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RITORNO IN GRECIA

Author(s): Arnaldo Momigliano


Source: Belfagor , 31 gennaio 1995, Vol. 50, No. 1 (31 gennaio 1995), pp. 11-14
Published by: Casa Editrice Leo S. Olschki s.r.l.

Stable URL: http://www.jstor.com/stable/26147104

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RITORNO IN GRECIA

Come i nostri antiquari del Settecento sapevano bene, la vita delle città
d'Italia affonda le sue radici in strati non solo romani, ma preromani. Città
antiche senza continuità nel Medioevo e in età moderna, quali Pesto e S
gesta, sono da noi l'eccezione. Noi siamo abituati alla continuità, sentiam
la nostra storia pesare su di noi: la amiamo e la temiamo. Le nostre città
si staccano dal contado, tengono fuori le montagne, i campi, gli uccelli
i fiori selvatici perché sono affollate di uomini vivi. Da noi la storia si f
nel contrasto tra vita urbana e natura.
In Grecia è diverso. Le città moderne quasi mai continuano le antiche,
Argo, con le sue antichità frammiste alla città moderna, è una eccezione;
ma anche qui Ibrahim Pascia con la distruzione sistematica del 1822 creò
uno iato pressoché completo tra l'antico e il moderno. Le città nuove che
portano il nome antico, Atene e Sparta, sono creazioni moderne parzial
mente o interamente artificiali. Tra l'antico e il nuovo c'è una zona vuota
di quasi 1500 anni. Non per caso la città nuova rispetta almeno le parti
importanti delle strutture antiche, lasciandole disabitate. In Delfi, Micene,
Tirinto, Olimpia la città antica è senza eredi. Di Olimpia si era dimenticato
anche il nome. Corinto ed Epidauro antiche distano chilometri dalle omo
nime moderne. Perfino la città bizantina di Mistrà è diventata una zona
archeologica in cui il convento della Pantànassa, occupato da poche mona
che educate all'arte di restaurare affreschi, disturba il passato più che asseri
sca il presente.
Deserte di uomini, ridotte alle strutture essenziali, le rovine affondano
nella natura circostante, la pervadono di un alito non so se di vita o di
morte, compartecipano dell'eterno che è nella natura. Gli olivi e il mare,
le colline e le cicale, i cespugli di fiori selvaggi sono parte essenziale di
Delfi e di Epidauro, cosi come il paesaggio a conifere è parte di Olimpia
e le rocce dell'Acrocorinto e il mare integrano le colonne doriche del tem
pio di Apollo a Corinto. L'Acropoli di Atene si erge vuota sopra la città
degli uomini vivi. Le masse bianche dei marmi permeate dal sole non ser
vono più all'uomo.

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12 ARNALDO MOMIGLIANO

La città greca si afferra in uno sguardo, la si contempla: è senza dol


presenti, senza più lotte. Distaccata dal mondo dei vivi offre pace e so
dine al visitatore. Come il farmaco di Elena vrçjtevGéç t'&%oXóv te è obliv
di ogni male.
Ma resta umana: è questo il suo attributo essenziale. Indica con le s
stesse forme quello che gli uomini hanno voluto e creduto. Non la si p
godere senza vederci dentro, secondo il caso, Agamennone o Socrate o
gene il cinico. Le mura conservano l'eco della voce di Omero, di Aristof
o della Pizia, appunto perché nessuno è venuto poi. Perciò è naturale s
re in un angolo della sala del trono di Micene, al riparo dei venti e d
sole, aprire Omero e leggere di Agamennone e di Elena: o ripetere a
stessi in Epidauro la terza Pitica che racconta di Asclepio. Alla città an
appartengono questi versi: ne hanno la stessa bellezza senza tempo. C
viaggia in Grecia senza conoscere la civiltà greca rischia di sprecare il
denaro.

Per me che porto dal mio villaggio piemontese un bisogno insaziab


di colline, di alberi e di grilli, e che per ragioni professionali so la sto
antica, questo è il mondo di riposo dove la conoscenza dell'uomo e la
templazione della natura si fanno una e paiono, per un momento fac
I problemi verranno poi nei musei dove mi è difficile interpretare
iscrizioni e datare la ceramica, e la competenza professionale è messa
dubbio dieci volte all'ora.
I problemi verranno poi naturalmente anche nel sito stesso, appena co
mincerò a interessarmi di stratigrafia e di edifici individuali. Ma in ogni
caso, finché rimarrò tra i Greci e non li connetterò con la mia storia, saran
no problemi non urgenti.
C'è una fine, un limite nella storia di Delfi e di Micene prese di per
sé. Perfino ad Epidauro, la città delle malattie e delle speranze nel miraco
lo, il male fisico cessa di essere opprimente, si confonde con la calma rasse
gnata della campagna circostante. Cosi capisco, o immagino di capire, l'at
teggiamento dei Greci moderni verso i loro monumenti. Anche l'ignorante
ha una profonda venerazione per le antichità misteriose e lontane. Mi dico
no che diecimila Greci salgono sull'Acropoli ogni domenica quando l'en
trata vi è gratuita (per gli indigeni). Si vedono gruppi di centinaia raccolti
in cerchio attento intorno a un maestro che spiega. I figli che sanno leggere
portano i genitori analfabeti nei musei e decifrano ad alta voce i cartellini
delle vetrine. Mi sono accorto presto che «archeologo» è termine magico
che apre più porte di qualsiasi dichiarazione di essere professore di storia
greca. È venerazione per un passato ideale, senza effettiva connessione con
il presente, ma ispiratore generico di bellezza e grandezza. Cesare pone
dei problemi per noi. Leonida non ne pone alcuno ai Greci. La città di

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RITORNO IN GRECIA 13

Atene ha una strada in onore di Lisandro che ne distrusse l'impero. C'è


in Pisa una strada in onore del vincitore della Meloria?
Mi sono domandato più volte se questa contemplazione rasserenante sia
segno di paganesimo e implicita critica dei miei antenati ebrei e dei miei
amici cristiani. Ma appena si ristabilisce la coscienza della eredità greca in
noi, sorge ugualmente l'impossibilità di accettarla in pieno. La si critica
e la si trasforma, come si criticano e si trasformano l'Ebraismo e il Cristia
nesimo nella nostra ricerca di pace e di conoscenza. Perciò la contemplazio
ne rasserenante è più lunga in Micene che ad Atene. L'isolamento delle
città greche è in un certo senso prodotto del caso o, se si vuole, della disgra
zia che perseguita i Greci. Ma ha tanta reale bellezza, tanta autentica in
tensità di creazione da potersi fondere con la natura circostante. Ogni con
templazione è sempre vagamente panteista.

Tuttavia, per la contraddizione che lo consente, io ho un angolo favorito


in Grecia che dà torto a tutte le mie generalizzazioni: la piazza della Costitu
zione di Nauplia, a dieci secondi dalla baia bellissima. Un lato della piazza
è costituito dal palazzo che vi eresse nel 1713 Agostino Sagredo, due anni
prima della fine del dominio veneziano in Morea. Alla sua destra sta una mo
schea sconsacrata, una iscrizione fa sapere che divenne sede del primo «Con
siglio dei Greci» tra il 1827 e il 1834. Nel fondo della piazza è una seconda
moschea, oggi trasformata in cinematografo. Vi sovrasta a distanza la mole
del Palamede, fortezza successivamente franca, veneziana e turca. La piazza,
linda e bianca, con i suoi alberetti sparuti, non ha pretese monumentali.
Il palazzo veneto è oggi sede del museo archeologico. Non ho mai go
duto tanto in un museo provinciale.
Disposti nitidamente nella sala luminosa stanno i vasi e le figurine che
documentano la evoluzione dell'Argolide dal proto-elladico all'età ellenisti
ca. Nel museo è confluito il meglio degli scavi svedesi di Asine insieme
con un buon numero di trovamenti di Micene, Tirinto, Berbati etc. Nella
vetrina degli scavi di Asine pende, bonariamente dattilografata, una copia
del famoso poema di Seferis sul re di Asine, «dimenticato anche da Ome
ro», e vi sono aggiunte traduzioni in inglese, francese e svedese. In un'altra
vetrina un così detto lacrimano è commentato allo stesso modo da versi
di Rilke, mentre per un vaso dipinto con l'uccisione di Clitemnestra sono
citati taluni dei più opportuni versi di Eschilo.
Altrove tutto questo sarebbe estetismo provinciale. Qui basta affacciarsi
sulla piazza assolata che tanto modestamente contiene e confonde le mo
schee, il palazzo veneto e, di lontano, la fortezza franca, per convincersi
che anche l'ordinatore del museo è stato semplice. Ha dimenticato quel
che separa l'antico dal moderno. Mi pare del resto che gli abitanti di Nau
plia, cosi fieri delle loro antichità, siano ignari della loro storia complessa.

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14 ARNALDO MOMIGLIANO

Perciò forse la contraddizione da cui sorge il mio amore per Naupli


è in me, ma non nei Greci. Anche a Nauplia la Grecia tende a elimin
la coscienza storica, eternando l'antico. Comincio a rendermi conto per
nello studio dei monumenti greci alla nostra tradizione rinascimentale
l'antiquario, che sapeva di medioevo e di vita moderna, si sia sostitui
il concetto romantico e germanico di archeologia rigorosamente limitat
l'antico. Esso corrisponde alla situazione greca.

Arnaldo Momigliano
Corinto, 13 settembre 1958

Ritorno in Grecia farà parte in seguito del Decimo Contributo alla storia
studi classici e del mondo antico edito a cura di Riccardo Di Donato, a Roma,
le Edizioni di Storia e Letteratura, Paralipomena nel primo tomo.
Il manoscritto occupa il recto delle prime venti pagine di un minuscolo blo
(cm. 9 x 12); sulla copertina cartonata è scritto: prof. A. Momigliano, 1958, Un
College London, Ritorno in Grecia 1958. Seguono appunti di lettura su verso
di due pagine e quattro fogli bianchi.
Il primo viaggio di Arnaldo Momigliano in Grecia e a Costantinopoli risali
settembre 1957. (R. Di D.).

Moses Finley settembre 1986, Conversazioni sul nazismo (Radio Londra 19


vembre 1987, Libertà e pace nell'antichità, Oxford 1945. Scrivendo a Croce p
una laurea maggio 1988, Quel che un italiano all'estero vuol sapere dell'Italia n
bre 1992.
Carlo Dionisotti, Arnaldo Momigliano e Croce novembre 1988, Luigi Russo
naldo Momigliano italianista d'occasione gennaio 1993 (per un insegnamento f
all'estero, 31 gennaio 1939).

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