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di Ella Hickson
AUTORE
REGISTA
ATTRICE/FIDANZATA
ATTORE/FIDANZATO
Nella produzione originale, sono stati utilizzati tre attori sistemati fra il pubblico.
Uno
Un palcoscenico vuoto, dopo lo spettacolo, con le luci di servizio accese. Una GIOVANE DONNA si
alza e avanza dal pubblico, contempla lo spazio, c’è qualcosa di sacro. Respira. Le luci si alzano.
Lentamente. È tutto per lei, per un attimo. Dal retro della platea un UOMO PIÙ GRANDE, sui
quaranta, come se fosse il padrone dello spazio. Lei lo vede, si irrigidisce. Lui la vede – si ferma.
Salve.
Salve.
Ho –
Sì.
Ha visto lo spettacolo?
Sì.
Le è piaciuto?
Come?
Sì, va bene.
È l’assicurazione.
Va bene.
Le è piaciuto lo spettacolo?
Piccolissima pausa.
C’era lei?
Non le è piaciuto?
Lo ha scritto lei?
No.
Lo ha diretto?
Ventiquattro.
No.
Cos’è?
Non le è piaciuto?
Perché non sale qui sopra? È strano parlare con lei lì sotto.
Pausa.
Io /
Io –
Si strozza.
Sta bene?
Sì. Sto bene. [Deglutisce] È solo che vieni qui pensando che
vedrai qualcosa che ti farà sentire qualcosa per la prima volta
da... Il mondo è in un tale stato, ti svegli, senti il notiziario e ti
ritrovi a piangere dentro i tuoi cereali, cazzo, insomma lacrime
vere che piombano nei tuoi Cheerios e allora per qualche
motivo vieni qui – perché pensi che qui è dove dovrebbe
esserci una speranza e la sa una cosa, fanculo. Fanculo.
Che c’è?
Aspetti.
Sì. Io /
Pausa.
Ho capito.
Cavolo.
Pausa.
Certo.
Certo.
Defibrillare?
Sta ridendo?
E questo la fa ridere?
Lunga pausa.
LUI non fa niente – LEI non sa cosa fare. Prende la borsa e fa per dirigersi verso la porta.
Di?
Letteratura inglese. Libri.
Sì. Lo so cosa /
/ Certo.
Perché?
Non funziona.
Lunga pausa.
Chi?
Voi.
Piccola pausa.
Cosa?
È un no?
Piccola pausa.
/ Sostiene?
Non mi fido.
Come?
Io scriverò libri.
Libri?
Così sarà una cosa mia. Così si potrà soltanto dire. E nessuno li
trasformerà in una merda, con i loro cazzo di consensi e le loro
scommesse calcolate – voglio solo essere molto chiara.
Sì.
E?
Perché?
LUI ride.
È imbarazzante?
Io –
LUI Non glielo chiederò un’altra volta perché se deve essere una
cosa bella lei deve volerla fare.
Piccola pausa – LEI fissa LUI.
Lei?
Cosa?
Cristo.
Come?
Come?
Nello spettacolo di stasera. Il regista, glielo dica – da parte
mia, ha aggiunto uno stupro. Non c’era nel testo. Ho
controllato. Ha aggiunto uno stupro.
Con?
Non crede che – in un certo senso, sia quello che la gente vuole
vedere?
Mi scusi?
Be’, è stata la base del successo del teatro per secoli e la gente
continua a venire.
LUI ride.
È enormemente ambiziosa.
Lei ci crede?
In cosa?
Io –
Io –
Pausa.
Ce l’ha un fidanzato?
Lei lo domina?
Molto bene.
Cristo santo.
Essere contro qualsiasi cosa, in continuazione, essere così
aggressiva – in continuazione, indebolisce il suo argomento.
Accetti la critica.
Cosa?
Mi assecondi.
No. È desiderio.
Me lo ha chiesto lei.
Questo non significa che era obbligata, non l’ho mica legata.
/ Sto solo dicendo che è ovvio che nel litigare con uomini più
grandi c’è qualcosa che chiaramente le piace altrimenti non
saremmo qui.
Dovrei?
Sì.
Lei e io.
Lei e me.
E?
Le è rimasto impresso.
Pausa.
Hm.
Ho detto così?
Piccola pausa.
No.
Perché?
Certo.
Pausa.
Pausa.
Come?
Mi ha rifiutato?
Non per qualcuno che non è sicuro del perché è nella stanza.
Mi sarei compromessa.
E perché?
Le donne che le danno del testa di cazzo alle sue spalle sono le
stesse che portano la minigonna nella sua sala riunioni – io non
posso essere una di quelle donne e produrre qualcosa che mi
sembri autentico fino in fondo.
Non vedo dove sia il problema se uno trova attraente una bella
donna intelligente?
Negli ultimi sei anni, magari avrei scritto cose che avrebbero
potuto cambiare il mondo. E non l’ho fatto. Non l’ho fatto
perché l’unica persona che mi ha detto che potevo essere una
vera artista – ha anche cercato di scoparmi.
Entrano l’AUTRICE e il REGISTA. Dovrebbero essere versioni più grandi e un po’ meno attraenti dei
loro corrispettivi in scena. L’attrice che in precedenza ha interpretato l’autrice diventa l’ATTRICE,
l’attore che in precedenza ha interpretato il REGISTA diventa l’ATTORE.
Tutti e quattro restano seduti in silenzio per un attimo – si guardano tra loro – su chi comincerà a
parlare.
AUTRICE Uh – sì, comincio io?
REGISTA Mah, sì.
AUTRICE Uh – allora, questo è solo un – work in progress. È una cosa
che ho scritto – e uh, abbiamo fatto questa lettura solo per
capire se può funzionare o – um. Se potrà diventare qualcosa –
potrei andare avanti oppure… uh… [L’AUTRICE guarda il
REGISTA che non dice niente] Così… così abbiamo pensato che
dopo si poteva lasciare questo breve spazio alle domande,
giusto per uh. Avere un’idea di. Non vogliamo rubarvi troppo
tempo, ma se c’è qualcosa che. Qualcuno. Ecco.
ATTRICE Secondo me, è stato bellissimo. Mi è davvero piaciuto esserci.
È come se avesse fatto qualcosa al mio corpo.
REGISTA Insomma, ovviamente, è un pugno nello stomaco – credo che
noi, insomma devo proprio congratularmi per questo. Credo
che abbia un vero – uh. È dettato da un’urgenza, ma il
problema, ecco, è che, insomma – non è ancora un testo vero e
proprio – non è sufficiente per essere un testo, così com’è –
perciò dovremo capire dove va a parare. Forse non sono
sufficienti – insomma, urla e strepiti.
AUTRICE Deve spingere a un cambiamento.
REGISTA Ecco.
AUTRICE In fase di scrittura, questa è stata una grande preoccupazione
infatti. Ecco, quel timore di essere, insomma lei ha ventiquattro
anni, è, insomma è giovane – eppure la rabbia – è abbastanza
implacabile.
REGISTA Questo è certo.
Risata nervosa.
Piccola pausa.
AUTRICE È rivolta a me?
REGISTA È chiaro.
AUTRICE Potrebbe essere per te –
REGISTA Non l’ho scritto io.
AUTRICE Um – be’, uh – la nostra conversazione è stata più che altro
drammaturgica. Insomma – è il /
REGISTA / È il lavoro la cosa importante. Siamo qui per sviluppare
quello. Altre domande?
SPETTATORE Questa è rivolta – be’, immagino a tutti. Crede che sia strano
che il suo personaggio parli così tanto del potere e sia una
donna ma non parli mai di razza?
REGISTA Ottima domanda ed è qualcosa che teniamo in considerazione
in tutti gli spettacoli che facciamo – ci assicuriamo che nel
casting ci sia una rappresentanza del livello di diversità che –
tu hai già lavorato qui, no?
ATTRICE Uh huh. Sì. Mi – piace lavorare qui.
AUTRICE Ma ammetto decisamente che il testo proprio non affronta
questo argomento. Ecco, non volevo presentare delle facili
scuse ma – comunque – um, non parla di razza. Anche se il
potere – insomma, si tratta sempre di – ma mi prendo –
ammetto che – scusate.
ATTRICE È un bellissimo ruolo. È meglio di – sono solo contenta che
stiamo facendo il, il testo mi piace moltissimo.
ATTORE Io credo che sia davvero affascinante. Siamo stati molto attenti
alle prove. Abbiamo fatto molte conversazioni affascinanti
sull’intersezionalità e sulle persone che non hanno voce e su
quanto poco la gente umile sente di poter dire – io no, in realtà.
ATTRICE [Gli sorride, lo sta prendendo in giro] Sì, lo so.
REGISTA C’è qualche altra domanda?
SPETTATORE Quando stavate cercando di trasformarlo da quella specie di
pistolotto in un ragionamento più logico – come avete deciso
cosa lasciare e cosa tagliare?
AUTRICE Abbiamo dovuto farlo secondo quello che stava succedendo tra
i due personaggi. Ci siamo dovuti interrogare su quello che
stavano facendo uno all’altro.
SPETTATORE E cosa stanno facendo uno all’altro? Secondo voi?
ATTORE È una cosa complessa, credo.
ATTRICE Ci sono un sacco di spostamenti, mi pare.
ATTORE Ma in generale. Credo che l’idea sia /
AUTRICE / Credo che il regista veda nell’autrice il potenziale per un
bello spettacolo e credo che sfrutti quel potenziale. Scusate,
non volevo interrompere.
REGISTA E l’autrice vuole essere ascoltata eppure lei non ascolta affatto.
AUTRICE E io credo che abbia ascoltato anche troppo.
Lunga pausa.
Il REGISTA esce.
Due
Il FIDANZATO, sui trentacinque anni, uno che ha tutti i requisiti. Una scenografia naturalistica di un
soggiorno di una coppia di giovani artisti intellettuali metropolitani viene mossa intorno a lui,
costruita da un gruppo di tecnici (tutte donne), che gliela sistemano intorno, come madri. Una
sedia viene messa sotto di lui che ci si siede, con una birra su un tavolinetto. Sul muro in fondo del
soggiorno, c’è un manifesto formato A3 di uno spettacolo intitolato “ANGRY YOUNG WOMAN” –
c’è sopra il volto dell’AUTRICE, con un’aria leggermente turbata/sexy, con una parrucca rosa e il
mascara che gli cola sul viso. Nel salotto “naturalistico” ci dovrebbero essere un tavolo e delle
sedie, e una luce soffusa. Come ultima cosa, nel salotto viene portato un divano nuovo di zecca. È
elegante, di design – forse un po’ svedese ma probabilmente di John Lewis. Il FIDANZATO, che si
stava sentendo un po’ a disagio per via del copione che stava leggendo, lo adora. È la sua novità
preferita, top di gamma.
Entra l’AUTRICE con un impermeabile, fuori sta piovendo, l’impermeabile dell’AUTRICE è stato
spruzzato d’acqua – scuote un ombrello bagnato.
L’AUTRICE esce di nuovo dalla stessa porta. Il FIDANZATO prende un mortaretto che spara
coriandoli che ha preparato in precedenza e aspetta vicino alla porta.
FIDANZATO Vai!
Non succede niente. Il FIDANZATO allunga la mano verso la porta per aprirla, e l’ AUTRICE la apre
nello stesso momento. Tocca leggermente il FIDANZATO in faccia.
AUTRICE Cazzo.
Il FIDANZATO la afferra, la bacia, la fa roteare. È una cosa romantica. Si baciano – è una cosa
felice.
AUTRICE Ah.
FIDANZATO Sì.
AUTRICE Coriandoli. Iuhu.
FIDANZATO Iuhu.
AUTRICE Perché lanciamo coriandoli?
FIDANZATO Ho visto il contratto.
AUTRICE Che contratto?
FIDANZATO Sul tavolo.
AUTRICE Ah. Cos’è questo odore?
FIDANZATO Cassoulet.
AUTRICE Cazzo no.
FIDANZATO Cazzo sì.
AUTRICE Adoro il cassoulet.
FIDANZATO Lo so.
Il FIDANZATO comincia a baciare l’autrice. La coglie leggermente alla sprovvista. Lei inciampa
all’indietro. Il FIDANZATO la guida indietro verso/sopra il divano e la spinge indietro fino a farla
sdraiare lì sopra. L’AUTRICE scompare alla vista.
Per come è sistemato il divano non possiamo vedere il sesso – possiamo solo vedere la persona che
“sta sopra” – chiunque sia sotto è oscurato dallo schienale del divano. Lei non fa molto rumore, lui
sì – lui viene – lei no. Finiscono – lui si alza. Lei si tira su a sedere ancora con l’impermeabile.
L’AUTRICE vede il copione da una parte. Lo prende, vede a che punto è arrivato lui, lo rimette giù.
Mentre lo fa, lui rientra con una bottiglia di vino e due bicchieri.
FIDANZATO Come?
AUTRICE Me lo hanno spedito per cercare di convincermi con i soldi. Ho
già deciso che non lo farò.
FIDANZATO Sono quarantamila sterline.
Lei ride. È una risata un po’ più forte di quella che intendeva. Lui non ride.
Piccola pausa.
FIDANZATO Ah ecco.
AUTRICE Tutto bene? Non volevo farti arrabbiare. Non sapevo che ti
piacessero i divani.
AUTRICE Grazie.
Piccola pausa.
AUTRICE Io non sto con te per il tuo potenziale di crescita. Non sto con
te perché diventerai qualcosa di meglio. Sto con te perché, a
parte questo episodio, sei un brav’uomo. Sei un uomo buono,
gentile e solido, che – quando deve prendere una decisione – la
esamina attentamente da tutti i punti di vista, non solo dal suo.
È per questo che sto con te, perché sei giusto e gentile.
FIDANZATO E perché mi ami?
AUTRICE E perché ti amo.
FIDANZATO E perché vuoi scopare con me.
AUTRICE [Lo dice, ma c’è un soffio di non totale convinzione rispetto a
questo] E perché voglio scopare con te.
Piccola pausa.
Il FIDANZATO è quasi completamente nel salotto e per niente in palcoscenico. Cerca di prendere il
pugno di lei per metterselo sul petto – l’AUTRICE lo ritira – non vuole darlo a lui, non è suo.
Si lanciano uno sguardo truce – restano a distanza – chi parlerà per primo.
Il rumore del bambino diventa sempre più forte – è forte in maniera quasi insopportabile.
Il FIDANZATO non sembra fare caso a quant’è forte, l’AUTRICE non riesce a sopportarlo.
AUTRICE Farò quel lavoro se proprio vuoi che faccia quel lavoro. Dovrei
fare quel lavoro. Se vuoi che lo faccia accetterò quel lavoro.
La afferra eccitato e la bacia. Lei sorride. Ballano un po’ – dovrebbe essere un momento
bellissimo. Non lo è esattamente.
L’AUTRICE esce. Esce dalla porta dell’appartamento e su un lato del palcoscenico. La vediamo in
scena ma non all’interno della scenografia. Vuole disperatamente qualcosa che sembra
impossibile. Non c’è spazio. Il FIDANZATO è all’interno. Non sa bene cosa fare. Il FIDANZATO si alza.
Alza la musica. Si guarda intorno per un attimo. Si siede. Beve un bicchiere di vino finché è vuoto e
poi continua a berne dei sorsi come se lì dentro ci fosse ancora del vino. Va in cucina. Esce dalla
cucina. Va alla finestra finta e guarda dalla finestra verso la parete spoglia del teatro per un po’ di
tempo. Respira come se la vista gli stesse dando un senso di libertà. L’AUTRICE lo vede mentre lo fa.
L’AUTRICE torna dentro.
È vero amore.
IlREGISTA viene un po’ più in vista. L’AUTRICE viene distratta perché lo vede oltre la spalla del
FIDANZATO.
Noi abbiamo di più rispetto alla maggior parte della gente, noi
andiamo d’accordo, ridiamo, ci aiutiamo a risolvere i problemi
quando uno dei due è nella vasca da bagno e l’altro è seduto
sulla tazza con la tavoletta chiusa.
AUTRICE Ti faccio una tazza di tè?
FIDANZATO E tu non capisci quanto dovresti essere riconoscente. Pensi che
ci sia di più ma hai già tantissimo. E col tuo egoismo finirai per
buttarlo via e te ne pentirai per sempre e sarai triste per il resto
della vita per non essere riuscita a vedere l’amore e il bello
quando li avevi perché volevi perennemente di più e non ti
rendevi conto che di più non esiste.
Non come pensi tu, almeno. Il di più non c’è là fuori, o laggiù
– il di più è semplicemente farsi andare bene le cose normali.
Ecco dov’è il di più, è tutto qui.
Di nuovo il rumore del bambino – piano all’inizio, è un gorgoglio dolce e poi diventa più forte –
non forte in maniera fastidiosa stavolta, rimane basso, dolce e calmo. L’AUTRICE è distratta da
questo rumore, il FIDANZATO sembra non esserlo. Il FIDANZATO tira fuori l’astuccio di un anello
dalla tasca posteriore e lo apre – e porge l’anello all’AUTRICE.
Pausa.
FIDANZATO I ragazzi, i ragazzi giù al pub dicono che le loro fidanzate non
vedono l’ora di sposarsi.
AUTRICE Lo so.
FIDANZATO Passeranno gli anni e vorrai aver detto di sì a tutto perché sarà
troppo tardi. Cosa si è mai ottenuto un “no”?
AUTRICE Io non ho paura. Ho intenzione di non avere paura. Va bene
per te?
FIDANZATO “Quando si superano i quaranta, la percentuale di persone che
si frequentano e sono in grado di creare una relazione fissa e
stabile crolla a meno del trenta per cento”.
AUTRICE Questa mi suona come una statistica molto poco verificabile.
FIDANZATO Il mondo non ti vuole spaiato, tu sei l’unica a cui piace.
Di nuovo il bambino – questa volta il rumore è diverso – come se fosse molto molto reale.
Il FIDANZATO va alla porta, la apre, prende dai tecnici fuori scena un bambino vero – il FIDANZATO
lo fa sobbalzare leggermente e gli fa dei suoni per coccolarlo.
Lunga pausa – lei la guarda, la bimba è bellissima – la prende in braccio – la stringe forte, annusa
il suo odore, il cuore le si spezza un po’.
Arrivano i tecnici e cominciano a pulire il tavolo, tutto viene smontato, pulito, messo negli
scatoloni. La loro vita con tutto il suo potenziale è impacchettata, fatta a pezzi, cessa di esistere.
Come se lì non ci fosse niente, non ci fosse mai stato, come se semplicemente non potesse reggere.
L’AUTRICE sussulta per un attimo – perché non vuole lasciarla andare, non vuole vederla
scomparire – ma poi la lascia.
Lui esce tra i fondali posteriori che sono caduti giù. Va a parlare con la costumista – flirtano e
ridacchiano. La persona vera – il FIDANZATO vero non c’è più.
L’altoparlante dal quale proveniva il rumore del bambino che piangeva è caduto per terra e sta
ancora piangendo – l’AUTRICE si china e lo gira finché si spegne. Il REGISTA la sta guardando. La
guarda e basta. L’AUTRICE sa che lui è lì, sempre lì – ma non si volta a guardarlo. L’AUTRICE si
toglie il costume.
Il REGISTA la guarda.
L’AUTRICE va al computer e cerca di sbarazzarsi del cassoulet e delle patate dolci. Lo pulisce, lo
lecca – cerca di salvarlo, se lo mette sotto il braccio. È una cosa preziosa.
Il REGISTA la guarda.
Tre
[LA PROVOCAZIONE. Ciò che segue dovrebbe essere un tentativo di mettere in scena
l’esperienza femminile, il regista dovrebbe cercare di evitare la natura essenzialmente patriarcale
del teatro.
I personaggi femminili dovrebbero fare – non lasciano che gli si facciano cose. I corpi sono per
l’azione, non sono provocanti o decorativi. Non ci dovrebbe essere il guardare. La protagonista
dovrebbe essere padrona dello spazio].
Sono in un caffè, quasi non riesco a muovermi – esausta per quanto ho dovuto
fingere, e guardo mangiare una vecchia signora.
Non vedo il gradino basso, tornando in sala d’attesa. Ho vomitato due volte
con l’infermiera quindi pensavo di aver finito ma ora sto svenendo e la mia
mano non riesce a trovare il pavimento.
Piove che dio la manda e si gela. Semele si ferma un minuto per scaldarsi al
sole su una roccia coperta di licheni, poi se ne va affanculo a recuperare altre
figlie. Non controlla per vedere se so nuotare.
Il lago è molto sotto zero. È un chilometro e mezzo andata e ritorno.
Io ho un paio di jeans e una canottiera che fa un po’ schifo. All’improvviso,
c’è qualcuno accanto a me. Una nuova arrivata. Ha stivali Doctor Martens, un
cappello col ponpon e pantaloncini corti. Siamo fregate, penso.
Mi guarda. La guardo. Ci togliamo i vestiti. Come se potesse fare la minima
differenza.
Siamo in piedi, come pali, con le braccia incrociate intorno alla vita: silenzio
tranne l’assordante scrosciare della pioggia sul lago e il nostro respiro che
accelera.
“Io non ce la faccio”.
“Andrà tutto bene”, dice lei, piccola e con un accento del Midwest. Pronuncia
“bene” come un dato di fatto e sottolinea “tutto”. “Andrà tutto bene”.
Lei è piccola, io sono alta. Mi domando se Semele abbia voluto così.
La ragazza del Midwest ha un solido pragmatismo, che mi ispira fiducia.
[Parlato o sound design: Pshhhsssh – e glu glu glu glu e poi lei fa un piccolo
suono grattato gutturale della pioggia sulla superficie, glu ploc ploc. E
ansima – affiora per prendere aria e la pioggia è più forte e poi – ansima e
beve – di nuovo sotto – splash e ploc ploc ploc]
Hai il panico che non riuscirai mai ad arrivare dall’altra parte, ma è proprio
quello il punto.
Morirai mille volte, perderai di vista la costa per giorni, e a ogni respiro
grattato senti tutto il peso di tutti i lutti del mondo. Non c’è altro modo se non
uno sventrarsi infinito. Spellare e scuoiare e bruciare e buttare via tutto ancora
e ancora e ancora. Buttarti in mare tante di quelle volte che perdi la testa per
quanto cadi; finché non ti viene da vomitare perché devi fare affidamento su
cose che sei stata cresciuta a considerare rivoltanti.
[Lei affiora dall’acqua, una presa d’aria veramente aspra, con la pioggia che
cade forte sull’acqua.
Guardo dietro di me, rapidamente, per vedere dov’è la mia compagna. Una
testa di foca, una gamba a spirale, ma determinazione d’acciaio. È la metà di
me, e sta benissimo, cazzo. La sua faccia dice guarda avanti. Quindi lo faccio
e continuo a nuotare, il cuore mi batte troppo veloce e per il freddo i polmoni
non mi si riempiono. Devo costringermi a dimenticare che più tempo passa
più non mi sento le braccia.
Forza. Noi due procediamo come droni, afferrando dall’aria pugni di respiro.
Le labbra ci diventano blu. Le mani ci diventano bianche. Io perdo del tutto le
dita dei piedi tanto che ci metto un minuto a realizzare – quando un piede che
si dimena tocca il fondo del mare – che siamo arrivate.
Mentre camminiamo il mio corpo cambia. Membra più lunghe, spalle larghe e
un’andatura imponente. Più di un metro e ottanta. Mani così grandi che mi
fanno sembrare un travestito ma fanno comodo per sgomberare un sentiero e
portare pesi. Per la prima volta in vita mia, pur essendo di queste dimensioni,
mi sta bene seguire qualcuno più piccolo di me. È lei che conduce.
Mentre la guardo andare, mi viene in mente che questo non è un posto per le
tette, le poppe, o il culo. Il culo non aiuta quando ci sono gli orsi.
Dopo una vita passata a negoziare con Dio invocando alterazioni fisiche (uno
spiacevole spreco di preghiere) a un tratto l’unica cosa che voglio è pelle più
spessa sulle piante dei piedi per poter schiacciare la testa ai serpenti.
Arriviamo alla capanna di notte. Ci sediamo alla luce di una candela, con il
lago lì fuori che si è calmato.
Dobbiamo tirare fuori il vino dalla bottiglia a mani nude, dato che Semele ci
ha lasciato ben fornite ma senza un cazzo di cavatappi, notoriamente poco
pratiche le semi-dee. Accendiamo il fuoco e ascoltiamo la pioggia.
Il lieve scricchiolio dei ramoscelli sotto i piedi. Arrivano altre. Dalla foresta.
Una tribù. Occhi spalancati e in cerca, noi che ci siamo sentite sole troppo a
lungo – qui, stasera. Un tempo sole, ora trovate. La gioia, finalmente,
dell’appartenenza è [Sorride, quasi in lacrime, lo struggente sospiro di
sollievo di trovare finalmente casa]
Ridiamo. E mangiamo. E mangiamo. Per rispondere alla fame. Per gusto, per
piacere. E ridiamo. E mangiamo. E ridiamo. E balliamo. Con le pudenda al
vento e i sorrisi da festa. E balliamo.
[Una danza sciocca. Una cosa dichiaratamente buffa. L’idiozia di non dover
apparire belle. Quando hai il vino dentro]
La cosa più bella è la possibilità di essere delle dimensioni giuste. Con gli
uomini, fingevo sempre di essere piccola per cercare di dare un senso al fatto
che ti devono montare. Ma devi anche essere madre per poter gestire
l’insicurezza del loro avere il cazzo di fuori. Può essere sfibrante. Che non ti
sia permesso di riempire del tutto la tua pelle per paura che li faccia cadere
giù, con dolore, dal loro trespolo. E una volta che è fatta e cerchi di dormire,
va a finire che io non ci riesco mai. Vicino agli uomini, mi sento come
lasciata all’ombra di qualcosa. Restavo sdraiata lì al freddo per ore.
Ma quando dormiamo, io e lei, ogni tanto ho la sua testa sul petto e il mio
braccio la avvolge. Più tardi io, grande e grossa, sono tutta rannicchiata
contro le sue reni, la parte posteriore delle sue ginocchia, con le braccia che
cercano un porto nel “non me ne può fregare di meno” del suo essere
profondamente addormentata. Siamo tutte e due madri e tutte e due figlie in
un certo senso non è strano, tutte e due figlie, tutte e due fratelli, tutte e due
amiche, tutte e due amanti. Per la prima volta nella mia vita mi sembra di
essere a letto con un alleato.
Dopo l’amore, con lei, mi sento più intera. Non la semi-devastazione che
segue al sesso con gli uomini, l’accaparrarsi il territorio, la guerra-lampo, il
piccolo strano impulso di piangere. Con lei era un aggregarsi.
Sono felice. Per la prima volta da tanto tempo. Lo so nelle ossa che sono
felice.
[In questo tempo: Canzone: “Light of a Clear Blue Morning” di Dolly Parton
cantata da Rebecca Lucy Taylor. Danza: Bodylessness/Sameness/Tribe.
Cantiamo tutte. Balliamo tutte. È una celebrazione. È gioiosa: le stelle sono
grandi come pugni]
Dov’è lei adesso? Con tutto il suo solido pragmatismo. Non so neanche se la
riconoscerei vedendola per strada. Come farei a prenderla per mano e dirle
che è al sicuro? Che avevamo ragione noi e che è questo che è sbagliato.
Quattro
Senti, sto – non ti sto dicendo niente che tu già non – lo sai, lo
sai che la prima scena è la migliore, salta fuori dalla pagina, è
geniale. Nessuno ha quella tesa – rabbiosa – esuberante /
AUTRICE Esuberante?
REGISTA Cosa.
AUTRICE Credo che ci sia calore in quello che abbiamo appena visto.
REGISTA Ah sì?
AUTRICE La cosa tra l’autrice e il regista è un gioco di potere – ma non
c’è un – vero – calore.
REGISTA Non sono d’accordo e non credo sia d’accordo neanche tu.
Si fissano.
Piccola pausa – lei cerca l’approvazione di lui – lui non gliela dà.
Lo sai com’è doversi mettere seduti, da soli, davanti a se stessi
– ogni giorno. Lo sai quant’è difficile? [Piccola pausa] Quindi
forse dovresti smetterla di dirci come si fa.
REGISTA È il mio lavoro. È quello che so fare bene. È quello che ho
passato decenni a imparare a fare bene.
AUTRICE Ti dà fastidio che io sia andata a letto con una donna?
REGISTA Cosa?
AUTRICE Quando non sono venuta a letto con te?
REGISTA No.
AUTRICE Ti spaventa che il futuro possa parlare una lingua che tu non
capisci?
Piccolissima pausa.
REGISTA Lo sai cosa penso? Penso che tutta questa cazzata di rompere la
forma è un esercizio intellettuale che ti permette di saltar fuori
dal luogo difficile e scomodo dove ti porterebbe andare avanti
e scrivere la scena. Tu lo sai che la prima scena è la migliore.
Lo sai che c’è qualcosa tra quell’autrice e quel regista che la
gente vuole guardare, che la gente aspetta di afferrare, e sei una
codarda, prendi il volo verso i manifesti femministi e le danze
nei boschi del cazzo perché ti fa paura quello che in realtà
potresti voler dire se andassi fino in fondo.
Si fa da parte – respira.
AUTRICE E cioè?
REGISTA Andare a letto con le donne è la stessa cosa. È una vacanza, è
un hobby.
AUTRICE Mi ha dato una pace e una soddisfazione che non ho mai – che
– da quando ho perso… mi ha crocifisso.
REGISTA È una vacanza da quello che ti spaventa e l’hai trasformata in
una cazzo di rivoluzione. È un imbroglio.
AUTRICE E questo è – ? [Indica qualcosa tra loro due] Questa cos’è?
Vita vera?
REGISTA Nella mia esperienza, l’indignazione è sempre solo una
copertura di qualcosa di più profondo. L’unica volta che sono
mai stato indignato – in realtà stavo solo chiedendo a qualcuno
di amarmi di più.
AUTRICE Pensi che tutto questo momento si riduca alle donne che
chiedono la tua approvazione?
Piccola pausa.
REGISTA Lo faccio perché credo che sei brava. Lo faccio perché credo
che sei eccezionale. Mi spaventa quanto sei brava. [Pausa] Ho
una riunione dove devo andare, io – [Arriva a metà strada
verso la porta, si ferma]. Lo so che soffri. L’idea che succeda
qualcosa a – Se ti fermassi, io – Lascia che faccia quello che
posso fare, l’unica cosa che posso fare – farti stare al sicuro.
AUTRICE I soldi?
REGISTA Sono importanti.
AUTRICE Ma quello non è affatto stare al sicuro.
REGISTA Sì, invece. Sì – invece.
AUTRICE Il coraggio. Il coraggio è quello che ti fa stare al sicuro.
L’AUTRICE e l’ATTRICE sono in scena mentre una scenografia viene spostata intorno a loro.
Su il sipario.
Sorridono.
Siediti – mangiamo.
La FIDANZATA entra in cucina. L’AUTRICE apparecchia la tavola. La FIDANZATA rientra con delle
scatole di take away su un vassoio.
AUTRICE Cos’è?
FIDANZATA Si è fatto vivo il tizio della caldaia. È stato gentile.
AUTRICE È tardi.
FIDANZATA Lo so. Che carino. Che roba, ragazzi. Vuoi una birra?
AUTRICE Sì.
L’AUTRICE guarda la sua compagna che va in cucina a prendere la birra.
FIDANZATA Cosa?
AUTRICE Me la passi?
L’AUTRICE si avvicina alla FIDANZATA e la bacia. La tira su – lei è piccola – e la avvolge con le
gambe.
L’AUTRICE ignora il fatto che si stia versando, ride – la FIDANZATA riesce, per un pelo, a mettere giù
la lattina di birra prima che l’AUTRICE la sdrai sul divano. Il sesso è nascosto al pubblico – dietro il
divano – lo sentiamo, ma a malapena – ma non vediamo niente. È sesso bello, il migliore che
abbiamo visto. Loro sanno cosa è bello e lo fanno.
La FIDANZATA si alza – si rimette i pantaloni – bacia l’AUTRICE, prende la sua birra – ne beve un
sorso – guarda il divano, con l’AUTRICE che è sdraiata con le mani dietro la testa.
L’AUTRICE si allunga per raggiungere la mano – ci arriva – battono il cinque, ricrolla giù. La
FIDANZATA ride, beve altra birra. La FIDANZATA va a sedersi su una sedia, con i piedi appoggiati su
un’altra sedia – beve la birra e controlla il telefono. L’AUTRICE la guarda.
Mi vuoi sposare?
FIDANZATA Come? Cos’è che hai appena detto?
AUTRICE Ho detto: mi vuoi sposare?
FIDANZATA Non lo fare.
AUTRICE Cosa?
FIDANZATA Solo perché sei in un cazzo di gongolamento post-coito. Non è
una bella cosa. Non lo fare.
La FIDANZATA torna al suo telefono. L’AUTRICE, un po’ scottata, si alza e sparecchia, va in cucina.
Torna e la FIDANZATA è ancora occupata con nonchalance con il suo telefono. Lei la guarda.
Piccola pausa.
Piccolissima pausa.
La FIDANZATA ricomincia a giocare con il telefono. L’AUTRICE è leggermente confusa, non ha capito
tanto bene quello che è appena successo.
La FIDANZATA continua con le e-mail. L’AUTRICE con le spalle a noi va a mettere la testa tra le
gambe della FIDANZATA.
L’AUTRICE preme e spinge, con le mani e con il viso – sull’inguine della FIDANZATA. La FIDANZATA –
in modo relativamente veloce – mette giù il telefono – e mette la mano sulla testa dell’AUTRICE. Tira
su l’AUTRICE all’altezza della sua faccia e la bacia. L’AUTRICE è ancora inginocchiata tra le gambe
della FIDANZATA ma adesso è seduta ritta, la FIDANZATA è sulla sedia quindi sono alla stessa altezza.
Smettono di baciarsi e la FIDANZATA prende il volto dell’AUTRICE tra le mani. La FIDANZATA sembra
più alta, più grande, come se la guardasse dall’alto per un secondo.
La FIDANZATA bacia l’AUTRICE sulla fronte, le liscia i capelli all’indietro sulla testa.
L’AUTRICE china leggermente la testa – lascia che l’altra giochi con i suoi capelli.
Durante questo discorso la FIDANZATA è andata a prendere il suo zainetto – sta rovistando
all’interno.
La FIDANZATA va in cucina.
La FIDANZATA torna dalla cucina con un pene pegging – non ha l’adesivo a strappo – è abbastanza
scultoreo – si tiene stando dentro una persona e offre un cazzo da usare sull’altra persona. Ha una
vera presenza, però. La sua oggettività risucchia tutta l’aria dalla stanza. Dovrebbe essere di un
colore scuro – blu scuro o nero – non rosa, viola o rosso.
Pausa.
AUTRICE È immacolato.
FIDANZATA Non vorrai mica che ci siano sopra le briciole. Una non lo
vuole mica con sopra le briciole.
AUTRICE Non sono sicura che una lo voglia proprio.
FIDANZATA Andrà tutto bene.
AUTRICE Hm.
FIDANZATA Ti piacerà.
L’AUTRICE va sul divano, si toglie i pantaloni e si sdraia sulla schiena. È tutto molto lento e un po’
strano.
La FIDANZATA si toglie i pantaloni anche lei – si sistema sopra l’AUTRICE, inserisce l’oggetto e sta
per cominciare. Piccola pausa. L’AUTRICE guarda la FIDANZATA. All’improvviso l’AUTRICE si toglie
di lì più veloce che può. È in piedi, con i pantaloni addosso, va al tavolo, vi appoggia entrambe le
mani, si sostiene lì sopra, inghiotte lacrime di non appartenenza. Cerca di respirare.
Glielo ha consegnato.
La FIDANZATA si sdraia di nuovo – scompare alla nostra vista. L’AUTRICE si sistema – lo inserisce, si
sostiene al divano – non c’è connessione, la concentrazione è tutta logistica – e concentrata sulla
zona dell’inguine.
Silenzio dalla FIDANZATA. All’AUTRICE comincia a piacere. Ci sta proprio dando dentro – c’è
qualcosa di stranamente aggressivo nell’atto – è totalmente dentro, è tutto su di sé, la FIDANZATA è
quasi del tutto evaporata. L’AUTRICE viene. La FIDANZATA no.
La FIDANZATA si alza, si tira su i pantaloni, prende il curry avanzato e lo porta in cucina e tutto
senza dire niente. L’AUTRICE si siede un po’ stordita da una specie di senso di colpa, in cerca di
rassicurazione dalla FIDANZATA, o forse dalla stanza – ma non ne riceve.
[Gridando alla fidanzata che è in cucina] Tutto bene?
Nessuna risposta.
Pausa.
La FIDANZATA esce dalla cucina – con una teiera di tè e due tazze su un vassoio in mano – è una
cosa inaspettata e stranamente da moglie.
FIDANZATA Certo.
La FIDANZATA le avvicina la teiera per fargliela annusare. L’AUTRICE non la vuole annusare.
La FIDANZATA si siede al tavolo, si versa del tè, ci aggiunge un bel po’ di latte, quasi succhia un
biscotto dolcissimo, lo fa con grande attenzione – lecca tutto lo zucchero, lo mangia tutto intorno, è
famelica ma anche, stranamente – infantile.
L’AUTRICE la guarda.
FIDANZATA Hm?
AUTRICE A te?
FIDANZATA A me? No. Perché?
AUTRICE Mi sento come se avessi fatto qualcosa di terribile.
–
–
–
FIDANZATA [Ancora stranamente impegnata con il biscotto] Hai mai
scopato con qualcuno più alto di te?
AUTRICE No.
FIDANZATA Una donna?
AUTRICE Tu sei l’unica donna, non ho mai /
FIDANZATA / E non credi che scoperesti con una ragazza alta o con una
ragazza bianca? O solo con quelle piccole?
AUTRICE Io. Io non so perché ma, um.
FIDANZATA Puoi immaginare di scopare con una ragazza più grossa di te?
Pausa.
AUTRICE No.
FIDANZATA No?
AUTRICE [Repulsione] È orribile. La sola idea. È. Scusa. Non mi piace.
FIDANZATA Ma tu sei alta.
–
–
–
–
Cala il sipario.
Fine.