RIFIUTI URBANI
E SVILUPPO LOCALE
Itinerari di cooperazione decentrata tra il Piemonte e il Sahel
a cura di
Elisa Bignante, Katia Bouc, Simona Guida
Coordinamento scientifico a cura di
Egidio Dansero
In collaborazione con:
Traduzioni a cura di Katia Bouc, Ermina Martini, Valeria Nervi, Alessandra
Nigretti, Oriana Spanó, Simona Guida, Mariella Termine.
PREFAZIONE.................................................................................... PAG. 13
INTRODUZIONE - Da rifiuto a risorsa. Un laboratorio di cooperazio-
ne decentrato e di cittadinanza attiva.................................... » 17
MARIANGELA COTTO
Assessore Regione Piemonte
alle Politiche Sociali e agli Affari Internazionali
LA COOPERAZIONE DECENTRATA DELLA CITTÀ DI TORINO
Il settore Cooperazione Internazionale e Pace è stato istituito nel 2001 con il trasfe-
rimento di personale e risorse finanziarie dell’ufficio Pace, Solidarietà e Cooperazione
Internazionale, fino ad allora facente parte del settore Relazioni Internazionali e Rap-
porti con l’Unione europea. Il settore opera per la difesa dei beni pubblici globali e lo-
cali, per uno sviluppo sostenibile, per il mantenimento di una pace fondata sulla giu-
stizia sociale e sul rispetto dei diritti umani, attraverso la scelta operativa della coope-
razione decentrata: da governo locale a governo locale, con la collaborazione della
società civile organizzata (istituzioni locali, ex aziende municipalizzate, università e
scuole, Ong e associazioni).
Da allora il settore si è dedicato al consolidamento di un nuovo approccio alla
cooperazione internazionale, concretizzatosi in scelte organizzative, strategiche e di
indirizzo. Le politiche per il quinquennio 2002-06 prevedono infatti la definizione di
partenariati tra città del Nord e del Sud del mondo, diretti prioritariamente alla lotta al-
la povertà e alla promozione della democrazia partecipativa. Per dare attuazione a
questi partenariati nel 2003 è stato organizzato il meeting “Città solidali tra localizza-
zione e globalizzazione”, una settimana di scambi ed eventi in cui il sistema Torino ha
incontrato le undici città dei paesi emergenti o in via di sviluppo con le quali ha stabi-
lito rapporti di solidarietà e di amicizia, e al contempo ha rinsaldato le relazioni con tre
città europee con le quali intrattiene gemellaggi formali.
La metodologia di lavoro scelta per concretizzare gli accordi di cooperazione sot-
toscritti con le suddette amministrazioni è quella dei “tavoli-città”, strumenti di valoriz-
zazione progettuale e lavoro di rete tra risorse istituzionali e società civile torinese.
Rispetto al passato i fondi a disposizione del settore sono stati incrementati, sulla
base di una mozione del consiglio comunale del 2001 che impegna l’amministrazio-
ne a riservare lo 0,05% del proprio bilancio annuale a favore degli interventi di coope-
razione. Il 60% dei fondi viene destinato ad attività svolte direttamente nei paesi in via
di sviluppo: si tratta di programmi derivanti dagli accordi di cooperazione, in partico-
lare nei campi della gestione dell’ambiente e delle risorse idriche, delle politiche di
genere e della riqualificazione urbana, di attività formative per funzionari dei paesi in
via di sviluppo, di scambi. Il 15% è devoluto per la partecipazione a reti internaziona-
li collegate alle undici città dell’Est e del Sud del mondo con le quali Torino ha stabili-
to relazioni solidali. Il 25% è indirizzato a progetti con ricaduta sul territorio torinese
destinati alla cittadinanza nel suo complesso, in particolare alle giovani generazioni,
sui temi dell’educazione alla pace, alla solidarietà, all’intercultura.
Un esempio di come operi la cooperazione decentrata è l’iniziativa “Da rifiuto a ri-
sorsa”, cofinanziata dalla Regione Piemonte nel quadro del Programma per la sicu-
rezza alimentare nel Sahel. Nato come progetto di scambi scolastici fra sette scuole
superiori di Burkina Faso, Italia e Senegal, ha saputo affinare e ampliare col tempo
obiettivi e metodologie con un percorso virtuoso di inclusione, dapprima di tre Ong
torinesi, poi della Città di Torino e dell’Amiat, successivamente di sei amministrazioni
locali africane. Di recente, infine, il progetto si avvale dell’apporto fornito dalla Città di
Chieri e dalle Università di Torino e di Saint Louis (Senegal), ed è in grado di gemma-
re ulteriori progetti finanziabili anche a livello sovranazionale.
MARCO CALGARO
Vicesindaco di Torino
PREFAZIONE
A lla fine degli anni ’90 matura nella società piemontese la volontà di raf-
forzare la vocazione alla solidarietà internazionale che si è già concre-
tizzata da anni in varie forme di impegno civile e di cooperazione tecnica.
La Regione Piemonte si impegna fortemente nella cooperazione decen-
trata e incoraggia gli enti locali a focalizzare l’aiuto verso la regione del Sa-
hel, una delle aree più povere del pianeta, nel quadro di un Programma
pluriennale di sicurezza alimentare e lotta alla povertà.
Il Centro Interculturale della Città di Torino, istituzione innovativa che ac-
coglie e anima i cambiamenti interculturali in corso nella realtà sociale tori-
nese, propone a un liceo di dare inizio a un progetto di cooperazione edu-
cativa con l’Africa saheliana.
LO SCAMBIO SCOLASTICO
I COMITATI DI PILOTAGGIO
Nel marzo del 2004 i comitati locali del Senegal si incontrano nuovamen-
te per lavorare sul tema della lotta contro i pericoli della plastica.
LA RETE SI AMPLIA
el 2003 entrano a far parte di “Da rifiuto a risorsa” anche le città di Chie-
N ri e di Nanorò (Burkina Faso), da anni legate da un rapporto di gemel-
laggio e cooperazione. Esse intravedono nei servizi e nelle metodologie of-
ferte dalla rete un modo per far partecipare la società civile nei rispettivi ter-
ritori.
Alcuni docenti della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Torino
si investono personalmente nel progetto, coinvolgendo un gruppo di stu-
denti del corso di laurea in Sviluppo e Cooperazione. Ricerca e didattica si
coniugano con l’impegno di cittadinanza attiva, sia attraverso il confronto e
il dialogo con altre università del Sahel (Università di Saint Louis in Senegal
e Università di Ouagadougou in Burkina Faso), sia tramite il coinvolgimento
attivo di un gruppo di studenti che si interrogano sul rapporto tra università
e produzione/gestione dei rifiuti.
Docenti delle Università di Saint Louis e di Ouagadougou collaborano al-
la ricerca comune, che ha permesso anche di mettere a disposizione di tut-
ti con questa pubblicazione i saperi accumulati nel corso del processo fin
qui descritto.
Bibliografia
Bouc K. (a cura di), 2003, Da rifiuto a risorsa, Comune di Torino.
Cellai F., 2003, “Da rifiuto a risorsa”, in Informagiovani, n. 3, Torino, (da sito in-
ternet: www.comune.torino.it/infogio/rivista/archivio/03_03/sommario.htm).
Gioda P., 2003, “Voyage au Sénégal. Le Sud du mond vu autrement“, in Eco-
le Valdotaine, n.60, (da sito internet: www.scuole.vda.it/Ecole/60/60.htm).
Rossi A., 2002, “I reporter dei rifiuti”, in Volontari per lo Sviluppo, n. 8, (da sito
internet: www.volontariperlosviluppo.it/2002_8/02_8_.htm)
Fin dal 1987, con la Legge n.49 del 26 febbraio – Nuova disciplina della
cooperazione dell’Italia con i paesi in via di sviluppo – l’Italia ha riconosciu-
26 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
2 Il progetto è stato cofinanziato dalla Dgcs del Mae, ha visto coinvolti come partner le
Acli di Padova, la Ong Ciss di Palermo, la Provincia autonoma di Trento, il CeSpi (Centro
studi politica internazionale) e Unimondo.
28 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
ruolo importante, pur non essendo gli unici depositari. Esse sono i sogget-
ti del territorio legittimati dalle collettività ad avviare accordi di partenariato,
investendo nelle azioni proprie risorse e competenze, con la possibilità di
promuovere e armonizzare il coinvolgimento dei diversi attori del territorio,
elevando la loro partecipazione a sistema. D'altra parte, se non vi è la par-
tecipazione di diversi soggetti del territorio non può esserci cooperazione
decentrata.
Tra i diversi attori del territorio, il ruolo delle Ong dovrebbe essere in
misura sempre maggiore quello di porre al servizio delle comunità le pro-
prie competenze e capacità, e di partecipare all'evoluzione dei processi di
partenariato.
Si chiede quindi a tutti i soggetti di rompere le autoreferenzialità e i set-
torialismi per costruire un sistema, quanto più possibile coerente, capace
di interloquire con i territori e le comunità partner. Occorre creare nuove
complementarietà, coordinamenti, forme di sussidiarietà orizzontale, in
modo che la valorizzazione delle capacità e delle risorse dei diversi sog-
getti diventi centrale, tanto da far assumere alla questione finanziaria una
rilevanza secondaria. I contributi che possono venire dalle autonomie loca-
li non devono "anestetizzare" le potenzialità e le possibili moltiplicazioni
delle risorse della cooperazione decentrata (Stocchiero, 2002).
In conclusione, anche se la cooperazione decentrata incomincia ad
apparire nei testi legislativi, né il suo contenuto, né la sua finalità sono defi-
niti in modo univoco.
Solo i suoi attori sono designati. Ogni volta la vera responsabilità delle
scelte e dei metodi d’azione appartiene al sistema territoriale che si fa pro-
motore di cooperazione.
conoscenza reciproca tra gli uomini. Con questo spirito, alcune comunità
territoriali hanno posto in atto forme di “aiuto di solidarietà” (invio di ogget-
ti: libri, materiale medico, materiale per i trasporti, etc.) e hanno finanziato
piccole infrastrutture (pozzi, scuole, dispensari, etc.).
Tali azioni non si distinguono dalle modalità tradizionali di sostegno allo
sviluppo e si interessano più dell’equipaggiamento del dispensario che del-
l’organizzazione del sistema sanitario locale, più della costruzione di una
scuola che del suo inserimento nel contesto sociale, più del costo diretto
dei progetti che dell’attivazione di dispositivi perenni di finanziamento dello
sviluppo locale.
In altre parole si orientano a realizzare infrastrutture, piuttosto che preoc-
cuparsi di costruire dispositivi e procedure di sostegno alle innovazioni
sociali.
Da questo punto di vista, alcuni enti locali hanno riprodotto le stesse pra-
tiche e, talvolta, gli stessi errori commessi dalle prime Ong o dagli istituti
missionari, nel periodo in cui questi cominciavano a lavorare nel campo
della cooperazione allo sviluppo.
Altri progetti agiscono decisamente più nel quadro del rafforzamento isti-
tuzionale degli enti locali, appoggiando la gestione di servizi urbani, la pre-
disposizione di aree artigianali, il miglioramento della qualità dei servizi
sanitari, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani, etc. Questa seconda
tipologia d’approccio inserisce l’appoggio dell’amministrazione locale del
Nord nel contesto politico e istituzionale del paese partner, alla ricerca di
strade che permettano di legittimare le nuove collettività territoriali demo-
craticamente elette. Estendono a volte il loro raggio d’azione, appoggiando
la creazione di meccanismi di previdenza sanitaria o scolastica, attraverso
contributi finanziari a fondi locali di sviluppo, etc., il tutto con l’idea di favo-
rire le dinamiche di sviluppo locale.
“Questo approccio dà per scontato che sviluppo dell’istituzione comuna-
le e sviluppo locale siano due movimenti che si nutrono a vicenda. Sebbene
ciò sia auspicabile, questo meccanismo è tutt’altro che spontaneo. Al con-
trario occorre costruirlo. Tra le istituzioni pubbliche nate recentemente con
il processo di democratizzazione in vari paesi del Sud del mondo, detentri-
ci del potere politico, ma la cui legittimità non è ancora riconosciuta social-
mente, e iniziative locali generate da forze sociali, che vantano una presen-
za assai precedente, bisogna innanzitutto stabilire delle relazioni di fiducia
per poter costruire insieme il futuro” (Husson, 2001, p. 3).
30 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
attorno alla cooperazione con città dell’area saheliana, nel quadro del
Programma per la sicurezza alimentare in Sahel.
Formando delle aggregazioni fra comuni piemontesi che si collegano a
una città o a una comunità rurale del Senegal o del Burkina Faso, si tenta-
no nuove formule per far crescere nel tessuto sociale il senso che una città
possa diventare protagonista della globalizzazione dal basso di modelli di
sviluppo alternativi, attivando reti sociali, non gerarchiche e non competiti-
ve.
I progetti sono realizzabili grazie al cofinanziamento previsto dalla legge
67/95 della Regione Piemonte e al contributo dei cittadini.
In uno di questi progetti, denominato “Ne Yi Beeogo Burkina”
(Buongiorno Burkina), cinque comuni (Beinasco, Moncalieri, Nichelino,
Rivoli, Settimo) hanno stretto un accordo con Ouahigouya (Burkina Faso)
per sostenere il “Progetto di Società” elaborato dalla municipalità burkina-
bé.
“Ne Yi Beeogo Burkina” vuole essere un laboratorio di cooperazione
decentrata, la sperimentazione di un lavoro in cui al Nord come al Sud si
costituiscano tavoli di concertazione, confronto e gestione del progetto, ai
quali partecipino con la stessa dignità (pur nel rispetto dei differenti ruoli)
amministratori, funzionari, rappresentanti della società civile.
Questa metodologia richiede il mutuo riconoscimento tra i diversi sog-
getti partecipanti e, a volte, la decostruzione di alcuni stereotipi e pregiudi-
zi. Essa impegna le amministrazioni locali italiane in una scelta che preve-
de non solo, come in passato, il finanziamento di realizzazioni al Sud, ma
l’istituzione di una relazione stabile e continuativa nel tempo, il coinvolgi-
mento attivo di eletti e funzionari, l’impegno a sensibilizzare la cittadinanza
sulla necessità di crescere come città aperte e solidali in un mondo sem-
pre più interdipendente e la ricerca di collaborazioni con tutte le forze
disponibili del proprio territorio.
Un ruolo importante lo rivestono le Ong della Cittadella delle civiltà3, che
in “Ne Yi Beeogo Burkina” sono partner del progetto, sia in qualità di orga-
nismi tecnici qualificati (funzione di antenna, monitoraggio della realizzazio-
ne delle azioni, accompagnamento), sia di soggetti politici che contribui-
scono al confronto sui valori di fondo, sulle strategie e gli obiettivi della coo-
perazione allo sviluppo e all’individuazione delle azioni per le iniziative di
educazione e sensibilizzazione in Italia.
3 La Cittadella delle Civiltà è attualmente promossa da sette Ong torinesi (Ccm, Cicsene,
Cisv, Lvia, Mais, Msp, Rete) da tempo impegnate in azioni di cooperazione internazionale.
D’intesa con la Città di Torino, essa si propone come servizio operativo per il dialogo tra
Nord e Sud del mondo, per favorire la pace e lo sviluppo.
CAPITOLO 1 33
“Poliedro” è uno strumento di lavoro pensato per aiutare gli enti locali
piemontesi a intraprendere un progetto di cooperazione internazionale.
Consiste in una sorta di mappa ragionata di domande attraverso la quale
un amministratore o un funzionario locale è stimolato a operare scelte e a
definire azioni di cooperazione coerenti con gli obiettivi e le possibilità del
proprio comune4.
La prima caratteristica che rende questo strumento particolarmente inte-
ressante è il metodo con cui è stato costruito, puntando su un approccio
partecipativo per dare forma agli apprendimenti che vari attori sociali ave-
vano tratto dalle esperienze fatte sul campo.
4 Dal punto di vista pratico, “Poliedro” è costituito da un file di Power Point, disponibile in
può che essere quindi l’identificazione dei benefici per tutti i soggetti in
campo compresa la propria comunità;
– il consenso: la cooperazione “cresce” e si radica in un ente locale. Ciò
comporta un continuo confronto con i cittadini che alimenti una visione
della cooperazione come “investimento sociale”;
– la condivisione: cooperare vuol dire anche crescere insieme. Per questo
implica un cammino, a volte lento e faticoso, di de-costruzione di stereo-
tipi e di maturazione culturale. In questo processo il dialogo di tutti gli
attori coinvolti intorno agli obiettivi e alle motivazioni, alle azioni e ai meto-
di, pone le condizioni perché questa maturazione avvenga;
– le risorse economiche: le idee, si dice, camminano sulle gambe delle per-
sone ma anche sulla disponibilità di qualcuno a investire in un progetto
qualcosa di tangibile. Senza la capacità di trovare fonti di finanziamento,
la cooperazione non vive e non prospera. E siccome i benefici della coo-
perazione non sono sempre immediatamente evidenti, oggi è particolar-
mente necessario investire nella ricerca di nuove possibilità di finanzia-
mento e nello sforzo di motivare i potenziali soggetti finanziatori.
Attraverso Poliedro l’ente locale è più volte stimolato a interrogarsi su
questi temi e a trovare la propria personale risposta.
Lo strumento sarà testato e sperimentato nel corso del 2004, ma un
primo risultato lo ha già sicuramente raggiunto: quello di creare confronto e
condivisione sulle politiche di cooperazione in tutta la Regione Piemonte.
Bibliografia
AA.VV., 2004, Carta del nuovo municipio. Per una globalizzazione dal
basso, solidale e non gerarchica, (da sito internet: www.nuovomunici-
pio.org/documenti/Carta.htm, consultato nel mese di ottobre 2004).
Bosselli S., 1999, Decentramento, partenariato e internalizzazione: l’avvio
del Laboratorio di sviluppo tra la Regione Lombardia e la Regione di
Ziguinchor. Rapporto conclusivo, Acra, Milano.
Ce, 1998, Regolamento n.1659/98 del Consiglio del 17.07.98 relativo alla
cooperazione decentrata, Gazzetta Ufficiale.
CeSpi-Oics, 2001, Cooperazione decentrata e processi di internazionaliz-
zazione economica e territoriale. Manuale di formazione, Cd-rom, Roma.
Dgcs/Mae, 2004, La cooperazione decentrata allo sviluppo. Linee di indi-
rizzo e modalità attuative, (da sito internet: www.esteri.it/polestera/coo-
peraz/index.htm, consultato nel mese di ottobre 2004).
Husson B., 2001, La coopération décentralisée, légitimer un espace publi-
que local au Sud et à l’Est, (da sito internet: www.resacoop.org).
Lvia, Provincia Autonoma di Trento, Osservatorio Balcani e CeSpi (a cura
36 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Sia al Nord che al Sud del mondo lo sviluppo locale ha assunto da alcu-
ni anni un’importanza e un’attenzione crescenti, in controtendenza rispetto
ad alcuni esiti del processo di globalizzazione, che portando i diversi luoghi
della Terra a essere più facilmente collegabili in tempi rapidi, sembrano in
parte annullare le distanze geografiche e acuire le difficoltà dei principali
attori interposti nei rapporti tra territori diversi (in particolare gli stati nazio-
nali) a svolgere il loro ruolo di mediazione, tanto da spingere alcuni autori a
parlare di “fine dei territori” (Badie, 1995).
Di fronte a queste dinamiche, il locale paradossalmente sembra invece
assumere una nuova centralità, nel momento in cui i territori sono in grado
di sfruttare le proprie specificità ed elaborare strategie di sviluppo che par-
tono dalla presa d’atto delle potenzialità e caratteristiche distintive di ogni
contesto. Mentre la globalizzazione annulla, per certi versi, la distanza fisi-
ca tra luoghi, paiono dunque acquisire sempre più peso “altre distanze”,
come quelle economiche, ambientali e culturali, rivelando la loro natura di
strumento di regolazione delle relazioni sociali. Inoltre la crisi delle grandi
narrazioni dello sviluppo e la consapevolezza del fallimento di pratiche di
sviluppo imposte in vario modo dall’alto, dal dirigismo forte alla retorica par-
tecipativa strumentale, senza tener conto delle specificità territoriali (attori,
risorse, elementi culturali materiali e non, etc.) ha portato a partire dagli an-
ni ’80 al progressivo passaggio da una concezione di sviluppo funzionale,
dall’alto, a una di sviluppo territoriale, dal basso (Stöhr, Taylor, 1981; Taylor,
Mackenzie, 1992; Friedmann, 1992).
dei par. 2.1, 2.4, 2.5 si deve a Elisa Bignante, quella dei par 2.2, 2.3, 2.6 a Egidio Dansero.
38 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
1989; Pecqueur, 1989), per lungo tempo in Italia si è ritenuto che il modello di
sviluppo coincidesse con quello della grande impresa. Così le politiche di
aiuto allo sviluppo negli anni Cinquanta e Sessanta hanno tentato di riprodur-
re nelle aree arretrate del sud Italia, nella maggior parte dei casi con scarso
successo, il modello della grande impresa diffusosi soprattutto nel nord-
ovest del paese (Torino, Milano, Genova), con il prevalere di impostazioni es-
senzialmente dualistiche (nord-sud, grande-piccola impresa, etc.). In segui-
to, a partire dagli anni Settanta, l’analisi economico-sociale ha individuato nel
nord-est e nel centro Italia degli ispessimenti localizzativi che hanno continua-
to a crescere anche quando il modello della grande impresa perdeva forza
lavoro. Si è trattato di dinamismi economici imprevisti, non riconducibili sol-
tanto alla crisi della grande impresa, ma derivanti da percorsi autonomi di va-
lorizzazione di potenzialiltà locali (infrastrutture, know-how, dotazioni ambien-
tali, aspetti sociali e culturali, etc.). In questo contesto sono maturate le sco-
perte della “terza Italia” (Bagnasco, 1977), cioè del modello di sviluppo del
tessuto di piccole e medie imprese concentrate nel nord-est italiano, e dei di-
stretti industriali, recuperando le concettualizzazioni già introdotte da Mar-
shall alla fine del 1800 (Becattini, 1985). Nel caso dei distretti industriali, la
concentrazione spaziale di sistemi di piccole e medie imprese specializzate
in uno o pochi settori produttivi consente di ottenere dei vantaggi (economie
esterne, rapporti di fiducia, diffusione del know how, etc.) che diversamente
sarebbero stati unicamente prerogative delle grandi, evidenziando l’esisten-
za di sentieri di sviluppo alternativi al modello della grande impresa e sottoli-
neando come lo sviluppo in queste aree non abbia preso le mosse dall’ester-
no, ma dalle vocazioni e dalle tradizioni produttive locali.
Un altro passaggio importante consiste nella presa d’atto nel corso degli
anni Ottanta che la produzione di conoscenza e innovazione tecnologica,
risorsa chiave per lo sviluppo, non nasce e si riproduce allo stesso modo in
ogni contesto. Muovono in questa direzione gli studi del Gremi (Groupe de
recherche sur les milieux innovateurs) sui milieu innovativi, volti all’indivi-
duazione di quegli elementi (presenza di know-how, di università e istituti di
ricerca, buona circolazione delle informazioni, etc.) che favoriscono la for-
mazione e il radicamento dell’innovazione in determinati territori rispetto ad
altri. Il caso di contesti come la Silicon Valley in California, dove è concen-
trata buona parte dell’industria elettronica e informatica, e dei tentativi, non
risultati sempre positivi, di riprodurre altrove lo stesso modello di concentra-
zione territoriale, dimostrano come ci siano insediamenti locali che più di al-
tri, con dinamiche endogene e non prevedibili e grazie a dotazioni territoria-
li specifiche non esportabili con facilità in altri contesti, sono in grado di pro-
durre conoscenza e innovazione.
le teorie mainstream e che innovazioni teoriche sono state prodotte per co-
gliere tali novità.
Questo sembra essere in particolare il caso della Francia e dell’Italia, an-
che se ciò è avvenuto a partire da situazioni variegate e con percorsi diver-
si che fanno sì che lo sviluppo locale abbia un significato diverso nei due
contesti – d’altra parte, se si vuole lo sviluppo locale, bisogna accettare che
esso possa essere interpretato differentemente in contesti territoriali diffe-
renti.
zioni piuttosto complesse che riuniscono fino anche a oltre mezzo milione di
persone come alcune esperienze in Messico, o in Africa occidentale2. Va
segnalato tuttavia che, nonostante quanto sostenuto da Rist, molte di que-
ste esperienze non appaiono antagoniste rispetto alla cooperazione allo
sviluppo, ma anzi sono prosperate proprio grazie alla capacità di attirare e
gestire cospicui aiuti dalla cooperazione internazionale, riuscendo nel con-
tempo a coinvolgere dal basso contadini e villaggi e coniugando positiva-
mente tradizione e modernità. Come tali, su queste esperienze si sono pun-
tati i riflettori della cooperazione internazionale, e molte agenzie di aiuto e
Ong fanno dell’appoggio a questi dinamismi il fulcro della loro strategia di
intervento.
In questo mutamento di approcci, va affermandosi una riflessione critica
sul senso e sul ruolo di un’agenzia di aiuto, sull’importanza degli attori, dei
valori locali, sulla crucialità di rafforzare e appoggiare le capacità auto-or-
ganizzative del locale, sulle dimensioni sociali, relazionali e ambientali di
uno sviluppo non riconducibile solo a una sfera economica separata dal so-
ciale (Polanyi, 1983). Nel dar spazio a un approccio riconducibile a un’idea
di sviluppo comunitario, dal basso, auto-centrato, il mondo della coopera-
zione si è anche attrezzato con tutta una serie di strumenti di analisi del
contesto territoriale, sociale, culturale, che fanno leva sulla partecipazione,
sulla necessità di cogliere il punto di vista del locale, come i vari approcci
che rientrano nel filone della “diagnostica partecipativa” (Marp, Rra, etc.),
(Bertoncin et al., 1999). Come si è detto, questo mutamento di sguardo
sembra aver contagiato non solo attori sensibili come le Ong, ma anche i
grandi organismi internazionali.
Sembra inoltre consolidarsi una transizione verso una cooperazione si-
stemica. Se per anni imprese avevano cooperato con imprese, Ong con
Ong, amministrazioni pubbliche con amministrazioni pubbliche in una rigi-
da ricerca dell’omologo escludendo il dialogo con altri soggetti, finalmente
è dato per acquisito (a volte in maniera forse strumentale finalizzata all’effi-
cienza della macchina progettuale) la necessità di lavorare in rete fra istitu-
zioni diverse. Ciò ha permesso alle Ong di relazionarsi con fiducia e sfida
nei confronti delle nuove amministrazioni locali e di stringere partnership
solide con le amministrazioni centrali, mentre per le amministrazioni si è
trattato di stabilire maggiori legami con la società civile.
Altri due aspetti che emergono con forza nel quadro dello sviluppo loca-
le al Sud sono il marcato riferimento istituzionale e lo stretto legame con i
2 Rist cita ad esempio il movimento Swadhyaya, in India, che conta di un vasto seguito.
Di grande interesse in Africa Occidentale è l’organizzazione dei gruppi Naam del Burkina
Faso (Pochettino, 1997; Holmen, Luzzati, 1999).
44 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
questione del finanziamento dello sviluppo locale e sui rapporti tra attori
pubblici e privati. Questa appare una questione centrale nel processo di
decentramento che a un trasferimento di competenze a enti locali non fa
seguire un proporzionale trasferimento di risorse, peraltro scarse, che ri-
mangono fortemente centralizzate, rendendo cruciale il ricorso a forme di fi-
nanziamento esterne alla pubblica amministrazione, per far fronte a un pro-
cesso di sviluppo locale che viene fortemente istituzionalizzato all’interno
dei processi di decentramento3.
Per quanto riguarda la riflessione teorica sullo sviluppo locale, a fronte
della notevole quantità di esperienze in corso, non sembra essersi ancora
sviluppata un’analisi trasversale critica, che si interroghi sui paradigmi a
monte dello sviluppo locale nel contesto dei paesi in via di sviluppo, sui re-
ferenti teorici e metodologici, anche se alcuni programmi in corso da parte
di organizzazioni internazionali, come l’Ilo con il programma DelNet, vorreb-
bero andare in questa direzione, anche se per ora rimangono sul piano del
racconto di esperienze e di linee guida4. Sono invece abbondanti i riferi-
menti allo sviluppo locale come approccio pragmatico, sia attraverso la
presentazione (di rado l’analisi critica) di studi di caso ed esperienze (Coly,
2002; Lazarev, Arab, 2002; Bertome, Mercoiret, 1992), sia attraverso la de-
finizione di linee guida, di manuali di “istruzioni per l’uso”, sia soprattutto
connessa con il crescente protagonismo della cooperazione decentrata,
soprattutto da parte di enti locali, che fa spesso dello sviluppo locale allo
stesso tempo il suo campo e il suo approccio di intervento (Grieco, Lenci
1999; Ec, 1996). È in questo tipo di letteratura che è più evidente l’apporto
dell’esperienza francese, derivante anche dal fatto che molte agenzie di
aiuto non governative francesi operano come accompagnatori dello svilup-
po sia al Nord sia al Sud, riversando quindi pratiche e approcci nei due
contesti (si vedano ad esempio le esperienze di Avfp, 1995; Afd, 2001; Gi,
2002)5.
3 All’interno di questa sezione si possono ricondurre anche le riflessioni che legano la mi-
crofinanza allo sviluppo locale, prevedendo la creazione di un fondo di sviluppo locale.
4 Dal punto di vista teorico, una maggiore riflessione si può trovare in quel filone dello svi-
luppo locale, portato avanti soprattutto dai grandi organismi internazionali multilaterali (Ban-
ca mondiale, Ilo, Ocse) che guarda soprattutto all’esperienza italiana dei distretti industriali e
alla letteratura distrettualistica italiana e anglosassone.
5 Tra gli altri, si veda il sito www.pdm-net.org/french/Dev_local/experience.htm, che rac-
con enti locali, scuole con scuole, etc.) non si mettano in rete gli interi siste-
mi territoriali, ma solo una parte di essi. In questo senso è fondamentale
che il dialogo, partito dal contatto tra istituzioni omologhe, si diffonda al re-
sto degli attori territoriali, o quanto meno tenga conto della complessità di
ogni sistema locale.
In questo modo, cooperazione decentrata e sviluppo locale dovrebbero
mettere proficuamente in contatto le diverse specificità del territorio, e que-
sto rappresenta un rilevante valore aggiunto che la cooperazione decentra-
ta (rispetto alle altre scale e modalità di cooperazione allo sviluppo) rappre-
senta nei confronti dello sviluppo locale.
La relazione che lega sviluppo locale e cooperazione decentrata pare
dunque forte e consequenziale nonostante siano differenti i ruoli e i piani
d’intervento di ciascuna. L’idea alla base dello sviluppo locale è che occor-
re pensare allo sviluppo di un intero territorio, o meglio di un sistema territo-
riale locale nella sua complessità, mentre la cooperazione decentrata può
meglio mettere in relazione le diverse specificità di ogni contesto, rafforzan-
do le capacità dei territori di mettersi in relazione con altri e di approfondire
attraverso l’interazione e il confronto, la comprensione dei propri dinamismi
interni.
2.6 LA GESTIONE DEI RIFIUTI COME COMPONENTE ATTIVA DEL MILIEU LOCALE
cui essi sono coinvolte, alle relazioni verticali “ecologiche” instaurate dalla
rete locale. Il problema è che spesso la rete locale non “vede” l’ecosistema,
ma unicamente le risorse dell’ecosistema che vengono connesse con il si-
stema locale, in quanto funzionali alla riproduzione del sistema locale stes-
so. La sfida del progetto “Da rifiuto a risorsa” consiste in questo, nel far en-
trare la problematica della produzione e gestione dei rifiuti all’interno dei mi-
lieu locali, favorendone la percezione come una questione dalla quale di-
pende e dipenderà sempre più il benessere fisico e culturale di un sistema
locale. La capacità di attrezzarsi per affrontare la complicata questione dei
rifiuti, difficile al Sud per la mancanza di strumenti e di una sensibilità socia-
le in questo senso, al Nord per la crescita esponenziale dei rifiuti prodotti e
il disinteressamento da parte della società civile, può diventare una “presa
forte” di milieu nel momento in cui viene percepita come necessità e poten-
zialità strategica di sviluppo da parte di ogni collettività locale. Attraverso la
discussione all’interno dei comitati di pilotaggio, la diffusione di informazio-
ni e la sensibilizzazione degli attori locali direttamente coinvolti e via via al-
largando sempre più il bacino di confronto, attraverso lo studio e la presa
d’atto delle conseguenze del non intervento o della mal gestione e ancora
tramite il dialogo con realtà lontane che si interrogano su questioni simili,
ogni sistema locale è in grado di mettere le prime pietre per la costruzione
di un sentiero di appropriazione e gestione del problema.
Bibliografia
Afd (Agence française de développement), 2001, L’Afd et le développe-
ment local en zones rurales. Note d’orientations opérationnelles, (da sito
internet: www.afd.fr).
Afvp (Association française de volontaires du progrès), 1995, France-Afri-
que de l’Ouest. Regards parallèles sur le développement local, Afvp -
BP 207 - 91311 Montlhery cedex – France.
Badie B., 1995, La fin des territoires. Essai sur le désordre international et
sur l’utilité sociale du respect, Fayard, Parigi.
Bagnasco A., 1977, Tre Italie, Il Mulino, Bologna.
Bagnasco A., Le Galès P. (a cura di), 1997, Villes en Europe, La Découver-
te, Paris, pp. 7-43.
Becattini G., 1985, “L’interpretazione sraffiana di Marshall”, in Economia e
politica industriale, a. XII, n.47, pp. 5-26.
Bertome J., Mercoiret J., 1992, Planification du développement local. Guide
méthodologique. Suivi de trois études de cas en Afrique de l’Ouest, Mi-
nistère de la Coopération et du Développement, Paris.
Bertoncin M., Bicciato F., Corbino A., Croce D., De Marchi M., Faggi P. e Pa-
52 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Rist G., 1997, Lo sviluppo. Storia di una credenza occidentale, Bollati Borin-
ghieri, Torino.
Segre A., Dansero E., 1996, Politiche per l’ambiente: dalla natura al territo-
rio, Utet, Torino.
Sequeira Carvalho J.A., 1997, La dynamisation des initiatives locales. Une
force synergique de développement, L’Harmattan, Paris.
Stöhr W.B., Taylor D.R.F. (a cura di), 1981, Development from above or from
below? The dialectics of regional planning in developing countries, Wi-
ley, Chichester.
Tarozzi A., 1990, “Ridefinire lo sviluppo. Strategie e norme oltre la crisi delle
teorie”, in Magnaghi A. (a cura di), Il territorio dell’abitare. Lo sviluppo lo-
cale come alternativa strategica, Franco Angeli, Milano, pp. 173-202.
Taylor D.R.F, Mackenzie F. (a cura di), 1992, Development from within. Sur-
vival in rural Africa, Routledge, London.
CAPITOLO
3.1 INTRODUZIONE
1 Per quanto il lavoro sia frutto di una impostazione ed elaborazione comune, la stesura
dei par. 3.1, 3.2, 3.5, 3.6, 3.7 si deve a Egidio Dansero, quella dei par. 3.3, 3.4 a Domenico
De Leonardis.
CAPITOLO 3 55
La più nota indagine di questo tipo sul caso italiano è l’annuale rapporto “Ecosistema
2
urbano” di Legambiente, una delle principali associazione ambientaliste in Italia. Per l’ultimo
rapporto Ecosistema urbano 2004 si veda sul sito: www.legambiente.com.
CAPITOLO 3 57
rie e in secondo luogo nazionali, con ampi spazi che rimangono comunque
ai livelli locali di governance ambientale al fine di adottare specifiche solu-
zioni organizzative e gestionali.
impianti industriali. Queste disposizioni sono esposte nella cosiddetta direttiva Ippc del
1996. Ippc sta per Integrated pollution prevention and control (prevenzione e riduzione inte-
grate dell’inquinamento). Essenzialmente, la direttiva IPPC tratta la riduzione dell’inquina-
mento dai vari punti di emissione nell'intera Unione europea.
4 I marchi ecologici sono strumenti volontari, cioè non obbligatori per legge, di tutela e
A livello italiano la gestione dei rifiuti è regolata dal decreto Ronchi e dai
successivi decreti attuativi e di modifica5. Tale decreto ha dato vita anche in
Italia a una gestione sistemica del ciclo dei rifiuti, recependo gran parte delle
indicazioni comunitarie. Il passaggio da un sistema incentrato sulla “messa in
discarica” a un sistema integrato ha richiesto un periodo di transizione atto a
fare in modo che tutte le realtà locali italiane si adeguassero al nuovo sistema
che nelle previsioni legislative definiva nuove forme di pianificazione per gli
enti locali, nuove strutture impiantistiche e nuove articolazioni organizzative.
Il decreto prevedeva dei momenti di valutazione sull’attuazione del siste-
ma individuando degli obiettivi di raccolta differenziata intermedi: 15% entro il
1999, 25% entro il 2001, 35% entro il 2003.
Rimandando al seguito di queste pagine lo stato di attuazione di questi
obiettivi per quanto riguarda il contesto italiano e più specificatamente torine-
se, bisogna qui anticipare alcune riflessioni sulla portata innovativa di questo
decreto. In primo luogo, secondo il principio di sussidiarietà, si è assistito a
una nuova pianificazione dei servizi a livello locale, individuando nuovi ambiti
territoriali e richiedendo un salto culturale in prima istanza della pubblica am-
ministrazione (basti pensare allo sviluppo degli osservatori regionali e provin-
ciali sulla raccolta differenziata e al nuovo ruolo delle agenzie regionali am-
bientali). In secondo luogo, il nuovo sistema integrato ha richiesto la realizza-
zione di nuovi impianti che in taluni casi e in talune aree del Paese hanno
messo in evidenza come la coscienza ambientale non sia cresciuta di pari
passo con l’evoluzione economica e sociale. Alcune localizzazioni, tipica-
mente quelle degli inceneritori e delle discariche, incontrano ancora conflitti e
opposizioni da parte di più attori. È questo un fronte che ostacola la piena
realizzazione del sistema e che ha come conseguenza il raggiungimento di
diverse situazioni critiche tanto da portare ai giorni nostri alla gestione com-
missariata di diverse regioni del Sud Italia e alla diffusione di pratiche di smal-
timento illegali (in cui prosperano i circuiti dell’ecomafia6). Recenti normative
5 Il decreto legge 22/97 prende il nome dell’allora ministro per l’Ambiente Edo Ronchi. Le
etc. Per un quadro più esaustivo vedasi i rapporti annuali di Legambiente sul fenomeno sul
sito: www.legambiente.com.
7 Il precedente sistema era basato su una tassa calcolata in base alla superficie (m2) del-
l’abitazione che non copriva interamente i costi del servizio; i Comuni coprivano con la fisca-
lità ordinaria i costi scoperti del servizio.
60 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Tab. 3.1 Gestione dei rifiuti urbani nei paesi dell’Unione europea
Nazione Anno Discarica Incenerimento Riciclaggio e
(%) (%) compostaggio (%)
Austria 1999 35,0 10,2 54,8
Belgio 1999 27,7 25,8 46,5
Danimarca 1999 10,9 50,2 38,9
Finlandia 1999 61,0 8,2 30,8
Francia 1999 41,7 31,4 26,9
Germania 1998 35,5 24,3 40,2
Grecia 1997 91,4 - 8,6
Irlanda 1998 91,4 - 8,6
Italia 2001 67,1 8,7 24,2
Lussemburgo 1999 21,6 47,8 30,6
Olanda 2000 12,6 40,8 46,6
Portogallo 2000 75,3 20,5 4,2
Spagna 1999 71,5 11,0 17,5
Svezia 1998 32,5 35,0 32,5
Regno Unito 1999 80,8 7,7 11,5
Europa 54,0 18,8 27,2
Tab. 3.2 Produzione di rifiuti urbani per macroarea geografica, anni 1996-2002
(1000t)
Fonte: Apat
Tab. 3.4 Raccolta differenziata delle principali frazioni su scala nazionale (1.000 t)
Organico Carta Vetro Plastica Metalli Ingombranti Legno
1997 598,34 782,48 643,57 96,79 – – –
1998 891,15 1.000,99 665,99 150,77 – – –
1999 1.112,56 1.204,15 726,26 160,11 168,74 – 111,76
2000 1.292,73 1.307,99 758,84 174,70 212,73 – 196,75
2001 1.601,66 1.567,81 874,92 230,11 200,64 217,89 191,09
2002 1.811,93 1.682,78 888,05 241,31 195,66 367,10 217,24
Fonte: Apat
CAPITOLO 3 65
Fig. 3.1 Raccolta differenziata per provincia in percentuale (1998-2002)
50%
45%
40%
35%
1998
30% Obiettivo D.Lgs.vo 22/87 per il 2001
1999
25%
2000
20%
2001
15%
10% 2002
5%
0%
AL AT BI CN NO TO VB VC Regione
Fonte: Arpa
Come si può notare dalla Fig. 3.1 solo le provincie di Verbania e Novara
hanno raggiunto l’obiettivo del 2001 del 25%. La provincia di Torino ha rag-
giunto tale obiettivo con un anno di ritardo registrando un generale aumento di
raccolta nelle aree fuori Torino e una stabilizzazione nel 2003 (+1%) della Città
di Torino (che da sola rappresenta il 45% della produzione di rifiuti dell’intera
Provincia).
Dai dati dell’Osservatorio provinciale nel 2003 solo 19 Comuni sono riusciti
a raggiungere l’obiettivo del 35% fissato dal decreto Ronchi mentre sono 115 i
Comuni che nel 2003 hanno raggiunto l’obiettivo fissato nel 2002 al 25%.
I dati della Città di Torino del 2004 appaiono più confortanti: il Comune si è
posto l’obiettivo di raggiungere l’obiettivo del 35% entro il 2004 (raggiungendo
quindi con un anno di ritardo l’obiettivo previsto dalla legge). A maggio 2004 la
raccolta differenziata ha raggiunto il 30% con punte del 40% in quartieri come
quello di Mirafiori Nord dove è stata avviata sperimentalmente la raccolta sotto-
casa. Dato il successo dell’iniziativa in questo quartiere l’amministrazione co-
munale avvierà su una popolazione di circa 78.000 abitanti la raccolta sottoca-
sa rafforzando ulteriormente anche le iniziative nel settore commerciale e au-
mentando la rete degli ecocentri11. Bisogna ricordare comunque che a livello di
grandi aggregati urbani, la Città di Torino è attualmente la metropoli che vanta il
miglior tasso di raccolta differenziata, essendo l’unica che supera il 30%.
11 Per ecocentri si intendono degli spazi in cui i cittadini possono disfarsi gratuitamente
di: tutti i materiali recuperabili e i rifiuti urbani pericolosi, i rifiuti ingombranti, le batterie esau-
ste, i rifiuti domestici pericolosi, piccoli quantitativi di materiali di demolizione, oli esausti pro-
venienti da auto e moto, con possibilità di effettuare il cambio sul posto. Nella città di Torino
sono attivi tre ecocentri.
66 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
diversi giorni la stazione ferroviaria, importante snodo per il traffico di lunga percorrenza
Nord-Sud – per bloccare la realizzazione di un inceneritore.
CAPITOLO 3 67
Tab. 3.5 Raccolta differenziata per le principali frazioni delle Province piemontesi
(dati 2002 espressi in t)
Torino Vercelli Novara Cuneo Asti Alessandria Biella Verbania
Abitanti 2.165.299 176.666 343.097 556.359 208.221 417.751 186.960 158.941
Produzione
totale 1.129.741,18 88.038,53 164.613,05 261.299,32 90.274,64 233.180,06 86.851,00 79.157,45
Raccolta
indifferen. 882.775,00 74.060,00 91.398,00 196.020,00 73.656,00 183.918,00 65.012,00 42.401,00
Raccolta
differenz. 246.966,35 13.978,17 73.215,23 65.278,83 16.618,21 49.262,13 21.838,55 36.756,12
% 22% 16% 44% 25% 18% 21% 25% 46%
Frazioni
principali
Organico 24.310,96 522,10 15.105,11 977,56 322,92 4.694,50 1.409,17 7.445,81
% 10% 4% 21% 1% 2% 10% 6% 20%
Vetro 30.872,68 3.109,66 11.997,63 16.218,1 4.935,74 8.540,24 3981,89 5797,85
% 13% 22% 16% 25% 30% 17% 18% 16%
Plastica 8.793,79 600,45 3.784,97 3.235,63 1.468,63 2.818,74 1232,72 2637,43
% 4% 4% 5% 5% 9% 6% 6% 7%
Legno 14.296,39 474,82 4.124,31 5280,35 642,41 5.793,24 899,22 2157,16
% 6% 3% 6% 8% 4% 12% 4% 6%
Carta 107.845,22 4.300,33 16.924,18 21.334,99 6.684,57 13.583,4 7392,01 9164,9
% 44% 31% 23% 33% 40% 28% 34% 25%
Fonte: Apat
siglio comunale per il differimento della chiusura della discarica di Basse Stura fino al 31
dicembre 2009. Il provvedimento si è reso necessario per garantire, fino all’entrata in servi-
zio del previsto nuovo termovalorizzatore, la possibilità di smaltire i rifiuti prodotti dalla città
in modo autonomo, evitando di doversi rivolgere all’estero con costi non indifferenti a carico
dei cittadini. Fonte: www.ecodallecitta.it).
14 Per ulteriori informazioni si rimanda al sito del progetto: www.provincia.torino.it/ambien-
3.4.3 Una geografia ineguale degli scarti, dei rifiuti e… dei consen-
si
i è esaminato come il problema dei rifiuti solidi urbani sia stato oggetto
S a partire dalla fine degli anni ’70 di un’intensa attività regolativa a livello
comunitario, nazionale, regionale e locale che ha cercato di cambiare l’im-
postazione complessiva delle modalità con cui veniva definito e attuato il
complessivo governo dei rifiuti. Si sono anche analizzate le ragioni che han-
no spinto verso un cambiamento piuttosto marcato nelle modalità con cui in
generale nelle città italiane viene affrontata la questione rifiuti (crescenti dif-
ficoltà nel trattare e smaltire una massa sempre più grande dei rifiuti prodot-
ti, di gestire la loro complessificazione dal punto di vista merceologico, con-
nessa con i cambiamenti degli stili di consumo, il dilagare della cultura del-
lo “usa e getta”, e l’affermazione di un’accresciuta consapevolezza ecologi-
ca sulle implicazioni locali e globali del problema rifiuti).
Da alcuni anni si sta infatti facendo strada tra tecnici e amministratori
pubblici la consapevolezza della gravità della situazione, ormai prossima ai
limiti critici. Sempre più spesso tali limiti vengono superati, come dimostra-
no i citati numerosi conflitti sorti in diverse città attorno al problema di loca-
lizzazione, non solo di inceneritori o discariche, ma anche di assai meno
impattanti impianti di trattamento e selezione dei rifiuti provenienti dalle rac-
colte differenziate. L’opinione pubblica di una società complessivamente
opulenta e alla ricerca di una maggiore qualità della vita, soprattutto sul la-
to ambientale, è sempre meno propensa a farsi carico del problema degli
scarti che essa produce, il che richiede un’attenzione particolare alle forme
di comunicazione ambientale. La tendenza a responsabilizzare i produttori
di rifiuti, cittadinanza compresa, porta anche ad aumentare progressiva-
mente ciò che si paga per i rifiuti, in una fase in cui il passaggio da tassa a
tariffa è politicamente delicato, in quanto gravoso per le tasche del contri-
buente-elettore. Allo stesso tempo, in un contesto in cui aumenta la pressio-
ne politica e normativa a far sì che ogni collettività locale si faccia carico del
problema dei rifiuti da essa prodotti, evitando di scaricare tale problema su
altri territori, prosperano le ecomafie. Sempre più specializzate nel trattare
discariche abusive e traffici interregionali e internazionali di rifiuti, con i loro
70 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
traffici che sono tanto più vantaggiosi quanto più i rifiuti sono pericolosi e
tossici per l’ambiente e la salute umana, le ecomafie sono la regia occulta
del governo ombra dei rifiuti (Cianciullo, 1995; Legambiente, 2004).
Nonostante questo quadro non certo rassicurante, vi sono come abbia-
mo visto dei segnali di miglioramento. Essi riguardano soprattutto la raccol-
ta differenziata dei rifiuti solidi urbani, passaggio imprescindibile in una
complessiva strategia impostata sulle “tre erre”: riutilizzo del bene nella sua
forma originaria (es. bottiglie di vetro), riciclaggio, con il recupero dei mate-
riali contenuti nei rifiuti e il loro impiego come “materie prime seconde” in
nuovi processi produttivi (es. il riciclaggio della carta) e recupero energeti-
co con la parte combustibile dei rifiuti di cui è impossibile o antieconomico
il riciclaggio. Troppo poco si fa ancora per la prima vera “erre”, cioè la ridu-
zione dei rifiuti, con interventi soprattutto nella fase di progettazione e pro-
duzione dei beni ripensandoli in modo da ridurre il contenuto materiale in
essi presente, estenderne il ciclo di vita o facilitarne le operazioni di riutiliz-
zo, riciclaggio e recupero a fine vita. Interventi anche importanti in tal senso
si scontrano con la sempre più diffusa cultura dell’usa e getta, che va nella
direzione opposta a quella della riduzione.
Tornando alla raccolta differenziata dei rifiuti, come si è visto, le città ita-
liane hanno realizzato dei significativi risultati, pur risultando al di sotto dei
giustamente ambiziosi obiettivi fissati dal decreto Ronchi.
Sul piano culturale, soprattutto attraverso la raccolta differenziata, si sta
facendo strada quella consapevolezza che vede il passaggio da una visio-
ne dei rifiuti come scarto, e dunque qualcosa di negativo da allontanare e
da nascondere alla vista, a quella del rifiuto come risorsa su cui puntare, sia
per contribuire positivamente alla riduzione del degrado ambientale e del
consumo di risorse naturali, sia come fonte di nuova occupazione in pro-
cessi virtuosi di produzione di valore aggiunto sotto il profilo economico,
ambientale e sociale. Come scrive Viale “la raccolta differenziata è la testa
di ponte di un diverso rapporto della città e del suo apparato produttivo con
le risorse di cui dispone” (Viale, 1999, p. 76).
La raccolta differenziata comporta da un lato un cambiamento radicale
nel rapporto tra cittadino-produttore di rifiuti e servizio di raccolta e smalti-
mento, generalmente svolto da un’impresa pubblica locale, richiedendo
profonde trasformazioni in entrambe le categorie di soggetti. Un efficace si-
stema di raccolta differenziata si basa sulla collaborazione di un cittadino-
produttore consapevole delle proprie responsabilità e potenzialità, in quan-
to attore in una complessiva politica dei rifiuti e non solo in un ruolo passivo
che si limita a mettere il sacchetto dei rifiuti fuori dalla porta o nei contenito-
ri appositi. Ecco che allora sono state avviate nelle diverse città italiane ar-
ticolate campagne di informazione e comunicazione ambientale volte a far
comprendere modalità e vantaggi della raccolta differenziata.
CAPITOLO 3 71
15 Nota per il lettore non italiano: le cooperative sociali sono imprese sociali finalizzate
all’inserimento lavorativo di persone cosiddette svantaggiate per difficoltà sul piano fisico o
psichico, o legate a situazioni di tossicodipendenza, alcolismo, etc.
16 Per una stimolante riflessione sullo scarto di luoghi, uomini e cose si veda il volume di
Lynch (1992).
17 Sono molte in Italia, le iniziative di associazioni, imprese sociali, come i network
Cartesio e Ideambiente, e anche Ong come Mani Tese e il Cisv (attraverso la cooperativa e
l’associazione Triciclo) attive in questo campo, con la creazione e la gestione di eco-centri,
luoghi di raccolta, riparazione e riprogettazione di oggetti usati, sedi di mercatini dell’usato,
di laboratori sul riuso e il riciclo e sull’educazione ambientale. Si vedano ad esempio le rea-
lizzazioni delle cooperative di Manitese a Milano e Firenze (www.manitese.it), della
Cooperativa Cauto a Brescia (www.cauto.it), della cooperativa Triciclo a Torino (www.trici-
clo.com), della Comunità di Emmaus a Cuneo, delle cooperative “Di mano in mano”
(www.dimanoinmano.it) nel milanese.
72 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
decentrata”, come quella assunta dalla Ue, che ne individua i protagonisti non solo nelle col-
lettività locali ma anche nella società civile (cfr. cap. 1).
19 L’Oics è nato nel settembre 1991 per volontà della conferenza dei presidenti delle
Regioni e delle Province autonome italiane, come “agenzia comune” in materia di coopera-
CAPITOLO 3 73
zione decentrata allo sviluppo. È un’organizzazione senza fini di lucro e ha la natura giuridi-
ca di associazione privata di enti pubblici (www.oics.it).
20 Il sito “Agorà Piemonte” presenta una schedatura dei soggetti e progetti di coopera-
“rifiuti urbani”, gli esempi indicati nel tentativo di classificazione dei progetti e delle reti di
attori hanno un valore puramente esemplificativo e didascalico.
74 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
22 Si tratta del Programma di riduzione del degrado ambientale in ambito urbano e rici-
claggio plastica (Thiès, Saint Louis, Mbour, Kaolak), realizzato in Senegal dall’Ong Lvia con
un contributo della cooperazione italiana. L’esperienza maturata in Senegal è stata fonda-
mentale per la formulazione di un altro progetto di grande interesse, rappresentato dal pro-
getto dell’Lvia, in partenariato con il Comune di Ouagadougou, il Comune di Torino e la
Regione Piemonte per la realizzazione a Ouagadougou del primo Centro di riciclaggio dei
rifiuti plastici del Burkina Faso. Tale progetto è stato premiato dalla Banca mondiale nell’am-
bito del programma Development Marketplace (letteralmente “borsa per lo sviluppo”, sul
sito web: www.developmentmarketplace.org) che ogni due anni vede premiati a livello mon-
diale i progetti più innovativi nel settore della cooperazione internazionale.
23 Le attività dell’associazione e della cooperativa Triciclo, coinvolte nel progetto “Da rifiu-
po dei rifiuti condotti dalla Ong Cisv e con i progetti del Gruppo Abele in
Costa d’Avorio24.
– un caso particolare, che merita di essere ricordato, è quello di un’associa-
zione di immigrati in Italia, che appoggiandosi ad una Ong, magari con il
supporto di enti locali o di privati donatori, finanzia realizzazioni nel cam-
po della gestione dei rifiuti nel paese e più in particolare nella località di
provenienza. Citiamo il caso del progetto che vede coinvolta un’associa-
zione di immigrati senegalesi presenti in provincia di Cuneo, in Piemonte,
che con l’appoggio della Ong Cisv, finanzia iniziative volte al migliora-
mento della raccolta dei rifiuti urbani nella città senegalese di Darou Mou-
sty, luogo di provenienza degli immigrati.
In conclusione di questo veramente approssimativo e parziale tentativo
di individuare delle tipologie nelle reti di attori coinvolte, possiamo afferma-
re, per quanto a nostra conoscenza, che sono comunque abbastanza rari i
casi in cui si riescono a stabilire azioni di sistema tra la complessa rete di
attori che operano nel campo della gestione dei rifiuti in Italia e un’altrettan-
ta variegata rete di attori nei paesi co-operanti. Da questo punto di vista, il
progetto “Da rifiuti a risorsa”, potrebbe costituire un esempio interessante.
Partito inizialmente su un piano puramente didattico-educativo, come
scambio tra scuole, si è progressivamente esteso ad una gamma più ampia
di interventi, anche sul piano concreto della gestione dei rifiuti.
perazione decentrata sui rifiuti urbani è rappresentato dal progetto di Idea Ambiente, un
consorzio di cooperative sociali impegnato nello sviluppo di azioni imprenditoriali nel campo
ambientale, finalizzate alla creazione di lavoro per persone svantaggiate. Con la creazione
di Idea Ambiente Senegal sono state infatti avviate delle iniziative a metà strada tra la coo-
perazione decentrata e l’impresa commerciale per l’importazione in Africa di beni usati o
ricondizionati (abiti, computer, etc). Sito web: www.ideambiente.it.
76 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Bibliografia
Apat, 2003, Rapporto sui rifiuti, Roma.
Arpa Piemonte, 2003, Rapporto sullo stato dell’Ambiente, Torino.
Caracciolo A., 1988, L’ambiente come storia: sondaggi e proposte di storio-
grafia dell’ambiente, Il Mulino, Bologna.
Cianciullo A., 1995, Ecomafia: i predoni dell’ambiente, Editori Riuniti, Roma.
Dansero E., Segre A., 1996, Politiche per l’ambiente: dalla natura al territo-
rio, Utet, Torino.
Gerelli E., 1995, Società post-industriale e ambiente, Laterza, Roma-Bari.
Legambiente, 2004, Rapporto ecomafia 2004. I nomi, i numeri e le storie
della criminalità ambientale, Sistemi Editoriali, Pozzuoli.
Luhmann N., 1989, Comunicazione ecologica. Può la società moderna
adattarsi alle minacce ecologiche?, Franco Angeli, Milano.
Lynch K., 1992, Deperire, Cuen, Napoli.
Segre A. (a cura di), 2003, Atlante dell’ambiente in Piemonte, Consiglio Re-
gionale del Piemonte, Artistica Piemontese, Savigliano.
Segre A., Dansero E., 1996, Politiche per l’ambiente: dalla natura al territo-
rio, Utet Libreria, Torino.
Sori E., 2001, La città e i rifiuti: ecologia urbana dal Medioevo al primo No-
vecento, Il Mulino, Bologna.
Viale G., 1994, Un mondo usa e getta, Feltrinelli, Milano.
Viale G., 1999, Governare i rifiuti, Bollati Boringhieri, Torino.
di Cheikh Sarr
4.1 INTRODUZIONE
1 Si tratta di Dakar, capitale del paese, Saint Louis antica capitale dell’impero coloniale
francese in Africa occidentale e Rufisque, o più semplicemente nelle città che erano antichi
scali ferroviari e fluviali, Mékhé, Khombole, Dagma, Podor, etc.
2 Touba, Richard Toll, etc.
CAPITOLO 4 79
è tradotto in un aumento del Pil pro capite che è passato dai 212.534 franchi Cfa ai 306.778
nel 1998” (Diop, 2004), rispettivamente 324 e 468 euro circa.
6 Quello informale è il principale settore di attività dei centri urbani e ne riassume la fun-
zione economica. Occupa fino all’80% delle attività di una città come Dakar, che tuttavia è la
più industrializzata del paese.
7 Nel rapporto città/campagna è chiaro che in campagna il tenore di vita, le attrezzature
e i consumi sono inferiori, e questo influenza il divario tra la produzione dei rifiuti pro capite
della popolazione rurale e quello della popolazione urbana.
CAPITOLO 4 81
guato i suoi rifiuti. Per la grande maggioranza dei consumatori, dunque, gli
sforzi per tenere puliti gli spazi privati che circondano le case non prose-
guono nelle strade negli spazi pubblici e collettivi che circondano l’abitato.
A causa della carenza del sistema istituzionale di raccolta, questi ultimi
vengono trasformati molto rapidamente in depositi selvaggi in cui si am-
mucchiano i rifiuti prodotti dal vicinato.
Le leggi francesi del XIX secolo sull’igiene urbana pubblica (Poinsot, Si-
nou et al., 1989)8 sono state applicate nei centri urbani del Senegal. Da al-
lora sino a oggi le politiche dette igieniste o di igiene urbana pubblica o di
salute pubblica costituiscono il vanto delle politiche urbane.
Dalla polizia delle banchine che proibiva il deposito di immondizia sulle
sponde del fiume Senegal, alle leggi che vietavano l’accumulo di immondi-
zia nei cortili delle case, l’amministrazione pubblica ha sempre tracciato un
quadro legislativo per gestire i rifiuti, senza tuttavia riuscire a impedire la cri-
si. Durante il periodo post-coloniale i primi testi legislativi del vecchio rego-
lamento sull’ambiente, sebbene caratterizzati da una certa dispersività, im-
ponevano comunque delle norme, soprattutto agli inquinatori che erano
sanzionati secondo il principio “chi inquina paga”, fatto che, comunque,
non risolveva il problema del degrado ecologico che incombeva sulle città
senegalesi. A questo proposito, dal marzo 2000, in occasione dell’alternan-
za politica, è intervenuta una modifica del quadro normativo di cui si sono
rapidamente comprese le motivazioni. L’istituzione si un sovra ministero
dell’ambiente traduce le preoccupazioni dei nuovi dirigenti in materia di
igiene9.
In questa prospettiva l’elaborazione del codice10 dell’ambiente è un ele-
mento fondamentale dell’arsenale giuridico-amministrativo dispiegato per
imprimere una nuova dinamica alla problematica della gestione dell’am-
8 Leggi del 1850 concernenti le abitazioni insalubri, decreto del 14 aprile 1904 relativo al-
mani del 19 marzo 2000, sulla “sporcizia” delle cucine del palazzo della Repubblica e i bron-
ci presidenziali sui “comuni sporchi” sono indice della determinazione politica dei pubblici
poteri per braccare il “male” più snaturante delle città senegalesi.
10 Legge n. 2001 del 15 gennaio riguardante il codice ambientale e decreto n. 2001-282
11 A questo proposito si legga l’articolo di Mamadou Diouf, 2002, “Les jeunes dakarois
12 “Per favorire i lavori con grande quantità di mano d’opera parecchi stati africani hanno
creato, con l’aiuto della Banca mondiale, delle agenzie autonome con un loro statuto, il cui
prototipo è stato l’Agetip di Dakar. Queste agenzie sono incaricate di far realizzare dei lavo-
ri di interesse pubblico da piccole imprese locali, aggirando le regole che fino ad allora re-
golavano i mercati pubblici” (Jaglin, Dubresson, 1993, p.121).
CAPITOLO 4 85
13 “I comuni non dispongono che della Teom (tassa sui rifiuti domestici) come risorsa di
finanziamento dei servizi di pulizia. Ma i tassi di riscossione sono deboli nell'insieme del pae-
se. Lo scarto nel livello dell'emissione potenziale della Teom arriva, a Dakar, a 2,2 miliardi di
franchi Cfa nel 1998” (3.353 milioni di euro circa) (LY, 2004, p. 199).
88 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
diversi: fosse stagne, seggiole, fusti, cassoni per l’acqua, etc. Il centro ri-
vende la plastica recuperata a un prezzo che varia dai 150 ai 250 franchi
Cfa (22-38 centesimi di euro circa) a seconda della qualità del prodotto. Il
denaro ottenuto dalla vendita è suddiviso tra il bilancio di funzionamento
del centro, i salari dei lavoratori e l’acquisto di materie prime plastiche.
Questo centro realizza un obiettivo raggiunto in nessuna altra parte in
Senegal che consiste nel trarre profitto dai rifiuti o più precisamente dalla
loro trasformazione in materiali di base. È a questo livello che si collocano la
sua efficacia e la sua originalità.
4.5 CONCLUSIONI
Bibliografia
Billaudot F., Besson-Guillaumot, 1967, Environnement, urbanisme, cadre de
vie, Montchrestien.
Diop M.C., 2004, Gouverner le Sénégal, entre ajustement structurel et dé-
veloppement durable, Karthala.
Diouf M., 2002, "Les jeunes dakarois dans le champ politique", in La con-
struction de l’Etat au Sénégal, Karthala.
Jaglin S., Dubresson A., 1993, Pouvoir et cités d’Afrique noire, décentralisa-
tion en question, Karthala.
Livre Blanc, 2004, L’alternance, le changement preuves en main, Républi-
que du Sénégal.
Ly A., 2004, "La politique de l’habitat, permanences et ruptures", in Diop M.
C. (a cura di), Gouverner le Sénégal, entre ajustement structurel et déve-
loppement durable, Karthala.
90 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
O’Brien D.C., Diop M.C., Diouf M., 2002, La construction de l’Etat au Séné-
gal, Karthala.
Poinsot, Sinou et al., 1989, Les villes coloniales d'Afrique Noire de 1650 à
1960, La Documentation française.
Thiombiano G., 2000, Assainissement, évacuation des ordures ménagère
dans la ville de Thiès, mémoire de maîtrise.
Wane, 2004, Gouverner le Sénégal: de l'ajustement structurel au dévelop-
pement durable, Karthala.
CAPITOLO
PROBLEMATICHE LEGATE A UNA GESTIONE
PARTECIPATIVA DEI RIFIUTI URBANI IN BURKINA
Il caso di Ouagadougou
di Tanga Pierre Zoungrana
5
5.1 INTRODUZIONE
L a gestione dei rifiuti urbani consta di diverse fasi: la prima consiste nel-
la pre-raccolta dei rifiuti tra le famiglie, che in seguito vengono raccolti e
trasportati verso le discariche o verso gli “immondezzai” per venire infine
convogliati, con o senza trattamento, verso i siti definitivi di stoccaggio al di
92 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Tab. 5.1 Quantità di rifiuti prodotti a Ouagadougou nel 2000, in base all’origine
Fonte Produzione pro capite giornaliera (in kg)
Mercato centrale 0,88
Mercati secondari 0,45
Hotel 5 stelle 0,46
Hotel 3 stellle 0,15
Ospedale 0,9 – 1,2
cui il livello di vita si abbassa: così la produzione media di rifiuti passa dagli
0,85 kg pro capite al giorno per gli abitanti della zona a più alto reddito, agli
0,68 kg al giorno per abitante della zona a medio reddito, agli 0,54 kg al
giorno per abitante della zona più povera.
Tab. 5.2 Composizione annuale ponderata dei rifiuti domestici per zona abitativa
(%) a Ouagadougou
Zona (% popolazione) Combustibili Sostanze Inerti Carboni Totale
fermentabili
Zona ad alto reddito (11) 13,6 51,7 5,7 29 100
Zona a medio reddito (45) 8,7 32,4 5 53,9 100
Zona a basso reddito (44) 5,7 18,8 5,7 69,8 100
produzione, la densità specifica media dei rifiuti è più elevata nelle zone a
basso reddito (0,85 tonnellate/m3) rispetto alle zone ricche (0,37 tonnella-
te/m3). La densità specifica è legata al peso dei rifiuti nei vari quartieri. La
classe agiata produce dunque molti più rifiuti con una bassa densità speci-
fica, ovvero sia rifiuti ingombranti come cartoni, imballaggi in poliestere o in
alluminio, etc., contrariamente alla popolazione a basso reddito di cui più
della metà dei rifiuti è composta essenzialmente da carboni.
L’uomo nella sua rincorsa al benessere produce involontariamente rifiuti
che, se mal gestiti, possono avere delle conseguenze su di lui e sul suo am-
biente. Si stima che nel 1996 la produzione di rifiuti domestici sia stata di ol-
tre 500 tonnellate nella città di Ouagadougou, valore che deve essere au-
mentato come conseguenza della crescita demografica degli ultimi anni e
del cambiamento nelle abitudini di consumo. Restando debole la capacità
di raccolta e di trattamento dei rifiuti, vi si scorge una reale minaccia per
l’ambiente e per la salute della popolazione.
della decomposizione dei rifiuti domestici mischiati alla terra. Questo pro-
dotto viene utilizzato come concimante organico per l’agricoltura cittadina e
il giardinaggio. Viene venduto all’incirca a 450 franchi la carretta (68 cente-
simi di euro circa). Nel caso di un’associazione del settore 10, la produzio-
ne mensile di compost a partire dai rifiuti organici raggiunge le 2,4 tonnella-
te per operaio. Questo concime organico viene venduto a 15.000 franchi la
tonnellata (22,72 euro circa), ma l’attività resta marginale mancando una
clientela sufficientemente numerosa.
Altri operatori del settore informale raccolgono rifiuti di plastica e li rici-
clano fabbricando corde, sacchi e molti altri oggetti utili come i cartelli e i
pannelli segnaletici.
Nonostante queste iniziative, l’eliminazione dei rifiuti domestici costitui-
sce un vero problema per la municipalità. Le difficoltà riguardano sia la ge-
stione, la regolamentazione e le tecniche, sia le risorse finanziarie, materia-
li e umane.
mento.
5 Il comune di Ouagadougou conta 30 settori distribuiti su cinque circoscrizioni ammini-
strative.
102 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
tutte le persone residenti in una zona urbana regolare del Burkina Faso e aventi la disposi-
zione o l’usufrutto legale dei locali imponibili. Si ritiene che questa tassa procuri le risorse al-
la collettività per la manutenzione del manto stradale urbano.
104 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Infine, si impone una distribuzione accorta dei ruoli che dia coerenza al-
la ripartizione dei compiti e delle risorse tra gli attori. In applicazione al prin-
cipio di sussidarietà, si potrebbe immaginare uno scenario in cui:
– la municipalità (centrale o di circoscrizione) assicura gli strumenti e i ma-
teriali;
– le imprese e le associazioni gestiscono le discariche della loro zona d’in-
tervento e assicurano il servizio di raccolta dietro il pagamento di un ca-
none presso le famiglie abbonate;
– in funzione della quantità di rifiuti, le imprese e associazioni pagano a loro
volta una tassa alla municipalità che assicura loro il trasporto dei rifiuti fino
ai siti di smaltimento.
In queste condizioni resta da regolare la questione delle imprese familia-
ri equipaggiate di carretti trainati da asini. La loro efficienza dipende dalla
loro capacità di diventare delle organizzazioni con una contabilità seria e
salari adeguati. La forma associativa costituirebbe una posizione interme-
dia. Questo tipo di organizzazione regola allo stesso tempo i problemi della
lontananza delle discariche ufficiali (15 km dai punti di raccolta), delle di-
scariche abusive all’interno dei quartieri, della debole efficacia del carro a
trazione animale che non farà che brevi tratte.
Stabilito che i concetti di partecipazione e di sviluppo locale provengono
da una retorica del potere, a partire dal momento in cui il trasferimento di
potere alle collettività non è sufficientemente operativo, in cosa il processo
risponde alle aspirazioni della popolazione? Tra la raccolta e l’eliminazione
dei rifiuti, l’attenzione si dovrà soprattutto rivolgere alla valorizzazione e al
trattamento. È importante dunque sviluppare operazioni di selezione per
una valorizzazione ottimale dei rifiuti per il compostaggio, il recupero e il ri-
ciclaggio, etc.
Queste prospettive richiedono mezzi inaccessibili alla maggior parte de-
gli attori. In assenza di condizioni preferenziali di accesso al credito presso
le istituzioni bancarie (che potrebbero, del resto, nel contesto di una politi-
ca impegnata in questa direzione, rendere più agili le modalità di accesso
al credito per le imprese operanti nella gestione dei rifiuti), la cooperazione
decentrata resta uno dei rimedi per l’equipaggiamento degli operatori.
poveri e la formazione dei futuri cittadini del mondo. Questa forma di solida-
rietà, che milita per uno sviluppo duraturo, rispettoso dell’ambiente, delle
lingue e delle culture, utilizza gli strumenti presenti, i materiali locali, le intel-
ligenze e le competenze del luogo. Ciascun progetto viene immaginato e
concepito in collaborazione con i beneficiari.
La città di Ouagadougou si posiziona in questo contesto di solidarietà in-
ternazionale, attraverso il comitato di gemellaggio, le associazioni di quar-
tiere, i comuni e un insieme di città partner. Entro quale panorama di coope-
razione internazionale si sta evolvendo? Quali sono le conseguenze in ter-
mini di sviluppo locale? Quali sono le prospettive in materia di gestione dei
rifiuti? Scopo della presente riflessione è quello di evidenziare i vincoli e i
benefici che la città può trarre dalla cooperazione decentrata, nel campo
della gestione dei rifiuti.
Iscritta nella dinamica di gemellaggio tra “città del mondo” dal 1967,
Ouagadougou conta una dozzina di città partner: tre città francesi (Loudun,
Lione, Grenoble) e un dipartimento (Allier), Québec (Canada), Leuze (Bel-
gio), Koweït City, due città italiane (Torino e San Miniato), Taipeh (Taiwan),
etc. Fino al 1998 la cooperazione decentrata si è esclusivamente sviluppa-
ta sull’asse Loudun-Ouagadougou. Il rafforzamento della rete relazionale si
appoggia sulla nuova dinamica di decentramento e su una nuova ideologia
dei rapporti Nord-Sud che privilegia, dopo un decennio, le forme di coope-
razione tra collettività locali.
Loudun ha finanziato principalmente la costruzione di infrastrutture urba-
ne (strade René Monory) e le strumentazioni informatiche. Lione interviene
in diversi settori tra cui il risanamento; essa ha fornito ai servizi municipali
sei benne, due carri funebri, due autobus per trasporto passeggeri, otto
motociclette. Ha inoltre organizzato 20 stage di formazione in meccanica,
guida, etc. a favore degli agenti municipali di Ouagadougou. Dal canto suo
Grenoble ha fornito l’energia elettrica a una scuola di quartiere, offerto libri
e una macchina fotografica a un’altra, realizzato un programma musicale,
sostenuto l’edizione di un libro scritto dagli allievi di due istituti gemellati di
Ouagadougou e Grenoble.
Sul fronte della cooperazione italiana, attraverso l’assistenza tecnica di
Lvia sono state sviluppate collaborazioni nel campo della pulizia con la cit-
tà di Ouagadougou. Nel 2003, la società di gestione dei rifiuti della città di
Torino (Amiat) ha dotato la capitale burkinabé di due benne e tre vetture per
la raccolta dei rifiuti ed è intervenuta nella formazione tecnica, l’educazione
ambientale e la gestione degli spazi verdi urbani.
CAPITOLO 5 107
Bibliografia
Arcens M.T., 1997, La participation de la communauté à la gestion des dé-
chets solides. Programme Uwep, Crepa.
Arcens M.T., 1993, La gestion des déchets solides. Une étude de cas du
Burkina Faso. Relance entre hommes et femmes dans le projet pilote du
quartier Wogodogo-Nossin secteur 10 de la ville de Ouagadougou.
Bationo Y.D., 1997, La gestion des déchets solides dans la ville de Ouaga-
dougou, Université de Ouagadougou.
Crepa, 1994, Rapport de suivi de projet de collecte des ordures ménagères
Wogodogo Nossin, secteurs 10 et 19 de la ville de Ouagadougou, Cen-
tre régional pour l’eau potable et l’assainissement.
Diop O.E., 1996, Plan d’action pour la gestion des déchets ménagers et in-
dustriels à Ouagadougou et Bobo-Dioulasso. Direction du 3ème Projet
de développement urbain, Pacvu (Projet d’amélioration des conditions
de vie urbaines), version approuvée.
Insd (Institut national de la statistique et de la démographie), 2000, Analyse
des résultats du recensement général de la population et de l’habitat.
Ministère de l’Economie et des Finances, Burkina Faso, décembre 1996,
vol. 1.
CAPITOLO 5 111
6.1 INTRODUZIONE
1 Per quanto il lavoro sia frutto di un’impostazione ed elaborazione comuni, la stesura dei
par. 6.1, 6.4, 6.5, 6.7 si deve a Elisa Bignante, quella dei par. 6.2, 6.3, 6.6 a Simona Guida.
CAPITOLO 6 113
numero di attori coinvolti, sia per quanto riguarda gli obiettivi e le azioni in-
traprese. Si è trattato di un processo dinamico, le cui evoluzioni non erano
tutte attese a priori, in cui si sono incrociate più variabili che proveremo a
esaminare ricostruendo il percorso di lavoro di ogni città partner del proget-
to, singolarmente come anche nelle sue relazioni con gli altri contesti terri-
toriali coinvolti.
L'impostazione dell’iniziativa progettuale, il suo sviluppo nel tempo, la
pluralità e diversità dei contesti territoriali2 e la necessità di adattare le azio-
ni a caratteristiche, bisogni e volontà di ogni territorio, rendono più ardui ma
al contempo estremamente interessanti l’analisi e il confronto tra le metodo-
logie di lavoro prescelte da ogni contesto e i risultati ottenuti. Ci si concen-
trerà in particolare sui due assi attorno ai quali si è sviluppato negli anni il
progetto “Da rifiuto a risorsa”: il primo costituito dal lavoro delle reti di sog-
getti locali formatesi in ogni città partner del progetto, il secondo dallo
scambio tra le diverse reti locali di soggetti dei risultati, delle buone prati-
che, delle metodologie e degli approcci sperimentati, al fine di migliorare,
rafforzare e in alcuni casi organizzare la gestione dei rifiuti solidi nei territori
di riferimento.
6.2 IL RUOLO DEI SOGGETTI LOCALI NEL PROGETTO “DA RIFIUTO A RISORSA”:
DALLA COSTITUZIONE DEI COMITATI DI PILOTAGGIO ALLA NASCITA DI RETI
TERRITORIALI DI RELAZIONE E DI COOPERAZIONE
tà italiane (Torino e Chieri), tre città del Burkina Faso (Tenkodogo, Nanoro e Ouagadougou)
e tre città del Senegal (Mbour, il quartiere Parcelles Assainies di Dakar, e Louga).
114 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
3 Per un elenco completo dei soggetti coinvolti si rimanda alle schede di lettura del pro-
4 Per approfondimenti sul concetto di reti locali territoriali si vedano tra gli altri Dematteis
(1995 e 2001) e Governa (1997 e 2001). Per approfondimenti sulle metodologie di analisi dei
reticoli sociali si rimanda a Scott (1991), Piselli (1995 e 1997), Chiesi (1999).
116 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
5 Il termine “set” (in wolof, lingua parlata in Senegal, pulizia) è ripreso da una canzone
molto popolare del cantante Youssu Ndour. Set setal significa letteralemente “pulire per es-
sere puliti”. Le associazioni giovanili urbane degli anni ‘80, cominciando da quelle di Dakar,
si sono spesso mobilitate per realizzare direttamente la pulizia dell’ambiente esterno apren-
do una polemica contro l’assenteismo delle autorità locali.
118 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Servizio nazionale
Scuole d’igiene
elementari e
medie
Impresa di Comitati di
raccolta quartiere
rifiuti
Altre
associazioni
6 I Gie sono strutture giuridiche che hanno come obiettivo principale la creazione di mez-
zi volti a supportare le attività economiche dei propri membri ottimizzandone i risultati. Le at-
tività dei Gie hanno carattere esclusivamente ausiliario, devono collegarsi direttamente all’at-
tività economica dei soci e non richiedono il versamento di alcun capitale minino.
120 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
CPL
Artigiani Altre
Ong associazioni
Mais Assessore
ambiente
Ong SOS
Environment
Assessore
comunicazione
Unione
degli
artigiani Rappresentanti
Servizi comunali
d’igiene
Associazioni
sportive e culturali
Aprodak Ama - Senegal
Altre
scuole Delegati di Gruppi di interesse dal 2001
quartiere economico dal 2002
dal 2003
CPL
Cisv
Liceo Malick Sall
Comitato A21
di Louga Municipalità di
Louga
Associazioni
attive nel
Chambre des campo
métiers della ambientale
Gruppi di
Regione di Louga
interesse
economico
dal 2001
Artigiani dal 2002
dal 2003
8 Per meglio pianificare ed eseguire le attività previste nel quadro del progetto, il liceo
Ryalé si è dotato al suo interno del club Bis (Burkina-Italia-Senegal) e di un comitato di ge-
mellaggio, composto da professori, allievi e membri dell’amministrazione, diretto dal presi-
dente nella veste di coordinatore principale.
CAPITOLO 6 123
vivacità delle azioni del liceo, le azioni realizzate paiono non così fortemente
legate alle specificità del contesto locale, ma più rivolte a una generale for-
mazione e sensibilizzazione degli studenti.
CPL
Liceo Ryalé
Ong
Lvia
Municipalità
(fino al 2002)
Servizio d’igiene della
direzione regionale
della sanità
Ong Ecla
Servizio
provinciale
dell’ambiente dal 2001
dal 2002
dal 2003
CPL
Lvia
Parco urbano
Bãngr-Weoogo
Municipalità
Liceo Mixte
Univerisità di
Ouagadougou
Liceo Vénegré
Nanoro è entrata tra i partner del progetto “Da rifiuto a risorsa” a partire
dalla terza annualità. Questa idea di cooperazione si inserisce nel contesto
delle iniziative di scambio avviate dalla Confraternita della Sacra Famiglia
di Chieri che, a partire dal 1974, ha sviluppato con la popolazione di Nano-
ro, e in accordo con le autorità civili, un vasto programma di sviluppo globa-
le della regione, coinvolgendo progressivamente sempre di più la cittadi-
nanza e, in particolare, le scuole di Chieri, fino alla firma, nel dicembre del
2001, di un atto di gemellaggio tra le due città.
Partecipa al comitato di coordinamento del progetto “Da rifiuto a risorsa”
il liceo professionale agricolo di Nanoro, fondato nel giugno del 1994 dalla
Confraternita della Sacra Famiglia di Chieri e che ospita circa 150 studenti
suddivisi in quattro classi, che ha iniziato una relazione di scambio con le
CAPITOLO 6 125
Prefettura
CPL
di Nanoro
Confraternita dei
fratelli della
Liceo
Sainte Anne Sacra Famiglia
Univerisità di
Ouagadougou Ong Lvia
dal 2001
dal 2002
dal 2003
CPL
Scuola
media Pola Ong
Cisv Amiat
El barrio
Ong Mais
Istituto
Boselli
Università di
Settore cooper. Torino
internaz. e pace
Città di Torino
VI Circoscriz.
Scuola elementare
Madonna della
Scala Scuole elemen. V, VI Regione Piemonte
e VIII circoscriz.
Agenzia di sviluppo
Istituto dal 2001
S. Salvario
professionale Giulio dal 2002
Circoscrizione V
dal 2003
CAPITOLO 6 127
Per quanto riguarda la città di Chieri non si può parlare di una rete locale di
soggetti fino al 2003. Fino a questa data infatti l’unico partner del progetto
“Da rifiuto a risorsa” è stato l’istituto Vittone, uno degli attori che storicamente
ha seguito tutto l’evolversi del progetto. Pur non riuscendo negli anni a coin-
volgere altri soggetti del territorio, l’istituto scolastico si è dimostrato assai at-
tivo nell’organizzazione di una serie fitta di eventi e attività sul tema della ge-
stione dei rifiuti: visite all’Amiat, incontri sui temi dello sviluppo sostenibile e
del turismo responsabile, laboratori e scambi internazionali nel 2001-2002; at-
tività di sensibilizzazione e peer education e una mostra fotografica nel 2002-
2003; attività di apprendimento della tecnica batik, partecipazione a mostre e
eventi, corrispondenza con gli studenti del liceo agricolo di Nanoro nel 2003.
La situazione si è parzialmente modificata nel 2003 con il coinvolgimento nel
progetto della Città di Chieri10, ufficialmente entrata a fare parte di “Da rifiuto
a risorsa” in quest’ultima annualità, con la presenza al seminario a Dakar nel
dicembre 2003 e la presentazione del suo ingresso nell’aprile 2004, in occa-
sione della visita di una delegazione di Nanoro.
È venuta così a formarsi sul territorio chierese una rete locale composta
da due soggetti, che tuttavia sembra essere ancora in cerca del livello di in-
terazione dinamica che caratterizza altri partner del progetto.
10 La Città di Chieri è gemellata dal 2001 con quella di Nanoro. Questo legame era stato
reso possibile dalla presenza, sia nella realtà italiana che in quella burkinabé, della Confra-
ternita dei Fratelli della Sacra Famiglia di Chieri, una congregazione di religiosi che svolge
attività missionarie.
128 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
CPL
Ufficio pace e
cooper. intern. Istituto Vittone
Città di Chieri
Confraternita dei
Scuola elementare di Fratelli della Sacra
Moriondo Famiglia
Scuola elementare
Nostra Signora della
Scuola media Scale
Nino Costa di
Andezeno dal 2001
dal 2002
dal 2003
riflessione che nella mobilitazione comune sulla gestione dei rifiuti. Il Cpl di
Torino ha saputo, nel corso degli anni, coinvolgere molte istituzioni di natu-
ra diversa come le Circoscrizioni V e VI, le associazioni e i centri giovanili
come El Barrio, Triciclo, le Ong e molte scuole. Anche Louga ha avuto la ca-
pacità di agganciare un crescente numero di soggetti attivi del territorio co-
me i diversi servizi comunali responsabili della salvaguardia dell’ambiente,
le associazioni di base, i gruppi di interesse economico demandati alla rac-
colta rifiuti nei quartieri che il Comune non riesce a servire, la camera dei
mestieri regionale, il liceo (corpo insegnanti ed associazioni degli allievi) e
in particolare il comitato A21 locale. Il progetto ha realizzato azioni (come le
sensibilizzazioni) previste dal processo partecipativo del programma Agen-
da 21 del Comune di Louga. A Parcelles partecipano attivamente una gran
parte dei dirigenti comunali eletti, i rappresentanti degli artigiani e delle as-
sociazioni e dei gruppi e l’Ong Sos-Environnement e la rete si sta impe-
gnando con successo nel coinvolgimento attivo dei cittadini.
L’apertura di queste reti locali può essere attribuita a molti fattori, tra cui
la particolare dinamicità delle istituzioni demandate alla gestione dell’am-
biente e delle associazioni di base presenti in ciascun territorio. Inoltre, le
città di Mbour, Parcelles, Louga e Torino hanno già precedentemente matu-
CAPITOLO 6 129
11 L’università di Torino e l’Università di Saint Louis sono inoltre partner dal 2003 di un pro-
Bibliografia
AA.VV., 2004, “Rencontre du réseau des Villes et des organisations partenai-
res Senegalaises du projet De déchets à ressources”, Atti dell’atelier di
Louga.
AA.VV., 2004, Carta del nuovo municipio. Per una globalizzazione dal basso,
solidale e non gerarchica, (da sito internet: www.nuovomunicipio.org/do-
cumenti/Carta.htm, consultato nel mese di ottobre 2004).
AA.VV., 2000, Riz tô e tagliolini, Un partenariato tra Italia, Burkina Faso e Se-
negal sul tema della sicurezza alimentare, Centro Interculturale della Città
di Torino – Lvia, Torino, Torino.
Bouc K. (a cura di), 2003, Da rifiuto a risorsa, Comune di Torino.
Cellai F., 2003, “Da rifiuto a risorsa”, in Informagiovani, n. 3, Torino, (da sito in-
ternet: www.comune.torino.it/infogio/rivista/archivio/03_03/sommario.htm).
Chiesi A., 1999, Analisi dei reticoli, Franco Angeli, Milano.
Dematteis G., 1995, Progetto Implicito, Franco Angeli, Milano.
Dematteis G., 2001, “Per una geografia della territorialità attiva e dei valori
territoriali“, in Bonora P. (a cura di), SLoT quaderno 1, Baskerville.
Gioda P., 2003, “Voyage au Senegal. Le Sud du mond vu autrement“, in Eco-
le Valdotaine, n. 60, (da sito internet: www.scuole.vda.it/Ecole/60/60.htm).
Governa F., 2001, “Il territorio come soggetto collettivo? Comunità, attori, ter-
ritorialità”, in Bonora P. (a cura di), SLoT quaderno 1, Baskerville.
134 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Governa F., 1997, Il milieu urbano. L’identità territoriale nei processi di svilup-
po, Angeli, Milano.
Luzzati E., 2002, “L’unione Generale delle Cooperative di Maputo tra realtà
di mercato e ispirazione comunitaria. Le strategie per lo sviluppo locale in
Africa”, in Csa (Centro piemontese di studi africani), Le strategie per lo
sviluppo locale in Africa, L’Harmattan Italia, Quaderno 5, Torino.
Luzzati E., Hoolmén H., 1999, Grassroot organisations, decentralization and
rural development: african experiences in 1990s, Ilo.
Piselli F. (a cura di), 1995, Reti. L’analisi di rete nelle scienze sociali, Donzel-
li, Roma.
Piselli F., 1997, “Il network sociale nell’analisi del potere e dei processi politi-
ci“, in Stato e Mercato, n. 50, pp. 287-316.
Scott J., 1991, Social Network Analysis. A handbook, Sage, London; tr. It.
L’analisi delle reti sociali, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1997.
Mbour
CLIMA
La città gode di un clima tipicamente tropicale caratterizzato dall’alternanza di
una stagione secca, che dura nove mesi circa, e una stagione di piogge (da
giugno a ottobre). Mbour è esposta alle correnti dell’aliseo marittimo che rin-
frescano le temperature e diminuiscono l’umidità dell’aria. Nella stagione
secca soffia l’harmattan, un vento caldo e secco che viene da nord. Le tem-
perature vanno da una media di 22°C nei mesi invernali ai 35°C nei mesi più
caldi.
ABITANTI
250 mila su una superficie di 18 km2. Mbour è la città con il più elevato tasso di
crescita annuale del Senegal (6,3% contro il 2,3% del resto del paese), fattore
problematico in diversi ambiti, non da ultimo la gestione dell’ambiente.
ATTIVITÀ ECONOMICHE
Fra le principali attività economiche di Mbour si rilevano la pesca e il turismo
(il porto di Mbour è il terzo per quantità di pescato in Senegal), dovuti alla posi-
zione costiera della città, che l’ha resa un importante snodo commerciale del
paese. Il turismo ha visto un notevole sviluppo a partire dalla fine degli anni ’70
con la creazione del centro balneare di Saly Portudal a 7 km dalla città. Non
sono da sottovalutare, tuttavia, l’avicoltura, l’allevamento e l’orticoltura.
ASSOCIAZIONI
42 Asc (Associazioni sportivo cultuali – associazioni giovanili) e 48 Gpf
(Gruppi di promozione femminile).
SCUOLE
1 scuola superiore, 5 scuole medie pubbliche, 5 scuole medie private, 28
scuole elementari, 16 scuole materne.
136 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
URBANIZZAZIONE E IMMIGRAZIONE
Nel corso degli ultimi decenni Mbour ha vissuto una profonda e rapida trasfor-
mazione con un aumento della popolazione da circa 50 mila abitanti della fine
degli anni ’70 agli attuali 250 mila1.
Mbour è diventato un polo di attrazione di migrazione interna al paese a causa
dello sviluppo turistico della regione e delle prospettive occupazionali connes-
se: la stazione balneare di Saly Portudal e i grandi villaggi turistici della costa
tra Nianing e Joal si trovano infatti a pochi chilometri dalla città.
La domanda di forza lavoro espressa dalle nuove strutture turistiche è stata infe-
riore rispetto alle attese; si è pertanto sviluppato un ampio settore di attività infor-
mali, o spesso decisamente illegali, legate al fenomeno turistico: guide e accom-
pagnatori improvvisati, venditori ambulanti, facchini, tassisti, senza dimenticare
il fenomeno diffuso della prostituzione, sia femminile che maschile.
Il rapido e incontrollato sviluppo della città ha portato gravi problemi di carat-
tere ambientale e igienico-sanitario, soprattutto nei quartieri periferici di nuova
formazione; infatti, alla carenza di infrastrutture e di servizi (a Mbour non esi-
ste un vero sistema fognario) si aggiunge l’arrivo continuo di nuovi gruppi fami-
liari che si installano nelle aree ancora disponibili (ai margini dell’insediamen-
to urbano, in zone a volte precedentemente usate come discariche abusive).
I rifiuti solidi
Fino agli anni ’90 è prevalso il metodo di gestione municipale dei rifiuti, in cui
l’autorità reclutava direttamente del personale e metteva a sua disposizione i
mezzi materiali necessari alla pulizia delle strade, raccolta e smaltimento dei
rifiuti. Tuttavia l’insufficienza e l’inadeguatezza dei mezzi a disposizione, così
come l’invecchiamento della mano d’opera o situazioni politiche-sociali insta-
bili, hanno determinato un successo molto limitato di questo sistema, nono-
stante l’apparizione di un partner come l’Agetip2, che ha rafforzato i mezzi leg-
geri a disposizione del comune e gli ha procurato una più ampia manodope-
ra che si occupa di pulizia e raccolta dei rifiuti.
Visto il fallimento della gestione municipale, le autorità hanno optato per la pri-
vatizzazione di tutta la filiera. Nonostante alcuni miglioramenti, dopo un anno
di gestione privata della raccolta rifiuti il problema non può ancora dirsi risolto
1 Questa cifra (in attesa dei risultati del censimento nazionale, promosso dallo stato alla
fine del 2002) è una stima (per difetto) dei volontari Cps su dati forniti dalla sotto-briga-
ta del servizio nazionale dell’igiene di Mbour, che dichiara la presenza nella città di
almeno 30.000 nuclei abitativi (si deve considerare che mediamente in ognuno di que-
sti vivono dalle 7 alle 10 persone).
2 Agence d’exécution de travaux d’intérêt public, trattasi di un’agenzia che, nel quadro
delle sue missioni definite dallo stato, doveva trovare delle risposte al problema della
disoccupazione della popolazione attraverso la moltiplicazione di azioni che prevedes-
sero un massiccio impiego di manodopera.
CAPITOLO 6 137
(ad esempio alcune vie e piazze restano piene di mucchi di immondizia anche
dopo il passaggio degli operatori).
Le autorità municipali ritengono che un prezioso contributo possa essere
apportato dalla gestione partecipativa da parte della popolazione. Da qui
nasce l’adesione di Mbour al progetto “Da rifiuto a risorsa”. Già in preceden-
za, la municipalità si era mossa in questa direzione attraverso la creazione in
alcuni quartieri, in accordo con l’equipe del servizio d’igiene nazionale, di
comitati di igiene urbana, essenzialmente con compiti di educazione e sensi-
bilizzazione della popolazione relativamente ai problemi inerenti alla gestione
dei rifiuti e, più in generale, alla gestione dell’ambiente. Sempre in questa pro-
spettiva si inserisce il legame tra comune e liceo Demba Diop all’interno del
progetto ”Lycée et ses environs propres”, il cui obiettivo è quello di contribui-
re al miglioramento del piano locale di smaltimento dei rifiuti.
I rifiuti liquidi
La città soffre di gravi difficoltà di smaltimento dei rifiuti liquidi (acque pluviali,
acque reflue e acque nere) e la densità della popolazione, in continuo aumen-
to, non fa che aggravare ulteriormente il problema. A Mbour solo lo 0,73%
delle famiglie hanno una fossa settica per eliminare le acque nere; il 26% non
ha servizi igienici3.
Mbour dispone di una sola rete di smaltimento delle acque pluviali lunga 700
metri che collega unicamente il quartiere Escale (uno dei quartieri antichi della
città) all’oceano. La gestione dei rifiuti liquidi viene così affidata alla naturale
evaporazione, infiltrazione, o raccolta in fosse biologiche che vengono suc-
cessivamente prelevate da strutture private, per essere poi riversate al di fuori
della città all’interno di scavi, vecchie cave o semplici depressioni del terreno,
con gravi conseguenze dal punto di vista sanitario. I rari interventi della collet-
tività locale si limitano ad azioni saltuarie di evacuazione delle acque stagnan-
ti in occasione delle grandi piogge.
La gravità della situazione ha fatto sì che lo stato ritenesse necessario interve-
nire, assumendosi direttamente la responsabilità di realizzare un piano di risa-
namento del territorio4, i cui lavori non hanno ancora avuto inizio.
Nel frattempo, a partire dal 2002, è stato lanciato in quattro quartieri periferici
della città un progetto di “lotta contro il degrado ambientale” (dalle Ong Lvia
di Cuneo e Cps di Castellammare di Stabia in collaborazione con la
Municipalità di Mbour e il servizio nazionale d’igiene) che prevede interventi
sia sui rifiuti liquidi sia su quelli solidi. Quattro comitati di quartiere gestiscono
un fondo di credito rotativo che permette alle famiglie di poter costruire una
latrina e/o un puisard (pozzo per lo smaltimento delle acque grigie) e ripagar-
lo in 18 rate mensili. In questo modo, in due anni sono state realizzate più di
130 opere e i comitati hanno creato un’ampia campagna di sensibilizzazione.
Annualità I II III
MBOUR 2001-2002 2002-2003 2003-2004
Ong Cisv Cps* Cps*
Scuole Liceo Demba Diop Liceo Demba Diop - Scuole elementari
e medie;
Comitato di pilotaggio
ANNUALITÀ 2001-2002
– formazione e avvio del comitato di pilotaggio;
– coinvolgimento e sensibilizzazione mediante il club Bis (Burkina-Italia-
Senegal) nel Liceo Demba Diop;
– progetto “Lycée et ses environs propres“ realizzato dal Liceo Demba Diop;
– accoglienza della delegazione degli istituti scolastici piemontesi.
CAPITOLO 6 139
ANNUALITÀ 2002-2003
– rafforzamento e allargamento del comitato di pilotaggio;
– manifestazione pubblica del 5 giugno: pulizia del liceo e dintorni, seminario,
rappresentazioni teatrali a cura degli studenti del liceo, conferenza sul
“Trattamento dei rifiuti solidi” a cura del servizio nazionale d’igiene;
– attività di sensibilizzazione: incontri nelle scuole, incontri con la popolazione
di informazione sul progetto e sulle sue realizzazioni;
– azioni dirette: giornate di “set-setal” (pulizia dei quartieri), finanziamento di
attività di pulizia, gestione rifiuti, educazione ambientale promosse da asso-
ciazioni di base individuate tramite “bando” (finanziamento di 9 progetti – 21
giornate di set-setal, 28 manifestazioni di sensibilizzazione);
– festa di sensibilizzazione (8 dicembre 2003) che ha coinvolto tutte le asso-
ciazioni e i gruppi che hanno partecipato al progetto e la popolazione della
città;
– partecipazione al seminario conclusivo dell’annualità 2002-2003 del proget-
to, che si è tenuto in parte a Dakar nel dicembre 2003 e in parte in forma iti-
nerante nelle tre città senegalesi coinvolte in “Da rifiuto a risorsa”. Mbour ha
accolto i partecipanti e fatto vedere loro quali attività sono state svolte nel-
l’ambito del progetto.
ANNUALITÀ 2003-2004
– rafforzamento e allargamento del comitato di pilotaggio, incontri con altri par-
tner istituzionali;
– partecipazione all’incontro organizzato dal comitato di pilotaggio di Louga e
rivolto ai partner senegalesi di “Da rifiuto a risorsa” sul tema del riciclaggio
dei sacchetti di plastica;
– attività di sensibilizzazione della popolazione e manifestazioni pubbliche di
informazione sul progetto e sulle sue realizzazioni;
– attività dirette: attività proposte sull’educazione ambientale, rifiuti e riciclag-
gio nelle scuole, attività di pulizia, gestione dei rifiuti, educazione ambienta-
le promosse da associazioni di base e scuole individuate tramite “bando”
(nella prima metà del 2004 sono stati finanziati i progetti di 6 scuole elemen-
tari e di 6 associazioni di base);
– manifestazione pubblica del 5 giugno: è stata organizzata, in relazione al
tema scelto per quest’anno dalle Nazioni unite, una giornata sulla protezione
dei mari. Si è lavorato, in particolare, sulla zona del porto di pesca di Mbour
(zona molto problematica dal punto di vista ambientale) organizzando una
manifestazione con l’associazione dei pescatori e delle donne commercian-
ti di pesce;
– attività di formazione con lo scopo di formare dei giovani che possano dare
durabilità e sostenibilità alle azioni promosse dalle varie associazioni/scuole.
Il progetto “Da rifiuto a risorsa” ha visto coinvolto sin dall’inizio il liceo Demba
Diop di Mbour. Nella seconda annualità si è ampliato il numero di soggetti par-
140 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Contatti
Djibril SY (Segretario Municipale)
Commune de Mbour
R.te de Joal
B.P. 58 – Mbour
tel. e fax: 00221.9571047
Parcelles Assainies
CLIMA
Tipicamente saheliana, la regione di Dakar è caratterizzata da un microclima
costiero, influenzato da alisei marittimi, con una temperatura media attorno ai
24°C. Le precipitazioni raggiungono il loro apice nei mesi di agosto e settem-
bre e registrano tra i 500 e i 600 mm annui.
ABITANTI
Oltre 300 mila su una superficie di 14 km2 circa. La popolazione in continua
fluttuazione crescente è difficilmente quantificabile, anche con i pochi censi-
menti ufficiali. Rappresenta tutte le etnie senegalesi in un complesso crogiolo
linguistico e culturale.
ATTIVITÀ ECONOMICHE
Nato come periferia-dormitorio, questo comune si è trasformato in un centro
attivo e dinamico, la cui economia informale poggia sull’artigianato, il commer-
cio, i servizi, le piccole officine e una ridotta produzione agricola. Non esisto-
no industrie.
ASSOCIAZIONI
È difficile quantificarle perché si creano, vivono, stagnano e muoiono di conti-
nuo. È notorio comunque lo spirito aggregativo e associativo della popolazio-
ne che si riunisce su base etnica, generazionale, di genere e di religione, a
scopi economici, sociali, culturali o di reciproco aiuto, formando associazioni
sportive e culturali, gruppi di iniziativa economica (Gie), Ong, gruppi di ressor-
tissents, tontines, etc.
SCUOLE
16 scuole primarie, 2 secondarie pubbliche, inoltre varie istituzioni private tra
cui un liceo e alcune scuole confessionali.
142 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
URBANIZZAZIONE E IMMIGRAZIONE
Il quartiere di Parcelles Assainies è stato creato in seguito a un forte processo
di urbanizzazione che ha interessato la città di Dakar, progressivamente inva-
sa da un numero sempre crescente di persone con conseguenti difficoltà rela-
tive all’occupazione e all’abitazione. All’inizio, lo spazio del nuovo quartiere era
previsto per una popolazione di 133 mila persone su di una superficie di 407
ettari, raggruppate in 4 settori divisi in 26 unités de voisinage (6 delle quali
sono state unite al comune di Guédiawaye). Per ogni unità erano previste: una
scuola primaria e una di insegnamento secondario, un campo sportivo, 4 piaz-
ze pubbliche, 4 fontane. A 25 anni dal progetto iniziale la popolazione è di
circa 300 mila abitanti, con 16 scuole primarie, 2 secondarie e 4 dispensari.
La crescita rapida e incontrollata della popolazione del quartiere con la con-
seguente occupazione degli spazi è la causa principale dei molti mali della
zona.
Annualità II III
PARCELLES ASSAINIES 2002-2003 2003-2004
Comitato di pilotaggio
/ locali
Organizzazioni di base - Associazioni sportive e
o realtà associative culturali (Asc);
- gruppi d’interesse
economico (Gie);
- Ong Svi (da coinvolgere);
- Artigiani
Servizi - Ama – Senegal;
comunali - Aprodak2;
- servizi d’igiene
ANNUALITÀ 2002-2003
– formazione e avvio dell’attività del comitato di pilotaggio, coinvolgimento dei
delegati di quartiere;
– analisi della situazione: diagnostico partecipativo;
– attività di sensibilizzazione: dibattiti nei diversi mercati e forum con la popo-
lazione, animazione musicale per i giovani, campagna mediatica attraverso
la radio, video realizzato riprendendo i vari momenti, realizzazione di T-shirt;
– azioni dirette: distribuzione di bidoni per la spazzatura presso le scuole e i mer-
cati, pulizia all’interno delle 20 unità e rimozione delle discariche abusive;
– manifestazione pubblica del 5 giugno: festa, seminario, raccolta della plasti-
ca nel comune;
– partecipazione al seminario conclusivo dell’annualità 2002-2003 del proget-
to, che si è tenuto in parte a Dakar nel dicembre 2003 e in parte in forma iti-
nerante nelle tre città senegalesi coinvolte nel progetto “Da rifiuto a risorsa”.
Parcelles Assainies ha accolto i partecipanti e fatto vedere loro quali attività
sono state svolte durante l’anno.
ANNUALITÀ 2003-2004
rafforzamento e allargamento del comitato di pilotaggio, incontri con altri par-
tner istituzionali;
partecipazione all’incontro organizzato dal comitato di pilotaggio di Louga e
rivolto ai partner senegalesi di “Da rifiuto a risorsa” sul tema del riciclaggio dei
sacchetti di plastica;
attività di sensibilizzazione: incontri nelle scuole sui rifiuti e la raccolta differen-
ziata, promozione dei Ceve (Comitati di educazione alla vita ecologica) nelle
scuole e distribuzione di piccola attrezzatura di pulizia, dibattiti televisivi e
radiofonici, diffusione del diagnostico partecipativo e di altri strumenti di
gestione, incontri con delegati e associazioni di base (Asc, Gie, etc.), ricono-
scimento pubblico e premiazione di persone-risorsa nell’ambito del progetto;
manifestazione pubblica del 5 giugno.
Contatti
Commune d’Arrondissement des Parcelles Assainies
Adjoint au Maire Idrissa Niakhasso
B.P: 26460
Ville de Dakar
Tel. 00221.8359511
e-mail: benje73@hotmail.com
Mais
Laurent Diène
B.P: 11768
Ville de Dakar
tel. 00221.8357859
e-mail: mais_sen@hotmail.com
CAPITOLO 6 145
Louga
La città di Louga si trova nel nord del Senegal, nel dipartimento che porta il
suo stesso nome, a 200 km da Dakar. Gode di una posizione strategica: soli
30 km la separano dalla costa occidentale e 70 dal centro cittadino di Saint-
Louis, più a nord, permettendole di essere città di scambio fra regioni diverse.
CLIMA
Tipicamente saheliano, è caratterizzato dalla presenza di due stagioni, una di
piogge, da luglio a settembre e una secca da ottobre a giugno. Le temperatu-
re medie variano tra i 23 e i 30°C.
ABITANTI
100 mila su una superficie di 33 km2 circa.
ATTIVITÀ ECONOMICHE
Accanto al settore dell’artigianato in piena espansione, si registra una gradua-
le crescita delle attività economiche legate al trasporto e alle telecomunicazio-
ni. La carenza d’acqua e l’avanzare del processo di desertificazione danneg-
giano pesantemente il settore agricolo e l’allevamento urbano.
Il tessuto industriale di Louga è composto di tre grandi complessi industriali.
ASSOCIAZIONI
52 associazioni affiliate, 1620 membri circa.
SCUOLE
3 scuole materne, 13 scuole, 5 scuole medie (di cui 2 private), un collegio di
insegnamento medio tecnico, 2 licei. Le classi sono composte mediamente di
49 alunni (un dato inferiore rispetto alla media nazionale che è di 58), ma 60
classi su 110 funzionano a doppio flusso. Complessivamente 6 bambini su 10
non hanno accesso all’istruzione di base.
URBANIZZAZIONE E IMMIGRAZIONE
Negli ultimi trent’anni Louga è stata protagonista di una forte urbanizzazione,
effetto di due tendenze di segno opposto: da un lato, la città ha assistito a una
forte immigrazione dalle campagne circostanti, in parte causata dal processo
di desertificazione, dall’altro l’impoverimento economico della città ha spinto
molti uomini a emigrare verso Dakar o l’Europa. La forte emigrazione ha influi-
to sulla composizione prevalentemente femminile dalle popolazione urbana,
ma è stata più che compensata in termini numerici dall’esodo rurale verso il
capoluogo Louga, che presenta un’evoluzione demografica superiore rispetto
alla media del paese.
La densità dei quartieri periferici è aumentata notevolmente, causa le nuove
lottizzazioni e la proliferazione di quartieri spontanei.
146 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Rifiuti solidi
Gli attori che intervengono nella gestione dei rifiuti solidi sono suddivisibili in
quattro grandi categorie:
1. lo stato senegalese, e i suoi servizi decentrati (servizio di igiene, servizio
delle acque e delle foreste, etc.), che fornisce gli orientamenti istituzionali
attraverso la politica ambientale contenuta nel suo codice dell’ambiente,
che rende obbligatorio a chiunque produca o possegga rifiuti di assicurar-
ne l’eliminazione o il riciclo;
2. il comune di Louga che ha concepito la sua Agenda 211 grazie all’appog-
gio finanziario dell’agenzia Onu Habitat e tecnico di Iagu (Institut africain de
gestion urbaine);
3. le organizzazioni comunitarie di base, rappresentanti della società civile:
– le associazioni sportive e culturali (Asc) che hanno tra i loro obiettivi quello di
mobilitare la società sulle problematiche comuni (come la salvaguardia del-
l’ambiente) e organizzano spettacoli teatrali di sensibilizzazione su vari temi;
– i gruppi di promozione femminile (Gpf) che contribuiscono all’eliminazio-
ne dei rifiuti attraverso operazioni periodiche di set-setal;
4. le Ong come il Cisv e Sos Sahel Sénégal che realizzano programmi di edu-
cazione ambientale.
Come tante altre città Louga si trova quotidianamente a combattere il proble-
ma dei rifiuti, in particolare i sacchetti di plastica che invadono le strade e il
paesaggio.
La gestione dei rifiuti industriali e di quelli ospedalieri è affidata alle industrie e ai
centri sanitari che a propria discrezione stabiliscono i metodi di smaltimento (ad
es. i rifiuti degli ospedali vengono inceneriti sul posto), mentre la gestione dei
rifiuti domestici e degli esercizi commerciali spetta al comune. La municipalità,
tuttavia, non è in grado di sopportarne l’intero carico: i mezzi a disposizione dei
servizi tecnici municipali sono obsoleti (attualmente il comune può contare per
l’attività di raccolta di rifiuti solamente su di un trattore e un camion) e spesso ina-
datti al contesto2. Inoltre l’incremento demografico degli ultimi anni ha provoca-
macchina impilatrice e due camion inutilizzabili a causa della loro inadattabilità alle
strade sabbiose e alla ghiaia presente nei rifiuti (materiale ricevuto nel 2000 come dono
della cooperazione decentrata della provincia belga di Namur); un camion Berliet che
ha più di 40 anni e alcuni carretti. Con l’operazione “Città Pulite” il municipio ha ricevu-
CAPITOLO 6 147
Rifiuti liquidi
Louga è una delle poche città del Senegal che dispongono di due canalizzazio-
ni separate per la gestione delle acque pluviali e della rete fognaria, tuttavia que-
ste reti non coprono la totalità del territorio cittadino3 (meno del 5% delle famiglie
evacuano le loro acque sporche nella rete fognaria) e non sono efficienti.
Il problema del risanamento si pone seriamente soprattutto nei nuovi quartieri
periferici in cui le condizioni di vita sono precarie e la non gestione dei rifiuti
liquidi costituisce una minaccia per la salute pubblica.
La città dispone di una stazione di depurazione che riversa le acque trattate
sull’antico letto del Marigot e di cinque stazioni di rilevamento delle acque di
cui due a Grand Louga e tre nel centro città.
I principali attori locali e nazionali nella gestione delle acque sono:
– il comune, incaricato della bonifica dei canali d’acqua pluviali a cielo aperto;
to in dono dal ministro dell’Ambiente piccoli attrezzi come pale, rastrelli e scope per la
pulizia manuale delle vie e delle piazze pubbliche.
3 La zona coperta dalla rete fognaria è di 7.300 m a Grand Louga e 6.300 m nel centro
città.
148 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Annualità I II III
LOUGA 2001-2002 2002-2003 2003-2004
Ong Cisv Csv Csv
Comitato di pilotaggio
Scuole Liceo Malick Sall Liceo Malick Sall Liceo Malick Sall
Autorità municipali Comune di Louga Comune di Louga
/ locali
Organizzazioni di
base o realtà
associative
Servizi comunali Agent Voyeur Agent Voyeur
Programma Agenda 21 Programma Agenda 21
della Città di Louga della Città di Louga
Scuole
Autorità municipali Comune di Louga - Chambre des métiers
/ locali della Région de Louga;
- artigiani coinvolti nel
concorso per il
riciclaggio della
plastica leggera
Organizzazioni - Gie: gestiscono la - Gie: gestiscono la
Altri soggetti coinvolti
4Secondo uno studio prodotto da Cesvi e Aderel, lo svuotamento delle fosse biologi-
che è assicurato al 2,6% dal comune, al 30% da imprese private, al 35% da manodo-
pera privata, al 7% dagli utenti stessi.
CAPITOLO 6 149
ANNUALITÀ 2001-2002
– formazione e avvio del comitato di pilotaggio;
– azioni di sensibilizzazione e informazione presso il liceo Malick Sall, le asso-
ciazioni sportive e culturali di quartiere;
– partecipazione al seminario del progetto a Torino dal 23 al 27 settembre
2002;
– creazione all’interno del liceo Malick Sall di uno spazio per la raccolta diffe-
renziata di carta e plastica, contatti della scuola con il ministero
dell’Ambiente e della Gioventù per far sì che i rifiuti raccolti possano trasfor-
marsi in risorse se venduti o consegnati, a imprese in grado di trasformarli;
– organizzazione della “Giornata della pulizia”;
– organizzazione del concorso letterario e fotografico “L’uomo e i suoi rifiuti”;
– realizzazione da parte degli studenti di un video sul progetto.
ANNUALITÀ 2002-2003
– rafforzamento e allargamento del comitato di pilotaggio;
– attività di sensibilizzazione: sessioni di animazione e di comunicazione
sociale condotte dalle organizzazioni comunitarie dei giovani (Ocb) nei quar-
tieri sul tema della gestione dei rifiuti solidi attraverso le strategie del
“Plaidoyer” e le tecniche Sarar5; creazione e utilizzo di strumenti di sensibi-
lizzazione (cartelloni, scritte e slogan) sull’utilità del riciclaggio da parte del
liceo Malick Sall (concorso rap e di slogan); visita organizzata di allievi, inse-
gnanti e Ocb dei giovani all’impianto di trasformazione dei rifiuti Transtech di
Dakar; presentazione al liceo Malick Sall dell’esperienza di educazione
all’ambiente sviluppata dalle scuole elementari nel quadro del progetto Sos
Sahel;
– azioni dirette: giornata di set-setal del liceo;
– manifestazione della Giornata mondiale dell’ambiente: atelier tematico sulla
gestione delle acque reflue6;
– incontro di scambio e armonizzazione tra città senegalesi preliminare al
seminario conclusivo della seconda annualità;
– partecipazione al seminario conclusivo dell’annualità 2002-2003 del proget-
5 Coinvolte oltre 1.300 persone, oltre alla formazione di 65 intermediari comunitari nei
diversi quartieri. Lobbying sui leader dell’opinione pubblica (delegati di quartiere, con-
siglieri di quartiere, consiglieri municipali, media locali, gruppi di donne e associazioni
di giovani), miglioramento dei rapporti tra le strutture che intervengono nella gestione
dei rifiuti (Comune, servizio d’igiene e organizzazioni comunitarie).
6 Hanno partecipato all’incontro oltre 60 persone, tra cui rappresentanti di: Comune di
Louga, Cisv/Louga, Adk Louga, commissione per l’ambiente, liceo Malik Sall, Iref
Louga, Aderel, Enda Ecopop, Lvia di Thiès, la radio della Regione di Louga, Sos Sahel
a Dakar, Gadel, vari Gie, associazione degli amici della natura, servizio regionale della
pesca ed esperti in tematiche amibientali. Resta altrettanto da segnalare la mancata
presenza di strutture quali la Sénégalaise des Eaux (Sde) e l’Onas.
150 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
to, che si è tenuto in parte a Dakar nel dicembre 2003 e in parte in forma iti-
nerante nelle tre città senegalesi coinvolte in “Da rifiuto a risorsa”. Louga ha
accolto i partecipanti e fatto vedere loro quali attività sono state svolte nel-
l’ambito del progetto.
ANNUALITÀ 2003-2004
– rafforzamento e allargamento del comitato di pilotaggio;
– attività di sensibilizzazione: divulgazione delle tecniche di analisi e di anima-
zione Sarar e Plaidoyer, sensibilizzazioni dei giovani durante le “navet tans”
(manifestazioni sportive estive);
– organizzazione di un seminario rivolto ai partner senegalesi di “Da rifiuto a
risorsa” sul tema del riciclaggio dei sacchetti di plastica;
– manifestazione della Giornata mondiale dell’ambiente: Forum cittadino
dell’Agenda 21, sessioni di animazione nei quartieri, a cura dei giovani del
liceo Malik Sall;
– organizzazione di un concorso rivolto agli artigiani di Louga per la produzio-
ne di oggetti commercializzabili localmente o su scala nazionale composti
da plastica leggera riciclata.
Contatti
Direction Lycée Malick Sall
Commune de Louga
(Agent voyeur)
Chargé programme Agenda 21 à Louga
E-mail: agenda21louga@hotmail.com
Cisv Louga
E-mail: cisvlg@sentoo.sn
CAPITOLO 6 151
Tenkodogo
CLIMA
Sud-saheliano, caratterizzato dall’alternarsi di una stagione secca (novembre-
aprile) e di una stagione delle piogge (maggio-ottobre). Le temperature medie
si aggirano intorno ai 30°C, con minime di 19°C nei mesi di dicembre-genna-
io e picchi di 40°C nei mesi di aprile-maggio.
ABITANTI
33 mila circa su una superficie di oltre 130 km2 e un tasso di crescita della
popolazione pari al 2,85%.
ATTIVITÀ ECONOMICHE
Accanto all’agricoltura, principale attività economica della zona, si riscontra
una crescita del piccolo artigianato e dell’allevamento, soprattutto per quanto
riguarda il bestiame di grossa taglia utilizzato per la trazione in agricoltura.
Stenta invece ad affermarsi l’industria, con un’unica importante eccezione
costituita dal Centro nazionale di equipaggiamento agricolo (Cnea) che produ-
ce aratri, zappe, pozzi e impianti di perforazione.
ASSOCIAZIONI
Sono 17 le associazioni che lavorano in differenti aree tematiche: promozione fem-
minile e giovanile, attività socio-economiche, lotta contro l’aids, lotta contro le muti-
lazioni genitali femminili, salvaguardia dell’ambiente, ecologia, agricoltura, etc.
SCUOLE
27 scuole elementari di cui 5 private e 22 pubbliche, 5 istituti secondari di cui
3 pubblici e 2 privati.
URBANIZZAZIONE E MMIGRAZIONE
I problemi legati all’urbanizzazione della città di Tenkodogo sono, secondo i
servizi tecnici del comune, legati all’approvigionamento di acqua potabile, alla
viabilità, alla mancanza di una rete fognaria per l’evacuazione delle acque
reflue e delle acque pluviali che ristagnano a fianco delle abitazioni costituen-
do così dei luoghi di nidificazione per le zanzare. Questi problemi hanno come
conseguenze ambienti malsani che causano delle malattie, inacessibilità dei
quartieri che limita le possibilità di gestione dei rifiuti domestici, etc.
152 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Rifiuti solidi
I rifiuti solidi domestici vengono raccolti con il sistema del “porta a porta”. Il tra-
sporto verso i siti di deposito viene fatto per mezzo di carretti, ma i rifiuti così
depositati non vengono specificamente trattati. Tuttavia si prevede di procede-
re a una selezione dei rifiuti biodegradabili che potranno essere trasformati in
compost. La raccolta è assicurata da due associazioni che si spartiscono i set-
tori della città: l’associazione Pug-wisenga per i settori 1 e 6 e l’associazione
Nuru-naguiti per i settori 2, 3, 4 e 5 del comune.
Rifiuti liquidi
Per il momento non si procede alla gestione dei rifiuti liquidi. A livello individua-
le le popolazioni li evacuano in fosses sceptiques che sono svuotate da appo-
siti camion provenienti dalla capitale del paese (a spese degli utenti). Non esi-
ste dunque un sistema di raccolta o di trattamento dei rifiuti liquidi. Coloro che
non dispongono di mezzi per lo svuotamento li evacuano nelle strade, crean-
do così insalubrità nei quartieri.
Annualità I II III
TENKODOGO 2001-2002 2002-2003 2003-2004
Ong Livia Livia Livia
Comitato di pilotaggio
ANNUALITÀ 2001-2002
– inchiesta preliminare presso gli studenti del Lycée Ryalé per testare il livello
di conoscenza sulla tematica della gestione dei rifiuti;
– ricerche sul campo e interviste da parte di 33 allievi del club Bis1 (presso i
responsabili dei servizi tecnici e delle Ong coinvolte nella gestione dei rifiu-
ti);
– presentazione agli allievi di due documentari sul recupero dei rifiuti realizza-
ti dal ricercatore Philippe Yoda e dall’Ong Ecla2;
– incontro di scambio tra l’esperto Philippe Yoda e gli allievi del club Bis;
– sintesi e analisi delle informazioni raccolte per la successiva realizzazione di
uno spettacolo teatrale di sensibilizzazione;
– partecipazione al seminario di Torino di un tecnico municipale per l’igiene
urbana e di una delegazione del liceo (23-27 settembre 2002).
ANNUALITÀ 2002-2003
– visita del club Bis nei villaggi di Loanga e Sasma, alla periferia di Tenkodogo,
per visitare le infrastrutture socioeconomiche realizzate dagli italiani;
– creazione di uno spettacolo teatrale da parte del club Bis, messo in scena
anche in occasione della giornata mondiale per l’ambiente, poi registrato su
supporto video per essere visionato dai partner del progetto;
– costruzione nel mese di marzo 2003 di due cassonetti dell’immondizia all’in-
terno del recinto del liceo;
– connessione a Internet della sala informatica del liceo (giugno 2003);
– manifestazione della Giornata mondiale dell’ambiente: spettacolo teatrale e
attività di sensibilizzazione cittadina;
– partecipazione al seminario conclusivo dell’annualità a Dakar nel dicembre
2003 attraverso la relazione svolta dal liceo Ryalé.
ANNUALITÀ 2003-2004
– attività di sensibilizzazione: realizzazione di uno spettacolo teatrale nel liceo
e nella città, laboratori di educazione ambientale per studenti e cittadini;
– azioni formative: visita al parco urbano di Ouagadougou, laboratori di trasfor-
mazione dei rifiuti, lezioni informatiche degli allievi del club Bis per la crea-
zione di un sito web per una migliore diffusione del progetto;
– scambi scolastici;
– azioni dirette di “igiene urbana”;
1 È composto da allievi volontari selezionati nelle classi prime e seconde. I primi anni
era costituito da 40 membri ma poi tale numero è stato ridotto a 33 perché ritenuto più
efficace. Il club porta avanti le attività sotto la supervisione di due o tre professori.
Periodicamente il club è chiamato a rendere conto delle proprie attività agli altri allievi
del liceo.
2 Etre comme les autres.
154 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Contatti
Professeur Hamadou Mandé
Lycée Ryalé de Tenkodogo
tel. 00226.224212
e-mail : comitttt@yahoo.fr
CAPITOLO 6 155
Ouagadougou
Capitale del Burkina Faso dal 1947, la città di Ouagadougou è situata nel
cuore del paese, e conta 5 arrondissement e 30 settori. La sua superficie è di
21.930 ettari, ma diventano 30.250 se si considerano anche i 17 villaggi peri-
ferici collegati alla città.
CLIMA
Sud-saheliano, caratterizzato dall’alternarsi di due stagioni: una stagione
secca, da novembre ad aprile, durante la quale la città è sotto l’influenza del-
l’harmattan e una stagione delle piogge, da maggio a ottobre, caratterizzata
dal monsone, un vento all’origine delle precipitazioni che proviene dall’ocea-
no. Le temperature medie si aggirano intorno ai 30°C, con minime di 19°C nei
mesi di dicembre-gennaio e picchi di 40°C nei mesi di aprile-maggio.
ABITANTI
All’incirca 1 milione 600 mila, con un tasso di crescita demografica annuale
che si aggira intorno al 9,8%.
ATTIVITÀ ECONOMICHE
Con la svalutazione del franco Cfa e l’attuazione dei piani di aggiustamento
strutturale, la città assiste a un incremento delle attività del settore informale:
più del 60% della popolazione nel 1994. Nel 1996, i redditi salariali costituiva-
no solamente il 17,5% dei redditi di Ouagadougou.
Secondo uno studio sul profilo della povertà, il 24,6% della popolazione urba-
na di Ouagadougou vive al di sotto della soglia globale della povertà1 e il tasso
di disoccupazione varia dal 30% per la fascia d’età dai 15 ai 24 anni al 9,2%
per gli over 45.
Le attività economiche sono caratterizzate soprattutto dalla prevalenza del set-
tore secondario: industria, artigianato, agricoltura e allevamento.
Ouagadougou è il primo centro industriale del Burkina, qui si concentra il mag-
gior numero di industrie del paese (53,4% delle grandi unità industriali). Il set-
tore trainante è quello edile (infrastrutture e lavori pubblici) che ingloba il 43%
delle industrie, seguito dal settore siderurgico (14,79%) e da quello alimenta-
re (14,08%)2.
Ai giorni nostri le imprese industriali del comune di Ouagadougou e del
Burkina in generale, subiscono vincoli interni ed esterni.
Con la crisi del settore moderno si assiste a un ritorno di interesse per l’artigia-
nato. Si stima che tra il 1991 e il 1994, il crollo del potere di acquisto della
SCUOLE
50 asili nidi per un totale di 4.025 bambini (il 2,5% dei bambini in età presco-
lare). La scuola primaria è composta da 261 scuole pubbliche e 109 scuole
private, il tasso di scolarizzazione è del 63%. Sono presenti 56 scuole secon-
darie circa, di cui 10 pubbliche, per un totale di oltre 37 mila studenti. Per ciò
che riguarda gli istituti di insegnamento superiore, oltre all’università pubblica
ci sono un’altra ventina di istituti privati.
URBANIZZAZIONE E IMMIGRAZIONE
L’urbanizzazione di Ouagadougou è un fenomeno relativamente recente. La
crescita demografica della città è la diretta responsabile dell’estensione urba-
na della capitale che è passata dai 5.300 ettari del 1960 ai 21.930 del 2001.
Tale espansione ha creato bisogni enormi in termini di infrastrutture e di equi-
paggiamento (carenza di alloggi, difficoltà di accesso all’acqua potabile,
insufficienza di servizi sanitari e di scuole, etc.) costituendo inoltre un ostaco-
lo all’efficiente gestione dei rifiuti4.
3 Secondo una ricerca sugli allevamenti urbani realizzata nel 1996 da Dsap del ministe-
Rifiuti solidi
Il processo di decentramento in atto dal 1995 ha coinvolto anche il sistema di
raccolta dei rifiuti, conferendo una maggiore autonomia gestionale alle muni-
cipalità. Sono coinvolte in queste attività numerose realtà che appartengono ai
settori pubblico, privato, informale e delle Ong.
Per quanto riguarda l’intervento del comune, una sua struttura, la Direzione
della proprietà (Dp), è incaricata della rimozione, del trattamento e della valo-
rizzazione dei rifiuti urbani. Essa collabora con il Crepa5 per le tecniche di
compostaggio, con l’Onea6 per la cura delle fosse biologiche e con il Ministero
dell’Ambiente per la prevenzione dell’inquinamento e del degrado ambientale.
Rispetto all’intervento del privato si contano 11 associazioni, per la maggior
parte costituite su basi comunitarie, che si occupano essenzialmente della
pre-raccolta dei rifiuti7 e sono impegnate in attività di animazione e formazio-
ne in ambito igienico-sanitario. Queste realtà, il cui obiettivo è quello di mobi-
litare risorse locali, operano in settori periferici ed economicamente svantag-
giati della città, appoggiandosi finanziariamente e tecnicamente a delle Ong.
Altri soggetti che si occupano della raccolta dei rifiuti presso le famiglie (porta
a porta) sono i carrettieri, un gruppo informale di operatori ecologici privati
(spesso bambini) di cui si ignora il numero, che lavorano servendosi di sem-
plici carrette trainate da asini e si occupano della raccolta di rifiuti a prezzi
poco onerosi.
Alla raccolta porta a porta, praticata da imprese private, associazioni di setto-
re, carrettieri e Direzione della proprietà, si affianca il sistema utilizzato dalla
municipalità nell’arrondissement di Baskuy, dove vengono disposti dei casso-
netti per l’immondizia.
Le famiglie sottoscrivono un abbonamento mensile il cui prezzo varia da 400
a 600 franchi Cfa (da 60 a 90 centesimi di euro circa) per il servizio offerto dai
carrettieri e dalle associazioni di quartiere, da 1.000 a 3.000 franchi Cfa (da 1,5
a 4,5 euro) per le imprese private, da 350 a 1.000 franchi Cfa (da 560 cente-
simi a 1,5 euro) rispettivamente per l’utilizzo dei cassonetti o per il servizio di
raccolta porta a porta della municipalità.
te nella città di Ouagadougou, ma questo valore deve essere aumentato come conse-
guenza della crescita demografica degli ultimi anni e il cambiamento nelle abitudini di
consumo.
5 Centre régional pour l’alimentation en eau potable et assainissement.
6 Office national de l’eau et de l’assainissement.
7 La pre-raccolta consiste nello stoccaggio dei rifiuti da parte delle famiglie in recipien-
ti poi svuotati dai servizi di raccolta o dagli utenti stessi verso le discariche. La tipolo-
gia e la qualità dei recipienti dipende dal reddito delle famiglie e dall’impresa incarica-
ta del loro recupero, in particolare nei quartieri scoperti dal servizio di raccolta munici-
pale, gli abitanti non utilizzano recipienti standard per poterli più facilmente trasportare
verso i punti di raccolta.
158 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
I rifiuti domestici vengono eliminati nelle cinque discariche a cielo aperto auto-
rizzate dalla municipalità oppure in immondezzai abusivi senza alcuna valoriz-
zazione. Alcuni rifiuti vengono riciclati (bottiglie, imballaggi, etc.) altri vengono
trasformati in compost o in oggetti artistici, ma l’incenerimento resta purtroppo
la pratica più frequente.
Per creare un ambiente sano per i cittadini, è stata prevista la chiusura delle
discariche abusive e la costruzione di un centro di sotterramento tecnico dei
rifiuti domestici8, una sorta di discarica controllata dove il sistema di elimina-
zione tiene conto delle misure di protezione dell’ambiente e della popolazione
(aree di selezione e di compostaggio, celle di sotterramento dei rifiuti domesti-
ci e industriali, etc.).
Inoltre a fine luglio 2004 sono iniziati i lavori per la realizzazione del Centro per
la trasformazione della plastica, un progetto ambientale dell’Ong Lvia finanzia-
to dalla Banca mondiale, volto al recupero e riutilizzo dei rifiuti plastici.
La mancanza di coordinamento tra gli attori che intervengono e l’assenza di
concertazione tra la municipalità e le imprese rappresentano un serio ostaco-
lo al miglioramento nella gestione dei rifiuti urbani. Inoltre nessuna società di
raccolta dei rifiuti dispone di mezzi finanziari e materiali sufficienti e di perso-
nale qualificato per rispondere alle esigenze dei cittadini.
Rifiuti liquidi
Tra i grandi progetti in corso di realizzazione, per la prima volta nella sua sto-
ria, la capitale burkinabé assisterà alla creazione di una rete fognaria, co-finan-
ziata dall’agenzia francese per lo sviluppo (Afd9) e dalla Banca mondiale, a cui
si potranno allacciare le famiglie pagando una tassa all’Onea, incaricata della
sua gestione10.
miliardo e 600 milioni di franchi Cfa e si calcola che per i prossimi 20 anni dovrebbe
risolvere i problemi di una gestione razionale dei rifiuti nella città di Ouagadougou.
9 Agence française de développement.
10 L’inizio dei lavori è previsto entro il 2004, per un costo stimato di 5 miliardi di franchi
Annualità I II III
OUAGADOUGOU 2001-2002 2002-2003 2003-2004
Ong Lvia Lvia Lvia
Scuole
Comitato di pilotaggio
Scuole - Università di
Ouagadougou;
- Liceo Bambata;
Altri soggetti coinvolti
- Liceo Bogodogo;
- Liceo Vénégré;
- Liceo Mixte;
Autorità municipali
/ locali
Organizzazioni
di base o di
quartiere
Servizi
comunali
ANNUALITÀ 2001-2002
Partecipazione al seminario del progetto a Torino dal 23 al 27 settembre 2002.
ANNUALITÀ 2002-2003
Partecipazione al seminario conclusivo dell’annualità 2002-2003 del progetto,
che si è tenuto nel dicembre 2003 in parte a Dakar e in parte in forma itineran-
te nelle tre città senegalesi coinvolte in “Da rifiuto a risorsa”.
ANNUALITÀ 2003-2004
Concorso rivolto ai licei di Ougadougou indetto dal parco urbano “Bãngr-
Weoogo” sul tema dell’impatto della plastica sulla natura e sull’ambiente per
proporre attività di sensibilizzazione ambientale (spettacoli teatrali, mostre
fotografiche, documentari, etc.). Le migliori proposte hanno ricevuto un premio
di 1000 euro per realizzare attività sul territorio in occasione della giornata
mondiale dell’ambiente;
160 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Contatti
Comunità Lvia
01 B.P. 783 – Ouagadougou 01 – BF
tel e fax: 00226.50387959
tel: 00226.50357959
e-mail: lvia@fasonet.bf
CAPITOLO 6 161
Nanoro
CLIMA
Sud-saheliano, caratterizzato dall’alternarsi di una stagione secca, da novem-
bre ad aprile, e di una stagione delle piogge, da maggio a ottobre, caratteriz-
zata dal monsone. Le temperature medie si aggirano intorno ai 30°C, con mini-
me di 19°C nei mesi di dicembre-gennaio e picchi di 40°C nei mesi di aprile-
maggio.
ABITANTI
La popolazione censita dal comune di Nanoro nel 1996 è di 7.000 abitanti e
quella del dipartimento o prefettura di Nanoro è di 27.500.
ATTIVITÀ ECONOMICHE
Il 99% della popolazione vive di allevamento (bovini, ovini, caprini, pollame e
suini) e agricoltura (durante la stagione delle piogge: sorgo, miglio, riso, ara-
chidi, cotone e sesamo; durante la stagione secca: orticoltura).
ASSOCIAZIONI
16 groupements agricoli, la sede di un’associazione di disabili, molti groupe-
ments féminins.
SCUOLE
2 scuole elementari pubbliche, 1 collège, il liceo professionale agricolo Sainte
Anne.
URBANIZZAZIONE E IMMIGRAZIONE
Un tempo il dipartimento di Nanoro era poco popolato, ciascun villaggio era
attorniato da una vasta savana arborea: lo sfruttamento tradizionale del territo-
rio non rispondeva all’obiettivo di accumulazione dei beni, ma piuttosto all’esi-
genza di autosussistenza. Oggi, invece, i suoli sono più poveri a causa di uno
sfruttamento estensivo, fattore a cui si aggiunge il peggioramento climatico
che da tempo interessa tutte le aree del Sahel e che contribuisce pesantemen-
te all’impoverimento delle risorse naturali. Si stima che il 50% del territorio si
stia degradando, ed è proprio il caso del nord del paese, alle porte del quale
si situa il dipartimento di Nanoro.
162 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Annualità III
NANORO 2003-2004
Ong / associazioni Confraternita dei Fratelli della Sacra Famiglia
Altri soggetti coinvolti Comitato di pilotaggio
Organizzazioni di base
o realtà associative
Servizi comunali Non presenti, essendo un comune rurale
Scuole Scuole del comune di Koudougou
(da coinvolgere)
Autorità municipali / locali Comune di Koudougou (da coinvolgere)
ANNUALITÀ 2003-2004
– partecipazione al seminario conclusivo dell’annualità 2002-2003 del proget-
to, che si è tenuto nel dicembre 2003 in parte a Dakar e in parte in forma iti-
nerante nelle tre città senegalesi coinvolte in “Da rifiuto a risorsa”;
– visita a Chieri nell’aprile 2004 da parte del prefetto e sindaco di Nanoro,
Madame Leocadie Tiao, del preside del liceo agricolo, Etienne Ouedraogo,
e del direttore della scuola elementare, Baki Timothée.
Contatti
Frère Etienne Ouedraogo
Lycée Professionel Agricole
Sainte Anne de Nanorò
Tel. 00226.50446212-11-10
e-mail: fr_etienne25@yahoo.fr
164 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Torino
CLIMA
Torino è caratterizzata da un clima continentale, con inverni piuttosto freddi ed
estati calde e afose. Le precipitazioni si distribuiscono nell’arco annuale, con
concentrazioni piovose in autunno e primavera, temporali in estate e lievi nevi-
cate in inverno. Le temperature medie vanno dai 5°C registrabili in inverno ai
30°C in estate.
ABITANTI
901.952 mila1 su una superficie di 130,17 km2.
ATTIVITÀ ECONOMICHE
La città, che deve la sua importanza industriale allo sviluppo della metallurgia
e della meccanica, è stata per decenni la capitale dell’industria automobilisti-
ca italiana essendo sede dello stabilimento Fiat. Da qualche anno è attraversa-
ta dalla crisi del settore e ha sviluppato un processo di riconversione che favo-
risce lo sviluppo del terziario, in particolare dei servizi, del settore delle teleco-
municazioni e dell’editoria. Rilevanti le attività nell’ambito del tessile, dell’abbi-
gliamento, della chimica e dell’enologia.
ASSOCIAZIONI
1.3552 associazioni.
SCUOLE
53 scuole materne, 41 elementari, 26 medie, 11 istituti comprensivi3.
Le scuole superiori sono 524.
URBANIZZAZIONE E IMMIGRAZIONE
La Città di Torino è stata investita nel corso degli ultimi decenni da diverse on-
date migratorie. Se negli anni ’60 Torino era il polo verso cui si trasferivano mi-
gliaia di italiani provenienti dalle regioni meridionali del paese, con la prospet-
tiva di trovare lavoro (visto il grande bacino occupazionale rappresentato dalla
Fiat e dalle industrie dell’indotto). A partire dagli anni Novanta il fenomeno del-
l’immigrazione ha interessato sempre più persone provenienti da altri paesi,
prima europei poi extracomunitari. Se il numero di stranieri registrato nel 1990
era di 13.808 presenze, alla fine del 2003 è passato a 61.2275, non uniforme-
mente distribuiti sul territorio cittadino, ma con una maggiore concentrazione
in alcuni quartieri (Aurora, San Salvario, Barriera di Milano).
Parallelamente, si è riscontrato un trend demografico negativo che ha visto dimi-
nuire le percentuali di minori e adulti in città, mentre la popolazione anziana è
progressivamente aumentata. La crescita negativa ha determinato una diminu-
zione della popolazione totale, che è passata dai 991.670 residenti del 1990 ai
901.952 del 2004.
In questi ultimi anni la città è interessata da notevoli modifiche conseguenti al-
la realizzazione di grandi opere (metropolitana, interramento linee ferroviarie,
strutture per le Olimpiadi del 2006, etc.). Questo potrà causare migrazioni in-
terne alla città, con una ”riallocazione” di quartieri con forti problematiche di
emarginazione sociale.
Rifiuti solidi6
Il Comune di Torino si è occupato direttamente della pulizia della città dal
1963, con la creazione di un’apposita apposita Azienda municipale per la rac-
colta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti urbani (Amrr), divenuta in seguito
Azienda multiservizi igiene ambientale Torino (Amiat), prima azienda speciale
del comune, poi società per azioni dal 2000. In particolare, l’Amiat è impegna-
ta nelle operazioni di raccolta e smaltimento dei rifiuti e dell'igiene del suolo.
Il sistema di gestione dei rifiuti torinese ha tra i principali punti di riferimento il de-
creto legislativo 22/97, conosciuto come decreto Ronchi, che recepisce e attua
le direttive comunitarie definendo un sistema integrato volto a ridurre la produzio-
ne di rifiuti e il loro impatto ambientale favorendo il recupero e il riciclaggio.
3 Si definiscono “comprensivi” gli istituti che comprendono al loro interno edifici di diversi
gradi di istruzione. Fonte: settore Divisione Sevizi Educativi della Città di Torino.
4 Il dato comprende anche 26 scuole succursali. Fonte: Provincia di Torino.
5 Fonte: Osservatorio sugli stranieri in Provincia di Torino. I dati, che riguardano solo gli
stranieri residenti, sono un indicatore parziale, poiché non tengono conto degli immigrati
irregolari.
6 Per maggiori approfondimenti si veda il cap. 3.
166 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
In città si producono oltre 510 kg di rifiuti pro capite in un anno7 (contro i 427 del
1996), con un progressivo aumento legato all’incremento dei consumi. Le circa
500 mila tonnellate di rifiuti prodotti vengono gestite attraverso la raccolta dei ri-
fiuti solidi urbani, la raccolta dei rifiuti nei mercati, la raccolta dei rifiuti ingom-
branti, le raccolte differenziate e i centri multiraccolta, o ecocentri (dove i cittadi-
ni possono disfarsi gratuitamente dei rifiuti pericolosi e di quelli ingombranti).
Le raccolte differenziate riguardano materiali che possono essere recuperati o ri-
ciclati, come carta, vetro e lattine, plastica, indumenti usati e tessuti, legno e ver-
de, frazione organica e i rifiuti urbani pericolosi (pile esaurite, medicinali scaduti
e siringhe usate, oli esausti, accumulatori, vernici, colle smacchiatori, insetticidi).
Buoni i risultati registrati sino ad ora: a maggio del 2004 la percentuale dei rifiuti
smaltiti attraverso la raccolta differenziata ha superato il 30%, con l’obiettivo di
raggiungere il 35% entro la fine dell’anno. Per ottenere questo risultato l’Amiat ha
predisposto un piano di intervento che prevede novità sostanziali nell'organizza-
zione di questo sistema di raccolta. Innanzitutto in alcune zone cittadine si sta
sperimentando la raccolta porta a porta8 con raccoglitori appositi localizzati non
più sulla strada, ma all’interno dei singoli cortili. Inoltre, integreranno questa mo-
dalità il progetto Cartacinesca (raccolta degli imballaggi cartacei voluminosi che
i negozianti potranno lasciare fuori dal loro punto vendita) e la raccolta banco a
banco in 23 mercati cittadini sperimentata in alcune zone (ai commercianti sono
consegnati al mattino cassonetti per la separazione dei rifiuti, raccolti in giornata
e avviati direttamente al recupero - consente di riciclare il 90% dei rifiuti).
I rifiuti accumulati con la raccolta differenziata vengono il più possibile smaltiti at-
traverso canali di recupero e trattamento, fra cui merita segnalare l’impianto Pu-
blirec (selezione di legno, cartone e ferro e di trattamento della plastica) e l’im-
pianto di compostaggio di Borgaro Torinese, in cui viene convogliato il materiale
organico per produrre compost destinato alla commercializzazione.
I rifiuti non recuperabili erano fino ad oggi convogliati nella discarica di Basse di
Stura, un impianto a interramento controllato che, però, ha raggiunto la capienza
massima utilizzabile. Sono ancora in corso le discussioni rispetto alla soluzione
del problema, che vedrà l’utilizzo di un inceneritore.
L’Amiat si occupa anche della gestione della pulizia del suolo cittadino (31 milio-
ni di m2 con lo spazzamento manuale e meccanizzato di piazze e strade e la ma-
nutenzione di alcuni parchi.
Rifiuti liquidi
La gestione delle reti idriche e degli impianti di trattamento delle acque potabi-
li e reflue è affidata alla Smat (Società metropolitana acque Torino), una socie-
tà per azioni di proprietà interamente pubblica che serve una grande parte del
territorio piemontese.
doglio.
CAPITOLO 6 167
Annualità I II III
TORINO 2001-2002 2002-2003 2003-2004
Ong Cisv* Cisv* Cisv*
Lvia, Mais Lvia, Mais Lvia, Mais
Scuole Istituti tecnici Istituti tecnici Istituti tecnici superiori:
superiori: superiori: - “P. Boselli”
Comitato di pilotaggio
*Ong capofila
ANNUALITÀ 2001-2002
– visita degli studenti delle scuole superiori coinvolte alla discarica dell’Amiat,
all’impianto di compostaggio e alla Publirec (raccolta e selezione di legno,
cartone e ferro), incontro delle classi con i tecnici dell’Amiat;
– incontri delle classi con volontari e operatori del Cisv sui temi dello sviluppo
sostenibile e del turismo responsabile;
– laboratorio di video per le classi;
– preparazione di scambio internazionale scolastico e viaggio di una delega-
zione di studenti in Senegal, con successiva realizzazione di un video sul-
l’esperienza;
– sede del seminario conclusivo della prima annualità di progetto (settembre
2002) a cui hanno partecipato delegazioni di tutte le città coinvolte nel pro-
getto.
ANNUALITÀ 2002-2003
– rafforzamento del comitato di pilotaggio e delle relazioni istituzionali avviate;
– realizzazione di una pubblicazione bilingue sul progetto a disposizione di
ogni scuola o associazione coinvolta con ruolo attivo nella promozione/sensi-
bilizzazione prevista dal progetto;
– realizzazione di un sito internet dedicato alla promozione del progetto e alle
sue iniziative, con materiali informativi e contatti;
– attività di sensibilizzazione e peer education nelle scuole: inchieste sulle abi-
tudini rispetto alla raccolta differenziata, realizzazione di oggetti creativi con
materiali di recupero, reportage fotografici sulla situazione dei rifiuti;
– realizzazione di una newsletter periodica di servizio alla rete;
– manifestazione pubblica del 5 giugno: eventi dislocati nelle due circoscrizio-
ni cittadine in cui sono presenti le scuole del progetto con la loro esposizione
dei lavori, proiezione di video presso il centro per il protagonismo giovanile El
Barrio;
– partecipazione di una delegazione torinese al seminario conclusivo dell’an-
nualità 2002-2003 del progetto, che si è tenuto nel dicembre 2003 in parte a
Dakar e in parte in forma itinerante nelle tre città senegalesi coinvolte in “Da
rifiuto a risorsa”.
ANNUALITÀ 2003-2004
– rafforzamento e allargamento del comitato di pilotaggio;
– corso di formazione “Torino-Dakar: un progetto di cooperazione decentrata”
rivolto ai giovani per sensibilizzare sulle tematiche della cooperazione e sul
progetto “Da rifiuto a risorsa”;
– seminario presso l’Università di Torino: “La cooperazione decentrata e lo svi-
luppo locale: il caso del progetto Da rifiuto a risorsa”;
– attività delle scuole superiori coinvolte nel progetto: incontri di sensibilizza-
zione con giornalisti africani e con vari ospiti africani delle città gemellate,
formazione degli studenti come educatori ambientali, azioni di peer educa-
CAPITOLO 6 169
Contatti
Maura Favero
settore Cooperazione Internazionale
e Pace della Città di Torino
via delle Orfane 22
10122 Torino
tel. 0039.011.4434877
e-mail: maura.favero@comune.torino.it
web site: www.comune.torino.it/cooperazioneint
170 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Chieri
Chieri è una cittadina del nord Italia a soli 16 km di distanza dal capoluogo del
Piemonte, Torino. È posta tra le colline torinesi, molto conosciuta per i suoi mo-
numenti, le sue chiese e per l'industria tessile. Le prime testimonianze della cit-
tà risalgono all'epoca romana, ma le sue origini come libero comune risalgono
al Medio Evo.
CLIMA
La città di Chieri è caratterizzata da un clima continentale con inverni piuttosto
freddi ed estati calde e afose. Le precipitazioni si distribuiscono nell’arco an-
nuale, con concentrazioni piovose in autunno e primavera, temporali in estate
e lievi nevicate in inverno. Le temperature medie vanno dai 5°C registrabili in
inverno ai 30°C in estate.
ABITANTI
31 mila circa su una superficie di 54,3 km2.
ATTIVITÀ ECONOMICHE
Il chierese è ricco di competenze tradizionali riconosciute, di specializzazioni pro-
duttive codificate (il tessile, i prodotti da forno, il vino, alcuni ortaggi e prodotti
agricoli, la carne, etc.), di diffusa imprenditorialità e di una grande varietà di risor-
se culturali, paesaggistiche e storico-architettoniche. Le principali attività econo-
miche sono la produzione di vini tipici quali il “freisa” e soprattutto le industrie tes-
sili. Il modo di lavorare i tessuti, in particolare il "fustagno" (tessuto resistente) fu il
punto d'appoggio dell'economia, caratterizzando sino al XIX secolo l'orientamen-
to dei tessitori e imprenditori di Chieri. Successivamente si affermerà la cultura e
la lavorazione della canapa e del lino, nonché l'allevamento dei bachi da seta e i
metodi di lavorazione della stessa. L'industria tessile di Chieri è ancora all'avan-
guardia per le tecnologie utilizzate e per la qualità dei suoi prodotti.
ASSOCIAZIONI
Circa 140 (volontariato sociale, sportivo e culturale).
SCUOLE
Sul territorio chierese sono presenti 9 scuole materne, 7 scuole elementari, 2
scuole medie inferiori, un liceo scientifico ed un polo scolastico tecnico forma-
to dall’istituto tecnico Vittone (ragionieri e geometri), dall’istituto commerciale
Lagrange (commerciale) e dall’istituto Ubertini (agrotecnico).
URBANIZZAZIONE E IMMIGRAZIONE
Chieri ha assistito a una massiccia immigrazione, proveniente principalmente
dal Veneto e dal sud Italia, iniziata negli anni ’50 e giunta a pieno regime negli
anni ’60, che ha fatto salire la sua popolazione dai 14 mila ai 30 mila abitanti
CAPITOLO 6 171
nel giro di dieci anni. L’immigrazione verso Chieri ha subito una battuta d’arre-
sto a partire dagli anni ’80.
Rifiuti solidi
La raccolta dei rifiuti e i servizi di igiene urbana sono stati gestiti in forma diret-
ta dal comune di Chieri, tramite una propria impresa appaltatrice, fino al feb-
braio 2001. In seguito, poiché la città di Chieri fa parte del consorzio chierese
per i servizi, la raccolta, il trasporto e il conferimento a impianti di smaltimento
dei rifiuti solidi urbani sono stati affidati al consorzio stesso. Tale realtà è stata
costituita secondo il programma provinciale di gestione dei rifiuti della Provin-
cia di Torino, cui la città di Chieri fa riferimento, che prevede una strutturazione
del sistema di gestione dei rifiuti attraverso la razionalizzazione e l’ottimizzan-
do di risorse ed energie.
Attualmente i rifiuti non pericolosi della città vengono conferiti in una discarica
nel comune di Cambiano. La produzione pro-capite giornalieri di rifiuti è progres-
sivamente aumentata, passando dagli 0,92 kg del 1989 agli 1,21 kg del 2001.
All’interno dell’attività di Agenda 21 della città sono stati programmati interven-
ti ed elaborate nuove progettualità, con lo scopo di dotarsi di servizi di raccol-
ta differenziata innovativi, che consentano il raggiungimento di percentuali di
raccolta ben più elevate di quanto indicato dalle norme statali (fino al 47% -
50% sul totale dei rifiuti prodotti). Queste tematiche sono state dibattute e con-
frontate anche con i cittadini, che hanno partecipato al forum tematico rifiuti di
Agenda 21, chiedendo all’amministrazione di promuovere un modello di rac-
colta premiante che incentivi la separazione.
Chieri ha dato, così, avvio a programma di raccolta dei rifiuti porta a porta, che
ha sostituito il precedente servizio di raccolta differenziata (appositi cassonetti
per carta, plastica, vetro, organico e rifiuti indifferenziati erano posti sulla stra-
da e svuotati periodicamente). In base al nuovo sistema, gli incaricati della
raccolta passano direttamente presso le abitazioni dei cittadini a ritirare i rifiuti
separati per tipi, in giorni prefissati. I recipienti devono essere esposti, se pie-
ni, solo ed esclusivamente nei giorni in cui si effettua la raccolta e sono con-
teggiati tutti gli svuotamenti dei contenitori del rifiuto non recuperabile: questo
significa che meno si differenziano i rifiuti, più si paga. Il sistema di pagamen-
to della tariffa rifiuti, infatti, è cambiato: si applicata una tassa composta da una
parte fissa, che garantisce la raccolta dei rifiuti differenziati (riciclabili) e il ser-
vizio di igiene urbana,e da una parte variabile, personalizzata e in funzione del
numero di esposizioni da parte dell’utente.
Rifiuti liquidi
Nel comune di Chieri sono attivi tre impianti di depurazione delle acque reflue
urbane. Per ciò che riguarda la gestione dei rifiuti liquidi, anche a Chieri, così
come a Torino, è la Smat (Società metropolitana acque Torino) la principale in-
caricata del servizio (cfr. cap. 3).
172 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Annualità I II III
CHIERI 2001-2002 2002-2003 2003-2004
Ong Cisv Cisv Cisv
Scuole Istituto tecnico Istituto tecnico Istituto tecnico
superiore “Vittore” superiore “Vittore” superiore “Vittore”
(professionale commer-
Comitato di pilotaggio
ciale ex Lagrange e
tecnico agrario
ex Ubertini)
Autorità municipali Ufficio Pace e
/ locali Cooperazione
Internazionale della
Città di Chieri
Organizzazioni di
base o realtà
associative
Servizi comunali
Scuole - Scuola elementare di
Moriondo Torinese e di
Nostra Signora della
Scala;
Altri soggetti coinvolti
ANNUALITÀ 2001-2002
– visita degli studenti delle scuole superiori coinvolte alla discarica dell’Amiat,
all’impianto di compostaggio e alla Publirec (raccolta e selezione di legno,
cartone e ferro), incontro delle classi con i tecnici dell’Amiat;
– incontri delle classi con volontari e operatori del Cisv sui temi dello sviluppo
sostenibile e del turismo responsabile;
– laboratorio di video per le classi;
– preparazione di scambio internazionale scolastico e viaggio di una delega-
zione di studenti in Senegal, con successiva realizzazione di un video sul-
l’esperienza;
CAPITOLO 6 173
ANNUALITÀ 2002-2003
– attività di sensibilizzazione e di peer education degli studenti della scuola su-
periore coinvolte nel progetto con classi di scuole medie ed elementari;
– manifestazione pubblica del 5 giugno: realizzazione di mostra fotografica
pubblica per mostrare le attività della scuola all’interno del progetto, sfilata di
moda con abiti realizzati con materiali di recupero;
– partecipazione al seminario conclusivo dell’annualità 2002-2003 del proget-
to, che si è tenuto nel dicembre 2003 in parte a Dakar e in parte in forma iti-
nerante nelle tre città senegalesi coinvolte in “Da rifiuto a risorsa”.
ANNUALITÀ 2003-2004
– avvio del comitato di pilotaggio;
– creazione all’interno della scuola superiore di un gruppo di giornalisti e tra-
duttori che documentino l’esperienza di Chieri attraverso attività quali: incon-
tri con giornalisti africani e italiani, operatori del Cisv, lezioni di comunicazio-
ne con esperti del settore;
– attività di apprendimento del batik, tipica tecnica africana di tintura dei tessu-
ti, con un artista del Burkina Faso presso la Sacra Famiglia di Chieri;
– visita alla mostra “Africa” degli studenti;
– inizio della corrispondenza e dello scambio fra gli studenti delle classi della
sezione agraria del “Vittone” con il liceo agricolo di Nanoro;
– accoglienza della delegazione di Nanoro ospite per una settimana per even-
ti pubblici di presentazione del gemellaggio tra Chieri e Nanoro e sulle attivi-
tà di “Da rifiuto a risorsa”;
– partecipazione alla manifestazione pubblica del 5 giugno presso il centro
per il protagonismo giovanile El Barrio con animazione dei giovani del centro,
cena e spettacolo senegalese, mostra di manifesti, laboratori creativi sul rici-
clo di carta, vetro e plastica, proiezione di video.
Contatti
Ufficio Pace e Cooperazione Internazionale
Via Palazzo di Città 10
10023 Chieri
tel. 0039.011.94281
e-mail: protocollo@comune.chieri.to.it
CAPITOLO
7 I METODI PARTECIPATIVI:
LEVA DI INIZIATIVE DI SVILUPPO
IN AMBITO URBANO
7.1 INTRODUZIONE1
el corso degli anni ‘50 e ’60 la teoria e la pratica dello sviluppo erano
N fortemente ancorate alle idee occidentali che esaltavano il progresso
tecnologico basato sul concetto di sviluppo lineare. I politologi individuava-
no infatti nel denaro e nella tecnologia moderna tutto ciò di cui c’era biso-
gno per migliorare la situazione economica dei paesi del Sud del mondo.
Quella che è stata chiamata “rivoluzione verde” è un tipico esempio di tra-
sferimento di tecnologie dai paesi industrializzati moderni verso le nazioni
rurali più povere. Questa strategia ha avuto un evidente fallimento, con con-
seguenze negative sull’ambiente provato da sistemi agricoli complessi e
inefficaci.
Gli anni ’70 hanno creato una presa di coscienza più forte: è emersa la
consapevolezza del fatto che il “trasferimento di tecnologie” tanto esaltato
fosse una strategia altamente semplicistica che non poteva affatto risolvere
i problemi dei paesi del Sud. Questo ha determinato l’emergere di un nuo-
vo paradigma (un gioco d’insieme coerente di concetti e azioni) e di uno
schema di sviluppo fondato sulla partecipazione che si sforza di superare i
limiti e colmare le lacune dei tentativi precedenti finalizzati a comprendere e
promuovere un cambiamento.
Nelle zone urbane questo tipo di sviluppo partecipativo costituisce una
pedagogia di mobilitazione sociale che in questi ultimi anni ha fatto notevo-
li progressi, grazie a una diffusione ampia di metodi partecipativi e di stru-
menti di pianificazione concertata delle diverse azioni. Questo ha dato il via
a nuovi discorsi e pratiche sull’efficienza e la durata di possibili politiche ur-
1 I paragrafi 7.1 e 7.2 si devono a Ousmane Niang del comitato di pilotaggio di Louga.
CAPITOLO 7 175
7.2.1 L’empowerment
2 Il paragrafo 7.2 e i relativi sottoparagrafi sono tratti dal rapporto Atelier de formation des
La «S» rinvia a self esteem, autosti- Quando le persone scoprono le loro attitu-
ma. dini alla creatività e all’analisi, la loro fiducia
in sé stessi aumenta e iniziano a credere di
più nelle proprie potenzialità. Il sentimento
di autostima ne risulta rafforzato.
La «R» sta per resourcefulness, tra- Una persona che ha creatività e risorse può
ducibile con: gli uni risorsa per gli trovare nel suo ambiente soluzioni alla
altri. maggior parte dei problemi con i quali si
confronta. Gruppi e individui creativi giun-
gono a risultati inaspettati là dove altre per-
sone falliscono. Essi costituiscono dunque
delle risorse potenziali per le loro comunità.
3 Srinivasan L., 1993, Tools for community participation. A manual for training trainers in
Scheda Sarar 1
Scheda Sarar 2
La mappa comunitaria
OBIETTIVO
Permettere ai membri di una comunità di proiettare nello spazio la loro visione
della propria realtà. Questo strumento permette di raccogliere le informazioni
su una comunità e sui suoi problemi specifici.
DURATA
2 o 3 ore. Tuttavia l’elaborazione della mappa può anche prendere una o più
giornate in alcuni casi, tenuto conto delle discussioni spesso molto intense che
si instaurano tra i partecipanti.
MATERIALE
Un grande foglio di carta, evidenziatori, matite e gomme, o materiali che rap-
presentino diversi aspetti ed elementi delle realtà locali.
PROCEDURA
Chiedere ai partecipanti di lavorare in gruppo o di organizzarsi attorno a una
superficie di lavoro visibile a tutti. Chiedere loro di discutere l’immagine che si
sono fatti di una comunità di cui loro sarebbero i membri e di farne una cartina.
I membri del gruppo, durante la preparazione della cartina, devono stabilire la
lista dei fatti e delle realtà, designati per stabilire il profilo del quartiere o della
zona.
I partecipanti fanno in seguito un tour del quartiere o della zona, o visita am-
bientale, nel corso della quale essi spiegano e verificano tra loro la topografia,
la mappa e la ripartizione demografica della comunità. Le spiegazioni devono
vertere sulle condizioni di vita degli abitanti, in particolare ciò di cui vanno fieri
e quegli aspetti che, ai loro occhi, rappresentano dei problemi.
Questo stesso esercizio si può applicare per altre questioni che debbano es-
sere oggetto di un intervento specifico (carte tematica sui lavori di bonifica,
cartina tematica delle zone di inondazione, etc.).
Questo esercizio può anche essere utilizzato per pianificare con le popolazio-
ni le azioni (carta prospettiva). L’elaborazione di questa carta permette ai
membri della comunità di proiettarsi nel tempo e di fare esercizi di prospettiva
sul divenire della comunità in sei mesi, un anno, cinque anni.
CAPITOLO 7 183
Scheda Sarar 3
DURATA
Da 1 ora a 1 ora e 30.
MATERIALI
Una lavagna o della carta su cui si disegna il diagramma di una scala che mo-
stra 7 pianerottoli o tappe di resistenza al cambiamento o di accettazione del
cambiamento (se si vuole è possibile segnalare 8 tappe aggiungendone una
all’estremità della scala).
Alcuni disegni che rappresentano i membri della comunità.
Messaggi che traducano i sentimenti o le attitudini dei diversi membri della co-
munità rispetto al cambiamento proposto. Si dovrebbe disporre di questi mes-
saggi in quantità sufficiente per riempire tutte le tappe della scala.
Un disegno con un messaggio che suscita generalmente delle resistenze al-
l’interno della comunità, per esempio «utilizzare un veicolo ippotrainato».
PROCEDURA
Invitare i partecipanti a citare degli esempi di resistenza a dei messaggi
espressi da persone esterne alla comunità e che vanno a coinvolgere una se-
rie di credenze, di valori e di attitudini sanzionate dalla cultura e dalla tradizio-
ne.
Far notare che spesso le credenze non sono espresse apertamente davanti a
qualcuno che non fa parte della comunità. Se queste credenze non sono espli-
citate o discusse con rispetto, la persone che apprendono non sono pronte a
far posto ai punti di vista di una persona che viene dall’esterno.
184 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Scheda Sarar 4
Vie di contaminazione
OBIETTIVI
Guidare la comunità nella conoscenza delle vie di trasmissione delle malattie e
nel trovare mezzi di prevenzione.
Far comprendere alla popolazione la nozione di focolaio d’infezione, vettore e
ospite.
DURATA
Da 1 h a 1 h e 30.
MATERIALI
Immagini che rappresentino:
– una mano;
– cibo non protetto;
– depositi selvaggi di rifiuti;
– una mosca;
– animali;
– una bocca;
– un piede nudo.
PROCEDURA
Presentare le immagini alla comunità per essere certi che le abbiano ricono-
sciute.
Far costruire la catena di trasmissione delle malattie con le immagini.
CAPITOLO 7 185
Scheda Sarar 5
PROCEDURA
Distribuire le immagini di prevenzione e invitare i membri del gruppo a com-
prendere e interpretarle prima di metterle dove ritengono più opportuno con
l’obiettivo di bloccare il processo di trasmissione.
Dare successivamente avvio a uno scambio di punti di vista in merito alle bar-
riere facili o difficili da eliminare.
Scheda Sarar 6
Incidente critico
OBIETTIVI
Educare facendo perno sulla sensibilità della comunità.
MATERIALI
Immagini che illustrino un fatto problematico o un incidente.
DURATA
Da 30 minuti a 45 minuti.
PROCEDURA
Mostrare un’immagine in cui figura l’agente di sviluppo mentre cerca di sensi-
bilizzare i membri della comunità per spingerli a un cambiamento di comporta-
mento.
Introdurre l’immagine di un membro della comunità che ha delle resistenze e
che, dopo la partenza dell’agente di sviluppo, tenta di scoraggiare la comuni-
tà.
Mostrare un bambino (il figlio del soggetto reticente) che gioca in mezzo ai ri-
fiuti.
Introdurre l’immagine di una famiglia riunita attorno a un bambino malato.
Bisogna ogni volta porre delle domande per conoscere il significato delle im-
magini e avviare una discussione.
Questo strumento può essere messo in scena sotto forma teatrale.
Scheda Sarar 7
DURATA
Da 1 ora 30 a 2 ore.
MATERIALI
Disegni che illustrano tre categorie di comportamenti (buoni, meno buoni e
cattivi), che rappresentano aspetti della salute, risanamento, igiene. È impor-
tante identificare e distinguere le diverse categorie di comportamento legate
alle situazioni critiche (per esempio, l’igiene dell’acqua, lavarsi le mani, l’igiene
del corpo, etc.).
PROCEDURA
Invitare un gruppo di partecipanti a formare un cerchio e consegnare loro il
blocco di disegni da classificare in tre categorie: buoni, meno buoni e cattivi.
Spingerli a ridiscutere la loro classificazione con gli altri membri del gruppo o
con gli altri partecipanti se si lavora con un solo gruppo.
Porre loro domande o suscitare un dibattito sulla classificazione, le giustifica-
zioni, le spiegazioni e ricostruire le regole d’igiene elaborate dalla comunità, i
difetti, etc.
La sintesi deve vertere sull’importanza delle regole d’igiene che devono esse-
re rispettate dalla comunità.
Scheda Sarar 8
DURATA
1 ora.
MATERIALI
Immagini (comportamenti corretti e scorretti), fogli di carta, pennarello o evi-
denziatore.
PROCEDURA
Presentazione dell’immagine che rappresenta il comportamento sbagliato.
Identificazione dei problemi e analisi delle cause:
– se i problemi sono stati subito ben individuati, si passa alle soluzioni;
– se i problemi non sono ancora stati sufficientemente rilevati, viene presenta-
ta l’immagine del comportamento ideale per guidare le risposte.
Pianificazione delle azioni.
Identificazione delle risorse.
CAPITOLO 7 189
Scheda Sarar 9
DURATA
1ora 35 minuti.
MATERIALI
Tre fogli grandi (1,50m x 0,60m) che riproducono lo schema qui sotto senza al-
cuna annotazione.
Situazione attuale
Obiettivo o situazione
(presente)
desiderata (futuro)
inserire un immagine
Inserire un immagine positiva
critica o negativa da
di ciò che si spera ottenere
evitare
Nella casella di sinistra, inserire l’immagine di una situazione critica, per esem-
pio una donna che porta un pesante fardello.
PROCEDURA
Suddividere i partecipanti in tre gruppi.
Appendere uno dei tre fogli alla lavagna.
Spiegare il diagramma, in cui la casella a sinistra presenta la situazione attua-
le che si spera di cambiare; domandare quindi al gruppo cosa c’è che non va
in quell’immagine. La casella all’estremità destra rappresenta una situazione
migliore o una situazione ideale, un obiettivo verso il quale ci si incammina par-
tendo dalla situazione attuale (scrivere “futuro” al di sopra della seconda ca-
sella e aggiungere una data che suggerisca un lasso di tempo determinato
per raggiungere questo obiettivo).
Precisare che la freccia si direziona dal presente verso il futuro.
Le frecce che sono direzionate verso il presente rappresentano dei vincoli o
degli ostacoli che impediscono il raggiungimento dell’obiettivo proposto. Le
frecce che vanno in direzione della casella di destra rappresentano invece
delle risorse che permettono di avvicinarsi all’obiettivo. Aggiungere le annota-
zioni “vincoli” e “risorse”. Sarà compito dei partecipanti indicare su dei bigliet-
tini che verranno mano a mano appesi al livello delle freccette quali sono gli
ostacoli, ma anche le risorse, a disposizione della comunità.
Spiegare ai partecipanti che ciascun gruppo riceverà un esempio di diagram-
ma. Il primo compito è quello di definire nel dettaglio ciò che non funziona nel-
la situazione attuale e di formulare la situazione desiderata. Successivamente
190 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Scheda Sarar 10
Quadro a tasche
OBIETTIVI
Aiutare le comunità a valutare la propria situazione presente, a guardarla da
un’altra angolazione e se possibile a fare delle scelte.
DURATA
Da 1 ora a 1 ora 30 minuti.
MATERIALI
Per la raccolta di informazioni
Nella forma più semplice il quadro a tasche è composto da una fila di buste, in
genere da quattro a sei in orizzontale e da sei a dieci in verticale. Una serie di
immagini viene appesa al di sopra della fila superiore di buste.
Queste immagini rappresentano degli ambiti sui quali si ha bisogno di informa-
zioni; un’immagine potrebbe essere, per esempio, un cumulo di rifiuti (discari-
che selvagge, pattumiere domestiche, depositi, momenti di set setal).
Ogni immagine è posta in alto rispetto a ogni colonna verticale (si possono
ugualmente porre delle immagini alla sinistra del quadro indicando altre varia-
bili, per esempio dei gruppi di uomini, donne, bambini o altri gruppi seleziona-
ti in base al reddito o alla posizione sociale).
PROCEDURA
Appendere il cartellone, spiegando al gruppo che il metodo di elezione delle
opzioni consiste nell’introdurre il bollettino di voto nella busta corrispondente
all’opzione scelta.
Invitare i membri della comunità a votare.
Attirare la loro attenzione sul carattere confidenziale (si può girare il cartellone
così che non sia visibile al gruppo).
Alla fine della votazione, lo spoglio viene fatto insieme ai partecipanti. Il gruppo
analizza il significato dei risultati raccolti, per esempio: perché così tante (o così
poche) persone hanno scelto questa opzione? Quali altre opzioni le comunità pre-
feriscono? Qual è l’effetto di queste scelte sulla loro salute e il loro benessere?
Scheda Sarar 11
3) Durante le discussioni:
– cercate di mantenere l’atmosfera;
– cercate di comprendere le abitudini, le credenze, i punti forti e i punti deboli
di ciascun partecipante;
– tenete conto del loro livello di formazione, della loro saggezza e volontà;
CAPITOLO 7 195
7.4.1 Definizioni
4 I successivi paragrafi sono stati redatti da Monica Berti e Laurent Diène del comitato di
7.4.2 Storia
rato un’analisi collettiva e una presa di coscienza da parte di tutti gli atto-
ri;
– la convinzione che le percezioni e le opinioni qualitative sono importanti
tanto quanto i dati quantitativi e numerici, perché le une completano le
altre e tutte svelano un aspetto della realtà;
– la piena accettazione della rimessa in discussione e della modifica di uno
strumento da parte dei partecipanti. Per questo si consiglia di non fissa-
re stabilmente i fogli di carta prima della messa in comune e della trian-
golazione;
– lo sforzo di essere sempre curiosi e di voler comprendere, verificare, ana-
lizzare tutto ciò che ci pare poco chiaro. Questo fa parte della triangola-
zione e permette di liberare nuove piste di analisi e ricerca.
Scheda diagnostico 1
conseguenza
effetto
conseguenza
effetto
soluzione
soluzione conseguenza
PROBLEMA
DA
ANALIZZARE
causa
causa
causa causa
Scheda diagnostico 2
Il diagramma di Venn
Simile a un tiro a segno, questo strumento permette di identificare tutti gli atto-
ri su un tema, individuare il loro ruolo e definire le interazioni e sinergie esisten-
ti.
Scheda diagnostico 3
Il diagramma di flusso
Questo strumento facilita la comprensione dei tipi di rifiuti prodotti, dell’itinera-
rio che seguono per essere eliminati o riciclati, chi interviene a ogni tappa, le
distanza percorse da ogni attore.
camion Discarica
di
Camion
AMA
bottiglie di
vetro e
Secchi,
sacchi Domestiche riciclatori
spiagge
donne
Discarica domestiche bambini
abusiva secchi
secchi
RIFIUTI Bambini,
ALTRI RIFIUTI domestiche
I cerchi indicano i luoghi in cui i rifiuti sono deposti, le frecce permettono di di-
stinguere chi trasporta i rifiuti e con quale mezzo, la lunghezza della freccia in-
dica la distanza percorsa o la difficoltà di trasporto.
Si possono distinguere i rifiuti domestici dagli altri rifiuti (degli artigiani, dei
commercianti, degli ambulatori medici, dei carrettieri, etc.) e paragonare i per-
corsi di eliminazione.
Attenzione: occorre essere attenti a che il diagramma rimanga chiaro e di faci-
le lettura. Bisogna annotare alcune informazioni per non dimenticarle, come i
commenti e i giudizi qualitativi.
204 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Scheda diagnostico 4
Il diagramma di impatto
Simile al sole che tramonta sul mare, questo strumento permette di valutare un
progetto, un’azione o un intervento con, da una parte, gli effetti negativi e le so-
luzioni da intraprendere nel futuro, dall’altra gli impatti positivi e le conseguen-
ze a medio termine.
In questo caso, sono state prese in considerazione le attività nell’ambito del
progetto “And setal sunu gox”.
Risultato
positivo Conseguenze a
medio termine
Risultato Risultato
Impatto futuro positivo positivo
Risultato
positivo Risultato
positivo
PROGETTO
AND
SETAL
SUNUX
Effetto GOX Effetto
negativo negativo
Effetto Effetto
negativo negativo
Effetto
negativo Soluzione
Soluzione
Scheda diagnostico 5
La matrice di pesi
Data la complessità del problema di gestione dei rifiuti, è importante elaborare
un piano d’azione efficace per i futuro sulla base delle priorità identificate dal-
la popolazione. Per questo si possono utilizzare due nuovi strumenti: la matri-
ce e la pianificazione.
Questo strumento serve a identificare gli aspetti prioritari di un problema, quel-
li che costituiscono un gran peso per la popolazione. Permette inoltre di distin-
guere i criteri di analisi del problema.
La matrice è una griglia in cui le righe corrispondono alle diverse categorie, le
colonne i diversi criteri di analisi.
Sia le categorie che i criteri devono essere indicati dai partecipanti. Occorre
avere ben chiaro che alcuni criteri sono negativi (tossicità) e altri positivi (pos-
sibilità di recupero o di riutilizzo).
Un “peso” o un “voto” verrà dato a ogni categoria per ogni criterio, dopo aver
deciso la scala di valori, per esempio: 1 (poco), 5 (medio), 10 (molto).
Si può procedere in due modi:
alcuni partecipanti avranno a disposizione pietre, conchiglie, pezzi di legno
che dovranno spostare per quantificare ogni intersezione. Il risultato verrà vali-
dato dagli altri partecipanti;
insieme si cerca di dare un valore che rappresenti l’opinione di tutti.
Infine si sommano i “pesi” o i “voti” di ogni categoria e si effettua la classifica-
zione in ordine di priorità decrescente (il totale più alto indica la categoria che
ha una priorità più alta).
Se ci sono dei criteri positivi e negativi bisogna procedere in due tappe. Innan-
zitutto sommare separatamente i valori negativi totali (totale N) e positivi (tota-
le P), poi sottrarre il totale degli aspetti positivi a quello degli aspetti negativi:
totale N – totale P = totale di categoria.
Attenzione: Può essere che ci siano percezioni differenti a seconda dei gruppi
sociali (donne, anziani, bambini, artigiani, etc.). Non bisogna perdere troppo
tempo nel decidere il peso, sono la discussione e i motivi i punti rilevanti che
occorre annotare.
206 RIFIUTI URBANI E SVILUPPO LOCALE
Scheda diagnostico 6
La pianificazione
Si tratta di una griglia in cui appaiono i problemi per ordine di priorità, le solu-
zioni adottate e gli attori da responsabilizzare.
Si realizza in plenaria, ma costituisce l’inizio di una discussione che dovrà es-
sere approfondita e completata con i mezzi da realizzare e il calendario delle
sequenze.
Scheda diagnostico 7