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The Writer

di Ella Hickson

Traduzione di Monica Capuani


Dramatis Personae

AUTORE

REGISTA

ATTRICE/FIDANZATA

ATTORE/FIDANZATO

Nella produzione originale, sono stati utilizzati tre attori sistemati fra il pubblico.
Uno

Un palcoscenico vuoto, dopo lo spettacolo, con le luci di servizio accese. Una GIOVANE DONNA si
alza e avanza dal pubblico, contempla lo spazio, c’è qualcosa di sacro. Respira. Le luci si alzano.
Lentamente. È tutto per lei, per un attimo. Dal retro della platea un UOMO PIÙ GRANDE, sui
quaranta, come se fosse il padrone dello spazio. Lei lo vede, si irrigidisce. Lui la vede – si ferma.

Salve.

Salve.

Ho –

Ho lasciato la borsa. Sono dovuta tornare a prenderla.

Ah. Lei era tra il pubblico?

Sì.

Non dovrebbe stare sul palco.

Ho solo lasciato la borsa. L’ho dimenticata. Io –

Afferra lo zainetto e va verso le quinte. Lui è confuso, la guarda andarsene.

Ha visto lo spettacolo?

Sì.

Le è piaciuto?

Come?

Se in futuro le ricapiterà di dover riprendere la borsa, dovrebbe


chiedere a una maschera di entrare a prenderla per lei. Norme
di sicurezza.

Sì, va bene.

È l’assicurazione.

Va bene.

Sono strani – solo chi è un membro dello staff può stare in


platea, altrimenti possono farci causa.

Mi sembra improbabile che possa dimenticarla una seconda


volta ma se dovesse capitare – chiederò a loro.
Piccola pausa.

Le è piaciuto lo spettacolo?

Piccolissima pausa.

C’era lei?

Si ricorderebbe di me se così fosse, no?

Non lo so, c’erano molti – uomini come lei. Nello spettacolo.

Non le è piaciuto?

“Piaciuto” non è la parola giusta, credo.

Qual è la parola giusta?

Lo ha scritto lei?

No.

Lo ha diretto?

No. È venuta da sola?

Sì. Devo prendere l’ultimo metro. Bisogna che vada.

C’è ancora un bel po’ di tempo.

LEI controlla il telefono, anche se sa che ha ancora almeno un’ora.

Quanti anni ha?

Ventiquattro.

Cos’è che l’ha fatta venire a vederlo?

Cos’è, un questionario per il pubblico?

No.

Cos’è?

Sono nel consiglio direttivo. Spesso sono fuori città, voglio


sapere perché lo spettacolo piace al pubblico.

Dà per scontato che lo spettacolo ci piaccia?


Siete venuti a vederlo.

Uno non lo ha visto finché lo hai visto, però, no?

Non le è piaciuto?

LEI scrolla le spalle.

Perché non sale qui sopra? È strano parlare con lei lì sotto.

Devo andare. Farò tardi.

È una cosa del tutto confidenziale. E le sarò grato per la


sincerità.

LEI sale sul palco.

Pausa.

Due persone camminano sul palcoscenico, fanno finta di essere


altre persone e dicono – “Ciao” “Ciao” – o peggio – molto
peggio, cazzo, camminano sul palcoscenico e [Piccola pausa]
“Phil sembra a disagio nella sua pelle, pausa, Phil armeggia
con l’accendino ma non si accende la sigaretta, pausa” perché
lo sappiamo tutti che ci vuole un’autorizzazione per accendere
le sigarette ed entra Cara – “tempestosamente erotica, pausa”,
qualunque cosa questo significhi, cazzo, ma che significa poi?
“Cara: il cielo, questa sera. Passami il sale”. Ma quale cielo?
Quale cazzo di cielo? Questa sera? È tutto buio qui dentro.

Io /

/ Un esercito miracoloso di – operai, soldati, scienziati, delle


cazzo di donne con i pantaloni inutilmente sexy spostano roba
in giro e tutti noi dovremmo pensare, che cosa? Che è la gente
magica con i pantaloni sexy a spostare quei cazzo di mobili?
Con il tappeto e i pezzetti di scotch di colori fosforescenti che
tengono accesi i microfoni – è come se pensaste sul serio che
noi dovremmo pensare che è vero, tipo che noi dovremmo
pensare che, allo stato attuale delle cose, un bel salotto perfetto
con gente che fa la spiritosa è la vita reale, cazzo?

Non credo che questo sia –

Il mondo sta implodendo.

Io –

E gli attori, mamma mia, non hanno niente di nuovo, nessuna


interiorità, hanno solo bisogno di lavorare – sanno che fanno
finta quindi vivono solo e unicamente dell’applauso e cazzo è
pericolosissimo. È un modo di essere che comporta un bel
rischio. Spostare in giro quei cazzo di tavoli e vivere
dell’applauso per averlo fatto. Li guardi e pensi “fate quello
che piace a voi”, avanti, smettete di dire quelle battute e fare
quello che vi ha detto di fare lui, fate qualcosa che piace a voi
veramente, avanti. Fate quello che volete; fatelo per farvi una
scopata oppure non me ne frega un cazzo, fatelo mentre
galoppate per tutto il palcoscenico con un cazzo di tanga
facendo finta di essere Bambi, fatelo COME CAZZO PIACE
A VOI – perché almeno allora qualcuno lo starà proprio
facendo sul serio. Ma poi ti rendi conto, ti dici tipo, ah sì –
cazzo – pronunci battute da così tanto che non sai neanche più
cosa significano, ecco – ti fanno venire una tale cazzo di paura
dell’età, della povertà, della disoccupazione, che volere le cose
è diventato fin troppo pericoloso già da un po’ di tempo.
Quindi, guardi tutte queste persone che si agitano, che spostano
tavoli e fanno finta, totalmente sorde al suono del loro stesso
desiderio. Non me la ricordo nemmeno l’ultima volta che ho
visto una cosa che mi è sembrata viva, almeno un po’. Capelli
finti, scarpe nuove e gente famosa che fa cose noiose e le fa
pure male e insomma, ti fa male, tipo che ti fanno male le ossa
– e senti l’odore dei soldi, quindi non credi a quello che vedi
per un solo cazzo di secondo.

E chiaramente, c’è sempre una donna con la gonna attillata che


sporge il culo in bella vista da sopra una scrivania per venti
minuti, senza una cazzo di ragione. Perché fa tutto parte della
stessa visione delle cose quindi, ecco, si parla di donne “sexy”
e uomini “eleganti” – ma in realtà si parla di questa donna che
è stata messa lì, come una specie di animale, e la sua
legittimità sta sbrodolando sul davanti del vestito – ma te lo
fanno passare come un gruppo di uomini di una certa età che
dice qualche affascinante stronzata sul tempo e sulla storia.
Siamo stufi, lo sa questo? Siamo stufi marci, cazzo, di stare a
sentire gli uomini di una certa età, con la pelle avvizzita, ai
matrimoni, che ti danno uno schiaffetto sul dorso della mano
spiegandoti quelle che loro considerano le verità del mondo,
come se per me fossero le stesse, come se la verità di questo
vecchio c’entrasse un cazzo di qualcosa con la mia, quando lui
ha la possibilità di costruirlo, il mondo, mentre a me mi tocca
solo viverci.

Si strozza.

Sta bene?

Sì. Sto bene. [Deglutisce] È solo che vieni qui pensando che
vedrai qualcosa che ti farà sentire qualcosa per la prima volta
da... Il mondo è in un tale stato, ti svegli, senti il notiziario e ti
ritrovi a piangere dentro i tuoi cereali, cazzo, insomma lacrime
vere che piombano nei tuoi Cheerios e allora per qualche
motivo vieni qui – perché pensi che qui è dove dovrebbe
esserci una speranza e la sa una cosa, fanculo. Fanculo.

Prende la borsa e fa per uscire dal palcoscenico.

Ferma. Aspetti un secondo.

Che c’è?

Aspetti.

Lei aspetta. Lui non parla.

Ho guardato un’intera platea alzarsi in piedi stasera per uno


spettacolo in cui c’era un cane.

Sì. Io /

/ Neonati veri. Come se fosse l’unico palpito di vita che


riusciamo a trovare. Donne mute con i pantaloni sexy cui viene
detto di cantare come canarini proprio oggi, in quest’epoca,
cazzo, ma vogliamo scherzare? Con Trump al potere, con le
mostruosità che succedono, il mondo si sta spaccando in due, e
quello che ho appena visto ci dovrebbe guarire? Dovremmo
gridare, dovremmo parlare in altre lingue, come i pazzi, in un
cazzo di accesso di – rabbia, nudi, furiosi, a braccia spalancate,
urlando al cielo – Altro che un cane in scena. Altro che un cane
del cazzo in scena. A meno che non gli venga mozzata la
lingua, cazzo. Donne mute con i pantaloni sexy? Ma stiamo
scherzando? Ma come lo guarda il mondo lei se pensa che
questo vada bene?

Pausa.

Ho capito.

No, se autorizza questa merda, lei non capisce, proprio non


capisce.

Come faceva a sapere che il regista era un uomo?

Ho visto lo spettacolo. Perché sorride?

Non sto sorridendo.

Ha una curva sulla faccia.

È che lei, lei ha decisamente ventiquattro anni. Tutto qui.


Non mi faccia il testa di cazzo paternalista.

Cavolo.

Pausa.

È andato molto bene al botteghino.

Certo.

Andrà nel West End.

Certo.

I critici lo hanno adorato.

E in quale altro ambito della vita una donna di ventiquattro


anni si farebbe dire da un branco di uomini vecchi tutti bianchi
che c’è di bello da fare il venerdì sera? Per non parlare di
quello che le potrebbe defibrillare l’anima.

Defibrillare?

Sta ridendo?

No. Non sto ridendo.

Non dovrebbe chiedere alla gente le sue opinioni se è solo per


ridere.

Lei è – molto. Appassionata.

E questo la fa ridere?

No. Non mi fa ridere. È… defibrillante.

Lunga pausa.

LUI non fa niente – LEI non sa cosa fare. Prende la borsa e fa per dirigersi verso la porta.

Può aspettare un secondo? Le vorrei parlare.

LEI si volta indietro e lo guarda.

Che cosa fa?

Sono una studentessa.

Di?
Letteratura inglese. Libri.

Sì. Lo so cosa /

/ Certo.

Ha mai scritto niente? Che non sia una tesina?

Non mi interessa scrivere per il teatro.

Perché?

Non funziona.

Che cosa intende?

Ha visto quel testo sui maschi snob? Capito quale, quello su


quei cazzo di orrendi ragazzetti di Cambridge che si sentono
autorizzati in maniera imperdonabile a –

Credo fosse Oxford.

Quello in cui distruggevano tutto e si comportavano in maniera


crudele con la gente?

Ho capito quale testo intende.

Sono andata a vederlo ed ero circondata, tra il pubblico, dagli


stessi maschi che erano in scena e facevano un casino di dio,
gli piaceva da matti, cazzo. E io continuavo a pensare, povera
autrice. Tutta quella rabbia, per cercare di dire qualcosa, cazzo,
la metti sulla pagina quella rabbia per farla sentire e piace
proprio alla gente che ti dà il voltastomaco. Quanto ti devi
sentire sicuro del tuo potere per poterti godere lo spettacolo di
qualcuno che ti smerda? Se la tua idea di divertimento è che la
gente esprima la sua rabbia su quanto li fai incazzare?

Lunga pausa.

Immagino che il dissenso possa essere stimolante.

Certo, quando è un hobby.

Era una commedia. Credo che –

Che altro doveva fare quell’autrice? Agitare il pugno ed essere


tutta severa? Perché allora l’avrebbero ascoltata?

Sono sicuro che a certi livelli l’hanno /


/ Sono sicura che a certi livelli non gliene è fregato un cazzo di
niente e che hanno continuato a fare esattamente quello che
facevano prima. Perché è questo che lasciamo che accada. È
così che va.

Chi?

Voi.

Lei ha detto noi.

I soldi, il sistema, il desiderio segreto di mantenere tutto


com’è.

Piccola pausa.

Perché non scrive qualcosa?

Cosa?

Per questo palcoscenico. Credo che lei dovrebbe scrivere


qualcosa per questo teatro. Quello che ha da dire è interessante,
secondo me, e noi dovremmo metterlo in scena.

E questo lo decide lei, vero?

Posso parlare con il direttore artistico. La pagheremmo come si


deve, ovviamente.

Lei può distribuire soldi a degli sconosciuti?

È un no?

Sarebbe solo uno spettacolo.

Che cosa intende?

La gente riderebbe, non gliene fregherebbe un cazzo di niente e


continuerebbe a fare esattamente quello che faceva prima.

Lei che altro vuole?

Voglio che il mondo cambi completamente.

Lui ride piano, metà paternalista – metà accattivante.

Non sono sicuro che il teatro possa /

/ Allora io dove lo dovrei prendere quello slancio? Perché è


un’impresa che prendo molto sul serio.
Piccola pausa.

Forse questo potrebbe essere un – passo nella giusta direzione?

Un paio di centinaia di persone della classe media, qui a


pacificarsi l’anima per qualche ora per potersi godere il gin e
trottare a casa?

Anche lei è della classe media, no?

Non lo siamo tutti, al giorno d’oggi?

No, c’è gente povera in maniera devastante, credo, che vive


abbastanza vicino.

Qui dentro non ce ne sono tanti però, no?

Piccola pausa.

E lei è anche qui, da sola, di venerdì a vedere uno spettacolo


che sostiene /

/ Sostiene?

Di odiare. Perciò, qualcosa la sta tenendo qui.

Piccola pausa – lei lo fissa.

Non mi fido.

Come?

Io scriverò libri.

Libri?

Così sarà una cosa mia. Così si potrà soltanto dire. E nessuno li
trasformerà in una merda, con i loro cazzo di consensi e le loro
scommesse calcolate – voglio solo essere molto chiara.

Scoprirà, credo, che gli editor delle case editrici sono


decisamente prodighi di suggerimenti che tengono conto di
quello che comprerà la gente. In un modo o nell’altro, quello
che vuole dire non sarà ascoltato a meno che non sia vendibile.

Questo mi fa venire da vomitare. Mi fa venire voglia di morire.

Non ne dubito. Ma è così che vanno le cose. Le cose vanno


così nel mondo. In questo mondo.

Come ho detto. Io voglio che il mondo cambi completamente.


Non cambierà.

LEI fa un respiro profondo, furibonda.

Crede che dovrebbero esserci artisti che non devono


preoccuparsi di quello che comprerà la gente? Crede che nella
storia ci siano stati artisti che non si sono dovuti preoccupare di
quello che avrebbe comprato la gente e questo li ha trasformati
in coloro che ci hanno salvato quando le nostre anime avevano
bisogno di essere salvate?

Sì.

E?

Buona fortuna, trovare uno che accetti di gestire la baracca.

Perché?

Al novanta per cento sono cene per i mecenati, documenti di


budget e discussioni sulle toilette.

Questo posto non è forse foraggiato dal governo, soldi che


significano che dovrebbe essere in grado di fare arte?

Sì, un po’ di soldi ma non molti ormai. Perciò si tratta ancora,


per lo più, di cercare di far restare la gente col culo attaccato
alla sedia.

Crede che chi gestisce questo posto si consideri un artista?

LUI ride.

È imbarazzante?

Io –

Non è un direttore artistico?

Credo che si definirebbe un professionista. Manda avanti la


baracca.

Non c’è niente di mitico in questa città, vero?

Pausa – LUI la fissa, c’è qualcosa che succede nell’aria.

LUI Non glielo chiederò un’altra volta perché se deve essere una
cosa bella lei deve volerla fare.
Piccola pausa – LEI fissa LUI.

Lei?

Cosa?

Vuole? Scrivere qualcosa per noi?

Come fa a sapere che so scrivere?

Sa parlare e scrivere è semplicemente parlare sulla carta. C’è


gente della sua età che mi staccherebbe un braccio a morsi per /

/ Allora, lo chieda a loro.

Non voglio chiedere a loro. Loro non sono arrabbiati. Loro


vogliono solo il lavoro. Ogni volta che fanno finta di essere
arrabbiati si capisce che in segreto lo stanno facendo solo
perché pensano che se sono arrabbiati otterranno il lavoro.

Cristo.

Come?

E quindi lei disprezza la loro disperazione. Cazzo, il lavoro è


l’unica cosa che gli è permesso di volere!

Non sono arrabbiati come lei.

E la mia rabbia farà restare la gente col culo attaccato alla


sedia.

Sinceramente? Sì. Fa molto zeitgeist.

Mi sembra tutta una totale disfatta. Da tutte le parti. Cazzo – è


tutto così – [Distoglie lo sguardo]

Le sto offrendo il palcoscenico. Non crede di poterci fare


qualcosa?

È tutto così incistato nel sistema – è tutto così cooptato che –

Non sono sicuro di riuscire a seguirla.

C’è stato uno stupro in più.

Come?
Nello spettacolo di stasera. Il regista, glielo dica – da parte
mia, ha aggiunto uno stupro. Non c’era nel testo. Ho
controllato. Ha aggiunto uno stupro.

E perché crede che lo abbia fatto?

I registi maschi di mezza età cercano l’intensità drammatica –


immagino.

Non credo che sia di mezza età.

Non mi sembra che sia questo che volevo dire.

Lei non è d’accordo.

Con?

Che lo stupro è un gesto di intensità drammatica?

Certo. È piuttosto intenso.

Ma non crede che avrebbe dovuto essere incluso?

Non vedo tutti questi uomini inculati per aggiungere un tocco


di drammaticità.

Non crede che – in un certo senso, sia quello che la gente vuole
vedere?

Mi scusi?

Be’, è stata la base del successo del teatro per secoli e la gente
continua a venire.

Uno guarda quello che gli si dà.

Lei crede che in scena non ci debba essere sesso?

Non ho detto sesso, ho detto stupro.

Che tipo di sesso va bene?

C’è stato un unico spettacolo in cui nel testo si legge di un


momento in cui una donna si versa addosso un bicchiere
d’acqua, davanti, e ha una maglietta bianca, e quando lo leggi,
è un vero gesto di potere, compiendo quel gesto lei intimidisce
sessualmente l’uomo. Quando lo vedevi in scena, lei sembrava
solo umiliata. Lo gestiva meglio che poteva, si impegnava da
matti ma con duecento persone che ti fissano le tette, come fai
a controllarlo? È il guardare che fa questo. Se salgo sul palco,
la prima cosa che la gente pensa è – quanti anni ha? Me la
scoperei? È fica? Quanto me la scoperei? Se ci sale lei sul
palco – pensano – che cos’ha da dire? Che cosa farà?

E allora, che facciamo per rimediare a questo?

Smantellare il capitalismo e rovesciare il patriarcato.

Ho capito. Ma a breve e medio termine?

Smantellare il capitalismo e rovesciare il patriarcato.

LUI ride.

Vorrei che la smettesse di ridere di cose che non potrebbero


essere più serie, cazzo.

È enormemente ambiziosa.

Lei ci crede?

In cosa?

Crede che il patriarcato esista? Crede che ci sia una struttura di


potere in atto, in questa società, che cerca sistematicamente di
opprimere le donne?

Io –

E che lei ne fa parte?

Io –

Lei non crede che esista?

Io credo. Io credo che le donne giovani siano arrabbiate per


molte ragioni diverse e credo che una di quelle ragioni è che si
sentono squalificate ma non mi sembra molto diverso da
problemi derivanti tipo da povertà, classe, razza o –

Ma come uomo, allo specchio lei riconosce di essere detentore


del potere?

Pausa.

Ce l’ha un fidanzato?

Geniale. Questa è geniale.


Voglio solo – io – mi interessa solo capire come questa
posizione – la sua – come questa presa di posizione politica
agisce nella – sua – vita personale.

Ci sono uomini che la capiscono.

Come per esempio il suo fidanzato?

LEI scrolla le spalle.

Lei lo domina?

Non ha intenzione di rispondere?

Dovrei rispondere a una domanda del genere?

Credevo che stessimo facendo una conversazione adulta sulla


politica sessuale. Ha sollevato lei l’argomento dello stupro e
ora, all’improvviso, fa finta di fare la ritrosa. Mi sembra un po’
– furbetto.

Lei domina sua moglie?

Molto bene.

Io immagino di sì. Immagino che sua moglie sia più giovane,


meno intelligente e molto concentrata sulla propria bellezza.
Tanto che quasi tutto il suo status è legato alla bomba a
orologeria perennemente ticchettante della giovinezza che le dà
la confusa ma inevitabile sensazione che quando uno si scopa
una che ha dieci anni meno di lui tra cinque anni… se non è
già successo.

Lei è al di sopra della bellezza dunque?

Cerco di non collocare lì il mio valore.

Potrebbe provare un po’ di umiltà.

Ha ragione, credo che le donne giovani non me abbiano


abbastanza.

Non credo che ne abbiano proprio, al giorno d’oggi.

Cristo santo.
Essere contro qualsiasi cosa, in continuazione, essere così
aggressiva – in continuazione, indebolisce il suo argomento.
Accetti la critica.

Non sto mettendo insieme un “argomento convincente”. Sto


dicendo quello che credo sia vero.

Non trova attraenti gli uomini più grandi?

Cosa?

Mi assecondi.

Lei ha proprio bisogno di essere assecondato…

Perché non trova attraenti gli uomini più grandi?

Trovo il fatto che siano attratti da donne più giovani –


repellente.

Questa è politica, non è desiderio. Quello che vogliamo e


quello che pensiamo sia giusto sono due cose diverse.

No. È desiderio.

Una cosa può essere sessualmente attraente anche quando la si


considera politicamente offensiva.

Non è offensiva. È patetica. La vanità e l’ego degli uomini più


grandi che hanno bisogno dell’attenzione di donne più giovani
per sostenerli. Scoparsi qualcuno per pietà è patetico e non è
per niente facile.

Lei ha passato una quantità di tempo considerevole con me.

Me lo ha chiesto lei.

Questo non significa che era obbligata, non l’ho mica legata.

Ha detto di poter fare qualcosa su quello che c’è in scena. Ecco


perché sono /

/ Sto solo dicendo che è ovvio che nel litigare con uomini più
grandi c’è qualcosa che chiaramente le piace altrimenti non
saremmo qui.

Si dà il caso che se una vuole cambiare un cazzo di qualcosa


nel mondo litigare con uomini più grandi fa parte del gioco.

Questo non significa che non le piaccia.


Si fidi, se ci fosse qualunque altro modo per arrivarci – lo farei
in quel modo. [Prende la borsa e si dirige verso la porta] Vado
a prendere la metro. Dica al regista dello spettacolo, da parte
mia, che il teatro è sacro, che dovrebbe esserlo – questi spazi –
collettivi e civili e fatti per curarci quando c’è – quando c’è – e
lui lo sta usando per rafforzare il suo – lui lo sta usando per
eccitarsi con certe cose. E mi fa –

Arrabbiare. Sì, lo vedo.

LEI fa per andarsene come una furia. Si ferma. Si gira.

Proprio non mi riconosce, eh?

Dovrei?

Sì.

Al festival del teatro studentesco di Hull. Sei anni fa. Avevo


diciotto anni. Avevo scritto uno dei testi. Eravamo insieme in
una commissione alla fine della settimana.

Lei e io.

Lei e me.

E?

Io parlai di come avevamo commercializzato lo spettacolo che


avevo fatto. Lei disse – “L’idea che la prossima generazione di
teatranti pensi che il teatro debba essere intrattenimento, un
prodotto da vendere, è la dimostrazione della morte culturale di
un paese. Il teatro deve parlare contro le forze culturali e
ideologiche dominanti dell’epoca. Deve essere ribelle, nel
migliore dei casi, una rivoluzione”.

Le è rimasto impresso.

È per questo che continuo a venire qui a vedere spettacoli.


Continuo a sperare che lei possa essere coerente.

Lei sa che ho diretto io lo spettacolo di stasera.

Sì, so che ha diretto lei lo spettacolo di stasera.


E pensa che sia giusto? Parlare con qualcuno, proprio come ha
appena fatto lei con me, del suo lavoro, della qualità del suo
lavoro?

Non stavo parlando di qualità. Stavo parlando delle sue prese


di posizione politiche.

A me è sembrato che stesse parlando della qualità dello


spettacolo.

Questo perché lei considera lo spettacolo una rappresentazione


del fatto – di avere talento o meno – a livello personale –
invece di considerare un testo teatrale una dichiarazione
politica. L’espressione formale di una dichiarazione politica.
Lei non è incline a una consapevolezza sistemica. Mi pare. È
più uno che considera il teatro una bella serata fuori.

Pausa.

Dopo la commissione, mi ha chiesto se mi andava di andare al


pub e ovviamente poiché lei è quello che è e io avevo diciotto
anni ed ero in totale ammirazione, cazzo – ho detto di sì.

Hm.

E ci siamo seduti in questo pub pazzesco, con il legno scuro e


il vino rosso, e lei mi ha detto che bisogna scrivere della verità.
Che è un fuoco sacro – che questi spazi sono dove veniamo a
urlare le cose che non troviamo il modo di dire nella vita reale.

Ho detto così?

Ha detto così e io mi sono sentita… da quel giorno in poi – ho


fatto della scrittura la mia religione.

Piccola pausa.

Lui fa un passo verso di lei.

Al pub, mi ha chiesto di farle vedere alcune cose che avevo


scritto, le ha lette e ha detto che erano belle. Che avevo talento,
che lei riusciva a capirlo con gli scrittori, che il talento uno o
ce l’ha o non ce l’ha, e ha detto che io, con un po’ di lavoro,
potevo diventare brava.

E mi ha offerto un lavoro. Ha detto che potevo andare a


lavorare nel suo teatro. Che avrebbe trovato il modo per farmi
avere un po’ di soldi perché potessi sviluppare la mia voce, che
avrei potuto scrivere il mio primo testo teatrale lungo e che lei
avrebbe fatto tutto il possibile perché venissi ascoltata.

Perché – um – perché – non ha, non ha mai. Non ha lavorato


qui.

No.

Non ha accettato l’offerta?

Perché?

Perché subito dopo avermi offerto il lavoro – lei ha cercato di


baciarmi. Era metà marzo. Al King’s Head. Lei aveva
mangiato l’anatra. Io avevo ordinato un whisky per darmi
un’aria da adulta e non lo avevo toccato.

I suoi capelli erano diversi.

Certo.

Pausa.

E mi ha chiesto di tornare al suo albergo con lei. E mi ha


spiegato che era sposato ma non era un problema perché c’era
una specie di accordo – come se la cosa devastante di quanto
aveva appena fatto fosse in qualche modo essere sposato.

Pausa.

In che senso, devastante? Lei mi ha scaricato.

Come?

Mi ha rifiutato?

Io volevo credere che scrivevo bene.

Ed era così, per questo le avevo offerto un lavoro.

Ma aveva anche cercato di baciarmi.

Sono due cose separate.

Non per qualcuno che non è sicuro del perché è nella stanza.

Non era una stanza, era un pub.


È stato lei a suggerire che andassimo lì.

Abbiamo parlato di sesso. Abbiamo parlato di – ricordo che


c’era stata una conversazione su – io non avrei di colpo, avrò
avuto la sensazione che /

/ come di una – come di una cosa che c’entrava con il lavoro.


Come di una – la condizione umana – è di questo che parlano
gli artisti. Gli scrittori possono parlare di sesso senza /

/ Be’, può perdonarmi per aver capito male? No?

Io avevo diciotto anni. Lei ne aveva trenta e qualcosa.

Io non sapevo che avesse diciotto anni /

/ era una cosa studentesca /

/ E allora, che problema c’era se aveva diciotto anni? Non c’è


niente di sbagliato. Lei è chiaramente matura per la sua età, è
così arrogante che avrò pensato che ne aveva cinquanta, cazzo.

Io volevo quel lavoro per il mio talento, non perché lei mi si


voleva scopare.

Si può essere tutte e due le cose. Uno dovrebbe essere grato di


avere tante frecce al suo /

/ Ma non lo capisce? Cazzo, non lo capisce proprio, eh? I


maschi che sono seduti a un colloquio e ricevono un’offerta di
lavoro non devono mai, neanche per un secondo, chiedersi
come mai glielo stiano offrendo – sanno semplicemente che è
perché sono bravi.

I maschi non avrebbero avuto l’opportunità di venire al pub. Io


non avrei letto le loro cose. A loro non avrei offerto il lavoro.
Loro sono svantaggiati.

Se però il lavoro lo ottengono, non se ne vanno in giro per i


dieci anni successivi a domandarsi se tutta la loro carriera si
basa su un tizio sposato che voleva farsi una scopata.

Si tiri fuori dalla posizione della bambina – la smetta di fare la


vittima – e non sono neanche sicuro che lo fosse – e mi
dimostri che ho sbagliato a sottovalutarla. Avrebbe dovuto
accettare il lavoro.

Mi sarei compromessa.

E perché?
Le donne che le danno del testa di cazzo alle sue spalle sono le
stesse che portano la minigonna nella sua sala riunioni – io non
posso essere una di quelle donne e produrre qualcosa che mi
sembri autentico fino in fondo.

Era entusiasta. Si vedeva – in quel pub – lei era entusiasta.

Certo che ero entusiasta.

Quello era autentico fino in fondo? Ecco. Allora avrebbe


potuto scrivere di quant’era entusiasta. Quello è un testo che io
andrei a vedere.

Non si può scrivere da un luogo di – di – di – [Cerca di


prendere fiato]

Questa è una sua mancanza di fiducia, non è un mio /

Questo è il problema sistemico delle donne che hanno la


sensazione di non avere niente di interessante da dire. Pensano,
e dio solo sa perché, che valgono molto di più perché sono
carine e uno se le vuole scopare!

Non vedo dove sia il problema se uno trova attraente una bella
donna intelligente?

Negli ultimi sei anni, magari avrei scritto cose che avrebbero
potuto cambiare il mondo. E non l’ho fatto. Non l’ho fatto
perché l’unica persona che mi ha detto che potevo essere una
vera artista – ha anche cercato di scoparmi.

Non credo che possa attribuire a me il suo fallimento. Si deve


assumere la responsabilità della sua insicurezza. Non dovrebbe
avere bisogno della mia approvazione.

Pausa – lei non parla.

Entrano l’AUTRICE e il REGISTA. Dovrebbero essere versioni più grandi e un po’ meno attraenti dei
loro corrispettivi in scena. L’attrice che in precedenza ha interpretato l’autrice diventa l’ATTRICE,
l’attore che in precedenza ha interpretato il REGISTA diventa l’ATTORE.

Tutti prendono delle sedie.

Tutti e quattro restano seduti in silenzio per un attimo – si guardano tra loro – su chi comincerà a
parlare.
AUTRICE Uh – sì, comincio io?
REGISTA Mah, sì.
AUTRICE Uh – allora, questo è solo un – work in progress. È una cosa
che ho scritto – e uh, abbiamo fatto questa lettura solo per
capire se può funzionare o – um. Se potrà diventare qualcosa –
potrei andare avanti oppure… uh… [L’AUTRICE guarda il
REGISTA che non dice niente] Così… così abbiamo pensato che
dopo si poteva lasciare questo breve spazio alle domande,
giusto per uh. Avere un’idea di. Non vogliamo rubarvi troppo
tempo, ma se c’è qualcosa che. Qualcuno. Ecco.
ATTRICE Secondo me, è stato bellissimo. Mi è davvero piaciuto esserci.
È come se avesse fatto qualcosa al mio corpo.
REGISTA Insomma, ovviamente, è un pugno nello stomaco – credo che
noi, insomma devo proprio congratularmi per questo. Credo
che abbia un vero – uh. È dettato da un’urgenza, ma il
problema, ecco, è che, insomma – non è ancora un testo vero e
proprio – non è sufficiente per essere un testo, così com’è –
perciò dovremo capire dove va a parare. Forse non sono
sufficienti – insomma, urla e strepiti.
AUTRICE Deve spingere a un cambiamento.
REGISTA Ecco.
AUTRICE In fase di scrittura, questa è stata una grande preoccupazione
infatti. Ecco, quel timore di essere, insomma lei ha ventiquattro
anni, è, insomma è giovane – eppure la rabbia – è abbastanza
implacabile.
REGISTA Questo è certo.

Risata nervosa.

AUTRICE Si resta bloccati tra il – ecco, tra il luogo vittima-lamentosa e il


luogo donna-arrabbiata – e sembra impossibile farsi ascoltare
da qualsiasi altro punto intermedio.
REGISTA Per spezzare una lancia a favore del testo, lì dentro c’è anche
un ragionamento abbastanza ben strutturato.
AUTRICE Sì, ecco il ragionamento è dove ci si fa ascoltare ma se si vuole
essere appassionati, ci sono solo due posizioni a disposizione.
Il ragionamento, ecco, dal punto di vista formale – è un po’, è
la versione delle cose di lui. Sono i termini che vuole stabilire
lui.
REGISTA Ma come dicevo, il ragionamento fila. Ci abbiamo dovuto
lavorare molto. Era un vero pistolotto, quando ci è arrivato la
prima volta.
AUTRICE Immagino che è così che la rabbia /
REGISTA / E abbiamo proprio dovuto lavorare di scalpello. Mancava
disperatamente di rigore e di logica – le parti in cui diventa –
insomma, una filippica – possono risultare insopportabili.
AUTRICE A me sembra che lei stia solo cercando di farsi ascoltare.
REGISTA Certo, e abbiamo dovuto fare un bel po’ di lavoro a livello di
struttura per essere sicuri che fosse così.

L’AUTRICE alza leggermente il sopracciglio, con un sorriso teso.


AUTRICE Certo.
REGISTA Tu non credi?
AUTRICE Non sono sicura che sia migliore – penso solo che è – ci sono
diverse forme di espressione, immagino, e alcune sono più
facilmente – comprensibili di altre.
REGISTA Credi che quello che ci hai mandato all’inizio fosse più
comprensibile?
AUTRICE In un certo senso sì.
REGISTA Sei fuori di testa.
AUTRICE La sua struttura si era formata attraverso l’istinto. Magari non
sarà stata logicamente /
REGISTA Era un pastrocchio.
AUTRICE Secondo la tua idea di struttura.
ATTRICE A me piaceva la prima stesura. Era – una follia. Cazzo, era
fantastica da fare. Era senza capo né coda.
REGISTA Appunto.
ATTORE Anche a me piaceva molto.
AUTRICE De gustibus.
REGISTA Questa è migliore dal punto di vista della scrittura.
AUTRICE Dipende dalla tua definizione di migliore. Passiamo a un’altra
domanda?
REGISTA Se pensate che questa versione sia auto-compiaciuta, avreste
dovuto vedere la prima stesura.
AUTRICE Non sono sicura che esprimersi in maniera emotiva e personale
debba per forza coincidere con l’auto-compiacimento. Quindici
pagine di dialettica accademica finemente cesellata, fredda e
razionale, questo per me è auto-compiacimento. Il solo fatto
che è una donna a stare sul palcoscenico a dire come si sente /
REGISTA / Come si sente lei, appunto. Cazzo, tutto questo movimento
oggi è così auto-
AUTRICE Invece di cosa pensa lui. Non credi che siamo arrivati alla
saturazione di cosa “pensa lui”. Insomma, l’intera struttura del
mondo occidentale è organizzata sul principio di cosa “pensa
lui”.
REGISTA Appunto “il mondo” – è una prospettiva più ampia, è
accessibile a – non è solo l’infinita prospettiva auto-
referenziale di una sola persona sulla propria angoscia.
AUTRICE Amleto.
REGISTA Che usa il personale come politico /
AUTRICE / E allora perché non può essere vera la stessa cosa qui?
ATTRICE Non sembra una filippica – quando la reciti.

Strana – lunga pausa – nessuno sembra avere una risposta.

REGISTA C’è qualche altra domanda dal pubblico?


SPETTATORE Ha avuto la possibilità di fare la conversazione che è nel testo
con qualcuno dei professionisti con cui lavora nella vita reale?

Piccola pausa.
AUTRICE È rivolta a me?
REGISTA È chiaro.
AUTRICE Potrebbe essere per te –
REGISTA Non l’ho scritto io.
AUTRICE Um – be’, uh – la nostra conversazione è stata più che altro
drammaturgica. Insomma – è il /
REGISTA / È il lavoro la cosa importante. Siamo qui per sviluppare
quello. Altre domande?
SPETTATORE Questa è rivolta – be’, immagino a tutti. Crede che sia strano
che il suo personaggio parli così tanto del potere e sia una
donna ma non parli mai di razza?
REGISTA Ottima domanda ed è qualcosa che teniamo in considerazione
in tutti gli spettacoli che facciamo – ci assicuriamo che nel
casting ci sia una rappresentanza del livello di diversità che –
tu hai già lavorato qui, no?
ATTRICE Uh huh. Sì. Mi – piace lavorare qui.
AUTRICE Ma ammetto decisamente che il testo proprio non affronta
questo argomento. Ecco, non volevo presentare delle facili
scuse ma – comunque – um, non parla di razza. Anche se il
potere – insomma, si tratta sempre di – ma mi prendo –
ammetto che – scusate.
ATTRICE È un bellissimo ruolo. È meglio di – sono solo contenta che
stiamo facendo il, il testo mi piace moltissimo.
ATTORE Io credo che sia davvero affascinante. Siamo stati molto attenti
alle prove. Abbiamo fatto molte conversazioni affascinanti
sull’intersezionalità e sulle persone che non hanno voce e su
quanto poco la gente umile sente di poter dire – io no, in realtà.
ATTRICE [Gli sorride, lo sta prendendo in giro] Sì, lo so.
REGISTA C’è qualche altra domanda?
SPETTATORE Quando stavate cercando di trasformarlo da quella specie di
pistolotto in un ragionamento più logico – come avete deciso
cosa lasciare e cosa tagliare?

L’AUTRICE guarda il REGISTA, il REGISTA guarda l’AUTRICE. Pausa.

AUTRICE Abbiamo dovuto farlo secondo quello che stava succedendo tra
i due personaggi. Ci siamo dovuti interrogare su quello che
stavano facendo uno all’altro.
SPETTATORE E cosa stanno facendo uno all’altro? Secondo voi?
ATTORE È una cosa complessa, credo.
ATTRICE Ci sono un sacco di spostamenti, mi pare.
ATTORE Ma in generale. Credo che l’idea sia /
AUTRICE / Credo che il regista veda nell’autrice il potenziale per un
bello spettacolo e credo che sfrutti quel potenziale. Scusate,
non volevo interrompere.
REGISTA E l’autrice vuole essere ascoltata eppure lei non ascolta affatto.
AUTRICE E io credo che abbia ascoltato anche troppo.

Piccola pausa – tutti guardano l’AUTRICE che non dice niente.


ATTRICE Stavo giusto pensando: chi è che ottiene davvero quello che
vuole? E in quel senso, chi è il protagonista? Insomma, lei non
può mica prodursi il testo da sola – quindi /
AUTRICE / Le serve il permesso di lui.

Lunga pausa.

REGISTA Okay, fantastico – è fantastico – c’è un uomo in fondo che sta


agitando la mano per aria e credo che sia il segnale che
dobbiamo finirla qui.

Ognuno porta via la sedia.

L’ATTORE e l’ATTRICE liberano lo spazio. Il REGISTA fa per andarsene, e l’AUTRICE lo ferma.

AUTRICE Cosa devo…


REGISTA Hm?
AUTRICE Qual è il – sarà, um. Che succede adesso?
REGISTA Quando puoi consegnarmi il resto?
AUTRICE Uh. Io –
REGISTA Portamelo al più presto.

Il REGISTA esce.
Due

Il FIDANZATO, sui trentacinque anni, uno che ha tutti i requisiti. Una scenografia naturalistica di un
soggiorno di una coppia di giovani artisti intellettuali metropolitani viene mossa intorno a lui,
costruita da un gruppo di tecnici (tutte donne), che gliela sistemano intorno, come madri. Una
sedia viene messa sotto di lui che ci si siede, con una birra su un tavolinetto. Sul muro in fondo del
soggiorno, c’è un manifesto formato A3 di uno spettacolo intitolato “ANGRY YOUNG WOMAN” –
c’è sopra il volto dell’AUTRICE, con un’aria leggermente turbata/sexy, con una parrucca rosa e il
mascara che gli cola sul viso. Nel salotto “naturalistico” ci dovrebbero essere un tavolo e delle
sedie, e una luce soffusa. Come ultima cosa, nel salotto viene portato un divano nuovo di zecca. È
elegante, di design – forse un po’ svedese ma probabilmente di John Lewis. Il FIDANZATO, che si
stava sentendo un po’ a disagio per via del copione che stava leggendo, lo adora. È la sua novità
preferita, top di gamma.

Entra l’AUTRICE con un impermeabile, fuori sta piovendo, l’impermeabile dell’AUTRICE è stato
spruzzato d’acqua – scuote un ombrello bagnato.

FIDANZATO Cazzo, no. Esci di nuovo.


AUTRICE Sul serio?
FIDANZATO Ti prego?
AUTRICE Uff.

L’AUTRICE esce di nuovo dalla stessa porta. Il FIDANZATO prende un mortaretto che spara
coriandoli che ha preparato in precedenza e aspetta vicino alla porta.

FIDANZATO Vai!

Non succede niente. Il FIDANZATO allunga la mano verso la porta per aprirla, e l’ AUTRICE la apre
nello stesso momento. Tocca leggermente il FIDANZATO in faccia.

AUTRICE Cazzo. Scusa.


FIDANZATO [Riprendendosi rapidamente perché non vuole perdere il
momento] Uuueeeeiii!

Il FIDANZATO fa esplodere il mortaretto in faccia all’ AUTRICE – le fa fare un salto.

AUTRICE Cazzo.

Il FIDANZATO la afferra, la bacia, la fa roteare. È una cosa romantica. Si baciano – è una cosa
felice.

Che stiamo facendo?


FIDANZATO Festeggiamo.
AUTRICE Che cosa?
FIDANZATO Te.
AUTRICE Cos’è quello?
FIDANZATO Un divano.
AUTRICE Perché?
FIDANZATO Ho comprato un divano nuovo per noi.
AUTRICE Huh.
FIDANZATO È quello che volevi tu.
AUTRICE Ah sì?
FIDANZATO Oh cazzo, ah. Aspetta.

Il FIDANZATO va al cassetto dove ha preso il mortaretto, prende una manciata di coriandoli


scintillanti e li getta in faccia all’AUTRICE.

AUTRICE Ah.
FIDANZATO Sì.
AUTRICE Coriandoli. Iuhu.
FIDANZATO Iuhu.
AUTRICE Perché lanciamo coriandoli?
FIDANZATO Ho visto il contratto.
AUTRICE Che contratto?
FIDANZATO Sul tavolo.
AUTRICE Ah. Cos’è questo odore?
FIDANZATO Cassoulet.
AUTRICE Cazzo no.
FIDANZATO Cazzo sì.
AUTRICE Adoro il cassoulet.
FIDANZATO Lo so.

Il FIDANZATO comincia a baciare l’autrice. La coglie leggermente alla sprovvista. Lei inciampa
all’indietro. Il FIDANZATO la guida indietro verso/sopra il divano e la spinge indietro fino a farla
sdraiare lì sopra. L’AUTRICE scompare alla vista.

AUTRICE Posso togliermi l’impermeabile?


FIDANZATO No.
AUTRICE Perché no?
FIDANZATO Ti fa sembrare un’adulta. Mi sembra che mi sto scopando
un’adulta.

Per come è sistemato il divano non possiamo vedere il sesso – possiamo solo vedere la persona che
“sta sopra” – chiunque sia sotto è oscurato dallo schienale del divano. Lei non fa molto rumore, lui
sì – lui viene – lei no. Finiscono – lui si alza. Lei si tira su a sedere ancora con l’impermeabile.

FIDANZATO Merda, il cassoulet.

Il FIDANZATO corre in cucina.

L’AUTRICE vede il copione da una parte. Lo prende, vede a che punto è arrivato lui, lo rimette giù.
Mentre lo fa, lui rientra con una bottiglia di vino e due bicchieri.

Puoi togliertelo, adesso.


AUTRICE Che cosa?
FIDANZATO L’impermeabile.
AUTRICE Non importa.
FIDANZATO Toglitelo.
AUTRICE Perché?
FIDANZATO Sei dentro casa. Non si sta con l’impermeabile in casa.
AUTRICE Ho un po’ freddo.
FIDANZATO Toglitelo. È strano stare con l’impermeabile in casa. Hai
un’aria curiosa.
AUTRICE Va bene così.
FIDANZATO Stiamo per mangiare. Ho preparato una bellissima cena. Ho
preso il vino. È un Tempranillo. Togliti l’impermeabile.

Piccolissima pausa. L’AUTRICE si toglie l’impermeabile.

Sono un bel po’ di soldi.

Il FIDANZATO versa il vino.

AUTRICE Che cosa?


FIDANZATO Il contratto.

Il FIDANZATO porge all’AUTRICE il bicchiere.

AUTRICE Non ho intenzione di farlo.

Il FIDANZATO ritira il bicchiere.

FIDANZATO Come?
AUTRICE Me lo hanno spedito per cercare di convincermi con i soldi. Ho
già deciso che non lo farò.
FIDANZATO Sono quarantamila sterline.

L’AUTRICE scrolla le spalle. Prende il vino dal FIDANZATO e ne beve un po’.

Hai già scritto il testo teatrale, devi solo trasformarlo in


un film.
AUTRICE Non lo voglio fare.
FIDANZATO Lo faccio io.

Lei ride. È una risata un po’ più forte di quella che intendeva. Lui non ride.

Lo sai quanto ci metterei io a guadagnare quei soldi?


AUTRICE Un anno.
FIDANZATO E tu quanto ci metteresti a farlo?
AUTRICE Non lo voglio fare. Non ho bisogno di farlo. Stiamo bene come
stiamo. È per questo che hai comprato il divano?
FIDANZATO È un regalo. Sei tu che volevi il divano.
AUTRICE Un divano? Non credo di aver mai voluto un divano.
FIDANZATO Hai detto, quando eravamo a casa di Joe e Pete – lo hai
indicato e hai detto: “Bel divano”.
AUTRICE Stavamo sparando cazzate.
FIDANZATO Come?
AUTRICE Joe stava parlando della torta, tu stavi parlando di quel tizio al
lavoro che si chiama Yan ma vuole che tutti lo chiamino Jan
perché è più facile e Pete stava dando da mangiare una banana
al bambino.
FIDANZATO Alex.
AUTRICE Cosa?
FIDANZATO Il bambino si chiama Alex.
AUTRICE Lo so.
FIDANZATO Dar da mangiare a un bambino come fa a essere sparare
cazzate?
AUTRICE Pete stava facendo il rumore dell’aeroplanino. Io stavo solo
parlando a vanvera.

Piccola pausa.

FIDANZATO Ah ecco.

Il FIDANZATO esce verso la cucina.

AUTRICE Tutto bene? Non volevo farti arrabbiare. Non sapevo che ti
piacessero i divani.

Il FIDANZATO torna con il cassoulet.

FIDANZATO Pensavo che piacessero a te i divani. Era un regalo. È costato


quasi duemila sterline.
AUTRICE Ma che ti prende?
FIDANZATO Che mi prende?
AUTRICE Chi spende duemila sterline per un divano?
FIDANZATO Pensavo fosse bello.
AUTRICE È solo che non voglio fare quel lavoro. E per me va bene non
volerlo fare.
FIDANZATO Vuoi un po’ di cassoulet?
AUTRICE Certo.
FIDANZATO Altro vino rosso?
AUTRICE Certo.
FIDANZATO Ho del cioccolato per dopo.
AUTRICE Buonissimo.
FIDANZATO Potresti dire grazie?

L’AUTRICE ha un’aria offesa. Il FIDANZATO torna in cucina.

AUTRICE Grazie.

Il FIDANZATO torna dalla cucina con le patate dolci.

AUTRICE Le patate dolci sono di un colore incredibile.


FIDANZATO Non mi prenderei la briga di mangiarle, probabilmente fanno
schifo.
AUTRICE Perché sei così /
FIDANZATO Non mandarle giù per forza, se non vuoi. Non voglio che ti
metti in bocca niente contro la tua volontà.
AUTRICE Ieri non sapevamo neanche di quel lavoro e stavamo una
meraviglia.
FIDANZATO Ho un cazzo di grembiule addosso.
AUTRICE Allora, toglitelo.
FIDANZATO Non voglio sporcarmi la camicia di cassoulet perché me la
devo mettere domani quando vado in ufficio a fare il lavoro
che non mi piace.
AUTRICE Puoi specificare esattamente cosa ho fatto di sbagliato?
FIDANZATO La gente deve fare il suo lavoro. È così che funziona. Uno
ottiene un lavoro e lo deve fare.
AUTRICE Tu non devi fare il tuo lavoro se non vuoi.
FIDANZATO Però abbiamo l’affitto da pagare, no? Perciò, sarà meglio che
io continui a risolvere la logistica di come spedire scarpini da
calcio in tutto il mondo.
AUTRICE Io pago lo stesso affitto che paghi tu.
FIDANZATO Dobbiamo comprarci una casa.
AUTRICE Ieri non dovevamo comprarci una casa.
FIDANZATO Non capisco perché non vuoi accettare quel lavoro. Io lo
accetterei al volo.
AUTRICE Non ti puoi offendere perché ho “insinuato” che tu accetteresti
il lavoro. L’hai appena detto tu che accetteresti il lavoro.
FIDANZATO E perché tu no?
AUTRICE [Pratica] Perché la storia che ho scritto, quando l’ho scritta,
era vera. La cosa che ho detto era vera. E se la trasformo in un
film, i produttori la distruggeranno, la faranno a pezzi e la
distorceranno trasformandola in una cosa che non è vera e che
mi farà soffrire.
FIDANZATO È una storia.
AUTRICE Ma. Non ha importanza.
FIDANZATO No, continua, cerca di spiegarmi. Ti ascolto.
AUTRICE Lasciare che i produttori, che loro – mi sembra come lasciare
che degli estranei facciano un intervento di chirurgia plastica a
un bambino non ancora nato per renderlo più scopabile.
FIDANZATO Immagine vivida.
AUTRICE E quando hanno finito con le loro cazzate e lui esce fuori
morto, morto, livido e floscio, non riescono a capire perché
non c’è amore né vita né fede né magia nella tua storia e allora
ti chiedono di riscriverla, ma stavolta ci potresti mettere più
cuore e quando gli dici di no, ti offrono dei soldi – sempre più
soldi, come se in quel modo lascerai che qualcuno si fotta il tuo
bambino.
FIDANZATO È un lavoro. È come ti guadagni da vivere. C’è l’affitto da
pagare.
AUTRICE Ho pagato l’affitto anche per te tre volte quest’anno e non ti ho
chiesto neanche una volta di pagare il mio.
FIDANZATO Non la finirai mai con questa storia?
AUTRICE Finiamo di mangiare?
FIDANZATO Non scriverai mica testi teatrali per sempre.
AUTRICE Ah no?
FIDANZATO Andrai incontro alla povertà.
AUTRICE Stavi sperando che il tuo investimento maturasse?
FIDANZATO Io –
AUTRICE Tu continuerai a spedire cose.
FIDANZATO Io avrò una promozione. Sto per avere una promozione.
AUTRICE Fantastico.
FIDANZATO Non lo dire in quel modo, è fantastico, sì.
AUTRICE L’ho detto come se veramente fosse fantastico.
FIDANZATO Chi è che non vuole avere una promozione?
AUTRICE Che significa promozione? Io sono un’autrice.
FIDANZATO Al cinema, al cinema! A quarantamila sterline, cazzo – questa
è una promozione. Accetta la promozione. Nessuno dice di no
a una promozione.
AUTRICE Io non la voglio!
FIDANZATO Perché no? È per insicurezza? Perché non credi di potercela
fare?
AUTRICE No, perché sono già ricca e furibonda e pulsante di magia e
mito e di una risolutezza profondamente radicata su cosa devo
fare per cercare di cambiare il mondo prima di morire.

Lui la guarda come se fosse pazza, lo sta prendendo per il culo?

FIDANZATO Perché devi fare la strana? Intenzionalmente strana, cazzo. È


così noioso essere tanto alternativi per tutto il tempo, cazzo.

Piccola pausa.

AUTRICE Io non sto con te per il tuo potenziale di crescita. Non sto con
te perché diventerai qualcosa di meglio. Sto con te perché, a
parte questo episodio, sei un brav’uomo. Sei un uomo buono,
gentile e solido, che – quando deve prendere una decisione – la
esamina attentamente da tutti i punti di vista, non solo dal suo.
È per questo che sto con te, perché sei giusto e gentile.
FIDANZATO E perché mi ami?
AUTRICE E perché ti amo.
FIDANZATO E perché vuoi scopare con me.
AUTRICE [Lo dice, ma c’è un soffio di non totale convinzione rispetto a
questo] E perché voglio scopare con te.

Pausa – lui non affronterà l’argomento.

FIDANZATO Ho sempre l’impressione che preferiresti fare qualcos’altro.


AUTRICE Io non ti impedisco mai di fare quello che vuoi.
FIDANZATO Io voglio te.
AUTRICE Questo è barare perché coinvolge un’altra persona.
FIDANZATO Tutto coinvolge un’altra persona.
AUTRICE Ah sì? E dovrebbe?
FIDANZATO Dovrei semplicemente andarmene affanculo, allora?
AUTRICE Io ti amo più di qualunque altro.
FIDANZATO Altra cosa. .
AUTRICE Come?
FIDANZATO Mi ami più di qualunque altra cosa?
AUTRICE [Mente] Sì.
FIDANZATO Ci hai scopato?
AUTRICE Cosa?
FIDANZATO Lo so che lì dentro c’è scritto di no ma – da come parli di lui e
da come fai una faccia strana quando pronunci il suo nome – ci
hai scopato? Con il regista? Anche se lì c’è scritto di no?
AUTRICE Non ci ho mai scopato. Non l’ho mai neanche baciato.
FIDANZATO Lì c’è scritto di sì.
AUTRICE Gli ho detto di togliersi dai piedi e l’ho spedito a casa da sua
moglie. Non è lui il problema.
FIDANZATO E qual è il problema?
AUTRICE Tu non hai mai l’impressione che tutto questo sia una finzione?
FIDANZATO Tutto cosa?
AUTRICE Tutto questo –
FIDANZATO Tu sei perennemente in contrasto con qualsiasi cosa. Tipo, se
siamo con amici o con i miei genitori o in un locale – tu sei
sempre al di fuori e fai finta che non c’entri niente. E dici che è
tutta una cazzata. No, io non credo che questa sia una finzione.
Credo che sia la vita reale. E credo che tu non la sappia gestire.
Non sei capace di stare a letto con me invece di sgattaiolare qui
sotto a scrivere storie. Non sei capace di fare semplicemente il
tuo lavoro senza farne una tragedia. È una scappatoia. È da
vigliacchi. È tutto così da smidollati, cazzo. Voi con i vostri
palcoscenici e le vostre storie e la vostra passione e – fa schifo.
AUTRICE Tu vuoi un mondo in cui non ci siano storie?
FIDANZATO La sera che ti ho conosciuto. Avevi appena chiuso una
telefonata con qualcuno.
AUTRICE Ah sì?
FIDANZATO Hai detto che avevi appena parlato con qualcuno che ti aveva
fatto sentire meno sola per la prima volta da anni. Qualcuno
che rendeva sopportabile andare a una festa. Insomma,
comunque – era mezzanotte passata.
AUTRICE Ah sì?
FIDANZATO Ti aveva letto una poesia al telefono. Mi sono seduto e ti ho
ascoltato mentre la dicevi – la dicesti a voce alta nel bosco,
come se fosse una magia quasi – “era l’ora peggiore della
stagione peggiore” – come se fossi persa lì dentro e sembrava
così – urgh – e io pensavo ma che cazzo fa questo tizio, sta a
casa con la moglie e spedisce poesie alle ragazze.

Piccola pausa.

AUTRICE [Senza stress, ma solo ai fini della difesa dell’arte in generale,


questo dovrebbe essere un momento completamente magico]

Nell’ora peggiore della stagione peggiore


dell’anno peggiore di un’intera popolazione
un uomo si mise in viaggio dal ricovero con la moglie.
Camminava – camminavano entrambi – verso nord.

Lei stava male per la fame e non riusciva a tenere il passo.


Lui la sollevò e se la mise in spalla.
Camminò così verso ovest e ovest e nord.
Finché all’imbrunire sotto gelide stelle arrivarono.

Al mattino, furono entrambi trovati morti.


Per il freddo. Per la fame. Per le tossine di una storia intera.
Ma i piedi di lei erano stretti allo sterno di lui.
L’ultimo calore della carne era stato il suo ultimo dono per lei.

L’AUTRICE si tiene il pugno contro lo sterno.

Vediamo una frazione del REGISTA tra le quinte.

L’AUTRICE sta guardando in direzione di lui, o forse – al di là di lui.

Il FIDANZATO è quasi completamente nel salotto e per niente in palcoscenico. Cerca di prendere il
pugno di lei per metterselo sul petto – l’AUTRICE lo ritira – non vuole darlo a lui, non è suo.

FIDANZATO Non è reale.


AUTRICE Sembra reale.
FIDANZATO È evasione.

Il rumore di un bambino che piange. Sembra incredibilmente reale e incredibilmente vicino.

AUTRICE Che cos’è?


FIDANZATO Credo che sia un bambino.

Il FIDANZATO rientra nel salotto.

Di nuovo il rumore del bambino.

Penso che venga dalla porta accanto.


AUTRICE Non c’è nessuna porta accanto.
FIDANZATO Ma che cazzo di problema hai?
AUTRICE Io?

Si lanciano uno sguardo truce – restano a distanza – chi parlerà per primo.

Il rumore del bambino diventa sempre più forte – è forte in maniera quasi insopportabile.

Il FIDANZATO non sembra fare caso a quant’è forte, l’AUTRICE non riesce a sopportarlo.

AUTRICE Farò quel lavoro se proprio vuoi che faccia quel lavoro. Dovrei
fare quel lavoro. Se vuoi che lo faccia accetterò quel lavoro.

Il rumore del bambino cessa.

FIDANZATO Credo che sia un’ottima cosa da fare.


AUTRICE Certo.
FIDANZATO Verrai considerata un’artista più affermata. Ti darà un senso di
sicurezza per il futuro.
AUTRICE Certo.
FIDANZATO Non è qualcosa da disprezzare.
AUTRICE Lo so.
FIDANZATO È la vita che è così.
AUTRICE Lo so.
FIDANZATO La mia fidanzata scrive film.
AUTRICE Certo.

La afferra eccitato e la bacia. Lei sorride. Ballano un po’ – dovrebbe essere un momento
bellissimo. Non lo è esattamente.

Non so cosa scriverò ma gli dirò che lo faccio – accetterò i


soldi.
FIDANZATO Scrivi semplicemente la stessa storia del testo teatrale ma per
un film – quello che succede alla ragazza. Scrivilo e basta.
AUTRICE È una donna.
FIDANZATO Tu dici ragazzo in continuazione.
AUTRICE L’unico problema è che non lo voglio scrivere.
FIDANZATO Tutti devono fare cose che non vogliono fare, a volte.
AUTRICE Io faccio cose che non voglio fare in continuazione.
FIDANZATO Ah sì? Davvero? Tipo? Io non riesco a pensare neanche a una
cosa che fai e che non vuoi fare.
AUTRICE Andare a cena con tua madre. Portare le scarpe. Mangiare tutto
quello che non è formaggio sul pane tostato. Parlare. Fare
sesso con te.
FIDANZATO Scusa?
AUTRICE A volte mi va. A volte no. È così e basta – mi capita. Ma
scrivere non è così. Non lo posso fare se non lo voglio fare.
Volerlo è indispensabile. Oppure è come morire. Come se mi
stessi spezzando.
FIDANZATO Mentre venire a letto con me quando non vuoi com’è?
AUTRICE Come andare in palestra, sono sempre contenta di averlo fatto
dopo. Una volta che è fatto.
FIDANZATO Ma porca di una puttana.
AUTRICE È la sincera verità.
FIDANZATO Solo perché sembra la verità a te – questo non ti dà il diritto di
pronunciarla a voce alta. Solo perché è vero, cazzo, non
significa che lo puoi dire. Gli altri hanno dei sentimenti. La
verità non è carta bianca. Lo capisci?
AUTRICE Mi dispiace.
FIDANZATO Per che cosa?
AUTRICE Non lo so, ma mi sembra di doverlo dire.

Il FIDANZATO comincia a rigovernare aggressivamente.

Immagina Picasso che dipingeva un quadro che non voleva


dipingere. Ma come fai? A dipingere quello che non vuoi
dipingere? Lo capisci?
FIDANZATO TU NON SEI PICASSO. TU NON SARAI MAI PICASSO.
SMETTI DI PENSARE CHE SEI PICASSO, CAZZO. È
DISGUSTOSO.
Il FIDANZATO prende la pentola di cassoulet e la rovescia sopra il portatile dell’AUTRICE – in modo
che ne sia completamente sommerso. Lo apre – e butta le patate dolci sulla tastiera, per sicurezza.

L’AUTRICE fissa la scena per un attimo.

L’AUTRICE esce. Esce dalla porta dell’appartamento e su un lato del palcoscenico. La vediamo in
scena ma non all’interno della scenografia. Vuole disperatamente qualcosa che sembra
impossibile. Non c’è spazio. Il FIDANZATO è all’interno. Non sa bene cosa fare. Il FIDANZATO si alza.
Alza la musica. Si guarda intorno per un attimo. Si siede. Beve un bicchiere di vino finché è vuoto e
poi continua a berne dei sorsi come se lì dentro ci fosse ancora del vino. Va in cucina. Esce dalla
cucina. Va alla finestra finta e guarda dalla finestra verso la parete spoglia del teatro per un po’ di
tempo. Respira come se la vista gli stesse dando un senso di libertà. L’AUTRICE lo vede mentre lo fa.
L’AUTRICE torna dentro.

Il FIDANZATO si volta e la guarda.

Pausa – si guardano. È amore. Al di là di tutto – è vero amore eppure –

AUTRICE Il fatto è che. Io ti amo veramente. Lo capisci questo? Che per


me è quasi impossibile vivere così /
FIDANZATO / Grazie.
AUTRICE Mi sembra di non riuscire a respirare per la maggior parte del
tempo.
FIDANZATO Questo mi fa sentire una favola.
AUTRICE È fisicamente doloroso, quasi tutto il tempo, quando invitiamo
gli amici e ho lo champagne in mano e dopo vado a letto e
faccio finta di dormire. E lo faccio ogni santo giorno anche se
mi fa venire l’orticaria. E in un certo senso, tu ti puoi salvare
amandomi meno.
FIDANZATO Cosa?
AUTRICE Perché a te piace sinceramente un divano. E lo so che sembrerò
una snob e un po’ una testa di cazzo e che sembrerò una
stronza narcisista, ma c’è gente allegra che sta seduta tutto il
giorno a guardare la televisione e gli piace. Tu sei felice come
una pasqua quando sei al reparto cibi esotici di Waitrose a
scegliere una nuova varietà di noccioline da cocktail e a volte,
io sono lì, con il carrello, e mi sembra di sciogliermi dentro
solo a guardare la tua capacità di essere felice. E in me, per
qualche motivo, le noccioline da cocktail, esotiche o no, non
tamponano questo costante bisogno di qualcosa – di più grande
– costantemente. Io voglio lo stupore. Mi serve il sangue, o
così mi sembra. Costantemente. E qualunque cosa inferiore mi
getta nella disperazione. Mi fa venire voglia di morire. O io mi
sento vera ma sto vivendo in un mondo a fumetti oppure tu e il
mondo siete veri e io mi sento come se diventassi irreale. E per
te non è così. Tu hai le noccioline da cocktail. Tu sei
perfettamente felice nel mondo così com’è. E a me fa male
vederlo perché io vorrei tantissimo essere così e quindi mi fa
proprio male vederti da Waitrose, tutto sorridente, con quelle
noccioline da cocktail.
Pausa.

Lui le si avvicina – le prende il volto tra le mani – la bacia.

Lei ricambia il bacio.

È vero amore.

FIDANZATO Non fare quel lavoro se non lo vuoi fare.


AUTRICE Okay.
FIDANZATO Io voglio solo disperatamente che tu sia felice.
AUTRICE Lo so.
FIDANZATO Io continuerò a vendere scarpini da calcio. Non devi fare quel
lavoro.
AUTRICE Le due cose non sono collegate.
FIDANZATO Continuerò a vendere scarpini da calcio per noi.
AUTRICE Io non ho mai vissuto con i tuoi soldi.
FIDANZATO Mi prenderò io cura di te.
AUTRICE Se posso fare quello che voglio, potrei fare qualcosa di
incredibile, credo.
FIDANZATO Potremmo guadagnarci un milione.
AUTRICE Potrebbe essere pazzesco.
FIDANZATO Potremmo guadagnarci un milione.
AUTRICE Anche quello.

Si baciano – piccola pausa.

FIDANZATO Posso dire una cosa?


AUTRICE Sì.
FIDANZATO Una cosa – vera.
AUTRICE Sì. Ti prego. Sì che puoi.
FIDANZATO Stavo pensando, mentre leggevo il tuo testo che tu sei un po’
come lui, il regista – che cerchi di inserirti in questa forza
vitale per cui sei troppo vecchia. Che ancora cerchi di infilare il
cazzo in qualcosa di più giovane e più vivo perché sei troppo
vigliacca per crescere. Tu sei come lui se ancora vuoi lo
stupore. Nessuno dei due si è reso conto che non esiste. Dovete
crescere tutti e due.

IlREGISTA viene un po’ più in vista. L’AUTRICE viene distratta perché lo vede oltre la spalla del
FIDANZATO.

Noi abbiamo di più rispetto alla maggior parte della gente, noi
andiamo d’accordo, ridiamo, ci aiutiamo a risolvere i problemi
quando uno dei due è nella vasca da bagno e l’altro è seduto
sulla tazza con la tavoletta chiusa.
AUTRICE Ti faccio una tazza di tè?
FIDANZATO E tu non capisci quanto dovresti essere riconoscente. Pensi che
ci sia di più ma hai già tantissimo. E col tuo egoismo finirai per
buttarlo via e te ne pentirai per sempre e sarai triste per il resto
della vita per non essere riuscita a vedere l’amore e il bello
quando li avevi perché volevi perennemente di più e non ti
rendevi conto che di più non esiste.

L’AUTRICE lancia un’occhiata al REGISTA.

Non come pensi tu, almeno. Il di più non c’è là fuori, o laggiù
– il di più è semplicemente farsi andare bene le cose normali.
Ecco dov’è il di più, è tutto qui.

Il FIDANZATO si mette su un ginocchio.

AUTRICE Non lo fare.

Di nuovo il rumore del bambino – piano all’inizio, è un gorgoglio dolce e poi diventa più forte –
non forte in maniera fastidiosa stavolta, rimane basso, dolce e calmo. L’AUTRICE è distratta da
questo rumore, il FIDANZATO sembra non esserlo. Il FIDANZATO tira fuori l’astuccio di un anello
dalla tasca posteriore e lo apre – e porge l’anello all’AUTRICE.

Pausa.

Alzati, per favore.


FIDANZATO Perché?
AUTRICE Perché mi fa sembrare stranamente grande. E fa sembrare te
stranamente piccolo.
FIDANZATO Va tutto bene.
AUTRICE Non mi piace. Mi sento enorme. Alzati.
FIDANZATO Stai tranquilla.
AUTRICE Se non ti alzi, mi preoccupo. Non vorrò mai più scopare con te.

Il FIDANZATO si alza. Si rimette in tasca l’anello.

FIDANZATO I ragazzi, i ragazzi giù al pub dicono che le loro fidanzate non
vedono l’ora di sposarsi.
AUTRICE Lo so.
FIDANZATO Passeranno gli anni e vorrai aver detto di sì a tutto perché sarà
troppo tardi. Cosa si è mai ottenuto un “no”?
AUTRICE Io non ho paura. Ho intenzione di non avere paura. Va bene
per te?
FIDANZATO “Quando si superano i quaranta, la percentuale di persone che
si frequentano e sono in grado di creare una relazione fissa e
stabile crolla a meno del trenta per cento”.
AUTRICE Questa mi suona come una statistica molto poco verificabile.
FIDANZATO Il mondo non ti vuole spaiato, tu sei l’unica a cui piace.

Di nuovo il bambino – questa volta il rumore è diverso – come se fosse molto molto reale.

Il FIDANZATO va alla porta, la apre, prende dai tecnici fuori scena un bambino vero – il FIDANZATO
lo fa sobbalzare leggermente e gli fa dei suoni per coccolarlo.

AUTRICE Quello non è nostro figlio.


FIDANZATO Credo che mamma sia solo spaventata. Credo che mamma sia
un po’ insicura.
AUTRICE Questo non è vero.
FIDANZATO Credo che mamma non voglia essere felice.
AUTRICE Non so se quello mi farebbe felice.
FIDANZATO Guardala.

Lunga pausa – lei la guarda, la bimba è bellissima – la prende in braccio – la stringe forte, annusa
il suo odore, il cuore le si spezza un po’.

AUTRICE Quella bambina appartiene a quella donna dietro le quinte.


Quella bambina la pagano per stare qui. Non ti sembra un po’
una perversione? Vuole venire a riprendersi sua figlia?
FIDANZATO Noi abbiamo una figlia.

Il FIDANZATO mostra la bambina all’AUTRICE.

Abbiamo avuto una figlia.


AUTRICE Quella bambina è stata comprata. La pagano per stare qui. Io
non ho dato alla luce quella bambina.

L’AUTRICE si toglie le scarpe.

FIDANZATO Stammi a sentire. Noi possiamo essere felici. Possiamo essere


più felici di quanto tu possa immaginare. Solo perché non lo
sai immaginare non significa che non possiamo essere felici.
AUTRICE Mi dispiace. Ma io ho una grande immaginazione.

Pausa – si fissano, la stoffa si rompe.

Il fondale del soggiorno cade all’indietro. Gli scaffali cominciano a rompersi.

Arrivano i tecnici e cominciano a pulire il tavolo, tutto viene smontato, pulito, messo negli
scatoloni. La loro vita con tutto il suo potenziale è impacchettata, fatta a pezzi, cessa di esistere.
Come se lì non ci fosse niente, non ci fosse mai stato, come se semplicemente non potesse reggere.

La madre della bambina va a prendersi la figlia.

L’AUTRICE sussulta per un attimo – perché non vuole lasciarla andare, non vuole vederla
scomparire – ma poi la lascia.

Il FIDANZATO, ugualmente – diventa l’ATTORE. Si trasforma completamente – si toglie i vestiti, la


parrucca – e l’AUTRICE allunga una mano, per riaverlo indietro – ma lui non c’è più.

L’AUTRICE guarda in direzione di dove lui è andato via, leggermente devastata.

Lui esce tra i fondali posteriori che sono caduti giù. Va a parlare con la costumista – flirtano e
ridacchiano. La persona vera – il FIDANZATO vero non c’è più.

L’altoparlante dal quale proveniva il rumore del bambino che piangeva è caduto per terra e sta
ancora piangendo – l’AUTRICE si china e lo gira finché si spegne. Il REGISTA la sta guardando. La
guarda e basta. L’AUTRICE sa che lui è lì, sempre lì – ma non si volta a guardarlo. L’AUTRICE si
toglie il costume.

Il REGISTA la guarda.

L’AUTRICE va al computer e cerca di sbarazzarsi del cassoulet e delle patate dolci. Lo pulisce, lo
lecca – cerca di salvarlo, se lo mette sotto il braccio. È una cosa preziosa.

Il REGISTA la guarda.
Tre

[LA PROVOCAZIONE. Ciò che segue dovrebbe essere un tentativo di mettere in scena
l’esperienza femminile, il regista dovrebbe cercare di evitare la natura essenzialmente patriarcale
del teatro.

I personaggi femminili dovrebbero fare – non lasciano che gli si facciano cose. I corpi sono per
l’azione, non sono provocanti o decorativi. Non ci dovrebbe essere il guardare. La protagonista
dovrebbe essere padrona dello spazio].

Sono in un caffè, quasi non riesco a muovermi – esausta per quanto ho dovuto
fingere, e guardo mangiare una vecchia signora.

– Vuole chiedermi qualcosa?


– Scusi?
– Posso aiutarla?
– Um.

– Che cosa sta guardando?


La verità è: la sua mano sinistra. Lì non c’è niente.
– La torta sembra buona. Dico.
Lei scruta la mia faccia cercando qualcosa che non trova.
– Si vuole sedere?

Ho un appuntamento. Voglio sedermi e guardarla mangiare per tutto il giorno.


Butto il mio pretzel nel cestino ed esco.

Non ti dicono che avere un anticoncezionale ficcato nell’utero è come avere il


gancio di una stampella infilato nell’esofago mentre cerchi di inghiottire. È il
dolore alieno di un corpo estraneo. Il crampo prodotto dal corpo per cercare
di espellerlo ti annebbia la mente. L’infermiera ha le unghie finte, squadrate,
lunghe quasi tre centimetri che minacciano l’integrità dei guanti di lattice.
Dice che mi farà un favore e taglierà i fili corti così lui non li sentirà.

Non vedo il gradino basso, tornando in sala d’attesa. Ho vomitato due volte
con l’infermiera quindi pensavo di aver finito ma ora sto svenendo e la mia
mano non riesce a trovare il pavimento.

La vecchia mi afferra per il gomito e mi rimette in piedi. Non ho idea di come


faceva a sapere di dover stare lì.

Fuori all’aria fredda, cammina mezzo metro avanti a me e mi dice di seguirla.

Ha una chioma di capelli grigi e una falcata da cowboy: va verso Goodge


Street, con le gambe aperte.
Dicono che si chiama Semele. Che ha visto la luce e le è sopravvissuta
facilmente. Zeus gli ha mostrato quello che aveva. Lei si è fatta una risatina e
se n’è andata per i fatti suoi. Nel mondo a recuperare le sue figlie. Le ha
chiamate tutte Dioniso, dalla prima all’ultima.

Quest’altra madre mi mette su un taxi e mi dice di sorreggermi al tettuccio e


al finestrino per non sbattere sul sedile il collo dell’utero nuovo di zecca, lei si
sporge verso il vetro del conducente e gli dice di evitare le buche e di non fare
lo stronzo.

Viaggiamo per millecinquecento chilometri e Semele mi lascia sulla sponda


di un lago.

[Vedi immagine p. 58]

Piove che dio la manda e si gela. Semele si ferma un minuto per scaldarsi al
sole su una roccia coperta di licheni, poi se ne va affanculo a recuperare altre
figlie. Non controlla per vedere se so nuotare.
Il lago è molto sotto zero. È un chilometro e mezzo andata e ritorno.
Io ho un paio di jeans e una canottiera che fa un po’ schifo. All’improvviso,
c’è qualcuno accanto a me. Una nuova arrivata. Ha stivali Doctor Martens, un
cappello col ponpon e pantaloncini corti. Siamo fregate, penso.
Mi guarda. La guardo. Ci togliamo i vestiti. Come se potesse fare la minima
differenza.

Siamo in piedi, come pali, con le braccia incrociate intorno alla vita: silenzio
tranne l’assordante scrosciare della pioggia sul lago e il nostro respiro che
accelera.
“Io non ce la faccio”.
“Andrà tutto bene”, dice lei, piccola e con un accento del Midwest. Pronuncia
“bene” come un dato di fatto e sottolinea “tutto”. “Andrà tutto bene”.
Lei è piccola, io sono alta. Mi domando se Semele abbia voluto così.
La ragazza del Midwest ha un solido pragmatismo, che mi ispira fiducia.

All’improvviso poi, io, che rido, cazzo, che ansimo, cazzo-cazzo-cazzo –


cazzo – cristo-di-un-dio-cazzo – porca-porcaccia-porchissima – porchissima-
troia – porco-cazzo-cristo [Guadando, spingendo, schizzando, andando a
sbattere] e subito dopo è dentro anche lei.

[Parlato o sound design: Pshhhsssh – e glu glu glu glu e poi lei fa un piccolo
suono grattato gutturale della pioggia sulla superficie, glu ploc ploc. E
ansima – affiora per prendere aria e la pioggia è più forte e poi – ansima e
beve – di nuovo sotto – splash e ploc ploc ploc]

Hai il panico che non riuscirai mai ad arrivare dall’altra parte, ma è proprio
quello il punto.
Morirai mille volte, perderai di vista la costa per giorni, e a ogni respiro
grattato senti tutto il peso di tutti i lutti del mondo. Non c’è altro modo se non
uno sventrarsi infinito. Spellare e scuoiare e bruciare e buttare via tutto ancora
e ancora e ancora. Buttarti in mare tante di quelle volte che perdi la testa per
quanto cadi; finché non ti viene da vomitare perché devi fare affidamento su
cose che sei stata cresciuta a considerare rivoltanti.

(N.B. P.S. – a questo punto – nell’attraversamento del fiume – quando il


casino diventa reale – i falsi adulatori sono il nemico. Quando vi affilate i
denti sul vostro potere, non – ripeto, non, accettate i complimenti. Andate
avanti con il vostro lavoro. La gente che vi lecca il culo può confondervi per
anni e non c’è tempo da sprecare. Concedete tempo solo a gente che ha
fegato. Abbandonate ogni speranza di qualcosa di più morbido e, come
dicevo, andate avanti con il vostro lavoro).

[Lei affiora dall’acqua, una presa d’aria veramente aspra, con la pioggia che
cade forte sull’acqua.

Poi si immerge di nuovo]

Guardo dietro di me, rapidamente, per vedere dov’è la mia compagna. Una
testa di foca, una gamba a spirale, ma determinazione d’acciaio. È la metà di
me, e sta benissimo, cazzo. La sua faccia dice guarda avanti. Quindi lo faccio
e continuo a nuotare, il cuore mi batte troppo veloce e per il freddo i polmoni
non mi si riempiono. Devo costringermi a dimenticare che più tempo passa
più non mi sento le braccia.

Forza. Noi due procediamo come droni, afferrando dall’aria pugni di respiro.
Le labbra ci diventano blu. Le mani ci diventano bianche. Io perdo del tutto le
dita dei piedi tanto che ci metto un minuto a realizzare – quando un piede che
si dimena tocca il fondo del mare – che siamo arrivate.

Uscendo dall’acqua, abbiamo la lucentezza umida di animali preistorici. Io


noto la sua inflessibile integrità mentre si infila in un pertugio tra gli alberi
che non so se io avrei mai individuato.

Mentre camminiamo il mio corpo cambia. Membra più lunghe, spalle larghe e
un’andatura imponente. Più di un metro e ottanta. Mani così grandi che mi
fanno sembrare un travestito ma fanno comodo per sgomberare un sentiero e
portare pesi. Per la prima volta in vita mia, pur essendo di queste dimensioni,
mi sta bene seguire qualcuno più piccolo di me. È lei che conduce.

[Vedi immagine p. 61]

La faccio ridere. Ride. La sua risata mi solletica come un’approvazione che


non sapevo di aver cercato a lungo. Mi ci vuole un minuto ma capisco che
questa è gioia. Gioia autentica.

Mentre la guardo andare, mi viene in mente che questo non è un posto per le
tette, le poppe, o il culo. Il culo non aiuta quando ci sono gli orsi.

Dopo una vita passata a negoziare con Dio invocando alterazioni fisiche (uno
spiacevole spreco di preghiere) a un tratto l’unica cosa che voglio è pelle più
spessa sulle piante dei piedi per poter schiacciare la testa ai serpenti.
Arriviamo alla capanna di notte. Ci sediamo alla luce di una candela, con il
lago lì fuori che si è calmato.

Dobbiamo tirare fuori il vino dalla bottiglia a mani nude, dato che Semele ci
ha lasciato ben fornite ma senza un cazzo di cavatappi, notoriamente poco
pratiche le semi-dee. Accendiamo il fuoco e ascoltiamo la pioggia.

Il lieve scricchiolio dei ramoscelli sotto i piedi. Arrivano altre. Dalla foresta.
Una tribù. Occhi spalancati e in cerca, noi che ci siamo sentite sole troppo a
lungo – qui, stasera. Un tempo sole, ora trovate. La gioia, finalmente,
dell’appartenenza è [Sorride, quasi in lacrime, lo struggente sospiro di
sollievo di trovare finalmente casa]

[Un ritmo comincia, la tribù comincia a battere i piedi piano – a muoversi –


a trovare un.
Danzano – tribale –
Fuoco]

Semele ritorna e guarda, sorridendo – ridendo – strappando la testa ai polli,


sputando semi di fico, mordendo pomodori scuri.

Ridiamo. E mangiamo. E mangiamo. Per rispondere alla fame. Per gusto, per
piacere. E ridiamo. E mangiamo. E ridiamo. E balliamo. Con le pudenda al
vento e i sorrisi da festa. E balliamo.

[Una danza sciocca. Una cosa dichiaratamente buffa. L’idiozia di non dover
apparire belle. Quando hai il vino dentro]

[Vedi le tre immagini p. 62]

Accanto al fuoco ci raccontiamo le nostre storie: i legami che abbiamo reciso,


le pelli che abbiamo mutato, gli steccati che abbiamo abbattuto in preda al
panico. Lei, che si fingeva eterosessuale – si svegliava di notte accanto a
uomini e non riusciva a respirare, saliva in macchina e si faceva
centocinquanta chilometri per accompagnarla sana e salva al di là del confine
dello stato al mattino. Io, decenni di disciplina, che inghiottivo le lacrime del
mio non appartenere, mentre l’ennesima famiglia si dissolveva in maniera
tremenda alla porta accanto.
Ma tutto questo adesso è alle nostre spalle. Il dolore è diminuito.

[Fuoco. Fuoco. Fuoco. Danza. “Bruciare i ponti può illuminare la strada”


La tribù si scioglie. Va a dormire]

Quando la nostra tribù si ritira. Splendidamente esausta.


Lei e io – la mia compagna di nuoto.
Affondiamo le dita nel fango umido.
Gli uccelli stridono. Qualche rana ogni tanto.
Tamburo attutito di mezzanotte.
Con poche cerimonie e senza fare tante storie, scopiamo.
Lei sa cosa fare meglio di me ma, anche se per me è una novità, non sono una
principiante. Si dà il caso che, ovviamente, una sa benissimo cosa fare. Lo hai
fatto mille volte su di te e che meraviglia negoziare la tua somiglianza su
un’altra e celebrarla dal di fuori. È l’unico fuori che c’è. Nessuna è sexy.
Tutto è sesso. Non c’è guardare. C’è solo essere.

La cosa più bella è la possibilità di essere delle dimensioni giuste. Con gli
uomini, fingevo sempre di essere piccola per cercare di dare un senso al fatto
che ti devono montare. Ma devi anche essere madre per poter gestire
l’insicurezza del loro avere il cazzo di fuori. Può essere sfibrante. Che non ti
sia permesso di riempire del tutto la tua pelle per paura che li faccia cadere
giù, con dolore, dal loro trespolo. E una volta che è fatta e cerchi di dormire,
va a finire che io non ci riesco mai. Vicino agli uomini, mi sento come
lasciata all’ombra di qualcosa. Restavo sdraiata lì al freddo per ore.

Ma quando dormiamo, io e lei, ogni tanto ho la sua testa sul petto e il mio
braccio la avvolge. Più tardi io, grande e grossa, sono tutta rannicchiata
contro le sue reni, la parte posteriore delle sue ginocchia, con le braccia che
cercano un porto nel “non me ne può fregare di meno” del suo essere
profondamente addormentata. Siamo tutte e due madri e tutte e due figlie in
un certo senso non è strano, tutte e due figlie, tutte e due fratelli, tutte e due
amiche, tutte e due amanti. Per la prima volta nella mia vita mi sembra di
essere a letto con un alleato.

Dopo l’amore, con lei, mi sento più intera. Non la semi-devastazione che
segue al sesso con gli uomini, l’accaparrarsi il territorio, la guerra-lampo, il
piccolo strano impulso di piangere. Con lei era un aggregarsi.

Al mattino ci svegliamo, arriva la tribù – disegniamo un grande cerchio di


gesso sul suolo della foresta e ci entriamo dentro. Sentiamo la possibilità di
nuove costruzioni – sistemi, disposizioni e strutture – Stiamo creando uno
spazio concepito interamente secondo l’architettura del nostro desiderio.

Un cerchio di gesso. Una struttura. Un sistema. Una disposizione. Per un


nuovo mondo: tutta la terra cambia faccia. Gli edifici vengono ri-arrangiati.
Vengono creati sentieri, larghi chilometri. Nuove sistemazioni così ampie che
si vedono dallo spazio.

[Vedi immagine p. 64]

Sono felice. Per la prima volta da tanto tempo. Lo so nelle ossa che sono
felice.

[In questo tempo: Canzone: “Light of a Clear Blue Morning” di Dolly Parton
cantata da Rebecca Lucy Taylor. Danza: Bodylessness/Sameness/Tribe.
Cantiamo tutte. Balliamo tutte. È una celebrazione. È gioiosa: le stelle sono
grandi come pugni]

[La canzone finisce. La celebrazione finisce. Una nuova condizione è stata


conquistata. Il nuovo mondo è stato edificato]
Una notte sento lo strano bisogno di andare a fare una passeggiata. Lei, cosa
ancora più strana, mi implora di non andare. Ma io esco dal letto, con un
lenzuolo avvolto intorno alla vita, e vado lo stesso.

E chi se lo immaginava, ma su una vetta vicina c’è un turista. Con scarponi da


trekking puliti e pantaloni da lavoro immacolati, con il binocolo sugli occhi.
Ha visto il piccolo ciuffo di fumo levarsi dalla nostra struttura.

In un’ondata di vergogna, mi ritrovo stranamente attratta da quest’uomo.


Come il colonizzatore che scattò la fotografia e rubò l’anima quando gli era
stato chiesto educatamente di non farlo.

Mi sento osservata ma non so da dove. Lo sento. L’esperienza è intensa.


Mi sarei affettata grossi pezzi di carne seduta stante, se lui mi avesse dato un
coltello.
Se lei fosse qui, direbbe “che cazzo te ne frega”. Direbbe: abbiamo colline su
cui arrampicarci e corsi d’acqua da attraversare.
Ma l’avevo lasciata addormentata.

La cosa successiva che ricordo è l’odore di carburante d’aereo: le piste di un


aeroporto. Qualcosa nel peso dei piedi sull’asfalto che mi dice che sono, una
volta ancora, clamorosamente mortale. Guardata. Carezzata. Questa strana
gabbia, ora così tanto più visibile perché ho trascorso del tempo deifico senza.
Abbastanza forse per farti desiderare di non avere mai assaggiato la libertà.

Dov’è lei adesso? Con tutto il suo solido pragmatismo. Non so neanche se la
riconoscerei vedendola per strada. Come farei a prenderla per mano e dirle
che è al sicuro? Che avevamo ragione noi e che è questo che è sbagliato.
Quattro

REGISTA Non ci siamo.


AUTRICE Come non ci siamo?
REGISTA Non è – uh… non è reale. Insomma, ho capito cosa stai
cercando di fare ma non è reale.
AUTRICE Lo so che non è reale. È un testo teatrale.
REGISTA Giusto. Ma ha bisogno di un finale. Non possiamo lasciarlo
così. Stiamo chiedendo alla gente di pagare un biglietto, non
possiamo mica solo – tutto questo, non è –
AUTRICE Tu cosa suggerisci?

REGISTA Abbiamo investito sulla relazione tra l’autrice e il regista. È
con questo che hai aperto all’inizio e non ripaga.
AUTRICE Il regista?
REGISTA È – sarebbe strano non vederlo tornare. Uno si aspetta –
AUTRICE Tu?
REGISTA Il pubblico, drammaturgicamente – lui deve tornare. La prima
scena ha l’energia più forte, e tu lo sai benissimo. È quella che
funziona di gran lunga meglio. È il pezzo di scrittura migliore.
AUTRICE Dipende dalla tua definizione di “migliore”.
REGISTA Drammatica, è la più drammatica –
AUTRICE Certo, è il più grosso scontro di potere. C’è il più grosso
differenziale sul piano del potere.
REGISTA Il che la rende la più drammatica.
AUTRICE Due persone, tu e io, sul palcoscenico, l’avanti-e-indietro
intellettuale è dialettica, uno che opprime l’altro, è verboso, è
Stoppard, è Pinter, è uno scontro di potere, è patriarcato – ecco
cos’è, è come lo si è imparato e come deve essere, è elitario. È
del tutto diverso politicamente da quello che sto cercando di /
REGISTA / È buon teatro. È quello che funziona. È la definizione di buon
teatro.
AUTRICE Proprio così!
REGISTA Smettila di mandare a puttane in continuazione il potenziale di
questa roba con tutta questa maledetta insolenza. È un gran
pezzo di scrittura, ha una buona chance di andare nel West End
– ma non può – non ci può andare con tutte queste stronzate
tribali in mezzo. Io capisco che è un esperimento, che è – ma ti
stai facendo un cattivo servizio. Sembra una mancanza di
fiducia nell’altra cosa. E mancare di fiducia non ti serve – Devi
essere un po’ più adulta in questo.
AUTRICE È quello che volevo scrivere. La foresta, la libertà – io – mi è
sembrato, è stata la prima volta che sono stata veramente felice
scrivendo qualcosa. Mi sono sentita incredibilmente sicura.
REGISTA È fantastico.
AUTRICE Mi sono sentita sicura!
REGISTA Non è buon teatro.
AUTRICE Tu non ti sei commosso?
REGISTA Per tutte quelle corse nella foresta?
AUTRICE Credi che sia riduttivo?
REGISTA Non mi sono commosso.
AUTRICE Veramente?
REGISTA La prima scena è meglio. È una parte del lavoro migliore.
AUTRICE Credi che magari è una questione di gusto. O di istruzione? O
del fatto che a tua madre non piacevi?
REGISTA [Sorriso caustico] Lo vedi, è questo che stiamo cercando.
AUTRICE Io sto parlando sul serio.
REGISTA È un peccato.
AUTRICE Perché fai quel sorriso?
REGISTA Cosa?
AUTRICE Quel sorriso caustico – dà – dà l’idea che siamo nella stessa
squadra.
REGISTA Sto cercando di – sollecitarti, immagino.
AUTRICE Sollecitarmi. Cioè?
REGISTA Fare di te –
AUTRICE Cosa?
REGISTA La versione migliore di te stessa.
AUTRICE Non vorrei essere una delusione.
REGISTA Non sto cercando di fermarti. Ammiro la stravaganza. Non mi
dispiace la non convenzionalità. Non sto neanche dicendo di
tagliarlo – per quanto se lo facessi sarebbe –
Lei si gira dall’altra parte.

Comunque, io – io sto solo dicendo che ci vuole veramente un


finale. Una rivoluzione non vale un granché se non ha nessuna
implicazione pratica. Ci sono trentamila sterline di costi di
produzione in ballo che vanno recuperate e al momento sembra
una cosa incompiuta.
Piccola pausa – lei non reagisce.

Senti, sto – non ti sto dicendo niente che tu già non – lo sai, lo
sai che la prima scena è la migliore, salta fuori dalla pagina, è
geniale. Nessuno ha quella tesa – rabbiosa – esuberante /
AUTRICE Esuberante?
REGISTA Cosa.
AUTRICE Credo che ci sia calore in quello che abbiamo appena visto.
REGISTA Ah sì?
AUTRICE La cosa tra l’autrice e il regista è un gioco di potere – ma non
c’è un – vero – calore.
REGISTA Non sono d’accordo e non credo sia d’accordo neanche tu.

Si fissano.

AUTRICE Il tipo di calore che viene da un’estrema sincerità.

Pausa – abbiamo la sensazione che il REGISTA dovrebbe parlare ma non lo fa.


REGISTA Cosa cerca di dire? Cosa cerca di fare? In termini drammatici,
c’è atmosfera ma non sono sicuro che la scena stia facendo
qualcosa.
AUTRICE Okay.
REGISTA Allora?
AUTRICE Fammi solo sapere cos’è che vuoi che scriva e io lo scrivo. Tu
butti giù un appunto e io lo trascrivo. Così ti funziona?
REGISTA Lo sai, sto cominciando un po’ ad annoiarmi – io offro infinite
opportunità e nessuno me ne è mai riconoscente, ognuno pensa
che sia un suo diritto divino, è suo dovere, essere complicato.
Lo sai quante versioni di te bussano alla porta del mio ufficio
ogni giorno? Ti sto offrendo una produzione. È una cosa
grossa. È più di quanto ottiene la maggior parte della gente e
certo è sufficiente per essere riconoscenti. Quindi fai un
piccolo compromesso. Oppure ammetti quello che sai già che è
vero. Finisci il testo. Consegnalo con un vero cazzo di finale.
Deve vendere i biglietti altrimenti tutto il modello finanziario
non funzionerà, e se questo significa troppa realtà per la tua
anima delicata di artista allora togliti dai piedi. Portalo a
qualcun altro perché io non ce la faccio più a stare a sentire ’ste
stronzate.
AUTRICE Non posso concluderlo con una scena tra lui e lei, mi
sembrerebbe un tradimento.
REGISTA Un tradimento di che?
AUTRICE Tu proprio non capisci, eh?
REGISTA Scommetto, scommetto che nel tuo prossimo testo ci sarà un
protagonista maschile e un bel naturalismo commerciale old-
fashioned. Ci scommetto. Perché la moda sarà finita, e tu non
vuoi essere catalogata, ti sta bene adesso perché il momento è
caldo, perché sei ben consapevole del valore commerciale della
tua opposizione – ma quando non farà più figo, salterai su un
altro carro alla velocità della luce e tornerai qui con qualcosa di
intrattenimento come se tutto questo non fosse mai successo
perché più di qualsiasi altra cosa, proprio come tutti noi, tu hai
paura di non esistere. Quindi – non fingere che sia per qualcosa
di più grandioso che mettere in scena il tuo cazzo di testo.
AUTRICE Ci vogliono mesi, anni per mettere in scena i testi di solito.
Scrivo di un regista e la cosa parte a razzo con l’unica
condizione che bisogna che il regista ci sia di più.
REGISTA Sapevi perfettamente quello che stavi facendo. Io lo devo
mettere in scena. Tu sai che lo devo mettere in scena – se non
lo farò io, lo farà qualcun altro e sarà ancora più – tu sai
perfettamente quello che cazzo stai facendo ed è tale e quale a
un ricatto. Tutta questa posa moralistica, di principio, “è tutta
una questione politica”, è una stronzata. Ed è noiosa. È brutto
teatro. E tu lo sai, cazzo.
AUTRICE Lo sai quant’è difficile scrivere un testo per il teatro?

Piccola pausa – lei cerca l’approvazione di lui – lui non gliela dà.
Lo sai com’è doversi mettere seduti, da soli, davanti a se stessi
– ogni giorno. Lo sai quant’è difficile? [Piccola pausa] Quindi
forse dovresti smetterla di dirci come si fa.
REGISTA È il mio lavoro. È quello che so fare bene. È quello che ho
passato decenni a imparare a fare bene.
AUTRICE Ti dà fastidio che io sia andata a letto con una donna?
REGISTA Cosa?
AUTRICE Quando non sono venuta a letto con te?
REGISTA No.
AUTRICE Ti spaventa che il futuro possa parlare una lingua che tu non
capisci?

Piccolissima pausa.

REGISTA Lo sai cosa penso? Penso che tutta questa cazzata di rompere la
forma è un esercizio intellettuale che ti permette di saltar fuori
dal luogo difficile e scomodo dove ti porterebbe andare avanti
e scrivere la scena. Tu lo sai che la prima scena è la migliore.
Lo sai che c’è qualcosa tra quell’autrice e quel regista che la
gente vuole guardare, che la gente aspetta di afferrare, e sei una
codarda, prendi il volo verso i manifesti femministi e le danze
nei boschi del cazzo perché ti fa paura quello che in realtà
potresti voler dire se andassi fino in fondo.

Si fa da parte – respira.

AUTRICE E cioè?
REGISTA Andare a letto con le donne è la stessa cosa. È una vacanza, è
un hobby.
AUTRICE Mi ha dato una pace e una soddisfazione che non ho mai – che
– da quando ho perso… mi ha crocifisso.
REGISTA È una vacanza da quello che ti spaventa e l’hai trasformata in
una cazzo di rivoluzione. È un imbroglio.
AUTRICE E questo è – ? [Indica qualcosa tra loro due] Questa cos’è?
Vita vera?
REGISTA Nella mia esperienza, l’indignazione è sempre solo una
copertura di qualcosa di più profondo. L’unica volta che sono
mai stato indignato – in realtà stavo solo chiedendo a qualcuno
di amarmi di più.
AUTRICE Pensi che tutto questo momento si riduca alle donne che
chiedono la tua approvazione?

Pausa – il regista non reagisce.

Quando sono venuta nel tuo ufficio e tu sei andato a prendere il


contratto. L’ho vista – sulla tua scrivania – quella fotografia.
Sta ridendo – con una palla in mano, un piccolo caschetto
biondo. [Piccola pausa] Tu non parli mai di lei.
REGISTA No?
AUTRICE Perché non parli mai di tua figlia?
REGISTA Ne parlo. In continuazione. [Piccola pausa] Ma non con te.
AUTRICE Perché non con me?

Pausa. Ognuno respira. C’è qualcosa di fragile che incombe nell’aria.

REGISTA Ho una riunione dove devo andare. Bisogna che tu finisca il


testo. Non posso vendere i biglietti per Tutti insieme
appassionatamente versione proto-femminista, non si
venderebbero.
AUTRICE Quando sono tornata. Ero stata così felice lì. Questo incredibile
senso di appartenenza. Quando sono tornata. La – solitudine,
c’era qualcosa di così cupo. Sento di non avere una tribù. In
questa città non c’è niente di mitico e questo mi distrugge. Io –
io mi sento così non-scoperta e là ero così – ero così… e tu –
nonostante tutte le liti e i – tu sei la sola cosa che ha senso. Che
mi fa sentire di avere una casa – tu sei delle mie dimensioni, tu
devi –
REGISTA Cosa?
AUTRICE Gli artisti devono sentirsi al sicuro. Se vuoi che creino arte.
Dobbiamo sentirci – emotivamente – al sicuro. Noi – io, ho
bisogno di appartenere a qualcosa. I posti in cui devi andare –
le cose che devi sentire e pensare sono… andarci – può
diventare… pericoloso. E sei così spesso solo e io non ho
nessuno e tu sì e… /
REGISTA / È solo un testo teatrale.
AUTRICE Non quelli buoni. Non sono solo /
REGISTA / Non è il mio lavoro occuparmi di te.
AUTRICE Lo so. È solo che. Costa così tanto. E non c’è niente – per.

Piccola pausa.

REGISTA Scrivi il finale – un buon finale, un finale adeguato, e possiamo


farti guadagnare un sacco soldi. I soldi incoraggiano la fiducia
e cos’è l’arte se non un atto di fiducia?
AUTRICE Quando ero là. Mi sono sentita così sicura. Mi sono sentita /
REGISTA / Tu non sopravvivresti neanche un secondo in povertà. E dai –
questo è il mondo, questo è il mondo reale. È un’industria, è
un’attività economica – è un /
AUTRICE / Potrebbe piacerti chiamarla una professione ma non lo è mai
dovuto essere – doveva essere una dedizione, una chiamata.
Non per il mutuo, la busta paga e l’avanzamento di carriera,
era per Dio, era un’offerta. Era Dioniso, era rendere grazie, era
catarsi, era Sacro Fuoco. Ma adesso appartiene a te perché tu ci
hai messo dei soldi ed è giudicata a seconda se farà muovere i
biglietti.
REGISTA Io sto cercando di renderti grande.
AUTRICE Quindi ti devo ringraziare? Perché ti aspetti così tanto da me?
REGISTA In parte, sì.
AUTRICE Non me lo sono guadagnato da sola?
REGISTA Io ti ho aiutato più di chiunque altro. O no?

Pausa – lei non reagisce.


O no? Va bene. Quindi forse un po’ di gratitudine e di umiltà
sarebbero –
AUTRICE Grazie. Grazie per tutte le opportunità che mi hai dato.

Un silenzio stranamente lungo.

REGISTA Lo faccio perché credo che sei brava. Lo faccio perché credo
che sei eccezionale. Mi spaventa quanto sei brava. [Pausa] Ho
una riunione dove devo andare, io – [Arriva a metà strada
verso la porta, si ferma]. Lo so che soffri. L’idea che succeda
qualcosa a – Se ti fermassi, io – Lascia che faccia quello che
posso fare, l’unica cosa che posso fare – farti stare al sicuro.
AUTRICE I soldi?
REGISTA Sono importanti.
AUTRICE Ma quello non è affatto stare al sicuro.
REGISTA Sì, invece. Sì – invece.
AUTRICE Il coraggio. Il coraggio è quello che ti fa stare al sicuro.

Lui si gira – si guardano.

REGISTA Finiscilo. Finiscilo o la cosa si ferma.


Cinque

L’AUTRICE e l’ATTRICE sono in scena mentre una scenografia viene spostata intorno a loro.

È la versione da West End dell’appartamento della parte Due. È un appartamento di lusso,


elegante, sfavillante – quel lusso discreto, impeccabile tradisce l’intento commerciale. L’AUTRICE e
l’ATTRICE non sembrano a proprio agio, sono lì immobili, mentre la scenografia viene sistemata
intorno a loro. Dovremmo riconoscere la FIDANZATA come una versione della compagna che
l’AUTRICE descrive nella parte Quattro. Trucco e costumi fanno una grande differenza sull’AUTRICE
e la FIDANZATA. Sembrano versioni attraenti e trendy di quello che erano prima, stessa cosa vale
per l’appartamento. Dovremmo, se possibile, avere la sensazione che sia stato il REGISTA a dirigere
la scena.

Su il sipario.

L’AUTRICE entra nell’appartamento.

FIDANZATA È andata bene la giornata?


AUTRICE [Ottimismo] Sì, tutto bene.
FIDANZATA Non ti sei annoiata?
AUTRICE No. È bello. E la tua?

La FIDANZATA bacia l’AUTRICE. L’AUTRICE le prende il volto e la bacia a sua volta.

FIDANZATA Non mi posso lamentare.

Sorridono.

Siediti – mangiamo.

La FIDANZATA entra in cucina. L’AUTRICE apparecchia la tavola. La FIDANZATA rientra con delle
scatole di take away su un vassoio.

AUTRICE Tu. [Tu mi vizi]


FIDANZATA Lo so.
AUTRICE Ho preso il pane.

L’AUTRICE le porge un piatto, la FIDANZATA ci mette il curry. La FIDANZATA dà il piatto all’AUTRICE.


La FIDANZATA se ne serve un po’ – si siedono e mangiano – ci sono poche cerimonie ma molta
soddisfazione. La FIDANZATA prende un boccone, si accorge che la candela non è accesa e si alza
per farlo.

Hanno riparato la caldaia al bar?


FIDANZATA Il tizio è venuto ma ha detto che serviva un pezzo che non
aveva, quindi deve tornare domani. Vuoi un bhaji?
AUTRICE Nuh uh.
FIDANZATA Tu adori il bhaji.
AUTRICE Sono a posto.
FIDANZATA Lo pucci nel mango chutney.
AUTRICE Non lo voglio. Quindi torna domani?
FIDANZATA Sì. Dobbiamo lavare tutti i bicchieri facendo bollire l’acqua, è
una gran rottura di palle.
AUTRICE Vengo ad aiutarvi domani, se vuoi.
FIDANZATA Sì?
AUTRICE Mi piace fare qualcosa – di manuale. Per un po’. Mi schiarisce
le idee.
FIDANZATA Felici di aiutarti.
AUTRICE Cosa?
FIDANZATA Niente.
AUTRICE Che cosa intendevi?
FIDANZATA È che è buffo quando usi il mio lavoro tipo vacanza per il tuo
cervello affaticato.
AUTRICE No, è solo strano, ci sono solo io, due anni a scrivere e poi lo
consegno e fine, non c’è nessun – non c’è nessun altro. È –
FIDANZATA È quello che volevi.
AUTRICE Non sto dicendo che non mi piace. È solo che sarebbe carino
lavorare in gruppo.

La FIDANZATA si alza e va in cucina.

Che stai facendo?


FIDANZATA Prendo il mango, così ci pucci il bhaji.
AUTRICE [Gridandole dietro] Ho detto che non lo volevo.
FIDANZATA Hai avuto una riunione con qualcuno oggi?
AUTRICE Perché non voglio il bhaji?
FIDANZATA [Gridando da fuori] L’ultima volta che ha cercato di
convincerti a scrivere qualcosa per lui ti sei comprata un paio
di scarpe.
AUTRICE Mi servivano delle scarpe nuove.
FIDANZATA [Rientrando, sedendosi e aprendo il mango chutney] Che non
ti sei mai messa, grazie a Dio, perché ho giurato a me stessa
molto presto nella vita che non avrei mai frequentato qualcuno
con i mocassini.
AUTRICE Non sono mocassini.
FIDANZATA [Pucciando e mangiando un bhaji] Sono mocassini. Sono
mocassini color cuoio e sono improponibili. [La FIDANZATA
prende l’altra metà del suo bhaji – si sporge in avanti, con il
bhaji pucciato nel mango e lo dà (in modo non sessualizzato
ma piacevole) all’AUTRICE] Hai lavorato così duramente per
lasciarti alle spalle la tua vita con i mocassini, sarebbe
tristissimo se tornassi indietro adesso.

La FIDANZATA sta controllando il suo telefono, tutta presa. L’AUTRICE la guarda.

AUTRICE Cos’è?
FIDANZATA Si è fatto vivo il tizio della caldaia. È stato gentile.
AUTRICE È tardi.
FIDANZATA Lo so. Che carino. Che roba, ragazzi. Vuoi una birra?
AUTRICE Sì.
L’AUTRICE guarda la sua compagna che va in cucina a prendere la birra.

[Non abbastanza forte perché l’altra la possa sentire] Ti amo.

La FIDANZATA esce di nuovo con due birre.

FIDANZATA Cosa?
AUTRICE Me la passi?

L’AUTRICE allunga la mano per prendere la birra e la apre.

FIDANZATA Che hai detto?


AUTRICE [Dovendo bere la birra rapidamente per evitare che la
schiuma fuoriesca] Mhmh – hm – hm mm, buona, cos’è?
FIDANZATA Smuttynose.
AUTRICE [Combattendo ancora con la schiuma] Hm?
FIDANZATA Si chiama Smuttynose.

L’AUTRICE si avvicina alla FIDANZATA e la bacia. La tira su – lei è piccola – e la avvolge con le
gambe.

Ehi, ehi – aspetta, no – la mia Smuttynose!

L’AUTRICE ignora il fatto che si stia versando, ride – la FIDANZATA riesce, per un pelo, a mettere giù
la lattina di birra prima che l’AUTRICE la sdrai sul divano. Il sesso è nascosto al pubblico – dietro il
divano – lo sentiamo, ma a malapena – ma non vediamo niente. È sesso bello, il migliore che
abbiamo visto. Loro sanno cosa è bello e lo fanno.

La FIDANZATA si alza – si rimette i pantaloni – bacia l’AUTRICE, prende la sua birra – ne beve un
sorso – guarda il divano, con l’AUTRICE che è sdraiata con le mani dietro la testa.

AUTRICE Che camionista che sei.


FIDANZATA Camionista?
AUTRICE Il tipo che si mette le mani dietro la testa così dopo aver fatto
venire qualcuno. Vuoi battere il cinque?
FIDANZATA [Ridendo] Certo.

La FIDANZATA le offre la mano – in alto nell’aria – e l’AUTRICE si deve sporgere in alto.

AUTRICE Augh – i muscoli dello stomaco –

L’AUTRICE si allunga per raggiungere la mano – ci arriva – battono il cinque, ricrolla giù. La
FIDANZATA ride, beve altra birra. La FIDANZATA va a sedersi su una sedia, con i piedi appoggiati su
un’altra sedia – beve la birra e controlla il telefono. L’AUTRICE la guarda.

Mi vuoi sposare?
FIDANZATA Come? Cos’è che hai appena detto?
AUTRICE Ho detto: mi vuoi sposare?
FIDANZATA Non lo fare.
AUTRICE Cosa?
FIDANZATA Solo perché sei in un cazzo di gongolamento post-coito. Non è
una bella cosa. Non lo fare.

La FIDANZATA torna al suo telefono. L’AUTRICE, un po’ scottata, si alza e sparecchia, va in cucina.
Torna e la FIDANZATA è ancora occupata con nonchalance con il suo telefono. Lei la guarda.

AUTRICE A volte mi sembra di essere tuo padre.


FIDANZATA Come? Perché?
AUTRICE Non lo so. Tipo che porto pantaloni comodi e un cardigan e ti
guardo divertirti prima di ritirarmi nel mio studio a lavorare.

L’AUTRICE è in piedi, la FIDANZATA alza lo sguardo su di lei, dalla sedia.

FIDANZATA Una roba bella malata.


AUTRICE Sì?
FIDANZATA Tu vuoi figli?
AUTRICE Adesso?
FIDANZATA Li vuoi?
AUTRICE Perché stiamo parlando di figli?
FIDANZATA Hai appena cominciato tu a chiacchierare. Tu vuoi figli?
AUTRICE Non dal mio corpo, no.

Piccola pausa.

FIDANZATA Non ti dispiacerebbe se io ne avessi dal mio?


AUTRICE E come ce li metteresti?
FIDANZATA Ce ne metteremmo uno.
AUTRICE Come?
FIDANZATA Insomma, praticamente come facciamo a /
AUTRICE / Chi?
FIDANZATA Per avere il codice genetico di tutte e due, in modo che sia una
cosa condivisa, potremmo chiedere a tuo fratello.

Piccolissima pausa.

AUTRICE È molto improbabile che mio fratello metta un figlio dentro


una lesbica.
FIDANZATA Non sarebbe suo figlio, sarebbe nostro.
AUTRICE Somiglierebbe a lui.
FIDANZATA Somiglierebbe a te.
AUTRICE Sarebbe suo figlio, dentro di te. Sarebbe quella la situazione.
FIDANZATA Quindi è no?
AUTRICE Io. Io non sono contraria ad averli – intorno. Ce li vedo –
intorno. Qui dentro. Qui in giro.
FIDANZATA Tipo – animali?
AUTRICE Certo, non molto diversamente – anche se non mi piacciono
proprio i cani.
FIDANZATA Potremmo prendere un cane?
AUTRICE Io non lo voglio un cane. Sono imprevedibili – non mi piace
che quando leggi ti stanno intorno tutto il tempo, mi fa venire i
nervi. Potrebbero fare qualsiasi cosa in qualsiasi momento.
Non stanno lì seduti a leggere.
FIDANZATA I cani?
AUTRICE È solo che – è bello poter avere silenzio quando lo vuoi. Io in
un certo senso ho bisogno del silenzio quando ne ho bisogno.
FIDANZATA Ah ecco.
AUTRICE Okay.
FIDANZATA Va bene.

La FIDANZATA ricomincia a giocare con il telefono. L’AUTRICE è leggermente confusa, non ha capito
tanto bene quello che è appena successo.

AUTRICE Posso leccartela?


FIDANZATA Sto rispondendo alle e-mail.
AUTRICE Non importa.

La FIDANZATA continua con le e-mail. L’AUTRICE con le spalle a noi va a mettere la testa tra le
gambe della FIDANZATA.

Ti devo togliere i jeans.


FIDANZATA Fa freddo. Io – Non puoi – Puoi farmi benissimo venire senza
farmi togliere i jeans. Ce la puoi fare benissimo. Io credo in te.

L’AUTRICE si mette in ginocchio.

La FIDANZATA dà una piccola pacca sulla testa all’AUTRICE.

L’AUTRICE preme e spinge, con le mani e con il viso – sull’inguine della FIDANZATA. La FIDANZATA –
in modo relativamente veloce – mette giù il telefono – e mette la mano sulla testa dell’AUTRICE. Tira
su l’AUTRICE all’altezza della sua faccia e la bacia. L’AUTRICE è ancora inginocchiata tra le gambe
della FIDANZATA ma adesso è seduta ritta, la FIDANZATA è sulla sedia quindi sono alla stessa altezza.
Smettono di baciarsi e la FIDANZATA prende il volto dell’AUTRICE tra le mani. La FIDANZATA sembra
più alta, più grande, come se la guardasse dall’alto per un secondo.

La FIDANZATA bacia l’AUTRICE sulla fronte, le liscia i capelli all’indietro sulla testa.

L’AUTRICE china leggermente la testa – lascia che l’altra giochi con i suoi capelli.

AUTRICE Lo voglio fare.


FIDANZATA Davvero?
AUTRICE Sì, credo di sì.
FIDANZATA Con il /
AUTRICE / Sì. Credo di sì. Io – sì, facciamolo, okay. Ancora mi sento
fondamentalmente contraria agli accessori esterni, non credo
che si possa fare niente di meglio di quello con cui siamo nati
ma visto che tu sei una grande fan – non vedo perché no.

Durante questo discorso la FIDANZATA è andata a prendere il suo zainetto – sta rovistando
all’interno.

– ce l’hai nella borsa?


FIDANZATA Sì.
AUTRICE Te lo porti dietro?
FIDANZATA Sempre.
AUTRICE ? Cosa.
FIDANZATA Lo sapevo che alla fine avresti detto di sì.
AUTRICE E quindi te lo tieni nella borsa?
FIDANZATA Togliti i pantaloni.
AUTRICE Io. Oddio. C’è il curry sul tavolo.
FIDANZATA Togliteli. Lo devo lavare.

La FIDANZATA va in cucina.

AUTRICE Oddio, perché? Questo è – La sai una cosa, in realtà no – Tutta


questa cosa è – perché lo devi lavare? Per che cosa lo hai usato
che lo devi lavare?
FIDANZATA [Gridando da fuori] Niente, solo che è stato nella borsa con
quelle patatine ai ceci che hai lasciato lì dentro.

La FIDANZATA torna dalla cucina con un pene pegging – non ha l’adesivo a strappo – è abbastanza
scultoreo – si tiene stando dentro una persona e offre un cazzo da usare sull’altra persona. Ha una
vera presenza, però. La sua oggettività risucchia tutta l’aria dalla stanza. Dovrebbe essere di un
colore scuro – blu scuro o nero – non rosa, viola o rosso.

Pausa.

AUTRICE È immacolato.
FIDANZATA Non vorrai mica che ci siano sopra le briciole. Una non lo
vuole mica con sopra le briciole.
AUTRICE Non sono sicura che una lo voglia proprio.
FIDANZATA Andrà tutto bene.
AUTRICE Hm.
FIDANZATA Ti piacerà.

L’AUTRICE va sul divano, si toglie i pantaloni e si sdraia sulla schiena. È tutto molto lento e un po’
strano.

Potresti dover mettere giù la birra.

La FIDANZATA prende la birra all’AUTRICE.

L’AUTRICE si sdraia di nuovo sul divano.

La FIDANZATA si toglie i pantaloni anche lei – si sistema sopra l’AUTRICE, inserisce l’oggetto e sta
per cominciare. Piccola pausa. L’AUTRICE guarda la FIDANZATA. All’improvviso l’AUTRICE si toglie
di lì più veloce che può. È in piedi, con i pantaloni addosso, va al tavolo, vi appoggia entrambe le
mani, si sostiene lì sopra, inghiotte lacrime di non appartenenza. Cerca di respirare.

La FIDANZATA semplicemente si siede, guarda in direzione dell’AUTRICE, dolcemente, gentilmente –


e lascia che qualunque tensione ci sia, qualunque grumo di dolore ci sia, si dipani un po’.

Posa entrambe le mani sul tavolo. Guarda i piatti. Cerca di respirare.


Che c’è che non va?

Non dobbiamo usarlo per forza.
AUTRICE Okay.



FIDANZATA È tutto qui?
AUTRICE Come?
FIDANZATA Che non vuoi usarlo?
AUTRICE Certo. Io. Uh.



Potrei usarlo io.
FIDANZATA Potresti usarlo tu. Tu non lo hai mai usato. Ci vuole un po’ di –
AUTRICE Lo so usare. Sono sicura di saperlo usare.
FIDANZATA Okay.
AUTRICE Sì?
FIDANZATA Va bene.

La FIDANZATA porge l’oggetto all’AUTRICE. L’AUTRICE si avvicina e lo prende.

AUTRICE È più pesante di quanto uno pensi.


FIDANZATA Una massa considerevole.

Glielo ha consegnato.

La FIDANZATA si sdraia di nuovo – scompare alla nostra vista. L’AUTRICE si sistema – lo inserisce, si
sostiene al divano – non c’è connessione, la concentrazione è tutta logistica – e concentrata sulla
zona dell’inguine.

Mi puoi anche guardare, eh?


AUTRICE Scusa.
FIDANZATA Tutto bene?
AUTRICE Sì, sì – sto bene. Sì, sto bene. Grazie.
FIDANZATA Sei /
AUTRICE / Puoi smettere di parlare?

L’AUTRICE comincia. Non sentiamo niente dalla FIDANZATA.

Silenzio dalla FIDANZATA. All’AUTRICE comincia a piacere. Ci sta proprio dando dentro – c’è
qualcosa di stranamente aggressivo nell’atto – è totalmente dentro, è tutto su di sé, la FIDANZATA è
quasi del tutto evaporata. L’AUTRICE viene. La FIDANZATA no.

La FIDANZATA si alza, si tira su i pantaloni, prende il curry avanzato e lo porta in cucina e tutto
senza dire niente. L’AUTRICE si siede un po’ stordita da una specie di senso di colpa, in cerca di
rassicurazione dalla FIDANZATA, o forse dalla stanza – ma non ne riceve.
[Gridando alla fidanzata che è in cucina] Tutto bene?

Nessuna risposta.

L’AUTRICE si alza, si tira su i pantaloni.

Ehi, stai bene lì dentro?

Pausa.

La FIDANZATA esce dalla cucina – con una teiera di tè e due tazze su un vassoio in mano – è una
cosa inaspettata e stranamente da moglie.

FIDANZATA Certo.

La FIDANZATA mette il tè sul tavolo, l’AUTRICE la guarda, le sembra strano.

AUTRICE Che stai facendo?


FIDANZATA Ho pensato che potremmo bere un po’ di tè. È caldo. Mia
madre mi ha regalato del tè chic ai fiori d’arancio in foglie
quando sono andata a trovarla. Si mette in questa pallina con i
buchi ma significa che bisogna usare la teiera. Vuoi un po’ di
tè?
AUTRICE Um.
FIDANZATA Ha un profumo pazzesco, senti –

La FIDANZATA le avvicina la teiera per fargliela annusare. L’AUTRICE non la vuole annusare.

AUTRICE Magari mi bevo una birra.


FIDANZATA Erano le uniche due che avevo. Vuoi un biscotto?
AUTRICE Non voglio dolci.
FIDANZATA Dio, io sì.

La FIDANZATA si siede al tavolo, si versa del tè, ci aggiunge un bel po’ di latte, quasi succhia un
biscotto dolcissimo, lo fa con grande attenzione – lecca tutto lo zucchero, lo mangia tutto intorno, è
famelica ma anche, stranamente – infantile.

L’AUTRICE la guarda.

Mmm, che buono. Buono buono buono.

Qualcosa si spezza nell’AUTRICE. Qualcosa di tremendo.

AUTRICE Ho fatto qualcosa?

Alzando lo sguardo su di lei con grandi occhioni da bambina.

FIDANZATA Hm?
AUTRICE A te?
FIDANZATA A me? No. Perché?
AUTRICE Mi sento come se avessi fatto qualcosa di terribile.



FIDANZATA [Ancora stranamente impegnata con il biscotto] Hai mai
scopato con qualcuno più alto di te?
AUTRICE No.
FIDANZATA Una donna?
AUTRICE Tu sei l’unica donna, non ho mai /
FIDANZATA / E non credi che scoperesti con una ragazza alta o con una
ragazza bianca? O solo con quelle piccole?
AUTRICE Io. Io non so perché ma, um.
FIDANZATA Puoi immaginare di scopare con una ragazza più grossa di te?

Pausa.

AUTRICE No.
FIDANZATA No?
AUTRICE [Repulsione] È orribile. La sola idea. È. Scusa. Non mi piace.
FIDANZATA Ma tu sei alta.



L’AUTRICE guarda la FIDANZATA sbocconcellare il biscotto con un piacere infantile.

Qualcuno stasera al pub ha raccontato questa cazzo di storia


assurda su Picasso, quando stava dipingendo Guernica, era
sopra una scala ed era tutto preso dal quadro e queste due
donne che si scopava contemporaneamente stavano litigando ai
piedi della scala, stavano lottando, a sangue. E lui ha
continuato a dipingere, per tutto il tempo – dipingeva – la
madre che urla, i morti [Dà un morso al biscotto] e l’orrore e –
e lui semplicemente [Lo imita. È infantile – è carina] La la la –
[Prende un tiro da una sigaretta immaginaria] la la la – [Dà
qualche pennellata] la la la – [Prende un sorso di vino
immaginario] la la la mentre queste due donne si stanno
strappando la carne a vicenda sotto di lui. Allucinante. Vuoi un
biscotto?

Un flash dell’immagine di Guernica di Picasso copre la scena.

L’AUTRICE lo fissa – inorridita, ossessionata.

Cala il sipario.

Fine.

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