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La Nave Corsara
The Letter of Marque © 1988
CAPITOLO I
Fin da quando era stato allontanato dalla marina, fin da quando il suo
nome, con l'anzianità ormai priva di significato, era stato depennato
dall'elenco dei capitani di vascello, Jack Aubrey aveva la sensazione di
vivere in un mondo radicalmente diverso; ogni cosa restava per lui del
tutto familiare, dall'odore dell'acqua di mare e del sartiame incatramato
fino al movimento gentile del ponte sotto i piedi, ma l'essenza era svanita
ed egli non era che un estraneo.
Forse altri comandanti cacciati dal servizio, condannati da una corte
marziale, si trovavano in condizioni peggiori delle sue, e in verità ne aveva
accolti a bordo un paio che, tra tutti e due, non possedevano nemmeno una
cassa da marinaio; rispetto a loro poteva dirsi eccezionalmente fortunato.
Ma se questo pensiero avrebbe potuto essere un conforto per la mente, non
lo era affatto per il suo cuore. Né lo era il fatto che fosse innocente del
reato per il quale era stato condannato.* [* Cfr. Patrick O'Brian, Il
rovescio della medaglia, Longanesi, Milano, 2001. (N.d.T.)]. Tuttavia non
si poteva negare che dal punto di vista materiale egli si trovasse piuttosto
bene. La sua vecchia, ma bella, fregata, la Surprise, era stata venduta dalla
marina e Stephen Maturin l'aveva comprata come nave da guerra privata, o
nave con patente per la guerra di corsa, allo scopo di combattere il nemico;
e Jack Aubrey ne era il comandante.
La Surprise era in quel momento su una sola ancora a Shelmerston, un
piccolo porto fuori mano, con una brutta secca e un pericoloso
ribollimento di marea, un porto evitato dalle navi della marina e dai
mercantili, ma molto frequentato da contrabbandieri e corsari, dei quali si
vedevano i velieri veloci, arroganti, rapaci, ormeggiati lungo la banchina.
cosa mai successa nella sua vita di nave del re, non essendo ammessi
nella marina da guerra i canti di lavoro. Pullings lanciò uno sguardo a
Jack, il quale scosse il capo, mormorando: «Lasciateli cantare».
Fino a quel momento non c'era stato cattivo sangue tra i vecchi marinai
della fregata e le nuove leve, ed egli avrebbe dato qualsiasi cosa o quasi
per evitarlo. Con Pullings aveva fatto del suo meglio per mescolare
squadre ai cannoni e turni di guardia, ma non aveva dubbi che l'elemento
di gran lunga più importante in quel rapporto stranamente pacifico tra due
gruppi dissimili fosse quella situazione senza precedenti: tutti gli
interessati, in particolare gli uomini della Surprise, sembravano stupefatti,
incerti su che cosa dire o pensare, non essendoci una formula pronta; e se
soltanto quello stato d'animo fosse durato fino a quando una burrasca di tre
o quattro giorni all'imboccatura di ponente della Manica o, meglio ancora,
un'azione vittoriosa non li avesse forgiati in un corpo unico, esisteva una
buona possibilità di fare della fregata una nave felice.
«A picco, signore!» annunciò West dal castello.
«Gabbieri di trinchetto!» disse Jack, alzando la voce. «Mi sentite
laggiù?» Avrebbero dovuto essere sordi come campane per non udirlo,
dato che il «laggiù» era riecheggiato forte e chiaro dalle facciate delle case
in fondo alla baia. «A riva!» Le sartie di trinchetto brulicarono di uomini
che si arrampicavano veloci. «Molla, molla.»
Gli imbrogli della gabbia furono sciolti fulmineamente dalla guardia di
sinistra, poi, senza bisogno di una parola, gli uomini corsero alle drizze. Il
pennone s'innalzò senza sforzo, la gabbia si gonfiò, la Surprise acquistò
l'abbrivo sufficiente a spedare l'ancora e, in una curva perfetta e agevole, si
diresse verso la secca dell'imboccatura, già di un brutto colore nel mare
verde grigio, orlata di bianco alle estremità.
«Ben al centro del canale, Gillow», disse Jack all'uomo alla ruota.
«Ben al centro del canale, sì, signore», confermò Gillow, un uomo di
Shelmerston, guardando a dritta e a sinistra e girando la ruota di una
caviglia o poco più.
*
Da quando era diventato ricco, Stephen Maturin era afflitto di tanto in
tanto da attacchi di avarizia. Per la maggior parte della sua vita era stato
povero e talvolta poverissimo, ma tranne quando l'indigenza gli aveva
impedito di soddisfare i suoi modestissimi bisogni, aveva tenuto in ben
poco conto il denaro. Eppure, ora che aveva ereditato dal suo padrino (il
migliore amico di suo padre, cugino in terzo grado della madre e ultimo
della sua doviziosa stirpe), ora che le pesanti cassette cerchiate di ferro,
contenenti l'oro di don Ramon, si stipavano nella cassaforte del suo
*
Il Marquess of Granby, unica locanda di Polton, aveva una panca lungo
il muro esterno, esposta al sole del pomeriggio; e su quella panca,
incorniciato da una rosa rampicante da un lato e da un caprifoglio
dall'altro, sonnecchiava Nathaniel Martin. Le rondini, i cui nidi stavano
prendendo forma sotto il cornicione, ogni tanto lasciavano cadere su di lui
una pallottola di fango e Martin si trovava lì da tante ore che la spalla
sinistra ne era generosamente ricoperta. Solo confusamente avvertiva il
minuscolo impatto, il fruscio delle ali e il verso acuto e frettoloso degli
uccelli, così come quello basso e continuo, più remoto, di un prato gremito
di mucche di là dallo stagno per abbeverare i cavalli della locanda; ma non
si ridestò completamente al mondo finché non ebbe udito il grido: «Ehilà,
marinaio!»
«Oh, mio caro Maturin, come sono felice di vedervi!» esclamò e poi,
*
Camminarono in silenzio per un po' e poi Stephen disse: «Comunque
sia, si tratta soltanto di qualche ora».
«C'è anche la questione della marea», osservò Martin.
«Signore Iddio, stavo dimenticando la marea!» esclamò Stephen. «E i
marinai ne fanno un tale problema.» Un quarto di miglio dopo, affermò:
«Temo che le mie ultime lettere non vi abbiano dato tutte le informazioni
che forse vi aspettavate». Ciò era profondamente vero. Da tanto tempo
Stephen Maturin era coinvolto nei Servizi d'informazioni, navali e politici,
e la sua vita era dipesa così a lungo dalla segretezza che il mettere
qualcosa per iscritto gli ripugnava; e in ogni caso era un mediocre
corrispondente. Martin protestò: «Niente affatto», ma Stephen riprese: «Se
avessi avuto buone notizie da darvi, credetemi, ve le avrei fatte conoscere
subito con la più grande gioia, ma sono obbligato a dirvi che il vostro
libello, il vostro per altro informatissimo libello contro la prostituzione e le
punizioni corporali nella marina reale, rende praticamente impossibile che
vi venga offerto in futuro un altro posto di cappellano di bordo. L'ho
sentito dire proprio a Whitehall, sono desolato di dovervi riferire».
«E ciò che ha detto l'ammiraglio Caley a mia moglie qualche giorno fa»,
convenne Martin con un sospiro. «Era meravigliato della mia temerarietà,
ha detto. E tuttavia continuo a pensare che fosse mio dovere protestare in
qualche modo.»
«Certo, certo, un gesto di coraggio», lo rassicurò Stephen. «Ora veniamo
al signor Aubrey. Avete seguito il suo processo e la condanna, immagino.»
«Sì, e con la più grande indignazione. Gli ho scritto due volte, ma ho
strappato entrambe le lettere, temevo di essere indiscreto, di ferirlo con
una dimostrazione inopportuna di simpatia. È stato un enorme, grossolano
errore giudiziario. Il comandante Aubrey non potrebbe ideare una frode in
*
«Ponte!» chiamò la vedetta in testa d'albero. «Tre vele di navi...
quattro... cinque vele di navi al mascone di dritta!» Erano nascoste al ponte
della Surprise dalle alture all'estremità settentrionale di capo Penlea, ma la
vedetta, un uomo del posto, le vedeva chiaramente e poco dopo soggiunse,
in tono di conversazione: «Navi da guerra: parte della squadra di Brest,
immagino. Ma non c'è da preoccuparsi, non ci sono né corvette, né fregate
e poi stanno per virare». L'implicazione era che, se fossero state
accompagnate da corvette o da fregate, una di queste avrebbe potuto essere
mandata a vedere se ci fosse qualcosa da arraffare in fatto di uomini su
quella nave ancorata al largo di Shelmerston. Ben presto le navi
spuntarono dal capo Penlea: due vascelli da settantaquattro cannoni,
seguiti da una nave a tre ponti, probabilmente la Caledonia, sul cui albero
CAPITOLO II
L'alba trovò la Surprise già lontana sulla distesa grigia, solitaria che era
il suo ambiente naturale; da sud-ovest soffiava una bella brezza da velacci,
con nuvole basse e occasionali scrosci di pioggia, ma con la promessa di
un miglioramento del tempo; e aveva spiegato i velacci sebbene l'ora fosse
così mattutina, perché Jack desiderava portarsi fuori delle rotte battute
dalle navi dirette alle varie basi della marina o di ritorno da esse. Non
aveva nessun desiderio di vedersi arruolare di forza una parte dei suoi
uomini - e nessun ufficiale del re avrebbe resistito alla tentazione davanti a
un equipaggio così numeroso e scelto -, né aveva il minimo desiderio di
essere convocato a bordo di un vascello della marina per mostrare i suoi
documenti, per rendere conto, forse per essere trattato con disinvolta
familiarità o con scarso riguardo. In marina non si trovavano soltanto
uomini dotati di grande tatto, naturale o acquisito, e Jack aveva già dovuto
affrontare qualche sgarbo; senza dubbio col tempo vi avrebbe fatto
l'abitudine, ma per il momento ne era ferito come sulla carne viva.
«Andiamo, Joe», disse il quartiermastro, girando la clessidra, e una
forma infagottata si diresse a prua per suonare i tre colpi della diana.
L'aiuto del nocchiere filò il solcometro e riferì: sei nodi e due braccia, una
velocità che poche navi avrebbero potuto raggiungere in quelle condizioni
e forse nessuna superare.
«Signor West, vado sottocoperta per un po'», disse Jack all'ufficiale di
guardia. «Dubito che il vento tenga, ma sembra che ci aspetti una giornata
piacevole.»
«Proprio così, signore», convenne West, abbassando la testa sotto un
improvviso scroscio di spruzzi, perché la Surprise stava navigando di
bolina stretta verso sud sud-est con un mare corto che batteva contro il
*
«Stephen», esordì Jack, appoggiandosi sui remi quando furono a
duecento iarde dalla nave, «non so dirti quanto ti sia grato di questa
esenzione. Se fosse stato preso qualcuno dei nostri vecchi compagni che
hanno disertato, e sono certo che quel giovane segugio di scarso cervello
non li avrebbe risparmiati, avrebbero corso il rischio di essere impiccati: o
quanto meno di buscarsi parecchie centinaia di colpi di frusta. E noi
avremmo dovuto giocare perpetuamente a nascondino con le navi del re.
Anche se è possibile, con un po' di buon senso, tenersi alla larga da una
squadra navale, non si può mai essere sicuri di evitare una nave che incroci
al largo. Immagino di non poterti chiedere come l'hai ottenuta.»
«Te lo dirò, al contrario, perché so che sei muto come una tomba quando
è necessaria la discrezione», ribatté Stephen. «In questa missione
sudamericana spero di poter avere qualche contatto forse utile al governo.
*
La punta di estrema infelicità poteva forse essersi smussata, ma non
mancava lo spazio per una grandissima apprensione e una vera angoscia.
Anche prescindendo del tutto dalle riflessioni, inevitabili sebbene
importune, sulle complicazioni domestiche e legali (e non era più l'essere
ottimista e sicuro di sé anche solo di un anno prima), Jack non si era reso
conto della difficoltà, della quasi impossibilità di reclutare un equipaggio
che fosse interamente dello stesso livello. Non si era reso conto di quanto
anni di lavoro di squadra e di pratica costante allo stesso cannone con gli
stessi compagni avessero elevato gli uomini della Surprise al di sopra della
media. Gli uomini delle navi corsare erano robusti e volenterosi; nelle
esercitazioni finte - la forma ordinaria di esercitazione, essendo la polvere
così costosa - erano in grado di portare i cannoni in batteria e ritirarli con
grande impeto ed energia; ma era chiaro che sarebbero stati necessari mesi
e perfino anni per dare loro quella sincronia perfetta, quella coordinazione
e quella economia di sforzi che rendevano i vecchi marinai della Surprise
così pericolosi per i loro nemici. Nell'attesa, Jack avrebbe potuto restituire
i cannoni alle squadre di un tempo o cambiare strategia: in luogo di
indebolire l'avversario a distanza, forse perfino portandogli via un albero
di gabbia prima di manovrare per tagliargli la rotta o la scia, e prenderlo in
un fuoco d'infilata per poi, se necessario, abbordarlo, avrebbe potuto
seguire il consiglio di Nelson e puntare dritto sul nemico. Ma quel
consiglio era stato dato all'inizio dell'ultima guerra, quando l'artiglieria
francese e quella spagnola, nonché le qualità marinare della Francia e della
Spagna, erano così marcatamente inferiori; attualmente una nave che si
avvicinasse da sopravvento con un vento moderato su un mare calmo
sarebbe stata esposta di prua e impossibilitata a rispondere al fuoco, a tutta
la bordata del nemico, per venti o trenta minuti, e, una volta sottobordo,
sarebbe stata già così maciullata da rischiare di essere catturata invece di
*
Per quanto riguardava l'attività fisica e il frastuono di violenza estrema,
il chirurgo della Surprise e il suo assistente furono serviti a dovere nei
giorni seguenti; Jack prese Stephen in parola, e non soltanto l'ultima parte
della guardia del mattino fu dedicata all'esercitazione ai cannoni, ma la
sera la chiamata ai posti di combattimento vedeva invariabilmente la nave,
sgombrata per l'azione, che, quale piccolo vulcano, ruggiva senza sosta,
talvolta con i cannoni di entrambi i bordi che sparavano
contemporaneamente, proiettando fiamme nella coltre di fumo spesso e
nero.
Martin era un uomo fondamentalmente mite e gentile e lo stesso poteva
dirsi di Maturin; a entrambi erano sgraditi i rumori eccessivi, non soltanto
lo schianto colossale delle ripetute esplosioni, ma anche il rombo dei pezzi
messi in batteria e ritirati, e il baccano rimbombante dei piedi che
correvano avanti e indietro dai depositi della polvere e delle munizioni; i
micidiali cannoni stessi erano loro sgraditi, e tutti e due tolleravano
particolarmente male il modo in cui la chiamata ai posti di combattimento
si prolungava fino a gaettone inoltrato proprio in un momento in cui la
nave stava raggiungendo acque particolarmente interessanti dal punto di
vista di un naturalista. Non soltanto la Surprise era circondata da un tale
fracasso che nessun uccello, nessuna medusa mobile o granchio pelagico si
azzardavano a restare entro il limite del suo orizzonte, ma i due erano
costretti a rimanere confinati nella stiva, al loro posto di combattimento e
in effetti anche di pratica chirurgica, perché erano numerosi gli uomini
trasportati nell'infermeria con escoriazioni, ustioni, dita dei piedi e delle
mani schiacciate e una volta perfino con una gamba rotta.
Ogni tanto Stephen riusciva a salire fino al boccaporto di maestra e a
*
«Un vero peccato per il budino», considerò Jack quando furono tornati
nella cabina della Surprise, «ma nell'insieme raramente ho goduto di più
una cena. E anche se Fanny Harte forse non è né Scilla né Cariddi, loro
due si vogliono molto, molto bene e alla fin dei conti è questa la cosa
davvero importante. Sulla strada di Pompey, William si è fermato ad
Ashgrove Cottage per chiedere notizie e Sophia gli ha dato una lettera per
me, nel caso ci fossimo incontrati: a casa stanno tutti bene e mia suocera è
una prova meno dura del previsto. Sostiene che sono stato trattato
malissimo e che Sophia e io meritiamo tutta la sua comprensione; non che
abbia pensato nemmeno per un momento che io fossi innocente, no, è che
approva in pieno ciò che crede io abbia fatto: se ne avesse avuto la
possibilità, la più piccola occasione, dice, avrebbe certamente agito nello
stesso modo, così come qualsiasi donna che avesse a cuore il dovere verso
il suo capitale... Non è per caso la Marsigliese, quella?»
Stephen aveva il violoncello tra le ginocchia e da un po' di tempo stava
accennando sommessamente due o tre frasi con variazioni, suonando quasi
senza accorgersene e senza che ciò gli impedisse di parlare e di ascoltare.
«No», rispose, «è o, meglio, dovrebbe essere, il brano di Mozart che senza
dubbio aleggiava nella mente del francese quando l'ha scritta. Eppure, mi
sfugge qualcosa...»
«Stephen!» esclamò Jack. «Non una nota di più, ti prego. L'ho
nell'orecchio, esattamente. Se solo non se ne vola via...» Tolse
rapidamente il telo che copriva la custodia del violino, accordò in fretta lo
strumento e suonò il motivo corretto. Dopo un po', Stephen si unì a lui e,
quando furono del tutto soddisfatti, s'interruppero, accordarono con
CAPITOLO III
*
Jack Aubrey aveva la rara virtù di saper ascoltare un racconto senza
interrompere e in quella occasione aspettò perfino l'epilogo: «Te lo
riferisco, Jack, così come l'ho ricevuto. Ho ragione di credere che le parole
di Guzman sugli ebrei di Gibilterra non siano vere; probabilmente agogna
il ritorno del Santo Uffizio con tutto il suo zelo ardente, ma non ritengo
affatto improbabile che questa impresa franco-americana sappia della
spedizione di mercurio. E mi sembra che la buona fede di Guzman sia
fuori discussione. Che ne pensi di quanto ha detto della Constitution?»
«Se la comanda ancora il comandante Hull, probabilmente sarà puntuale
quanto è umanamente possibile; nella loro marina ha la fama di essere
*
Eppure fu lo stesso Killick a presentarsi davanti a Stephen la mattina
seguente, il mercoledì mattina, con la faccia raggiante, scuotendo le cime
alle quali era appesa la branda e ripetendo: «I complimenti del comandante
e il dottore vuole vedere una vista magnifica? I complimenti del
*
Come molti marinai, Jack Aubrey aveva acquisito presto l'abitudine di
addormentarsi quasi immediatamente dopo aver posato la testa sul
guanciale; ma quella notte rimase sveglio almeno per una parte del tempo.
Non perché il suo animo si torturasse di nuovo con i ricordi
particolareggiati della sua disgrazia e nemmeno con i problemi legali
lunghi e potenzialmente rovinosi che incombevano su di lui, ma piuttosto
perché, fisicamente e mentalmente stanchissimo, rasentava per così dire la
superficie del presente immediato; ascoltava il suono dell'acqua che
scorreva lungo la murata e la voce composita, onnipresente, che proveniva
dal vento tra le sartie tesate a ferro e dal gioco dello scafo, mentre al tempo
stesso e più consapevolmente seguiva la trama della musica che avevano
suonato, appisolandosi ogni tanto, ma udendo sempre il suono della
campana nella successione dovuta e sempre consapevole del vento. Era
una condizione strana, molto rara per lui, riposante quasi come il sonno e
assai più simile a un benessere quieto di qualsiasi stato d'animo avesse
conosciuto dopo il processo.
Era in piedi e vestito quando Bonden venne a chiamarlo e si diresse
senza indugio in coperta. «Buongiorno, signor West», salutò, guardando la
luna gibbosa, chiara in un cielo leggermente maculato.
«Buongiorno, signore», disse West. «Tutto bene, anche se il vento cala
un po'. La vostra puntualità nel darmi il cambio è straordinaria, signore.»
«Gira la clessidra», disse allora il quartiermastro alla ruota; e Plaice,
riconoscibile dai suoi starnuti, si diresse a prua e suonò gli otto colpi.
Jack studiò il mostrarombi: durante il succedersi delle guardie, il vento
non era mai girato di una singola quarta, anche se era calato, come Jack
sapeva molto bene, e le registrazioni di meno di sei nodi erano le più
numerose.
Era una notte tiepida, benché la brezza soffiasse da nordovest, e,
andando a poppa verso il coronamento, vide con piacere che la scia era
luminosa, una lunga traccia fosforescente, la prima che avesse visto
quell'anno.
Ascoltò i consueti rapporti: sei pollici d'acqua nel pozzo di sentina, una
*
La Surprise, ora un brigantino a palo, avanzava lentamente sopravvento
alle due isole. A metà del primo gaettone si trovava nella posizione che
secondo il suo comandante era ideale; ma non avvistò nessuna Spartan. Né
vi era tra gli uomini la minima aspettativa di vederla, dal momento che
molti di loro capivano un po' il portoghese e le loro conoscenze riunite li
avevano portati a una conclusione precisa; e la diceva lunga sul loro
rispetto per Jack Aubrey che il cambiamento nell'attrezzatura della fregata
fosse stato portato a termine con tanta diligenza e rapidità, e che non vi
fossero svogliatezza né mormorazioni per quell'incrociare avanti e
*
«Mi dispiace che ve la siate persa, Tom», disse Jack Aubrey, seduto a
colazione nella sua cabina con Pullings, il quale, puntuale
all'appuntamento, era comparso poco dopo il sorgere del sole. «È stata la
piccola sorpresa più riuscita che potreste immaginare. E non c'era altro
modo di farlo, perché certamente non avrei portato la nave su quei fondali
bassi di notte. Scogliere orribili: l'Azul è affondata in dieci braccia d'acqua
non appena abbiamo portato via i feriti. Come abbia fatto quel giovane
incosciente ad affiancarlesi senza conseguenze non lo capirò mai.»
«Ma sono desolato che siate stato ferito, signore», disse Pullings, «spero
solo che non sia così grave come sembra.»
«No, no, è una sciocchezza: lo dice lo stesso dottore, e io non me ne
sono mai nemmeno accorto: un colpo di picca, un colpo di picca obliquo.
Abbiamo avuto pochissimi feriti. Ma, che Dio mi fulmini, come si sono
maciullate, la Spartan e l'Azul! Un scontro piccolo ma cruento come non
ne ho mai visti, i ponti di batteria di entrambe le navi erano sommersi dal
sangue. Sommersi. dell'Azul restavano soltanto due scialuppe di uomini in
grado di camminare e non credo che abbiamo preso più di una quarantina
di prigionieri della Spartan, a parte i feriti. È vero che avevano mandato
via molti uomini nelle loro cinque grosse prede, ma è stato un massacro
impressionante lo stesso.»
«C'è il nostromo, signore», annunciò Killick.
«Accomodatevi, signor Bulkeley», lo invitò Jack. «Volevo sapere
questo: abbiamo bandiere francesi in abbondanza?»
«Non più di tre o quattro, signore, credo.»
«Allora potreste considerare di confezionarne qualche altra. Non ho
CAPITOLO IV
Nella bottega di un farmacista il dottor Maturin e il suo assistente
controllavano i loro acquisti per le scorte della Surprise.
«A parte la minestra secca, il doppio divaricatore e un paio di pinze per
estrarre le pallottole di moschetto, e li troveremo da Ramsden, credo
proprio che sia tutto.»
«Non avete dimenticato il laudano?»
«Niente affatto. Ne rimane una quantità ragionevole a bordo; ma grazie
per avermelo ricordato.»
La quantità ragionevole si trovava in piccole damigiane ognuna pari a
quindicimila dosi ospedaliere normali, e Stephen indugiò sul tema con un
certo compiacimento.
*
L'incontro procurò in verità molto piacere a entrambe le parti. Stephen
fece sedere Martin tra sé e Sir Joseph e i due conversarono fittamente sino
all'inizio dei brindisi. Per sua stessa ammissione, Martin non aveva
prestato ai coleotteri tutta l'attenzione dovuta, ma si dava il caso che
conoscesse abbastanza bene i costumi, se non le forme, delle famiglie
sudamericane, avendole studiate da vicino sul loro suolo nativo; e gli
insetti, specialmente gli insetti luminosi, unitamente al progetto di Blaine
per una loro classificazione sulla base di principi realmente scientifici,
costituì il loro unico argomento.
Seguì la riunione della Royal Society e Stephen lesse il suo rapporto
sull'osteologia degli uccelli marini nel suo solito borbottio sommesso, e
quando ebbe finito - e dopo che i membri che erano riusciti a udire e a
capire qualcosa si furono congratulati con lui -, Blaine lo accompagnò
nella vasta corte e, prendendolo un po' da parte, gli domandò notizie di
Padeen. «Oh, è stata una cosa tremenda», rispose Stephen, «ringrazio Dio
di non aver tentato io stesso. È stato necessario frantumare il dente ed
estrarre uno per uno i pezzetti di nervo visibili. Ha sopportato il dolore
meglio di quanto non avrei creduto, ma soffre ancora molto. Cerco di
aiutarlo meglio che posso con la tintura di laudano; e certamente fa mostra
di una notevole forza d'animo.»
«Ha avuto il corrispettivo delle sue sette ghinee, povero diavolo»,
commentò Blaine; e, cambiando completamente tono: «Parlando di
marinai, non sarebbe male se il vostro amico si tenesse pronto a partire per
un breve viaggio con un preavviso ancora più breve».
«Mi state dicendo che volete che gli mandi un messaggio espresso?»
«Purché riusciate a essere sufficientemente evasivo: potrebbe trattarsi
soltanto di una falsa interpretazione... di una semplice fandonia. Ma
sarebbe un peccato non essere preparati, se dovesse risultare vera.»
CAPITOLO V
A Jack Aubrey non era mai piaciuta l'abitudine, per nulla insolita nella
marina, di salire a bordo senza avvertire, per cogliere di sorpresa la gente
della nave; ma ora, non avendo a portata di mano né scialuppa, né
timoniere, non aveva scelta. E ne fu contento, perché, mentre un battellino
di Shelmerston stava trasportando lui e Stephen, vide che la Surprise era
un modello di industriosità del tutto veritiero. Impalcature erano state
sistemate lungo le murate; l'ultima traccia di pittura celeste era svanita
sotto una bella mano di bianco; il signor Bulkeley e i suoi aiutanti si
arrampicavano sulle sartie come enormi ragni, rinnovando le fasciature e
fissando un rivestimento di cuoio rosso sugli stroppi più grandi, un tocco
molto grazioso; e, sebbene il suo assetto non fosse quello che avrebbe
desiderato - la nave era leggermente appruata -, era evidente che l'acquata
era praticamente completa. L'acqua di Shelmerston era la migliore a sud
del Tamigi per le lunghe spedizioni in Paesi lontani, ma non era facilmente
reperibile ed evidentemente, durante la sua assenza, gli uomini della
Surprise avevano dovuto fare un andirivieni faticoso con le scialuppe.
Mentre contemplava la nave, Jack ascoltava distrattamente il barcaiolo,
il cui figlio, come molti altri nella cittadina, avrebbe desiderato molto
imbarcarsi con il comandante Aubrey: era un marinaio provetto, aveva
fatto tre traversate fino a Canton e una fino a Botany Bay, era stato
classificato abile fin dalla prima, e aveva una mano come ce n'erano poche
con il violino; non beveva e non era per nulla litigioso, tranne che sul
ponte di una nave nemica; Chiesa d'Inghilterra e, con grande enfasi,
*
«È un po' strano non avere Killick qui fino a domani», confidò Jack
Aubrey a Stephen, servendogli una grossa fetta del pasticcio di vitello e
prosciutto che Sophia aveva ammannite per la loro cena, «ma questa sera
non lo avrei voluto intorno nemmeno per cento sterline. È alquanto incline
a origliare, sai, e, anche se ho parlato ai setiani in tutta sincerità, avrei
avuto qualche difficoltà a discutere di dovere morale e cose del genere con
lui a portata d'orecchio.»
«Quando rivedremo gli uomini di Ashgrove?» domandò l'amico.
«Verso le quattro del pomeriggio, credo, se tutto andrà bene e se la
carrozza non si ribalterà. Arriveranno più o meno alla stessa ora di
Pullings.»
«Be', questa è un'orrida notizia, parola mia. Ho dimenticato di prendere
una camicia pulita e la scorsa settimana mi ero scordato di cambiare
questa, e, nel loro orgoglio smisurato e nella loro gloria ora che hanno due
soldi da far ballare nelle tasche, gli ufficiali vogliono invitarci a pranzo
domani, così che tu possa conoscere la signora Martin. Ho grande stima di
lei e non vorrei comparirle davanti come uno straccione prelevato da
qualche territorio libero dove non si corre il rischio di essere arrestati per
debiti.» Guardò i polsini della camicia, già malridotti prima della lunga
nottata in una vettura sudicia e che erano adesso una vera onta per la nave.
«Che tipo sei, Stephen!» esclamò Jack. «Dopo tutti questi anni in mare,
ancora non hai idea della vita a bordo. Dai la camicia a qualche vecchio
marinaio della Surprise che hai curato per il vaiolo o il mal di pancia,
qualsiasi uomo della Surprise, Warren, Hurst, Farrell, di' tu un nome, e te
la laverà con l'acqua dolce del barilotto di coperta, te l'asciugherà nella
cucina e domattina te la restituirà. Nel frattempo girerai in veste da
camera. Mi farà piacere conoscere la signora Martin finalmente, in
particolare perché è difficile sentirti lodare una donna. Che tipo è?»
«Oh, non ha nessuna pretesa di essere bella, no. Nessuna pretesa di
*
I giorni che seguirono furono assai piacevoli. I compiti quotidiani
vennero ridotti al minimo e, a parte i due assalti notturni alla nave, gli
uomini dedicarono la maggior parte dei loro sforzi concentrati e pieni di
ardore nell'esercitarsi con le sciabole o le asce e nel tirare con la pistola. Il
resto del tempo, poiché le giornate erano soleggiate, i marinai se ne
stavano sul castello e sui passavanti perfettamente a loro agio, con una
libertà raramente riscontrabile su una nave da guerra, regia o privata che
fosse. La nave stupì i curiosi che si erano uniti alle pecore lassù in alto e i
villaggi vicini appresero che un pirata si era ormeggiato nella cala di
Polcombe, con l'intenzione di razziare la costa e di portare le fanciulle in
Barberia. A quella notizia, le giovani donne per qualche miglio all'intorno
si affrettarono sul bordo del precipizio, per dare un'occhiata ai loro rapitori
e forse per implorare pietà; mentre un cutter della dogana, sospettando
merci non dichiarate, entrò nella cala e dovette sottostare all'umiliazione
massima di essere strappato agli scogli dell'Old Scratch da due gomene,
intugliate e portate al cabestano della Surprise.
Jack era fisicamente attivissimo, dal che traeva grande giovamento:
*
Verso la fine della seconda caffettiera, Stephen udì le note acute di un
violino a non grande distanza a prua e, dopo i primi cigolìi, le voci
profonde degli uomini di Shelmerston intonarono:
CAPITOLO VI
*
Nella seconda parte della guardia del mattino del dodici, una giornata
grigia e tranquilla con una brezza leggera costante da ovest sud-ovest,
l'unico luogo confortevole della Surprise era la coffa di mezzana. I ponti
erano interamente occupati dalle squadre impegnate a issare le ultime
carronate dalla stiva, a calarvi i cannoni e ad assicurare il tutto in vista del
bombardamento notturno; poiché con le carronate non soltanto era
possibile fare fuoco molto più rapidamente che con i cannoni lunghi,
producendo così un fracasso anche più forte, ma erano pure necessari solo
due uomini per pezzo, contro i sei, otto dei cannoni. La cabina era
occupata dal comandante, dai suoi ufficiali e dai timonieri delle scialuppe,
intenti a definire una quantità di particolari. Gli uomini di medicina erano
saliti dunque sulla coffa molto presto, con libri, cannocchiali e scacchi.
*
Da lungo tempo, Stephen era abituato all'umor nero che assaliva il suo
amico dopo l'eccitazione della battaglia e, durante la seconda comandata,
trovandolo sveglio nell'entrare nella cabina con una lanterna in mano, per
vedere come stesse, disse: «Jack, date le tue angosce recenti, la perdita di
sangue e il dolore attuale, perché le suture danno sempre un certo fastidio,
potresti sentirti abbattuto; ma devi considerare che hai catturato una
fregata della marina da guerra francese di forze superiori alle tue, nonché
due barche cannoniere, anche queste della marina nazionale, con i loro
preziosi cannoni, e ben due grassi mercantili appartenenti al nemico».
«Caro Stephen», disse Jack, e il bagliore dei denti scintillò nella
semioscurità, «ho pensato proprio a questo fin da quando sei stato così
gentile da ricucirmi; e perciò non sono riuscito a dormire. Ma, Signore
Iddio, Stephen», soggiunse dopo una pausa, «ho pensato sul serio di aver
perso il numero della mensa, stavolta. Sul momento non ho sentito quasi
niente e poi, tutt'a un tratto, stavo morendo; o così credevo.»
«Il dolore dev'essere stato forte davvero, ne sono certo; ma ora che la
pallottola è stata estratta, non hai più niente da temere. È uscita
esattamente come era entrata, nessuna deviazione, nessun brandello di
tessuto nella carne, nessuna lacerazione; c'è stato un lodevole flusso di
sangue pulito e la ferita è ora una cosetta da poco. In quanto alle altre, sì,
gli squarci sono brutti, ma ne hai ricevuti almeno una dozzina di molto
peggiori senza risentire nessun effetto duraturo; e se berrai questa, se
calmerai lo spirito e dormirai, potresti sentirti un pochino meglio fin da
domani mattina; e potresti essere in grado di riprendere la tua attività,
un'attività moderata, non appena avremo tolto i punti. Quasi sempre le tue
ferite cicatrizzano subito.»
Raramente il dottor Maturin aveva fatto una previsione più azzeccata. Il
pomeriggio del tredici, Jack Aubrey fu trasportato sul cassero su una sedia
*
Una volta di più, Stephen Maturin prese una portantina dal Grapes a
Shepherd Market; una volta di più, Sir Joseph aprì la porta per dargli il
benvenuto; ma in questa occasione dovettero trasportare entrambi
documenti e pacchi di carte nella biblioteca.
«Accomodatevi, mio caro Maturin, e beviamo un bicchiere di madera
mentre ripigliamo fiato. Ma prima lasciate che mi congratuli con voi e con
Aubrey per la grandiosa vittoria. Ho visto soltanto il brevissimo rapporto
trasmesso dall'Ammiragliato, ma, leggendo tra le righe, ho capito che
dev'essere stata una di quelle spedizioni brillanti e audaci nelle quali il
nostro amico eccelle; e naturalmente ho sentito il fragore dell'applauso
pubblico. Eppure dalla vostra aria seria e in verità, perdonatemi,
malinconica, se la faccenda è certamente servita ad Aubrey, temo che per
voi non sia stato così. Forse la Diane non era come io vi avevo detto?»
«No, niente affatto. Era realmente destinata alla missione nelle colonie
spagnole, la nostra stessa missione, e ci avrebbe preceduto; e queste carte
rivelano i nomi di tutti coloro con i quali gli agenti francesi avrebbero
potuto mettersi in contatto con profitto, insieme con una quantità di altre
informazioni, quali le somme già sborsate a vari funzionari e via
discorrendo. Vi è anche una pletora di altre cartelle che non ho decifrato,
probabilmente valutazioni sulla situazione locale da parte di corrispondenti
sul posto.»
*
La sala da pranzo raramente usata di Sir Joseph appariva impeccabile:
antiquata, noce invece di legno satin o mogano, ma la donna di casa più
bisbetica e severa non sarebbe riuscita a trovarvi un granello di polvere. Le
dodici sedie lucidissime, dal sedile largo, erano allineate con precisione, la
tovaglia era candida come neve appena caduta e altrettanto liscia, perché la
signora Barlow non voleva saperne di quelle pieghe il cui rigore sciupava
così spesso il puro fluire del lino; e naturalmente l'argento brillava. Eppure
Sir Joseph si agitava, spostava leggermente una forchetta qui, un coltello là
e chiedeva alla signora Barlow se fosse sicura che le portate sarebbero
state ben calde, si raccomandava di non scarseggiare con il pudding, «... il
signore è particolarmente ghiotto di budino, e lo è anche Lord Panmure»,
finché le risposte non si erano fatte sempre più secche. Infine disse: «Ma
forse dovremmo cambiare tutta la disposizione. Il signore è ferito a una
gamba e senza dubbio dovrebbe poterla stendere sul poggiapiedi della
biblioteca, ma per farlo comodamente dovrebbe stare a capotavola. Ma
quale gamba e quale capotavola?» «Se la cosa va avanti per altri cinque
minuti», disse tra sé la signora Barlow, «butterò tutto quanto dalla finestra,
brodo di tartaruga, aragoste, contorni, budino e compagnia bella.»
Ma prima che i cinque minuti fossero trascorsi, prima che Blaine avesse
avuto modo di spostare più di due sedie a mo' di esperimento,
cominciarono ad arrivare gli ospiti. Un insieme interessante di personaggi:
a parte due colleghi di Whitehall, quattro erano membri della Royal
Society, uno era un vescovo impegnato in politica, altri gentiluomini di
campagna con notevoli proprietà terriere, i quali controllavano i loro
distretti elettorali o rappresentavano le loro contee; e dei due uomini della
City, uno era un eminente astronomo. Nessuno di loro apparteneva
*
La tovaglia era stata ritirata: si avvicinava il momento dei brindisi e Jack
lo aspettava con un certo timore. Le ferite, la sua recente dieta a latte e
acqua e la mancanza di esercizio fisico avevano indebolito la sua
resistenza e la pur moderata quantità di vino bevuto gli aveva già dato alla
testa. Non avrebbe dovuto preoccuparsi, tuttavia. Dopo aver bevuto alla
salute del re, Sir Joseph rimase seduto per qualche momento, pensieroso,
cercando di far combaciare due gusci di noce: alla sua sinistra Lord
Panmure disse: «Non molto tempo fa questo brindisi sarebbe rimasto in
molte gole, in un numero straordinario di gole. Non più tardi di ieri la
principessa Augusta diceva a mia moglie di non aver mai veramente
creduto al suo rango fino all'estinzione degli Stuart, con la morte del
cardinale di York».
«Povera signora», commentò Blaine. «I suoi scrupoli le fanno onore,
anche se mi sembrano molto vicini all'alto tradimento; ma può riposare
tranquilla, ormai. A voi non sarebbe rimasto in gola, non è vero, signore?»
domandò a Jack.
Tuttavia quest'ultimo stava ancora seguendo il resoconto della
descrizione che Babbington aveva fatto dello scontro tra la Leopard e un
iceberg nell'Antartico e delle riparazioni di fortuna sull'isola della
Desolazione;* [* Cfr. Patrick O'Brian, L'isola della Desolazione,
Longanesi, Milano, 1998. (N.d.T.)] fu perciò necessario attirare la sua
attenzione e ripetere la domanda. «Oh, no», ripose allora. «Ho sempre
seguito il consiglio di Nelson in questo come in ogni altra cosa, secondo le
mie possibilità. Brindo al re con totale convinzione.»
Blaine sorrise e soggiunse rivolto a Lord Panmure: «Che ne dite di
prendere il caffè nel soggiorno? Si circola molto più liberamente là e so
CAPITOLO VIII
Ha perso la sua marea», sentenziò Sir Joseph. «Raramente sono stato
tanto contrariato.» «Soames ha condotto la cosa da sciocco», affermò duro
Stephen. «Se solo avesse affrontato la questione in tono più leggero, se
solo avesse cominciato parlando delle quotidiane bugie di cortesia, 'non è a
casa', 'vostro umile servitore' e via discorrendo e se fosse poi passato alle
varie formule dei trattati destinate a salvare la faccia, considerandole
sciocchezze di nessuna importanza quali sono in realtà, e poi gli avesse
chiesto di mettere la sua firma sulla domanda, già stilata, probabilmente
Aubrey avrebbe firmato con l'animo pieno di riconoscenza, traboccante di
felicità.»
«È una maledettissima faccenda», si rammaricò Sir Joseph, seguendo il
filo dei suoi pensieri. «Nonostante tutte le suscettibilità delle quali
occorreva tenere conto, di Quinborough e dei suoi alleati, per nominarne
soltanto alcuni, per un momento la bilancia si era inclinata in favore di
*
Molte generazioni di Aubrey erano sepolte a Woolhampton e la chiesa
era piena di gente. Jack fu sorpreso e commosso nello scoprire che un così
gran numero di persone era venuto a onorare il funerale, dal momento che
ormai da lungo tempo Woolcombe House non vedeva più nessuna delle
antiche, solide famiglie così spesso invitate quando la madre di Jack era
viva. Qualche faccia mancava, naturalmente, ma molte, molte meno di
quanto Jack non si fosse aspettato; e la congregazione non comprendeva
soltanto vecchi amici e parenti degli Aubrey, ma anche affittuari,
contadini, uomini e donne che vivevano nelle casette sparpagliate nella
campagna e che, a quanto pareva, avevano dimenticato i maltrattamenti,
gli affitti esosi e l'appropriazione tirannica delle terre comuni di
Woolhampton Common. Un'altra cosa lo commosse particolarmente e cioè
il fatto che le donne del paese, molte delle quali erano state al servizio di
sua madre e perfino di sua nonna, si fossero affrettate a mettere in ordine
Woolcombe House per accogliere tanti ospiti. La casa era stata lasciata
andare tristemente anche prima che il generale scappasse nel Nord per
*
Nella stanza del Grapes, confortevole, vissuta, tappezzata di libri, il
dottor Maturin e Padeen contemplavano con soddisfazione il bagaglio. Un
collo, di dimensioni ridottissime, impacchettato come una salsiccia,
conteneva il necessario per il viaggio di Stephen fino a Edimburgo, da
solo, perché Padeen avrebbe fatto vela verso nord con la Surprise. Ma il
loro vero trionfo era la cassa da marinaio del dottore: Padeen aveva tratto
grande profitto dalla sua amicizia con Bonden, un autentico prodigio con il
cordame, e in quel momento il baule era in mezzo alla stanza, avvolto in
Ashgrove Cottage
Mio caro Stephen,
rallegrati con me! Nella sua grande bontà, mio cugino Edward
mi ha offerto il seggio del distretto di Milport, sua proprietà:
siamo andati là e abbiamo trascorso una giornata o quasi con gli
elettori, un'amabile compagnia. Sono stati tanto gentili da dirmi
che, per via di Saint-Martin e delle Azzorre, avrebbero votato per
me anche se il cugino Edward non avesse consigliato loro di farlo.
Mentre eravamo lì, è arrivato con la vettura postale un
messaggero del governo, latore di proposte per mio cugino; ma
Edward ha detto che non poteva prenderle in considerazione,
perché si era già impegnato con me: il messaggero ha assunto
un'espressione vacua ed è ripartito.
Così, dopo un altro giorno dal cugino Edward - voleva
assolutamente che io vedessi le sue rose al massimo del loro
splendore ed era il minimo che io potessi fare -, sono tornato a
casa e stavo dando a Sophia la notizia per la ventesima volta, con
tutto ciò che speravo potesse comportare, forse, quando è arrivato
Heneage Dundas.
Sapevo che l'Eurydice era ritornata, ma non avevo avuto il
tempo di andare a Pompey a dargli il benvenuto, e quando avevo
mandato a invitarlo a pranzo avevano detto che era partito per
Londra, così non ci siamo meravigliati troppo di vederlo; abbiamo
pensato che stesse facendo ritorno alla sua nave e che avesse fatto
una deviazione per venirci a trovare.
Ma ci siamo molto meravigliati quando, dopo aver detto cose
assai belle davvero sulla Diane ed essersi fatto raccontare la
*
Lo champagne e il suo affascinante effetto sullo spirito erano svaniti da
lunga, lunga pezza, quando la Leopard iniziò a costeggiare lo Swin
durante la seconda comandata del venerdì: a intervalli di un minuto
sparava un colpo di cannone nella nebbia e il tamburo rullava
continuamente sul castello, sebbene l'umidità assorbisse gran parte della
risonanza; l'uomo alle lande gettava lo scandaglio senza pausa e la sua
voce roca cantilenava. «Al segno sette, al segno sette, al fondo sei, e sei e
mezzo», talvolta più acuta e urgente quando la costa sottovento si faceva
più vicina: «Al segno cinque, e cinque e mezzo!» La nave faceva a
malapena due nodi nella bruma, ma i fondali cambiavano in fretta e
tutt'intorno, in direzioni e a distanze difficili da stabilire, risuonavano in
risposta grida e rullo di tamburi dei mercantili o delle navi da guerra che
risalivano o discendevano il Tamigi, mentre deboli luci apparivano e
scomparivano in una nebbia ancora più fitta quando erano in prossimità
ancora maggiore.
Un momento infelice per navigare in quelle acque frequentate e dai
fondali bassi, e il comandante, il nocchiere e gli uomini più esperti erano
ancora in coperta, come lo erano stati, con qualche raro intervallo, fin da
quando Stephen non era salito a bordo nell'ultima ora di bel tempo. La
Leopard era stata spedita in mare in gran fretta, con un equipaggio ridotto
e mal preparata; i ponti erano nel caos e l'accoglienza riservata al dottor
Maturin non aveva fatto onore a nessuno, anche se certamente Stephen non
avrebbe potuto scegliere un momento peggiore, con la nave impegnata a
levare l'ancora. Tuttavia il suo animo era abbattuto già da un pezzo, da
molto prima che gli giungesse l'irritato: «Sottocoperta, signore, scendete
sottocoperta. Togliete dai piedi questa dannata cassa». Da mezzo miglio di
distanza non aveva riconosciuto la nave e aveva pensato che l'allievo della
scialuppa lo stesse prendendo in giro; poi, mettendo insieme curve, masse
*
Nella sala affacciata sulla strada al primo piano del William's Head a
Shelmerston, Sophia lesse ad alta voce: «Pane in sacchi: 21.226 libbre; lo
stesso in barili: 13.440 libbre. Farina per pane in barili: 9000 libbre. Birra
in botti da 72 galloni imperiali: 1200 galloni. Spirito: 1600 galloni. Manzo:
4000 pezzi. Farina in luogo di manzo in mezzi barili: 1400 libbre. Strutto:
800 libbre. Uvetta: 2500 libbre. Piselli in barili: 187 bushels. Farina
d'avena: 10 bushels. Grano: 120 bushels. Olio: 120 galloni. Zucchero:
*
Stephen non aveva avuto una buona traversata. In verità, non era
avanzato più di trenta miglia in direzione di Stoccolma e anche quando la
Surprise ebbe preso il mare, due giorni più tardi, la Leopard, con il timone
e il paramezzale finalmente nuovi, aveva appena perso di vista il
campanile della chiesa di Manton. Dopo i primi giorni di attesa non
sarebbe più valsa la pena di proseguire verso nord via terra, dato che
Stephen non avrebbe mai potuto arrivare in tempo per imbarcarsi sul
postale; era rimasto perciò dov'era, sistemandosi al Feathers e trascorrendo
molte ore della giornata con il suo amico, il reverendo Heath. Ammetteva
con se stesso che non gli dispiaceva poi troppo quel ritardo dovuto a un
naufragio, un atto di Dio o un evento che realmente sfuggiva al suo
controllo; e, su un piano completamente diverso, era contento di
familiarizzarsi con gli uccelli combattenti, maschio e femmina. Aveva
visto spesso passare quei volatili abbastanza insipidi sulle lagune del
Mediterraneo durante le migrazioni, ma, conducendolo a un capanno
d'avvistamento un giorno dopo l'altro, Heath gli aveva mostrato dozzine e
perfino centinaia di combattenti maschi in tutto lo splendore del loro
piumaggio del corteggiamento, combattenti che danzavano, tremavano, si
beccavano, esibendo la straordinaria varietà dei collari nei combattimenti
rituali, tutti apparentemente in uno stato di irrefrenabile eccitazione
sessuale.
«Un istinto possente, Maturin, pare a me», aveva detto Heath.
«Possente davvero, signore. Possente davvero.» L'istinto delle femmine,
sebbene certamente meno spettacolare, era forse ancora più forte. Benché
fossero state lasciate del tutto sole dai loro compagni, nonostante l'ardore
dei predatori che sopravvivevano soltanto grazie alla loro efficienza e
nonostante alcuni periodi di un tempo eccezionalmente freddo, Stephen e
Heath avevano osservato tre di quei coraggiosi uccelli portare a buon fine
le loro covate, mentre una quarta stava cominciando a schiudersi proprio
quando un ragazzo del coro era venuto a riferire che la Leopard stava
*
Conosciuti meglio, gli uomini della Leopard migliorarono leggermente.
Ciò fu dovuto in parte al buon vento da velacci che le riempì le vele non
appena la nave fu uscita a rimorchio dal porto di Manton, facendola
correre a sei e addirittura a sette nodi, un'andatura splendida nelle sue
attuali condizioni e tale da mettere di buonumore perfino il tetro signor
Roke; in parte fu dovuto al fatto che un uomo non più abile al servizio, un
tempo marinaio prodiero della Boadicea e ora impiegato nell'arsenale di
Manton, aveva riconosciuto il dottor Maturin, mentre al tempo stesso il
rivestimento di tela recante l'indirizzo provvisorio: S. Maturin, passeggero
per Stoccolma, inchiodato intorno alla sua cassa da marinaio, si era
strappato quando la cassa era stata di nuovo caricata a bordo, rivelando i
nomi delle navi sulle quali Stephen aveva prestato servizio, dipinti sul
frontale secondo la tradizione della marina e sbarrati con una sottile linea
rossa alla fine di ogni missione.
Stephen aveva notato che gli uomini di mare, anche se nell'insieme
piuttosto creduloni e ignoranti delle cose del mondo, si mostravano spesso
saccenti, sospettosi, diffidenti nei momenti sbagliati; ma non era possibile
resistere a quella doppia testimonianza indipendente, e il primo giorno di
navigazione, durante il pranzo, il signor Roke, dopo un silenzio generale,
disse: «E così sembra che voi siate stato un 'leopardo', signore.»
«Proprio così», confermò Stephen.
«Perché non ce lo avete detto quando siete salito a bordo?»
«Non me lo avete chiesto.»
«Non voleva mettersi in mostra», disse il commissario.
Gli altri meditarono su queste parole, poi il chirurgo disse: «Voi dovete
essere il dottor Maturin delle Malattie dei marinai».
Stephen accennò un inchino. Il commissario sospirò, scuotendo il capo,
e osservò che gli uffici funzionavano sempre così: ti mandavano un
biglietto: «Ricevete a bordo il tale, vitto e alloggio, fino a Stoccolma»,
senza una parola sulla sua qualità; avrebbe potuto trattarsi di Agamennone
o di Nabucodonosor e tu non ne sapevi niente. «Credevamo che foste un
commerciante che andava nel Baltico per affari, come questi signori»,
soggiunse indicando i mercanti, i quali abbassarono gli occhi sulla tovaglia
*
Nessuno avrebbe potuto contemplare il volto del nuovo rappresentante
di Milport senza sentirsi rincuorato: non che Jack Aubrey fosse esultante o
colmo di ovvio piacere, e anzi per un certo tempo dopo che si fu messo in
panna vicino alla Leopard il suo volto rimase corrucciato; ma possedeva
una luce interiore, una sua particolare armonia, e lo strano torpore quasi
paralizzante che era calato su di lui negli ultimi mesi era ormai quasi
scomparso. L'allegria era stata la sua caratteristica naturale fino a quando
ogni gioia non era stata cancellata dal suo viso, un bel viso colorito le cui
rughe e le cui linee erano state formate dalle risate e dai sorrisi; ora
sembrava tornata essenzialmente la stessa, se mai ancora più rubizza e
illuminata dagli occhi che parevano di un celeste ancora più brillante.
Stephen sentì la tristezza, la disperazione quasi, ritirarsi, svanire
addirittura mentre parlavano, parlavano del gesto straordinariamente
nobile del cugino Edward Norton, della camera dei Comuni, dove furono
d'accordo che la condotta più saggia di Jack avrebbe dovuto essere il
silenzio tranne nel caso di una sua convinzione assoluta a proposito di un
qualche punto navale e un appoggio generale ma niente affatto
incondizionato al ministero: o perlomeno a Lord Melville. Poi, dopo aver
ascoltato un resoconto abbastanza particolareggiato dell'arenamento della
Leopard, Jack, con Pullings e Martin, mostrò a Stephen il nuovo sartiame
di manila e l'inclinazione leggermente più accentuata che avevano dato
all'albero di trinchetto. «Credo che così possa guadagnare qualche decimo
di nodo», concluse Jack.
«Certamente è veloce come un cavallo che corra a un buon trotto», disse
Stephen, guardando al di sopra dell'impavesata il rapido movimento
scorrevole del mare che scopriva il rame della parte centrale della nave; e
mentre parlava si rese conto che ogni ora che passava lo portava più vicino
a Stoccolma di dieci miglia e che il giorno seguente probabilmente lo
avrebbe visto sulla terraferma.
«Non mi fiderei di questo vento, però», disse Pullings. «Non ha fatto che
CAPITOLO IX
Sebbene la Surprise si fosse avvicinata il più possibile. addentrandosi tra
le innumerevoli isole, gli uomini dovettero remare a lungo prima che la
barca depositasse Stephen sulla larga banchina nel cuore della città.
Una volta sorto il sole, la giornata apparve fresca e limpida, e la brezza,
per quanto contraria, piena di vita; raggiunta la terra asciutta, Maturin si
sentì distaccato quasi completamente da quell'altro mondo, il mondo del
sogno, con la sua straordinaria bellezza e la sua potenziale angoscia, la sua
minaccia indistinta di un pericolo estremo incombente.
Il pilota, un uomo grave e rispettabile, che parlava perfettamente inglese,
lo accompagnò in un albergo grave e rispettabile, altrettanto eccellente in
inglese. Là Stephen ordinò caffè e ciambelle, e, ben rifocillato, si recò dal
*
L'intenzione di Stephen era di individuare il luogo dove Diana viveva e
di assimilare un poco dell'ambiente circostante: intendeva poi fare ritorno
in albergo, convocare un barbiere, cambiarsi la camicia (ne aveva tre, oltre
a una cravatta e a un gilet di ricambio), pranzare e mandarle un messaggio
*
«Se mai diventerò vecchia», disse Diana durante la cena, «spero di
riuscire a seguire i cambiamenti nel valore del denaro.»
«Non molti riescono a farlo.»
*
Nonostante incomprensibili ritardi e disguidi, parve che l'ascensione
fosse stata rimandata più che cancellata; perlomeno, come esibizione
pubblica, doveva essere stata molto modesta dal momento che non
rammentava né la folla, né il chiasso. Aveva, sì, vaghi ricordi di cadute, di
lesioni indeterminate, di confusione intorno a lui che soffocavano il
passato immediato, ma ora si erano innalzati sopra le nubi, un parallelo
ben adatto allo snebbiamento progressivo della sua mente, ora si trovavano
nella pura aria superiore con quel blu stranamente familiare sopra e
dappertutto intorno a lui, a meno di sporgersi dal bordo della navicella e
guardare le fantastiche circonvoluzioni e la geografia in lento mutamento
del mondo sottostante: il tutto molto più puro e più intenso perfino del suo
sogno, che ricordava perfettamente. E sebbene nel sogno i colori fossero
stati straordinariamente vividi, non lo erano stati fino a quel grado
miracoloso; la navicella di vimini possedeva un'infinità di bellissime
sfumature, dal bruno scuro a un qualcosa di più chiaro della paglia, mentre
le corde che salivano alla rete intorno all'involucro stesso avevano una
qualità tutta loro: era come non aver mai visto prima una corda o come
aver recuperato la vista dopo anni di cecità, e quando si girò a guardare
Diana, la perfezione della sua guancia gli tolse il respiro. Era seduta là in
un abito da equitazione verde, le mani in grembo; guardava il suo
diamante, gli occhi socchiusi nascosti dalle lunghe ciglia.
Tacevano entrambi - quello era un mondo di silenzio -, eppure egli era
consapevole dell'armonia perfetta tra loro e sapeva che niente di quanto
avrebbero potuto dirsi li avrebbe mai avvicinati di più. Rifletté sull'altezza,
*
Quando il valletto di Jagiello ebbe finito di radergli il mento, Stephen
aveva già un piacevole pizzicorino in bocca; e quando Jagiello si fu
congedato dopo una breve ma cordialissima visita, le foglie di coca gli
avevano tolto del tutto il senso del gusto: un piccolo prezzo da pagare per
la calma e la forza di spirito. La perdita del gusto non avrebbe potuto
capitare in un momento migliore, poiché dopo che Stephen ebbe
contemplato per un po' l'effetto indubitabile della coca sulla gamba, Diana
entrò con una pozione mandata da Mersennius: un'emulsione di una
perfidia spettacolare.
Né avrebbe potuto capitare in un momento migliore il rafforzamento
della sua mente, ora fermamente installata sulla sua base, perché tre giorni
dopo, tre giorni di un affetto instancabile che lo aveva attaccato a lei più
che mai, mentre suonavano le dieci, Diana gli si avvicinò con bottiglia e
cucchiaio e, dopo avergli fatto prendere la medicina, si aggirò per la stanza
in un bizzarro modo inconcludente prima di sistemarsi sulla sua poltrona.
«Maturin», disse in tono imbarazzato, «che cosa sia accaduto alla mia
intelligenza il giorno in cui ci siamo incontrati non lo so. Non sono mai
stata capace di ricordare con precisione gli anni o la storia o l'ordine dei
fatti, ma questo supera davvero... Soltanto ora, mentre scendevo di corsa le
scale, un lampo di buon senso mi ha illuminato e mi sono detta: 'Ma,
Diana, scema che non sei altro, forse era la sua risposta'.»
Stephen preferì non far vedere che aveva capito immediatamente; spostò
le foglie di coca nell'altra guancia, rifletté per un momento, poi disse: «La
lettera che avevo affidato a Wray era la risposta a una delle tue nella quale
non ti mostravi molto soddisfatta... nella quale mi chiedevi di dare una
spiegazione su quanto si diceva in giro, che io mi stessi pavoneggiando su
e giù per il Mediterraneo con un'amante italiana dai capelli rossi».
«Era la tua risposta allora! Mi avevi risposto! Stephen, non dovrei
stancarti con la storia antica in un momento come questo, ma hai un così
bell'aspetto, mangi così volentieri e il dottor Mersennius è così contento
del suo elleboro da farmi credere di poter accennare a questo, per
dimostrarti che non sono insensibile né completamente stupida.»
«Non ho mai pensato che tu fossi né l'una né l'altra cosa, anima mia»,
*
«Perlomeno avrò il tempo di fare i bagagli», disse Diana e poi, in un
tono molto più allegro: «Stephen, che cosa farò mentre tu sarai
nell'America del Sud?»
«Starai da Sophia e cercherai una tenuta con un buon pascolo per i tuoi
cavalli arabi e una casa a Londra. Ho sentito dire che quella di Half Moon
Street era in vendita.»
*
Jack entrò nella stanza in punta di piedi, con un'espressione ansiosa,
preoccupata sulla faccia, seguito da Martin e da Jagiello. Baciò Diana
distrattamente, da cugino, e afferrò la mano di Stephen in una stretta calda,
asciutta, gentile. «Povero amico mio», disse, «come stai?»
«Benissimo, grazie, Jack. Come sta la nave? Ha trovato la sua tela?»
«È in ottima forma. Ci ha portato fuori dello stretto di Suur con i velacci
spiegati, veloce come un cavallo da corsa, mure a dritta tesate, coltellacci
alti e bassi, a zig zag in quel dannato canale stretto di Wormsi: si poteva
lanciare una galletta sulla costa sottovento; e ha una dozzina di balle del
genere di tela che si usa in paradiso.»
Contento, Stephen scoppiò nella sua risata gracidante e disse: «Diana,
permettimi di presentarti il mio caro amico, il reverendo Martin, di cui hai
sentito parlare tanto. Signor Martin, mia moglie».
*
Come Jack aveva detto, la Surprise era ormeggiata di prua e di poppa
lungo il molo. Il ponte aveva un'aria in certo modo deserta, perché Tom
Pullings e il commissario erano sottocoperta, cercando di fare ordine nei
conti complicati dei mercanti di Riga, e un buon numero di marinai era in
franchigia fino alle sei.
FINE
TABELLE DI CONVERSIONE
MISURE DI LUNGHEZZA
1 pollice 2,54 cm
1 piede (12 pollici) 30,5 cm
1 iarda (3 piedi) 0,914 m
1 braccio (2 iarde) 1,829 m
1 miglio (di terra; 1760 iarde) 1,609 km
1 miglio (nautico; 2026 iarde) 1,853 km
1 lega (3 miglia nautiche) 5,559 km
1 pinta 0,568 1
1 quarto (2 pinte) 1,136 1
1 gallone (4 quarti) 4346 1
1 barile (36 galloni) 163,65 1
MISURE DI PESO
1 oncia 2835 g
1 libbra (16 once) 0,453 kg
1 hundredweight (112 libbre) 50,80 kg
1 tonnellata (inglese; 20 hundredweight) 1016 kg