quindi conoscibile pi a fondo nella sua comples1. SERENO in BORIANI, SCAZZOSI 1987, p. 52.

sit applicando i principi del metodo archeologico della scavo stratigrafico, pur trattandosi in questo caso di uno scavo ipotetico e non distruttivo. Gli strati cos definiti per non sono mai indipendenti gli uni dagli altri, ma spesso quelli pi antichi penetrano nei pi recenti cosicch il paesaggio attuale contiene in s frammenti di assetti territoriali a volte anche molto antichi. La considerazione di questi assetti diventa allora di fondamentale importanza in campo progettuale dal momento che il nuovo andr sempre ad insistere anche su questi frammenti del passato. Larcheologia del paesaggio non si ferma, per, allo studio delle singole stratificazioni pone laccento anche sui rapporti intercorrenti fra i vari strati cos da affiancare lottica sincronica a quella diacronica, levento alla sua durata con lobiettivo di capire i meccanismi di trasformazione del territorio nel tempo storico. Da qui discende che caratteristica fondamentale di questo metodo diventa la ricerca sul campo secondo una logica induttiva: procedendo cio dal particolare (la raccolta del dati) al generale (conoscenza ottenuta con la comparazione dei dati). La ricerca sul campo , per, preceduta da un accurato lavoro preparatorio di ricerca in archivi e biblioteche per la raccolta e linterpretazione dei numerosi indizi che ci provengono da fonti scritte, toponomastiche, cartografiche, iconografiche e fotografiche (in particolare foto aeree e satellitari). In questo modo larcheologia del paesaggio si configura come ricerca a fonti integrate combinando insieme quelle documentarie ed oggettuali. I risultati ottenuti da questo lavoro saranno poi necessariamente da interpretare, considerando levidenza tanto delle presenze quanto delle assenze riscontrate, per passare dalle forma alle funzioni e da queste al sistema sociale che le ha accolte o generate. Con larcheologia del paesaggio [dunque] possibile porre in luce uno spaccato del paesaggio considerando tutte le possibili relazioni fra gli oggetti che lo occupano simultaneamente nello spazio geografico e nel tempo storico 2 arrivando
2. SERENO in BORIANI, SCAZZOSI 1987, p.57.

66

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

ad una sorta di archeologia totale [...] in quanto priva di limitazioni cronologiche di un tempo [...] e priva di limitazioni qualitative perch indaga sia sul paesaggio agrario che sui centri urbani, sui singoli edifici, sui giardini, sulle strade, ed libera di utilizzare strumenti provenienti da molteplici ambiti disciplinari3. Il metodo cos definito sembra delinearsi come possibilit di ricomposizione della frattura fra lesigenza della conservazione e quelle della trasformazione, ponendo le basi per una conoscenza profonda dei paesaggi storici in modo da poterne comprendere le linee di evoluzione e quindi progettarne lo sviluppo futuro nella speranza che la pianificazione territoriale si faccia sempre pi attenta al rischio archeologico cos da poter salvaguardare anche quei resti, non facilmente riconoscibili bench spesso imponenti, distribuiti sul territorio rurale: la conservazione (infatti) [...] non esclude il dovere della qualit architettonica, della sperimentazione tecnologica, della valorizzazione paesaggistica4. Larea di indagine, il metodo Il nuovo concetto di paesaggio, e il metodo dell archeologia del paesaggio fin qui indagati rappresentano la base concettuale e metodologica di questo studio. La seguente ricerca stata affidata dall IReR (Istituto regionale di ricerca della Lombardia) al Politecnico di Milano, Dipartimento di Progettazione dellArchitettura, sotto la responsabilit degli scriventi nel 19995. Il lavoro si configurato come analisi e conoscenza propedeutica ad una futura proposta di tutela e valorizzazione dei resti centuriali della matrice romana, nonch dei tracciati stradali e delle permanenze delle canalizzazioni storiche: larea di indagine scelta comprende l ager ticinen sis nella parte nord della Provincia di Pavia avente come confine naturale ad ovest il Ticino. Lambito cos identificato stato indagato partendo dalla raccolta dei dati bibliografici confrontati poi, in un secondo tempo, con le ricognizioni cartografiche alle varie soglie storiche. In particolare i confronti sono avvenuti con le mappe dei catasti (Catasto Teresiano, Catasto Lombardo Veneto, Catasto Cessato ed attuale) e con gli I.G.M. storici. Le tracce di centuriazione sono state scoperte e
3. BORTOLOTTO in BORIANI (a cura di) 1997, p. 62. 4. BORIANI 1997, p. 8. 5. Il titolo della ricerca Tessiture storiche del territorio (via-

portate allattenzione degli studiosi di storia antica gi negli anni Quaranta dal prof. Plinio Fraccaro; tali studi si sono intensificati negli anni Settanta. Tuttavia si vuole sottolineare come, ad oggi, vi sia una grave lacuna: la mancanza di una carta archeologica per la Provincia di Pavia, strumento conoscitivo indispensabile per una tutela e pianificazione consapevole del territorio. Ad oggi fortunatamente, grazie anche allassenza di grandi trasformazioni territoriali, non si registrano ancora gravi distruzioni dei resti materiali della matrice romana riconoscibile, conservatasi in virt del fatto che le aziende agricole locali partecipano alla continua manutenzione delle infrastrutture agrarie esistenti. Limpostazione metodologica per lapproccio e lo sviluppo della ricerca si pu sinteticamente riassumere in tre sezioni: una sezione storica, una tematica e una relativa alle indagini analitiche di approfondimento attraverso lelaborazione di schede campione. Esito di tutti questi studi analitici riconoscere le emergenze della stratificazione del territorio e di conoscerne le loro caratteristiche, al fine di tutelarle, conservarle, valorizzarle e soprattutto spiegare e documentare quali uomini, quali colture e quali diverse qualit della vita stiano dietro a queste testimonianze materiali nei rispettivi contesti sociali. 2. Gli studi storici sulla Mediolanum Ticinum e la centuriazione dellagro ticinese. Gli studi di Plinio Fraccaro. La scoperta della cen turiazione ticinese e della Mediolanum - Ticinum6. nei primi anni Quaranta del nostro secolo che Plinio Fraccaro affronta lo studio delle strade romane convergenti su Pavia, riscoperta come importante nodo viario dellImpero, e rileva cos anche lesistenza di un tracciato che da Milano si dirigeva, appunto, su Pavia. Si trattava del tronco iniziale di percorsi pi lunghi che, attraverso Pavia, arrivavano a Bordeaux, passando per Torino e Susa; mentre dirigendosi su Vercelli e poi Aosta raggiungevano Lione o Vienna, attraverso il Piccolo S. Bernardo, oppure la Germania attraverso il Gran S.Bernardo. Questa situazione confermata anche da una notizia di Ammiano
Scienze e Lettere, della Societ des antiquaires de France, della Societ Scentiarum Bohemica. Membro di varie accademie (fra cui Accademia dei Lincei, Accademia delle scienze di Berlino, Accademia Virgiliana). Varie sue dissertazioni si trovano sulle riviste di antichit classica; principali pubblicazioni: Studi varroniani, Padova, 1907; I processi degli Scipioni, Pisa, 1912; Studi sullet dei Gracchi, Citt di Castello, 1915; Atlante storico (in collaborazione con altri autori), Novara, 1923 - 24; Grande atlante storico geografico (in collaborazione con altri autori), Novara, 1938.

bilit, canali, centuriazioni). 6. Plinio Fraccaro, nasce a Bassano del Grappa l8 gennaio 1883. Laureato in lettere, ordinario di storia antica alla facolt di lettere delluniversit di Pavia; direttore della rivista Athenaeum. dottore honoris causa delluniversit di Oxford e membro onorario della Society for the promotion of Roman Studies di Londra. Membro emerito dellIstituto Lombardo di

Maurizio Boriani, Annamaria Boniardi, Susanna Bortolotto, Piero Favino

67

Fig. 1 - Plinio Fraccaro - Schizzo del territorio fra Milano, Pavia e Vercelli con indicazione dei tratti ancora riconoscibili della Mediolanum - Ticinum e di altre strade romane.

Marcellino il quale ricorda che il primo dicembre del 355 d.C. il Cesare Giuliano lasciava Milano per recarsi nella Gallia minacciata dai Germani. Insieme con lImperatore Costanzo II, suo cognato, si porta a Pavia per raggiungere poi la grande strada della Gallia. A tutto ci corrisponde il fatto che le distanze sulla via Ticinum - Augusta Taurinorum (Pavia - Torino) erano misurate da Milano. La prima conferma dellesistenza del tratto stradale Mediolanum - Ticinum viene dallo studio degli itinerari antichi giunti fino a noi7.
7. Alcune sommarie indicazioni sugli Itineraria antichi: i vasi di Vicarello o itinerari gaditani, sono quattro bicchieri dargento trovati nel 1852 a Vicarello, a nord di Roma, in una stipe votiva alle salutari acque di quel luogo, e sulle pareti esterne portano incise le stationes del percorso fra Cadice e Roma con le distanze in miglia fra luna e laltra. Sono quindi delle tazze itinerarie. Il cosiddetto Itinerarium provinciarum o Antonini una raccolta di itinerari a tabella delle varie province dellImpero, che sembra risalire agli ultimi anni del sec. III a.C. Si crede che gli itinerari siano trascritti da una grande carta itineraria dellImpero, la quale sarebbe larchetipo di quella giunta sino a noi e che nota come tabula di Peutinger, dal nome di un umanista tedesco che lebbe in possesso. LItinerario Burdigalense o Hierosolymitanum un itinerario a tabella. Esso datato

In particolare nellItinerarium provinciarum Antonino individuato come tratto iniziale dei percorsi per Arles, Argentorato e Vienna e viene calcolato nella lunghezza di 22 miglia romane. Nellitinerario Burdigalense o Hierosolymita num (Bordeaux - Gerusalemme) indicato come tratto iniziale del percorso Milano - Torino e viene fissato nella lunghezza di 20 miglia. In questo secondo itinerario viene indicata anche la Mutatio ad Decimum, posta a met strada fra Pavia e Milano, a 10 miglia dunque da entrambe le citt8.
dallanno 333 d.C. La tabula peutingeriana invece in un certo senso un itinerarium pictum, una carta itineraria del mondo antico, sulla quale indicata la rete stradale, colle relative citt e stazioni e le distanze fra di esse. La tabula giunta a noi in una copia del sec. XII - XIII d.C., ma si crede che loriginale possa risalire verso la fine del sec. II d.C. 8. La differente distanza indicata fra Milano e Pavia da ascriversi al fatto che queste misure venivano arrotondate, sugli itinerari antichi, talora in difetto e talora in eccesso. La distanza fra Milano e la Mutatio ad Decimum di 10 miglia mentre di qui a Pavia la distanza di poco superiore. LItinerario Burdigalense deve quindi essere arrotondato per difetto e quello Antoniniano, viceversa, per eccesso (vedi FRACCARO 1949b, pp. 7 27).

68

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Lidentificazione della Mutatio ad Decimum del percorso Mediolanum - Ticinum sul territorio attuale non presenta alcuna difficolt allo studioso avendo conservato il suo nome nei secoli. Si tratta infatti della localit Cascina Decima, situata allincirca a 15 km da Milano (corrispondenti a circa 15 miglia romane). Lintegrazione ai dati itinerari che potrebbe invece venire da indizi di carattere pi strettamente archeologico (iscrizioni e reperti archeologici in genere) piuttosto scarsa per quanto riguarda il tratto stradale oggetto di questo studio soprattutto nel tratto che da Cascina Decima portava a Pavia. Scarsit sospetta se si considera luso romano di seppellire lungo le strade o anche solo la probabilit di seppellimenti o smarrimenti lungo i tracciati viari. Ma lipotesi dellesistenza di questo tronco stradale e soprattutto il suo andamento potrebbero essere verificati attraverso lo studio di eventuali avanzi ancora visibili sul territorio. La rete stradale antica infatti ha teso a rimanere in uso finch necessit pratiche non ne hanno imposto labbandono ed anche in questo caso molte antiche strade di grande traffico sono sopravvissute per servire il traffico locale. Considerato poi che su terreni pianeggianti i romani tendevano a costruire le loro strade rettilinee, le tracce rimaste di questi percorsi sono spesso agilmente riconoscibili in lunghi rettifili segnati oggi da strade secondarie, strade campestri o, alle volte, da sentieri e fossati. Partendo dunque da questi presupposti Fraccaro cerca una verifica dellesistenza e dellandamento della Mediolanum - Ticinum interrogando direttamente il territorio attraverso lo studio della cartografia dellIstituto Geografico Militare in scala 1:25.000 con risultati decisamente soddisfacenti. Il nostro lettore si porti ora un momento a Milano e precisamente al Carrobbio, allestremit dellattuale via Torino. Al Carrobbio egli si trova sul percorso della cinta di Milano dellet imperiale romana, ed ivi sorgeva la pi antica porta Ticinese9. Da questo punto ha inizio il moderno Corso di Porta Ticinese, che va diritto sino allattuale Porta Ticinese, passando dinanzi a S. Lorenzo e per la Porta Ticinese medioevale, i cui resti si vedono ancora poco oltre le colonne di San Lorenzo. Le tre Porte Ticinesi, la romana, la medioevale e la spagnola, situate su una linea retta, indicano certamente la direzione che teneva uscendo da Milano sino dallepoca romana la strada per Tici num. Fuori di Porta Ticinese, questa stessa direzione mantenuta per un certo tratto dal corso S.
9. FRACCARO 1949b, pp. 19 20. 10. Secondo unantichissima tradizione, il terreno assegnato da

Gottardo. Infatti il corso S. Gottardo continua diritto per via Giuseppe Meda e uscendo a mano a mano dalla zona cittadina continua nellaperta campagna per pi di 7 km misurati dallantica cinta romana, cio dal Carrobbio. Questo rettifilo ha subito qua e l qualche leggera inflessione avvenuta indubbiamente durante i secoli per adattamenti dellantica strada alle esigenze dei frontisti. Ma poich certamente questo rettifilo non fu tracciato nei tempi moderni, perch non avrebbe avuto scopo, dato che esso non conduce a nessun importante centro abitato, e non daltra parte probabile che esso lo sia stato nellepoca medioevale, la quale non si curava di aprire strade rettilinee, non c dubbio che noi siamo innanzi ad un ampio frammento di strada romana, come provato dal fatto che questo rettifilo usciva, come abbiamo visto, dallantica Porta Ticinese di Milano romana10. Lantichit di questo rettifilo trova conferma anche nella toponomastica, cio nei nomi di alcune localit sorte in sua prossimit. Ci stiamo riferendo a Quinto Stampi e a Ponte Sesto i cui nomi ricordano probabilmente il loro sorgere in corrispondenza del quinto e del sesto miliare della strada. Ipotesi confermata dalla loro distanza dal Carrobbio di Milano pari allincirca a cinque o sei miglia romane (bench attualmente entrambe gli insediamenti si siano discostati dalla strada di qualche centinaio di metri). Un secondo rettifilo, che si allinea con quello precedente, individuato da Fraccaro pi a sud fra Gambarone e Basiglio: si tratta di strade campestri che si dispongono secondo una linea retta per circa quattro chilometri. Prolungando questa linea verso sud si passa in vicinanza della Cascina Decima, gi identificata come la Mutatio ad Decimum indicata nellItinera rio Burdigalense e la cui importanza sopravvive per tutto il medioevo, durante il quale assume ruolo di capopieve, come ricordato anche nella Carta della Diocesi di Milano del 1300. Pi avanti la pieve fu spostata nella vicina Lacchiarella e la localit di Decimo perse importanza riducendosi allattuale cascina. Nella Carta dItalia di Giovanni Magini (Bologna, 1620) poco a nord di Decimo compare anche una localit di nome Nono di cui attualmente per si sono perse le tracce: sorgeva probabilmente nei pressi di Cascina Crosina. Proseguendo la linea retta identificata dai due rettifili gi descritti si infila una strada campestre rettilinea di circa tre chilometri fra Turago Bordone e Cascina Darsena seguita da un tratto della Roggia Cavetto. Superata la depressione percorsa
quadrato di 2400 piedi di lato, che corrispondevano a 710,4 m circa, comprendevano circa cinquanta ettari, cio duecento jugeri e cento heredia, perci era detta centuria, quasi gruppo di cento heredia (vedi FRACCARO 1949a, p. 4).

Romolo in privata propriet ai romani, heredium, avrebbe avuto lestensione di due jugeri, cio mezzo ettaro circa. Un

Maurizio Boriani, Annamaria Boniardi, Susanna Bortolotto, Piero Favino

69

dalla Roggia Barona, allaltezza di Moriago, ha inizio una strada carrozzabile che, passando poco ad est della Certosa di Pavia, prosegue fino al cimitero di Borgarello dove, infine, si perde. Da qui non si riconoscono altre tracce della Mediolanum - Ticinum e due sono le ipotesi sul tratto terminale avanzate da Fraccaro: o piegava verso est per entrare da una delle porte del lato settentrionale delle mura di Pavia o proseguiva dritta per entrare in citt dalla porta occidentale. Probabilmente questa strada viene abbandonata gi nellalto Medioevo quando, caduto lImpero romano, venne meno la sua manutenzione e, attraversando essa un tratto di terreno basso e umido, si deterior rapidamente divenendo inutilizzabile. Nel 1946 compare la pubblicazione nella quale Fraccaro descrive i suoi studi sulla Mediolanum Ticinum mentre di pochi anni successiva (1949) quella sulla scoperta della centuriazione dellagro ticinese a nord di Pavia. Giunge a questa nuova acquisizione quando affronta un minuzioso studio delle zone pianeggianti dellItalia settentrionale alla ricerca di avanzi di centuriazioni romane ancora sconosciute per preparare una serie di rappresentazioni cartografiche in occasione dellallestimento di una mostra sullItalia dei romani. Consistendo la centuriazione in una griglia definita per delimitare gli appezzamenti da destinare a proprietari privati, essa veniva realizzata tracciando sul terreno linee rette che andavano alcune da nord a sud, i cardini, e altre da est a ovest, i decumani (anche se spesso lorientamento teorico di queste linee variava per assecondare la naturale pendenza del terreno mantenendo per la perpendicolarit degli assi della griglia). Gli appezzamenti cos delimitati erano quadrati di 2.400 piedi, circa m 710 di lato detti centurie11. Cardini e decumani erano nello stesso tempo limites (linee di divisione) e c a l l e s (strade) dal momento che uno degli scopi della centuriazione era di assicurare il libero accesso ai fondi. Gli incroci fra cardini e decumani erano indicati da cippi o altri segni12. La griglia cos definita in epoca romana fu usata a lungo anche nei secoli successivi e perci dove il terreno non sub radicali trasformazioni, ad opera degli uomini o degli agenti naturali, le tracce di queste misurazioni si conservarono fino ad oggi. Fondamento delle ricerche di Fraccaro sugli agri centuriati del nord Italia sono di nuovo le mappe della cartografia IGM, in particolare le levate di campagna in scala 1:25.000. La prima osservazione fatta sul territorio ticinese riguarda il fatto che la campagna fra Binasco
11. FILIPPI 1984. 12. FRACCARO 1949a, p. 7.

e Pavia e fra lOlona e la strada Casorate - Trivolzio - Pavia o la Roggia Grande si presenta tutta orientata. Io dico orientata una campagna nella quale strade, sentieri, canali, fossi, piantagioni, tutti o in gran parte, si svolgono secondo linee rette che si intersecano ad angolo retto e che hanno quindi, rispetto al meridiano, la medesima declinazione angolare. La cosa si osserva percorrendo la regione anche sulla grande strada Pavia Milano, si rileva dalla carta topografica e meglio si vedrebbe dallaereo 13. Quali possono essere le ragioni di questo fenomeno? Lunica spiegazione convincente farlo risalire ad unopera di bonifica che abbia interessato lintera zona, opera di cui per non si ha notizia in secoli recenti. In conclusione lorientamento della campagna a nord di Pavia fa sospettare che il terreno sia stato sottoposto a regolare misurazione fin dallantichit. Una seconda osservazione ha condotto Fraccaro ad identificare alcuni rettifili fra loro paralleli: il primo passante da Trivolzio - Torradella - Vellezzo Bellini - Giovenzano - Casatico - Cavo Borromeo - Cavo Carlasca a nord ovest di Gualdrasco lungo circa km 12 segnato da tronchi di strade carrozzabili o campestri, fossi, tratti di confini comunali. impossibile ammettere che tutti questi elementi si siano disposti per caso su una linea retta cos lunga: questa linea retta doveva rappresentare qualche cosa. Inoltre essa fu tirata con la squadra, con la groma, da esperti misuratori. La linea indicata oggi specialmente da strade, ed quindi verosimile che essa fosse in origine percorsa tutta da una strada, fiancheggiata o no da fossati. Il secondo rettifilo staccandosi dalla strada Trivolzio - Pavia poco a sud est della Cappella della Madonna dellAssunta passa per Origioso - Liconasco - Gualdrasco. Dista dal primo circa 710 metri: misura equivalente al lato di una centuria. Lipotesi che si trovasse in presenza di due decumani trova conferma nellidentificazione di un terzo rettifilo (cascina Montalbano - cascina Tirogno - Torriano - Villanova de Beretti poi, dopo uninterruzione, Moriago - cascina di Novedo ponte sulla Caronna - ecc.) 710 metri circa a sud del secondo e prende definitivamente corpo al momento del riconoscimento di alcuni cardini rettifili perpendicolari ai precedenti - sebbene molto meno conservati. Cominciando dalla strada che da Rognano punta a sud, perpendicolare alla linea Torradello Vellezzo Bellini - Giovenzano, si nota, 700 e qualche metro pi ad est un canale che scorre ad essa parallelo per circa km 1,5. Altre tracce trovate a distanze pari a multipli
13. FRACCARO 1949a, p. 8.

70

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

del lato della centuria sia nella direzione dei cardini che dei decumani danno conferma definitiva che ci troviamo in presenza dei resti di una centuriazione. Lultima osservazione fatta quella che la maggior parte degli abitati e delle grosse cascine della zona si trovano proprio in prossimit dei limites individuati a provare che, fin dallantichit, gli insediamenti sorsero di preferenza lungo le strade limitari della centuriazione. La scomparsa di queste tracce a nord di Binasco oltre il Ticinello giustificata dal fatto che qui si trovava probabilmente il confine fra lagro ticinese e quello di Milano. La centuriazione di questi terreno risale probabilmente al I sec. a.C. quando Ticinum divenne, nel 49 a.C., municipium romano per opera di Cesare. La profonda romanizzazione di questo paese viene cos dimostrata da Fraccaro attraverso lintero complesso della sua organizzazione agricola e catastale. Gli studi di Gianfranco Tibiletti. La fedelt dei romani alle caratteristiche del territorio14. Negli anni che succedono gli studi fondamentali di Plinio Fraccaro sulla centuriazione della campagna ticinese e sul tracciato della Mediolanum Ticinum questi argomenti vengono pi volte ripresi e approfonditi. dei primi anni Settanta una pubblicazione di Gianfranco Tibiletti che concentra la sua attenzione per solo sul percorso dellantica strada romana. La prima parte di questo studio tutta dedicata a provare che i gromatici romani erano perfettamente in grado di unire due punti del territorio tracciando un rettifilo con assoluta precisione 15 . Questo per dimostrare che se la Mediolanum Ticinum non puntava perfettamente su Pavia non era da imputarsi ad un errore di esecuzione, ipotesi pi volte affiorata e gi a suo tempo avanzata da Fraccaro, ma ad una precisa volont. Unendo infatti Milano e Pavia con una linea retta ci si rende facilmente conto che il tracciato si troverebbe ad attraversare il Lambro e, pi a sud, lattuale Roggia Barona in due punti assai sconvenienti e proprio questo, secondo Tibiletti, il motivo per cui i romani indirizzarono la strada a occidente di Pavia scegliendo dei punti di attraversamento dei principali corsi dacqua pi appropriati. La seconda parte dello studio di Tibiletti invece dedicata a risolvere il problema dellingresso della Mediolanum - Ticinum in Pavia dal momento che le tracce superstiti si perdono allaltezza del cimitero di Borgarello. Orbene che la strada romana Milano - Pavia sia artificiale fuori dub14. Gianfranco Tibiletti, nasce a Milano il 29 Maggio del 1924. Laureato in lettere, Professore ordinario di storia greca e storia romana con esercitazioni di epigrafia nella Facolt di Lettere delluniversit di Pavia.

Fig. 2 - Gianfranco Tibiletti - Carta schematica (scala 1:50.000) della zona a settentrione di Pavia con lindicazione dei corsi dacqua naturali (Vernavola e Navigliaccio), del Naviglio Pavese e della ferrovia che hanno influenzato landamento e la conservazione della Medio lanum - Ticinum.

bio e che limpianto della porta per cui essa entrava a Pavia possa essere anteriore o coevo alla strada, e non posteriore, del pari necessario ammettere, considerata la struttura topografica della citt e, inoltre, la situazione di essa rispetto alla campagna circostante. [...]. Le quattro porte di Pavia, infatti erano condizionate dalla rigida struttura geometrica della citt, e ad essa doveva adattarsi la rete stradale circostante16. Partendo da questo presupposto lo storico arriva a concludere che, allaltezza del cimitero di Borgarello, la strada cambiava sensibilmente direzione per puntare sulla citt di Pavia nella quale penetrava attraverso la porta settentrionale delle mura romane, raggiunta seguendo un percorso
15. TIBILETTI 1978, pp. 336 337. 16. TIBILETTI 1978, pp. 338 339.

Maurizio Boriani, Annamaria Boniardi, Susanna Bortolotto, Piero Favino

71

ancora oggi visibile, e qui si innestava sul cardo m a x i m u s (oggi Strada Nuova) allaltezza dellattuale piazza Italia. Questa ipotesi rafforzata dal fatto che, seguendo questo tracciato, la strada si sarebbe adattata perfettamente alle caratteristiche del territorio (attenzione questa gi dimostrata dai romani nella definizione del resto del percorso) correndo, in questultimo tratto, su quella sezione del territorio definito dal Navigliaccio e dalla Vernavola (sicuramente corsi dacqua antichi) che unisce Pavia al resto della pianura evitando cos la costruzione di altri ponti. La data di realizzazione di questo percorso anticipata per dal Tibiletti all89 a.C. rifacendosi ad un fatto specifico: data lirregolare disposizione delle porte della Milano romana queste dovevano essere sorte in corrispondenza delle strade uscenti dalla citt: Se vero, [...], che gli impianti urbani vennero fissati nell89 a.C., (anche se qualche anno sar stato necessario per lesecuzione pratica), e se il sito della Porta Ticinese artificiale, come la via che ne esce, bisogna considerare, anche per lossatura delle rete viaria, l89. Che a impianti urbani e viari consolidati, alcune opere, siano state rifatte in forma pi solenne nel 49, altro anno storico, o anche pi tardi, non disturba17. Gli studi di Pierluigi Tozzi. Lapprofondimento dei primi studi18. Quasi contemporaneamente al Tibiletti si dedica a questi studi anche Pierluigi Tozzi, che rivolge la sua attenzione a tutto il territorio pavese nelle sue ricerche di topografia antica, considerando, insieme alla centuriazione della campagna pavese, anche il tracciato della Mediolanum - Ticinum. Proseguendo questi studi, praticamente fino ad oggi, lautore che d una veste pi compiuta a questa trattazione. Comincia aderendo allipotesi che la centuriazione pavese sia strettamente legata alla definizione dellimpianto urbano di Pavia risalente all89 a.C., ma, rispetto al Fraccaro, ricostruisce con pi completezza le griglie di cardini e decumani scoprendone nuove tracce sul territorio. In un secondo tempo rileva la diversit di andamento di cardini e decumani dellimpianto urbano da quelli dellorganizzazione agraria: mentre quelli della citt si dispongono parallelamente e perpendicolarmente al letto del fiume Ticino quelli della campagna seguono un andamento Nord Ovest - Sud Est, per i cardini, e Ovest Sud Ovest 17. TIBILETTI 1978, p. 342. 18. Pierluigi Tozzi, nasce a Roma il 4 - 6 - 1937. Laureato in let-

Est Nord Est, per i decumani. Inoltre lager divisus pavese non comincia alle porte della citt ma le prime deboli tracce sono rilevabili solo poco a sud di Borgarello. A est si spingeva fino a Zeccone, Gualdrasco e Siziano; a ovest fino a Trivolzio e Moncucco mentre a settentrione giungeva fino a Rosate e Noviglio. Tozzi si serve quindi dei limiti dellarea centuriata per definire i confini dellager ticinensis verso Milano che fissa pi a nord di quello attuale: Lacchiarella infatti era parte del territorio di Pavia mentre il territorio milanese cominciava con Cascina Decima. Anche le caratteristiche fisiche del territorio stesso rafforzano questa teoria: lungo questa linea si fa pi marcata la pendenza della pianura e si ha una maggior tendenza delle acque ad impaludare in unarea di risorgive. Il che tanto pi potrebbe riuscire significativo, se pensiamo che in questo tratto probabilmente la definizione di confine del I sec. a.C. riprendeva una precedente linea divisoria fra gli Insubri di Milano e i Levi e i Marici di Pavia, appartenente ad unet in cui stagnazioni di acque e boschi dovevano dominare prima delle grandi opere di bonifica delle centuriazioni19. A questo punto Tozzi si domanda perch questa parte della campagna non sia stata tutta centuriata e, soprattutto, perch il territorio scelto non quello pi a ridosso della citt e trova le ragioni di questa scelta, ancora una volta, nella natura del terreno stesso: Dallesame della pendenza geografica delle tracce della centuriazione appare immediatamente che la divisione agraria non si spingeva fin sul ciglio del terrazzo diluviale, che gli agrimensori inizialmente evitarono come unampia fascia prospiciente il fiume, ma occupava una zona interna. La definizione dellaltimetria attuale del Pavese nelle linee fondamentali indica una significativa coincidenza dellager divisus con un tratto di pianura sufficientemente ampia e relativamente uniforme e una non meno significativa assenza in prossimit di Ticinum, centro di terrazzo, dove landamento del terreno notevolmente irregolare e tormentato, a motivo del solchi vallivi della Vernavola e del Navigliaccio e dellerosione del Ticino20. Ancora alla natura del terreno, di cui dunque i romani si dimostrano fini conoscitori, fatto risa lire lorientamento di cardini e decumani, che si adattano perfettamente alla pendenza del terreno, favorendo cos il deflusso dei canali di irrigazione artificiali. Dobbiamo alla capacit dei romani di osservare e tenere conto delle condizioni morfoloMincio, Milano, 1972; Saggi di topografia antica, Pavia, 1974; Storia di Pavia, (in collaborazione con altri autori), Pavia, 1984; Eraclea veneta, Parma, 1984; Opicino a Pavia, Pavia, 1990; Storia illustrata di Milano, (in collaborazione con altri autori), Milano, 1992. 19. TOZZI 1984a, p. 155. 20. TOZZI 1974, pp. 25 26.

tere classiche, ordinario di antichit greca e romana poi di geografia storica del mondo antico presso la facolt di Lettere e Filosofia dellUniversit di Pavia. Ha pubblicato alcune sue dissertazioni su riviste di antichit; principali pubblicazioni: Storia padana antica, Milano, 1972; Il territorio fra Adda e

72

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 3 - Traduzione grafica su cartografia IGM 1889 dei risultati degli studi di Pierluigi Tozzi relativi alla centuriazione dellager ticinensis e della Mediolanum - Ticinum.

Maurizio Boriani, Annamaria Boniardi, Susanna Bortolotto, Piero Favino

73

giche su cui operavano e al grado di penetrazione, scientifica assai pi che empirica, nellaffrontare i connessi problemi, se lassetto che essi diedero al territorio pavese fu durevolmente operante nel tempo e tuttora contribuisce ad assolvere a primarie funzioni, come quello del deflusso delle acque attraverso un sistema di canali orientati e della viabilit minore attraverso una rete di vie comunali, carrarecce, vicinali21. Dunque con questa opera di bonifica i romani trasformano le terre pianeggianti per lo pi incolte in terre coltivate e produttive e allo stesso tempo fissano le linee essenziali del paesaggio ancora oggi riconoscibili e funzionali. Tozzi passa poi ad indagare la distribuzione degli insediamenti sul territorio accorgendosi cos che la presenza stessa del reticolato geometrico ed uniforme delle centurie rappresent un ostacolo notevole al costituirsi di grosse concentrazioni fondiarie che trovano invece libero spazio di formazione ad esempio il Lomellina, non centuriata (per rimanere nellambito territoriale della provincia di Pavia). Nel caso pavese oltre ad una atomizzazione degli insediamenti si pu rilevare anche una corrispondenza fra assi della centuriazione e localit di maggior rilievo del territorio. Di tutte queste localit che ricadono su cardini e decumani quelle di origine romana sono riconoscibili per la desinenza in -ano del toponimo22. Oltre che sulle centuriazioni del Pavese Tozzi punta la sua attenzione anche sulla Mediolanum Ticinum confermando, in linea generale, i risultati raggiunti dai suoi colleghi. Riconosce quindi come resti di questo antico tracciato il rettifilo uscente dal Carrobbio milanese e quelli che successivamente si stendono nella campagna a sud di Milano fino a Borgarello, e come indizi dellantica presenza di miliari romani i toponimi di Quinto Stampi, Ponte Sesto, Nono (oggi scomparso) e cascina Decima (coincidente con la Mutatio ad decimum). Non trascura nemmeno lo studio degli itinerari antichi che sono comunque la prova dellesistenza di questo tracciato. La sua attenzione si concentra per sul tratto terminale di questa via in prossimit di Pavia dove le sue tracce si perdono. Riconosciute nella costruzione del Naviglio di Pavia e della linea ferroviaria i due interventi di
21. TOZZI 1974, p. 27. 22. Toponimi di probabile formazione latina: Calvenzano,

epoca moderna che pi a fondo hanno sconvolto questo territorio in Tozzi nasce lesigenza di studiare una cartografia storica che risponda a precisi requisiti: preceda cio la sistemazione del Naviglio e il tracciato della ferrovia e al tempo stesso sia redatta a grande scala e con un soddisfacente grado di precisione anche nei dettagli. dunque Tozzi il primo ad applicare a questa ricerca lo studio delle mappe del Catasto Teresiano (perfettamente rispondenti ai suddetti requisiti) per approfondire la questione. Lesame delle mappe del Catasto Teresiano, che fissano una condizione di paesaggio anteriore alle profonde trasformazioni dell800, consente di ricostruire con sicurezza anche lultimo tratto della via da Borgarello a Pavia, per cascina Repentita e cascina Pantaleona, fino al confine dei Corpi Santi di Pavia, e lungo il corso del Navigliaccio, fino al bastione occidentale delle mura spagnole23. Allinterno della citt riconosce, come Tibiletti, il tracciato della Mediolanum - Ticinum n e l l e attuali vie Albertini, Grinziotto, Ferrero fino a piazza Italia. Risulta in questo modo essere praticamente ricostruito lintero percorso della Medio lanum - Ticinum. Va fatto per ultimo un cenno al fatto che Tozzi stato lunico a fare uso anche della fotografia aerea in queste sue ricerche, ausilio non ignorato ma neanche sfruttato, da Fraccaro e Tibiletti. Gli studi di Ambrogio Palestra. La posizione dei miliari e la Madonna del Pilastrello24. Lultimo storico che, anchesso negli anni Settanta, si occupa della Mediolanum - Ticinum , nellambito pi ampio dellindagine sulla rete stradale della Cisalpina in epoca romana, Ambrogio Palestra il quale imposta i sui studi in modo assai diverso dagli storici di cui fin qui si detto. Innanzitutto preferisce non dare molta importanza alla ricognizione di rettifili stradali rilevabili ancora sul territorio quasi fossero sempre frammenti superstiti di strade romane, ma rivolge la sua attenzione ad altri elementi, che ritiene pi concreti, come i toponimi derivanti dai miliari, miliari stessi superstiti o documentati in archivio. Anche le localit contrassegnate dal toponimo miliare o le espressioni chiesa, casa, campo mulitere, diplomato in paleografia, diplomatica e scienze archivistiche. Parroco della chiesa di Santa Maria presso San Celso di Milano e direttore dellarchivio storico della Curia Arcivescovile di Milano; membro del comitato direttivo dell Archivio Ambrosiano per le ricerche storiche sulla chiesa ambrosiana, membro effettivo dellAccademia di San Carlo. Autore di volumi e studi monografici di archivistica, di storia della chiesa ambrosiana e di storia locale. Principali pubblicazioni: Storia di Abbiategrasso, Abbiategrasso, 1956; Regesto delle pergamene dellarchivio arcivescovile di Milano, Milano, 1961; Ritrovamenti di et romana presso San Celso, Milano, 1964; Lineamenti di archivistica ecclesiastica, Milano, 1965; Visite pastorali di Milano, Roma, 1977.

Albuzzano, Cura Carpignano, Copiano, Calignano, c.na Cormaiano, Comairano,Marzano, Monte Pagano, Torriano, Guinzano, Misano, Vairano, Rognano, Giovenzano, Landriano, Siziano, Gnignano, Bubbiano, Coazzano. Ma lunico toponimo che abbia un preciso riscontro nellonomastica latina di Pavia Albuzzano: nelle epigrafi ripetutamente attestata la famiglia degli Albucii. Per il resto non possibile rilevare alcun positivo rapporto fra lonomastica epigrafica e la toponomastica (TOZZI 1984a, pp. 162 163). 23. TOZZI 1984a, p. 167. 24. Ambrogio Palestra, monsignore. Laureato in teologia e let-

74

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

no, ecc. in strada oppure strada regia, regina, maestre, ecc. sono da lui considerate come rivelatrici di strade consolari romane25. Altro presupposto di partenza dei suoi studi la coincidenza appurata fra la dicitura miliare e pilastrello e il fatto che a volte questi pilastrelli venissero usati, nei secoli scorsi, per elevare edicole o chiesette dedicate alla Vergine del Pilastrello o ad altri Santi. Passando poi allo studio specifico delle singole strade Palestra affronta anche la via Mediolanum - Ticinum approvando i risultati degli studi di Fraccaro. In questo caso specifico pronto a riconoscere limportanza della fonte topografica e quindi dei resti materiali ancora concretamente rilevabili sul territorio che indicano inequivocabilmente lintero percorso di questa antica via. Conoscendone dunque landamento in grado di ricostruire ipoteticamente la localizzazione dei singoli miliari partendo da Milano: lapidem - al termine di corso S. Gottardo lapidem - presso la cascina Scudera, angolo tra via Bazili e via Martegani ad III lapidem - presso la Cascinazza di Gratosoglio ad IV lapidem - presso Ronchetto dove stava il Pilastrello di Ronchetto ad V lapidem - presso Quinto Stampi ad VI lapidem - a Ponte Sesto dove un ponte sorpassava il Lambro presso la Cascina Gamberone ad VII lapidem - presso la localit Persichetto ad VIII lapidem - a nord di Basiglio ad IX lapidem - a sud di Basiglio ad X lapidem - a nord della cascina Decima qui cera la Mutatio ad XI lapidem - a sud della cascina Decima ad XII lapidem - tra la cascina Catenaccia e Casirate Olona ad XIII lapidem - tra Turago Bordone e Giussago ad XIV lapidem - a est di Casatico ad XV lapidem - a nord est della Certosa di Pavia ad XVI lapidem - presso la cascina Porta dAgosto ad XVII lapidem - a sud est di Borgarello ad XVIII lapidem - a sud est della localit Cantone delle Tre Miglia a tre miglia da Pavia ad XIX lapidem - a nord della cascina Campeggi ad XX lapidem - presso la cascina Caima ad XXI lapidem - Pavia per cui si entrava per Porta Milano (29).
25. Palestra conduce questo studio durante la compilazione

ad I ad II

Lelenco evidenzia i gi ricordati toponimi di Quinto Stampi, Ponte Sesto, Cascina Decima mentre non fa menzione di Nono. Nei suoi studi il Palestra infatti non ha mai riscontrato lesistenza di questo toponimo in documenti posteriori alla Carta dItalia di Giovanni Magini (1620) e ipotizza quindi che si possa trattare della localit Anono ricordata invece nei pressi di Gratosoglio fino agli inizi del 90026. Compare invece ad VI lapidem la citazione del Pilastrello di Ronchetto che pare si trovasse nella cascina Pilastrello di Ronchetto la cui denominazione compare in alcuni documenti della met del XIV sec.27. Alla memoria di queste quattro pietre miliari Palestra aggiunge quella di S. Maria del Pilastrello a Badile. Si tratta di una chiesetta sorta nel 1535 e oggi andata perduta, e bench sia piuttosto discosta dal percorso della Mediolanum - Ticinum probabilmente vi era giunto un miliare di questa via che nel tratto fra Basiglio e Mettone era andata distrutta o era stata sensibilmente deviata. Daltro canto vero che la popolazione della campagna non capiva il significato delle iscrizioni che erano incise sulle colonne miliari anche perch quasi tutte le parole erano pi o meno abbreviate e spesso usarono queste pietre trasformandole in sacre icone poste al centro di un tempietto o di unedicola innalzati in mezzo ai campi o lungo i tratti superstiti di strade consolari laddove la colonnetta di pietra cilindrica era stata posta dai legionari romani. Altro esempio simile indicato dal Palestra nellimmagine miracolosa di Maria dipinta su un miliare (probabilmente della Mediolanum - Tici num o forse della Milano - Roma) conservato nella Chiesa di S. Maria presso S. Celso sorta pare su una chiesa pi piccola dedicata appunto alla Madonna del Pilastrello. Uno sguardo dinsieme. Il grado di romanizzazione del territorio. Dunque i pi importanti storici che si sono occupati dello studio della sistemazione della Cisalpina in epoca romana sono concordi nel riconoscere, nelle campagne fra Milano e Pavia, le profonde tracce della pianificazione risalente al I sec. a.C. Il tracciato della Mediolanum - Ticinum da tutti accettato senza ombra di dubbio, almeno nel tratto da Milano a Borgarello, grazie soprattutto agli imponenti resti materiali riconoscibili sul territorio che, oltre a provare lesistenza di questa via consolare finora conosciuta solo attraverso le notizie date dagli itinerari, ne definiscono chiaramente anche landamento. Allo stesso modo non fa problema riconoscere gli elementi della struttura romana degli impianti urbani di Milano e Pavia da altri gi ampiamente studiati.
26. PALESTRA 1978. 27. PALESTRA 1978, p. 35.

dellinventario - regesto del Fondo delle Visite Pastorali dellArchivio Storico Diocesano di Milano, che costituito da 2.500 volumi contenenti i documenti riguardanti le visite dal 1423 al 1856.

Maurizio Boriani, Annamaria Boniardi, Susanna Bortolotto, Piero Favino

75

Lunico tratto della Mediolanum - Ticinum che pone qualche problema interpretativo quello fra Borgarello e Pavia, andato completamente perso nella sua consistenza materiale, a seguito della moderna sistemazione del Naviglio e della realizzazione della linea ferroviaria Milano - Genova. Lo sviluppo nel tempo della ricerca sullargomento, a partire dalle ipotesi iniziali di Fraccaro, sembra per far prendere corpo abbastanza decisamente alla teoria che questultimo tratto piegasse progressivamente verso Pavia, adattandosi alle caratteristiche fisiche del territorio, fino a raggiungere la Porta settentrionale delle mura romane attraverso la quale faceva il suo ingresso in Pavia. Conosciuto a questo punto il completo andamento della strada consolare non difficile definire la probabile posizione degli antichi miliari bench tutti scomparsi, fissati in numero di 21 dagli antichi itinerari romani (Antonino e Bourdigalense). Ancora i toponimi di Quinto Stampi, Ponte Sesto e Cascina Decima si pongono come segni forti del percorso stradale romano anche se non volessimo considerare la localit di Nono, la cui esistenza non unanimemente riconosciuta. Gli studi sulla campagna ticinese hanno poi messo in evidenza i resti dei cardini e dei decumani della centuriazione che ha profondamente segnato lorganizzazione di questo territorio, tracce scoperte da Fraccaro e confermate e approfondite da Tozzi verso la definizione dellintera griglia. Sulla base di questa pianificazione antica si costruito tutto il territorio nella sua organizzazione agricola e insediativa. Le campagne rimangono a tuttoggi orientate, anche nelle semplici divisioni particellari, come gli assi della centuriazione che, riprendendo per altro la pendenza del territorio, ben si prestano alle esigenze di irrigazione e scolo delle acque. Di nuovo si pu osservare, con Tozzi, come la presenza della centuriazione e dellorganizzazione agricola impostata nel I sec. a.C. abbia impedito la formazione di insediamenti di dimensioni ragguardevoli favorendo la dispersione sul territorio di numerosi piccoli centri alcuni dei quali costituiti da sole cascine, seppur di notevoli dimensioni. Anche in questo caso facilmente rilevabile la concentrazione di toponimi di origine romana (con desinenza -ano)28 presenti in gran numero nella porzione di territorio pavese centuriato. Se questa organizzazione territoriale giunta fino a noi grazie alle evolute conoscenze tecnico scientifiche dei romani che hanno loro permesso di impostare la pianificazione del territorio adeguandosi il pi fedelmente possibile alle caratteristiche geografiche del terreno. Questo principio, bench perfettamente rispettato nel tracciamento della Mediolanum - Ticinum
28. La desinenza -ano deriva dallusanza, iniziata dai romani, di estendere alla propriet il nome del proprietario con luso del suffisso aggettivale anus.

come dimostrato da Tibiletti (la direzione data a questa via consolare dipende dalla scelta dei punti di attraversamento dei principali corsi dacqua) non stato sufficiente a salvarla dal rapido deterioramento, soprattutto nel tratto fra Basiglio e Mettone, dove incrociava numerosi corsi dacqua con uninclinazione troppo acuta, quando, caduto lImpero Romano, venuta meno lassidua manutenzione. in questa occasione che la strada Vigentina e, pi tardi, lalzaia del Naviglio, prenderanno il sopravvento nella comunicazione viaria fra Milano e Pavia. 3. Gli elaborati grafici Definizione dellarea di studio Larea di studio corrisponde con la perimetrazione dellevidenza storica delle tracce dell ager ticinensis. La prima tavola di - Quadro di unione del territorio centuriato - schematizza la matrice romana in un reticolo, con riferimenti impostati su un sistema di assi cartesiani, che orienta lindividuazione delle schede analitiche di approfondimento. Il Quadro di unione in scala 1:50.000 identifica, da subito la pertinenza dei confini dei comuni oggetto dellarea di studio. Tale riferimento verr, di volta in volta, riproposto nelle singole tavole di dettaglio. La permanenza dei segni Il tematismo Permanenza dei segni svolto su base cartografica CTR 1994 in scala 1:25.000. La tavola traduce graficamente levidenza della viabilit romana e del sistema centuriato riconosciuto attraverso la ricerca storica. A questa si affianca una lettura dei principali elementi morfologici e di una interpretazione della toponomastica. Per quanto riguarda la centuriazione romana viene applicato un ulteriore approfondimento, cio il risultato del confronto tra la cartografia IGM 1889 (base di riferimento degli storici) e la CTR 1994. Tale confronto evidenzia la permanenza o la non permanenza delle tracce centuriate, ed esattamente individua: la traccia gi presente in cartografia IGM 1889 permanente sulla CTR 1994; la traccia presente in cartografia IGM 1889 e labile sulla CTR 1994; la traccia labile in cartografia IGM 1889 e labile sulla CTR 1994; la traccia labile in cartografia IGM 1889 e scomparsa sulla CTR 1994; la traccia non esistente in cartografia IGM 1889 e ricomparsa sulla CTR 1994.

76

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 4 - Esempi di paesi nel Pavese la cui posizione topografica in stretto rapporto con i limes della divisione agraria dei romani (base cartografica tavoletta IGM 59 IV NE, Binasco).

Si accenna, altres, sulla tavola ad una riconoscibilit anche dei limes principali e di altri segni rilevanti quale quello della Roggia grande che pur non avendo relazione certa con la centuriazione ne rispetta lorientamento rafforzandone la matrice stessa. In sintesi si nota una prevalente permanenza dei segni centuriali est-ovest. Ricerca e interpretazione toponomastica Per i centri edificati ci parso opportuno svolgere unanalisi comparata con la toponomastica che pu avere una giustificazione in s in quanto distribuisce i vari nomi di luogo in categorie distinte ciascuna relativa al popolo da cui nata, ma ogni nome locale pu assumere una funzione di indizio relativamente a quello che scomparso e che stava dietro al nome. In un pi ampio raggio di azione questa disciplina potrebbe dunque fornire un certo ausilio in relazione alla conoscenza degli stanziamenti delle varie civilt e - ci che pi a noi interessa dellorganizzazione delle propriet terriere, degli eventuali latifondi o del loro frazionamento pi o meno grande, delle qualit dei terreni coltivati o delle piantagioni arboree e delle caratteristiche fisiche del territorio stesso. Esistono comunque due diversi modi di classificare i toponimi: in riferimento alla collocazione temporale ed etnografica (e qui va considerato in modo particolare lo studio linguistico del toponimo: particelle prefisse o suffisse, fonetica con mutamenti di accento, consonanti, ecc. morfologia); in riferimento alle caratteristiche del territorio. Nel caso specifico si sono individuati: toponimi preromani, romani, e post-romani. I toponimi latini si localizzano in massima parte sugli assi della centuriazione e lungo i percorsi della viabilit romana.

Quelli concentrati nella zona centuriata sono tutti toponimi di origine prediale, cio derivanti dai nomi personali dei proprietari terrieri secondo una consueta pratica romana; questo potrebbe confermare la nascita di tali insediamenti contestualmente alla centuriazione del territorio. Le localit con toponimi di origine pi antica, infatti, sembrano essere localizzate con sostanziale indifferenza per la maglia centuriata (come giusto che sia, dal momento che questa ancora non esisteva) preferendo la vicinanza dei corsi dacqua. Le centuriazioni, canalizzando lacqua e portandola in tutto il territorio assieme alle strade, svincolano gli insediamenti romani dal legame con i corsi idrici naturali e danno quindi loro la possibilit di localizzarsi sul territorio secondo una logica diversa. Anche gli insediamenti medievali sorti nel pavese hanno in gran parte rispettato la regola di localizzarsi lungo gli assi della centuriazione che, probabilmente, strutturava ancora fortemente il territorio al momento della loro fondazione. Levidenza degli elementi morfologici interpreta le peculiarit delle caratteristiche fisiche del territorio. La qualit dominante costituita dalluniformit della pianura. A ci si aggiunga la riconoscibilit delle aree golenali (presenti lungo il Ticino, il Po) e degli alvei fluviali abbandonati da antichi corsi dacqua attualmente solcati da una rete idrica minore (vedi Roggia Barona). Gli elementi morfologici sono un indicatore da leggersi in modo complementare con le tracce della permanenza del sistema centuriato. Nel pavese si pu vedere come questi elementi non creano disturbo alla continuit della matrice romana pur costituendone in parte i confini. La qualit della permanenza. Gli elementi della Qualit della permanenza sono importanti per conoscere in modo approfondito la natura della strutturazione del territorio

Maurizio Boriani, Annamaria Boniardi, Susanna Bortolotto, Piero Favino

77

letto come palinsesto. Dopo aver riconosciuto le permanenze della matrice romana, dellarea di studio, si passa a indagarne le caratteristiche qualitative. Le linee guida per questo tipo di lettura sono riconducibili agli elementi fisici che costituiscono la struttura stessa del territorio: le strade, i corsi dacqua, i confini di coltura. A questo si aggiunga levidenza dei confini comunali. La metodologia adottata in dettaglio esamina per i corsi dacqua quelli principali e secondari (i corsi principali si identificano per il nome apposto in cartografia e per un segno grafico pi marcato rispetto a quelli secondari); per le strade si sottolineano quelle a fondo naturale e a fondo artificiale secondo la classificazione della CTR 1994. Nei casi in cui i corsi dacqua si sommano alle strade, questo dato viene cartografato poich tale sovrapposizione altro non che un ulteriore rafforzamento della permanenza della traccia della matrice romana. Particolarmente interessante il fatto che la permanenza del confine comunale, segno di natura politica, va a rafforzare, in certi casi, le tracce della centuriazione. La quantit della permanenza Dopo aver individuato la permanenza anche qualitativa del segno della matrice romana ci si proposti di sondare la quantit dei segni orientati permanenti allinterno delle singole centurie. Un tematismo secondario, inserito nella stessa cartografia, lindicazione di principali infrastrutture e permanenze storiche con andamento indifferente rispetto alla centuriazione. In particolare questi segni sono: lautostrada, la ferrovia, il confine del Barco Visconteo e il Naviglio Pavese. La finalit della tavola Quantit della permanenza, pertanto volta dopo aver svolto gli studi analitici preliminari sino a qui descritti a riconoscere aree con diversi gradi di permanenza graficamente campite con colori diversi (dal pi scuro al pi chiaro per sottolineare rispettivamente la maggiore o minore concentrazione di segni orientati) comunicando in modo immediato e chiaro zone omogenee per il livello di conservazione dellimpianto antico. Lanalisi cos concepita un valido strumento di sintesi della conoscenza del palinsesto territoriale e potr essere indubbiamente premessa adeguata per una pianificazione consapevole volta alla tutela, alla conservazione e valorizzazione del territorio. 4. Schede analitiche di approfondimento La metodologia sin qui esposta analisi permanenze, qualit, quantit - indica le modalit di approccio per uno studio sulle centuriazioni ad

una scala 1:25.000. Le schede di approfondimento, invece introducono una fase conoscitiva che non pu prescindere dallutilizzare cartografie a scale metriche pi particolareggiate. A questo proposito qui di seguito enunciato il metodo seguito esemplificato da una scheda-tipo. Ogni scheda dotata di una tabella riassuntiva che ne definisce la localizzazione sul territorio e i riferimenti cartografici adottati per le traduzioni grafiche e organizzata in sezioni nelle quali si approfondisce la Qualit dei segni orientati in scala 1:10.000; la lettura dei catasti storici (secondo parametri quali i proprietari, le destinazioni duso, la permanenza o non permanenza dei segni); la toponomastica (in particolare quella del Catasto Lombardo Veneto); la conoscenza e lanalisi dei ritrovamenti archeologici diffusi; lo stato attuale dei vincoli vigenti sul territorio con una caratterizzazione legata alla tutela dei beni ambientali, architettonici ed archeologici ed infine linterpretazione delle foto aeree e le ricognizioni svolte in sopralluogo (sotto lindice di una Schedatipo).

TABELLA SCHEDA - TIPO SEZ. 1 INQUADRAMENTO GENERALE Permanenza dei segni Qualit della permanenza Quantit della permanenza Legenda SEZ. 2 QUALIT DEI SEGNI ORIENTATI SEZ.3 CATASTI STORICI Catasto Teresiano (1722-1725) Catasto Lombardo Veneto (1865- 1867) 3.1 Catasto Teresiano: proprietari 3.2 Catasto Lombardo Veneto: proprietari 3.3 Catasto Teresiano: destinazioni duso 3.4 Catasto Lombardo Veneto: destinazioni duso 3.5 Lettura della permanenza o non permanenza dei segni del Catasto Teresiano sul Catasto Lombardo Veneto 3.6 Lettura della permanenza o non permanenza dei segni del Catasto Lombardo Veneto sulla Carta Tecnica Regionale 3.7 Lettura della permanenza dei segni del Catasto Teresiano e del Catasto Lombardo Veneto sulla Carta Tecnica Regionale Legenda SEZ.4 TOPONOMASTICA (Storico - etnica, Storico fisica,Catastale) 4.1 Toponomastica storico - etnica e storico - fisica Interpretazione toponomastica Legenda 4.2 Toponimi catastali Catasto Lombardo Veneto Legenda SEZ.5 ARCHEOLOGIA SEZ.6 STATO ATTUALE VINCOLI SEZ.7 DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA Fotografia aerea Volo 1984 Foto

78

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 5 - Tessiture storiche del territorio - Elementi permanenti della pianificazione territoriale romana.

Maurizio Boriani, Annamaria Boniardi, Susanna Bortolotto, Piero Favino

79

Fig. 6 - Tessiture storiche del territorio - Qualit dei segni permanenti della pianificazione territoriale romana.

80

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 7 - Tessiture storiche del territorio - Quantit dei segni permanenti sul territorio con orientamento omogeneo alla maglia centuriale.

Maurizio Boriani, Annamaria Boniardi, Susanna Bortolotto, Piero Favino

81

Fig. 8 - Tessiture storiche del territorio -Quadro dunione di riferimento per le schede analitiche di approfondimento.

Fig. 9 - Fotografia aerea di un settore della campagna pavese in cui compare la Certosa di Pavia che si inserisce perfettamente nellossatura del paesaggio creata dai limes permanenti della centuriazione romana e della Mediolanum - Ticinum.

82

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

5. Conclusioni Il metodo cos definito attraverso lo studio eseguito per lIReR ha permesso di rilevare una buona permanenza dell antica matrice centuriale dell ager ticinensis cos come della traccia della Medio lanum - Ticinum individuando anche, attraverso il confronto con la cartografia storica, i punti pi degradati dellimpianto a seguito dallevolversi della forma del territorio. Il sistema irriguo riveste un ruolo fondamentale in questo ambito territoriale riprendendo spesso i segni permanenti della centuriazione, sovente affiancato dal sistema viario. Nonostante la forte antropizzazione risultano ancora in gran parte orientati - secondo la matrice antica - anche i segni minori nelle singole centurie: un buon numero di queste ultime rivelano ancora lesistenza al loro interno del 75 100% di segni orientati rispetto alla totalit dei segni contenuti. Tali segni vengono quindi indagati con lausilio delle

schede di approfondimento analitico che ne permette una precisa valutazione della consistenza materiale in previsione di un puntuale intervento di tutela. Il territorio pavese coincidente con lantico ager ticinensis da considerarsi, con giusta causa, un paesaggio culturale da conservare non solo con un vincolo ai sensi della legge 1497/39, peraltro gi vigente su parte del territorio oggetto di studio, ma anche con un intervento volto alla sua tutela e valorizzazione pi propositivo come ad esempio listituzione di un PLS (Parco locale di interesse sovra comunale). Attraverso la valorizzazione dei punti di forza del territorio pavese (i resti della matrice romana con i numerosi nuclei rurali di antica formazione; le zone umide con la loro particolare accezione floro - faunistica; le tradizionali colture agricole, come quella risicola che si estende su gran parte di questo territorio) sar possibile anche una fruizione culturale atta ad una consapevole conoscenza storica del paesaggio agrario.

Maurizio Boriani, Annamaria Boniardi, Susanna Bortolotto, Piero Favino

83

BIBLIOGRAFIA

AA.VV. 1960, Dizionario biografico degli italiani, Roma. AA.VV., Archeologia e storia a Milano e in Lombardia (atti di convegno), Como. G. P. BOGNETTI 1926, Sulle origini dei comuni rurale nel medioevo, Pavia. G. P. BOGNETTI 1968, Let longobarda, Milano. M. BORIANI, L. SCAZZOSI 1987, Natura e architettura: la conservazione del patrimonio paesistico, Milano. M. BORIANI (a cura di) 1996, Giardino e paesaggio conoscen za, conservazione, progetto , in A-Letheia, n. 7, Firenze. M. BORIANI (a cura di) 1997, Patrimonio archeologico, proget to architettonico e urbano, in A-Letheia, n.8, Firenze. P. BOSELLI 1987, Toponimi lombardi, Milano. M. R. FILIPPI 1984, Le procedure: la delimitazione dei confini, in AA.VV., Misurare la terra: centuriazioni e coloni nel mondo romano, Modena. P. FRACCARO 1949a, Centuriazioni romane dellagro ticinese, in Atti e memorie del IV congresso storico lombardo, Milano. P. FRACCARO 1949b, Strade romane dellagro pavese, in Bollettino della societ pavese di storia patria, Pavia. G. MARCHETTI, L. PELLEGRINI, M. VANOSSI 1984, Geolo gia e geomorfologia, in: Societ pavese di storia patria, Storia di Pavia, Pavia. C. A. MASTRELLI 1978, La toponomastica lombarda di origi ne longobarda, in: AA.VV., I longobardi e la Lombardia: saggi (catalogo di mostra), Milano A. MERATI 1980, Problemi di toponomastica romana e prero mana nel territorio di Milano, in M. MIRABELLA ROBERTI 1993, Milano: le mura repubblica ne, in AA.VV., Mura delle citt romane in Lombardia, Como.

NUOVI GEOGRAFI ITALIANI 1990, Dizionario di toponoma stica, Torino. D. OLIVIERI, 1934 Di alcune tracce di vie romane nella topo nomastica italiana, Torino. D. OLIVIERI, 1960 La terminologia relativa al Villaggio, al Borgo, alla Parrocchia e ad altre circoscrizioni con simili riflesse nella toponomastica lombarda, in: Archivio Storico Lombardo Milano. D. OLIVIERI, 1961a, Dizionario di toponomastica lombarda, Milano. D. OLIVIERI, 1961b, Gli studi di toponomastica dellItalia set tentrionale nellultimo periodo, Firenze. A. PALESTRA 1978, Le strade romane nellantica diocesi di Milano, Milano. A. PALESTRA 1980, San Satiro fratello di Santa Marcellina e SantAmbrogio, Milano. A. RIEGL 1982, Scritti sulla tutela e il restauro, G. La Monica (a cura di), Palermo. G. SERRA 1931, Contributo toponomastico alla teoria della continuit nel medioevo delle comunit rurali roma ne e preromane dellItalia superiore, Milano. G. TIBILETTI 1978, Problemi gromatici e storici, in Storie locali dellItalia romana, Como. P. TOZZI 1972, Storia padana antica, Milano. P. TOZZI 1974, Saggi di topografia storica, Firenze. P. TOZZI 1984a, La ricostruzione della rete viaria del territorio di Ticinum, in Societ pavese di storia patria, Storia di Pavia, Pavia. P. TOZZI 1984b, Il territorio di Ticinum romana, in Societ pavese di storia patria, Storia di Pavia Pavia. G. VACCARO 1960 (a cura di), Panorama biografico degli ita liani di oggi, Roma.

Diego Moreno

85

USCIRE DAL PAESAGGIO: IL CONTRIBUTO DELLA ECOLOGIA STORICA E DELLA STORIA LOCALE
Diego Moreno

Se in Italia avr successo lindirizzo che oggi si chiama ecologia storica, si avr soltanto se da parte dei naturalisti delle scienze ambientali e delle scienze naturalistiche ci sar attenzione per un approccio storico. A 10 anni di distanza, se togliamo Lanfredo Castelletti e un pugno di poche altre persone che lavorano in Italia su questi sistemi, lattenzione del mondo della ricerca ambientale e del mondo dei naturalisti per i problemi teorici e pratici che lecologia storica porta a chi si occupa della ricostruzione dei quadri ambientali, io non la riscontro. Non la riscontro e vedo che il problema che si presenta qui lo stesso. Le cose che dir adesso risulteranno, credo, un po complicate. Recentemente proprio a questo tema ho dedicato un paio di articoli, uno sulla rivista Archeologia postmedievale e uno su Quaderni storici. Questi articoli sono risultati illeggibili, difficilissimi, rigettati da quasi tutti i lettori. Quindi dispero di riuscire ad essere chiaro, per vorrei riuscire a comunicare almeno lidea di fondo. Quello che avvenuto in questi anni, credo, allinterno della ricerca in archeologia, proprio una continua evoluzione e direi una continua crescita delle capacit analitiche degli strumenti di indagine dellarcheologo. Ora, se io dico, capacit analitiche degli strumenti, sono sicuro che la met degli archeologi che sono qui presenti, pensano a quello che abbiamo visto questa mattina: larcheologia analitica fondamentalmente unarcheologia quantitativa, linformatica in archeologia. Questo sicuramente uno degli aspetti importanti, anche Mannoni lha ricordato. Quando io parlo di capacit analitiche mi rifaccio, invece, a un concetto storiografico. Dove sta la differenza? Nel sistema informatico applicato alla geografia abbiamo di fronte un attrezzo interessantissimo che ci permette rapidissimi cambi di scala di osservazione, ma linformazione contenuta ai diversi livelli di scala non cambia, cambia solo la scala spaziale. Larcheologo, invece, se adotta strumenti analitici durante il suo lavoro, mentre cambia la scala cambia anche loggetto dellosservazione: loggetto dellarcheologia dipende dalle domande che larcheologo si fa mentre affronta la sua ricerca.

Tra i modi in cui queste capacit analitiche si sono accresciute c un diverso e completamente nuovo rapporto con quelle che un tempo erano considerate discipline ausiliarie quali larcheo-botanica e la geo-archeologia. Il rapporto di dipendenza che poneva queste discipline di carattere ambientale-naturalistico in qualche modo al servizio dellarcheologia cambiato. talmente cambiato che ormai facile trovare contributi che parlano di archeologia-ambientale in un rapporto paritetico con larcheologia. In Italia se ne parla ormai, credo, da 3 anni, mentre il gruppo che si occupa di questi problemi in Inghilterra lavora da una decina danni ed presente anche in Francia. Lo studio analitico micromorfologico dei suoli cambiato rapidamente nel corso degli anni 90. Nell89 le strutture micromorfologiche dei suoli erano considerate indicatori di clima, vegetazione e pressione antropica. Pochi anni dopo gli stessi autori precisano il ruolo di questi indicatori e le micromorfologie sono ora studiate, ad esempio, come indicatori di pastorizia. Nellultimo lavoro in cui proponevo agli archeologi postmedievalisti di fare dellarcheologia ambientale, suggerivo che i dati, tipo quelli micromorfologici, fossero testimonianza di pratiche di utilizzazione e di attivazione delle risorse ambientali. Oggetto di analisi storica sono la pressione antropica, la pastorizia, le pratiche di utilizzazione del suolo. La pressione antropica (attivit antropica, paesaggio antropico), un concetto fondamentale che stato fondante per le ricerche ambientali, come lo stato il concetto di paesaggio per le ricerche geografiche e ambientali sicuramente fino agli anni 60. Ora, se noi ci chiediamo che cosa sia la pressione antropica, su cosa si esercita, ci rendiamo conto che abbiamo un clima e una vegetazione da una parte e la pressione antropica dallaltra. Dietro allidea di paesaggio che ha Emilio Sereni, per parlare, ad esempio, di qualcuno che di storia del paesaggio se ne intendeva, vi una definizione di paesaggio che antropo-geografica; il paesaggio agrario corrisponde a quelle forme che vengono impresse dalluomo sullambiente naturale. In sostanza, il paesaggio agrario non si poteva defini-

86

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

re che per differenza da un paesaggio naturale. Un prima naturale su cui, poi, si avvia la pressione antropica. Questo modello molto poco storico, perch se ci si limitasse a riconoscere la pressione antropica negli indicatori dei micromorfologi o dei paleontologi, la dimensione storica della nostra analisi sparirebbe per quello che riguarda i rapporti con le risorse ambientali. Gli indicatori che analiticamente vengono via via messi in luce dalla ricerca archeologica e ambientale, possono diventare segni di attivit storiche. In sostanza il problema quello della costruzione del documento archeologico. Il record archeologico non un dato, non esiste un dato ambientale, ma esiste il dato che larcheologo, in qualche modo, estrae dai suoi depositi. Larcheologia diventata analitica nel momento in cui ha dichiarato le procedure con cui estrae le sue informazioni dai depositi. Nel caso dellarcheologia ambientale le procedure possono essere ispirate alle tematiche della paleo-archeologia, oppure possono ispirarsi allecologia storica. Per qualcuno che studia la paleo-archeologia trovare le prime tracce di pressione antropica significa passare da un mondo intatto di equilibrio naturale, a un mondo in cui c una pressione antropica che prima non cera. Questo prima bisogna vedere quando lo si colloca: il problema archeologico questo e qui la fantasia si sviluppa. Su un numero di Nature dellanno scorso, i sedimentologi marini hanno messo in evidenza che le attivit antropiche, contrassegnate da fuochi artificiali, sul continente africano sono registrate nei sedimenti marini a partire da 400.000 anni orsono. Il fuoco geologicamente abbastanza recente, il fuoco naturale comincia col terziario, ma lattivit antropica interferisce a partire da 400.000 anni fa. Dove sta lambiente naturale? Dovete considerare che questo fuoco antropico non un fuoco di poco peso, pensate che le culture a livello tecnologico paleolitico, come quelle aborigene del continente australiano, hanno controllato lintera vegetazione in meno di 40.000 anni. In sostanza qual il problema? Che il referente naturale cosi lontano che non ci pu servire a costruire modelli storici dei rapporti tra la societ e le risorse, soprattutto se la scala diventa la scala locale. Ripeto, gli strumenti analitici gli archeologi li hanno; lo strumento di generalizzazione nei confronti della storia non funziona: normalmente si pensa al paesaggio ed proprio quello strumento che ci rimanda a un prima naturale che non ci permette di ritrovare quello spessore storico che mi sembra lo scopo di questo convegno. Allora, larcheologia ambientale pu diventare analitica? Io penso di s. Ci vogliono dei programmi appositi. Altrove sono gi avviati; da noi ci sono poche persone, poche risorse; unidea che avanza lentamente. Credo che un esempio a questo punto potrebbe rendere pi esplicito il discorso. Si tratta, di un

bacino intorbato a quota 1.400 metri, il bacino del lago Spilla, nellAppennino ligure-tosco-emiliano. Riguarda le fasi in cui lambiente, le oscillazioni delle diverse componenti vegetali del popolamento della copertura non sono pi determinate solo e soltanto da fattori naturali come clima, vegetazione e suolo, ma dal controllo che stato esercitato dalluomo sulle risorse Da quando? Il diagramma pollinico che parte dallultima interglaciazione, da 10.000 anni fa circa, indica che lattivit antropica diventata determinante da almeno 5.000 anni. E notate bene che c il dubbio che in realt ci sia gi unattivit delle culture mesolitiche e preneolitiche (7.000-8.000 anni fa). Questo diagramma presenta un caso interessante, di cui voglio rapidamente discutere: la datazione C14 a 1.400 anni before present di due variazioni polliniche interessanti in corrispondenza di uno strato di disturbo dei suoli. Due variazioni che avvengono in un regime, per cos dire, economico: c un aumento del popolamento di faggio e un aumento generale del popolamento di graminacee. Cio due aumenti che sulla stessa area non possono verificarsi naturalmente. Vi stato, dunque, un nuovo assetto della vegetazione completamente diverso. Siamo in et alto medioevale, in et longobarda, allorch si mette in atto una riorganizzazione delle risorse dellallevamento, con prati e pascoli alberati. Nella fase precedente vi , invece, un bosco misto, quello che possiamo immaginarci essere un saltus di et classica. Che cosa un prato pascolo alberato di faggi? un sistema di produzione del foraggio intensivo, ben noto nelle regioni settentrionali dellEuropa, ci sono molti lavori su questo. Una carta tardo cinquecentesca mette in evidenza il diverso sistema di conduzione della faggeta sovrastante il pascolo, sistema per la produzione di foraggio fresco dalle foglie. La carta della vegetazione di questo settore dellAppennino costruita su ricognizioni di terreno e uso dellaerofotografia, mostra lAlpe di Bagioletto con alcuni degli elementi di questo tipo di paesaggio che gli Inglesi ormai chiamano di savana, ma in realt, appunto, un prato pascolo alberato. Bene, se questo tipo di paesaggio, usiamola questa parola, viene interpretato per quello che sembra attraverso la foto aerea o unindagine puramente vegetazionale sul terreno, considerato una forma di degradazione della faggeta; una forma di transizione tra il limite della faggeta e i limiti del pascolo. , invece, un residuo post-culturale di un sistema di produzione vegetale, che impiegava gli alberi nella produzione foraggiera e aveva intensificato la produzione erbacea. Questo sistema, tra laltro, rimasto attivo fino ai primi anni di questo secolo. stato abbandonato negli ultimi 70 forse 100 anni; si trova, quindi, ormai a frammenti. Qualche frammento si conservato perch c ancora un po di attivit di pascolo. Su queste

Diego Moreno

87

forme di uso del suolo nel corso del XIX secolo caduto un forte oblio dovuto ad una variazione amministrativa fondamentale: sono caduti tutti i sistemi di uso comunitario delle risorse. Tutta questa storia sparisce di colpo se questo aspetto della vegetazione viene classificato come fase di transizione o di degrado della faggeta. Se poi, anzich affidarci a categorie generali di descrizione di tipo paesaggistico, facciamo unanalisi di carattere ecologico, per esempio ci poniamo il problema di andare a misurare la biomassa che si produce, per quello che riguarda la produzione erbacea, al di sotto delle aree coperte dai singoli faggi isolati, e la confrontiamo con la biomassa che si produce nelle parti esterne a quella quota, noi

vediamo che c quasi un raddoppio. Cio il prato pascolo alberato rende in produttivit il doppio. Chi usava questo sistema conosceva benissimo questo dato, ma c un dettaglio ancora pi interessante. Se voi fate il calcolo del rapporto tra le specie erbacee foraggere che stanno allesterno della zona aperta di prato pascolo, rispetto alle specie buone foraggere che si concentrano nelle aree sotto la faggeta, il rapporto si raddoppia. Queste sono le relazioni ipotetiche, ma di carattere energetico che legano la copertura erbacea e arborea e la sua utilizzazione come foraggio. Bene, questo sistema, che un sistema di prati con raccolta di foglie, come vedete, quello che risulta essere tra i pi produttivi.
(Trascritto dalla registrazione e rivisto dal Prof. G. P. Brogiolo.)

Ninfa Cannada-Bartoli

89

LA CARTA DEL RISCHIO PER LEDILIZIA STORICA: UN ESEMPIO APPLICATIVO1


Ninfa Cannada-Bartoli

Premessa Il tema del Convegno stimolante e, nello stesso tempo, di grande complessit, come rivelano gli interessanti e diversificati interventi che mi hanno preceduto. Tali interventi testimoniano lo stato di avanzamento della ricerca nei diversi campi disciplinari che afferiscono a tale tema, a fronte delle trasformazioni del territorio che hanno portato alla perdita di identit, di singolarit, di diversit dei luoghi e del paesaggio, con la distruzione e la radicale modificazione di innumerevoli beni architettonici, ambientali e paesistici. Si pu toccare con mano lo iato tra la ricerca e le pratiche di intervento dei diversi attori sul territorio, e nello stesso tempo la mancanza, spesso, di iniziative finalizzate allapplicazione di tali approfondimenti allo scopo di migliorare lintervento sul costruito e di preservare le testimonianze storiche costitutive dellidentit e della storia locale. In questo quadro occorre sottolineare, in positivo, come, allinterno delle Linee generali di assetto del territorio 2 recentemente approvate dalla Giunta Regionale, sia stato assunto come riferimento fondativo lo Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo (SSSE), che, approvato a Posdam nel 1999, rappresenta il tentativo di far convergere politiche territoriali e politiche economiche e sociali a scala europea, coniugando lobiettivo dellintegrazione europea con quello della valorizzazione delle specifiche diversit locali. Tra i principali obiettivi di tale documento, che la Regione ha fatto propri e che vengono declinati in specifici indirizzi alle Province per la formazione dei Piani Territoriali di Coordinamento, si ritrovano anche quelli correlati alla tutela dei beni culturali e paesistici. I tre grandi campi di azione individuati per il territorio dellUnione comprendono infatti:
1 Il testo che segue stato rivisto e ampliato rispetto allintervento nellambito del Convegno, in considerazione dei pi recenti sviluppi del progetto e della normativa regionale.

uno sviluppo policentrico e un nuovo rapporto citt-campagna; la parit di accesso alle infrastrutture e alle conoscenze; un uso prudente dei beni naturali e culturali. Questultimo obiettivo, che maggiormente interessa in questa sede, viene ulteriormente declinato con riferimento alla conservazione, alla valorizzazione e alla gestione creativa del patrimonio culturale e naturale quali potenziali fattori di sviluppo economico e sociale. Il Polo regionale della Carta del Rischio delledilizia storica, realizzato in collaborazione con lIstituto Centrale del Restauro, concorrer alla realizzazione di tali obiettivi fornendo supporto alle decisioni relative: alla definizione delle priorit di intervento sul patrimonio storico-architettonico; allavvio sistematico di azioni di prevenzione e conservazione programmata dei beni; agli interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e paesistico.

La Carta del Rischio, che risale, come noto, al Piano Pilota per la Manutenzione Programmata dellUmbria voluto nel 1970 da Giovanni Urbani, ha anticipato i principi di sviluppo equilibrato e sostenibile e di prevenzione dei fattori di rischio per il patrimonio culturale e ambientale che informano i pi recenti documenti dellUnione Europea. A Giovanni Urbani risale il cambio di paradigma che connota la stessa Carta, cio il passaggio da una modalit di intervento sul costruito expost, a danno avvenuto, ad un approccio ex- ante di carattere preventivo, fondato su una approfondita conoscenza del manufatto nelle sue relazioni con lambiente circostante. La manutenzione, intesa come cura costante dei beni culturali e come atto necessario per rallentare i processi di degrado che possono portare anche alla
2 D.g.r. 7 aprile 2000, n.6/49509, Approvazione delle linee generali di assetto del territorio lombardo ai sensi dellart.3,comma 39, della legge regionale 5 gennaio 2000 n.1, B.U.R.L., 2supplemento straordinario al N.22

90

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

perdita delloggetto, una prassi costantemente praticata in epoca preindustriale, che viene applicata, pi in generale, al territorio e al paesaggio. Giovanni Urbani ripropone tale prassi in senso moderno, attraverso una lettura del manufatto nelle sue interrelazioni con il territorio, estendendo il concetto di prevenzione e cura dal manufatto in s allambiente in cui inserito. Lo stato di salute, la vulnerabilit degli edifici, vengono letti contestualmente, quali risultati dellinterazione tra manufatto nella sua consistenza progettuale e materica e ambiente nelle sue diverse componenti di rischio. Questo processo rilevante, non solo perch permette di arrivare alla qualificazione del rischio individuale di ciascun monumento, ma perch ricolloca il patrimonio nel contesto della pianificazione territoriale, mette in luce i rischi non solo naturali, ma anche derivanti da una inadeguata e insostenibile politica ambientale e territoriale, ponendo il problema della riduzione dei potenziali fattori di degrado. Il manufatto architettonico diventa, in questo modo, anche un potenziale indicatore dello stato di salute dellambiente in cui inserito, cos come pi comunemente, nel campo della tutela ambientale, lo sono gli elementi naturali. In questa lettura di carattere fenomenologico, levidenza di un elevato grado di rischio dovrebbe comportare, almeno in linea teorica, un contestuale intervento sia sul manufatto sia sullambiente che lo circonda. Proprio perch realizzata dalla Regione - soggetto di governo con responsabilit di programmazione del territorio- la Carta del Rischio potr costituire il supporto conoscitivo e il presupposto per interventi integrati di conservazione e valorizzazione dei beni culturali e dellambiente. Avviata nel 1998, la Carta del Rischio entra a far parte, insieme ad altri grandi progetti di valorizzazione del patrimonio monumentale, dellAccordo di Programma Quadro che la Regione Lombardia, prima tra le altre Regioni, firma con il Ministero per i Beni e le Attivit Culturali: il Polo Regionale diventa, in tal modo, obiettivo comune dellintervento dello Stato e della Regione, dando sostanza al principio di cooperazione ampiamente richiamato dal D.lgs.112/98 e concretamente attuato attraverso il crescente e sistematico ricorso agli strumenti della programmazione negoziata3 nella individuazione, progettazione e realizzazione degli interventi sul territorio. Tale principio, a fronte di un quadro di riforme sostanzialmente deludenti per le Regioni in materia di beni culturali, stato in questi due anni ampiamente sperimentato attraverso il quotidiano e proficuo lavoro di costruzione del progetto in collaborazione con lIstituto Centrale del Restauro. In questo contesto la Carta del Rischio, pur proponendosi come standard di riferimento, rap3 Si veda in proposito AA. VV. 1999.

presenta un progetto in progress, che, a partire dal sistema messo a punto nel corso degli anni 80 dallIstituto Centrale del Restauro, si arricchisce via via dei contributi derivanti dalla sua concreta applicazione e gestione. La realizzazione del Polo Regionale della Lombardia si inserita in questo percorso, contribuendo a dare ulteriore corpo alla visione che Giovanni Urbani, per primo, si propose di mettere in atto con il Piano Pilota per la conservazione programmata dei beni culturali in Umbria.4 Completata la fase di test e sperimentazione del sistema, la Carta evolver, quindi, su tre fronti: lattivit di catalogazione, lincentivazione degli interventi di conservazione programmata sul territorio regionale, lapprofondimento delle relazioni con la pianificazione territoriale e paesistica. Il Polo regionale della Carta del Rischio del Patrimonio Culturale La finalit del sistema regionale della Carta del Rischio quella di approfondire e razionalizzare le conoscenze gi comprese nella banca dati centrale dellIstituto Centrale del Restauro, con particolare riferimento al rapporto tra bene e territorio, raccogliendo informazioni puntuali sui beni e sul loro stato di conservazione, integrando i dati relativi al rischio ambientale e correlando gli edifici storici al contesto territoriale. Tutto ci con lobiettivo di valutare preventivamente, su base statistica e per aree geografiche, il rischio di danni cui soggiacciono i beni culturali ed in particolare gli edifici storici, al fine di poter progettare la prevenzione anche attraverso il diretto controllo dei fattori che possono interagire negativamente con levoluzione conservativa dei manufatti edilizi. La schedatura dello stato di conservazione effettuata su tutti i monumenti permette di associare ai dati sulla vulnerabilit di ciascuno di essi i fattori di pericolosit ambientale che gli sono pertinenti, arrivando a una qualificazione individuale e personalizzata del livello di rischio cui ogni monumento soggetto. Il Polo Regionale della Carta del Rischio si propone principalmente due obiettivi nei confronti del Polo centrale: alimentare la banca dati con le informazioni relative ai beni compresi sul territorio regionale attraverso rilevazioni sul campo e renderla disponibile per il Polo centrale; definire una metodologia che consenta di precisare la pericolosit del contesto in cui il bene inserito al fine di pervenire ad una valutazione del rischio individuale attinente al bene stesso.

4 Per una trattazione pi completa e approfondita del progetto si veda AA.VV.2000.

Ninfa Cannada-Bartoli

91

Nei due anni di attivit sono stati schedati 400 edifici e circa 3.200 opere darte in questi comprese, in aree geografiche diverse dalla pianura alluvionale alla zona prealpina, fino ad aree ad elevato rischio idrogeologico come la provincia di Sondrio. Si potuto cos testare il processo complessivo e sperimentarne la complessit, mettendo a punto tempi e costi di catalogazione. Per quanto riguarda il secondo aspetto, cio il tema della pericolosit territoriale, stato messo a punto un prototipo che effettua il calcolo degli indici di pericolosit statico-strutturale nellintorno delledificio, relativamente ai tematismi previsti dal modello ICR e presenti in Lombardia (frane e dissesti, valanghe, sismicit, esondazioni). Tale prototipo, a titolo di comparazione con quanto presente nel Polo centrale, effettua anche lo stesso calcolo a livello di area comunale. Alcuni tematismi, infine, non esplicitamente presenti nel modello centrale, ma disponibili in sede locale, sono stati utilizzati come sfondo per completare, almeno visivamente, le informazioni relative alla pericolosit statico-strutturale (aree a rischio idrogeologico molto elevato, aree storiche di esondazione, aree soggette a vincolo ambientale). Sono stati realizzati, in parallelo, corsi per catalogatori junior e senior, che hanno formato circa 100 professionisti in grado di intervenire in modo qualificato a scala territoriale nei prossimi anni. La diffusione del progetto e della cultura della prevenzione stata realizzata attraverso pi di 20 presentazioni pubbliche per un totale di pi di 1.200 contatti La Carta del Rischio come strumento di supporto alle decisioni di intervento sul patrimonio storico-architettonico In parallelo la riflessione si centrata sulle modalit di utilizzo della Carta del Rischio come reale strumento di supporto alle decisioni ai diversi livelli territoriali, senza attenderne il completamento. Con particolare riferimento alla vulnerabilit del bene, ci si chiesti come poter coniugare la fase conoscitiva al processo decisionale, a partire dalla programmazione degli interventi a scala regionale e locale, fino alla loro realizzazione, messa in esercizio e gestione. Solo tale integrazione garantirebbe laggiornamento del sistema e, in conseguenza, la sua utilizzabilit nel tempo. Per quanto riguarda la fase di programmazione degli interventi a scala regionale, la soluzione pi semplice e praticabile sembrata quella di cor5 Il progetto stato realizzato in collaborazione con CESTEC S.p.A.. Centro Lombardo per lo Sviluppo Tecnologico e Produttivo dellArtigianato e delle Piccole Imprese (soggetto attuatore), ECIPA-Lombardia e Politecnico di Milano. Hanno collaborato alla

relare la compilazione dei tracciati schedografici agli interventi di restauro e conservazione finanziati o cofinanziati dalla Regione anche nellambito di Accordi di Programma. In questo modo, da un lato si incentiverebbero le amministrazioni locali a contribuire alle campagne di catalogazione, dallaltro si otterrebbe, ad integrazione della scheda catalografica, il rilievo completo delledificio. Lonere aggiuntivo sarebbe assolutamente trascurabile: il tracciato schedografico comprende, infatti, informazioni che il progettista deve gi raccogliere a supporto del progetto. Si tratterebbe, quindi, esclusivamente di presentare tali informazioni in un formato standardizzato. Lindicatore relativo alla vulnerabilit del bene (attualmente fondato su un giudizio) sostanzierebbe il parametro relativo allurgenza dellintervento, rendendolo pi aderente alla realt, anche in assenza di unampia base statistica di riferimento. Il rischio individuale diventerebbe, insieme con altri, criterio e indicatore di priorit negli interventi, ponendo, cos, le basi anche per laggiornamento della banca dati correlato ai finanziamenti regionali. Pi complessa appare, invece, lestensione della catalogazione a tutti gli interventi sul patrimonio monumentale, si pensa in particolare: agli interventi di conservazione di diversa entit realizzati da privati e soggetti allauto rizzazione delle Soprintendenze; agli interventi di conservazione e manutenzione del patrimonio ecclesiastico; agli interventi programmati dagli Enti locali nellambito del Programma triennale delle opere pubbliche, previsto dalla legge Merloni. La conservazione programmata Il progetto di Ricerca/intervento per linnovazione delle professionalit tecniche nel campo della conservazione preventiva e programmata del patrimonio storico-architettonico 5, cofinanziato dalla Regione Lombardia, dal Ministero del Lavoro e dal Fondo Sociale Europeo, recentemente concluso, ha approfondito i temi correlati alla manutenzione preventiva del patrimonio storico-architettonico, con risultati articolati che affrontano gli aspetti tecnici e contrattuali (con la formulazione di linee guida per la conservazione programmata nel quadro della legge Merloni), la qualificazione degli operatori del processo di conservazione, e il sistema informativo, come modulo integrativo del sistema della Carta del Rischio. Questultima rappresenta lelemento di innesco del processo: il
ricerca rappresentanti della Regione Lombardia, dellIstituto Centrale per il Restauro, del Ministero per i Beni e le Attivit Culturali, delle imprese, dellAssociazione Restauratori dItalia, del Politecnico di Milano, del C.N.R. Centro Dino Bozza, di Italia Nostra.

92

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

punto zero della vicenda conservativa delledificio, cristallizzando idealmente in tale data la dinamica del danno. Il tracciato schedografico della Carta del Rischio rappresenta il cuore degli strumenti tecnici della conservazione programmata, di cui viene garantito il costante aggiornamento attraverso il Programma di conservazione, che preveder attivit di ispezione e manutenzione non specialistiche, in funzione del livello di rischio, uno o pi interventi a sistema. Le linee guida sono state testate sullo storico Palazzo Bagatti Valsecchi, di propriet della Regione, nellambito del corso di formazione per Progettisti della conservazione programmata, gestito dalla Scuola di specializzazione in Restauro dei monumenti del Politecnico di Milano. I partecipanti guidati da tutor e da docenti del corso hanno messo a punto il Programma di conservazione delledificio, predisponendo i relativi Manuale duso, Manuale utente e Programma di conservazione. La ricerca ha anche dimostrato, per ora dal punto di vista teorico, che la pianificazione della conservazione comporta, in ultima analisi, una pi efficiente allocazione delle risorse globali, mettendo a punto, in parallelo, un sistema di incentivi, che saranno implementati nei prossimi due anni dalla Regione Lombardia. La politica degli incentivi proposta, oltre a seguire il principio della sussidiariet, aiuter ad avviare una procedura di per s remunerativa per chi la attua, liberando risorse che saranno rese disponibili per innalzare la qualit dellintero processo. La transizione ad una politica di conservazione preventiva e programmata non potr che essere graduale, allo scopo sia di creare preliminarmente un consapevole consenso tra gli operatori, sia di testare e sviluppare ulteriormente gli strumenti tecnici e contrattuali di supporto, sia infine di rendere operativo il sistema degli incentivi. Tale fase di sperimentazione sul campo dovrebbe concludersi alla fine del 2001, prevedendo per il 2002 la programmazione degli interventi di conservazione estesa a tutto il territorio regionale. In parallelo si proseguir lattivit di catalogazione secondo la metodologia della Carta del Rischio, per costituire un primo supporto informativo agli interventi, rendendo nello stesso tempo obbligatoria la compilazione della scheda per tutti gli interventi cofinaziati dalla Regione. Dal manufatto al contesto di intervento: consi derazioni sulle relazioni tra Carta del Rischio e pianificazione territoriale e paesistica6 Se la valutazione dello stato di conservazione si
6 Questo paragrafo fa riferimento, tra laltro, al capitolo La

avvale di strumenti e metodologie standardizzate elaborate nel corso degli ultimi anni dallIstituto Centrale per il Restauro, la valutazione delle pericolosit territoriali a livello locale richiede invece lutilizzo organico e sistematico di informazioni e metodologie definite allinterno del Sistema Informativo Territoriale Regionale. Il tema della pericolosit territoriale stato quello pi complesso da definire nel passaggio dal livello centrale alla scala regionale7. La maggiore complessit correlata non solo alle diversit delle basi informative e cartografiche elaborate dalla Regione, ma anche alla diversa missione della Regione e dellIstituto Centrale per il Restauro. Alla Regione, infatti, fanno capo ampie competenze in materia di pianificazione del territorio, di tutela dellambiente, di salvaguardia attiva del paesaggio; la Regione istituzionalmente tenuta a costruire e mantenere un Sistema Informativo Territoriale a supporto del processo decisionale in materia di pianificazione e tutela del territorio e dellambiente, lICR dipende, invece, da diversi altri enti e soggetti per limplementazione e laggiornamento della Banca Dati Centrale. Questultima stata progettata, per cos dire, una tantum, mentre devono essere ancora definiti i flussi informativi e le fonti che possano alimentare stabilmente il sistema. I tre domini statico-strutturale, ambiente-aria e antropico, le relative variabili e indicatori sono stati analizzati e definiti in relazione al patrimonio informativo del Sistema Informativo Regionale. La qualificazione individuale del livello di rischio cui ogni singolo bene soggetto, diventa quindi lo strumento di valutazione sintetica della situazione permettendo una programmazione degli interventi di conservazione pi mirata e, indirettamente, una pianificazione territoriale pi oculata alla luce dei rischi di origine naturale, o causati da errate politiche ambientali. Nei due anni di sperimentazione, sono state investite risorse su un modello di rischio individuale strettamente correlato al monumento, che integri tendenzialmente le informazioni gi disponibili allinterno del S.I.T. regionale. Questo approccio sta per essere ulteriormente sviluppato in collaborazione con lIstituto Centrale per il Restauro, che partecipa insieme alla Regione Lombardia, alla Regione Lazio (capofila), ad altre sei regioni italiane e ad una spagnola nellambito di un progetto europeo (Interreg II), con lobiettivo di mettere a punto modalit comuni per listituzione dei poli locali e di ridefinire il concetto di pericolosit territoriale al fine di arrivare alla costru7 Per ulteriori indicazioni su questo argomento, si rimanda ai testi pubblicati a cura dellIstituto Centrale per il Restauro citati in bibliografia.

Carta del Rischio e la pianificazione territoriale, curato da F.Bargiggia, allinterno del volume Il Polo Regionale della Carta del rischio del Patrimonio Culturale. Dalla catalogazio ne alla conservazione Programmata, op.cit.

Ninfa Cannada-Bartoli

93

CICLO PRODUTTIVO DEGLI INTERVENTI DI CONSERVAZIONE PROGRAMMATA Situazione auspicabile

94

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

zione di un modello standard di rischio individuale condiviso dalle Regioni. Il rischio-statico strutturale sar dunque rivisitato nellambito di tale progetto, con particolare riferimento al rischio idrogeologico, molto rilevante in Lombardia. Occorre sottolineare che, anche in seguito degli eventi calamitosi del 1987 in Valtellina e in attuazione della relativa normativa nazionale, la Regione Lombardia si dotata di una strumentazione molto avanzata per lanalisi e la prevenzione di tale fattore di rischio. Tale strumentazione va dalla costituzione di sistemi informativi molto puntuali relativi ai dissesti, a prescrizioni cogenti per la redazione degli strumenti urbanistici, di cui la componente geologica diventata elemento costituente, a consistenti investimenti per interventi di prevenzione nelle aree ad elevato rischio idrogeologico.8 La georeferenziazione preliminare di tutto il patrimonio monumentale, prevista per il 2001, e la parallela digitalizzazione delle aree soggette a dissesto, consentir di porre in immediata evidenza i manufatti maggiormente a rischio sotto questo profilo, prevedendo conseguentemente, oltre alla catalogazione, i necessari interventi di prevenzione. In modo analogo si dovr operare per i comuni (fortunatamente pochi in Lombardia) a rischio sismico, per i quali in ambito regionale in collaborazione con il C.N.R. sono gi stati condotti specifici studi e approfondimenti. Per quanto riguarda il rischio ambientearia, la carenza di informazioni attendibili relative alla maggior parte del territorio lombardo (le reti di rilevamento collegano attualmente centraline localizzate esclusivamente nei centri maggiori) richiede lavvio di una sperimentazione che abbia come oggetto i singoli monumenti. A tale proposito prevista, per il 2000, una rilevazione a basso costo delle concentrazioni medie annue di alcuni agenti inquinanti con il metodo dei campionatori passivi: ci contribuir non solo alla validazione dei modelli per la diffusione degli inquinanti attualmente utilizzati, ma anche a una pi precisa conoscenza della situazione specifica delle aree extra-urbane della Regione.9 Il fattore di rischio pi complesso e critico da affrontare nel passaggio ad una gestione regionale del Polo della Carta del Rischio certamente quello antropico, che richiede una profonda revisione concettuale: esso non pu essere esclusivamente puntuale, limitato, cio, alla pur significativa raccolta di dati e allelaborazione di indicatori di rischio relativi alla pressione antropica sul singolo
8 Si fa riferimento alla Legge 18 maggio 1989, n.183 Norme per

monumento, ma deve estendersi al contesto, al luogo in cui inserito il bene, tenendo anche conto degli effetti, delle interazioni, della compatibilit e delle previsioni degli strumenti urbanistici. precisamente sul rischio antropico che si gioca la capacit della Regione di sviluppare ulteriormente la Carta del Rischio per garantire il raggiungimento degli obiettivi espressi in premessa e la ricomposizione tra tutela dei beni architettonici ed archeologici, pianificazione urbanistica e del paesaggio, valutazione e gestione dellimpatto ambientale. In altri termini, perch la Carta del Rischio possa effettivamente diventare uno strumento di supporto alle decisioni ai diversi livelli territoriali, dovranno essere individuate e definite le relazioni tra il Sistema Carta del Rischio e gli strumenti della pianificazione territoriale e urbanistica nel quadro delle linee generali di assetto del territorio lombardo precedentemente citate. Di seguito cercher di fare alcune considerazioni in merito, del tutto preliminari rispetto a successivi approfondimenti previsti in questa legislatura. La prima quasi banale: il processo di georeferenziazione del patrimonio sulla cartografia tecnica regionale un primo passo in questo senso. Limmediata evidenza del bene sulla Carta e la lettura contestuale dei fattori di pericolosit costituiscono, gi di per s, un importante informazione a supporto della pianificazione territoriale. Inoltre, nel momento in cui il bene viene catalogato e documentato in modo approfondito anche nei suoi aspetti materici e nelle sue interazioni con il contesto, si innesca un processo di valorizzazione del bene stesso, che tanto pi significativo quanto pi si estende dalla sfera degli addetti ai lavori, fino a diventare patrimonio comune degli abitanti del luogo. La progressiva estensione della catalogazione e della conseguente georeferenziazione al patrimonio non solo vincolato, ma, pi in generale, al patrimonio di interesse storico-architettonico diffuso, secondo forme di collaborazione da individuare con Province e Comuni, costituisce un ulteriore passaggio, al quale deve conseguire la catalogazione dei centri storici e la loro perimetrazione secondo metodologie standardizzate e condivise. Se vero, infatti, che il tema del recupero dei centri storici risulta spesso centrale negli obiettivi degli strumenti urbanistici di ultima generazione, pi fortemente orientati alla riqualificazione della citt esistente piuttosto che alla individuazione di nuove aree di espansione, anche vero che sono
9 Per quanto riguarda pi in generale le problematiche di tute-

il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo, (G.U.n.120 del c25 maggio 1989), che ha dato il via alla riorganizzazione di tutta la materia riguardante la difesa del suolo e alla Legge regionale 41/1997 che norma la prevenzione del rischio idorogeologico nellambito dei Piani regolatori comunali.

la ambientale in Regione Lombardia, si veda il recente Rappor to sullo stato dellambiente in Lombardia, Regione Lombardia, Direzione Generale Tutela Ambientale, Milano 2000.

Ninfa Cannada-Bartoli

95

tuttora molto frequenti strumenti generali del tutto privi di tali studi o con una documentazione estremamente carente. Si dovranno perci definire metodologie per lindividuazione di altri edifici o ambiti costruiti, oltre a quelli tutelati ex L. 490/99, aventi valore storico ed architettonico, innestando questa metodologia allinterno di quella gi definita della Carta. Lestensione del concetto di conservazione programmata e dei relativi incentivi anche al patrimonio storico-architettonico diffuso e agli edifici dei centri storici cos come in parte gi avvenuto in Valtellina per gli antichi nuclei storici nellambito della Legge di ricostruzione 1 0 , lapplicazione di linee guida a supporto di tali interventi, potranno contribuire a superare una politica di recupero allinterno della pianificazione urbanistica che ha portato alla sostituzione con edilizia corrente di edifici con un valore storico di testimonianza dei tratti caratteristici dellabitare in quel luogo, o, nel migliore dei casi, a una visione vernacolare del progetto di recupero edilizio. Lintegrazione tra Carta del Rischio e Sistema Informativo dei Beni Ambientali nel quadro del Piano Territoriale Paesistico Regionale rappresenta un passaggio obbligato per recuperare le relazioni tra monumento e paesaggio sotto il profilo antropico e naturalistico. Approvato dalla Giunta regionale e presentato al Consiglio nel 1999, tale piano costituisce, come noto, un atto generale di indirizzo per lavvio di coerenti politiche di tutela del paesaggio regionale ai diversi livelli. Frutto di anni di studi e approfondimenti, esso il principale riferimento per individuare le aree a maggiore rischio di degrado sotto il profilo paesistico. In questo contesto, dovranno essere ricomprese nel Polo Regionale della Carta, secondo metodolo-

gie da concordare con lI.C.R. e la Soprintendenza Archeologica, anche le aree di interesse archeologico, gi oggetto di precedenti studi e ricerche nella costituzione dello stesso Piano Paesistico. Conclusa la fase di sperimentazione e test del progetto, dal 2001 la gestione della Carta del Rischio passer secondo modalit da concordare alle Province. In questo modo si costituiranno i presupposti perch la Carta, integrata con le informazioni derivanti dal Sistema Informativo dei Beni Ambientali, costituisca uno degli elementi di supporto dei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciali, per la definizione di interventi di conservazione programmata dei beni e di valorizzazione e tutela delle risorse paesistico-ambientali. del tutto evidente che lintero processo potr avere successo solo se impostato in una logica di sussidiariet e di condivisione di obiettivi, metodologie e strumenti da parte delle Soprintendenze, delle Province, dei Comuni e dei cittadini. Sotto questo profilo strategico intervenire su pi fronti prevedendo, come si gi sottolineato, un adeguato sistema di incentivi, qualificando gli operatori, attraverso interventi mirati di formazione, incrementando la conoscenza del patrimonio storico- architettonico e del paesaggio, la coscienza del valore della diversit dei luoghi dellabitare, la ricchezza e la variet delle stratificazioni storiche del territorio. Infine, a partire dal Piano Paesistico, dal sistema dei parchi e della rete verde territoriale, la Carta del Rischio del Patrimonio Culturale potrebbe essere ripensata e riletta come Carta delle Opportunit di Valorizzazione Integrata, in una logica di gestione creativa, del patrimonio culturale e del paesaggio, cos come indicato negli obiettivi dello Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo.

10 Si fa riferimento alla legge l2 maggio 1990, n. 102,Disposizioni per la ricostruzione e la rinascita della Valtellina e delle adiacenti zone delle province di Bergamo, Brescia e Como, non-

ch della provincia di Novara, colpite dalle eccezionali avversit atmosferiche dei mesi di luglio ed agosto 1987.

96

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

BIBLIOGRAFIA

AA.VV.1976, Piano pilota per la conservazione programmata dei beni culturali in Umbria Progetto esecutivo, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Istituto Centrale per il Restauro, Roma. AA.VV.1983, La protezione del patrimonio monumentale dal rischio sismico Termini del problema , Istituto Centrale per il Restauro, Roma. AA. VV 1996, Carta del Rischio del Patrimonio Culturale , Ministero BB. CC. AA. Ufficio Centrale per i Beni Archeologici, Artistici e Storici - Istituto Centrale per il Restauro, Roma, 4 voll.: Volume 1: La cartografia tematica. Distribuzione del patrimo nio e dei fenomeni di pericolosit Volume 2: La metodologia per il calcolo del rischio Volume 3: Il rischio locale. Modulo sperimentale di Ravenna Volume 4: Il sistema informativo della Carta del Rischio AA.VV. 1997a, Carta del Rischio del Patrimonio Culturale Informazioni generali e procedure informatiche ad uso dei Poli Periferici, Ministero BB. CC. AA - Ufficio Centrale per i Beni Archeologici, Artistici e Storici - Istituto Centrale per il Restauro, Roma. AA.VV.1997b, La Carta del Rischio del Patrimonio Culturale, Ministero BB. CC. AA - Ufficio Centrale per i Beni Archeologici, Artistici e Storici - Istituto Centrale per il Restauro, Roma. AA. VV. 1999, La programmazione negoziata per i beni e le atti vit culturali. Indirizzi normativi e documentazione di riferimento, Regione Lombardia, Direzione Generale Cultura, Direzione Generale Presidenza, Milano. AA.VV.2000, Il Polo Regionale della Carta del Rischio del Patrimonio Culturale. Dalla catalogazione alla con servazione programmata. N.Cannada-Bartoli, S. Della Torre (a cura di), Regione Lombardia, Direzione Generale Culture, Identit e Autonomie della Lombardia, Milano. P. BALDI, M. CORDARO, A. MELUCCO VACCARO 1987, Per una Carta del Rischio del patrimonio culturale: obiettivi, metodi e un piano pilota, in AA. VV., Memorabilia: il futuro della memoria, Bari, Volume 1, pagg. 371 388.

C. BRANDI 1977, Teoria del restauro, Torino. N. CANNADA BARTOLI, M. PALAZZO 1998, La Carta del Rischio del Patrimonio Culturale in Le dimore storiche- Periodico dellAssociazione Dimore Storiche Italiane, Anno XIV, n. 3 [N.38], settembre dicembre, pp. 20 21. M. CANTI, M. L. POLICHETTI 1999, Un esempio di coopera zione tra Stato, Regioni ed Enti locali: il caso Mar che, in Economia della Cultura Rivista dellAssociazione per lEconomia della Cultura, Bologna, Anno IX, n. 2, d.g.r. 25 luglio 1997- N.6/30195, Adozione del progetto di Piano Territoriale Paesistico Regionale, ai sensi dellart.3 della Legge Regionale 27 maggio 1985 n.57. d.g.r. 7 aprile 2000,- N..6/49509, Approvazione delle linee generali di assetto del territorio lombardo ai sensi dellart.3,comma 39, della legge regionale 5 gennaio 2000 n..1, B.U.R.L., 2supplemento straordinario al N.22 MINISTERO BB.CC.AA., REGIONE MARCHE e REGIONE UMBRIA 1998, Oltre il terremoto. Primo repertorio dei monumenti danneggiati dal sisma. Marche e Umbria, Roma, vol.2. N. ROSSELLI DEL TURCO 1995, La Carta del Rischio del patrimonio culturale. Verso un sistema di protezione civile del patrimonio monumentale italiano, in Le Dimore storiche, n.29, Roma. R. ROSSETTI 1997, Centri abitati instabili della Provincia di Pavia. Vol.1, Centri interessati da provvedimento di risanamento, consolidamento o trasferimento, Milano, pubblicato a cura di CNR Gruppo Nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche, Regione Lombardia Servizio Geologico, Universit degli Studi di Pavia Dipartimento di Scienze della Terra. G. URBANI (a cura di), Problemi di conservazione, Bologna, s.d.

Ninfa Cannada-Bartoli

97

Fig. 1 - Mappa del Rischio dovuto a erosione dei materialli (ICR)

Fig. 2 - Polo regionale della Carta del Rischio

Fig. 3 - Un esempio dal Piano Territoriale Paesistico Regionale

P. Marina De Marchi, Antonio Zavaglia

99

IL CASO DI CORNELLO DEL TASSO VAL BREMBANA (BERGAMO)


P. Marina De Marchi, Antonio Zavaglia1

1. Introduzione La valle Brembana si estende a nord/ovest del capoluogo bergamasco per unarea pari a Ha. 75.350, corrispondenti ad un quarto dellintera estensione provinciale. una valle caratterizzata da un ampio bacino comprendente numerose convalli (Adda, Brembo ed altri fiumi minori) (Tav. I e II). La conformazione fisica del territorio, piuttosto varia e inadatta a facili comunicazioni tra centri abitati, e un fondovalle scosceso hanno contribuito a mantenere a lungo lisolamento di questa valle. La morfologia del territorio comprende le Alpi Orobie ed altri rilievi montuosi (Pizzo dei Tre Signori, Pizzo del Diavolo, Corte, Arera, Grem ed Alben); in altura prevalgono i piccoli insediamenti di tipo alpino, le aree montane caratterizzate da boschi e foreste di conifere venivano utilizzati prevalentemente a pascolo, scendendo verso la pianura le specie arboree prevalenti sono faggi e castagni. Lestrema punta meridionale della valle labitato di Villa dAlm2. Larea stabilmente occupata dallet preistorica (insediamenti in grotta): gi da allora le popolazioni locali si dedicavano ad attivit non stanziali, quali la pastorizia e lestrazione di metalli dalle miniere della zona3. Fino ad anni recenti dalle miniere della valle si estraeva ferro, a Valfondra galena, zinco e rame. Aree minerarie attive si trovavano alle pendici del monte Arera e del Monte Vaccarego, Dossena fu per secoli unimportante localit di estrazione di metalli. Numerose erano anche le cave di marmi, pietre calcaree, puddinga, ardesia. Probabilmente a seguito dello svilupparsi
1 A Marina de Marchi si devono i 1-6, ad Antonio Zavaglia il

dellattivit mineraria e del relativo mercato ebbero origine i pi antichi tracciati viari: una mulattiera che partiva dalla zona di estrazione e passando per i valichi di Dossena, Valpiana, Selvino, attraverso Nembro e Albino giungeva a Bergamo, dove venivano venduti materie prime e manufatti. Da questo primo tracciato probabilmente si svilupp la via dei Trafficanti4. 2. La viabilit storica in valle Brembana La struttura geografica e morfologica del territorio ha sempre costituito un problema per lo sviluppo di vie di comunicazione adeguate a promuovere i commerci, gli scambi e lo sviluppo dei centri abitati. La costruzione della strada Priula, terminata nel 1594, costitu un fatto importante in quanto garant collegamenti stabili e sicuri tra molti centri abitati della regione5. Prima della sua edificazione esistevano tre strade di valle, due che scorrevano lungo le rive del Brembo e la strata mercatorum, o via dei trafficanti. Questa strada scendeva dalla medio-alta Val Brembana passando per Nembro, posto allinizio della Val Seriana e, scavalcando i monti intorno a Selvino, ridiscendeva poi sul Brembo nei dintorni di S.Giovanni Bianco. Solo in un secondo tempo, con lapertura di una via pi a monte per Aviatico e Cornalba, la strada assume la configurazione definitiva, completando il percorso con il passaggio per S. Giovanni Bianco e Cornello e giungendo fino alla Goggia. Nel periodo precedente alla sistematizzazione della via dei mercanti venivano utilizzati percorsi sedimentatisi nel tempo, grosso modo corrispondenti alle vie cavalcatorie che costeggiavano le due
ed et del ferro, in Carta archeologica della Lombardia. II. La Provincia di Bergamo, a cura di R. Poggiani Keller; Modena, 1992 pp. 67-114. 4 A. Fumagalli, Architettura alpina nella bergamasca. Ricerche nella valle Brembana, Imagna, Serina, Taleggio, Milano, 1979. 5 Litinerario da Bergamo puntava su Albino e Nembro e da qui andava a Selvino, Rigosa, Ambriola, Pagliaro, Frerola, Serina, Dossena ed infine giungeva a S.Giovanni Bianco, per cui B. Belotti, Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, Bergamo 1959, p. 357 ss.

7. Il testo con scheda edilizia in appendice opera di Paolo Masotti. 2 L. Pagani, Lineamenti geologici e morfologici della Provincia di Bergamo, in Carta archeologica della Lombardia. II. La Pro vincia di Bergamo, a cura di R. Poggiani Keller; Modena, 1992, pp. 23-42. 3 I. Cant, Bergamo e il suo territorio. 1860, Milano 1860, p. 980 ss.. R. Poggiani Keller, Aspetti culturali funerari tra Paleolitico

100

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Tav. I e II - Carte regionali Val Brembana e Cornello

P. Marina De Marchi, Antonio Zavaglia

101

sponde del Brembo. Di queste una probabilmente correva lungo la riva destra del fiume, partendo da Almenno S.Salvatore6 - forse ricalcando il tracciato della strada romana - saliva a Costa Cavallina, giungeva in localit Postiera e di qui, seguendo il torrente Brembilla, giungeva a Sedrina e poi ad Inzogno. Oltre questo percorso la strada proseguiva lungo tratti impervi raggiungendo C Pajana, Boer, Zogno, S. Pellegrino, S. Giovanni Bianco e la Goggia. La seconda strada, che correva sulla riva sinistra del Brembo, documentata da un atto di pace privato del 1253, forse aveva pi tracciati. per certo che Alvise Priuli, podest veneto di Bergamo nei primi decenni del XVI secolo, venne invitato dalla popolazione a renderla carrabile7. Il percorso previsto da Bergamo saliva ad Almenno fino allodierna Madonna della Castagna, proseguiva per Villa dAlm, superava i dirupi della Botta, prendendo quota in corrispondenza della localit Ventolosa e C dellOra, infine costeggiava il monte Bastia e giungeva a Sedrina. Da questa localit, superato il ponte sul Brembo, si raggiungeva Zogno sulla riva destra del fiume, passando per Inzogno. In un disegno di Pietro Ragnolo datato al 1596, segnato il percorso della nuova via che da Zogno a S.Pellegrino costeggiava il Brembo, proseguendo poi fino a S.Giovanni Bianco, a Cornello e a Camerata8. Altri tracciati oggi non facilmente identificabili e probabilmente di origine antica collegavano i centri di valle. La strada Priula, patrocinata da Alvise Priuli, fu voluta innanzittutto per ragioni strategiche e militari connesse al quadro politico internazionale di quegli anni, solo secondariamente per migliorare la viabilit della valle e i trasporti di derrate alimentari (foraggi, varie forme di attivit collaterali) e di prodotti tra i diversi centri di valle. I rapporti con Milano, passata agli spagnoli con la morte di Francesco Sforza (1553), richiedevano di potenziare il tratto che conduceva al passo S.
6 Corte regia collegata a Bergamo in et longobarda quando un

Marco e di qui alla Valtellina e ai valichi transalpini, onde evitare i transiti lungo il lago di Como, che comportavano il pagamento del dazio ai Milanesi e agli Spagnoli. Si trattava in realt per la Repubblica di San Marco di garantirsi i transiti, attraverso la Valtellina 9, per il Tirolo e i paesi asburgico renani10. Le varianti di percorso seguite da questa strada, rispetto alle precedenti (la direttrice Bergamo, Morbegno, Chiavenna raggiunge il passo C S.Marco attraverso la Valle di Mezzoldo anzich la Val Mera), produssero notevoli mutamenti economici e produttivi in valle e contemporaneamente cambiarono i rapporti di egemonia tra i diversi abitati di Valle. Alcuni vennero favoriti, altri rimasero tagliati fuori come Cornello del Tasso e la stazione postale relativa. Nuovi centri emergenti furono, ad esempio, Zogno, Serina, Mezzoldo. Vincoli oggettivi fisico-geografici e tecnologici non consentivano per lo sviluppo della Priula oltre certi limiti, essa infatti non poteva essere trasformata in una carreggiabile, al massimo e solo in alcuni punti in una birocciabile, in altri rimaneva una mulattiera, anche per questi motivi si ebbe il parziale fallimento di questo percorso11. A questa strada che facilitava gli scambi con i territori imperiali oltralpe si deve senzaltro il successo della famiglia Tasso, gli Sturm und Taxis, imprenditori dei servizi postali tra la Repubblica di Venezia e le regioni settentrionale europee. Le strade porticate di valle sono lelemento caratterizzante la struttura dei borghi serviti dalla via mercatorum o dei Trafficanti. Le vie lastricate generalmente attraversavano il centro del paese costituendone la spina centrale: erano, quindi, integrate nel tessuto urbano; il tratto porticato fungeva da luogo di sosta per le carovane dei mercanti, ma assolveva anche al cambio dei cavalli, aveva stalle, botteghe per i servizi e per gli scambi commerciali, stazioni di posta 12.
Un patrimonio da salvare, a cura di M. Boriani e A: Cazzani, Milano 1993, pp. 223-227. 11 Vedi n. 8. 12 A. Cagnana, T. Mannoni, Archeologia e storia della cultura materiale delle strade piemontesi, in Archeologia in Piemonte, a cura di L. Mercando e E. Micheletto, Torino 1998, pp. 39-50. La prima stazione postale studiata stratigraficamente il valico appenninico della Suvera, che collegava lAstigiano con il porto di Genova. Al nucleo medievale (fine XIII secolo) venne addossata alla fine del XVI secolo la corte centrale, delimitata su tre lati da un portico colonnato. Allampliamento cinquecentesco si devono lerezione della torre a protezione dellaccesso principale. Lampliamento dei magazzini seminterrati (accessibili mediante botole) e le stalle per accogliere i muli. Tale struttura caratterizza le stationes postali sia nellAppennino che nelle Alpi. Generalmente la costruzione di complessi stradali si colloca tra XVI e il XVII secolo, quando abbiamo il maggiore sviluppo della rete stradale terrestre. Gli edifici delle stazioni hanno conservato lantico nome di volte, derivato dalla presenze di portici e magazzini voltati.

documento darchivio gi segnalava una via pubblica, citata nel testamento del gasindio regio Taidone del 774, CDL. 293, 774, maggio. Archivio della Cartiera Lucchi di Zogno. B. Belotti, op. cit, pp. 358-359. 7 Archivio della Cartiera Lucchi di Zogno. B. Belotti, op. cit, pp. 358-359. 8 B.Belotti, op. cit, p. 360. 9 La Valtellina e i Grigioni, divengono in questepoca, il punto di intersezione delle due grandi direttrici lungo cui si muove la politica internazionale: la direttrice nord/sud dominata dagli interessi degli Asburgo e la direttrice est/ovest lungo la quale corre lalleanza tra Francia e Venezia, le due potenze che si sforzarono di tagliare la strategia, praticata dagli Asburgo, di conservare una continuit territoriale al proprio impero, F. Monteforte, La strada Priula tra commerci, politica e religione, Le strade storiche. Un patrimonio da salvare, a cura di M. Boriani e A. Cazzani, Milano 1993, pp. 233-245. 10 G. Scaramellini, La strada Priula: un nuovo itinerario nella viabilit transalpina dellet moderna, in Le strade storiche.

102

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Il minimo comune denominatore delle stazioni postali dato dalla vicinanza ad un corso dacqua e dalla posizione in altura, quindi di difesa, di qui forse laspetto fortificato e protetto che distingue, ad esempio, Cornello. Lo stretto spazio a disposizione tra fiume e monte concedeva allabitato scarse possibilit di espansione13. La mancanza di spazio non consentiva di separare il sistema viario dal sistema edilizio. Il paese un esempio di aggregazione spaziata lunga la linea di massima pendenza14. La tecnica costruttiva delle vie porticate sempre la stessa: un ampia volta di accesso al portico in blocchi squadrati di pietra poggianti su pilastri tramite una spalletta aggettante pure in pietra; la soffittatura a travi in legno; le strutture murarie verso il fiume o la valle si aprono in arcate a tutto sesto per dare luce al portico, mentre sul fronte opposto si affacciano le botteghe interne alle case del borgo. La strada porticata di Cornello possiede, a differenza di altri centri, la peculiarit di essere ancora oggi un elemento architettonico perfettamente integrato al tessuto urbano, come ad Averara il cui porticato conserva affreschi attribuiti a G. Battista Guerinoni (1576)15. A Zogno la via porticata appena fuori dellabitato lungo la provinciale presso un ponte sul Brembo, che si collegava ad una mulattiera per la Val Seriana 16; e a S. Giovanni Bianco ove si conserva per alcuni tratti (uno che segue la riva destra del Brembo con ampi archi verso il fiume e utilizza parte della Priula; un secondo derivato dalla strata mercatorum, un terzo lungo il torrente attraversato dalla via Milano/Val Taleggio). 3. Larchitettura rurale in Val Brembana Lelemento comune agli abitati della valle costituito dalladeguamento delle strutture edilizie aggregate per nuclei agli scarsi spazi disponibili, determinato dalla particolare morfologia del territorio. Sono nuclei che si dispongono nelle poche zone aperte e accessibili e presso corsi dacqua, adattandosi e sfruttando le caratteristiche del terreno. Nel caso di Cornello questa caratteristica evidente, il borgo di esigue dimensioni si adegua allo spazio libero tra lo strapiombo occidentale e la cima del monte. Il suo nucleo appare compatto ed estremamente raccolto anche grazie alla disposizione quasi a ferro di cavallo delle
13 N.Basezzi, T. Terzi, Le strade porticate, in Orobie, 10 (giugno

case che si adeguano ai caratteri orografici del luogo. Il materiale usato prevalentemente la pietra locale tagliata in grossi blocchi sbozzati a vista, legati con malta, raramente intonacate e solo per le porzioni destinate ad elementi decorativi affrescati. Gli archi e gli elementi decorativi sono in pietra, i pi antichi in macigno scuro, i pi tardi in tufo e puddinga. Ledificio inteso come unit edilizia vede prevalere strutture a volumetrie ben definite, a muratura pesante solo in rari casi intonacata. Le architetture risultano spesso il prodotto dellaggregazione di pi corpi organicamente aggiunti nel tempo, per rispondere a necessit di ampliamento degli spazi abitativi e di servizi. Architettonicamente parlando leffetto di volume prevale sulla parete. In facciata le aperture sono scarse, gli edifici pi curati hanno spesso logge in legno originariamente utilizzate per lessicamento dei prodotti agricoli o boschivi, poi come spazi aggiuntivi della casa. La copertura a falde o a doppio spiovente in lastre di ardesia di forma irregolare, raramente in laterizi. Allinterno il piano terreno generalmente a volta, il superiore a solaio ligneo17. 4. Camerata e Cornello del Tasso Una localit in Val Brembana denominata Camarata viene citata per la prima volta in una pergamena conservata allArchivio vescovile della Curia di Bergamo datata al 9 gennaio 1181. Dellabitato non vi invece menzione negli Statuti di Bergamo del 133118. Solo negli statuti del 1353 si ricorda un comune de S.ta Maria de Camerata, cui spettava insieme ad altri centri la manutenzione della strada che dal ponte della Morla conduceva in Val Brembana19. Queste denominazioni sicuramente identificano lattuale comune di Camerata Cornello. Non si hanno notizie certe riguardo alla chiesa che dovette precedere quella consacrata nel 1447 dedicata a S. Maria delle Grazie20, riedificata nel 1707 e dedicata alla Beata Vergine Assunta nel 1737. Per quanto riguarda Cornello la prima descrizione del suo territorio risale al 1596, ed contenuta nella relazione presentata dal Capitano Giovanni da Lezze al Senato Veneto, vi si specifica:
17 A. Fumagalli, op. cit. 18 T. Salvetti, San Giovanni Bianco e le sue contrade, Clusone

1991). 14 L.Dematteis, Case contadine nelle valli Bergamasche e Bre sciane, Ivrea 1992, pp. 17, 58-59. 15 Ibidem. 16 Zogno era un mercato delle biade e del lino, ruolo che aveva strappato alla concorrenza di Cornello e di S.Giovanni Bianco, con autorizzazione attribuibile a periodo precedente al XV secolo, cfr. i cronachisti locali analizzati in Basezzi, Terzi vedi n. 10, riportano che sotto i portici del paese si leggeva la scritta mercato delle biade e dei lini.

(Bg), 1994; Cornello a quei tempi forse costituiva unappendice del vicino centro abitato di Camerata, C. Colleoni, Historia quadripartita di Bergamo et suo territorio nato gentile e rinato c r i s t i a n o, Bergamo 1618. Il toponimo Cornello deriva da corna che in dialetto significa rupe, U. Zanetti, Paesi e luoghi di Bergamo, Bergamo, 1985. 19 Vedi n. 5. 20 G. Rubsan, G. Figini, 8 maggio 1899. Giubileo dei Principi Thurn und Taxis, Bergamo 1899.

P. Marina De Marchi, Antonio Zavaglia

103

a) lubicazione rispetto al Brembo e alla Val Brembana; b) la posizione ai piedi del monte e che, inoltre, sotto terra vi una strada nuova presso il Brembo con un mulino per grani; c) che nel territorio comunale vi sono altri due mulini e un maglio21. La relazione aggiunge altri dati interessanti per comprendere la struttura sociale e le attivit dei suoi abitanti: le case censite sono 73, 320 le anime, la popolazione conta 75 individui maschi adulti, oltre a donne, vecchi e bambini. Nel borgo soggiornano anche 6 soldati archibugieri, 4 picchieri, 1 moschettiere e 5 galeotti; inoltre vi erano 150 vacche e 13 tra cavalli e muli. Lalto numero di armati, in proporzione ovviamente allestensione del borgo, indizio delle necessit di controllo, di difesa e di mercato, delle attivit postali del luogo. Mentre leconomia del paese per la parte connessa con l allevamento indica lautosufficienza con una media di circa due vacche per nucleo famigliare, allallevamento si affiancava lagricoltura. Altri introiti erano garantiti dallaffitto delle osterie, che venne a cessare quando i traffici commerciali furono assorbiti dalla nuova strada Priula. Le altre attivit economiche sono costituite dalla lavorazione di panni bassi, che venivano venduti al mercato di Bergamo, e soprattutto di negotj fuori della patria, in riferimento ai mercanti e agli addetti ai servizi postali ancora in funzione, nonostante in questa data il declino del paese avesse gi avuto inizio per lapertura della strada Priula, che lo escludeva dal principale percorso viario della zona. G. Maironi da Ponte (1820) nel secolo scorso ricorda cos il borgo: nel villaggio si vedono tuttora dei grandi caseggiati smantellati e crolati, i quali indicano che quivi altra volta soggiornarono agia te e signorili famiglie. A fregio poi singolare di que sto alpestre luogo ridonda lavervi avuto culla la nobile ed illustre famiglia de Conti Tassi22. Il primo documento che menzioni la famiglia de Tassi di Camerata risale al 1233, successivamente altri membri della casata vengono ricordati: nel
2 1 Relazione dei Rettori Veneti in terraferma. Podestaria e

1309 muore ser Homodeus de Taxis de Cornello, che si suppone abbia fondato lattivit di gestione delle poste con il permesso della Repubblica Veneta, gettando cos le basi per quella che sarebbe divenuta la compagnia dei corrieri della Serenissima23. Altre fonti riportano che nel 1313 un membro della famiglia Torriani di Milano si rifugi a Cornello prendendo il cognome de Tassi 24 . Lo stemma del borgo si compone di un cornetto, lo strumento usato dai corrieri per segnalare il loro arrivo, e di un tasso (che oltre a raffigurare un animale diffuso nella zona, richiama anche la denominazione della montagna Tasso, vicina al paese, e della casata dominante del borgo)25. Poche sono le ricerche sul borgo di Cornello nel suo complesso, gli storici bergamaschi si soffermano particolarmente sul legame stretto che un questo paese, posto al crocevia tra la Valle Brembana superiore e lOltre Goggia, e sulla giogaia che separa la Val Brembana dalla Valsassina26, al sistema postale regolare fondato dalla famiglia Tassi (1290), che perdur almeno fino a coprire buona parte del XVI secolo, dando al borgo un ruolo di rilievo rafforzato dalla fama del casato locale27. A questo proposito un de Taxis ricordato con il titolo di consul di Cornello e in questa veste pubblica partecipa ad una riunione che stabiliva le modalit di verifica di misure e pesi ogni tre anni28. Andrebbe verificata, anche con ricerche archeologiche approfondite, lipotesi che ben prima di quanto indicato dalla documentazione nota, per altro disordinata e a carattere sporadico, il borgo fortificato di Cornello costituisse il centro di potere e di controllo territoriale di una famiglia nobile (i Tassi), che ne avrebbe fato un centro difensivo, da attribuire cronologicamente agli anni delle lotte intestine, condotte tra Guelfi (generalmente rappresentati dai comuni posti nella Brembana meridionale) e Ghibellini, condotte con saccheggi e rapine tra un paese e laltro29, come sottolinea anche I. Cant (1860, p. 987), ricordando che attraversando la valle si incontrano numerosi avanzi di antichi fortilizi che attestano le violenze ricordate dagli storici locali del tempo.
24 Appendice I, in Gli Statuti della Valle Brembana Superiore, Fonti per lo studio del territorio bergamasco. Statuti, II, Bergamo 1994, p. 355. 25 B. Bellotti, op. cit..., p. 395. Note sul casato principesco dei Tassi (Thurn und Taxis), ormai legati allimpero, che gli aveva riconosciuto dignit principesca sono anche in G. Maironi da Ponte, Dizionario odeporico, o sia storico politico naturale della Provincia bergamasca, Bergamo 1819-20, Vol. II, p. 989. 26 I. Cant, Bergamo e il suo territorio, Milano 1860, p. 989. 27 Vedi B. Bellotti, G. Maironi da Ponte, G. da Lezze. 28 Appendice I, in Gli Statuti della Valle Brembana Superiore, Fonti per lo studio del territorio bergamasco. Statuti, II, Bergamo, 1994, p. 355. 29 G.M. Varanini, Tradizione statutaria della valle Brembana nel Tre-Quattrocento e lo statuto della Valle Brembana superio re del 1468, in Gli Statuti della Valle Brembana Superiore. Fonti per lo studio del territorio bergamasco. Statuti, II, Bergamo 1994, p. 21.

Capitanato di Bergamo, vol. XII, Collana a cura dellIstituto di Storia economica dellUniversit di Trieste, Milano 1978; Giovanni da Lezze, Descrizione di Bergamo e suo territorio 1596, a cura di V. Marchetti e L. Pagani, Fonti per lo studio del territo rio bergamasco, VII, Bergamo 1988, pp. 296 ss.. 22 G. Maironi da Ponte, Dizionario adeporico o sia storico poli tico naturale della Provincia bergamasca, Bergamo 1819-20, Vol. II, pp. 45-47. Una serie di carte relativa ai Tassi di Camerata Cornello sono conservate nel Fondo Rovelli (dal 1340 al 1630), conservato presso la biblioteca A. Maj di Bergamo. 23 Il Servizio postale si trasform in una societ per azioni con sede a Roma, avente a sua disposizione: Il bancho D. Lauren tii de Taxis, il legame dei Tassi con Cornello viene sottolineato dalla visita che il Principe Federico della Torre Taxis fece il 22 aprile 1849 al paese dorigine della famiglia, di cui resta una lapide posta nella chiesa locale, cfr. B.Bellotti, Storia di Berga mo e dei bergamaschi, Bergamo 1960, vol. 3, p. 396, vol. 6, p. 89, n.. 106.

104

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Tav. III - Planimetria di Cornello del Tasso

P. Marina De Marchi, Antonio Zavaglia

105

5. Labitato di Cornello Cornello uno dei pi interessanti nuclei fortificati, di probabile origine medievale, della montagna bergamasca: - per lo stato di conservazione ancora leggibile nel suo impianto urbanistico (Tav. III); - per le tipologie edilizie e le modalit di aggregazione, che ricalcano attivit economiche di tipo arcaico; - per la morfologia dellabitato, strutturalmente plasmata dalle caratteristiche naturali e dalle attivit che ne hanno caratterizzato la storia: la difesa abbinata alla funzione di luogo di stazione postale e transito posta su lunghi percorsi. Il borgo organizzato attorno ad una spina centrale disposta parallelamente al corso del Brembo e allandamento delle curve di livello del terreno e si compone di tre nuclei. Il primo nucleo, parte fondante delledificato, si attesta su due fronti della cortina difensiva. La parte orientale, pi bassa, unifica pi funzioni: fronte fortificato verso valle, area di servizio pubblico poich comprende la strada porticata, che ne parte integrante, e le botteghe aperte lungo i portici. Il carattere fortificato accentuato: - dallaccesso monumentale al borgo, costituito dal portale ad arco affiancato da una torre, che comprende un vano di raccolta e controllo (?) ad una campata; cui corrispondeva al termine opposto della via porticata, un secondo accesso turrito, oggi demolito, ma visibile in unincisione pubblicata da I. Cant (1860, p. 990); - dal doppio fronte di abitazioni disposte a cortina compatta che costituiscono la spina che attraversa longitudinalmente labitato, il primo che aggetta allesterno verso valle e il secondo con affaccio verso la parte interna del paese che collegata ed ha come epicentro la chiesa;

- dalla successione di corti comunicanti che costituiscono il porticato. La strada porticata lastricata sul fronte a valle aperta in ampie arcate (figg. 1 e 2), che dividono lo spazio interno in campate, corrispondenti ciascuna ad una unit abitativa; sul lato a monte

Fig. 1 e 2 - Via Porticata e dettagli

106

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 3 - Stemma della Casata deTassi

invece costeggiata da botteghe che ospitavano i servizi di mercato e di sosta dei corrieri (stalle, alloggio, deposito di mercanzie e di posta), sopra il porticato corre un secondo ordine di edifici, duso abitativo che si ricollega al fronte opposto. Strada, strutture difensive, servizi, abitazioni compongono quindi un unico aggregato di elementi edilizi inseparabili. Le strutture murarie attestano le modificazioni apportate nel tempo: tamponature di aperture ad arco, rifacimenti murari, interventi di adeguamento a nuove funzioni abitative. Una lettura attenta di queste stratificazioni, come di altre documentate nei diversi edifici del borgo, permetterebbe una maggiore conoscenza dei fenomeni di formazione e di trasformazione dellorganismo urbano. Il secondo ordine di abitazioni, sopra il porticato, occupa il piano superiore di ciascuna bottega. Un accesso, costituito da un sottopassaggio porticato, aperto appena oltre la porta di ingresso al borgo, immette ad una via interna, parallela a quella porticata, che d accesso alla schiera di case, costituenti il lato interno al borgo, della struttura abitativa-fortificata. Questarea collegata sia al nucleo della chiesa che, un tempo, al cimitero adiacente (situato nellarea del sagrato ?),
30 I. Lacagnina, P. Masotti, Il Cornello, paese ove nacque B. Tasso. Proposta di salvaguardia e di recupero, tesi di laurea Politecnico di Milano-Facolt di Architettura, aa. 1998, relatore prof. Andrea Bruno.

ricordato in una visita pastorale del 1548, sia alle case signorili, connesse al casato dei Tasso, che racchiudevano il complesso urbano a sud. Uno studio compiuto negli anni 70 ha appurato che i vani interrati o posti lungo la via porticata potevano essere separati dalla parti abitative poste ai livelli superiori, poich comunicavano con esse tramite botole, cui si appoggiavano scale mobili, accentuando il carattere difensivo o quanto meno di separazione tra funzioni pubbliche e vita privata. Unanalisi pi recente dei percorsi interni a questo specifico nucleo dellabitato ha evidenziato camminamenti sotterranei e trasversali alle singole unit abitative, che mettevano in comunicazione abitazioni anche poste su diversi livelli. Questo artificio permetteva agli abitanti di comunicare tra loro senza avere contatti con lesterno30. Anche la suddivisione degli spazi interni delledificio ad uso abitativo risponde a tipologie modulari e ripetitive31. Un secondo nucleo di edifici, distribuiti lungo la parte pi interna del porticato e lungo il lato sud del borgo, sembrerebbe aver raggruppato in passato le case signorili, riferibili in buona parte al casato dei Tasso. Una testimonianza lasciataci da A. Tiraboschi 32 ricorda il palazzo Tasso del Cor31 P. Tosetti, Il costruito nei secoli, in Cornello dei Tasso , Ber-

gamo 1982, pp. 41-61.


32 A. Tiraboschi, Cornello di Val Brembana patria dei Tasso, in

LEco di Bergamo, 19-20 settembre 1882; ma anche in Bergo mum, fasc. III (1968).

P. Marina De Marchi, Antonio Zavaglia

107

Fig. 4 - Casa dei Tassi

nello, riconoscibile oggi nelledificio che costituisce la testata della linea di fabbricati che si affacciano sulla strada centrale del borgo. Esso ai tempi in cui scriveva lo storico, recava ancora tracce di un utilizzo a dimora signorile, poich conservava al suo interno fregi dipinti, stemmi, affreschi e un soffitto a cassettoni, ancora parzialmente conservati. Oggi rimane solo un stemma dei Tassi (fig. 3). Il secondo edificio nobile, anchesso affacciato sulla strada principale interna, conserva laspetto del palazzo: in facciata visibile lo stemma del casato, eseguito ad affresco (restaurato), con aquila imperiale in campo oro al piano superiore, corno postale in campo bianco, nella fascia mediana, e tasso in campo azzurro, nella fascia inferiore. Di pi certa attribuzione alla famiglia Tasso sono i ruderi di un fabbricato a pi ambienti (figg. 4/5), distribuiti su pi terrazzamenti posti a diversa quota verso il dirupo sul Brembo situati su un piano inferiore rispetto a quello di calpestio della strada porticata - che chiude a sud/est il paese. Dallindagine operata nellarea si pu dire che esso ha i caratteri di un edificio forse composto dallaggregazione di pi corpi edilizi circondati da un muro di contenimento. Ledificio era fortificato e affiancava, su un diverso piano di calpestio, la torre meridionale della via porticata. Nellincisione pubblicata da I. Cant (1860) (figg. 6/7), questo fabbri33 La documentazione iconografica citata in I. Lacagnina, P. Masotti, Vedi n. 30.

cato mostra uno sviluppo in altezza corrispondente a cinque piani, ha spesse murature nella fascia inferiore del lato sud e un ridotto numero di aperture sul fronte meridionale)33, la posizione panoramica permette il controllo della valle e del corso del fiume (figg. 7/8), la vicinanza con le aree commerciali connesse al servizio postale e di mercato assicura contemporaneamente verifiche su tutte le attivit economiche che si svolgevano nel borgo. I restauri compiuti nei primi anni 90 da A. Angelini 34, hanno messo in luce le murature gi restaurate nell800 e quelle sopravvissute delledificio originario che conservano in parte malte probabilmente originali. Le tecniche edilizie e i materiali rispondono alle caratteristiche degli altri edifici del paese (pietre di cava locale, spalle e conci degli archi in tufo), in due ambienti si conservano, integri o in parte, grandi arcate di comunicazione tra i vani, che sembrano denunciare uneleganza propria alledilizia pubblica del paese (porte di accesso, ecc.). Gli scavi operati durante le fasi del restauro hanno evidenziato che i piani di calpestio sono in parte in battuto, in parte in acciottolato e in parte in roccia naturale. Sono stati messi in luce anche una canaletta di scarico, una fossa per calce e un pozzo. Non si conosce per la sequenza stratigrafica delle evidenze conservate per cui difficile ricostruire le relazioni duso e cronologiche intercorrenti tra gli elementi scoperti,
34 A. Angelini, Restaurati i ruderi delle case dei Tasso a Camera -

ta Cornello, in Istituzioni e territorio, a. VII (1992), n.1, pp. 30-35.

108

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 5 - Casa dei Tassi

Fig. 6 - Incisione 1860 con veduta d Cornello

P. Marina De Marchi, Antonio Zavaglia

109

Fig. 7 - Cartolina di Cornello risalente agli anni intorno al 1950

cos come risulta difficile individuare la funzione e le relazioni tra i diversi ambienti. Reperti ceramici emersi in questa occasione (non rinvenuti in fase stratigrafica) danno interessanti indicazioni cronologiche relative ai momenti di vita delledificio, abbondano i frammenti di ceramica graffita datati ai secoli XV, XVI e XVII, sono attestate ceramiche ottocentesche probabilmente di scarico35. Attualmente quanto visibile della pianta permette di cogliere la divisione in pi vani, separati da murature in pietra connesse con legante di malta di calce, gli ampi archi di separazione tra gli ambienti, la pavimentazione per lo pi in pietra. La posizione decentrata e direttamente volta a valle, permette di controllare le pi importanti strade di accesso al paese: la strada di fondovalle prove35 Conservate presso il locale Museo della Posta. In corso di studio da parte del dr. Mangili. 36 Quando era dedicata alla Beata Vergine, Cornello del Tasso, Bergamo 1982, pp. 63-70; Ecclesia SS. Corneli et Cypriani loci Corneli, membrum suprascriptae parochialis: sacrata et asseri tur iuris patronatus magn. Rugerii de Tassis, cfr. Gli Atti della visita apostolica di San Carlo Borromeo a Bergamo (1575), a cura di Angelo Giuseppe Roncalli, Firenze 1945, 2 voll., p. 277. Una prima analisi della facciata della chiesa romanica mostra numerosi interventi edilizi, costituiti principalmente dal tamponamento di tre finestre nella sezione superiore della facciata e dallapertura successiva di due monofore a tutto sesto affiancate ad unapertura ovale centrale, che sovrastano il portale a

niente da S. Giovanni Bianco, S. Pellegrino e Zogno, quella da Dossena, dalla quale si raggiungeva la citt, la strada a mezzacosta che, attraversando il vicino paese di Oneta, portava in Valsassina. Oltre alla ceramica graffita, altre testimonianze storico-artistiche, come gli affreschi quattrocenteschi e cinquecenteschi, talvolta sovrapposti stratigraficamente, visibili nellattuale chiesa di Cornello dedicata ai SS.Cornelio e Cipriano, portano a riconoscere il momento di maggior sviluppo del borgo nel XV secolo, quando gi in paese si celebrava una festa in onore di S.Cornelio, contestualmente alla conquista del territorio bergamasco da parte della Repubblica di Venezia (1428), che si sostitu al dominio dei Visconti. La chiesa stata edificata probabilmente nel XII/XIII secolo36, forse
sesto acuto in pietra con chiave di volta. Le aperture del secondo ordine in facciata sono state riaperte in seguito ai restauri eseguiti a met degli anni 80. In precedenza queste aperture erano murate, al loro posto era stata praticata una finestra rettangolare. Il recente restauro non ha tenuto conto della necessit di preservare alcuni elementi relativi alla tecnica costruttiva delle murature (malte) e delle testimonianze dei numerosi rifacimenti sulle strutture murarie dellintero complesso (comprese le fiancate). Sono ormai scomparsi anche i lacerti degli affreschi che affiancavano il portone, raffiguranti i SS. Cristoforo (a destra) e Antonio (a sinistra), cfr. Inventario degli oggetti di arredamento esistenti negli edifici di culto della Par rocchia di Camerata Cornello, Bergamo, 28 luglio 1958. In copia presso larchivio parrocchiale.

110

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 8 - Panoramica della valle dalla casa dei Tassi

negli anni cui risale la prima memoria della famiglia Tasso di Camerata (XIII secolo), che gi da documenti degli inizi del XIV secolo risulta legata alla famiglia de Tassi. Il terzo nucleo interno al borgo pu considerarsi composto dalla chiesa romanica in posizione sopraelevata rispetto ai piani di calpestio del resto del paese, preceduta da un sagrato in terra battuta. A sud protetta dalle case che formano il fronte meridionale del paese, alle quali era collegata mediante un viottolo a gradoni. Probabilmente un sottopasso, ora chiuso, ma attestato dalle tracce di un arco leggibile nella sezione inferiore della casa che la fronteggia (oltre la piazza), la congiungeva al tratto meridionale della via lastricata 37. Nelle adiacenze delledificio di culto doveva estendersi il cimitero locale, forse distrutto o trasferito altrove, di cui si fa menzione nella relazione della visita pastorale del vescovo Vittore Soranzo (1548) che ricorda come detta chiesa era cimiteriale38. Dalle
37 Questo percorso che collegava la via meridionale di accesso

visite pastorali successive (vescovo Gian Battista Milani, 1605) si pu solo riscontrare il generale deperimento delledificio, sia per quanto riguarda gli altari, sia per lo stato di abbandono. Nei documenti successivi il cimitero non sar pi ricordato, e anche oggi non ve ne traccia39. Nel 1615 il vescovo Giovanni Emo ordina che laltare della Maddalena, gi in pessime condizioni nella descrizione contenuta nella relazione della visita del 1548, sia abbattuto; probabilmente in connessione alla diffusione della peste, per questione igieniche, gli affreschi della chiesa vengono inoltre coperti da calce. Ledificio di culto a navata unica monoabsidata. Sul fianco a monte addossata la torre campanaria in pietra a vista e ad impianto rettangolare. Essa ha due aperture a bifora sui lati della cella campanaria, sul medesimo lato aggetta la cappella semicircolare dedicata a S.Antonio da Padova (costruzione aggiunta nel XVII secolo). Anche la sagrestia costituisce un altro corpo aggiunto, al
Statuti della Valle Brembana Superiore, Fonti per lo studio del territorio bergamasco. Statuti,II, Bergamo 1994, p. 43. 38 G. Rubsan, G. Figini, 8 maggio 1899. Giubileo dei Principi Thurn und Taxis, Bergamo 1899. 39 La maggiori notizie sulla chiesa ed il suo arredo liturgico sono contenute nella relazione della visita pastorale di S. Carlo Borromeo del 1575, A.G. Roncalli (a cura di), Atti della visita apostolica di S. Carlo Borromeo a Bergamo. 1575 , Firenze 1945, voll. 2, pp. 277 ss.

al paese e la chiesa pu essere anche messa in relazione, come altri percorsi allinterno del paese, con la festa dedicata a S.Cornelio celebrata in loco Cornello iurisdictionis vallis pre dicte e celebre in tutta la valle poich lo Statuto che la legittima stabilisce parallelamente che nei giorni che precedono e seguono questa festa siano considerati festivi, Statuti della Val Seriana n. 31, 1430 e 1468 (revisione), cfr. G.M. Varanini, La tradizione statutaria della valle Brembana nel Tre-Quattrocen to e lo statuto della Valle Brembana superiore del 1468, in Gli

P. Marina De Marchi, Antonio Zavaglia

111

quale si accede dallinterno della chiesa. Essa si trova in posizione opposta e simmetrica rispetto alla torre campanaria, accostata allabside sul lato a valle. La chiesa situata nella parte interna del borgo, protetta a ovest dal monte e a est dal fronte porticato di case. Ledificio che fiancheggia la chiesa (lato est) di recente costruzione. 6. Considerazioni conclusive Cornello del Tasso da considerare un unicum. Gli elementi ambientali e storici pi significativi sono: - la posizione geografica su un dirupo di 482 m.s.l.m. e la conformazione del suolo, che hanno condizionato lassetto morfologico dellabitato, che gode di unampia panoramica delle principali vie delle vicine valli; - il legame stretto con la casata dei Tasso (fondatori del sistema postale, dai quali discendevano anche Bernardo e lo stesso Torquato, la nobile famiglia degli Thurn und Taxis); - lessere stato integrato fino al XVI secolo (quando la costruzione della strada Priula lo escluse dai grandi traffici), in qualit di fulcro, nel sistema viario postale che coinvolgeva lintera valle Brembana; - il carattere di abitato fortificato. La funzione di statio postale e di mercato avuta da Cornello nei secoli XV e XVI 40, hanno inciso prioritariamente sulla morfologia del nucleo abitato, che ingloba nel centro storico la via porticata di transito dei mercanti e degli addetti postali fino a quando questa ebbe vita. Un riferimento a queste specifiche attivit si ravvisa, oltre che nello stemma dei Tasso, nellaffresco conservato nella chiesa del borgo, che raffigura S.Eligio (590-660), orafo e cesellatore, vissuto presso la corte merovingia, protettore dei maniscalchi, mentre ferra un cavallo sulluscio di una bottega nella quale fanno bella mostra tutti gli strumenti del mestiere (fucina, incudine, chiodi, tenaglie, ecc.) (fig. 9)41. Perse le sue funzioni di luogo di sosta, perch tagliato fuori dalla viabilit maggiore della valle non agevolato dalla posizione geografica su unaltura isolata, Cornello rimasto immobilizzato nel suo sviluppo e ha assistito ad una costante emorragia di abitanti, ulteriore causa di degrado e di mancata manutenzione. Questa decentralizza40La funzione di mercato venne attribuita a Cornello, comu-

Fig. 9 - Affresco raffigurante S. Eligio nella chiesa di Cornello

zione, che si concretizza nell eccentricit e marginalit del borgo, ha fatto, per, si che il nucleo originario potesse sostanzialmente rimanere intatto, ma pone attualmente il problema della sua tutela, che per evitare labbandono o la musealizzazione, chiede una reintegrazione nel tessuto insediativo della valle, con le sole possibilit di un utilizzo turistico che non prescinda dalla conservazione e dalla valorizzazione della memoria storica e dellidentit culturale passata. Lo sviluppo turistico pu aiutare42 il ripopolamento del borgo, secondo principi di uno sviluppo sensibile e sensibilizzato alla tutela: una mediazione tra le esigenze degli abitanti e la conservazione delle memorie storiche.
consueto paese avversario di S.Giovanni Bianco, a seguito degli scontri tra la repubblica di Venezia e i Visconti di Milano, quindi ribadita a favore di Cornello nel 1451 dai Veneziani allo scopo di riattivare lattivit economica. 41 Un dato curioso, del tutto insufficiente a dimostrare lorigine del borgo fortificato allaltomedioevo, che molti dei santi raffigurati negli affreschi della chiesa rimandano ad et paleocristiana e longobarda: S. Agata, S. Stefano, S. Giorgio, lo stesso S. Eligio visse in et merovingia, G.P. Bognetti, I Loca Sancto rum, in Let longobarda, III, Milano 1967, pp. 305-345. 42 Indicadores para levaluation del estado de conservation de Ciudades Hostoricas, Junta de Andalusia, Granada 1999, pp. 49 (a proposito delle diverse potenzialit

nit Guelfa, da Pandolfo Malatesta (signore di Bergamo tra il 1409 e il 1418), in Statuti della Val Brembana superiore, Coll. IV, n. 60, come atto di ostilit contro altri comuni della valle, oltre la Goggia, protetta dai Visconti, ASMI, Registri ducali, 23, f. 207, Nel documento si ribadisce che il mercato viene tolto agli uomini Ultra Augugiam che erano sempre stati fedelissimi ai Visconti. La contesa fra Cornello e S. Giovanni Bianco per il diritto di mercato si riapre nel 1429, con la conquista veneziana del territorio, BCB, S, VIII, 30, (AB 127), f. 18v, B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, Bergamo 1960, vol. 3, pp. 17, 49, 89, fa risalire la presenza del mercato a Cornello ad et precedente al 1430, funzione che viene messa in dubbio nel 1439 per la richiesta di svolgere questa attivit da parte del

112

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 10 (in alto a sinistra) - Tamponamento conseguente alla privatizzazione di un passaggio pubblico

Fig- 11 (in alto a destra) - Tamponamenti di finestre e nuove aperture Fig. 12 (in basso a sinistra) - Chiusura della porta laterale di accesso alla chiesa

P. Marina De Marchi, Antonio Zavaglia

113

Fig. 13 e 14 - Nuovi loggiati

7. Il borgo medievale di Cornello del Tasso tra tutela, distruzione e abbandono Il borgo di Cornello del Tasso per lo stato di leggibilit dellintero complesso urbanistico uno dei nuclei storici pi interessanti della Provincia di Bergamo e dellintera Lombardia. Di esso, infatti, ancora possibile cogliere appieno le caratteristiche di morfologia urbana delledificato (apparato viario, dislocazione degli edifici) e le connotazioni architettoniche dei singoli fabbricati. Pur riconoscendo questa situazione di leggibilit, occorre tuttavia constatare come nel tempo, e in special modo negli ultimi decenni, siano avvenute tutta una serie di trasformazioni, in teoria facili da ripristinare, dovute a fenomeni superfetativi, alla modificazione dei confini di propriet, alla privatizzazione di aree pubbliche (corti aperte d uso comune, strade, accorpamenti di unit edilizie, etc). Gli interventi conseguenti ai nuovi assetti proprietari hanno inciso significativamente nella possibilt di una immediata lettura dei percorsi e degli utilizzi originari di spazi connessi alla vita della comunit. Pur essendosi conservato laspetto fortificato affacciato a strapiombo e sviluppatosi lungo il cri-

nale del dirupo, ne risulta mutata la superficie dei fabbricati, connotato distintivo dell edilizia tradizionale di questo territorio. Sono in tal senso evidenti tamponamenti (figg. 10, 11, 12) e nuove aperture (figg. 11, 12), nonch eliminazione e rifacimenti di rinforzi d angolo, di cornici, di stipiti. Gli stessi interventi di restauro hanno teso, pi che a conservare e a valorizzare il costruito, a restituire unimmagine mondata e pittorica dell aura storica del paese, con un atteggiamento mentale assolutamente estraneo al rispetto filologico del bene e all esigenza di trasmettere dati oggettivi per analisi e ricerche storiche di settore. I nuovi bisogni abitativi, lasciati senza controllo, hanno indotto modifiche pesanti e, per altro, in contraddizione con la presunzione di restituire una rappresentazione da cartolina del luogo. In sequenza queste le alterazioni pi frequenti: costruzione di balconi continui lungo lintero fronte dei fabbricati, di forme e in materiali incoerenti con la tradizione del luogo (figg. 13 e 14), che, laddove permane, si compone prevalentemente di loggiati lignei; chiusura a vetri continui e finiture in alluminio anodizzato di logge ad arcatelle (utilizzate originariamente per la conservazione di derrate alimentari, come spazi di servizio e fienili); sostituzione di tetti in coppi con coperture in

114

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 15 - Tetto in lamiera di recente impianto

Fig. 16 - Intonaci recenti

lamiera o in eternit (fig. 15); proliferazione di gabbiotti tecnologici, in ottemperanza alle nuove norme di sicurezza, per le quali si sarebbero potute cercare soluzioni diverse. Per quanto attiene gli apparati murari, soltanto in alcuni edifici si conservata la tessitura originaria in bozze di pietra o ad intonaco. Gli interventi pi massicci e negativi si sono avuti nella distruzione degli intonaci, sostituiti da materiali e tecniche moderne, adatti a villini residenziali di periferia urbana, ma assolutamente estranei alla tradizione locale (fig. 16). Anche i colori utilizzati rispondono ai modelli sottoculturali che si sono diffusi negli ultimi decenni, purtroppo non solo a Cornello. Tutto questo stato possibile in mancanza di una cultura diffusa del rispetto della storia nelle sue varie manifestazioni, specie in quanti per formazione e titoli accademici avrebbero dovuto assumerne la cura. In carenza di rilievi storici dellabitato, una migliore conoscenza delle origini di Cornello e dei successivi sviluppi storici di questo organismo urbano andava operata con una ricerca storicoarchitettonica comparata e con le tecniche offerte dalla ricerca stratigrafica applicata allanalisi

degli apparati murari, di rilievi cartografici e fotogrammetrici, di indagini dei materiali edilizi e dei leganti. Cosa che ancora fattibile in alcuni casi, per altri purtroppo troppo tardi. In questo la facolt di indirizzo degli enti di tutela sembra essersi scarsamente espressa. Il borgo, infatti, seppure formalmente vincolato con D.M. 2 aprile 1965, ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, che dichiara il notevole interesse pubblico del vecchio nucleo abitato di Cornello del Tasso e nonostante la redazione nel 1982, ad opera degli architetti Brambilla e Tosetti, di un Piano di Recupero, non ha goduto di quellattenzione alta e partecipe, che la sola esistenza e il vincolo ambientale gli avrebbe dovuto garantire. Daltronde nessuno intende mummificare la storia, che ha tutti i diritti di esprimersi anche nel presente, ma evidente che abbiamo perso notevoli occasioni di conoscenza storica e di tecniche e modalit costruttive, quando bastava almeno documentare ledilizia comera giunta a noi, cio gi stratificata dalle vicende storiche, per procedere poi a dare una serie di indirizzi per gli interventi, sia volti alla conservazione, sia alla compatibilit tra nuove esigenze e funzioni originarie. certo che in assenza di conoscenza difficile forni-

P. Marina De Marchi, Antonio Zavaglia

115

re linee di indirizzo, al massimo si pu evitare il cattivo gusto. Limpressione che oggi si ricava visitando il piccolo centro urbano quella di unassenza di tutela, da parte di tutti gli attori che, a vario titolo, ne avrebbero avuto competenza: lo stato, la regione, la provincia e lo stesso comune. ben vero che negli ultimi anni molte iniziative hanno cercato di promuovere il sito nel 1990 stata anche costituita la Fondazione Museo Tasso per tutto questo non ha costituito, al di l del recupero di un edificio con destinazione pubblica, limbocco di un possibile percorso di valorizzazione di Cornello. Nel 1993 la Direzione Generale Cultura ha finanziato, su richiesta della provincia di Bergamo, ente proprietario, il progetto di recupero e riuso con destinazione museale di unaltra unit abitativa. Al momento stato completato lintervento edilizio, manca tuttavia lallestimento museale vero e proprio. prevista la realizzazione di un terzo polo museale nellultima unit abitativa, recentemente restaurata, della strada coperta. Nel medio periodo Cornello del Tasso avr probabilmente la pi alta concentrazione museale nazionale in rapporto alla dimensione urbana e alla popolazione residente (40 abitanti). Tutto questo sicuramente importante ai fini della valorizzazione del nucleo urbano; bisogna tuttavia chiederci come si rapporta e si intreccia alle esigenza di tutela, che sono alla base dellincontro odierno e costituiscono un obiettivo irrinunciabile, a vario titolo e con diverse responsabilit, della nostra operativit. Lo stesso Piano di Recupero ha in qualche modo garantito la conservazione delle volumetrie e degli spazi, ma non ha potuto impedire la massiccia manomissione degli interni per adeguarli ai modelli cittadini, cosicch la struttura interna degli edifici, anchessa parte essenziale dellidentit storico-architettonica del borgo, stata danneggiata con interventi irreversibili. Il risultato una idealizzazione della forma attraverso la preservazione pittoresca del sito, utile magari per lodierna comunicazione turistica, ma scarsamente sensibile alle esigenze di tutela, perch in buona sostanza si conservato un simulacro di forma, ma non la sua storicit (fig. 17). Il problema di Cornello del Tasso cio del ruolo e del significato che le parti pi vecchie dellinsediamento hanno tuttora nel sistema delle nostre citt e del territorio un problema diffuso, assimilabile nelle sue manifestazioni peculiari a quello dei centri storici. un problema che si prospettato in Italia e in Lombardia gi dai tempi della ricostruzione postbellica, anche se solo in tempi recenti esso stato soddisfacentemente chiarito nei suoi fondamenti teorico-politici e i

Fig. 17 - Restauro del fianco meridionale della chiesa

fenomeni evolutivi hanno ricevuto unorganica definizione. Una questione quindi maturata di recente, ma anche una questione urgente da sempre come ci ricorda dal lontano 1961 la Carta di Gubbio, latto ufficiale di un impegno operante per i centri storici italiani la quale rischia di diventare una delle tante malattie croniche che il paese si trascina. Tutti problemi generati dal processo di trasformazione della nostra struttura socio-economica, di cui si sono misurate le manifestazioni, si conosco no le cause e i meccanismi e si prevedono anche gli ulteriori sviluppi negativi, ma che restano sostanzialmente immutati e continuano a riprodursi nella misura in cui non vengono affrontati per quello che sono, e cio in quanto effetti di un modello disarmonico di sviluppo della nostra societ. Il problema di Cornello, cos come quello dei centri storici e, per alcuni versi, di quei manufatti in disuso che oggi vengono definiti archeologia industriale sostanzialmente una questione di incongruenza fra i modi di organizzazione dello spazio e delle attivit in esso insediate quali erano nel passato e quali sono ora o nel futuro che si prospetta. Vi sono cio siti, contrade, parti di citt,

116

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

porzioni di territorio, che non funzionano secondo la logica del meccanismo complessivo che si venuto determinando, in Italia e in Lombardia, per quanto riguarda le forme dellabitare e del lavorare, dellorganizzarsi della vita di relazione, dei modelli di vita degli individui e delle famiglie: non funzionano secondo la logica attuale, perch sono stati fatti per funzionare secondo logiche diverse, cui erano estranee per esempio le automobili, gli arredi di serie in misura unificata, la stessa attivit industriale, oltre alle funzioni del terziario e del tempo libero di massa. Questi problemi, gi complessi, si intrecciano, nel caso di Cornello del Tasso, a quelli specifici di un borgo montano decentrato: fondamentalmente la scarsit di risorse e di servizi. evidente come qualunque obiettivo di tutela non possa prescindere dal coinvolgimento della popolazione stabilmente insediata in un piano di

salvaguardia attiva, che non mortifichi i bisogni elementari e contemporaneamente faccia emergere le opportunit positive di tale atteggiamento, non solo da un punto di vista culturale, ma anche in rapporto alle possibili ricadute economiche. La risorsa principale di Cornello appare al momento quella turistico-culturale. Bisogner tuttavia evitare i pericoli che questa vocazione pu costituire per le dimensioni oggettive del borgo. Anche per questo andrebbe allargato lambito territoriale, estendendolo allintera Val Brembana, che presenta caratteri di grande unitariet: basti pensare al sistema delle vie porticate, che lega Cornello ad Averara, S. Giovanni Bianco e Zogno. In questottica il sistema museale di Cornello potrebbe svolgere un ruolo importante di stimolo alla conoscenza e di promozione di un sentimento diffuso della tutela, premessa indispensabile per una salvaguardia partecipe e cosciente del bene culturale.

Paolo Masotti

117

RECUPERO E VALORIZZAZIONE DI CORNELLO DEL TASSO


Paolo Masotti

Il lavoro che qui illustrato deriva, in gran parte, da una tesi di Laurea discussa nellanno accademico 1996/97 presso la Facolt di Architettura del Politecnico di Milano, relatore il Prof. Andrea Bruno e correlatore lArch. Gualtiero Oberti. Tema di questa tesi il recupero e la valorizzazione di Cornello dei Tasso mediante lo strumento urbanistico attuativo del Piano di Recupero. Per fare ci, evidentemente, la scelta della metodologia di raccolta, studio ed elaborazione della notevole quantit dei dati richiesti ha costituito un momento fondamentale della fase istruttoria; per conciliare le esigenze di accuratezza delle analisi e di chiarezza espositiva si deciso di ricorrere ad un tipo di schedatura analitica modellata su quella definita in precedenti esperienze accademiche, badando di studiare le opportune modifiche per adattarla ad una realt senza dubbio peculiare come quella di Cornello. Dovendo occuparci sia dellaspetto esterno degli edifici, sia delle loro caratteristiche distributive interne, si deciso di articolare la schedatura in due fasi distinte, la prima dedicata esclusivamente agli edifici nel loro insieme (unit edilizie) e la seconda orientata invece allanalisi dei singoli appartamenti (unit immobiliari). La prima necessit stata quella di individuare in modo univoco e chiaro le unit minime di analisi del tessuto urbano; edifici accorpati tra di loro per esigenze di tipo difensivo e di protezione dagli agenti atmosferici fin dalla loro costruzione e profondamente modificati in seguito nella distribuzione interna da ripetuti frazionamenti e da recenti trasformazioni, hanno reso lanalisi piuttosto complessa. Gli stessi dati catastali, spesso non rilevati o non aggiornati da oltre quarantanni, si sono dimostrati non in grado di fare chiarezza nelle situazioni pi incerte; nonostante tutto ci, stato infine possibile definire le unit edilizie con una certa precisione, tenendo conto dellomogeneit tipologica e formale delle singole abitazioni, oltre che dello stato di conservazione uniforme di molte parti del tessuto edilizio. Una volta definite le singole unit edilizie, ne

abbiamo rilevato le planimetrie, utilizzando allo scopo in parte le planimetrie catastali ed in parte quelle del precedente piano di recupero, confrontando poi il tutto con un controllo diretto sulledificato; stato cos possibile stendere, in scala 1:200, laggiornamento delle planimetrie di tutto il centro abitato, sia nel suo complesso, sia separando tra loro le singole unit edilizie. Lesiguit dellabitato, lomogeneit della sua storia ed il relativo isolamento dello stesso ci hanno suggerito di privilegiare unanalisi di tipo quantitativo e qualitativo, limitando lo studio dellevoluzione storica soprattutto al paese nel suo complesso, senza approfondire in modo specifico la storia dei singoli edifici; per ognuno di essi stato fatto riferimento alle sole eventuali variazioni intercorse tra la stesura delle principali soglie storiche esistenti. Ogni scheda, caratterizzata da un numero progressivo, prevede una prima parte di dati generali, necessari per lindividuazione senza incertezze delledificio, nella quale vengono rilevati la propriet, lubicazione del fabbricato, i dati catastali, la dotazione essenziale di servizi e la destinazione duso corrente. Chiude il primo settore di ogni scheda una breve sezione dedicata ad unanalisi di tipo qualitativo: vengono rilevati tipologia edilizia, valore morfologico ed eventuale presenza di elementi in contrasto rispetto al valore delledificio. La seconda parte della scheda, che costituisce la sezione pi rilevante della stessa, consiste in una minuziosa analisi di ogni edificio articolata mediante nove voci; in esse viene rilevato per ogni elemento strutturale o di complemento il materiale costitutivo ed il livello di degrado, espresso per ogni categoria in valori crescenti da 1 a 3 in passi da 0,5. Una formula finale esprime in forma di valore numerico il degrado caratteristico delledificio analizzato, utilizzando una media matematica ottenuta pesando ogni voce con un valore specifico. Lultima sezione della schedatura per unit edilizie raccoglie alcune osservazioni di carattere generale sulledificio, oltre ad una vera e propria

118

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

proposta di tutela e valorizzazione dellunit analizzata, espressa mediante lelenco schematico degli interventi ritenuti necessari per struttura, facciate e complementi. Lindicazione delle destinazioni duso compatibili e di quelle consigliate chiude la scheda. Per effettuare la seconda schedatura, ogni unit edilizia stata poi suddivisa nelle singole unit immobiliari presenti, indicate poi con il numero arabo della loro unit edilizia pi una lettera maiuscola; compito meno agevole del previsto, soprattutto a causa del particolare frazionamento esistente allinterno dei singoli edifici, che ci ha spesso costretto ad integrare i dati in nostro possesso con colloqui chiarificatori con i singoli proprietari. In generale, stata definita unit immobiliare ogni insieme di locali appartenenti alla medesima unit edilizia ed allo stesso proprietario; i locali accessori come le cantine ed i depositi, quando non direttamente collegati al resto delle propriet, sono state indicate a parte come unit immobiliari indipendenti. Per ogni unit immobiliare sono stati evidenziati le unit edilizie coinvolte, il numero dei piani e dei locali abitabili; per ogni scheda stato indicato il nome del proprietario, con lindicazione di eventuali altre propriet possedute nella frazione, il titolo di godimento ed il tipo di uso prevalente (residenziale, saltuario, affitto turistico a terzi, inutilizzato). Le informazioni sono state completate da destinazione duso, dotazione di servizi e planimetria in scala 1:200 di tutti i vani compreso

quelli eventualmente in comune con altri appartamenti; ogni locale stato numerato e per ciascuno stata indicata la superficie complessiva, la destinazione duso prevalente ed infine il grado di salubrit, utilizzando allo scopo gli indicatori richiesti dal Regolamento di Igiene della Regione Lombardia. Le note finali descrivono in generale la distribuzione interna dellappartamento e riportano eventuali particolari non altrimenti descrivibili. Anche in questo caso, la destinazione multipla di molti locali, insieme ai numerosi casi di sottoutilizzo o addirittura di completo abbandono dellimmobile hanno spesso reso difficoltosa lattribuzione della corretta destinazione duso; nei casi in cui lattribuzione rimasta incerta, stata indicata quella prevalente, segnando eventualmente in nota i riferimenti alternativi. La duplice schedatura cos ottenuta costituisce uno strumento importante per la conoscenza di Cornello e rappresenta una base informativa sulla quale eventualmente proseguire in altre e pi specifiche direzioni la ricerca. La scelta di privilegiare alcune voci rispetto ad altre, funzionale allo scopo che la ricerca accademica si prefiggeva, potrebbe agevolmente essere ridiscussa in modo da orientare lintero lavoro ad altre esigenze. La trasposizione in chiave informatica dei dati raccolti, oltre che piuttosto semplice dal punto di vista dellesecuzione, permetterebbe infine di ottenere un archivio elettronico consultabile come un comune databa se, con innegabili vantaggi per la consultazione, laggiornamento e, alloccorrenza, la distribuzione.

Paolo Masotti

119

120

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Paolo Masotti

121

122

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Paolo Masotti

123

124

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Paolo Masotti

125

126

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Paolo Masotti

127

Rita Vecchiattini

129

LA MAPPATURA CULTURALE DELLA CITT VECCHIA DI GENOVA: UN METODO PER UNA LETTURA NUOVA DELLA CITT
Rita Vecchiattini

La Mappatura culturale della citt vecchia di Genova, la cui prima parte stata eseguita tra il 1994 ed il 1996 e la seconda tra il 1997 ed il 19991, ha riunito i sottoprogetti 2 e 3 del Progetto Civis Ambiente, cofinanziato dal Comune di Genova e dallUnione Europea nellambito del programma Life. I sottoprogetti riguardavano la creazione di strumenti di supporto alla pianificazione urbana ed in particolare il sottoprogetto 2 prevedeva la realizzazione di un sistema informativo territoriale ambientale per il centro storico ed il sottoprogetto 3 la realizzazione di un sistema di ricognizione archeologica dei suoli e statica degli edifici. Il gruppo di lavoro, costituito da dodici architetti2 facenti capo al Laboratorio di cartografia e documentazione dellex Istituto di storia dellarchitettura (attuale Dipartimento Polis) della Facolt di architettura dellUniversit degli studi di Genova, stato coordinato, per i diversi ambiti disciplinari, dai professori Andrea Buti 3, Tiziano Mannoni4 ed Ennio Poleggi5. Credo sia doveroso, prima di passare ad indicare le modalit di realizzazione ed i risultati delloperazione, accennare brevemente alla conce1 Attualmente ancora in fase di conclusione loperazione di inserimento dei dati in Internet ma la maggior parte delle informazioni sono comunque accessibili al seguente indirizzo: http://bianco.arch.unige.it/oralink. 2 Daniela Barbieri, Carlo Bertelli, Silvana Brunetti, Marino Fiorito, Cristina Giusso, Tulliola Guglielmi, Ilaria Ivaldi, Ivo Massardo, Nicoletta Poleggi, Claudia Resasco, Anna Utke e Rita Vecchiattini. Con la partecipazione in alcune fasi della ricerca di Nicoletta Bevilacqua, Claudio Cicirello, Gabriele Fezia, Maria Rosa Merello, Lucilla Paci, Elisabetta Pieracci e Maximilian Rizzardi. 3 Professore associato del Corso di Consolidamento degli edifici storici (DIP.ARC.). 4 Professore associato del Corso di Caratteri costruttivi delledilizia storica e Rilievo ed analisi tecnica dei monumenti antichi (D.E.U.I. M.). 5 Professore ordinario del Corso di Storia dellUrbanistica (POLIS). 6 M. BLOCH 1949, Apologia pour lhistorie ou mtier dhisto rien, Cahiers des Annales, Paris.

zione della citt che ha ispirato il lavoro ed al metodo che ha guidato con sistematicit lesecuzione della mappatura. Il concetto urbanistico, rielaborato ed applicato in questo lavoro, nasce dallapprofondimento di studi condotti da storici francesi quali Bloch 6, Poete, Braudel ed Chastel 7. Le loro applicazioni hanno dato vita ad una sfera culturale decisamente innovativa basata sulla molteplicit delle letture ed da questo nuovo concetto di storia e di societ che discende il modo pi coerente ed efficace di analizzare ed interpretare la dinamica materiale ed urbanistica degli insediamenti. Con tali premesse e nella convinzione che non sia possibile imbrigliare una realt complessa, come quella di un patrimonio edilizio o anche di un singolo manufatto, in definizioni statiche che fotografano un aspetto od un momento caratteristico delledificio, stata redatta la mappatura che senza dubbio ha arricchito la storia urbana ed ha contribuito ad innovare il governo urbanistico della citt8. Il gruppo di lavoro ha messo a punto, non senza difficolt, un data base relazionale9 (Software Ora cle) comprendente pi di 40.000 schede di rilevazione documentate da circa 15.000 foto digitali 10
7 Il metodo, nato dal lavoro della quipe parigina istituita da Andr Chastel per studiare il quartiere delle Halles prima che fosse demolito in favore della costruzione del Beaubourg (1965/1977), consente un produttivo ritorno alla descrizione puntuale degli oggetti edilizi e degli elementi urbani come documenti di una dinamica di propriet e di uso. F. BOUDON et al. 1977, Systme de larchitecture urbaine. Le quartier des Halles Paris, Paris. 8 Il lavoro servito da supporto alla redazione del nuovo P.R.G. della citt. 9 Durante la prima fase del lavoro, che ha coinciso con leffettuazione dei sopralluoghi, stato utilizzato il softwarePanora ma che in grado di gestire in modo semi-relazionale tabelle in formato testo con dimensioni del record particolarmente ampie. Inoltre Panorama ha consentito di archiviare, in file Pict separati e predisposti per la conversione finale in JFIFJPEG, le numerose immagini digitali. 10 Realizzate con Quick Take 100, una macchina fotografica che realizza immagini con lo stesso angolo visuale dellocchio umano e pertanto strumento adeguato per documentare dettagli, quali portale o balaustre, meno efficiente per documentare quadri di insieme, quali prospetti o coperture.

130

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

ed oltre 1.500 schemi funzionali, redatti sulla base del rilievo dei piani terra eseguito dal prof. Luigi Vagnetti 11 nel 1972. Tutte le informazioni sono collegate ad una mappa numerica (Software MapInfo) della citt vecchia realizzata sulla base delle carte tecniche regionale 12 (scala 1:5.000) e m u n i c i p a l e 1 3 (scala 1:1.000), digitalizzate a schermo con laiuto di scansioni, e verificate sulla base dei contorni del rilievo comunale 14 ( s c a l a 1:500). Il ricorso a tale sistema di gestione della cartografia consegue alla ricerca di una logica nuova che permetta una migliore interrogazione dei fenomeni e dei dati reali. Il fatto di disporre di una struttura versatile migliora i risultati ottenibili permettendo di scomporre in modo capillare gli elementi, di attribuire ad essi molteplici classi di valore o di accedere ad una rappresentazione visiva asservibile alle diverse necessit. La mappa realizzata offre infatti la possibilit di costruire carte inventariali (Fig. 1), che mostrano la distribuzione delle variabili rilevate, e carte tematiche (Fig. 2), che consentono di evidenziare temi specifici. Oltre alla mappa attuale della citt sono state restituite alcune fonti cartografiche
11 Il rilievo venne curato dal prof. Luigi Vagnetti ed eseguito da

storiche in modo da consentire la visualizzazione delle variazioni occorse nel tempo allinterno delledificato, mediante la sovrapposizione delle stesse. La scoperta di tali modificazioni, estese o particolari, unita allanalisi di altre fonti, dalliconografia al dato materiale, porta a colmare le grandi lacune esistenti nella conoscenza dello sviluppo urbanistico ed architettonico della citt (Fig. 3). In particolare sono state digitalizzate la cartografia relativa alla Gabella Possessio num 15 del 1414, la carta dei Padri del Comune16 del 1656, la carta del Catasto napoleonico 17 del 1810 e la carta del Catasto fabbricati del Regno dItalia18 del 1907. Altri elementi dellindagine, oltre la cartografia, sono le fonti archivistiche e la relativa localizzazione dei dati. Sono state infatti trascritte alcune fonti a carattere seriale capaci di offrire riscontri quantitativi quali i dati catastali presenti nellEstimo della Repubblica Democratica Ligure per il centro urbano 19 del 1798 e nel Catasto fabbricati del Regno dItalia 20 del 1907 ed i dati censuari relativi al Censimento delle anime21 del 1804 ed al Censimento della popolaparticolare caso genovese fu opportuno scendere ad un approfondimento maggiore ed elaborare le informazioni in scala 1:1250. Il Catasto napoleonico costituisce uno sforzo di rappresentazione e di controllo del territorio decisamente innovativo sia nelluso delle pi aggiornate tecniche di rilevamento ed estimative sia nella concezione fiscale di perequazione e di sgravio dalle imposte. Innovativo soprattutto la scelta di utilizzare come base della rilevazione la particella, elemento riconoscibile mediante i suoi attributi quali propriet e reddito e di conseguenza oggetto identificabile sul terreno ed anzi connotativo di esso. Il catasto allorigine sia geometrico (cartografia di supporto recante le suddivisioni particellari) sia descrittivo (elaborazione estimativa) ma per quanto riguarda il centro storico genovese ci giunta soltanto la mappatura di riferimento. 18 A.S.Ge., FONDO CATASTI, Catasto Edilizio Urbano. Il Catasto Unitario Secondo la regola del Nuovo catasto geometrico particellare (Legge n 3682 del 1 Marzo 1886), la registrazione delle propriet dei terreni viene distinta da quelle dei fabbricati: vengono pertanto istituiti ufficialmente il Catasto Terreni ed il Catasto Edilizio Urbano (Catasto Fabbricati). 19 A.S.Ge., ESTIMO, n 25. LEstimo della Repubblica Democratica Ligure venne redatto, per ordine del Consiglio dei Sessanta (Legge del 7 e 29 Maggio 1798), in seguito ad un provvedimento di urgenza al fine di formare un Catasto provvisorio che permettesse la riscossione delle contribuzioni, necessarie alla sussistenza della Repubblica. Tale catasto viene mantenuto invariato fino allemanazione della Legge n 3682 del 1 Marzo 1886 che costringe tutti i comuni italiani ad uniformarsi alla regola del Nuovo catasto geometrico particellare. 20 A.S.Ge., FONDO CATASTI, Catasto Edilizio Urbano. 21 A.S.Ge., MAGISTRATO DELLE COMUNIT, n 561. Il censimento del 1804 un censimento parrocchiale basato sulle rilevazioni che venivano eseguite durante la benedizione delle case in occasione della Pasqua. Tale stato delle anime in grado di censire solo la popolazione cattolica, che accoglie i sacerdoti incaricati della benedizione delle case. Non nota la finalit del censimento ma, visto che lUfficio che promuove la stesura quello delle Finanze, si pu ipotizzare che tale raccolta di dati costituisca una base conoscitiva per unimposizione fiscale personale.

ricercatori e studenti facenti capo allex Istituto di rappresentazione architettonica della Facolt di architettura dellUniversit degli studi di Genova. Venne pubblicato nel Quaderno dellIstituto di progettazione nellaprile del 1972. 12 Gli errori sono considerevoli per quanto riguarda la limitata accuratezza della forma geometrica degli oggetti restituiti ma sono invece ridotti per quanto riguarda lesattezza geometrica. Tuttavia gli errori non hanno carattere sistematico perci le incongruenze nella misura tendono a compensarsi. 13 Laccuratezza geometrica risulta superiore rispetto a quella della carta tecnica regionale ma subentrano errori a carattere sistematico dovuti alle deformazioni dei supporti cartacei per cause legate al meccanismo di riproduzione eliografica o a fattori igrometrici. 14 Tale rilievo mostra una maggiore precisione nellindividuazione dei principali elementi edilizi. 15 A.S.Ge., FONDO ANTICO COMUNE, n. 559. La Gabella Possessionum era un tributo, istituito nel Quattrocento, sui fondi e sulle case basato su una sorta di catasto rinnovato di tempo in tempo e del quale si hanno notizie per il 1414, per il 1443 e per il 1454. Un tentativo di utilizzo globale dei dati contenuti in uno dei registri della Gabella venne condotto nel 1980 da Luciano Grossi Bianchi e da Ennio Poleggi nellambito della restituzione grafica della propriet immobiliare nobiliare genovese al 1414. proprio su tale restituzione che si basata la digitalizzazione cartografica. 16La Carta dei Padri del Comune, realizzata a tratto ed olio su tela, costituisce il primo rilievo ufficiale che si conosca della citt di Genova. La rappresentazione planimetrica mostra cinque obiettivi informativi: il perimetro lineare che distingue lo spazio edificato da quello non edificato, le aree verdi, la sezione orizzontale delle principali opere pubbliche, le vie e lo specchio portuale. Una copia della planimetria, risalente al 1786 e realizzata ad inchiostro su carta, conservata nella Collezione topografica del Comune. 17 A.S.Ge., FONDO CATASTI, Section O (dite de Molo), Section P (dite de la Magdalaine) e Section Q (dite de Pr). Secondo le istruzioni del Ministero, la carta di rilevazione dellImpero doveva essere realizzata in scala 1:5000, ma nel

Rita Vecchiattini

131

Fig. 1 - Tipi strutturali: in azzurro strutture a setti continui con orizzontamenti voltati; in rosa strutture a setti continui con orizzontamenti misti; in rosso strutture a setti continui con orizzontamenti di legno; in verde strutture a pilastri con orizzontamenti di legno; in giallo strutture a pilastri in cemento armato.

132

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 2 - Epoca prevalente (campitura) ed epoca antiquaria (simbolo): in rosso XII-XIII-XIV secolo; in giallo XV secolo; in celeste XVI secolo; in azzurro XVII secolo; in viola chiaro XVIII secolo; in viola scuro XIX secolo in grigio XX secolo.

Rita Vecchiattini

133

Fig. 3 - Grado di integrit rispetto alla consistenza catastale del 1907: in grigio edifici esistenti; in rosso edifici ricostruiti parzialmente o completamente; in arancione edifici parzialmente demoliti; in giallo edifici demoliti; in verde aree rilottizzate.

134

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 4 - Strutture semplici e strutture complesse: in nero strutture composte da pi corpi; in grigio strutture composte da un solo corpo.

Rita Vecchiattini

135

Fig. 5 - Il civico, il corpo e ledificio.

136

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 6 - Conservazione storica: in nero strutture con caratteri di epoca medievale; in grigio strutture con caratteri di epoca moderna.

Rita Vecchiattini

137

Fig. 7 - Conservazione storica: in nero strutture che conservano elementi di epoca medievale; in grigio strutture che conservano elementi di epoca moderna.

138

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 8 - Localizzazioni (simbolo) e cause (campitura) dellumidit: in azzurro condensa; in viola perdite localizzate; in rosa acque non raccolte; in giallo fatiscienza della copertura; in verde risalita; in grigio cause multiple.

Rita Vecchiattini

139

z i o n e 22 del 1871. Il Catasto Unitario del 1907 costituisce lunica fonte in cui coesistono i dati cartografico e proprietario ed proprio a partire da questo che stata realizzata una complessa operazione di riconoscimento delle singole particelle, eseguita secondo un procedimento a rovescio nel caso di identificazione proprietaria ed un sistema di verifica dei possibili rapporti tra confinanti nel caso di identificazione cartografica. importante sottolineare come il dato originale sia sempre stato conservato nella stessa forma presentata dalla fonte e siano stati aggiunti solo codici di collegamento con tabelle standard di attributi normalizzati per unificare i tipi diversi di informazione. Pur in presenza di un insieme cos vasto di dati, la fonte principale di informazione rimane tuttavia lindagine diretta sul costruito eseguita mediante sopralluoghi durante i quali sono stati raccolti numerosi elementi riassumibili in alcune principali categorie caratterizzate da problematiche e contenuti molto diversificati. Il contatto diretto con i manufatti risultato essere indispensabile dal momento che la citt vecchia di Genova caratterizzata da una straordinaria stratificazione la cui longue dure porta a privilegiare proprio questultima rispetto allidentit. La continuit si manifesta, paradossalmente, nel privilegio che losservatore costretto ad accordare alle differenze ed proprio nelle differenze che si fonda limpressione di unitariet attribuita ad una cos ricca sovrapposizione di elementi. I sopralluoghi hanno manifestato subito una prima difficolt consistente nellimpossibilit di individuare lentit casa da schedare e da mappare. Le ragioni sono da ricercare nellevoluzione dellinsediamento della citt la quale, a partire dal XII secolo quando era uno dei porti pi importanti del Mediterraneo, non ha mai veramente mutato le proprie caratteristiche. Infatti fino al XIX secolo il nucleo cittadino rimase confinato nelle mura medioevali, nonostante la cinta muraria fosse stata gi largamente ampliata nel Seicento. Le modificazioni sono sempre avvenute allinterno mediante sopraelevazioni, accorpamenti, avanzamenti di fronti, creazione di ponti e passaggi da un isolato allaltro ovvero quelli che possiamo definire tentacoli immobiliari magari protesi verso affacci migliori. La proiezione planimetrica del sedime di un edificio come un parallelepipedo che raggiunge il livello di gronda per la citt vecchia di Genova totalmente infedele ed impropriamente utilizzata per la rappresentazione di unit immobiliari che hanno forme e modalit di relazione
22 A.S.C.Ge., REGISTRIDELLAPOPOLAZIONE , n 1/169.

assai complesse. Non tenere conto di una tale problematica avrebbe significato descrivere una citt che non esiste e, di conseguenza, restituire una immagine falsa ed ingannevole. La rilevazione ha mostrato quanto sia diffusa la ricchezza di stratificazione nella citt vecchia (Fig. 4), pertanto stato necessario realizzare tre mappe (al piano terra, al terzo piano ed al piano delle coperture) nonch individuare tre entit differenti che solo insieme sono in grado di descrivere la complessa realt: il civico, il corpo e ledificio (Fig. 5). Ogni entit riflette un livello di percezione differente: il civico descrive il livello funzionale cos come percepito dai residenti; il corpo descrive il livello strutturale; ledificio descrive il livello costruttivo cos come percepito da chi ha un bagaglio di esperienze tale da saper leggere ed interpretare i segnali di processi di stratificazione o di mutazione avvenuti nel manufatto. La struttura del data base caratterizzata da dieci tavole principali di descrizione che si riferiscono a: ledificio nel suo complesso, secondo una visione sintetica mutuata da tutte le informazioni raccolte nelle altre schede; le strutture verticali, quali muri interni e/o facciate; le aperture, quali porte e/o finestre; le strutture orizzontali, quali solai, volte e/o balconi; latrio di ingresso; il vano scala; gli appartamenti, limitatamente a quelli accessibili; gli accessori strutturali, quali puntoni e/o catene; le coperture; le attivit commerciali al piano terreno; e da cinque tavole secondarie di relazione che si riferiscono a: i corpi; i corpi e le coperture; i civici e gli eventuali accessi secondari; i civici e le relative immagini digitali; i civici ed i vincoli dei beni mobili ed immobili secondo le leggi di tutela del 1939. In generale tutti i dati rilevati si possono ricollegare alle tre tematiche principali affrontate dallindagine: - le modalit della trasformazione edilizia nel tempo, i suoi principali caratteri e le possibilit di ulteriore modificazione; - le caratteristiche dei materiali ed il loro esito nella produzione architettonica, in quanto costiviene definitivamente superato il tentativo di computare la popolazione di diritto spesso attuato con procedimento statisticamente discutibili di sottrazione di individui facenti parte di un nucleo familiare ma temporaneamente assenti o addizione di soggetti momentaneamente ospiti.

Il censimento della popolazione fu realizzato sotto la direzione del Ministero di agricoltura, industria e commercio ed eseguito dagli uffici comunali sotto la direzione dei Sindaci. I dati sono giudicati attendibili anche in virt del fatto che nel censimento

140

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

tuenti elementi singoli o appartenenti a sistemi complessi; - le condizioni di stabilit delledificato e le caratteristiche dei fenomeni di degrado delle strutture. Tra gli altri sono stati individuati due obiettivi fondamentali legati al tema della conservazione che determinano il valore degli immobili ed incidono sulla qualit della vita degli abitanti: - la conservazione storica, per valutare il grado di integrit ed autenticit dei corpi edificati ed analizzare le dinamiche di trasformazione allinterno della citt vecchia; - la conservazione dei materiali, per valutare lo stato dei materiali di superficie ed analizzare il grave problema relativo allumidit. La lettura storica dei manufatti reali, effettuata attraverso la ricostruzione delle principali fasi cronologiche (con metodi stilistici ma soprattutto tipologici, poich la maggior parte degli elementi architettonici non valutabile stilisticamente), permette di stabilire il valore socio-economico ed il valore storico di ogni corpo edificato. Mentre il primo legato allimportanza del manufatto nel suo tempo, per la sua rarit e/o significativit, il secondo legato invece alla sua omogeneit ed alla capacit di rappresentare oggi una situazione storica. Se un edificio, sia pure poco significativo nel suo tempo e quindi con un basso valore socio-economico, rimane oggi lunico o uno degli ultimi capace di esprimere la situazione storica che lo ha prodotto evidente che il suo valore storico aumenta e che i criteri di intervento da adottare dovranno essere gli stessi previsti per larchitettura maggiore. Al contrario un palazzo di grande importanza e valore, allepoca della costruzione, che giunto a noi completamente privato dei suoi caratteri peculiari per aver subito pesanti trasformazioni e stravolgimenti, avr un basso valore storico poich oggi non rimane pi nulla a testimonianza dellelevato valore socio-economico passato, se non documenti scritti che non trovano riscontro nelloggetto reale. possibile pertanto individuare, per i vari edifici, alcune categorie oggettive, poich basate sui dati reali, che tengano conto di entrambi i valori confrontando i dati storici con quelli materiali per ogni singolo corpo edificato, in modo da creare una mappa su cui impostare lanalisi delle dinamiche di trasformazione allinterno della citt vecchia. Il rilievo eseguito ci ha restituito limmagine di una citt lontana da quella di una citt medievale, immagine probabilmente influenzata dalla tessitura urbana costituita da stretti vicoli e dai numerosi elementi messi in luce nel corso dei restauri filologici eseguiti soprattutto nel XIX secolo. In realt il medioevo resiste, tranne pochi casi, a livello di lottizzazione ed al piano terreno mentre la maggior parte degli edifici ha subito trasforma-

zioni tali da stravolgere il carattere medievale, conservato solo a livello di reperti archeologici (Figg. 6 e 7). Come gi avvenuto in altri centri storici italiani, anche a Genova occorre affrontare, a livello urbano e non di singolo cantiere, la difficile problematica relativa al mantenimento del valore storico dei manufatti attraverso indicazioni generali ed interventi volti alla conservazione. Non si intende la conservazione di qualche elemento storico, con funzione puramente decorativa o celebrativa, ma dellintera unit abitativa, sia pure con gli inevitabili compromessi dettati dalle esigenze di vita attuali. evidente infatti che la pratica diffusa di conservare, magari esaltandone la presenza, colonnine di polifore, tratti di archetti pensili in facciata o porzioni di muratura in conci o in laterizi non significa conservare la storia delledificio ma solo distruggere la sua unitariet per scoprire, in modo esemplificativo, alcune tracce del passato. Ritengo che questo sia il modo migliore per creare un divario non pi colmabile tra passato e presente negando la continuit della storia e lappartenenza delluomo al corso degli eventi. Parallelamente a quella storica stata condotta lanalisi dello stato di conservazione dei materiali di superficie quali rivestimenti e coloriture e delle cause delleventuale degrado. I criteri di valutazione sono stati quanto pi possibile oggettivi, basati cio sullosservazione e sulla descrizione dei fenomeni. In tale modo si cercato di evitare la soggettivit della maggior parte delle valutazioni sullo stato di conservazione le quali si riducono ad aggettivi come buono, mediocre e cattivo, giudizi che dipendono dal grado di esperienza e dal tempo di riflessione di ognuno e pertanto risultano difficilmente interpretabili. La possibilit di confrontare dati relativi allintera citt vecchia ha permesso inoltre lindividuazione, localizzazione e caratterizzazione dei problemi pi diffusi. In particolare gi dalle prime elaborazioni che hanno portato a realizzare, tra le altre, la carta tematica relativa alle Localizzazioni e cause dellumidit, emersa limportanza di approfondire tale problema che riguarda circa la met dei corpi edificati (Fig. 8). La diffusione del fenomeno, anche in aree in cui non possibile collegare la risalita di umidit con la geomorfologia ed idrogeologia del territorio, ha indirizzato le ricerche su altri fronti. Sono infatti state individuate almeno altre tre cause di cui una estesa allintera citt vecchia, ovvero lo stravolgimento delle pendenze relative alla maggior parte delle strade, e due legate a differenti tipologie costruttive, lassenza di un sistema efficiente di raccolta delle acque, soprattutto negli edifici del XVIII secolo e la presenza di antiche cisterne non pi manutenute, particolarmente diffuse in edifici risalenti al XVI-XVII secolo.

Rita Vecchiattini

141

Tali esempi evidenziano lobiettivo principale della banca dati la quale non si propone solo come strumento di informazione, direttamente utilizzabile da fruitori pubblici e privati, ma anche come veicolo di conoscenza utile allindividuazione di problemi a carattere generale e pertanto alla pianificazione urbana. Infatti sia la conservazione storica sia quella dei materiali incidono sul valore del patrimonio poich coinvolgono limmagine, la durata, la qualit della vita e concorrono a stabilire i termini della recuperabilit dello stesso. Dallincrocio di questi due aspetti della conservazione si possono trarre criteri a carattere generale, ma sempre basati su dati reali, da adottare in diversi casi di intervento. Non si propone in tal modo di sostituire lindagine sul singolo edificio, sempre valida ed indispensabile per la comprensione del manufatto, ma di tradurre i dati quantitativi e qualitativi del costruito della citt vecchia in criteri di intervento che considerino il singolo oggetto sempre in relazione al contesto in cui inserito ed agli altri edifici simili o differenti, che di volta in volta possono modificarne il significato e la capacit rappresentativa, ovvero il valore storico. evidente infatti che ogni corpo edificato deve essere sempre considerato in rapporto al contesto, poich questo pu, entro certi limiti, modificarne il valore. Lelaborazione dei dati, unita allapprofondimento dei singoli casi, potr tradursi in una serie di utili indicazioni volte alla soluzione dei problemi pi diffusi. Tali indicazioni concorreranno a creare una valida base progettuale per gli inter-

venti sui singoli corpi edificati e determineranno indiscutibili vantaggi, a breve ed a lungo termine, per operatori pubblici e privati, contribuendo a: - ridurre i costi di progettazione, spesso eccessivamente onerosi per i piccoli proprietari che finiscono per rinunciare al professionista ed alla sua importante funzione di controllo rivolgendosi direttamente alle imprese, presso le quali spesso domina la logica del maggior guadagno anche a scapito della qualit del lavoro; - creare manodopera specializzata, secondo il principio per il quale la domanda crea lofferta, in grado di eseguire le lavorazioni indicate tornando alluso delle tecniche e dei materiali antichi che hanno dato i migliori esiti e maggiormente consapevole dei limiti e delle possibilit dei prodotti moderni; - consentire un maggiore controllo da parte pubblica sugli interventi attuati dai privati anche nel caso di edifici non soggetti a vincolo secondo le leggi di tutela del 1939; - permettere di monitorare gli interventi nel tempo e valutarne gli esiti al fine di adeguare le soluzioni adottate e renderle sempre pi idonee e rispondenti alle problematiche della citt vecchia. proprio la costante attenzione, dalla realizzazione delle schede di rilevazione a quella dei possibili tematismi, rivolta a ricadute reali nelle modalit di intervento sul costruito storico della citt che rende la Mappatura culturale della citt vecchia di Genova uno strumento concepito e realizzato secondo criteri del tutto innovativi, pur nella consapevolezza di non rappresentare in alcun modo unanalisi esaustiva della realt.

142

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

BIBLIOGRAFIA

M. BLOCH 1949, Apologia pour lhistorie ou mtier dhistorien, Cahiers des Annales, Paris. F. BONORA 1979, Nota su una archeologia delledilizia, in Archeologia Medievale, VI, pp. 171-182. F. BOUDON et al. 1977, Systme de larchitecture urbaine. Le quartier des Halles Paris, Paris. C. CAROZZI, L. GAMBI (a cura di) 1981, Citt e propriet immobiliare in Italia negli ultimi due secoli, Milano. I. FERRANDO CABONA 1988, Archeologia e conservazione: lesperienza ligure in Archeologia e restauro dei monumenti, R. FRANCOVICH, R. PARENTI (a cura di), Firenze, pp. 119-134. L. GROSSI BIANCHI, E. POLEGGI 1979, Una citt portuale nel medioevo. Genova nei secoli X-XVI, Genova. T. MANNONI 1994, Caratteri costruttivi delledilizia storica, Genova. E. POLEGGI 1978, Il centro storico di Genova ad una svolta, Indice per i beni culturali del territorio ligure, 10, pp. 2-6.

E. POLEGGI, L. STEFANI 1986, Cartografia e istituzioni in et moderna in Atti del Convegno, Genova. E. POLEGGI, L. STEFANI 1987, Cartografia e storia urbani stica. Il contributo del Catasto napoleonico, in Atti della Societ Ligure di Storia Patria, XXVII, I, pp. 89-104. E. POLEGGI 1988, Storia o archeologia della citt? Urbanistica, 91, pp. 7-10. E. POLEGGI et al. 1999, Storia, citt e misure, in Atti della Societ Ligure di Storia Patria, XXXIX, I, pp. 397529. V. POLONIO 1977, Lamministrazione della Res publica geno vese fra Tre e Quattrocento. Larchivio Antico C o m u n e , in Atti della Societ Ligure di Storia Patria, XVII, f. I, pp. 69-70. H. SIEVEKING 1906, Studio sulle finanze genovesi nel Medioe vo e in particolare sulla casa di S. Giorgio, in Atti della Societ Ligure di Storia Patria, XXXV.

Serena Franceschi, Adelmo Lazzari, Sandro Salvatori

143

DIECI EDIFICI STORICI DI P DOVA: UNA PROPOSTA A OPERATIVA PER IL CATALOGO MONUMENT ALE, LA TUTELA E LA PROGRAMMAZIONE1
Serena Franceschi, Adelmo Lazzari, Sandro Salvatori

Osservazioni preliminari Il lavoro che qui presentiamo su dieci edifici storici, prevalentemente bassomedievali, del comune di Padova, non costituisce, in termini di approccio e di metodo, una novit nel campo degli studi delle architetture medioevali. Lanalisi stratigrafica delle architetture , infatti, diventata, negli ultimi decenni, un procedimento analitico conoscitivo utilizzato con sempre maggior frequenza e rigorosit di metodo. Tuttavia ci sembra ancora largamente inesplorata la sua potenzialit come strumento di base nei processi conoscitivi che sottendono i compiti istituzionali di tutela del patrimonio architettonico del nostro paese. Il restauro architettonico non infatti un campo esclusivamente tecnico, ma prima ancora storico nel senso specifico che gli edifici che giungono fino a noi sono spesso il risultato di manipolazioni strutturali o epidermiche largamente dipendenti da processi culturali, economici, ideologici, ecc. che scandiscono in modo assolutamente peculiare e distintivo il flusso storico. Cos, molto spesso, le architetture antiche ci si presentano non pi come elementi di un tempo unitario, ma come veri e propri palinsesti in cui sono giustapposte, sovrapposte o coordinate fasi stilistiche e tecniche distintive di momenti assai diversi del percorso storico. ovviamente, questa, una coscienza diffusa tra gli operatori del settore che tuttavia spesso si scontra con esigenze, pur oggettive per quanto contrastanti, nel momento in cui si pone mano al restauro e, ancor pi, alla ristrutturazione degli stessi per gli adeguamenti funzionali del caso. Il problema, sulla scorta di una pluridecennale esperienza di lavoro nellambito pubblico, ci sembra invero nascere dalla oggettiva carenza di conoscenza analitica e strutturata degli edifici soggetti a tutela, tale da ingenerare troppo spesso atteggiamenti e comportamenti idiosincratici, negli operatori istituzionali, di fronte ai limiti da porre agli interventi di restauro e ristrutturazione degli edifici tutelati. A nostro avviso non si tratta di nor1 Il presente contributo rappresenta una sintesi del lavoro La lettura stratigrafica di dieci edifici storici di Padova, eseguito

mare in termini astratti le attivit di restauro architettonico, quanto invece di arricchire e approfondire il processo culturale che porta a meglio identificare e rendere a tutti evidente il senso profondo della conservazione del bene e nello stesso tempo i limiti invalicabili del nostro agire diretto o indiretto sul monumento. In questa direzione ci sembrato utile avanzare una proposta organica per linserimento, entro la griglia fornita dalla scheda di catalogo elaborata dallICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione), di uno strumento strutturato di conoscenza ai fini della tutela monumentale quale la lettura stratigrafica degli alzati e lanalisi del dissesto strutturale. In questa ottica, infatti, lo studio analitico del palinsesto murario ovvero lanalisi stratigrafica degli edifici, formalizzata con il concorso delle tecnologie informatiche che oggi permettono il facile e comodo abbinamento di immagini raster e vettoriali ed il loro dialogo con le relative basi di dati, dovrebbe diventare corollario stabile e consueto dellapparato informativo-conoscitivo delle schede di catalogo con una finalit orientata ad agevolare in termini qualitativi sia la tutela diretta che quella indiretta, vale a dire i compiti istituzionali degli organi territoriali del Ministero per i Beni e le Attivit Culturali. infatti evidente che solo una base conoscitiva analitica del monumento, che diventi riferimento obbligato culturalmente condiviso, permette di orientare in modo pi organico ed efficiente lazione di controllo e di indirizzo delle Soprintendenze sulle proposte progettuali di interventi sugli edifici storici (tutela indiretta) e di sviluppare progettazioni complessivamente pi trasparenti e paradigmatiche (tutela diretta). Ma lobbiettivo del nostro lavoro forse anche pi ambizioso e comprende la proposta di un inserimento di questo tipo di conoscenze di base della realt monumentale di un centro storico, nella fattispecie Padova, in uno strumento urbanistico quale il Piano Regolatore nella forma di carta del
dagli autori in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Ambientali del Veneto Orientale, Padova, 1998.

144

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

rischio architettonico, in grado di fornire al mondo della progettazione privata e pubblica uno strumento concreto di conoscenza e di valutazione preventiva dei limiti che la tutela pone e la cultura impone alla progettazione nel momento in cui questa affronta i temi della rifunzionalizzazione e del restauro di un edificio storico-monumentale. Questo approccio nasce direttamente dallesperienza maturata in seno alla Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici del Veneto Orientale che negli anni ha condiviso con il sistema della progettazione privata e pubblica il disagio prodotto dalla separazione troppo marcata, non tanto delle funzioni, quanto delle culture espresse in strumenti di indirizzo tra organismi statali e amministrazioni locali. Il concorso di entrambe queste realt alla costruzione di strumenti comuni, efficienti ed orientati al servizio e allindirizzo delle trasformazioni compatibili anche allinterno di tessuti storicamente determinati non potr che agevolare entrambe e la comunit nel suo complesso nel coniugare le cangianti esigenze della societ moderna con la generalmente condivisa volont di rispettare i segni del nostro passato. Si pu osservare che la Scheda di Catalogo dellICCD, cos com oggi strutturata, d solamente delle prime indicazioni e descrizioni generali del manufatto, che si basano prevalentemente sulle fonti indirette (documenti storici scritti, documenti iconografici e fotografici)2. Si vista quindi la necessit di introdurre, allinterno del processo conoscitivo, le fonti dirette3 per avere delle maggiori indicazioni sulla composita e complessa configurazione materiale del manufatto. Nel caso specifico uno degli strumenti dindagine utilizzati stata la lettura stratigrafica, la quale permette di conoscere i processi di costruzione e di trasformazione che il manufatto ha subito nel corso del tempo, attraverso losservazione e la registrazione delle caratterizzazioni materiali delle superfici e dei contatti fisici tra le diverse parti (nessi stratigrafici). proprio la superficie che rappresenta il terreno sul quale la stratigrafia compie la propria esplorazione, alla ricerca delle omogeneit e delle discontinuit, delle unit e dei bordi che la qualificano, al fine di comprenderne il processo di formazione e trasformazione; quella parte visibile della costruzione su cui impressa e stratificata lazione delluomo nel tempo, e che nel contatto con lambiente esterno subisce e manifesta le variegate azioni del degrado 4; essa mostra i segni delle trasformazioni, del trascorrere del tempo e del declinare delle cose5.
2 PARENTI 1988b, p. 280. 3 Ibid. 4 DOGLIONI 1997, Dattiloscritto. 5 BELLINI 1990, p. 10.

La superficie si d quindi come un complesso sistema di segni culturali, ossia dellinsieme delle tracce materiali che sono espressione dellimpegno intellettuale e pratico di una data tradizione costruttiva e di segni naturali, che testimoniano let e il trascorrere delle cose; inoltre essa si d come struttura materiale che pi di ogni altra parte dellarchitettura ne condiziona lapprezzamento formale6. Al centro quindi lattenzione per la materia della fabbrica e per i numerosi indizi con cui si presta ad essere indagata 7 nei quali si manifesta lautenticit del manufatto. Al riconoscimento delle tracce e dei nessi collegato un apparato di registrazione in forma grafica, attraverso lausilio di legende grafiche, che permettono di descriverli e qualificarli. Si vista lopportunit di eseguire la lettura stratigrafica sulle immagini fotografiche raddrizzate poich lutilizzo dellicona realistica consente di mantenere un contatto diretto con la materialit diffusa delle superfici, permette di documentare, senza mediazioni e selezioni, i caratteri e le tracce presenti sulle superfici, con la possibilit di verificare di continuo le interpretazioni date e i significati attribuiti alle varie parti. Per la lettura stratigrafica non ha esclusivamente lo scopo di potenziare la capacit della comprensione materiale della fabbrica: essa in grado di renderla trasmissibile e di trasferirla allopera di restauro dal momento che la stessa stratigrafia rappresenta un parametro sensibile ai mutamenti della materialit e della struttura delle relazioni che sostiene lautenticit delledilizia ed in grado di descrivere ed interpretare gli eventi di costruzione, di demolizione, di modificazione 8; perci le stesse modalit di descrizione ed interpretazione, lo stesso linguaggio possono essere utilizzati sia per guidare le modificazioni introdotte dal progetto di restauro che per collaudare gli esiti di un restauro gi compiuto. Quindi lingresso nel procedimento di restauro di una mentalit stratigrafica, ossia della consapevolezza dellagire per strati, che possono avere un segno positivo se di costruzione, negativo di demolizione, neutro di modificazione, permette di acquisire una maggiore consapevolezza delle proprie azioni in termini di conservazione e demolizione delle tracce materiali e dei nessi stratigrafici. Il progettista, nel momento in cui acquisisce una mentalit stratigrafica, diventa pi responsabile, riesce a valutare meglio i danni che ogni azione pu causare alla fabbrica, agisce con maggiore cautela, evitando gli interventi distruttivi ed omogeneizzanti, poich la conoscenza rende pi prudenti.
6 QUENDOLO 1998, Dattiloscritto, Venezia. 7 TORSELLO 1997, Scritture di pietra, in F. DOGLIONI 1997,

p. 7.
8 DOGLIONI 1996b, p. 1.

Serena Franceschi, Adelmo Lazzari, Sandro Salvatori

145

Fig. 1 - Prospetto ovest della chiesa di S. Michele di Pozzoveggiani (Salboro): lettura stratigrafica

Il rilievo stratigrafico-costruttivo dei 10 edifici storici di Padova La chiesa di S. Michele di Pozzoveggiani (fig. 1) viene presentata come esemplificazione delliter metodologico adottato per lo studio degli edifici in oggetto. Il processo di conoscenza della fabbrica, della sua storia e della sua configurazione viene condotto innanzitutto attraverso una serie di ricerche storico-darchivio; vengono poi eseguiti il rilievo metrico e fotogrammetrico9, che forniscono informazioni relative agli aspetti geometrici, dimensionali e allarticolazione spaziale del manufatto e la lettura stratigrafica che consente di collocare ciascuna parte entro la struttura storica e materiale
9 Il rilievo metrico e fotogrammetrico stato eseguito dalla dott. Rossana Gabrielli.

dellinsieme; infine lanalisi del dissesto che studia il comportamento nel tempo della fabbrica, descrivibile con i cinematismi dei fenomeni che si sviluppano in rapporto alla configurazione, alla costituzione e allambiente della fabbrica10. Sono stati individuati 5 periodi di attivit costruttiva, che sono: (Figg. 2-4) 1 periodo (VII - VIII secolo circa): corrisponde presumibilmente la realizzazione della primitiva chiesetta a pianta quadrata (m 6,70 x 6,70), con abside semicircolare ad ovest; a tale fase appartengono le murature costituite da materiali di recupero romani (US 1001-1002). Al 2 periodo (XII - XIII secolo circa) riferibile la demolizione e trasformazione della primitiva chiesetta in basilica a tre navate.
10 DOGLIONI 1997, p. 221.

146

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 2 - Interpretazione e collocazione grafica delle diverse US nelle relative alle fasi di costruzione

Fig. 3 - Prospetto sud della chiesa di S. Michele di Pozzoveggiani (Salboro): lettura stratigrafica

Nel prospetto ovest sono leggibili le superfici di interfaccia negativa di demolizione delle murature e della volta della preesistente abside (T 1000 b-c, T 1023 a). Nel prospetto sud (Fig. 3) a tale fase corrisponde lintera muratura (US 1101a-b). Sono leggibili le arcate di separazione delle navate laterali con la centrale, (EA 212 215), che si appoggiano su colonne in mattoni (EA 220 223), le finestrelle (EA 228 231), una serie di formelle rettangolari in cotto raffiguranti delle figure simboliche (colombe, colonne del tempio, croce, ecc.: (EA 202, 203, 205, 211); due decorazioni circolari a spicchi in cotto (EA 204 e 210) e una decorazione in mattoni disposti a spina di pesce (EA 200).

Si pu supporre che corrisponda a tale fase la muratura in mattoni del campanile (US 1101). In fase con la muratura sono i fori pontai (EA 225a-b, 226a-d, 227a-e), per linserimento delle travi della copertura della navata laterale. inoltre leggibile la spalla sinistra dellarco dellabside della navatella sud, (EA 237). riferibile presumibilmente al 3 periodo (XVII secolo circa) la demolizione delle navate laterali, delle quali leggibile nel prospetto sud la superficie di interfaccia negativa di demolizione dellabsidiola della navatella laterale sud (T 1122), il tamponamento delle arcate di separazione tra le navate (US 1119), con linserimento di una colonna in trachite, (EA 215).

Serena Franceschi, Adelmo Lazzari, Sandro Salvatori

147

Si pu ipotizzare che corrisponda a tale periodo la sopraelevazione del campanile, (US 1107 e 1108), con linserimento di unapertura ad arco (EA 209), e il tamponamento in mattoni della preesistente apertura (US 1105). Al 4 periodo (dal XVIII alla prima met XX secolo) corrispondono una serie di rifacimenti della muratura in mattoni e sul lato ovest la chiusura interna del campanile con conseguente apertura di una porta daccesso solo dallesterno (T 1006, US 1006). Inoltre nel lato nord viene inserita la sacrestia e costruita la cappella dedicata alla Madonna. Al 5 periodo (seconda met XX secolo) riferito il restauro degli anni 80 che comporta la demolizione e ricostruzione di parti della muratura, senza rendere riconoscibili le parti aggiunte dalle preesistenti, uniformando e falsificando gli elementi di apporto con quelli esistenti. Si pu notare che uno degli interventi di restauro stata la rifugatura dei giunti di malta del paramento murario, che anche se limitato in se stesso come intervento, ha comportato un parziale occultamento dei contatti fisici esistenti tra le diverse US, causando la perdita della leggibilit della struttura delle relazioni storico-costruttive che legano reciprocamente le parti della fabbrica, ossia della autenticit per relazione11. Nel prospetto sud vengono demolite due aperture rettangolari e realizzati due tamponamenti (US 1113 e US 1120). Vengono inoltre demoliti e ricostruiti i tamponamenti delle arcate (US 1121 a-d), con linserimento di unapertura rettangolare (EA 224). Le osservazioni e considerazioni sulla configurazione materiale delle superfici desunte dalla lettura stratigrafica hanno innescato una serie di riflessioni sul probabile comportamento strutturale nel tempo della navatella nord della chiesa, attuale sacrestia12 (Fig. 5): a) si pu notare che allinizio nella navata nord del lato est della chiesa, inizialmente con absidiola, oggi non pi esistente, labside stessa costituiva un sistema di controventamento verticale per gli sforzi orizzontali dellintera chiesa, creando un unico corpo estremamente rigido, con comportamento scatolare; b) in seguito, a causa di un probabile distacco dellabside dalla muratura e a causa del progredire del degrado, si viene a creare un meccanismo strutturale labile della parete con apertura ad arco (prima, collegata con labsidiola, era una struttura chiusa a lama di controventamento, poi invece diventa una struttura ad arco senza catena) che, per effetto dei flussi tensionali, comporta la rotazione della base dellangolata (tracce di tale rotazione sono leggibili attualmente sulla muratura); c) la messa in sicurezza della struttura avviene attraverso la realizzazione di un contrafforte che
11 DOGLIONI op.cit., p. 238.

Fig. 4 - Ricostruzioni assonometriche delle fasi costruttive: Fase 1 (VI-VII sec.): Cappella a pianta quadrata Fase 2 (XII-XII sec.): Trasformazione in basilica a tre navate Fasi 3-4-5 (XVII-XX sec.): Demolizione delle navate laterali e costruzione della sacrestia e di un altare

si oppone ai moti di rotazione della muratura con apertura ad arco; d-e) con la perdita dellabsidiola vi la necessit di tamponare lapertura ad arco. Il tamponamento della muratura, anche se con modalit diverse, ricostituisce il sistema di controventamento con comportamento a lama (inizialmente svolto dallabsidiola) e, allo stesso tempo, va a sostituire, a livello funzionale, il contrafforte nel momento in cui si manifestano nuovi dissesti; questo, per la sua progressiva perdita di utilit, viene demolito (sono ancora leggibili le superfici di demolizione e le fondazioni, emerse dagli ultimi scavi archeologici). Altre osservazioni sono state fatte relativamente al sistema di copertura in legno ad una falda della ex navatella: f) si visto che lo schema strutturale era a mezza capriata con puntone, monaco, catena e saetta;
12 Lanalisi del dissesto stata svolta in collaborazione con lIng. Massimiliano Lazzari.

148

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 5- Schematizzazione delle interpretazioni sul probabile comportamento strutturale nel tempo della navatella nord della chiesa (attuale sacrestia) attraverso linterazione tra la lettura stratigrafica e lanalisi del dissesto

Serena Franceschi, Adelmo Lazzari, Sandro Salvatori

149

Fig. 6 - Palazzo del Consiglio: lettura stratigrafica

g) in seguito allultimo restauro tale sistema viene completamente modificato mantenendo esclusivamente il puntone che, essendo privo di catena, sollecitata a trazione e di saetta a compressione, genera una spinta nella muratura di appoggio provocando uno spanciamento nella parete stessa, attualmente leggibile. Nel XIII e XIV secolo la citt di Padova, come le altre citt italiane, conosce un notevole sviluppo economico e demografico e quindi urbanistico ed architettonico. I cantieri aperti sono numerosi, e di grandissimo impegno. Il comune finanzia le grandi costruzioni ecclesiali (S. Agostino, gli Eremitani, il Santo), ma soprattutto d il via ad una pianificazione sistematica e razionale dellassetto urbano, dagli accessi viari, alle difese, alle vie dacqua...13 Il Palazzo del Consiglio fa parte dellimponente complesso di tre edifici (gli altri sono il Palazzo degli Anziani e il Palazzo del Podest), sedi rappresentative del Comune padovano (Fig. 6). Tale manufatto viene costruito probabilmente alla fine del XIII secolo per opera dellarchitetto Bocaleca; esso costituito da un porticato in pietra dIstria (US 1000) a tre arcate sostenute da grosse
13 ZULIANI 1975a, p. 10.

colonne con capitelli bizantini di recupero e due poderosi pilastri; al primo e secondo piano da una muratura in mattoni (US 1001), la quale definisce lateralmente le poderose paraste angolari. In essa sono presenti tre grandi aperture rettangolari ad arco a tutto sesto bardellonato (EA 105-106-107), e due pi piccole parzialmente leggibili (EA 108-109). incerto se appartenga a tale fase la muratura del 3 piano (US 1003), alla quale si legano in un rapporto di contemporaneit tre bifore (EA 112 a-c, 113 a-c). In un ipotetico 2 periodo vengono tamponate le tre grandi monofore ad arco e le due piccole e realizzate tre ampie aperture rettangolari al secondo piano (US 1006, 1007, 1008). Queste, probabilmente in una successiva 3 fase, sono tamponate (US 1009, 1010, 1011) e vengono ricostruiti in parte o completamente, alcuni archetti pensili e relativi peducci in pietra dIstria (EA 119, 120). Poi presumibilmente nel 4 periodo vengono inserite al primo piano delle aperture rettangolari definite da elementi in pietra dIstria (US 1012, 1013, 1014).

150

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 7 - Casa di Via Boccalerie: lettura stratigrafica

In un probabile 5 periodo avviene il tamponamento delle tre arcate del portico (US 1031-10321033), che definiscono le spalle di tre apertura ed eseguiti dei parziali rifacimenti della muratura. La casa di via Boccalerie (Fig. 7), situata allangolo tra via S. Lucia e via Boccalerie, costituisce uno dei pochi esempi conservatisi di edilizia privata del XIV secolo. Tale manufatto presenta lungo via S. Lucia un portico mentre su via Boccalerie conserva i barbacani; essa definita da una muratura in mattoni (US 1000) che in fase con larco a tutto sesto bardellonato del portico (EA 100) e con le mensole in mattoni e in trachite che sorreggono un barbacane (EA 103, definito sia da archi a tutto sesto bardellonati che ribassati), ai quali si lega, superiormente, una muratura in mattoni (US 1001). Si pu quindi presupporre che nella muratura (US 1001), sorretta dai barbacani, fossero presenti inizialmente quattro finestre ad arco bardellonato, delle quali una si conservata (EA 109) mentre delle altre sono leggibili solo alcune tracce degli archi (EA 106, 107) parzialmente demolite per linserimento di quattro aperture rettangolari. In fase con la muratura (US 1001) la cornice a dentelli (EA 119). Presumibilmente ad un 2 periodo appartengono due elementi rettangolari (EA 110a-b) in pietra di Nanto, che probabilmente, data la posizione e la forma, rappresentano due mensole di sostegno di un balcone. Successiva la stesura dei diversi intonaci e il rifacimento della parte inferiore della muratura destra della facciata (US 1015) con la quale sono in fase le aperture ad arco a tutto sesto con elementi di pietra dIstria (EA 120, 121, 122, 123). Per quanto riguarda gli edifici religiosi la chie sa di Ognissanti sorgeva in una zona di ingresso alla citt molto importante e frequentata, nella quale esistevano strutture di accoglienza per pellegrini e commercianti tra lantica citt e la zona lagunare (Fig. 8).
14 FORATO 1991, p. 40.

La chiesa, con lannesso ospizio, rappresentava il centro religioso del piccolo borgo di barcaioli del porto di Fistomba. Al 1 periodo (IX - X secolo14/ XI - XII secolo15), relativo alla costruzione della chiesa a croce latina con abside semicircolare internamente e piana esternamente, riferibile il basamento costituito da blocchi di trachite euganea di riporto, con evidenti tracce di lavorazioni precedenti (US 1000); la parte superiore della muratura (US 1001) presenta un paramento in mattoni di grandi dimensioni (7,5/8 x 30 x 40 cm) molto simili ai sesquipedali romani, con struttura interna a sacco, con giunti di malta molto sottili; con essa sono probabilmente in fase lapertura rettangolare con elementi in blocchi di trachite (EA 100), la bifora con archi a tutto sesto (EA 101) (la colonnina e il capitello sono stati inseriti durante i lavori di restauro degli anni 20), la feritoia che illumina il vano scala del campanile (EA 103). In fase con la muratura (US 1001), sono i fori pontai (EA 104a-g, 105a-c, 106a-f, 107a-d, 108a-h, 109a-e, 110a-d, 111). Si pu ipotizzare che corrisponda alla 2 fase la muratura (US 1003) che definisce superiormente il campanile, il cui paramento costituito da mattoni di dimensioni molto pi piccole rispetto a quelle della muratura sottostante (US 1001); in fase sono i fori pontai (EA 113a-c) e la piccola apertura ad arco (EA 130). In un probabile 3 periodo di trasformazione della chiesa da pianta a croce latina a pianta ad aula unica (seconda met XVII secolo), viene fatta squadrare internamente labside semicircolare e allargato il presbiterio di 50 cm nel lato nord ad opera di Francesco Fasolato. Per fare ci viene demolito parte del muro perimetrale esterno est delladiacente Cappella del Crocifisso (XV secolo) e inserita una nuova muratura perpendicolare, della quale allesterno leggibile la testata in mat15 BELTRAME, TAGLIAFERRO, p. 209.

Serena Franceschi, Adelmo Lazzari, Sandro Salvatori

151

Fig. 8 - Chiesa di Ognissanti: lettura stratigrafica

toni. Tale muratura (US 1002), si appoggia al vero bordo di strato della preesistente angolata dellabside della chiesa (US 1001) e alla interfaccia negativa di demolizione della muratura della Cappella, anche se tale rapporto oggi leggibile solamente nella parte inferiore, a causa della presenza dellintonaco che occulta ci. probabile che con linserimento di tale muratura (US 1002) sia stato ricostruito superiormente parte del paramento che delimita ad est e a nord labside e ad oriente il transetto nord; si pu infatti osservare che la muratura che delimita a nord labside e quella che definisce a nord il transetto si legano in un rapporto di contemporaneit; inoltre leggibile la interfaccia negativa di demolizione della muratura nord del transetto, appartenente al 1 periodo, alla quale si appoggia la nuova muratura. Probabilmente in tale fase vengono inseriti nella muratura cinque elementi parallelepipedi in

pietra dIstria (T 1009, EA 120, T 1010, EA 121, T 1011, EA 122, 123, 124) e due elementi rettangolari sempre in EA pietra dIstria (T 1006, US 1006, 1007, EA 117, T 1004, US 1004, 1005, EA 114) che presentano una superficie grezza, non rifinita, i quali si appoggiano a mensole in mattoni (EA 115, 118). Si pu presupporre che tali elementi, disposti tra loro in linea, costituiscano sette punti di ancoraggio del nuovo altare interno inserito dal Fasolato, dopo aver squadrato e allargato il presbiterio; quindi i due elementi rettangolari rappresentano la parte posteriore delle due statue in pietra interne. Nel 4 periodo (seconda met XVIII secolo) di demolizione e ricostruzione della cella campanaria con forme settecentesche ad opera dello Squarcina (come possibile osservare da foto storiche di fine secolo) e di realizzazione di una controsoffittatura a volta e vele della chiesa, corrisponde probabil-

152

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 9 - Chiesa di S. Michele: lettura stratigrafica

mente la muratura superiore in mattoni del prospetto (US 1013), con linserimento di una grande finestra centinata (EA 125), lunettone diverso per forma e per dimensioni da quelli presenti nei prospetti sud, nord ed ovest; in fase con tale muratura (US 1013), sono i fori pontai (EA 126a-b). Al 5 periodo (1921-1926) riferibile lintervento di restauro stilistico della cella campanaria: viene demolita la settecentesca cella campanaria che gravava con un carico eccessivo sulla struttura sottostante e ricostruita una con forme semplici e stilisticamente congrua con la base duecentesca (US 1014), secondo il progetto dellallora soprintendente Ferdinando Forlati. Per questo il Forlati fece richiesta al Comune di Padova di utilizzare alcuni materiali presenti nel magazzino municipale, quali mattoni antichi, capitelli e fusti di colonne16. In fase con tale muratura (US 1014), la bifora (EA 127) ad arco a tutto sesto sorretta da un capitello (EA 128) e colonna (EA 129). Come si pu osservare dalle fotografie dei primi del 900 la bifora alla base della torre campanaria era tamponata e vi era una piccola finestra rettangolare; quindi riferibile a tale periodo il tamponamento di tale apertura (T 1015, US 1015), previa demolizione degli stipiti e lapertura della bifora. Inoltre, come pu essere rilevato dalla documentazione relativa ai lavori di restauro del Forlati, il capitello e la colonna della bifora vengono inseriti durante tale restauro (EA 131, 132). Al 6 periodo (dopo il 1976) riferibile la malta di risarcitura della lesione della muratura, (US 1017), causata dal sisma del 1976 e lintonaco (US 1018). La chiesa di S. Michele (Fig. 9) fu probabilmente fondata dai Bizantini ed forse la prima chiesa di Padova costruita dopo lincendio distruttore di Agilulfo (602 d.C.). La chiesa si trovava aldil del canale su cui si affacciava il castello della Torlon16 FORLATI 1921-26.

ga: era di tipo basilicale a una navata di modeste dimensioni (m 18 x 9), con caratteristico orientamento est-ovest. A questo periodo corrisponde probabilmente la costruzione della parte inferiore e delle angolate della facciata della chiesa (US 1000 a-b), il cui paramento murario costituito da materiale lapideo romano di riporto: grandi blocchi di trachite la cui squadratura rivela lorigine romana, mattoni romani sesquipedali (mattoni quadrati di un piede e mezzo per lato), e una lapide in pietra rosata (EA 101) sulla quale scolpita la figura di un guerriero. (Simile elemento di riporto presente anche nel muro settentrionale della chiesa). In un probabile 2 periodo (XIV secolo) si verific lincendio della chiesa e di alcune case, in seguito alla battaglia di Francesco Novello contro gli Scaligeri. Il Bellinati17 afferma che lincendio interess il tetto e soltanto parte del paramento murario. Di conseguenza la chiesa fu probabilmente ricostruita e fu eretta una cappella sul lato settentrionale (affrescata nel 1397 da Jacopo da Verona). Presumibilmente in tale periodo fu ricostruita la parte centrale della muratura della facciata (US 1001), la cui apparecchiatura costituita da mattoni pi piccoli, quasi rotti, rispetto alla muratura adiacente (US 1000) che presenta mattoni lunghi e regolari. Nel 3 periodo (XV - XVIII secolo) con il passaggio di propriet della chiesa di S. Michele dal Monastero delle Carceri di Este alla Congregazione di S. Spirito di Venezia, viene costruito il convento adiacente al prospetto sud della chiesa e questultima viene dotata del presbiterio con profondo coro, del campanile, della sacrestia e del vestibolo. Si pu presupporre che corrisponda a tale fase linserimento di due grandi aperture (EA 102 e 103), le quali probabilmente erano definite da elementi in pietra (ci pu essere ipotizzato per la presenza di riseghe
17 BELLINATI 1969.

Serena Franceschi, Adelmo Lazzari, Sandro Salvatori

153

Fig. 10 - Ospizio di S. Daniele: lettura stratigrafica

nella parte superiore di tali aperture, probabili sedi di stipiti), la stesura dellintonaco (US 1002a-b), linserimento della porta dingresso (T 1016, US 1016, 1017a-c) e del relativo arco in mattoni (EA 106), dell architrave e degli stipiti in pietra della porta (EA 107a-c), di tipo romano - esarcale, probabili elementi di riporto. Ad un 4 periodo (inizi XIX secolo) sono ipoteticamente riferibili una serie di lavori di demolizione che interessano la chiesa: il presbiterio e il tetto della chiesa vengono demoliti, il muro settentrionale e la facciata ovest dellantica chiesa vengono dimezzati, infatti nel prospetto ovest leggibile linterfaccia negativa di demolizione (T 1003). A tale fase corrisponde il tamponamento in mattoni (US 1004a-b) delle due finestre (EA 103 e 104). Probabilmente al 5 periodo (1831) appartiene la sostituzione dei due architravi delle due finestre tamponate (EA 103, 104) con due archi (EA 108 e 109). Inoltre viene aggiunta la muratura superiore (US 1005) di completamento e finitura del prospetto ovest e la muratura (US 1015). In seguito nel 6 periodo vi laggiunta della copertura del prospetto ovest (US 1007) e la stesura di vari intonaci e risarciture in mattoni. LOspizio di S. Daniele (Fig. 10) viene costruito probabilmente nel XIII-XIV secolo da Giovanni degli Abbati, arciprete della cattedrale, costituito da una muratura di mattoni con la quale sono in fase le cinque arcate del portico (EA 100 a-e), sostenute da snelle colonne con capitelli scantonati (EA 102 a-d) e da due pilastri in trachite (EA 101 a-b). Gli archi del portico sono a tutto sesto le cui ghiere, con bardellone, sono costituite da mattoni con linserimento di tre conci di pietra dIstria, motivo tipicamente lombardo e molto diffuso a Verona, da far ipotizzare lintervento di un architetto forse veronese; in fase con la muratura sono le aperture del primo piano ad arco a tutto sesto bardellonato (EA 103, 104, 105) e la cornice del tetto in mattoni (US 1031).

In un probabile 2 periodo viene inserita unapertura rettangolare con elementi in pietra di Nanto (T 1001, US 1001, EA 107), una piccola nicchia in pietra di Nanto con la raffigurazione della Madonna e del Bambino (T 1004, US 1004, EA 110) e vengono realizzati degli intonaci (US 1002, 1003) sui quali vi era probabilmente un affresco. Successivamente vengono rifatti i bancali delle aperture in mattoni e pietra dIstria, viene tamponata unapertura ad arco ribassato, vengono eseguite delle risarciture di lesioni murarie, di giunti degradati e delle parti murarie per linserimento di tiranti. In epoca medievale la tipologia delle case-torri era molto diffusa nella citt di Padova: Torre del Comune, Torre di Palazzo Zabarella, Torre di Palazzo Capodilista in via Umberto I, Torre Da Rio, Torre della Specola. La Torre di Ezzelino (Fig. 11) appartiene a tale tipologia; essa costituita da una poderosa base in blocchi di trachite (US 1000) e dalle soprastanti murature in mattoni disposti a corsi orizzontali regolari (US 1001-1002); in fase lelemento orizzontale di marcapiano in trachite (EA 101), lapertura ad arco a tutto sesto bardellonato (EA 102) e la parte destra di unaltra (EA 103). In una 2 fase viene costruita la muratura in mattoni del 2 piano (US 1003) alla quale si legano in un rapporto di contemporaneit le due aperture ad arco prive di bardellone (EA 104-105). La presenza di monofore ad arco a pieno centro nei piani superiori e di una vigorosa base trachitica completamente chiusa ribadisce emblematicamente la funzione difensiva di tale casa-torre e la totale chiusura verso lesterno. In fase con la muratura (US 1003) sono una serie di elementi costituiti da mattoni che rappresentano una cornice a dentelli (EA 110) e parte di una sequenza di archetti in mattoni ad arco a tutto sesto, detti lacunari, dalla funzione incerta (EA 106a-d), presenti anche in altri edifici di Padova:

154

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 11 - Torre di Ezzelino: lettura stratigrafica

Palazzo Zabarella, il castello di Casalserugo, il castello Cini di Monselice, la casa detta di Ezzelino il Balbo in via S. Lucia. In un probabile 3 periodo (XIV-prima met XVI secolo) avviene probabilmente la demolizione della maggior parte degli archetti (EA 106, 110), relativa sostituzione con una nuova muratura in mattoni (US 1004) e il tamponamento (US 1005 ab) dei due conservati (EA 106 a,d). Nellipotetico 4 periodo (XVI-XVII secolo) vengono inserite presumibilmente due ampie finestre rettangolari a finto bugnato in mattoni, la cui muratura presenta una forma simile a dei petali di fiore (T 1006, 1006, 1007, 1008), con bancale in pietra di Nanto (EA 107 e 108). Si pu osservare che la superficie della muratura con linserimento delle finestre si presenta come una superficie di interfaccia negativa di demolizione, poich a tale muratura, realizzata a finto bugnato, stata demolita la parte sporgente.

interessante notare che sul prospetto ovest ancora leggibile una apertura uguale con finto bugnato in mattoni. probabile che in tale fase la superficie esterna dei blocchi di trachite della parte basamentale sia stata lavorata a creare degli specchi. In un 5 periodo vi la realizzazione di una nuova merlatura in mattoni (US 1009 a-e), il ridimensionamento delle aperture cinquecentesche (US 1011 a-b) e la creazione di una piccola apertura (T 1012, US 1012). In seguito nel 6 periodo vi la formazione di una serie di aperture tra i merli con linserimento dei rispettivi bancali (US 1010 a-d), superiormente la costruzione di una muratura (US 1013), linserimento di un bancale in pietra dIstria (EA 109). La Torre della Specola (Fig. 12), costruita presumibilmente nel XI-XIII secolo, inserita allinterno del complesso edilizio del castello carrarese, ed costituita, come la torre di Ezzelino e

Serena Franceschi, Adelmo Lazzari, Sandro Salvatori

155

Fig. 12 - Torre della Specola: lettura stratigrafica

la torre del palazzo Zabarella, da una base di grandi blocchi di trachite (US 1000) e da una soprastante muratura in mattoni (US 1001), con la quale in fase unapertura rettangolare ad arco a tutto sesto (EA 100). In et carrarese (XIV-XV secolo) viene probabilmente ricostruita la parte sommitale della torre con beccatelli di rinforzo in mattoni ed elementi di pietra di Nanto (US 1002); si pu osservare che tali elementi sono presenti nella torre di Porta Legnago a Montagnana, nella torre del castello di S. Martino a Cervarese S. Croce e nelle due torri della cinta di Este. A tale muratura si lega in un rapporto di contemporaneit unapertura in mattoni ad arco ribassato bardellonato (EA 101). Vengono inoltre inserite delle aperture rettangolari con bancale in pietra di Nanto, parzialmente leggibili (US 1003, EA 102, 103). In un successivo 3 periodo (seconda met

XVIII secolo) sulla sommit della torre viene eretto ad opera dellarchitetto Domenico Cerato un osservatorio astronomico, costituito da una grande sala ottagonale con enormi finestre, con sopra tre torrette (US 1022, EA 113); inoltre viene inserito un elemento rettangolare in pietra dIstria (EA 111), una serie di aperture rettangolari in finto bugnato di mattoni (T 1004, US 1004, 1005, T 1006, US 1006, 1007, T 1011, US 1011, 1012, 1014, 1015) con bancali in pietra dIstria (EA 104, 105, 106, 107), unapertura circolare (T 1009, US 1009, 1010) che comporta il tamponamento delle preesistenti aperture (US 1008, 1009, 1013); viene costruito a lato della torre un nuovo edificio (US 1017, 1019, 1021), che si appoggia alla torre, con linserimento di trabeazioni in pietra dIstria (T 1016, US 1016, EA 108; T 1018, US 1018, EA 109; T 1020, US 1020, EA 110); infine viene realizzato un finto bugnato sullangolo sud-est della muratu-

156

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

Fig. 13 - Palazzo Zabarella: lettura stratigrafica

ra della torre formando una superficie rifinita come superficie architettonica. In fase con i lavori del Cerato la stesura dellintonaco che copre la superficie muraria della torre (US 1023). Il Palazzo Zabarella rappresenta un esempio di palazzo fortificato nella citt di Padova (Fig. 13). Lindagine stratigrafica stata resa difficile dagli interventi di risarcitura dei giunti che la facciata ha subito a causa dei recenti restauri, che hanno comportato una parziale illeggibilit dei rapporti stratigrafici esistenti tra le diverse US. Il palazzo sorgeva in unarea nevralgica della citt antica, limitrofa al ramo principale del Brenta (attuale Riviera Ponti Romani) dove vi era il porto fluviale. Inizialmente sorgeva lattuale torre a protezione di un primo nucleo abitativo, quasi a ridosso della preesistente cerchia di mura medievali; essa costituita da un possente basamento di elementi di trachite, probabilmente di recupero (US 1000), e da una muratura abbastanza omogenea, costituita per la maggior parte da laterizi romani di reimpiego (US 1001), con la quale in fase lapertura rettangolare con architrave in trachite (EA 100). Lipotesi che la torre sia sorta come struttura a s stante ed autonoma confermata dal fatto che la facciata del Palazzo non in linea con questa, ma leggermente inclinata. In un probabile 2 periodo (prima met XIII secolo) viene riferita probabilmente la maggior parte della facciata del palazzo delimitata nella parte bassa da un basamento di blocchi di trachite, mentre nella parte superiore costituito da mattoni romani di riporto, di notevole dimensione e di colore giallastro, disposti a corsi irregolari(US 1002). In fase con tale muratura un arco in mattoni a sesto ribassato (EA 101) che rappresenta la preesistente apertura di ingresso al palazzo, della

quale ancora leggibile la spalla destra (EA 102), parte della quale stata poi demolita. Al piano superiore si possono osservare le tracce di due archetti, con cornice dentellata (EA 103104), che probabilmente facevano parte di aperture multiple (bifore o polifore), in fase con la muratura (US 1002). In un ipotetico 3 periodo viene costruita la muratura di completamento della facciata meridionale (US 1003), il cui paramento costituito da mattoni disposti a corsi pi regolari, con la quale in fase larco (EA 105 a-b) del quale non stata conservata la parte centrale, probabile apertura di servizio. Al 4 periodo (XIV-XV secolo circa) corrisponde presumibilmente la sopraelevazione della facciata che uniforma il prospetto (US 1004), il cui paramento costituito da mattoni di piccole dimensioni senza reimpieghi di mattoni romani, con la quale fase di cantiere la muratura (US 1005), alla quale si legano in un rapporto di contemporaneit una serie di archetti (lacunari) (EA 106). Al 5 periodo (XVI secolo) appartiene ipoteticamente linserimento cinquecentesco di nuove finestre e balconi in pietra di Nanto, con architrave aggettante (da T 1007 a T 1015, da US 1007 a US 1015, da EA 107 a EA 127), gli elementi orizzontali di marcapiano (EA 130-131) e un elemento circolare decorativo (patera) (EA 129), tutti in pietra di Nanto. Nel 6 periodo in relazione agli interventi ottocenteschi del Danieletti, di creazione di un atrio monumentale e di uno scalone interni, riferibile probabilmente il tamponamento dellentrata carrozzabile sul lato sinistro (T 1016, US 1016), il rifacimento della spalla destra della stessa e con linserimento di unapertura cinquecentesca (EA 132). (Da un disegno di rilievo di Tomaso Sforzan del 1672 si pu osservare che lingresso si trovava ancora nel lato sinistro del Palazzo). Al centro della fac-

Serena Franceschi, Adelmo Lazzari, Sandro Salvatori

157

ciata viene collocata una grande apertura ad arco con elementi in trachite (T 1017, US 1017, EA 133). incerto se con la realizzazione del nuovo ingresso le finestre e i balconi cinquecenteschi siano stati riposizionati per realizzare una simmetria centrale delle aperture, come scrive lo Zabeo, anche se sono leggibili alcune discontinuit fisiche attorno alle aperture. Successivamente nel 7 periodo (XIX secolo in poi) sono riferibili presumibilmente linserimento di una finestra nella torre (T 1018, US 1018), la formazione di un foro rettangolare (T 1019, US 1019), il tamponamento di quattro fori (T 1020 ad), la parte terminale della torre (US 1021) e della facciata (US 1022), linserimento di una bocca da lupo (T 1023, US 1023). Un altro edificio oggetto di studio l A r e n a Romana, che rappresenta uno dei pi prestigiosi monumenti della citt inserito allinterno del complesso monumentale degli Eremitani. Attualmente si sono conservati solamente alcuni tratti di muratura dei cinque muri ellittici concentrici esistenti. Lanfiteatro di Padova, come quelli di Lecce, Pola, Verona e Nimes, era di tipo canonico, emergente dal terreno, la cui struttura, detta anche cava, era costituita da una sequenza di arcate. Esso era definito internamente dallarena e dalla cavea: la prima era a pianta ellittica e allestremit dellasse maggiore vi erano le grandi porte per lentrata degli animali e dei gladiatori, la triumphalis, e per luscita dei caduti, la libitiniensis o porta della morte. Attorno allarena (m 102,5 x 65,5) vi era la cavea, simile ad un grande anello ellettico, di forma concava, definita dallinsieme dei gradini. Le murature dellanfiteatro sono in opus vitta tum, costituite da due paramenti esterni in piccoli blocchi parallelepipedi squadrati a spigolo vivo in pietra di Custoza, tipico calcare dei Colli Euganei, disposti a corsi orizzontali regolari con giunti di malta sottili e da un nucleo interno, l opus cae menticium, costituito da un impasto di malta e di caementa, ossia di frammenti molto irregolari di pietra di calcare di Custoza. I paramenti esterni non sono collegati con il nucleo cementizio interno e ci rende tale sistema costruttivo poco coeso. Il terzo muro elittico si conservato maggiormente rispetto agli altri per circa 2/3 del suo sviluppo iniziale e costituisce loggetto del nostro studio. Attualmente parti della muratura hanno conservato la loro struttura iniziale con lo opus vittatum in pietra di Custoza (US 1000, 1001; US 1200), mentre in altri tratti, a causa del degrado e dellerosione del tempo, l opus vittatum non si mantenuto, rendendo leggibile il nucleo interno cementizio (T 1001, T1200). Nella parte interna di tale muro per tutta la sua estensione si osservata la presenza di una doppia fila di mattoni romani (US 1002, US

Fig. 14 - importante sottolineare che la materia non equipotenziale sotto il profilo stratigrafico, ma pu presentare degli addensamenti e rarefazioni: possono essere infatti individuati dei punti sensibili, dei nodi rivelatori nei quali vi unalta concentrazione delle informazioni e quindi una maggiore qualit del dato. Per esempio nella Torre di Ezzelino si pu osservare come, in uno spazio limitato, sia possibile notare la presenza di una spalla destra e una parte dellarco a tutto sesto di unapertura appartenente al 1 periodo, la quale viene in seguito tamponata per linserimento di unampia apertura a finto bugnato in mattoni, la cui superficie, sporgente a bugnato, viene demolita e resa complanare con la muratura adiacente, creando quindi una superficie di interfaccia negativa di demolizione; si viene a creare quindi una separazione cronologica tra la materialit in se stessa dellUS e la sua superficie architettonica. Tali tracce materiali, seppur limitate di estensione, conservano in s un alto potenziale informativo e un flusso di relazioni di importanza fondamentale per la comprensione materiale della struttura stratificata che in fase di restauro devono essere mantenuti e conservati.

1201) di lunghezza variabile da cm 30-31 a cm 20-21, altezza cm 7-7,5, che sono in fase con la muratura sopra descritta e sono alla stessa quota della base dei fornici dingresso presenti sulla

158

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

stessa muratura; probabilmente questi avevano la funzione di piano di posa della muratura soprastante. Inoltre sono stati individuati una serie di fori pontai (EA 102a-o) ad intervalli di m 1,30-1,50 sopra alla doppia fila di mattoni (US 1002), in fase con questultimi, i quali presumibilmente erano la sede delle travature che sostenevano il tavolato del pavimento dellambulacro compreso tra il muro precedente e questo. Ad una altezza di m 3 dalla quota della doppia fila di mattoni vi una superficie di interfaccia negativa di degrado o causata da azioni antropiche (T 1001, T 1200) che rappresenta la volta che copriva lambulacro, della quale leggibile lopus caementicium interno, costituito da frammenti di pietra pi grandi rispetto a quelli della muratura sottostante. Delle aperture arcuate, che si aprivano ad interasse di m 8,70, sono leggibili alcune tracce (EA 100 a-b, 200a-e), mentre sono quasi totalmente leggibili le tre centrali sullasse minore, che hanno un interasse di m 2,90 (EA 100 c-d, 200 f-g).

Nella parte esterna sono leggibili le superfici di interfaccia negativa del punto di contatto con i corridoi di accesso alla cavea, i quali erano costituiti da due muri radiali, coperti da una volta di altezza dal doppio corso di mattoni allintradosso di m 4,65 che si prolungavano dal muro oggetto verso lesterno per una lunghezza di m 10,55 in numero di 80. Questi erano aperti in corrispondenza delle aperture arcuate presenti sul muro, al di sopra dei fornici praticabili, mentre erano chiusi dove non vi erano i fornici (EA 206a-l). In epoche successive tale manufatto ha subito continue modifiche, tamponamenti, sopraelevazioni, addossamenti di nuovi edifici in seguito demoliti. Tale lavoro ha quindi permesso di evidenziare la complessa configurazione materiale dei manufatti, gli indizi materiali delle costruzioni, potenziali veicoli di comprensione, che costituiscono e formano quindi quella carta del rischio architettonico utilizzabile sia come strumento di conoscenza del manufatto ma anche di controllo dellopera di restauro.

Serena Franceschi, Adelmo Lazzari, Sandro Salvatori

159

BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA GENERALE

AA.VV., 1996, Atti del 1 Seminario di Specializzazione in archeologia dellarchitettura: dalla conoscenza al restauro, 2-30 marzo 1996, Padova (dattiloscritto). AA.VV., 1996, 1997, 1998, Archeologia dellarchitettura, n. 1-23, Firenze. I. ARCE, F. DOGLIONI, R. PARENTI 1996, Gli strati di rive stimento: strategie e tecniche di indagine tra cono scenza dello spessore storico e finalit di conserva zione/restauro, in Dal sito archeologico allarcheologia del costruito, Atti del Convegno di Studi di Bressanone 3-6 luglio 1996, Padova, pp. 39-48. R. BALLARDINI, F. DOGLIONI 1989, Conoscenza e progetto di restauro del complesso di S. Michele in Padova. Sperimentazione di una procedura di connessione tra conoscenza e progetto, in AA.VV., Restauro. La ricerca progettuale. Atti del convegno di Bressanone, pp. 209-221. A. BELLINI 1980, Ricchi apparati e povere idee, Restauro, n. 51, pp.79-80. A. BELLINI 1983, Istanze storiche e selezione nel restauro architettonico, Restauro, nn. 68-69. A. BELLINI 1990, La superficie registra il mutamento: perci deve essere conservata, in Superfici dellArchitettura: le finiture, Atti del Convegno di studi di Bressanone, 26-29 giugno 1990, Padova. F. BONARA 1979a, Proposta metodologica per uno studio sto rico dei mattoni, in Il mattone di Venezia. Atti del convegno presso la Fondazione Cini. 22-23 ottobre 1979. F. BONARA 1979b, Nota su unarcheologia delledilizia , Archeologia Medievale, VI, pp. 171-182. G.P. BROGIOLO 1985, Archeologia urbana a Brescia, Restauro e citt, I, n.2, pp. 69-78. G.P. BROGIOLO 1988a, Archeologia delledilizia storica, Como. G.P. BROGIOLO 1988b, Lanalisi stratigrafica: un metodo per la lettura delle modificazioni architettoniche , Abacus, 14, pp. 12-15. G.P. BROGIOLO 1988c, Campionature ed obbiettivi nellanali si stratigrafica degli elevati, in R. FRANCOVICH, R. PARENTI (a cura di), Archeologia e restauro dei monumenti, Firenze, pp. 335-346. G.P. BROGIOLO 1989, Architettura medioevale del Garda Bre sciano. Analisi stratigrafiche, Brescia.

G.P. BROGIOLO 1993, Appunti su analisi stratigrafica e restauro, in M. UBOLDI, La carta archeologica della Lombardia, Como, pp. 103-108. G.P. BROGIOLO 1996, Rilievo critico e analisi stratigrafica harrisiana, in S. SCARROCCHIA, R. SPELTA, Il progetto di restauro e i suoi strumenti, Atti del 2 Corso di Perfezionamento in Restauro Architettonico (1991), Venezia, pp. 151-157. M.O.H. CARVER 1983, Valutazione, strategia ed analisi nei siti pluristratificati, Archeologia Medievale, X, pp.49-71. M. DEZZI BARDESCHI 1991, Restauro: punto e da capo. Frammenti per una (impossibile) teoria, Milano. F. DOGLIONI 1987, Ambienti e dimore medievali a Verona, Verona. F. DOGLIONI 1988, La ricerca sulle strutture edilizie tra archeologia e restauro architettonico, in R. FRANCOVICH, R. PARENTI, Archeologia e restauro dei monumenti, Firenze, 223-248. F. DOGLIONI 1990, Le superfici: considerazioni sui mutamen ti prodotti dal restauro, in Superfici dellArchitettura: le finiture. Atti del convegno di studi. Bressanone 26-29 giugno 1990, Padova. F. DOGLIONI, A. BELLINA, A. QUENDOLO 1991, L integra zione delle lacune nella ricostruzione per anastilosi del paramento lapideo del Duomo di Venzone. Aspet ti concettuali e modi esecutivi , in Le pietre nellArchitettura: struttura e superfici. Atti del convegno di studi. Bressanone 25-28 giugno 1991, Padova, pp. 593-604. F. DOGLIONI 1992, Importanza dellintonaco per la conserva zione delle autenticit edilizie nel restauro architet tonico, in International workshop on conservation of architectural surfacess: stones and wall covering, 12-14 marzo 1992, Venezia. F. DOGLIONI 1996a, Il rapporto tra rilievo, progetto e opera nel restauro: la stratigrafia come possibile linguag gio comune, in S. SCARROCCHIA, R. SPELTA, Il progetto di restauro e i suoi strumenti, Atti del 2 Corso di Perfezionamento in Restauro Architettonico (1991), Venezia, pp. 159-170. F. DOGLIONI 1996b, Mentalit stratigrafica e tecniche strati grafiche sul progetto di restauro , Seminario: I metodi dellarcheologia e il progetto dellintervento sullarchitettura, 2 aprile 1996, Brescia.

160

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

F. DOGLIONI 1997, Stratigrafia e restauro. Tra conoscenza e conservazione dellarchitettura, Trieste. S. FOSSATI 1984, Possibilit di datare complessi di mattoni, Archeologia Medievale, XI, p. 395. S. FOSSATI 1985, La datazione dei mattoni: una proposta di metodo, Archeologia Medievale, XII, pp. 731-736. R. FRANCOVICH, R. HODGES 1985, Il progetto Montarrenti (SI). Relazione preliminare, 1984 , Archeologia Medievale, XII, pp.403-409. R. FRANCOVICH 1987, Archeologia postclassica e restauro: dalla stratigrafia del sottosuolo alla stratigrafia del sopravvissuto, in F.PEREGO (a cura di), Anastilosi-Lantico, il restauro, la citt, Bari, pp. 251-257. R. FRANCOVICH 1996, Sullutilit dellanalisi stratigrafica, in S. SCARROCCHIA, R. SPELTA, Il progetto di restauro e i suoi strumenti, Atti del 2 Corso di Perfezionamento in Restauro Architettonico (1991), Venezia, pp.147-150. E.C. HARRIS 1983, Principi di stratigrafia archeologica , Roma. G. LEONARDI, C. BALISTA 1991, Linee di approccio al depo sito archeologico, in G. LEONARDI, Processi formativi della stratigrafia archeologica. Atti del seminario internazionale Formation processes and excavations methods in arxcheology: perspectives, Padova, pp. 75-99. T. MANNONI 1984, Metodi di datazione delledilizia storica, Archeologia Medievale, XI, pp. 396-403. T. MANNONI 1989, Analisi stratigrafica del costruito, i n AA.VV., Restauro. La ricerca progettuale. Atti del convegno di Bressanone, pp.197-208. T. MANNONI 1994, Modi di fare con larcheologia, Archeologia Medievale, XXI, pp.561-568. E. MANZINI 1987, La pelle degli oggetti, Ottagono, dicembre.

L. MARINO 1990, La stratigrafia degli elevati. Il rilievo delle strutture e dei materiali, in Il rilievo nel restauro, Milano, pp. 175-210. R. PARENTI 1982, Le strutture murarie: problemi di metodo e prospettive di ricerca, in Il progetto di Montarren ti(SI): Relazione preliminare, Archeologia Medievale, X, pp. 332-338. R. PARENTI 1985a, La Torre A: una lettura stratigrafica, in Il progetto Montarrenti (SI). Relazione preliminare, Archeologia Medievale, XII, pp. 417-437. R. PARENTI 1985b, La lettura stratigrafica delle murature in contesti archeologici e di restauro architettonico , Restauro e citt, I, n.2. R. PARENTI 1985c, I materiali e le tecniche costruttive in Un villaggio di minatori e fonditori di metallo nella Toscana del Medioevo. San Silvestro (Campiglia Marittima), Archeologia Medievale, XII, pp.387401. R. PARENTI 1988a, Le tecniche di documentazione per una let tura stratigrafica dellelevato, in R. FRANCOVICH, R. PARENTI (a cura di), Archeologia e restauro dei monumenti,Firenze, pp. 249-279. R. PARENTI 1988b, Sulle possibilit di datazione e classsifica zione delle murature , in R. FRANCOVICH, R. PARENTI (a cura di), Archeologia e restauro dei monumenti, Firenze, pp. 280-304. A. QUENDOLO 1997, Forme e significati del degrado, Venezia, (dattiloscritto). B.P. TORSELLO 1988, Acquisizioni e prospettive analitiche nel Restauro, in Atti del Convegno di Studi: Le scienze, le istituzioni, gli operatori alla soglia degli anni 90, Bressanone, 1988. B.P. TORSELLO 1993, La fabbrica e i segni: metodi analitici per larchitettura, Tema n.3. G.P. TRECCANI 1996, Stratigrafia e conservazione del costrui to, Tema, n. 2, Milano, pp. 64-67.

BIBLIOGRAFIARELATIVA

AI

10 EDIFICISTORICIDI PADOVA

J.P. ADAM 1994, Larte di costruire presso i Romani. Materiali e tecniche, Milano. C. AYMONINO, M. BRUSANTIN, G. FABBRI 1970, La citt di Padova: saggio di analisi urbana, Roma. R. BALLARDINI et al. 1989, Conoscenza e progetto di restauro del complesso di S. Michele in Padova, in AA.VV. Restauro. La ricerca progettuale, Atti del convegno di studi. Bressanone 26-29 giugno 1989. D. BANZATO, E. PIETROGRANDE 1983, Brevi note su Palaz zo Zabarella, Padova. A. BARZON 1955, Gli affreschi di Jacopo da Verona nella chie sa di S. Michele, Padova Rassegna, anno I, n. 3. C. BELLINATI 1969, San Michele da salvare, Padova. C. BELLINATI 1971, La chiesa dellantico villaggio di Pubbli ciano o Pozzoveggiani, Padova e la sua provincia, XVII, n.3, pp. 3-7. C. BELLINATI 1975, Padova: basiliche e chiese, Vicenza. C. BELLINATI 1978, LOratorio di S. Michele a Pozzoveggiani, Leco di Salboro, Padova.

C. BELLINATI, A. CALORE, C. SEMENZATO 1985, La basili ca ritrovata. Lantica chiesa di San Michele Arcan gelo a Pozzoveggiani (Padova), Padova. G. BELTRAME 1979, Lantichissima parrocchia di S. Michele, Padova e la sua provincia, n. 2, Padova. G. BELTRAME 1985, Ospizi, ospedali, istituti di carit in Padova, Padova. G. BELTRAME 1992, Il castello di Padova: storia ed arte , Padova e il suo territorio, VII, 38, pp. 8-13. L. BELTRAME, O. TAGLIAFERRO, La chiesa e lex convento degli Ognissanti di Padova, Tesi di Laurea, relatore R. Ballardini, correlatore E. Danzi, Istituto Universitario di Architettura di Venezia, A.A. 1993-94. S. BETTINI, L. PUPPI 1970, La chiesa degli Eremitani di Padova, Vicenza. M.P. BILLANOVICH 1979, Da Padova romana a Padova cri stiana. Una lapide inedita del tempio della Fortuna a Pozzoveggiani e le memorie di S. Giustina , Aevum, LIII, genn. apr. 1979, pp. 51-65.

Serena Franceschi, Adelmo Lazzari, Sandro Salvatori

161

G. BISCONTIN et al 1996, Studio di tecnologie delle malte dellarena di Padova, in Dal sito archeologico allarcheologia del costruito. Conoscenza, progetto e conservazione, Atti del Convegno di Studi di Bressanone, 3-6 Luglio 1996. M. BOLZANELLA 1978, Padova: acque, ponti, capitelli e cam panili, Associazione Pro Padova, n. 5, Padova. E. BORDIGNON FAVERO 1988, La casa grande e la cappella degli Scrovegni, in Carte Foscari sullArena di Padova, Venezia. L. BOSIO 1970, Itinerari e strade della Venetia romana, Padova, pp. 53-54. P. BRANDOLESE 1795, Pitture, sculture, architetture di Pado va, Padova. G. BRESCIANI ALVAREZ 1964, Il Monastero di San Michele di Este e lopera di Vincenzo Scamozzi, Bollettino del Museo Civico di Padova, LIII, Padova. G. BRESCIANI ALVAREZ 1975, Larchitettura civile del Barocco a Padova, in L. PUPPI, Padova. Case e palazzi, Vol. 3, Padova. E. BRESSAN 1986, Il castello di Padova, Treviso. E. BRESSAN 1987, Il castello di Padova dalle origini al XVI secolo, Padova e il suo territorio, II, pp. 8-13. F. BRUNELLI, SONETTI 1981, Studi intorno allanfiteatro romano di Padova, Padova. S. BRUNI 1978, Si sgretola la volta degli Ognissanti, Il Gazzettino di Padova, 18 gennaio 1978. A. CALORE 1970, La chiesa di S. Michele Arcangelo a Pozzo veggiani, Padova e la sua provincia, XVI, n. 4, pp. 15-20. G. CAGNONI et al.1996, Palazzo Zabarella, Padova. R. CANOVA DAL ZIO 1986, Le chiese delle tre Venezie anterio ri al Mille, Padova. P. CARPEGGIANI 1975, G.M. Falconetto. Temi ed eventi di una nuova architettura civile, in L. PUPPI, Padova. Case e palazzi, Vol. 3, Padova. F. CESSI, L. GAUDENZIO 1958, Padova attraverso i secoli, Padova. F. CESSI 1959, Vincenzo Scamozzi e il Monastero degli Ognis santi, in Padova, n. 3, marzo, pp. 22-28. P. CHEVALIER 1831, Memorie architettoniche sui principali edifici della citt di Padova, Padova. G. CITTADELLA 1842, Storia della dominazione carrarese in Padova, Vol. II, Padova. F. COARELLI, L. FRANZONI 1972, Arena di Verona. venti secoli di storia, Verona. G. CROCE, R. CASTELLI 1988, Padova: i rilievi del Centro Storico, Padova. R. DAMINATO, E. DANZI Il complesso architettonico di S. Michele in Padova: ricerche per un nuovo contesto attraverso il progetto di conservazione e di restauro, Tesi di Laurea, relatore prof. arch. R. Ballardini, arch. F. Doglioni, Istituto Universitario di Architettura di Venezia, AA. 1986-87. A. DI MAURO 1997, Palazzo Zabarella, prima e oggi, Padova e il suo territorio, n. 65, febbraio 1997, pp. 8-11. P.L. FANTELLI 1990, Appunti sulla decorazione dinterni a Padova tra due e trecento, Padova e il suo territorio, n. 25, giugno.

F. FLORES DARCAIS 1973, Jacopo da Verona e la decorazio ne della cappella Bovi in S. Michele a Padova, Arte Veneta, Venezia. M.C. FORATO 1991, La chiesa di Ognissanti in Padova, Padova. F. FORLATI 1921-26, Documenti vari relativi alla demolizione e ricostruzione della cella campanaria del campani le degli Ognissanti, Archivio Sopr. BB. AA. e AA. del Veneto Orientale, Venezia. E. FRANZIN 1982, Padova e le sue mura, Padova. G. FURLANETTO 1847, Le antichi lapidi patavine illustrate, Padova, pp. 36-38. N. GALLIMBERTI 1965, Il tessuto urbanistico di Padova nella prima Rinascita, Padova e la sua provincia, n. 4-5. N. GALLIMBERTI 1967a, Architettura del Settecento a Pado va, Padova e la sua provincia, n. 2. N. GALLIMBERTI 1967b, Architettura civile del Settecento a Padova, Padova e la sua provincia, n. 3. N. GALLIMBERTI 1967c, La fine del Settecento a Padova e lilluminismo, Padova e la sua provincia, n. 4. N.GALLIMBERTI 1967d, Padova nel primo ventennio del Secolo XX, Padova e la sua provincia, n. 11. N. GALLIMBERTI 1968, Il volto di Padova, Padova. C. GASPAROTTO 1969, La chiesa di S. Michele in Vanzo: sito e origine, Padova. S. GHIRONI 1985, Padova: piante e vedute (1419-1865), Padova. A. GLORIA 1862, Il territorio padovano illustrato, II, Padova, pp. 186-187. L. LAZZARO 1970-71, Riscoperta di uniscrizione latina a Pozzo veggiani, in Atti e Memorie dellAccademia Patavina di Scienze Lettere ed Arti, LXXXIII, pp. 185-189. A. LENCI 1981, Il ruolo del Castelvecchio in un progetto sette centesco per il restauro e riuso in Quartier di Caval laria, Padova e la sua provincia, n. 2, febbraio, pp. 3-10. G. LEONARDI 1976, Arena in Padova Preromana, Catalogo della mostra, Padova. G. LORENZONI 1896, Il castello di Padova e le sue condizioni verso la fine del secolo XVIII, Padova. G. LORENZONI 1975a, Lintervento dei Carraresi, la reggia e il castello, in L.PUPPI, Padova. Case e palazzi, Vol. 3, Padova. G. LORENZONI 1975b, La prima rinascenza, in L.PUPPI, Padova. Case e palazzi, Vol. 3, Padova. G. PASSATORE 1963, Domenico Cerato architetto a Padova, in Bollettino C.I.S.A., V, pp. 318-329. L. PIGATTO 1991, Il museo della specola. La specola-museo, Padova e il suo territorio, n. 29, febbraio. A. PORTENARI 1623, Della felicit di Padova, Padova. A. PROSDOCIMI 1971, Il Comune di Padova e la Cappella degli Scrovegni nellOttocento, Bollettino del Museo Civico di Padova, LX, n.1, Padova. L. PUPPI 1975, Il rinnovamento tipologico del Cinquecento, in L. PUPPI, Padova. Case e palazzi, Vol. 3, Padova. G. RAMILLI 1976, La datazione dellanfiteatro di Padova in un documento inedito ottocentesco, in Atti e memorie dellAccademia Patavina di scienze, lettere e arti, LXXXVIII, Padova.

162

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

E. RIGONI 1955, Di alcune case padovane del Cinquecento, Bollettino del Museo Civico di Padova, XLIV, pp. 71-88. M. ROBERTI 1939, LArena di Pola, Pola. E. ROSSATO, S. TIEPOLO, Metodologia di studio per la cono scenza della struttura architettonica dellanfiteatro romano del complesso monumentale degli Eremita ni a Padova, Tesi di Laurea, relatore prof. R. Ballardini, correlatori arch. V. Galliazzo, arch. E. Danzi, Istituto Universitario di Architettura di Venezia, A.A. 1993-94. G.B. ROSSETTI 1765, Descrizione delle pitture, sculture e architetture di Padova, Padova. F. SARTORI 1884, Guida storica delle Chiese parrocchiali ed Oratorii, Padova. F. SARTORI 1968, Un cippo funerario inedito di Padova roma na, in Atti e memorie dellAccademia patavina di LL. SS. AA., Padova.

P. SELVATICO 1842, Guida di Padova e della sua provincia, Padova. G. TOLOMEI 1881, La cappella degli Scrovegni e lArena di Padova, Padova. S. TUZZATO, Urbanistica di Padova medievale. Ricerche archeologiche sul castello e sulle mura, in Lo spazio nelle citt venete (1152-1348) espansioni urbane, tessuti viari, architetture. A. VERDI 1988, Le mura ritrovate: fortificazioni in Padova in et comunale e carrarese, Padova. F. ZULIANI 1975a, I palazzi pubblici dellet comunale, in L. PUPPI, Padova. Case e palazzi, Vol. 3, Padova. F. ZULIANI 1975b, Il gusto tardo gotico veneziano, i n L.PUPPI, Padova. Case e palazzi, Vol. 3, Padova.

163

TAVOLA ROTONDA

Dott. ANTONIO ZAVAGLIA (Presiede la tavola rotonda) Iniziamo subito la tavola rotonda. Ci scusiamo per i tempi che sono andati troppo oltre rispetto a quanto previsto, ma linteresse delle problematiche trattate ha causato questo ritardo. Darei perci subito la parola al dott. Petraroia. Dott. PIETRO PETRAROIA Direttore Generale della Direzione Generale Culture Identit e Autonomie della Lombardia. Saluto coloro che hanno seguito questa giornata di lavori che pone in evidenza gli elementi di intersezione nel lavoro di quanti operano sul patrimonio culturale, sia a livello dello Stato, come a quello della Regione, dellimprenditoria, degli enti locali. Ma prima di fare il mio intervento lascerei la parola allarch. Rinaldo Luccardini, della direzione Cultura Turismo e Sport della regione Liguria che, per una esigenza di servizio, che lo richiede in Liguria in serata, ha chiesto di intervenire per primo. Arch. RINALDO LUCCARDINI Dirigente del Servizio Programmi e Strutture Culturali della Regione Liguria Ho assistito a questa giornata di studio sin dallinizio e mi compiaccio per la presenza, insieme a tanti archeologi, di tanti architetti. Ho visto anche qualche botanico e non ancora rappresentanti di altre discipline, come presumibile che succeda in futuro quando gli strumenti di prospezione del suolo saranno arricchiti di macchine, come quelle che adesso servono per guardare dentro al cervello con leco-doppler. Avremo in futuro strumenti che potenzieranno e le nostre modalit di studio e dunque anche le nostre cognizioni. In questo quadro di dialogo fra architetti e archeologi, vorrei brevemente ricordare ci che sta succedendo, perch abbiamo vissuto da architetti

unesperienza nelle Regioni, che ha registrato, su questo tema, anche fastidiosi ritardi. La mia esperienza si svolta nel contesto della Regione Liguria. Le decisioni in tema di gestione del territorio nelle Regioni sono state assunte in modo molto distorto rispetto alla imperativa domanda di conservazione del proprio patrimonio culturale. Ricordo che le Regioni sono state individuate come amministrazioni parzialmente autonome dallo Stato in quanto distintamente riconoscibili non soltanto per la loro entit geografica, ma soprattutto per il loro portato culturale. Dico ci pensando al fatto che, proprio in queste ore, il Parlamento sta esaminando una legge,proposta dal Ministro per i beni e le attivit culturali, nella quale si parla di una architettura nazionale, di un necessario miglioramento nella qualit della progettazione architettonica. Se ne parla in termini nazionali, non in termini regionali, come se questa espressione culturale e anche artistica che larchitettura, non avesse poi dei riscontri locali o per quanto meno regionali. Se la legge non verr gestita in modo congruo assisteremo, ma non voglio fare cattivi presagi, alla costruzione di opere pubbliche fra loro identiche indipendentemente dal contesto (il Palazzo di Giustizia di Palermo identico a quello di Milano: soltanto la loro posizione topografica diversa). Ma torno a descrivere come abbiamo vissuto nelle Regioni la gestione dei beni culturali attraverso lurbanistica degli anni Settanta. Si trattato di unurbanistica di contenimento. Di fronte alle espansioni disordinate comunemente considerate come abusi edilizi, sono stati compiuti, almeno in Liguria, tentativi per arginarle con strumenti urbanistici generali, obbligatori, nei quali tutto ci che poteva costituire patrimonio storico- artistico veniva incapsulato in una disciplina urbanistica pi rigida rispetto al contesto. Tuttora gli strumenti urbanistici generali conservano questa isola rossa (il colore delle zone A sempre stato di un rosso vivo). Il colore rosso delle zone A significa, come nei semafori stradali, blocco, impedimento. Qui per limpedimento era ed tuttora in atto, perch

164

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

i piani approvati tra gli anni 75 e 85 sono ancora l. La generazione dei piani di contenimento prevede che nel centro storico sia obbligatorio procedere con piani di strumento attuativo e lo strumento urbanistico attuativo in genere consiste in una disciplina a maglie pi piccole, pi strette, con obbligo di procedure basate su un maggior numero di collegamenti: inevitabilmente considerato come uno strumento ostile alla trasformazione. Ma ecco il paradosso: questo strumento, a nostro giudizio, diventato ostile anche alla conservazione, rendendo difficili anche le semplici operazioni di restauro. Questo blocco ha dato la stura ad una quantit di abusivismi piccoli e grandi che hanno poi condotto il legislatore ad adottare altri strumenti che costituiscono una famiglia numerosissima; lultimo ha anche un nome simpatico, il PRUST, (il piano di recupero urbanistico sostenibile). Si va quindi verso una contrattazione tra chi pone la questione della trasformazione o della conservazione e chi gliela deve approvare. Contrattazione che per altro non nuova al nostro ordinamento perch viene adottata anche per i progetti delle grandi infrastrutture a livello nazionale: gli accordi di programma e i contratti di programma hanno sostituito da tempo la programmazione per progetti, che era stata lultimo esempio della programmazione basata su un piano. Nel piano di recupero urbanistico sostenibile, chiaro che si pu trattare tutto fino alla fine. Quello che manca in questa gestione dei fenomeni culturali fisici sul territorio, prima di tutto lattenzione verso ci che non centro storico. In secondo luogo manca, se proprio non se ne d carico il progettista, la considerazione del portato culturale, si direbbe dello spessore culturale che pu essere, in quel caso, lultima occasione urbanistica per riportare alla dignit i valori che ci ha consegnato il suolo. Manufatti, ad esempio, che in quel punto del territorio non ci sono pi, fisicamente impercettibili: la loro traccia solo un toponimo, una parola che dice che l cera un mulino, ma oggi non c pi, stato demolito e s perso. Bisognerebbe compiere scavi per ritrovarlo, ma spesso, come abbiamo gi visto anche stamane, del sedimento storico di un sito rimasto esclusivamente il nome. Credo che in questa partita che stiamo giocando con il territorio prima lurbanistica e dopo hanno superato il tempo che avevano per risolvere i problemi. Abbiamo moltissimi casi irrisolti, mentre si affacciano altre competenze, altre discipline. Ne parlo con disappunto perch, mentre dallesterno pu sembrare che lente di governo territoriale principale, cio la Regione, sia un soggetto unico, in realt allinterno della Regione, e lo vediamo anche qui da voi in Lombardia, ci sono delle differenze, degli steccati, delle strutture che non si parlano.

In tema di rischio del patrimonio culturale, per fare un esempio che calza con quanto abbiamo sentito due relazioni fa, da noi c una frammentazione di competenze che vanno dalla Protezione Civile (esondazione, incendi) allAmbiente (frane) oltre che alla Pianificazione Territoriale (tutela paesistica) ai Trasporti (infrastrutture). Ma poi ci sono anche il Turismo (demanio marittimo e fenomeni erosivi) ed i Beni Culturali la cui competenza assolutamente irrisoria perch fino a quando, e sappiamo che durer ancora parecchio, il Ministero, lo Stato mantiene le competenze primarie nel settore dellarcheologia dei monumenti e dei manufatti che sono sul territorio, questo potere di intervento pianificatorio unico della Regione non ci sar. Questo mi consente di fare una piccola riflessione sul modo con cui questo Parlamento, questo Governo, in sostanza questo Stato hanno gestito il fenomeno culturale che ha ora un gran bisogno di federalismo, cio della necessit delle genti di riconoscersi allinterno di unentit diversa dallo Stato. Questa situazione non un fenomeno italiano, come tutti sanno, e non nenche sconosciuto il fatto che lUnione Europea tratta con gli Stati per quanto riguarda la gestione dei finanziamenti, ma poi sostanzialmente si rivolge alle Regioni perch lEuropa, lUnione Europea sostiene progetti, specialmente nel settore dei Beni Culturali, che impongono interrelazioni fra le Regioni. Disponiamo di leggi che hanno regionalizzato listruzione o il prelievo fiscale, ma non di quelle che isolano il valore regionale della cultura, anzi c stato un fenomeno di direzione opposta per cui nelle prime bozze della legge che riformava il Ministero dei Beni delle Attivit Culturali cera addirittura il recupero delle competenze che dal 72 lo Stato aveva dato alle Regioni in materia di biblioteche. Perci quella che tipicamente lidentit di unarea geografica, cio la cultura regionale, come i dialetti e il modo di manifestare le proprie costruzioni, lo Stato italiano ha cercato di accentrarla, probabilmente come reazione al fenomeno disgregativo che sembrava avvertibile dal decentramento di tutte le altre funzioni. Ma io dico che proprio sui Beni Culturali sparsi sul territorio che le Regioni possono giocare una partita autorevole utilizzando tutte le loro competenze. Probabilmente si tratta di organizzare delle regie uniche, raccordando le varie competenze che gi sono allinterno delle Regioni.

(Zavaglia) Ringrazio il dott. Luccardini per linteressante contributo. Ha trattato tutta una serie di temi della situazione ligure. La tematica ancora pi complessa, tipo il rapporto del bene cul-

165

turale nella fase attuale, tra ufficialit e decentramento, con tutte queste spinte federalistiche che sembra tendano sempre di pi ad affermarsi. Io mi ricordo che circa tre anni e mezzo fa qui abbiamo fatto un convegno che aveva come titolo: Il Bene Culturale tra centralit e decentramento. Aveva partecipato il dott. Guzzo della Soprintendenza di Pompei, quindi lo inviterei a prendere la parola. Dott. PIETRO GIOVANNI GUZZO Soprintendenza Archeologica di Pompei Ringrazio, ma francamente non vorrei parlare di accentramento e decentramento perch questo un argomento che da una parte attaglia a livello storico- culturale, anche ideologico se vogliamo, e dallaltra si riferisce a competenze istituzionali in Parlamento dal quale, grazie a Dio, io sono fuori. Dico soltanto che la figura di chi gestisce il patrimonio culturale assolutamente secondaria, secondo me. Limportante che i criteri di questa gestione, le norme, le regole di questa gestione siano esemplati su due criteri: uno, quello dello standard della qualit da discutere, da vedere ma evidentemente da costruire in maniera uniforme dal Brennero a Lampedusa, secondo che il personale tecnico, al di l di chi sia poi il funzionario pagatore dello stipendio e quindi lorganizzatore del servizio, addetto alla gestione, alla tutela, ecc. ecc. del patrimonio culturale, possa essere reclutato anche su scala regionale, ma converga poi in un corpo tecnico unico nazionale, perch il pericolo che qualcuno nasca, si cresimi, si laurei, lavori e muoia sempre nello stesso luogo contrario ad ogni forma di cultura. Ci detto, deviando, penso che linteresse principale di questa giornata sia stato nel farci vedere come da cenni o da indizi cos nascosti o da evidenze invece cos evidenti, allinterno del complesso dei segni sedimentati del territorio o nel paesaggio, anche di questo si potrebbe fare un seminario forse, se lo intendiamo come stratificazione delle attivit umane, esista, si veda, risalti fuori uno spessore, ed il titolo della giornata, che attiene prevalentemente alla storia. Questo fatto che stato cos evidente nella relazione del prof. Moreno oggi pomeriggio, la storia come attivit umana, insomma, da una parte sbugiarda questa voga ecologista verde, che ogni tanto prende queste vampate nelle quali laccentuazione sullattivit delluomo vista esclusivamente in negativo. Luomo ha tutte le colpe naturalmente, perch lattore principe della sua storia, ma una visione totalmente negativa di queste attivit, non possibile, perch antistorica, perch la storia fatta anche di distruzioni, di modifiche, di cambi totali di direzione. A questi cambi per le sopravvivenze che si notano e si possono documentare,

come si visto nel corso delle relazioni di questa giornata, propongono un contraltare. Ora il governo di queste spinte, di queste situazioni convergenti, distruzioni da una parte, costruzioni dallaltra, impalpabilit di dati o evidenze pesanti di manufatti, di situazioni, richiede per essere governato quella che stata definita la gestione della complessit. La gestione della complessit daltra parte non credo che possa essere prima ancora che governata, capita, se chi lo deve fare o lo vuol fare non dotato di cultura storica. Ora, quando si vede che le formazioni professionali di coloro che gestiscono o che progettano prescindano, in buona parte, da una formazione storica, allora comincia a insorgere una preoccupazione perch, se la complessit data dalla stratificazione storica degli eventi, positiva o negativa, e se chi deve gestire questi strumenti non dotato degli strumenti ermeneutici per sfogliare questo carciofo delle stratigrafia storica e quindi di identificare i pieni e i vuoti, che sicurezza noi abbiamo che lo sfogliare il carciofo sia fatto secondo le buone regole della storia? La tecnologia che oggi ha imperato, una bellissima cosa, per carit, siamo tutti schiavi del computer; ormai,non possiamo pi farne a meno, ma poich la tecnologia non ha storia in quanto mangia se stessa, ogni nuovo prodotto mangia il precedente, quindi non serve pi conoscere il precedente, che magari fino a ieri abbiamo usato. Ma si rischia una sottovalutazione della storia e una sottovalutazione dello strumento ermeneutico storico, per sfogliare il carciofo, per gestire la complessit del territorio. Il problema, capire bene chi deve fare, che cosa, quale istituzione deve far s che si formino i tecnici di questo genere e che tipo di competenza debbano possedere. Serve un corpo tecnico, appunto, che si sia nutrito di storia e che quindi possa riconoscere la complessit del carciofo, lo sappia sfogliare secondo un metodo corretto. Io credo che qui dobbiamo andare a vedere, pi che dire lo Stato unitario, il federalismo, le regioni, il centro, i privati, chi si sobbarca, come cantava il poeta, di formare il giovane a queste cose, dalla prima media, poi man mano alluniversit, nei corsi post-universitari. Chi garantisce, allinterno degli ordinamenti normativi, dei quadri istituzionali e cos via, che le reali conseguenze e competenze di responsabilit siano date a professionisti formati in questa maniera. Chi garantisce le risorse finanziarie per far s che si faccia in questa maniera, chi se la piglia questa responsabilit, perch, ammesso che io abbia ragione, la conseguenza logica di seguire un percorso del genere, comporta che non siano pi possibili o siano pi stretti i giochi sulle delimitazioni dei piani regolatori, dei piani di sviluppo ecc., perch la tecnica che ha sfogliato il carciofo, che ha fatto vedere questi cenni impalpabili, questi toponimi, ecc. ecc. pone dei punti fermi contrari ad interessi daltro genere

166

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

che sono, credo, quelli che ci hanno condotto a scelte di pianificazione e infrastrutture con conseguenze ambientali pericolose o addirittura disastrose: alluvioni dalla Liguria al Sarno, insomma tutta lItalia, al di l della sua latitudine, soffre di una gestione territoriale e ambientale talmente deficitaria che la gente poi ne muore. Appunto, ripeto, chi se la prende questa responsabilit, quale livello istituzionale della nostra Repubblica se lo prende? Questa domanda che io ho sempre nella testa, nella giornata di oggi mi si radicata ancora pi forte, perch vedo che ci sono risposte che tendono a presentare delle candidature ad assumere questo ruolo. C soltanto da augurarsi che, da questa confusione di linguaggi, nel giro di poco tempo possa uscire una risposta univoca e soddisfacente nella direzione che ho cercato di rappresentare. (Zavaglia) Grazie. Il Soprintendente Guzzo ha posto problemi di grande complessit. Mi sembra che il Professor Brogiolo sia molto attento su queste tematiche, quindi lo inviterei a prendere la parola: Prof. GIAN PIETRO BROGIOLO Dipartimento di Scienze dellantichit, Universit di Padova Il problema di questa conoscenza, di questo spessore storico, che con un titolo ad effetto Andreina Ricci ha definito I mali dellabbondanza, a me pare che oscilli tra un sogno positivista, quello che si coltivava ancora negli anni sessanta, sulla scia della contestualizzazione del bene culturale, di chi pensa di documentare tutto, e crede che lobiettivo sia quello di dare una documentazione esaustiva di un territorio, e un ritorno pragmatico a una concezione idealistica in cui si vede soltanto ci che emerge da un punto di vista storico - artistico o da un punto di vista di valorizzazione economica e di gestione del bene culturale. A me sembra che tra questi due poli ci siano tante posizioni intermedie e mi sembra che ci siano anche degli strumenti in grado di dare, se non una conoscenza, quanto meno una documentazione esaustiva. Se noi riteniamo che la conoscenza sia il frutto di una interpretazione messa a fianco di una documentazione, io ritengo che si potrebbero scindere questi due temi. Forse non avremo mai, come diceva larchitetto Cannada, una documentazione 1:1 del territorio, per abbiamo avuto una carta napoleonica che talmente ricca di informazioni che la possiamo utilizzare ancora duecento anni dopo per tutta una serie di indagini tematiche. E oggi disponiamo delle foto aeree che vanno semplicemente adattate alle nostre esigenze. Voli a una certa quota con un certo tipo di pelli-

cola sono in grado di dare un certo tipo di documentazione, lapplicazione del radar ne d altre; e per quanto riguarda, ad esempio, i beni immobili sparsi nel territorio, una documentazione esaustiva, fatta attraverso fotopiani o rilievi dallalto, sarebbe gi mettere da parte un archivio che certamente fra qualche anno non sar pi realizzabile. Quindi, io penso che si debba fare uno sforzo, da un lato, nella direzione dell esaustivit utilizzando gli strumenti che abbiamo, e dallaltro, si debba, invece, puntare a un approfondimento tematico dove gioca un ruolo importante linterpretazione. A noi interessa sapere, ad esempio, qual la percentuale a chilometro quadrato dei siti archeologici. Lo possiamo fare, abbiamo gli strumenti per farlo, possiamo campionare in modo da avere dei dati statistici che ci dicono qual la distruzione che avremo in un dato territorio se non lo salviamo. Oppure potremo scendere a un dettaglio maggiore e analizzare allinterno di quel chilometro quadrato, alcuni siti e avere una campionatura raffinata. Certamente questo approfondimento lo possiamo realizzare soltanto per campioni. Quindi a me pare che si debba, da un lato, cercare di percorrere, l dove possibile con gli strumenti della esaustivit, una documentazione totale, e dallaltro cercare invece di approfondire in dettaglio. Rispetto a questo, mi chiedo se siamo attrezzati con gli strumenti della tutela, me lo chiedo soprattutto nel momento in cui mi accorgo che la tutela si fa se si sta sul territorio, la tutela si fa se si sta in rapporto con la pianificazione urbanistica, si fa se vi un rapporto organico tra chi detiene la tutela, lo Stato e gli Enti locali. Di questo problema si parla da tanti anni, ma strumenti concreti di raccordo tra i vari Enti non sono attuati. (Zavaglia) Darei, a questo punto, la parola al professor Moreno che stato anche citato dal dottor Guzzo Prof. DIEGO MORENO Dipartimento di Storia moderna e contemporanea, Universit di Genova. Ovviamente cerco di riprendere. Ho sentito il professor Guzzo fare questo intervento altre volte. chiaro che il tema che propone quello della cultura dei conservatori: lalta qualit, lomogeneit, la capacit analitica che, su questo siamo tutte due daccordo, mi pare non pu che essere di natura storica. chiaro che la richiesta di spessore storico c a tutti i livelli. Io non saprei rispondere sulla questione del piano istituzionale, se deve essere lo Stato o le Regioni, certo quello che fino ad ora abbiamo avuto non proprio il massimo, e posso dire che lo Stato ha in mano lUniversit, non so per quanto, e questUniversit non certa-

167

mente oggi la fucina, mi scuso con i colleghi di Siena che sono invece una delle punte, ma lUniversit media italiana che si occupa di archeologia, e che se ne occupa in funzione della cultura del conservatore, quindi con riferimento per esempio alla conservazione su aree specifiche di territorio, un mondo molto chiuso. C qui Tiziano Mannoni, ricorder che al corso dei Beni Culturali, istituito allUniversit di Genova, non si riusciti in sei anni ad avere una convenzione con le Sovrintendenze, sei anni di attivit senza nessun rapporto istituzionale, quindi impossibile, quella strada ormai chiusa, finita. Forse Guzzo pensa a delle grandi scuole, alla Francese, ma questo un progetto napoleonico, molto bello, ma non so, potrebbe essere unidea, pu darsi che lo faccia lo Stato. (Guzzo) Vedi, non mio mestiere dire come si deve fare, porre problemi. (Moreno)..ecco, il problema c, direi che sarebbe interessante vedere se si potesse entrare nei contenuti, non qui ovviamente; mi pare per che la giornata di oggi abbia messo parecchio. Adesso per arrivare ai contenuti, io vorrei ricordare almeno due cose, anche lintervento di Brogiolo me lo ha suggerito, non continuerei a praticare questa distinzione tra storiografia, cultura storica e metodo, tecnologia nello scavo. Io ho cercato di dirlo, non c. chiaro che uno pu utilizzare metodi quantitativi informatici, ma il problema quello di un approccio analitico, cio se oggi un problema di approccio analitico sia pi conveniente quando si affrontano problemi di gestione dei Beni Culturali, e soprattutto, questo era il caso che malamente, dato il tempo e la quantit di cose che oggi volevo raccontarvi, sono riuscito a dirvi, se questo approccio analitico storico non ampli, con danno probabilmente dei curatori, il concetto del bene che si vuole conservare. In altri termini, possibile con un semplice tratto di penna, annettere al Patrimonio Archeologico tutto il Patrimonio Forestale italiano, tutto. chiaro che questa una battuta, il problema di natura culturale. Vogliamo consegnare, per esempio il Patrimonio Forestale delle regioni italiane a una gestione di tipo naturalistico, di tipo puramente economicistico ? Non possibile introdurre una gestione che sia compatibile con la loro natura di boschi postculturali, che hanno una quantit enorme dinformazione archeologica e storica? Certo complica le cose, ma, in certe situazioni, auspicabile un patrimonio archeologico che comprenda le coperture vegetali, gli assetti, chiamiamoli ancora una volta dei paesaggi agrari, ma che sia gestibile. Noi abbiamo fatto uno studio allinterno di unarea parco, la quale area parco, per quegli spazi che noi stavamo indagando, non aveva nessun

altro piano se non quello dellabbandono. Cio, si pensato, e questa la filosofia che ha anche ispirato i Piani Territoriali di Coordinamento Paesistico che abbiamo adottato in Liguria, che questo patrimonio lasciato a se stesso raggiungesse un livello di naturalit. Questo assioma sbagliato, quel patrimonio non in origine naturale e non torna ad uno stato di naturalit, si conserva in una stato postculturale con tutti i problemi di gestione ambientale che abbiamo. necessario mantenere, dove possibile, attivit produttive allinterno di questo sistema, qui lintervento quello di un parco, di un gruppo di comuni, di una comunit montana, in situazione di dettaglio, riuscire a mantenere piccole produzioni locali per il fatto che la piccola produzione locale si valorizza collegandosi alla storia di una risorsa, al suo contesto, vicino o allinterno di un sito, di unarea, di un complesso dinteresse storicoambientale, di un sito archeologico. Bene, questo un modo di immaginare delle valorizzazioni nuove del patrimonio, un patrimonio che suscettibile di essere usato e di essere valorizzato. Mi sembra che questa in fondo non una grande novit, almeno in piccoli casi potremmo sperimentarla. Forse non ce la faremo al livello della legislazione nazionale, dove si fanno abbastanza pasticci anche su queste cose delle produzioni locali, ma penso che le Regioni, nella loro autonomia potrebbero tentare degli esperimenti per uscire un po da questo schema per cui i siti archeologici si riconoscono, sono riconoscibili, sono storici ed il resto natura. Su questo siamo tutti daccordo che non funziona, mi sembra che (era la conclusione non fatta del mio primo intervento) se si riuscisse ad aprire allanalisi storico-archeologica il resto di questo patrimonio, per chi deve gestirlo si aprono non nuovi vincoli, ma nuove possibilit, perch il vincolo peggiore lasciarlo cos com,cio lasciarlo alla naturalizzazione. Siamo poi noi Stato a ripagare le conseguenze di questi abbandoni, ovvio che qui mi riferisco ad incendi, cio a tutte le situazioni di squilibrio ambientale derivate dal fatto che si considera nelle nostre pianificazioni un ambiente in equilibrio o un ambiente rinaturalizzato, una situazione post culturale. Lultima diapositiva che non sono riuscito a far vedere era quel bosco che, pur abbandonato ormai da quaranta o cinquantanni, si schianta sotto la galaverna e si erode molto di pi di quandera utilizzato. Peggio ancora ovviamente che un edificio lasciato l, un bosco che stato pensato, progettato come sorgente di combustibile, brucia. La met dei boschi liguri stata piantata negli ultimi cento ventanni con resinose, con un progetto che era quello di farne un combustibile; il progetto caduto, i boschi sono l e la fabbrica continua a produrre combustibile; chi si stupisce se poi brucia? Questi sono meccanismi che devono essere corretti con una visione completamente diversa della risorsa, che non pu che essere che una visione storica.

168

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

(Zavaglia) Grazie, darei la parola al Dott. Petraroia Dott. PIETRO PETRAROIA Tra il luglio 1979 e il maggio 1980, mi capit di lavorare insieme a due colleghi, Pio Baldi e Giancarlo Mainini, a un documento la cui stesura fu piuttosto impegnativa, un documento della sede nazionale di Italia Nostra che nasceva attorno allimpegno preso nel 77 dal legislatore di dotare il nostro Paese di una legge di tutela entro il dicembre 79. Sappiamo bene che la nuova legge di tutela non fu pi scritta, anche se, oggettivamente, alcuni passaggi legislativi recentemente sviluppatisi attorno al cosiddetto pacchetto di norme Bassanini, che ridefinisce il rapporto tra lo Stato e le Amministrazioni Territoriali e Tocali, ha indubbiamente fatto sentire pi pesantemente e pi esplicitamente lassenza di questo nuovo strumento. Questassenza, daltra parte, deriva direttamente dal dibattito verificatosi nella Costituente e poi anche nella commissione del 70,per la definizione sia dellart. 9 della Costituzione,sia dellart. poi divenuto 117, che definisce le competenze delle Regioni in alcune materie inerenti il Patrimonio e i Servizi Culturali e il Territorio. In realt, quando Guzzo dice Io pongo il problema ma non ho la soluzione in mano.., il problema cio di una ricomposizione, se non capisco male, in fin dei conti della tutela puntuale dei Beni Culturali per un verso, con la pianificazione Urbanistica dallaltro, e quando si pone anche pi a fondo il problema della consistenza della professionalit di coloro che a qualsiasi livello istituzionale, amministrativo, siano chiamati a gestire la complessit del rapporto tra tutela dei Beni Culturali e Pianificazione Urbanistica, quando Guzzo appunto dice: Io non ho la soluzione in mano, il problema non che non ce lha lui, il problema che noi abbiamo in mano una carta costituzionale che questo problema ha eluso; non era, evidentemente, ritenuto un problema cos pesante da condizionare un ritardo nelladozione della Carta Costituzionale, pertanto stato lasciato sostanzialmente irrisolto con una soluzione apparentemente di compromesso, quella che fa riferimento alla Repubblica come responsabile della tutela del patrimonio storico-artistico del Paesaggio, che l significa in qualche modo Territorio, ma in qualche modo soltanto, e poi in realt con una giurisprudenza che di fatto ha ricondotto comunque in capo allo Stato la competenza nella materia della tutela in tutte le sue reali espressioni. Anche se il D.P.R. del 72 aveva passato effettivamente alle Regioni le competenze in materia di Pianificazione Urbanistica e di Tutela Ambientale, quindi la gestione della legge 1497 del 39. Insomma noi non abbiamo in questo momento

n uno strumento costituzionale, n delle leggi nazionali che abbiano definito un obbiettivo generale assunto dal legislatore ai suoi livelli pi alti, in rapporto al quale le azioni possano svilupparsi in termini coerenti, sia per armonizzare la tutela del singolo bene culturale con la tutela del suo complesso e poi pi in generale la tutela con la Pianificazione Urbanistica sviluppando gli elementi di valorizzazione dello Spessore Storico appunto nellUrbanistica. Non abbiamo neanche delle leggi ordinamentali, cio di contenuto, adeguate ad affrontare questo problema, e nei cosiddetti pacchetti Bassanini, cio in tutto il processo di revisione del rapporto tra Stato, Regioni, Enti Locali, nella gestione di questa complessa materia, non possiamo pensare di trovare una soluzione, perch la soluzione va data poi sui contenuti, sugli obbiettivi finali della tutela, non pu essere data soltanto nel momento delle articolazioni delle competenze. Quindi, da questo punto di vista, io mi trovo, in linea di principio, daccordo con Guzzo, quando dice: in fin dei conti non minteressa, in termini prioritari, quale sia il livello istituzionale che assicura la ricomposizione della tutela dei beni culturali con la pianificazione urbanistica, di fatto, per, poi, questo problema rimane, e, secondo me, rimane e rimarr anche dopo la conferenza nazionale. Intervento del Dott. PIER GIORGIO PANZERI Dirigente del Servizio Tutela Ambientale e Par chi della Regione Lombardia Porto il saluto del Direttore Generale della Tutela Ambientale, quale dirigente di una struttura organizzativa particolarmente interessata al tema di questo convegno. Purtroppo vi deluder, perch non ho la preparazione specifica e tecnica di chi mi ha preceduto, quindi dar la mia testimonianza sulla base del lavoro, in concreto, che faccio. La Regione Lombardia ha un sistema di aree protette molto importante. Il 20% del suo territorio vincolato a parco ed a riserva naturale, senza contare larea del parco nazionale dello Stelvio. Gli enti gestori dei parchi, nati negli ultimi ventanni, hanno dovuto predisporre e preparare gli strumenti urbanistici di tutela, con un sistema di vincoli e di indicazione di zonizzazione diretta a favorire la vocazione di ogni area interessata. Per passare alla gestione di questi vincoli, necessaria lapprovazione dei piani territoriali di coordinamento, che sono gli strumenti urbanistici per far funzionare i parchi, per la tutela del loro valore paesaggistico, delle loro presenze naturali, delle presenze storiche e architettoniche. Quindi ritengo che ci sia una stretta relazione tra questo lavoro di formazione dei piani territoriali di coordinamento, e quindi la pianificazione territoriale, con

169

levoluzione storica e culturale del territorio. I piani dei parchi, infatti, hanno effetto di piano paesistico e quindi rispecchiano, in questo processo di pianificazione, la realt caratterizzata dallevoluzione storica del paesaggio nei suoi aspetti di evoluzione naturale e di cambiamento direttamente legato allattivit antropica. Ci sono parchi molto urbanizzati che hanno subito, soprattutto negli anni 50 e 60, una selvaggia urbanizzazione e quindi, i piani territoriali di coordinamento, devono salvaguardare gli aspetti naturalistici ancora importanti, con una ricostruzione e recupero fin dove possibile delle zone degradate. Abbiamo due tipi di aree naturali; le riserve naturali, con superfici minori, dove il processo di pianificazione soprattutto rivolto alla tutela delle presenze naturali, della fauna, della flora; i parchi dove indispensabile che lindividuazione delle linee evolutive del territorio prendano in considerazione, congiuntamente, gli aspetti naturalistici e gli elementi legati alla interrelazione uomoambiente e quindi: organizzazione urbanistica, attivit antropiche agricole e produttive, culturali e sociali. Per dare agli amministratori dei parchi anche una guida per poter costruire piani territoriali di coordinamento che tengano conto di queste presenze, abbiamo adottato una linea guida, con lo strumento della delibera che vincolante nelle sue linee fondamentali. In questa delibera, praticamente, si dice che il paesaggio italiano ha una caratteristica prevalentemente storico-culturale; la legge 1497 e anche la pi recente 431 del 91 che istituisce i parchi naturali basata, appunto, sul rapporto tra uomo e ambiente, tra cultura e natura. Si ritiene che lanalisi paesaggistica da condurre in tutto il territorio del parco, per una lettura attenta delle preesistenze, debba essere imperniata sullo studio delle diverse stratificazioni culturali, dei diversi modi di trasformazione e dintervento delle culture che sul territorio si sono, poi, succedute. Quindi noi mettiamo a disposizione dei gestori dei parchi, anche somme significative e rilevanti per gli studi preliminari, in modo tale che lo strumento urbanistico, poi, debba tener conto, quasi obbligatoriamente, di questi studi preliminari nelle sue determinazioni, quindi nello stabilire levoluzione, gli interventi e le tutele. La prima fonte di questi studi, i primi documenti che si devono raccogliere per questo tipo di analisi unattenta valutazione del territorio. E necessario che ci sia un contatto molto pi preciso tra gli amministratori dei parchi, gli urbanisti incaricati della redazione del Piano Territoriale e i responsabili degli studi preliminari, perch siano consapevoli dellimportanza di queste analisi che devono prendere in esame i segni, le memorie territoriali dovute alla presenza delluomo che in esso ha abitato, che ha tracciato strade, che ha fatto

sentieri, che ha fatto canali. Pensate alla Lombardia, limportanza e la delicatezza del suo sistema di utilizzo delle acque, progettato nel medioevo e realizzato man mano nei secoli, che va dal sistema dei navigli, alla regimazione dei grandi laghi prealpini che consentono anche in periodi di siccit di garantire lacqua per lirrigazione dei campi, per gli usi civili e per la produzione di energia elettrica. Lottimizzazione dellacqua ha consentito grandi opere di bonifica dei suoli paludosi, trasformati in aree produzione agricola intensiva. E chiaro che tutto questo lavorio che ha fatto luomo negli anni e nei secoli, lha fatto per vivere sul territorio, per sfruttare le sue risorse in agricoltura, costruendo edifici industriali, producendo ricchezza, attraverso lutilizzo e la manipolazione delle riserve del territorio. Ecco, questi segni, a volte, sono evidenti e facilmente individuabili con unattenta lettura, a volte, invece, sono sovrapposti o parzialmente cancellati. Quindi possibile una lettura solo confrontando quanto rimasto con documenti e cartografie darchivio, guide e dizionari corografici, pubblicazioni di storici locali, monografie di vario argomento, reperti conservati nei musei, toponimi e memorie delle popolazione. Dovr essere, questa, una lettura del territorio tesa a comprendere di ogni elemento il significato della collocazione, la funzione e il valore in un rapporto ad altri elementi. Per semplificare, indico territori che ho avuto modo di conoscere direttamente. Accenno, per esempio, al medio corso dellAdda, da Lecco fino a Rivolta, dove ci sono delle presenze di archeologia industriale e dove, effettivamente, la mano delluomo ha operato conservando e tenendo in considerazione la natura. Quando si viaggia attorno a questi luoghi, facile evocare la figura di Leonardo, sia perch stata sua la prima intuizione di superare attraverso un canale le rapide dellAdda e sia perch l, con un occhio attento, si possono vedere, soprattutto in questa stagione, i paesaggi che poi hanno fatto da sfondo ad alcuni suoi quadri. Ecco, per leggere queste cose, necessario formare una coscienza ed una cultura tra gli amministratori e tra chi poi progetta i piani territoriali di coordinamento. Quindi, io penso che, allinterno dei piani territoriali di coordinamento, ci possano essere delle zone con una maggior tutela e c spazio, in molti parchi della regione Lombardia, per dei parchi archeologici. Cito lesempio del parco del monte Barro, dove ultimamente stato individuato, allinterno del perimetro della legge istitutiva, il parco naturale che comprende anche un sito archeologico risalente al Medioevo di eccezionale importanza. Quindi vuol dire che sar di estrema tutela questo territorio, sotto ogni aspetto, non solo per questa presenza archeologica, ma anche perch ci sono delle presenze naturali importanti. Anche nel territorio del parco dellAdda Nord vi

170

LO SPESSORE STORICO IN URBANISTICA

un altro esempio, anche se di data pi recente, che merita una tutela particolare. Infatti il Villaggio di Crespi dAdda, pur non avendo un valore archeologico, individua unepoca industriale importante, da cui derivata anche un originale progetto urbanistico. Infine, sempre lungo lAdda, nel territorio del Comune di Cornate dAdda stata scoperta recentemente una villa rustica romana, su unestensione di 20.000 mq. Il ritrovamento stato possibile perch si proceduto con metodo nella ricerca, partendo da unanalisi di superficie e successivamente un volo aereo ha confermato lesistenza di un possibile giacimento archeologico; sono state poi raccolte delle testimonianze orali e indagini a scacchiera. Finalmente, (nel marzoaprile 1999), dopo aver scavato circa 1000 mq sono state trovate delle tombe, un pozzo quadrato costruito con mattoni a spina di pesce e una trama molto elegante dove si individua che effettivamente la ricerca ha avuto esiti importanti. E stato possibile questo intervento per un finanziamento avuto direttamente dallamministrazione del Parco dellAdda Nord e quindi per unattenzione che stata portata avanti da parte dei tecnici, da parte dei ricercatori e degli amministratori. Cos

per la Rocchetta di Porto dAdda, dove scavi e ricerche hanno dimostrato che la chiesetta esistente stata ricostruita sui ruderi di un antico fortilizio, di et longobarda, denominata Torre Rauca e citato in un documento dellanno 1000. Questi esempi dimostrano come allinterno dei parchi deve nascere anche questa sensibilit e i piani territoriali dei parchi essere visti, valutati, costruiti con unattenta considerazione dello spessore storico che c in ogni territorio, con studi preliminari molto attenti e, una volta costruito il piano territoriale di coordinamento, la gestione del piano, la gestione dei vincoli, la continuit che ci deve essere, in modo tale che i parchi non vivano solo per i vincoli che sono stati posti per la conservazione del territorio, ma tengano in considerazione queste presenze importanti, le facciano vivere e le facciano soprattutto conoscere alla generalit dei cittadini. Questo lindirizzo che ho dato al mio ufficio e per realizzare questi obiettivi sono necessari, da una parte, molti finanziamenti, ma al di l dei finanziamenti, necessaria una matura consapevolezza delle ricchezze che ci sono nel territorio, come salvaguardarle, tutelarle e farle conoscere.

Potrebbero piacerti anche