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Enrico Bianda

M dolce questo narrar


Paolo Rumiz e il nuovo feuilleton giornalistico

Webgol Edizioni

Enrico Bianda

M dolce questo narrar


Paolo Rumiz e il nuovo feuilleton giornalistico

Webgol Edizioni 2011

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Non immagino che stia per iniziare un lungo viaggio: non solo nella guerra, ma anche nella mia identit di europeo. (Paolo Rumiz, Maschere per un massacro) I nomi vanno chiamati nella loro lingua. (Paolo Rumiz, La leggenda dei monti viaggianti) Con velocit sintendono i cambiamenti di ritmo del racconto, un po come i tempi di una sonata o di una sinfonia: il paragone regge solo in parte: nel romanzo ci sono accelerazioni e rallentamenti che non sono caratterizzati da misure fisse. I cambiamenti di velocit sono molto fluidi, a volte quasi inavvertibili come del resto dentro a un tempo musicale -, a volte invece marcatissimi. (Praloran M., Il tempo del romanzo)

Sommario
Prefazione La Cotogna Picaresca N Reportage N Inchiesta Il Processo Produttivo La Dimensione Narrativa Testimonianza e Fabulazione Il Valore Epico del Viaggio Identit Culturali In Forma di Conclusione e di Confessione Note al Testo 7 9 13 16 19 23 26 33 38 43

Prefazione

di Antonio Sofi Per Rumiz, io ed Enrico nutriamo da sempre una sorta di laica venerazione. Evito per pietosa gentilezza di raccontare un aneddoto che vede Enrico come protagonista, e che spiegherebbe, pi di mille parole, il sacro rispetto per il narratore mittleuropeo. Quando andammo in Croazia, a Vukovar, la citt che guarda il fiume, e poi in Bosnia, tanto tempo fa, viaggiavamo con i suoi libri in saccoccia. Cercando, ogni tanto, a naso, i posti che aveva raccontato (uno lo abbiamo trovato lHotel Danubio - e daltronde se vai a Vukovar ci sono poche altre possibilit), e, nella ricerca, trovandone talora di migliori. Spesso, per scherzare, ci inventavamo improbabili viaggi rumizziani: In monopattino da Rignano a Vilnius. In sidecar da Lugano a Sofia. In deltaplano sui monti berberi. A dorso di mulo dallAspromonte al Cervino. Saltellando su una gamba da Campobasso a Lione. Perch per Rumiz il racconto non sta nei luoghi che visita, ma nel viaggio. Il viaggio il punto di vista, la focale che mette in fila narrativa dove si con dove si stati prima e dove si pensa

si sar domani. Un passo dopo laltro come un filo dArianna che collega il passato, i ricordi con il futuro, i desideri. E allora non tanto il luogo in s ma il modo con il quale si arriva, le strade che si percorrono, i panorami che si vedono intorno, il tempo che si trova, i compagni di viaggio, gli incontri casuali, ci che si mangia, o quanto s dormito il giorno prima. Il viaggio, il viaggio: ormai quasi espunto dallesperienza comune del turista moderno, proiettato come una pallottola aerea da un punto allaltro del globo nel tempo che ci vuole, di solito, per andare e tornare da lavoro in una metropoli trafficata (ma Enrico potrebbe dire assai di pi sullargomento). Il viaggio, in s, il protagonista: il percorso un canovaccio spesso da improvvisare con serendipit, e larrivo un pretesto, mai un traguardo. Sui viaggi di Rumiz abbiamo scritto molto, negli anni, su webgol.it. Sui viaggi pubblicati su Repubblica in questi anni (e sui relativi testi) Enrico Bianda ha dedicato parte del suo saggio sul giornalismo al giornalismo - mostruoso, improbabile, saporoso - di Paolo Rumiz, ed un onore per me pubblicarlo in questo testo. Buona lettura. Antonio Sofi Firenze, 12 agosto 2004, Roma, 16 marzo 2011

Introduzione La Cotogna Picaresca


Se racconti una storia, hai qualcuno a cui la racconti. Se racconti a qualcuno, hai una storia da raccontare. Io che racconto, qualcuno che mi ascolta, e qualcosa di cui parlare, in forma di racconto. La storia delluomo fatta di questo tipo di relazione, e ci che ci distingue dagli animali la nostra capacit di dare una forma narrativa alla comunicazione. Il nostro modo di organizzare il pensiero in forma narrativa. Jerome Bruner lo ha chiamato pensiero narrativo, ed la capacit di mettere in relazione fatti in un quadro di riferimento ragionato e attraente, del quale, in un modo o nellaltro, non possiamo fare a meno. Raccontare dunque, in modo molto sbrigativo, pu essere assimilato a una funzione primordiale, fisiologica: a un bisogno fondamentale per la sopravvivenza. Anche soli al mondo, tradurremmo la realt in un pensiero narrativo interiore: ricostruiremmo il mondo che ci circonda, ipotizzando un interlocutore. Nel 1831 Balzac scrive un racconto, quasi una novella morale, interpretata da alcuni anche come un dispositivo narrativo. La

trama semplice. Un giovane ambizioso spinto al suicidio dalla miseria, dal gioco dazzardo e da una passione infelice. Dopo aver speso i suoi ultimi denari alla roulette si ritrova in una bottega dantiquario. Il negoziante gli offre in dono un antico talismano, una pelle di zigrino, che ha la capacit di esaudire ogni suo desiderio. La pelle per ha un potere: si restringe ogni volta che viene esaudito un desiderio, accorciando lesistenza del giovane. Dopo un primo momento di esaltazione, Raphael, il protagonista, si rende conto del potere distruttivo del talismano e delle sue nefaste conseguenze. La novella mette in scena lalternativa che gli uomini hanno sempre e comunque di fronte: una vita lunga ma tetra o una vita intensa ma breve. Questo racconto di Balzac una metafora del meccanismo compulsivo e fisiologico del narrare. Ossia che, malgrado tutto, saremo sempre portati a stabilire, con altri da noi, una relazione a carattere narrativo, un legame basato su di una narrazione. Costi quel che costi, ci dice Balzac. Tra le tante interpretazioni della novella non manca quella freudiana. Se lamuleto di Raphael la pelle di zigrino si restringe ad ogni desiderio soddisfatto, Freud lo assimila al pene post-coitale, che si restringe dopo il necessario in-

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turgidimento. Soddisfatto il bisogno riproduttivo, concluso latto sessuale, il membro maschile si ritira. Il bisogno stato calmato, il sesso una necessit fisiologica, cos come il narrare, sembra suggerirci Freud. Narrare e riprodursi: due bisogni primari delluomo. Con conseguenze che turbano lequilibrio dellindividuo. Lho presa da lontano. Che centrano Rumiz e Freud? Balzac e il reportage? La pelle di zigrino nella sua interpretazione freudiana mi permette di introdurre al meglio questo ebook dedicato al giornalista e scrittore triestino. E di farlo partendo dallultimo capitolo della sua opera: La cotogna di Istanbul, pubblicato a fine estate 2010 per Feltrinelli. Si tratta di una ballata, lo scrive lo stesso Rumiz nel sottotitolo: Ballata per tre uomini e una donna. una storia di invenzione, calata nelle atmosfere che abbiamo imparato ad amare anche grazie ai suoi viaggi e ai reportage che in questi anni ha pubblicato a puntate, dagosto, su La Repubblica. Ma ci che mi ha profondamente colpito da una parte la portata epica del racconto e i profumi che Rumiz lascia dietro (e dentro) la lettura, dallaltra la forma che Rumiz ha scelto di dare a questa sua prima prova narrativa. La ballata, il romanzo canzone, che ha come inevitabili riferimenti il romanzo picaresco, la canzone provenzale di gesta cavalle-

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resche. un cerchio ideale che si chiude, aperto diversi anni fa, con le corrispondenze di guerra da quelle stesse terre che la cotogna racconta: lOriente di cui Rumiz innamorato. Allora iniziava un viaggio giornalistico e narrativo che ha sempre avuto un cuore (e una volont) di condivisione: storie dOriente, di sangue, di vita, di religione, di guerre, di passioni e di tradimenti. A ideale conclusione di questo lungo peregrinar cantando gesta, durato trentanni, sulle orme di quel giornalismo che possiamo ricondurre alla tradizione del feuilleton, del romanzo dappendice (ovvero serialit, larga diffusione, attrattiva, esotismo, forte tipizzazione e popolarit), Paolo Rumiz arriva a un romanzo in versi: una canzone popolare da mormorare mentre si legge, pagina dopo pagina. Si presta ad essere narrazione ideale al formarsi di unidentit riconoscibile. Una ballata appunto, una canzone di gesta. E pagina dopo pagina, noi, pi modestamente, proviamo a raccontare il racconto di Rumiz, leggendo in controluce la pelle cotognesca dei suoi reportage di zigrino. Enrico Bianda Rignano sullArno, febbraio 2011

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N Reportage N Inchiesta
ormai un classico a tutti gli effetti, celebrato e dibattuto. Il viaggio di Rumiz parte con i primi giorni di agosto e accompagna i lettori lungo le quattro settimane di agosto: un diario di viaggio che cela, solo allapparenza, quegli elementi che ne fanno un unicum del giornalismo italiano, quasi un genere a s. Scrivere qualcosa di originale sul lavoro del giornalista e narratore Rumiz non facile. Anche classificare un genere un esercizio abbastanza sterile: ogni genere destinato in breve a essere superato, perch mutano le aspettative, gli stili, le esigenze, le tecnologie e gli umori. Immaginare di poter fondare un genere e alimentarlo nel tempo solitamente una operazione destinata a fallire. Lo stesso Rumiz ha dovuto fare i conti con pi interrogativi che risposte sul proprio lavoro, fino a spingersi un giorno a domandarsi se fosse davvero il caso di proseguire, di andare avanti con il viaggio. Se, in fondo, fosse chiaro ci che cercava, per lui e per gli altri1. Individualismo messo a confronto con laltro, con gli altri: in una triangolazione speculare che tiene sempre conto di s, di chi legge e di chi si incontra, soprattutto. Perch i viaggi del giornalista triestino sono spesso linvito allin-

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contro con laltro da noi. Cos accadeva con La Gerusalemme perduta2 - forse il viaggio pi riuscito, epico, trafitto da una tensione etica rara - che porta Rumiz dal santuario di Bose fino a Gerusalemme, riconfigurando prospetticamente lidea stessa di Mediterraneo. Un viaggio ispirato dal bisogno di offrire in primo luogo a se stesso, certo unopportunit di confronto con le radici spirituali del cristianesimo, spingendosi sempre pi profondamente verso Oriente e verso forme di cristianit eversive e dimenticate. Un viaggio di parola e di incontro con le persone, emotivo e avventuroso, chiuso in una cornice sapientemente colta e documentata, che ha svolto quella funzione didattica necessaria al giornalismo. Coinvolgimento e distacco, come ha scritto Norbert Elias nel suo celebre saggio3 - approccio necessario al lavoro giornalistico che in molti continuano a chiamare, con un termine probabilmente superato, etica professionale. Rumiz nei suoi viaggi dimostra di saper entrare nelle viscere del corpo culturale che racconta: lo fa in prima persona prolungando per questa esigenza su un bisogno collettivo pi o meno nascosto, difficile da intercettare.

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Se seguiamo gli itinerari dei viaggi emergono con evidenza le scelte tematiche, in equilibrio tra le coordinate di spazio e tempo che di fatto rappresentano gli elementi naturali della scrittura e della narrazione. Spazio e tempo, nel trattamento cui li sottopone Rumiz, producono un allontanamento dalle logiche produttive tradizionali dellagenda setting. Non per questo, per, gli scritti dei vari viaggi che dal 2001 a oggi hanno caratterizzato la produzione di questo giornalista esulano dai meccanismi che contribuiscono a creare opinione allinterno della sfera pubblica. Rumiz arriva al cuore del dibattito pubblico, coglie umori e tensioni del nostro tempo e li dilata lungo tutto il viaggio, costruendo insieme ai lettori una consapevolezza del tema che, puntata dopo puntata, prende vita e complessit nella mente del viaggiatore4 e nel pubblico. Nonostante ci appare evidente come questo tipo di lavoro non si possa considerare solamente un reportage n uninchiesta.

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Il Processo Produttivo
Il lavoro di Rumiz n reportage n inchiesta innanzitutto per il processo produttivo che prelude alla pubblicazione quotidiana delle puntate. A quanto racconta lo stesso giornalista, il lavoro di preparazione del viaggio inizia intorno ai primi mesi dellanno, con lo sviluppo di unidea che far da filo conduttore dellintera avventura: una storia antica o moderna da ripercorrere idealmente attraverso un viaggio di formazione. il momento della ricerca e del consolidamento dellipotesi di partenza, affinch il viaggio possa assumere una coerenza di fondo che in apparenza potrebbe non avere. questa ricerca della coerenza interna al racconto complessivo che dona al lavoro di Rumiz un respiro inusuale - che ne fa un oggetto giornalistico ibrido, sospeso tra la cronaca fantastica e il saggio antropologico. La preparazione del viaggio implica anche la costruzione di un rigoroso percorso di letture che inquadrino loggetto del lavoro dal punto di vista teorico: andare alla ricerca della Gerusalemme perduta5 significa soffermarsi sui tratti distintivi delle culture che si incontrano e significa anche operare in un campo minato come quello del cristianesimo dOriente, animato da sette e credi che conver-

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gono sulla teoria restando per di fatto distanti nella pratica. Allora il viaggio diviene unesperienza di formazione attraverso i testi di riferimento, dai classici del pensiero cristiano ai mistici medioevali. Ogni luogo porta poi con s il proprio presente: conflitti e tensioni entrano prepotentemente nel racconto. Il lavoro di Rumiz un reportage dattualit (come accade con il reportage sulle tracce di Garibaldi dellestate 2010), che poggia per su salde fondamenta storiche e culturali. Il viaggio vero e proprio avviene solitamente tra la fine del mese di maggio e linizio del mese di luglio. Pu avvenire in diverse tappe, non necessariamente in ununica mandata: sar poi nel racconto che il viaggio si ricostruir nello spazio e soprattutto nel tempo come un divenire. Il viaggio fisico avviene secondo modalit che prevedono un tempo di decantazione tra linizio della pubblicazione e la fine degli spostamenti. In questa fase il giornalista riorganizza le idee, raccoglie gli appunti e le impressioni, e ripercorre idealmente il viaggio su una mappa personale che visualizza tutti gli incontri avvenuti lungo le tappe. In questa fase prende corpo il racconto. Tutto accade lontano dai fatti che affollano il giornale, lontano dallagenda degli eventi notiziabili. Le tappe del viaggio dettano una agenda alternativa, riflessiva, in controtempo con le esigenze del newsmaking.

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In Rumiz convivono dunque alcuni elementi: a) la dimensione narrativa dellapproccio al lavoro giornalistico; b) il valore epico del viaggio intrapreso, da raccontare attraverso lo sviluppo di unetica/epica toponimica; c) lattenzione allo slittamento delle identit culturali.

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La Dimensione Narrativa

Quando dissero al serbo Gojko Petrovi un pezzo duomo di settantanni, ex partigiano di calarsi i pantaloni davanti ai mercenari di Arkan, vidi dipingersi sul suo volto unespressione di disarmato stupore. Quel giorno era il 10 aprile del 1992 le Tigri venute da Belgrado avevano occupato la cittadina bosniaca di Zvornik, sul fiume Drina, appena oltre la frontiera serba.6

Sono passati quattordici anni da queste parole. Nascono in Rumiz nel corso delle corrispondenze dalle guerre nella ex Yugoslavia, quando il giornalista era inviato per il quotidiano triestino Il Piccolo. Nelle poche righe che aprono la raccolta di corrispondenze si ritrovano alcuni elementi tipici della scrittura di Rumiz: il dettaglio dellevento, i nomi e i luoghi. Rumiz parte dal nome, dallo sguardo, si cala subito nel racconto, in un incipit senza preamboli. Subito levento, le coordinate geografiche e i nomi, ostentati quasi, dei luoghi e delle persone. Ma non flagranza di mestiere, al contrario: necessit narrativa vissuta in prima persona. Le coordinate spazio-temporali servono per agganciare il racconto alla realt. Solo dopo la dimensione solida del racconto temporale perde per un momento la sua direzione, e inizia a muoversi

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nel tempo avanti e indietro offrendo il contorno - la cornice che d il senso agli eventi. Nel raccontare Rumiz organizza i contenuti collocandoli allinterno di una prospettiva diacronica necessaria affinch la narrazione assuma i caratteri del racconto etico. Che non deve solo offrire una ricostruzione della realt, ma deve anche essere racconto formativo capace di trasformarsi in parabola e preludere ad altre puntate, come in un romanzo dappendice, in un moderno feuilleton. probabile che vi sia, nel giornalista, la consapevolezza della necessit di muoversi lungo il crinale che separa il racconto dal reportage, linchiesta dal documentario, la fiaba dalla parabola. La scrittura in questo caso il frutto di un equilibrio molto instabile, che trova una sua forma nellautobiografia. Solo attraverso il racconto in prima persona e la proiezione delle emozioni in un dentro ancor prima di un fuori, il giornalista triestino riesce a stabilire un rapporto di fiducia con il lettore che dura negli anni e si mantiene lungo viaggi diversi di anno in anno. Locchio e la memoria dellinviato funzionano da certificato di garanzia: si mettono in mostra attraverso il racconto dellesperienza diretta, facendo leva su una dimensione narrativa coinvolgente.

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Ma cosa significa allora per Rumiz raccontare? A quali bisogni risponde? E quindi che tipo di relazione il lettore instaura con il giornalista? Sgombriamo il campo da un possibile equivoco: la dimensione narrativa non esclude la correttezza giornalistica. Non si tratta di inventare alcunch, ma di un abito con cui vestire la ricostruzione della realt. E infatti: perch Rumiz racconta i suoi viaggi in tappe, in una sorta di feuilleton rivisitato? Forse perch proprio nella durata, grazie al prolungamento della narrazione, si compie lallontanamento della finitudine della vita e del racconto in s: lesorcismo contro la limitatezza della realt. Rumiz compie in realt un doppio esorcismo: verso la finitudine o limitatezza della storia (grazie alla serialit prolungata del racconto) e verso la finitudine o limitatezza della vita (attraverso il semplice narrare). Continuare a raccontare, superando in fondo leffimero che un articolo di giornale, per s e per i lettori affezionati.7 Il racconto bisogno di farsi sentire, di essere accettati e capiti. Il piacere del pubblico sta meno nel correre alla conclusione che nellabitare nel mondo che il racconto ha aperto alla sua immaginazione8, scrive Jedlowsky; in uno dei suoi aspetti essenziali, ha a che fare con la dinamica di un riconoscimento che si gioca fra il narratore e il destinatario della narrazione. Una dinamica che rimanda alla relazione sociale che narrando si instaura, come spiega Ferroni: Ogni testo ha un

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orizzonte postumo che si riconosce nel suo voler fissare qualcosa per dopo, qualcosa che resta per lesperienza del pubblico e che conserva o prolunga lesperienza del narratore9. La narrazione dunque una relazione fra essere umani. Rumiz, da giornalista, si pone a cavallo dei due poli individuati da Jedlowsky per quello che attiene al raccontar storie. Da una parte infatti vi il narrare che apre dei mondi possibili, quello che in generale ci aspettiamo dallapprofondimento giornalistico: interpretazioni alternative della realt condivisa o, per usare un termine fortemente ideologizzato, dominante. Si tratta di un tipo di narrazione che tende alla sostituzione o allarricchimento della realt fattuale. Dallaltra troviamo la narrazione che tende a rendere conto di ci che accade per ci che di unico e stringente possiede, e a farne consapevoli i soggetti implicati. Si alternano in questo modo in Rumiz i due poli, quello della fabulazione e quello della testimonianza10.

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Testimonianza e Fabulazione

Fu subito oltre che sentii la Bestia. Si agitava nei miasmi di zolfo, nuotava nel buio al di l delle luci gialle e verdi annegate nellumidit, in mezzo a concrezioni rosse di ferro e manganese. Nelle argille sature di metano e acqua in pressione, le macchine di scavo procedevano verso di lei in assetto antideflagrante, con le componenti elettriche sigillate per evitare esplosioni. A bordo tutti tacevano, con la sensazione di trovarsi dentro un sommergibile dalle pareti di cristallo. Solo Sethael Larb, marocchino di Agadir, stava sulla massicciata, a cercare i gas residui con un rivelatore. Ero sotto la Linea Gotica, lo capii dallacqua di scolo che aveva cambiato direzione. Ora scendeva verso lEmilia. Il vento invece no, non ne voleva sapere, saliva in contropendenza. Era lalito marcio di qualcosa che si dileguava nelle gallerie, una gigantesca rana pescatrice che si infrattava nel fondale umido e instabile, carico di microrganismi, bitumi e oli minerali.11.

In questo estratto si coglie, credo bene, la dimensione ambivalente della scrittura di Rumiz, il suo muoversi costantemente tra testimonianza e fabulazione, senza per questo voler intendere che la fabulazione in lui sia invenzione. Si tratta per di uno stravolgimento del linguaggio giornalistico in favore di una lingua dotata di uninventiva epica, fitta di nomi e personaggi che vestono abiti mitici. I luoghi

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mantengono inalterata la natura del loro nome, pronunciato con cavalleresca attenzione: finch ci saranno i nomi, pensai, ci saranno i luoghi.12 La realt trasfigurata, eppure il rapporto fiduciario che lega il giornalista ai suoi lettori rimane inalterato, persiste, si mette in gioco e alla prova. La credibilit e lautorevolezza restano immutate perch si coglie la dimensione mitologica del racconto. Rumiz mette in forma la realt offrendone modelli interpretativi: un modello monolitico, kubrickiano direi, che si contrappone ad una realt frantumata, liquida. Questa tipologia di scrittura e trattamento giornalistico vuole proporre un modello di capacit interpretativa alla luce di una proposta alternativa (anche se non necessariamente contraria o antagonista). Una proposta che si faccia interprete di una politica del possibile in contrapposizione con quella, molto pi diffusa, del reale. Della ricerca di un luogo della condivisione e del confronto, della crescita e del dialogo consapevole. Rumiz, cos come altri giornalisti attivi oggi e riconducibili a stili e scuole diverse, va compreso in questa direzione, teso a cogliere la dimensione complessiva della trasformazione della nostra societ, nel racconto di un passato prossimo per lo pi ignorato.

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Nascono cos le serie dedicate ai viaggi, da Istanbul in bicicletta alla traversata delle Alpi, dai treni di seconda classe attraverso unItalia a scartamento ridotto agli Appennini viaggiando su una Topolino, per arrivare alle tre traversate nella storia e nelle tensioni delloggi, verso la battaglia di Lepanto o sulle tracce di Annibale e infine verso Gerusalemme. In questo senso va considerata e compresa la scelta del viaggio garibaldino di questa estate. Non solo come scelta indotta dalla ricorrenza delle celebrazioni per il 150esimo dellUnit dItalia. Camicie Rosse innegabilmente il viaggio antiretorico di questo anniversario: lo celebra portando addosso il segno visivo, facendone bandiera in prima persona, per altro contro anche le retorica dellobiettivit. Paolo Rumiz fa di questo anniversario un oggetto eversivo andando a scardinare parte della storiografia paludata, scavando, come sempre nelle storie degli uomini che molti non hanno raccontato o che sono state nascoste, con linedita versione del viaggiatore che incappa in oggetti incendiari: documenti, archivi, lettere e storie che mirano, mi pare, a ridare senso a unidea di unit nazionale mal gestita e ideologicamente mal costruita da tutte le componenti del sacrosanto arco costituzionale.

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Il Valore Epico del Viaggio


A lungo ci si interrogati sul valore della parola epica. In ugual misura ci ha tenuto in ostaggio il dubbio sul valore della nozione viaggio, termine abusato e difficilmente isolabile dal suo corollario romanticheggiante. Nel caso di Rumiz per difficile esimersi: a tutti gli effetti un viaggio e porta in s quegli elementi che ne hanno fatto un topos epico, letterario e culturale. Il viaggio come una scienza pi grande e grave, ci riporta a noi stessi scriveva Camus nel 196213. Che cosa rappresenta il muoversi lungo un itinerario annotando emozioni, incontri e paesaggi? Perch il viaggio mantiene inalterato il suo fascino agli occhi di un giornalista? In una societ in cui il viaggio si fortemente popolarizzato, in cui viaggiare sempre pi unattivit diffusa e riconducibile a una dimensione puramente ludica, che cosa attrae del lavoro di Rumiz? In fondo il racconto di viaggio nelle possibilit di chiunque come dimostrano i molti programmi televisivi dedicati ai viaggi in destinazioni pi o meno esotiche. Il racconto-esperienza del viaggio appartiene ormai a chiunque attraverso modalit sempre pi tecnologiche: novelli video-operatori alle prese con la documentazione del proprio viaggio, montaggi con software di facile accesso, e

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infine un pubblico potenzialmente infinito se raggiunto attraverso la rete di blog e social network. E allora che cosa attrae di un viaggiatore che racconta attraverso la forma arcaica della scrittura e della pubblicazione a puntate su un quotidiano? Perch quel viaggio estivo mantiene inalterata negli anni la sua attrattiva, paragonabile nel successo agli exploit della letteratura di viaggio a cavallo tra 800 e 900 con esperienze editoriali come la Domenica del Corriere? Lo snodo della riflessione va ricercato in primo luogo - lannotazione pi semplice - nella credibilit di cui gode il giornalista. E nel rapporto di fiducia tra giornalista e lettore. Nel giornalismo moderno non solo si sono modificate le prassi e le logiche produttive ma si sono trasformati i modelli di consumo e i bisogni dei consumatori di informazione. Questo tipo di trasformazione va a incidere soprattutto sul giornalismo di approfondimento. In prima battuta perch le opportunit offerte dalla trasformazione tecnologica hanno di fatto ampliato la gamma di formati sui quali lavorare. In seconda battuta ma si tratta di unevoluzione di grande importanza si trasformato e ampliato il modello evolutivo della notizia stessa, che si presta a una serie di approfondimenti correlati a disposizione dellutente. Si parla in questo caso di notizia a stella14, vale a dire la possibilit di incremen-

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tare lo sviluppo tematico di una singola notizia predisponendo una serie di aggregati che possono essere grazie alle tecnologie digitali e alla Rete di carattere crossmediale15. Ma allora di quale tipo di credibilit dobbiamo parlare in questo caso? E soprattutto: in quale misura questa credibilit viene determinata, in un contesto cos affollato come oggi il racconto/reportage di viaggio? Nel caso di Rumiz, e in generale dellapprofondimento giornalistico, si possono mettere a fuoco due diverse declinazioni di credibilit: responsabilit e reputazione. La responsabilit riguarda la consapevolezza dagire tenendo conto delle conseguenze prodotte dalla propria azione. Mentre la credibilit, proprio in quanto relazione su cui si basa la fiducia degli interlocutori, ha bisogno di prove, di verifiche, di conferme. La credibilit provata la reputazione. Lapprofondimento giornalistico deve fondarsi su queste due tipologie di credibilit. La reputazione fondamentale: lalimentarsi del rapporto di fiducia. La continuit, la durata nel tempo, la puntualit del ritorno caratterizzano i viaggi di Rumiz. Questo un primo elemento che ne fonda la reputazione. Vi poi un passato documentato dai molti reportage e dalla sistematicit della

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copertura dei temi e dei luoghi appartenenti a una dimensione geografica e territoriale precisa: lOriente europeo in tutte le sue articolazioni, e, a partire dalla fine degli anni 80, tutte le sue deflagrazioni etniche16. Rumiz diventer poi, per il quotidiano la Repubblica, linviato per le questioni legate al Nord Est dItalia e successivamente andr pi a Est, seguendo il Danubio attraverso i paesi oltre lex cortina di ferro, tornando spesso nei Balcani. Quello di Rumiz diventato un osservatorio privilegiato per capire che cosa si muovesse nel territorio, anche in termini di trasformazioni sociali e politiche. Un osservatorio privilegiato e accreditato perch non solo leggeva le trame irregolari di una terra in fermento (il Nord Est) ma perch lo faceva chiamando i posti con il loro nome: i posti vanno chiamati nella loro lingua. Unattestazione di fiducia e autenticit, ma anche di appartenenza. Un riconoscimento nei confronti di coloro che in quei luoghi vivono e che si riconoscono nelle parole usate, nei nomi dei luoghi. La fiducia e la credibilit si costruiscono attraverso luso di una lingua comune, nobilitando dialetti e parlate senza scadere nel regionalismo n tanto meno nel localismo estremo, che, anzi, Rumiz combatte fin dai tempi de La linea dei mirtilli17 o de La secessione leggera18. Nei successivi Oriente19 e Gerusalemme perduta20 si percepisce la volont di ritrovare radici comuni: radici cul-

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turali condivise nella differenza. Lattenzione per i nomi e per le lingue sono tessere di unepica toponimica che va delineandosi stagione per stagione, itinerario per itinerario. Quanto alla responsabilit, ricorrerei nuovamente ad alcune pagine particolarmente drammatiche scritte da Rumiz a proposito delle guerre nella ex-Jugoslavia a proposito dellincapacit di gestire il fattore Bosnia da parte dei media e della politica internazionali. Rumiz scrive che le parti in causa e i media sapevano che il luogo comune che liquidava la guerra come un prodotto del primitivismo, e non di sofisticate manipolazioni, rispondeva in pieno alla nostra volont di non occuparci direttamente di questa scocciatura e di tranquillizzare nello stesso tempo le nostre pubbliche opinioni.21 Siamo di fronte ad un cortocircuito interessante. Contro il giornalismo rassicurante, ma nel contempo alla prese con una lingua ibrida, fatta di commistione di accenti che si avvicinano al lettore: Rumiz consapevole del mandato cui chiamato, consapevole di operare nel quadro di un rapporto basato anche sulla responsabilit. Non da sottovalutare per unaltra funzione alla quale risponde il suo lavoro giornalistico e di altri come lui, come Marco Ansaldo22, per restare al quotidiano La Repubblica, o

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ancora Marco DEramo23: si tratta infatti di intercettare una precisa domanda di informazione, di approfondimento, di orientamento a fronte di una realt complessa. Una delle priorit del campo giornalistico oggi - una delle sue funzioni primarie e necessarie la riduzione della complessit. Ma non solo. In questi casi siamo di fronte a unoperazione pi complessa, legata allidea di approfondimento giornalistico, che si pu provare a definire come anticipazione dei temi dagenda: meccanismo che, svincolandosi dallagenda mediale generalista, televisiva e sempre pi globalizzata, affronta di petto quella sorta di inconscio collettivo24 che guarda alla realt con dubbi e incertezze. Il giornalismo di approfondimento, nella sua funzione ontologica, dovrebbe agire, usando una dicotomia gramsciana come giornalismo del possibile in aperto confronto con un giornalismo del reale. Deve operare in conflitto e non attraverso i luoghi comuni, o, come direbbe Bourdieu, il giornalismo deve operare non accettando il mondo come naturale, certo in s, e deve superare quella che Schtz chiama esperienza primaria del sociale25. Scorrendo le storie di Rumiz si coglie bene questa volont di fondo, che emerge gi dai reportage e le corrispondenze

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di guerra della met degli anni Novanta, durante i conflitti nellarea dei Balcani. Ne scrive con un obiettivo preciso: mettere in evidenza quanto non si sapesse di quelle regioni e quanto non si sapesse della complessit balcanica, necessaria per capire quanto stava per accadere o era gi accaduto: Vedi finalmente la luce, le cose si chiariscono. Dovresti tirare il fiato, e invece proprio questo il punto che entri in uno sconforto nuovo e ancor meno gestibile. Accade perch scopri subito, in casa tua, la difficolt di schiodare i luoghi comuni consolidati e di accreditare una verit alternativa. Chi ascolta, ti guarda come un malato che vede la balcanizzazione ovunque []26.

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Identit Culturali
Attenzione allo slittamento delle identit culturali. Questa espressione caratterizza uno degli aspetti del lavoro giornalistico di Rumiz, con due nozioni di grande interesse per comprendere la tenuta del giornalismo di approfondimento: attenzione e identit. Lattenzione un concetto molto presente nei lavori di Luhmann sulle opinioni pubbliche: I temi non servono direttamente a determinare il contenuto delle opinioni, ma, in primo luogo, e soprattutto, a catturare lattenzione 27. un tratto distintivo del lavoro di approfondimento che porta a unulteriore ripartizione delle competenze e delle pratiche; infatti si producono approfondimenti in relazione a notizie in agenda e allo stesso tempo precedendo lagenda o addirittura contribuendo ad attivarla ex novo. il caso delle inchieste, che spesso hanno questo effetto: attivano il dibattito e linteresse complessivo dei soggetti che partecipano alla produzione delle opinioni pubbliche. Scrive ancora Luhmann: [i temi] rivelano ci che nel processo politico di comunicazione si suppone possa avere risonanza e possa richiedere una capacit di risposta, ma non precisano quali opinioni vengano sostenute in riferimento al tema, quali siano quelle giuste, quali in grado di affermarsi28.

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Si pu considerare il lavoro di Rumiz alla stregua di un discorso politico: che si pone come obiettivo quello di saldare una comunit attorno ad alcuni principi identitari. Cos come Foucault scriveva a proposito di un discorso che pu escludere in quanto collegato al desiderio e al potere29, si pu ipotizzare che esso tenda anche a includere: che proprio perch capace di escludere sia di per se stesso inclusivo. In altre parole cogliamo lambivalenza ed il potere di esclusione del discorso, ma ne sollecitiamo, alla luce del lavoro di giornalisti come Rumiz, la dimensione inclusiva. Comporre e pubblicare un discorso pubblico e un racconto giornalistico un discorso pubblico, che nasce proprio perch frutto di un lavoro presso la sfera pubblica significa nel caso del giornalismo di approfondimento operare al raccordo tra soggetti che si sentono esclusi e desiderano essere inclusi. La questione si sposta su un versante squisitamente politico. Ladesione a un progetto complessivo di un giornale nel sistema30 editoriale italiano infatti anche una questione politica. Una serie di racconti giornalistici legati a un viaggio verso Gerusalemme di fatto unazione politica. Si dettano i termini e i tempi di una nuova questione culturale, si cerca attraverso la scrittura di offrire una rappresentazione sociale condivisa ai vari gruppi attivi su di un territorio, facendoli in questo modo interagire e integrandoli in una visione del

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mondo. Il lavoro in questo senso, per il giornalista, quello di far entrare in un mondo comune il pubblico dei lettori, farli convivere dentro un sistema di senso condiviso e soprattutto consapevole. In questo la scrittura giornalistica di approfondimento unazione politica: definisce un orizzonte comune e un sistema di appartenenza e definizione della realt. Lattenzione dei lettori orientata su temi che regolano la convivenza e che fanno opinione anche se al di fuori, momentaneamente, dai temi in agenda. Si legano in questo modo allattivit giornalistica i temi legati ai bisogni delle comunit (extraterritoriali) presenti su di un territorio, ai meccanismi di partecipazione sociale, allappartenenza culturale o riconoscimento identitario. Nel lavoro di Rumiz (e in quello di altri suoi colleghi de La Repubblica) si toccano temi legati alle identit culturali e lo si fa dalle pagine di un quotidiano che per sua stessa ammissione fin dai primordi si posto quale obiettivo quello di parlare a una comunit di riferimento ben precisa come un agente di socializzazione. Rumiz sempre attento a sondare quei minimi slittamenti delle identit lungo linee troppo fragili ed erose dai processi di globalizzazione. Linee difficilmente sondabili e al contempo sempre al centro dellagenda alla voce scontro tra civilt.

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Proprio da questa esasperazione, dalla manipolazione dellidea stessa di identit, parte ad esempio il lavoro che prender il titolo di Gerusalemme!, prima nella sua consueta veste di reportage quotidiano intitolato La Gerusalemme perduta, poi in forma di volume con una selezione delle fotografie pubblicate quotidianamente dalla fotografa Monika Bulaj31. Lobiettivo di questa serie di reportage? Lo scrive lo stesso giornalista nelle primissime battute: Fine del mese di luglio, anno 2005. Il viaggio finito. Seimila chilometri in due mesi, attraverso gli Appennini, i Balcani, la Grecia, Istanbul, lAnatolia fino ai confini con lIraq. E poi Siria, Giordania, Israele. Un Cammino di Santiago nella direzione contraria, in cerca dei cristiani dOriente verso le terre dei minareti, tra ci che resta di un passato millenario. [] Un ritorno alle origini della fede, col Vangelo, il Corano e la Torah intrecciati in un unico filo rosso fin dalla partenza a sorpresa, in mezzo alle Alpi32. Vengono utili le parole di Michael Walzer33 quando scrive che lappartenenza una relazione speciale e ancora che la comunit originaria una sfera della sicurezza e dellassistenza. A fronte di un senso comune che nel 2005 percepisce la convivenza come un pericolo, la vicinanza di culture e religioni altre come una minaccia pervasiva, lattenzione del giornalista Rumiz si sposta proprio sulla vicinanza tra le culture

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e le religioni, guardando a un comune sentire e a una storia condivisa. Ne ripercorre le tracce e le vicende, e lo fa non con il taglio dello storico delle religioni ma con il taglio del giornalista, intercettando storie che possano essere esemplari, leggibili e comprensibili al lettore. Il racconto si muove proprio lungo quel crinale che evidenzia lo slittamento delle appartenenze, dove nessuno in sostanza pi quello di prima e anzi dove ognuno potenzialmente anche laltro. La scrittura giornalistica torna ad essere racconto dellaltro, teso a rafforzare il senso di appartenenza ad un mondo culturale allargato che includa lOccidente e lOriente: Stavolta eccolo davvero. Dannato Ovadia, il compagno perfetto per beffare i detector piazzati sulla linea di scontro di civilt. Ebreo, italiano, bulgaro, di lingua greca e slava, bardo e ramingo, imprendibile e indefinibile, sempre in cerca del sacro e testardamente laico nellanima.34

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In Forma di Conclusione e di Confessione

Nello Zen la calma una vertiginosa attivit mentale. Il giardino roccioso del tempio Ryoanji, uno dei pi visitati di Kyoto, sfida il raziocinio con quindici pietre. Linsieme fa pensare a un arcipelago alla deriva, a monti che spuntano dalle nuvole o ad animali che attraversano un fiume immersi nellacqua fino al collo. Il giardino si osserva da una terrazza di legno. Camminando da un estremo allaltro il visitatore pu contare le pietre. facile constatare che sono quindici, ma non c un solo punto dal quale sia possibile vederle tutte. Il tempio offre una lezione di prospettiva: la totalit frammentaria. Juan Villoso, Sabbie giapponesi

Leggere, negli anni, i reportage, le storie di Paolo Rumiz mi ha insegnato molto. Un mio collega dice spesso, con modi velati di disprezzo: Io faccio il giornalista, altri sono giornalisti. Per lui c il mestiere. Per altri un inutile mandato, etico, civile, culturale. Soprattutto culturale. Senza voler banalizzare, il lavoro giornalistico che ci piace quello che ha una portata culturale. Non importa se fatto in maniera tradizionale, o innovativa. Se mostra mondi, se apre prospettive inedite, funziona. Serve. Per chi vuole. Che scriva o legga, non importa.

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La totalitframmentaria, uno sguardo complessivo utopia. Un insieme di prospettive per leggere il mondo sono necessarie e urgenti. Con il Rinascimento, a Firenze, grazie a personaggi come Leon Battista Alberti, si comincia a guardare il mondo dal punto di vista spaziale. Le cose sono quello che sono in funzione della distanza metrica degli oggetti rispetto al soggetto scrive il geografo Franco Farinelli. Una pluralit di soggetti, oggi si direbbe una moltitudine di soggetti, concorrono con il loro sguardo a definire il mondo. Questo modo di guardare va condiviso. Abbiamo pi volte detto che i modi di Internet permettono, e amplificano, questa condivisione. Il giornalismo di Rumiz mi pare sintetizzi queste sensibilit, giocando sulla possibilit della condivisione, operando in una comunitdi lettori dinamica e critica, offrendo modi di vedere, punti di vista o prospettive sul mondo con la consapevolezza della difficoltdi tendere ad una totalit. Eppure questa totalit resta una chimera per i giornalisti. Anche questa estate 2010 Rumiz, sulle tracce di Garibaldi e di unItalia (dis)unita, partito a caccia di questo paese, uno e tanti insieme. Perch dunque questo testo? Questo testo rappresenta per me il tentativo di mettere a fuoco alcuni temi, che nel corso de-

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gli ultimi sette anni hanno costituito parte del mio lavoro sul giornalismo. Da quando siamo partiti con la Rumizzeide sul blog webgol.it35, ormai ai tempi del viaggio verso Lepanto, i nostri interventi e quelli di alcuni amici, sono stati sempre venati da una giusta dose dironia: ci siamo molto divertiti. E per la nostra attenzione a questi lavori sempre andata di pari passo con il tentativo di oltrepassare il Rumiz, sviscerando il suo lavoro per cogliere similitudini, distanze, parallelismi. Andando a cercare forme di giornalismo che rispondessero allimperativo che considera la pratica giornalistica un lavoro culturale. Purtroppo ci viene troppo spesso la voglia di dire invece: notizie che non lo erano, come dice Luca Sofri, promozioni, marchette, reportage che non lo sono, storie che lo sono appena, pezzi gonfiati, interviste fantasma, personaggi stinti, umori sbiancati, e poi quella pratica diffusa per cui quel che conta non deve mai essere la storia, ma chi la scrive. E gli incontri che troppo spesso sono occasioni per rafforzare opinioni invece che confutarle. Il giornalismo che vediamo, che leggiamo, che ascoltiamo sempre pi spesso un giornalismo monco, spezzato, esasperato dai commenti e dagli editoriali, quando invece dovrem-

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mo semplicemente continuare a cercare storie e uomini in luoghi inauditi, anche vicino a noi. Gli Appennini, Annibale, i treni e le barche ci hanno portato il pi delle volte a vedere dentro di noi con il sestante ben utilizzato, dove collimano orizzonte e un punto nel cielo: una triangolazione che aiuta a capire, non sempre e non sempre bene, dove stiamo noi. Un aiuto per ridare valore alla responsabilit di tutti e a una cittadinanza sociale condivisa.

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Note al Testo
1 Il riferimento, in questo caso, una conversazione avuta con lo stesso Rumiz in occasione del viaggio La Gerusalemme perduta, pubblicato da La Repubblica nellestate del 2005 Rumiz P., La Gerusalemme perduta, Frassinelli, Milano, 2006 Elias N., Coinvolgimento e distacco, Il Mulino, Bologna, 1998 Usiamo qui, volutamente, il titolo di un celebre saggio di Eric J. Leed, intitolato appunto Nella mente del viaggiatore (Il Mulino, Bologna 1985), saggio cui faremo riferimento anche in seguito, parlando di epica del viaggio nella scrittura di Rumiz Rumiz P., La Gerusalemme perduta, op. cit. Rumiz P., Il bene imbecille, da Maschere per un massacro, Editori Riuniti, Roma, 1996 In occasione del viaggio probabilmente pi difficile, quello verso Gerusalemme, a fronte dei mille dubbi che assalivano il giornalista si comp una sorta di celebrazione rallentata. Solo alla fine dellepopea, con il termine del viaggio scandito dallultima puntata pubblicata dal quotidiano la Repubblica, la redazione romana veniva inondata di mail e messaggi di ringraziamento e stima verso Rumiz. I lettori erano rimasti in ascolto, in silenzio, aspettando la fine del racconto. Solo allora si erano fatti sentire palesando unattenzione che era rimasta discosta ed in silenzio per tutta la durata del viaggio Jedlowsky P., Storie comuni. La narrazione nella vita quotidiana, Bruno Mondadori, Milano, 2000, pag. 20

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Ferroni G., Dopo la fine. Sulla condizione postuma della letteratura, Einaudi, Torino, 1996, pag. 5

10 Jedlowsky P., Storie comuni. La narrazione nella vita quotidiana, op. cit., pag 40 11 Rumiz P., La leggenda dei monti naviganti, Feltrinelli, Milano, 2007, pag. 181 12 Ibidem, pag. 81 13 Camus A., Carnets 1935-1942, Paris, Gallimard, 1962 14 Parla di conformazione a stella Dardano M., La lingua dei media, in Castronovo V. e Tranfaglia N. (a cura di), La stampa italiana nellet della tv, Laterza, Roma-Bari, 1994. Dardano considera lesplosione tematica di una notizia a medio e lungo termine unopportunit di crescita della conoscenza. La singola notizia infatti produce nel tempo una serie di approfondimenti e notizie correlate che offrono al lettore una sorta di galassia tematica attorno al singolo fatto, mostrando per altro il riverbero che il singolo avvenimento pu avere sul complesso delle relazioni sociali. 15 Sorrentino C., (con contributi di Bianda E. e Sofi A.), Attraverso la Rete. Dal giornalismo monomediale alla convergenza crossmediale, Rai/Eri, Roma, 2008

16 Gran parte dei materiali sono raccolti in Rumiz P., Maschere per un massacro, Editori Riuniti, Roma, 1996 17 Rumiz P., La linea dei mirtilli, Editori Riuniti, Roma,1993 18 Rumiz P., La secessione leggera, Feltrinelli, Roma, 2001 19 Rumiz P., Oriente, Feltrinelli, Roma, 2003

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20 Rumiz P., Gerusalemme perduta, Baldini e Castoldi, Milano, 2005 21 Rumiz P., Maschere per un massacro, op. cit., 1996 22 Per Repubblica, ad esempio, nel corso dellestate del 2006 Marco Ansaldo pubblica una serie di corrispondenze dalla Turchia che per certi versi si sovrappongono al viaggio verso Gerusalemme di Rumiz, ma che non si muovono sugli stessi binari. Non c naturalmente la ricerca delle radici cristiane comuni attraverso le esperienze dOriente, ma una serie di annotazioni di carattere sociale, culturale e politico che ridisegnano un paese attorno al quale il dibattito molto acceso: sulle trattative di adesione al disegno europeo, sullo scontro attorno alla carta costituzionale europea e sulle radici cristiane comuni cui dovrebbe rimandare. Marco DEramo, storico inviato de Il Manifesto, legato soprattutto agli USA, dai quali puntualmente invia corrispondenze e reportage. Ricordiamo tra gli altri la raccolta di corrispondenze scritte durante la campagna presidenziale USA del 2004 e pubblicate in un volume edito dalla Manifesto libri: Via dal vento. Viaggio nel profondo sud degli USA (2004) La nozione di inconscio collettivo applicata al giornalismo rimanda, credo inevitabilmente, alla riflessione attorno ai temi del senso comune cos come sono stati sviluppati da Ambrogio Santambrogio nel saggio Il senso comune (Laterza 2006).

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25 Bourdieu P., Rponses (entretiens avec J.D. Wacquant), Seuil, 1992 26 Rumiz P., Maschere per un massacro, op.cit, 1996

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Luhmann N. Offentliche Meinung, in Politische Plannung, Opladen, West-deutscher Verlag, 1971, pp. 143 (trad. It. Opinione pubblica, in Stato di diritto e sistema sociale, Napoli, Guida, 1978) Foucault M. Lordine del discorso, da Lordine del discorso e altri interventi, Einaudi, Torino, 1972 (2004) Viene utilizzato in questo caso il termine sistema al posto del pi frequente campo giornalistico italiano: lobiettivo in questo caso fare riferimento al complesso delle relazioni industriali che caratterizzano il campo giornalistico escludendo i rapporti di forza tra i soggetti. Quello che in questo breve passaggio interessa infatti fare riferimento al luogo dove agiscono i vari gruppi editoriali e le loro relazioni si dispiegano producendo un sistema economico dal quale dipende anche il sistema politico. Altrove in questo testo si preferito utilizzare il termine campo giornalistico facendo riferimento a tutti i soggetti e le loro relazioni La fotografia Monika Bulaj inizia ad accompagnare Rumiz in alcuni reportage pubblicati nel corso del 2005, prender poi parte a tutto il viaggio restituendo le immagini a commento del testo Rumiz P., La Gerusalemme perduta, la Repubblica, domenica 31 luglio 2005

28 Luhmann N., Politische Plannung, op cit, 1971 29 30

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33 Walzer M., Sfere di Giustizia, Feltrinelli, Milano 1987, pp. 7273 34 Rumiz, P., Il cardo viola del Kosovo in Gerusalemme perduta, Frassinelli 2005.

35 La categoria http://www.webgol.it/category/rumizzeide/

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Pagina dopo pagina proviamo a raccontare il racconto di Rumiz, leggendo in controluce la pelle cotognesca dei suoi reportage di zigrino
Enrico Bianda, giornalista, ha insegnato varie sociologie alla facolt di Scienze politiche dellUniversit di Firenze. Ascolta jazz da sempre, praticamente, e suona di nascosto alcuni strumenti. Lavora per la Radio Svizzera (RTSI), in quanto svizzero. Dinverno gira in bicicletta, destate usa un vespino con targa elvetica, praticamente immultabile.

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