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Archeologia preventiva
il codice appalti e la gestione del rischio archeologico
ISBN 9788857903354
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INDICE
Premessa
Introduzione
3. Oltre la norma
3.1. Rischio archeologico: questo sconosciuto di Eduardo Caliano .... » 113
3.1.1. Infrangere il tabù dei numeri............................................... » 113
3.1.1.1. La formula.............................................................. » 114
3.1.1.2. Il parametro distanza .............................................. » 118
3.1.1.3. La gestione delle varianti: il quadro strategico ...... » 119
3.1.2. L’intelligenza del territorio: la “carta del rischio” .............. » 120
3.2. Etica per un’archeologia sostenibile .............................................. » 126
3.2.1. Un ruolo etico per l’archeologo ........................................... » 126
3.2.2. Professionisti per una gestione ottimale della tutela ............ » 127
3.2.3. Chi più spende meno spende ................................................ » 128
Appendici
Appendice 1. Il decalogo della stazione appaltante ............................ » 135
Appendice 2. Il documento finale della “commissione Carandini” ... » 137
Appendice 3. Il documento finale della “commissione Sassatelli” .... » 145
Appendice 4. La circolare 10/2012 (Linee guida) .............................. » 150
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Indice
La differenza fra patrimonio e risorsa sta nella visione del bene oggetto dell’in-
teresse: più carica di signiicati economici nel primo caso e quindi più adatta
alla gestione del patrimonio esistente, più vicina alla materia ambientale, e quin-
di orientata alla gestione del patrimonio potenziale, nel secondo. Questo ultimo
aspetto, meno intuitivo specialmente nella tradizione dell’archeologia italiana,
merita qualche commento ulteriore che esporremo nei paragrai seguenti. Basti
solo qui anticipare che il problema della gestione del patrimonio potenziale, e so-
prattutto della sua protezione (che è parte essenziale della gestione in senso am-
pio), muta sostanzialmente l’approccio all’archeologia all’interno del ciclo delle
opere pubbliche in un modo per il quale la legislazione attuale offre un quadro
giuridico e strumenti operativi utili ma non risolutivi.
Va anche sottolineato, a mo’ di premessa, che la risorsa di cui parliamo è pubblica
e questo concetto sarà sottinteso a tutte le considerazioni che seguiranno. Essa
attiene a diritti collettivi delle comunità interessate e la sua tutela, se usiamo un
lessico tradizionale, o la sua gestione, se guardiamo al nuovo quadro che sarà
delineato nelle pagine seguenti, sono a tutti gli effetti atti che si riferiscono ad un
interesse pubblico (peraltro costituzionalmente garantito). È in questo senso che
vanno lette le norme e indirizzate le politiche volte ad applicarle o migliorarle.
zione viene dedicata poi ai beni archeologici, qui deiniti “fonte della memoria
collettiva europea”5.
Si tratta di una prospettiva in cui il patrimonio culturale diventa un elemento so-
stanziale dell’identità di un popolo e quindi della sua coesione: cessa di essere un
lusso apparentemente superluo per divenire, al contrario, fondamento di qualsiasi
ricchezza per la comunità. La tutela dei beni culturali non viene più esercitata su
una base astratta, seguendo valori impersonali e lontani dalla maggioranza dei cit-
tadini (coloro che ne sostengono i costi attraverso le tasse), per diventare pratica
identitaria condivisa localmente dalle collettività territoriali che ne sono deposi-
tarie. Il trasferimento degli oneri “in periferia”, determinato da una legge che fa
gravare i costi della tutela sulla realizzazione delle opere, lungi dall’essere consi-
derato un ulteriore balzello, deve essere l’occasione per uno spostamento del po-
tere decisionale lontano dagli ufici dello Stato centrale e verso le comunità locali.
In questo quadro, l’archeologia si trasforma non solo nelle sue pratiche, assumen-
do la condivisione con i cittadini quale strumento prioritario, ma anche nei suoi
contenuti, diventando sempre meno mera attività di raccolta di dati e sempre più
attività continua di creazione di significato e valore.
5 Convenzione europea per la salvaguardia del patrimonio archeologico (rivista). Art. 1. Cf. Appendice 9.
6 Barker Ph., Techniques of Archaeological excavations, Taylor Francis, London 1977.
22
Archeologia preventiva
7 Carver M., The future of ield archaeology, in Z. Kobylinski, op. cit., pp. 118-132.
8 Non c’è spazio qui per sintetizzare il dibattito che ha accompagnato il percorso che l’archeologia ha intrapreso
dall’uscita, nel 1972, del volume Public archaeology (McGimsey Ch.R., Public Archeology, North America Se-
minar Press, New York 1972) che ha aperto una fase di cui solo recentemente in Italia si è presa consapevolezza.
Parte dei problemi sollevati sono delineati sinteticamente nel capitolo 3 di questo volume ed in particolare nel
paragrafo 3.2. Ma si tratta di una questione molto più complessa, specie in Italia, paese crociano per eccellenza.
Può essere estremamente utile in questo senso però la lettura di Attorno alla nuda pietra, saggio di Andreina
Ricci, una delle colleghe più consapevoli della serietà del problema: Ricci A., Attorno alla nuda pietra. Arche-
ologia e città tra identità e progetto, Donzelli, Roma 2006.
9 Limite riconosciuto dall’archeologo scandinavo O. Olsen già alla ine degli anni Settanta, appena dopo la
pubblicazione del volume di Barker (Olsen O., Rabies archaeologorum, “Antiquity”, 54 (1980), pp. 15-20).
Su questo vedi Güll P., Verso un’archeologia sostenibile. Rilessioni a trent’anni da Rabies archaeologorum,
in Risorse naturali e attività produttive. Ferento a confronto con altre realtà, Atti del II Convegno di Studi in
memoria di Gabriella Maetzke (Viterbo, 27-28 aprile 2010), Viterbo 2011, p. 19-33.
10 Carver, op. cit.
23
L’archeologia preventiva: una rivoluzione? cap 1
Principio 16
Le autorità nazionali dovranno adoprarsi a promuovere l’“internalizzazione” dei costi per la tutela ambientale e
l’uso di strumenti economici, considerando che, in linea di principio, è l’inquinatore a dover sostenere il costo
dell’inquinamento, tenendo nel debito conto l’interesse pubblico e senza alterare il commercio e le inanze
internazionali.
(traduzione del Consiglio Regionale della Toscana)
http://www.consiglio.regione.toscana.it/partecipazione/documenti/Dichiarazione_Rio_92.pdf.
15 Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (versione consolidata), Gazzetta uficiale n. C 326 del
26/10/2012.
Art. 191
2. La politica dell’Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della
diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’a-
25
L’archeologia preventiva: una rivoluzione? cap 1
zione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente e sul
principio “chi inquina paga”.
16 Convenzione europea per la salvaguardia del patrimonio archeologico (rivista). Art. 2. Cf. Appendice 9.
17 Sebbene le premesse di metodo da cui la Convenzione di Malta muove siano sostanzialmente orientate in
questa direzione, essa non ne accoglie in pieno i principi laddove rimanda alla costituzione di generiche “riserve
archeologiche” il compito di garantire la trasmissione del patrimonio alle generazioni future anziché raccoman-
dare esplicitamente la riduzione del consumo di suolo archeologico.
18 Framework Convention on the Value of Cultural Heritage for Society.
Il trasferimento dei costi della tutela sugli attori delle trasformazioni territoriali
appare dunque perfettamente legittimo ed in linea con la più recente impostazio-
ne teorica e giuridica. Semmai, la carenza di norme in questo senso per le opere
private pone la nostra disciplina non al passo con le legislazioni più aggiornate e
appare quanto mai opportuno che questa estensione, nell’inerzia del legislatore
nazionale, trovi una forma di maturazione all’interno di norme locali come i piani
paesistici e i piani urbanistici.
22 D.P.R. 207/10
Art. 56: Responsabilità
1. Nei limiti delle attività di veriica di cui agli articoli 52 e 53, il soggetto incaricato della veriica risponde a
titolo di inadempimento del mancato rilievo di errori ed omissioni del progetto veriicato che ne pregiudichino in
tutto o in parte la realizzabilità o la sua utilizzazione. Il soggetto incaricato della veriica ha la responsabilità degli
accertamenti previsti dagli articoli 52 e 53, ivi compresi quelli relativi all’avvenuta acquisizione dei necessari
pareri, autorizzazioni ed approvazioni, ferma restando l’autonoma responsabilità del progettista circa le scelte
progettuali e i procedimento di calcolo adottati.
2. Il soggetto incaricato dell’attività di veriica che sia inadempiente agli obblighi posti a suo carico dal
presente capo e dal contratto di appalto di servizi è tenuto a risarcire i danni derivanti alla stazione appaltante
in conseguenza dell’inadempimento ed è escluso per i successivi tre anni dalle attività di veriica. Per i danni
non ristorabili, per tipologia o importo, mediante la copertura assicurativa di cui all’articolo 57, resta ferma la
responsabilità del soggetto esterno incaricato dell’attività di veriica, la quale opera anche nell’ipotesi di inesigi-
bilità, in tutto o in parte, della prestazione contrattualmente dovuta dall’assicuratore. Nel caso in cui il soggetto
incaricato della veriica sia dipendente della stazione appaltante esso risponde nei limiti della copertura assicu-
rativa di cui all’articolo 57, salve la responsabilità disciplinare e per danno erariale secondo le norme vigenti.
3. La validazione del progetto di cui all’articolo 55 non esime il concorrente che partecipa alla procedura
per l’afidamento dell’appalto o della concessione di lavori pubblici dagli adempimenti di cui all’articolo 106,
comma 2, e dalle conseguenti responsabilità.
27
L’archeologia preventiva: una rivoluzione? cap 1
da chicchessia può essere bloccata attraverso un ricorso con tutte le onerose con-
seguenze del caso.
Per valutare correttamente l’obbligo o meno di sottoporre l’opera alla procedura
dettagliata dagli artt. 95 e 96 del Codice dei Contratti esiste un insieme di norme
concatenate. Rispetto a questi criteri si rende però necessaria qui una distinzione
base che ci accompagnerà per tutti i capitoli che seguono.
Il D.Lgs. 163/06 pone infatti un discrimine fra quello che potrebbe essere deini-
to un “vecchio regime” anteriore alla legge e sostanzialmente deregolato ed un
“nuovo regime” con regole più certe e stringenti. Tuttavia, la transizione tra i due
sistemi non è affatto netta né lineare.
Un primo aspetto di questo limbo è costituito dalle norme transitorie di cui all’art.
253 dello stesso D.Lgs. che con il comma 1823 ha introdotto due severe limitazioni:
• l’applicazione dell’articolo 95 comma 1 (che come vedremo costituisce il
“propulsore” di tutto il procedimento) è esclusa per le opere il cui progetto
preliminare sia anteriore all’entrata in vigore della legge 109/2005 (26 giugno
2005);
• l’efficacia dello stesso art. 95 è rimasta sospesa fino all’emanazione del Re-
golamento (D.P.R. 207/10), in quanto anteriormente a tale data si potevano
utilizzare le più blande disposizioni del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, cioè
il Regolamento della precedente legge quadro in materia, L. 11 febbraio 1994,
n. 109 (la c.d. “Merloni”).
Naturalmente questo secondo punto è venuto meno con l’emanazione del Rego-
lamento stesso D.P.R. 207/10, per cui, da quel momento, la documentazione di
cui all’articolo 95 del Codice dei Contratti deve essere necessariamente prodotta
quando obbligatoria.
L’applicazione ritardata della legge, al di là della dilazione in sé, ha avuto una
conseguenza di natura psicologica avendo rallentato enormemente la presa di
coscienza da parte degli Ufici tecnici, specialmente nelle realtà più piccole,
dell’importanza e della perentorietà di questa norma. Ancora oggi, a svariati anni
di distanza, si sente l’effetto di questa sottovalutazione. Peraltro, ulteriormente
condizionante è il fatto che per svariate ragioni sono ancora in itinere progetti
i cui elaborati preliminari risalgono addirittura agli anni Novanta e per i quali
23 D.Lgs. 163/06
Art. 253: Norme transitorie
(omissis)
18. In relazione all’articolo 95, comma 1, ino all’emanazione del regolamento si applica l’articolo 18, del
citato D.P.R. n. 554 del 1999. L’articolo 95 non si applica alle opere indicate al comma 1 del medesimo articolo
95, per le quali sia già intervenuta, alla data di entrata in vigore della legge 25 giugno 2005, n. 109, l’approva-
zione del progetto preliminare.
28
Archeologia preventiva
24 D.Lgs. 163/06 All. XII, art. 38: Disposizioni in materia di veriica preventiva dell’interesse archeologi-
co. Cf. Appendice 9.
25 Il Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 133 (c.d. “Sblocca Italia”) convertito con Legge 11 novembre 2014,
n. 164 all’art. 25 comma 4 contiene l’impegno a varare il decreto entro il 31 dicembre 2014.
26 Appendice 4.
27 Appendice 4; Allegato 2 e Appendice 5.
28 D.L. 70/11
3.1.1.1. La formula
Per arrivare a determinare in maniera credibile un vero e proprio “coeficiente
di rischio” prendiamo in prima istanza in considerazione una forma sempliicata
della formula di Caliano, Gerundo, Napoli2 (anteriore alla formula che lo stesso
Caliano ha messo a punto per la valutazione della componente archeologica nel-
le metodologie di valutazione ambientale3). Utilizziamo questa prima versione
perché risulta allo stato attuale più adatta per il nostro caso (essendo, invece, la
seconda più complessa, formulata speciicamente per gli ambiti di VIA) e inizia-
mo da una variante sempliicata perché ci permette di mettere più agevolmente a
fuoco i concetti base suscettibili di essere poi articolati ulteriormente. Preferiamo
1 Come abbiamo accennato nel paragrafo 2.3.1.3.3 il campo PAV delle schede MODI deinisce il potenziale
mentre il rischio viene quantiicato dal campo VRPS in relazione ad una minaccia espressa dai campi VRPR e
(entro certi limiti) VRPO.
2 Caliano E., Gerundo R., Napoli R.M.A., Il Potenziale archeologico nell’ambito della Valutazione Ambientale,
INPUT 2010. Sesta conferenza annuale di Informatica e Pianiicazione Urbana e Territoriale (Potenza, 13-15
settembre 2010), http://www.slideshare.net/input2010/il-potenziale-archeologico-nellambito-della-valutazio-
ne-ambientale-di-eduardo-caliano-roberto-gerundo-rodolfo-m-a-napoli.
3 Caliano E., La componente archeologica nelle metodologie di Valutazione Ambientale, Tesi di Dottorato IX
inoltre le formule studiate da Caliano ad altre soluzioni più elaborate4 anche per-
ché, al di là di una certa complessità intrinseca, una formalizzazione eccessiva
degli aspetti legati ad un “giudizio di valore” non è ancora spendibile all’interno
del sistema italiano della tutela.
La nostra formula di partenza è dunque la seguente:
R = Pt × Pe
dove
R = rischio archeologico inteso come possibilità di danneggiamento di resti archeo-
logici presunti o accertati (equivale al campo VRPS delle schede MODI5)
Pt = potenziale archeologico (equivale al campo PAV delle schede MODI6)
Pe = grado di invasività (pericolosità) dell’opera (equivale ma solo parzialmen-
te al campo VRPR delle schede MODI7).
Appare quindi evidente che il “grado di invasività” può essere calcolato in base
alle caratteristiche del progetto: rispetto al patrimonio archeologico per lo più
(ma non solo) in relazione alle quote degli scavi e all’entità dei movimenti terra.
La sua traduzione di massima in linguaggio MODI è quindi questa
4 Ad esempio, Calaon D., Pizzinato C., L’analisi archeologica nei processi di valutazione ambientale. Proposta
metodologica in ambiente GIS. “Archeologia e Calcolatori” 22 (2011), pp. 413-439.
5 VRPS: “Valutazione di sintesi: esprimere un giudizio di sintesi sulla valutazione di rischio archeologico se-
ne del ‘rischio’ archeologico”. La corrispondenza qui non è completa in quanto la scheda chiede di valutare non
l’invasività assoluta dell’opera o del segmento di opera (schedando quindi l’opera stessa o, meglio, segmenti
omogenei di essa) ma l’impatto che l’opera avrebbe in relazione all’area in cui si è evidenziato un potenziale.
116
Archeologia preventiva
0 0 0 (Nullo)
0 1 0 (Nullo)
0 2 0 (Nullo)
0 3 0 (Nullo)
1 0 0 (Nullo)
1 1 1 Basso
1 2 2 Basso
1 3 3 Medio
2 0 0 (Nullo)
2 1 2 Basso
2 2 4 Medio
2 3 6 Alto
3 0 0 (Nullo)
3 1 3 Medio
3 2 6 Alto
3 3 9 Alto
4 0 0 (Nullo)
4 1 4 Medio
4 2 8 Alto
4 3 12 Alto
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Archeologia preventiva
8 VRPO: “Distanza dall’opera in progetto: distanza dell’emergenza archeologica o dell’area di potenziale ar-
cheologico rispetto all’opera in progetto”.
119
Oltre la norma cap 3
R = Pt × Pe × Lst
dove Lst rappresenta un livello strategico, altrove deinito anche “valore dell’in-
tervento programmato”, e rappresenta una valutazione strategica che tiene conto
degli interessi in gioco, del valore intrinseco dell’opera da realizzare e dei costi
aggiuntivi derivanti da mancata esecuzione, ritardo o variante.
Se in progettazione deinitiva è dificilmente considerabile, in fase di progetta-
zione preliminare invece questo approccio è premiante. Infatti, includendo questo
indice, da un lato sarà possibile valutare le possibili varianti individuate, dall’al-
tro, quando lo spazio per negoziare varianti è ridotto per una serie di costrizioni
geograiche, urbanistiche, politiche, economiche o altro, permetterà di determi-
nare quanto elevata sia la “necessità dell’opera”. Esso permetterà di capire e rap-
presentare se comunque, anche in presenza di testimonianze importanti, ci sia una
spinta a procedere in ogni modo alla sua realizzazione.
In questo caso l’elevato valore di Lst determinerà un elevato valore di R e di con-
seguenza le azioni di tutela compensativa dovranno essere energiche facendo lie-
vitare i costi in termini di “servizi di archeologia” da acquistare. Oltre una certa
misura l’opera può diventare antieconomica oppure usufruire di risorse straor-
dinarie che consentano operazioni altrimenti non fattibili. Un caso limite, come
abbiamo visto, è stato quello della diga di Assuan in Egitto.
In pratica, nelle opere in cui il livello strategico è minore abbiamo una maggiore
libertà mentre, dove è maggiore, il margine di negoziazione tende a ridursi. Nelle
aree urbane ovviamente è già in partenza molto elevato anche solo per i vincoli “i-
sici”, mentre in aree extraurbane dipende da fattori più variabili, che naturalmente
portano ugualmente a valori strategici alti in corrispondenza di vincoli geograi-
ci (come nel caso della TAV in Val di Susa) o di accordi economici già esistenti
(come nel caso del gasdotto TAP in provincia di Lecce). Quando la considerazio-
ne di questi aspetti entrerà stabilmente nelle procedure di valutazione del rischio
archeologico le decisioni saranno più complesse ma probabilmente più eficaci.
Questo punto va però giocato con la massima correttezza e trasparenza per evi-
tare che interessi impropri possano prevalere su quelli collettivi legati alla salva-
guardia di un bene comune costituzionalmente tutelato. Una grande responsabili-
tà è in questo nelle mani degli ufici di tutela: infatti il principio del polluter pays
120
Archeologia preventiva
inisce per essere uno strumento di tutela indiretta attraverso la leva economica.
Non potendo “ingessare” il territorio con un sistema di vincoli troppo rigido, è il
costo degli interventi di archeologia da inanziare che, rendendo eventualmente
antieconomica un’operazione, spinge a studiare varianti che, attraverso la ridu-
zione dell’impatto, riducano conseguentemente i costi che ne derivano.
Ci sono evidentemente alcune condizioni che però devono essere rispettate:
• la componente archeologica deve essere valutata nella sua interezza, senza
privilegiare uno o più periodi cronologici rispetto ad altri, senza quindi fare
“sconti” in base ad una presunta maggiore o minore importanza. L’ente di
tutela deve, in ossequio al Codice, agli orientamenti correnti ed allo “stato
dell’arte” in materia, stendere delle prescrizioni esaustive e ineludibili (e que-
sto già alla fine della prima fase della valutazione);
• i lavori da eseguire devono essere quantificati in modo rigoroso all’interno del
progetto di scavo archeologico: anche qui la legge riconosce all’ente di tutela
la responsabilità di valutare la congruità delle voci di spesa prima di approvare
il progetto stesso;
• l’impresa che si aggiudica il lavoro deve garantire un organigramma adeguato
e soprattutto essere dotata del direttore tecnico archeologo prescritto dalla leg-
ge. Anche in questo caso l’ente di tutela ha ampia facoltà di chiedere il rispetto
di standard professionali adeguati;
• infine i servizi devono essere offerti ad un prezzo che sia concorrenziale
sul mercato ma non tale da non garantire il rispetto di standard qualitativi
adeguati. Anche in questo caso, essendo impossibile stabilire dei prezziari
minimi9, spetta all’ente di tutela richiedere il rispetto di standard formali e
sostanziali, molti dei quali di fatto già inseriti in norme o circolari, tali da non
consentire tariffe inadeguate.
9 Sebbene non costituisca un tariffario minimo, è indispensabile fare riferimento al documento rilasciato nel
2012 dall’Associazione Nazionale Archeologi inserito in appendice al volume (cf. Appendice 19).
121
Oltre la norma cap 3
10 PAI (Interpretazione) e PAV (Valutazione nell’ambito del contesto) sono campi del paragrafo PA (VALUTA-
ZIONE/ INTERPRETAZIONE EMERGENZE ARCHEOLOGICHE).
11 Cf. igura 3.1 e Appendice 18. La carta induttiva del potenziale può essere preparata tenendo conto di vari fat-
tori, dai risultati della ricognizione, alla geomorfologia del luogo, ino a un modello insediativo regionale più o
meno di massima che si può desumere anche dalla bibliograia eventualmente disponibile, oltre che esaminando
la distribuzione degli insediamenti di tutte le epoche. Si tratta chiaramente di un’operazione in cui l’occhio di
chi esegue la valutazione ha un ruolo determinante e la componente di expertise individuale resta alta. Perché
il modello stesso sia utilizzabile (dai tecnici della Stazione appaltante, dai progettisti e dai funzionari chiamati
ad esprimere il parere) è essenziale che il ragionamento sviluppato sia espresso in modo chiaro e consistente
nella relazione stessa.
12 VRPD (Deinizione/descrizione dell’opera in progetto), VRPL (Speciiche di localizzazione), VRPO (Di-
carta dell’invasività dell’opera14 che sarà quindi ricavata dal modulo per la va-
lutazione delle aree di interferenza che proponiamo in Appendice. L’essenziale
in questo caso sarà evitare l’eccessiva moltiplicazione e frammentazione delle
aree sottoposte a codiica.
Anche se sono ancora necessari degli adattamenti, le indicazioni desumibili dalle
istruzioni per la compilazione del MODI sono, qui come altrove, più avanza-
te rispetto al format che invece come elaborato conclusivo suggerisce ancora la
semplice Carta del potenziale archeologico (detta anche, forse impropriamente,
Carta di ine progetto). Invece il tracciato MODI preigura già, attraverso il cam-
po VRPS15, la possibilità di stendere una vera e propria carta del rischio. Per fare
questo occorrerà predisporre una procedura idonea che riclassiichi le aree sulla
base del prodotto fra il valore di Pt espresso nella carta del potenziale e quello di
Pe espresso nella carta di invasività dell’opera.
La cartograia così ottenuta sarà una carta del rischio archeologico speciico16.
Il valore ottenuto dal prodotto tra Pe e Pt (o tra PAV e VRPR)17 raggruppato in
modo idoneo genererà la legenda della carta stessa e, diversamente dagli altri casi
in cui il valore è assegnato dall’archeologo che prepara la documentazione, andrà
a costituire, in maniera automatica, il campo VPRS del modulo di valutazione
delle aree di rischio di cui all’appendice. I sistemi GIS gestiscono agevolmente
questo tipo di operazioni18.
Allo stato attuale non esistono invece indicazioni che prendano in considerazione
l’analisi e la gestione di varianti, sul piano del rapporto costi/beneici. Ovvia-
mente, un calcolo degli aspetti strategici legati a eventuali modiiche dell’opera
richiede capacità analitiche che esulano dalle competenze dirette di un archeolo-
go, almeno per ora, ed andrebbe eventualmente valutato piuttosto nel gruppo di
progetto nel suo insieme.
In ogni caso una carta del rischio così ottenuta, se il processo di individuazione
del potenziale delle singole aree è stato chiaro e lineare, rappresenta un notevole
passo avanti rispetto a qualsiasi altra forma di cartograia sin qui prodotta.
Figura 3.1. Stralcio della Carta del rischio (potenziale archeologico) su una base CTR (planimetria
alla scala originale di 1:5.000). Da: Comune di Grottole, Variante s.p. 65, serre fotovoltaiche per frut-
teto, maggio 2013 (dott. Paola Tagliente)
124
Archeologia preventiva
Figura 3.2. Stralcio della Carta del rischio (invasività delle opere in progetto) su una base CTR (pla-
nimetria alla scala originale di 1:5.000). Da: Comune di Grottole, Variante s.p. 65, serre fotovoltaiche
per frutteto, maggio 2013 (dott. Paola Tagliente)
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Oltre la norma cap 3
Figura 3.3. Stralcio della Carta del rischio (rischio archeologico) su una base CTR (planimetria alla
scala originale di 1:5.000). Da: Comune di Grottole, Variante s.p. 65, serre fotovoltaiche per frutteto,
maggio 2013 (dott. Paola Tagliente)
126
Archeologia preventiva
19 Fatto questo che giustiica ampiamente i costi per la redazione del documento di valutazione. Ciò purtroppo
non accade, mentre troppo spesso vengono ancora commissionate generiche “cartograie” a prezzi esageratamen-
te bassi che giustiicano ulteriormente l’idea del puro adempimento formale.
127
Oltre la norma cap 3
Questo non solo non ci permette di introdurre in questa sede formule per il cal-
colo del rischio basate su aspetti qualitativi che non sarebbero accettabili all’in-
terno di una procedura di valutazione archeologica, ma in generale rende ancora
a tratti dificile il rapporto sul territorio tra funzionari periferici del MiBACT e
comunità locali.