Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Il terribile problema che accompagna l’uomo, fin da quando egli è stato capace di
consapevolezza, è stato quello di poter concepire e valutare la profondità del bene
e del male di cui era capace; non a caso questa tematica rappresenta il nucleo
fondante di tutte le religioni e di tutti i sistemi sociali, giuridici e
naturalmente iniziatici.
In un mito greco sull’età del ferro si può leggere quanto segue: “Le generazioni
peggiorano sempre più, verrà un tempo in cui saranno talmente maligne da adottare
il potere; il potere equivarrà a diritto per loro, e sparirà il rispetto per la
buona volontà. Infine, quando l’uomo non sarà più capace di indignarsi per le
ingiustizie o di vergognarsi in presenza delle meschinità, Zeus lo distruggerà;
eppure, persino allora, ci sarebbe una speranza, se soltanto la gente comune
risorgesse e rovesciasse i tiranni che la opprimono”.
Probabilmente uno dei motivi di tale mutamento va individuato nel fatto che il
livello di violenza e la paura della guerra avevano superato una soglia critica; a
questo tema si dedicò anche Konrad Lorenz nella sua opera sull’aggressione umana in
particolare nel testo del 1969 “Il cosiddetto male”.
Da allora non si contano gli studi che hanno indagato i diversi tipi di
aggressività che si manifestano nell’uomo, individuando una cosiddetta aggressione
“benigna” di tipo difensivo al servizio della sopravvivenza dell’individuo e della
specie, programmata filogeneticamente (lotta o fuga), biologicamente adattiva,
contrapposta a una aggressività “maligna”.
Dunque la vita dell’uomo è dominata da istinti che sono una categoria puramente
naturale, mentre le passioni radicate nel carattere sono una categoria socio-
biologica e storica; queste ultime sebbene non siano direttamente al servizio della
sopravvivenza fisica sono altrettanto forti e spesso anche più forti degli istinti.
Sono la materia di cui sono fatti i sogni dell’uomo, così come l’arte, la
religione, il mito, il dramma, tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta;
l’uomo non può vivere come una cosa, soffre immensamente quando viene ridotto a un
meccanismo capace solo di mangiare, moltiplicarsi e anche nella più confortevole
sicurezza crea per se stesso il dramma della distruzione.
Sono le passioni umane che trasformano l’uomo da semplice cosa in eroe; dunque le
passioni intese come buone o cattive vanno interpretate come il tentativo di dare
un senso alla propria vita, di trascendere le pure e semplici esigenze di
sussistenza, altrimenti potrà essere addomesticato ma mai guarito. Così come le
passioni che si trovano al servizio della vita rispetto alla distruttività e alla
crudeltà, anche queste rappresentano una risposta al problema dell’esistenza umana;
persino l’individuo più distruttivo è umano come un santo. Potremo vedere in lui un
uomo che ha preso la strada sbagliata nella ricerca della salvezza.
Dunque il vizio è umano, in effetti tali pulsioni distruggono la vita dello spirito
non solo della vittima ma anche dell’aguzzino, costituiscono un paradosso: la vita
che si rivolta contro se stessa nel tentativo di darsi un senso; capire le
perversioni non significa perdonare ma se non le capiamo non abbiamo modo di
scoprire come limitarle e quali fattori tendono ad accrescerle.
Molte di queste considerazioni vengono riprese da Erich Fromm nel suo testo
fondamentale:
Impossibile in questa sede anche solo enumerare gli studi scientifici che sono alla
base di questa considerazione e di quanto la psicanalisi e la sociologia hanno
prodotto,
Si potrebbe dire che oggi quella che gli psicoanalisti riconoscono, da Frued in
poi, come “desiderio di morte” contrapposto al desiderio di vita è da sempre
conosciuto come “Cupio dissolvi”, espressione che ha la sua origine in San Paolo,
il quale nella 1a lettera ai Filippesi scrive, secondo il testo della Vulgata,
Desiderium habens dissolvi et cum Christo esse, dal greco : τὴν ἐπιϑυμίαν ἔχων εἰς
τὸ ἀναλῦσαι καὶ σὺν Χριστῷ εἶναι: dove dissolvi e ἀναλῦσαι esprimono il concetto
dello scioglimento dell’anima dal corpo e quindi della morte. La frase ritorna con
frequenza nella patristica in Tertulliano, De patientia 9, 5: «Cupio dissolvi et
esse cum Christo, dicit Apostolus»). Col tempo però il senso originario di cupio
dissolvi si è via via trasformato, per indicare rifiuto dell’esistenza, desiderio
di estinzione, volontà masochistica di autodistruzione, etc.
L’uomo porta con sé il gravame del bene e del male fin dalla sua comparsa sulla
terra e ogni sua manifestazione di pensiero lo ricorda senza pietà, bene e male,
luce e buio, Jin e Jang, pavimento a scacchi.