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Mariae sacrum
NOTA DELL'AUTORE
I grandi possono permettersi anacronismi e in verità è abbastanza
piacevole scoprire Criseide a leggere le vite dei santi o Amleto andare a
scuola a Wittenberg; ma forse il comune scrittore non dovrebbe prendersi
molte libertà col passato. Facendolo, sacrifica sia l'autenticità sia la
volontaria sospensione della diffidenza, e sicuramente riceverà lettere da
quanti hanno un amore più grande del suo per l'esattezza. Solo l'altro
giorno un colto olandese mi ha rimproverato di aver spruzzato acqua di
Colonia nel gavone di prua della nave di Sua Maestà Shannon nel mio
ultimo libro: il primo riferimento inglese all'acqua di Colonia, ha detto,
citando l'Oxford Dictionary, si trova in una lettera di Byron datata 1830. Io
credo che si sia sbagliato nel pensare che nessun inglese abbia mai parlato
dell'acqua di Colonia prima di quella data; ma la sua lettera mi ha creato
un certo disagio, tanto più che nel presente romanzo ho deliberatamente
tenuto Sir James Saumarez nel Baltico alcuni mesi dopo che era già
tornato in patria con la Victory e aveva ammainato la sua insegna. Nella
prima stesura mi ero basato sul Dictionary of National Biography, secondo
il quale l'ammiraglio era ancora al comando durante il periodo da me
scelto: in seguito, però, controllando nelle memorie di un suo subordinato,
ho scoperto che in realtà un altro aveva preso il suo posto. Volevo tuttavia
dire qualcosa di Saumarez, un esempio significativo del tipo particolare di
ufficiale di marina del tempo, profondamente religioso, di grandissima
capacità e diplomatico di grande efficienza; perciò, non potendo in verità
modificare ulteriormente il calendario, ho deciso di lasciare le cose come
stavano, anche se ho omesso ogni riferimento alla Victory, per un qualche
oscuro sentimento di rispetto per quella nobile nave. La sequenza storica
dunque non è del tutto esatta, ma confido che il lettore fiducioso mi
CAPITOLO
I
Il lungo porto di Halifax nella Nuova Scozia in una lunga, lunga
giornata estiva e due fregate che scivolavano sull'onda di marea con le sole
gabbie: quella in testa, essendo appartenuta fino a pochi giorni prima alla
marina statunitense, aveva la bandiera a stelle e strisce sotto quella bianca,
mentre l'altra, che la seguiva inalberando soltanto i propri colori sbiaditi,
era la nave di Sua Maestà Shannon, la vincitrice della breve e cruenta
azione contro la Chesapeake* [* Cfr. Patrick O'Brian, Bottino di guerra,
Longanesi, Milano, 1999. (N.d.T.)]
L'equipaggio della Shannon aveva già avuto sentore dell'accoglienza che
avrebbe ricevuto, poiché le nuove della vittoria si erano diffuse e dory,
yacht, battelli armati per la guerra di corsa e piccolo naviglio di ogni
genere erano venuti loro incontro al di là della lontana imboccatura del
porto, veleggiando di conserva, tra uno sventolare di cappelli e di grida
festose: «Bravo! Huzzay! Ben fatto! Shannon!Huzzay, huzzay!» Gli uomini
della Shannon non facevano gran caso ai civili, solo qualche cenno
distante, qualche saluto discreto con la mano da parte della guardia in
turno di riposo; ma gli uomini sulle imbarcazioni facevano al contrario
gran caso a loro e, sebbene un osservatore casuale non trovasse niente di
veramente sbalorditivo nella Shannon stessa, col sartiame quasi
interamente rinnovato, le nuove vele inferite nei pennoni e la pittura più o
meno nelle stesse condizioni di quando la nave era salpata da quello stesso
porto qualche settimana prima, gli sguardi più esperti degli uomini che si
trovavano sui velieri armati per la guerra di corsa notavano le profonde
ferite sul bompresso e sugli alberi, quello di mezzana lapazzato con le
barre del cabestano, le palle di cannone ancora piantate nelle murate e i
fori turati dove le palle avevano sfondato: ma perfino il meno attento era
costretto ad accorgersi dello squarcio aperto sulla poppa e sull'anca di
sinistra della Chesapeake, dove la bordata di dritta della Shannon l'aveva
investita in pieno più e più volte, spedendo quintali di ferro a spazzarla in
tutta la sua lunghezza a ogni scarica. Com'era naturale non vedevano il
sangue che era stato versato in quel combattimento selvaggio, che era
CAPITOLO
II
Nel corso dei suoi anni di servizio nella Royal Navy, Stephen Maturin
aveva spesso riflettuto sulla varietà di tipi esistente tra gli ufficiali: aveva
navigato con uomini di grandi famiglie e con uomini venuti dalla gavetta;
con compagni che non aprivano mai un libro e con amanti della poesia,
con comandanti in grado di citare i classici e con altri a malapena capaci di
scrivere un rapporto coerente senza l'aiuto di un segretario; e sebbene la
maggior parte di questi ufficiali provenisse dalla classe media, vi era tra
essi una serie così sconcertante di sottospecie che soltanto un osservatore
cresciuto tra le complicazioni del sistema inglese di caste avrebbe potuto
orientarsi e stabilire con sicurezza l'origine e il rango sociale di quegli
ufficiali. Esisteva tra loro anche una grande diversità di censo, in
particolare tra i comandanti, dato che, quando i mercantili abbondavano,
un comandante intraprendente o fortunato poteva farsi una fortuna col
denaro delle prede in poche ore d'inseguimento accanito, mentre per
converso coloro che dovevano vivere soltanto con la paga conducevano
una vita difficile e piena di ansie, facendo in molte occasioni una ben
magra figura. Tutti recavano però l'impronta del loro mestiere, ricchi o
CAPITOLO
III
La Diligence scivolò nella notte sulle acque del lungo porto prima
dell'alba aveva doppiato il Little Thrumpcap: quando il sole velato
cominciò a imbiancare il cielo a oriente era già al largo e con una brezza
moderata al traverso faceva rotta con mure a dritta leggermente a nord di
CAPITOLO
IV
Armato finalmente il nuovo alberetto, la Diligence si diresse a sud e a
est col vento più favorevole che un marinaio potesse desiderare, un vento
magnifico all'anca di dritta che spesso portava la pioggia, ma sempre
costante e teso, costante come gli alisei un giorno dopo l'altro; e sebbene
fosse di fatto una brezza da velacci, il signor Dalgleish spiegava anche i
controvelacci non appena accennava a calare, deciso a non perdere una
sola iarda di spinta. Nonostante le notti trascorse in panna sui banchi, dato
che le golette corsare li avevano costretti a correre verso est così
rapidamente e per così tanto tempo esisteva una reale possibilità che la
traversata fosse straordinariamente rapida; Dalgleish era assolutamente
convinto che la Diligence avesse sopravanzato di molto l'assai più
tranquilla Nova Scotia che aveva seguito la rotta meridionale, aveva la
convinzione che sarebbero arrivati per primi in patria e come tutti a bordo
era in smanie all'idea di poter dare la grande notizia.
Il vento tenne; Dalgleish continuò a correre; il postale raggiunse le 269
miglia da un mezzogiorno all'altro; diciassette giorni dopo aver lasciato
Halifax arrivarono a quota scandaglio e, mentre si trovavano
all'imboccatura di ponente della Manica, diedero la notizia a un mercantile
che stava rientrando dalla Guinea. «La Shannon ha catturato la
Chesapeake!» gridò Dalgleish sotto la pioggia battente da ovest, passando
sopravvento e lasciando il mercantile in preda a un parossismo di
esultanza, come una nave di folli. Diede la notizia a un peschereccio della
Cornovaglia, a una barca pilota al largo del Dodman, a una fregata vicino a
Eddystone e a qualcun altro, per lo più in partenza dalla Gran Bretagna.
Secondo ragione, se mai la notizia aveva già raggiunto l'Inghilterra, era
CAPITOLO
V
Mio Dio, Maturin, come sono contenta di rivedervi!» gridò Diana,
attraversando di corsa il salotto della signora Fortescue e afferrandogli
entrambe le mani. «Avete fatto buon viaggio? Venite in giardino e
raccontatemi tutto. La signora Fortescue scenderà da un momento all'altro
con la sua odiosa nidiata. No: avete l'aria affaticata. Sediamoci qui.» Lo
condusse verso un sofà. «Ebbene, mio caro, com'è andata?»
«Più o meno come va sempre questo genere di cose», rispose Stephen,
«molta fretta, molti ritardi e alla fine la scoperta che si sarebbe potuto fare
tutto altrettanto bene e forse meglio per mezzo della posta. Ho dimenticato
il mio spazzolino da denti a Tuam o ad Athenry e un magnifico paio di
pantofole di fustagno a Dublino e poi, sulla via del ritorno, un veliero
corsaro americano ci ha dato la caccia fino a Holyhead e abbiamo tutti
tremato dalla paura.» Si era ormai abituato alla nuova Diana e piangeva la
morte della sua precedente incarnazione soltanto quand'era solo. In un suo
modo tranquillo provava piacere nell'essere seduto là accanto a lei, stavano
bene insieme, il suo affetto lo accoglieva come in un ritorno a casa e una
volta di più ebbe la sensazione che il loro fosse un matrimonio. Diana era
fisicamente in salute, osservò; la carnagione chiara spesso associata alla
gravidanza dava luminosità al suo viso: evidentemente non c'era traccia
della costipazione, temibile nel suo stato. Ma un occhio attento si
accorgeva che sotto l'animazione di Diana, sotto il suo piacere immediato,
non tutto andava bene: al contrario. Forse non era possibile distinguere i
segni di una profonda infelicità, ma non ci si poteva sbagliare su di essi; né
ci si poteva sbagliare sui segni di una più recente irritazione e tensione di
spirito.
La ragione apparve evidente qualche momento più tardi, quando la
signora Fortescue entrò con i suoi bambini. Cinque bambini che a Stephen
Parigi era al massimo del suo affascinante splendore, gli alberi ricoperti
di foglie sotto un cielo gentile e sorridente, la Senna quasi blu, le vie piene
di movimento e di colore. Gran parte di quel colore era dovuto alle
innumerevoli uniformi, uniformi nemiche, ma era così grande la differenza
tra l'aspetto delle truppe di Bonaparte sui campi di battaglia umidi e
fangosi e l'alta uniforme che formava la delizia degli occhi dei parigini che
l'effetto non era di ostilità e nemmeno molto guerresco, ma si aveva
piuttosto l'impressione di trovarsi su un palcoscenico di dimensioni
colossali, magnificamente illuminato e superbamente allestito, gremito di
attori che si muovevano a piedi e qualche volta a cavallo, in un
abbigliamento di una magnificenza inarrivabile. Diana contribuiva a quel
colore col suo abito blu pervinca di Madame Delaunay, col cappello
Jack non stava inseguendo la volpe, ma, diretto a casa, stava in effetti
montando in sella alla poderosa cavalla grigia di suo padre che doveva
trasportarlo a Blandford e alla vettura di posta. Il generale Aubrey fece una
breve comparsa, fiancheggiato da due uomini panciuti e dalle guance
arrossate; altri uomini guardarono con espressioni vacue dalla sala del
biliardo. «Non sei ancora partito, Jack? Devi sbrigarti. Addio, e stai attento
alla cavalla, è di bocca delicata», raccomandò il generale, che non aveva
mai avuto una grande opinione della perizia equestre del figlio. «Andiamo,
Jones, andiamo, Brown», gridò ai suoi compagni, «dobbiamo metterci al
lavoro.» Poi, accorgendosi della dimenticanza, girò la testa e soggiunse:
«Il mio affetto a... il mio affetto a tua moglie e ai marmocchi!» La signora
Aubrey, matrigna di Jack, non si fece nemmeno vedere: quando il generale
l'aveva sposata togliendola alle sue mucche, la vivace ragazza aveva
promesso a se stessa, adesso che era una signora, di non alzarsi mai prima
di mezzogiorno; e quella promessa almeno l'aveva rispettata
religiosamente.
Jack si allontanò senza voltarsi indietro. Si sentiva profondamente
abbattuto: non per la salute di suo padre, dato che il vecchio gentiluomo si
era ripreso con la stessa rapidità con cui si era ammalato, riacquistando
tutto il suo vigore, ma per la curiosa espressione astuta, volpina, che
avevano assunto la sua faccia e quelle dei suoi compagni. Erano uomini
della City o politicanti o tutte e due le cose insieme; Jack non aveva capito
che cosa stessero combinando esattamente, sebbene fosse ovvio che il
denaro era la loro unica preoccupazione, visto che non parlavano che di
titoli consolidati, di Borsa e di azioni indiane; ma anche senza l'esperienza
recente in fatto di uomini d'affari, non si sarebbe ugualmente fidato di
quella gente. Woolcombe House non era mai stata famosa per il decoro,
specialmente dopo la morte della prima signora Aubrey, la madre di Jack,
e le conoscenze del generale includevano numerosi individui dallo stile di
vita poco raccomandabile, amanti del bere e del gioco, tanto che in paese
le madri più attente non mandavano le figlie a servizio là; ma Jack non
aveva mai visto tipi come quel Jones e quel Brown in casa di suo padre.
Non era soltanto perché le loro idee radicali gli erano odiose, ma si trattava
Stephen Maturin, in piedi alla luce del sole che si andava abbassando, la
testa piegata in modo che un raggio orizzontale gli battesse sulla faccia, si
stava rasando il mento, la faccia stessa grave e ancora più pallida del
solito: entro un'ora o poco più avrebbe parlato all'Institut e alcune tra le
menti più acute e distinte d'Europa sarebbero state presenti. La giacca nera,
le brache di satin, spazzolate e stirate, erano stese accanto alla camicia
nuova e immacolata, alla cravatta e alle calze di seta e al di sotto
brillavano le scarpe dalla fibbia d'argento: si trattava di una serata elegante
e sebbene avesse tenuto una conferenza alla Royal Society in pantaloni
lunghi, non sarebbe stato assolutamente il caso per un ospite straniero in
una simile occasione.
«Avanti!» gridò, sentendo bussare alla porta.
«Monsieur Fauvet chiede se il dottor Maturin può riceverlo», disse il
domestico.
«Il dottor Maturin è desolatissimo, ma non può farlo in questo
momento», rispose Stephen, continuando a radersi, «ma spera di avere il
piacere di vederlo al ricevimento.»
Fauvet non era uno dei letterati più eminenti di Parigi, ma era
certamente uno dei più alla moda e senza dubbio il più insistente e
indiscreto. Era la quarta volta che approfittava della presentazione di
Dupuytren per fare visita a Stephen e chiedergli di portare con sé in
Inghilterra una lettera per il conte de Blacas. Dal momento che Blacas era
il primo consigliere del re di Francia in esilio, non occorreva un grande
acume per capire che la lettera avrebbe contenuto proteste di fedeltà
incrollabile a Luigi XVIII, di totale devozione alla causa dei Borboni e di
rigetto assoluto dell'attuale tirannia: in verità Fauvet aveva praticamente
detto questo nel loro secondo incontro. E Fauvet non era stato certamente
il solo. Durante quelle ultime settimane era stato avvicinato da parecchie
persone desiderose di stabilire la loro posizione nell'eventualità della
caduta di Napoleone e del ritorno del re. La maggior parte era stata più
cauta o più sottile di Fauvet e alcuni avevano affidato il compito alle
mogli, considerate più abili in questo genere di cose; ma sottili o
brutalmente diretti, uomini o donne, Stephen non voleva avere niente a che
fare con loro. Esisteva sempre la possibilità dell'intervento di un agente
«Ascoltate, mia cara», disse Stephen, portando Diana fuori della sala da
concerto dell'Hotel de la Mothe, «devo prendere commiato: ho scoperto
che sto morendo di sonno e domani dovrò partire per Calais. Ho già fatto
CAPITOLO
VI
Da qualche tempo, da un tempo che a lui sembrava lunghissimo, Jack
CAPITOLO
VII
Nessun veliero olandese da Texel o dalla Schelda si presentò, né l'Ariel
s'imbatté in qualche veliero corsaro, ma i danesi non avevano mai molto
amato la Royal Navy e soprattutto da quando la loro capitale era stata
bombardata e la loro flotta catturata; il pericolo era perciò in agguato e la
piccola nave procedeva sulla sua rotta, ogni giorno che passava più
preparata ad affrontarlo.
Con sua soddisfazione, Jack scoprì di aver ereditato un equipaggio
migliore di quanto si sarebbe aspettato. Il capo cannoniere aveva prestato
servizio sotto Broke e imparato il mestiere sulla vecchia Druid; due dei
suoi aiutanti erano stati sulla Surprise quando Jack la comandava e
sebbene Draper, il suo predecessore, fosse stato riluttante o non avesse
avuto il modo di spendere per la polvere e le munizioni, aveva perlomeno
dotato i cannoni da nove libbre di percussori e dispositivi di mira, mentre i
suoi ufficiali, giovani a posto nell'insieme, erano più che disposti ad
accettare le idee del nuovo comandante su un'artiglieria degna di una nave
del re.
l'Ariel avanzò verso nord, dunque, in una nube, spesso rinnovata, di
fumo da lei stessa prodotto, tuonando giorno e notte, i momenti più strani e
inattesi giudicati i più adatti per prepararsi a un'emergenza; e sebbene Jack
non potesse sperare di arrivare ai tiri rapidi e mirati delle sue precedenti,
lunghe missioni (a parte ogni altra considerazione, le sue carronate corte
non potevano lanciare palle con la precisione di un cannone lungo), era
soddisfatto dei risultati raggiunti fino a quel momento e fiducioso che
CAPITOLO
VIII
Fu una notte nera per la squadra del Baltico quando l'Ariel scivolò via
dagli ormeggi e si diresse verso il mare aperto nel buio e nella pioggia,
perché portava con sé la maggior parte delle riserve di vino delle mense
degli ufficiali e una quantità disturbante del rum e del tabacco degli
uomini, venti marinai scelti prelevati tra gli olandesi, i polacchi, i
finlandesi e i lettoni della flotta. Lasciò dietro di sé qualcosa di molto
simile alla prostrazione e ben poco che ridesse vigore e vivacità: in tutta la
sua esperienza di vita nella marina, Stephen Maturin non aveva mai visto
CAPITOLO
IX
Avevano lasciato Karlskrona in una notte di cattivo tempo, portando con
loro ansia e lasciandosi alle spalle un'ansia ancora più difficile da
sopportare, dato che l'ammiraglio e il suo consigliere politico non
potevano fare altro che aspettare l'esito delle trattative eccezionalmente
importanti in corso all'altra estremità del Baltico.
Fecero ritorno nel primo pomeriggio di un giorno di bel tempo, le navi
da trasporto, la preda, l'Humbug, scivolando leggere come fantasmi su un
mare verde chiaro senza quasi un'increspatura, la brezza tiepida quel tanto
al lasco da permettere di spiegare tutti i coltellacci, così che perfino i
sovraffollati trasporti delle truppe, nonostante la linea piatta delle loro
murate, costituivano una nobile vista mentre avanzavano nella rada
perfettamente allineati a poppa dell'Ariel, ogni nave a una gomena dalla
sua vicina, con la Minnie alla retroguardia. E trovarono un ammiraglio
molto diverso, ringiovanito, allegro, non più scostante o severo; l'Ariel
aveva comunicato la notizia dal limite massimo della visibilità dei segnali
e la nave ammiraglia da allora era stata in fermento, un'attività piena di
allegria, per prepararsi a ricevere gli ospiti, la cucina completamente in
CAPITOLO
J.B. AMA
P.M.; BATES È UN CRETINO; VORREI CHE AMANDA FOSSE
QUI; LA PIÙ BELLA È LAETITIA;
J.S. AIUTO NOCCHIERE, AETAT. 47.
Le camicie non sventolarono più dalle sbarre e Jagiello non fece che
cantare, suonare il flauto e mettersi in mostra tutto il giorno, esentato dal
compito di spazzare, lavare il pavimento, pulire la tavola e le sedie; fu
esentato da ogni compito tranne da quello di rendersi gradito; Jack e
Stephen continuavano a tenersi fuori vista, ma, da quanto era dato loro di
capire, Jagiello stava avendo un grande successo. A parte le missive
quotidiane sempre più voluminose, i due comunicavano mostrandosi a
vicenda le lettere di un alfabeto, cantando insieme e per mezzo di segni.
Una conversazione laboriosa, che occupava la maggior parte delle ore
diurne, e non si capiva come la giovane donna riuscisse a trovare il tempo
di cucinare per loro e di occuparsi in modo così perfetto dei loro
indumenti.
Le giornate sempre uguali e regolate trascorsero, il topo produsse una
decente nidiata, sul Moniteur Stephen lesse una smentita categorica della
notizia fatta circolare attivamente dagli alleati ormai alla disperazione su
un presunto raffreddamento dei rapporti tra Francia e Sassonia: al
contrario, l'amicizia tra Sua Maestà imperiale e il re di Sassonia non era
mai stata più stretta e non esisteva la benché minima disaffezione nelle
valorose truppe tedesche. L'imperatore, che aveva giudiziosamente
accorciato le sue linee di comunicazione, era sempre più forte. Dal
gabinetto cadeva un flusso costante di polvere di pietra e di mattoni:
pezzetti di muratura venivano nascosti nei loro letti e tutto intorno a loro il
Tempio stava crollando.
Rousseau si faceva di giorno in giorno più lugubre e silenzioso: correva
voce che nemmeno le torri sarebbero state risparmiate ed effettivamente un
lunedì i prigionieri videro entrare i muratori dalla loro parte del fossato,
lasciando mucchi di pietre e perfino scale accanto al muro semidemolito,
uno spettacolo frustrante oltre ogni dire.
«Jagiello», disse Jack, «se non spiegate più vele a riva avranno fatto a
pezzi questo posto prima che siamo riusciti a lasciarlo. Faremmo davvero
la figura dei cretini, se fossimo trasferiti proprio quando sono quasi
riuscito a liberare le lastre di pietra. Ho bisogno di uno scalpello temprato,
di un palanchino e di cime. Con gli arnesi adatti farò in un'ora più di
quanto abbia fatto in una settimana di rosicchiamenti. Devo avere gli
strumenti adatti. E devo averli subito.»
CAPITOLO
XI
Non era l'ora consueta dell'arrivo di Rousseau, ma si sentiva il tintinnio
delle sue chiavi a una certa distanza; e aveva due guardie con sé: il rumore
dei loro stivali riecheggiava sotto le volte del lungo corridoio. Stephen fece
il segnale convenuto a Jack, che uscì dal suo buco, spolverandosi le mani.
«Il dottor Maturin, prego», disse Rousseau sulla soglia; e, tendendo
l'orecchio verso la stanza più interna delle tre, soggiunse: «Come canta
bene il giovane gentiluomo, sembra un canarino... Attenzione al gradino»,
avvertì quando furono alla svolta delle bare.
«Aspettate qui un momento», disse il segretario del governatore in fondo
alle scale e mentre se ne stava là tra le due guardie, Stephen udì voci
alterate dietro la porta. Sfortunatamente a quel punto le guardie e il
carceriere si misero a discutere del tempo, bello, ma forse anche troppo,
forse annunciava un temporale... certo che annunciava un temporale; ciò
nonostante riuscì ugualmente a capire che il vice governatore era inquieto
a motivo di qualche irregolarità e che i suoi interlocutori stavano cercando
FINE
1 pollice 2,54 cm
1 piede (12 pollici) 30,5 cm
1 iarda (3 piedi) 0,914 m
1 braccio (2 iarde) 1,829 m
1 miglio (di terra; 1760 iarde) 1,609 km
1 miglio (nautico; 2026 iarde) 1,853 km
1 lega (3 miglia nautiche) 5,559 km
MISURE DI CAPACITÀ
1 pinta 0,568 1
1 quarto (2 pinte) 1,136 1
1 gallone (4 quarti) 4346 1
1 barile (36 galloni) 163,65 1
MISURE DI PESO
1 oncia 2835 g
1 libbra (16 once) 0,453 kg
1 hundredweight (112 libbre) 50,80 kg
1 tonnellata (inglese; 20 hundredweight) 1016 kg