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FILASTIN

L’ARTE DI RESISTENZA
DEL VIGNETTISTA PALESTINESE
NAJI AL-ALI
PREFAZIONE DI VAURO SENESI
Collana Kina
Collana diretta da:
Gabriele Munafò, Sonny Partipilo
Grafica:
Gabriele Munafò, Sonny Partipilo
Redazione: Anna Matilde Sali
Copertina:
vignetta di Naji al-Ali, 23 aprile 1983, as-Safir, Libano
Interno copertina:
vignetta di Naji al-Ali, 12 luglio 1984, al-Qabas, Kuwait
Fotografia di copertina:
Naji al-Ali metà anni ’80, Sharjah, Emirati Arabi Uniti
Traduzioni dall’arabo a cura del Comitato di Solidarietà con il Popolo Palesti-
nese di Torino.
Traduzioni dall’inglese e dal francese a cura di Fay R. Ledvinka.

© Copyright 2013, famiglia Naji al-Ali per la proprietà dei disegni di Naji al-Ali
riprodotti nella presente opera e anche per le foto riguardanti Naji al-Ali
© Copyright 2013, Ass. cult. Eris
Per tutte le altre immagini incluse nel libro si fa riferimento alle singole dida-
scalie presenti

Ass. cult. Eris


via Reggio 15, 10153 Torino
info@erisedizioni.org
www.erisedizioni.org

Prima edizione Aprile 2013


Prima ristampa Ottobre 2015
ISBN 9788890693984
FILASTIN
Naji al-Ali, foto di Saleh Abbas, 1969.
RINGRAZIAMENTI

È
con sincera e profonda riconoscenza che ringrazio tutti coloro
che hanno preso parte alla nascita di questo libro.
Mohammed al-Asaad e Hani al-Haddad hanno dato generosi,
validi e incommensurabili consigli sia per questo libro, sia per tutto il
lavoro di Naji, e a questo proposito, devo anche ringraziare e ricono-
scere i fondamentali consigli artistici di Hani Mazhar.
Siamo anche molto grati alla Dr.ssa Radwa Ashour per la sua genti-
le concessione di pubblicare parti della sua intervista con Naji, Fay R.
Ledvinka per le sue traduzioni; Caterina Donattini per la sua collabora-
zione; Dareen Tatour, Yara Abbas, Sivan Halévy, Olivier Blaise, Amjad
Ghannam, Muhannad al-Azzeh, Palestine Speaks, al-Mahatta Gallery
e Joss Dray che ci hanno permesso di inserire le loro foto nel libro, a
Amer Shomali che ci ha messo in contatto con i fotografi in Palestina.
Una menzione speciale va al Comitato di Solidarietà con il Popolo
Palestinese di Torino per il loro costante interesse e lo sforzo continuo
nel promuovere Naji al-Ali e il suo lavoro in Italia. Questo libro non
sarebbe qui senza il loro prezioso aiuto.
Infine vorrei ringraziare Eris Edizioni e i suoi editori Anna Matilde
Sali, Gabriele Munafò e Sonny Partipilo per il loro duro lavoro per far
diventare questo libro quello che è oggi.

Khaled Naji al-Ali


Naji al-Ali, primi anni ’80, in visita a Sharjah, Emirati Arabi Uniti.
PREFAZIONE ti bombardamenti senza nome, o
forse si sarà fatto saltare da solo
di Vauro Senesi imbottito di esplosivo e rabbia di-
sperata? E se è vivo sarà uno dei
migliaia di prigionieri del lager
di Gaza assediata o sarà un esule
condannato al non ritorno?
Handala invece è ancora un

A
volte frugando nel porta- bambino, la matita che lo disegnò
monete in cerca di spiccio- non può più farlo crescere. Naji
li mi capita di ritrovarmelo al-Ali che la impugnava come un
fra le dita. È un piccolo ciondolo arma di amore è stato ammazza-
di metallo sottile, rappresenta la to da una pallottola sparata con
sagoma stilizzata di un bambino il silenziatore, colpevole di aver-
visto di spalle: la testa grande e gli dato vita. Non posso chiedere
rotonda con cinque o sei capelli ad Handala del ragazzo di Gaza.
dritti, le mani intrecciate dietro la Handala non mi sente. Lui sente
schiena. Me lo regalò tanti anni fa soltanto il grido di dolore che vie-
un ragazzo palestinese a Gaza. Era ne dalla sua gente. Quello che noi
al tempo della Prima Intifada, la non vogliamo ascoltare. Handala
rivolta delle pietre. Il ragazzo era non mi guarda, ha occhi solo per
uno Shebab uno dei molti che lan- la sua terra martoriata, quella che
ciavano sassi, a mani nude contro noi non vogliamo vedere. Handala
le corazze di acciaio dei blindati ci volta le spalle come noi le abbia-
israeliani che schiacciavano la cit- mo voltate a lui. Ripongo il ciondo-
tà sotto i loro cingoli dentati. «Si lo nel portamonete «Chissà – fan-
chiama Handala» mi spiegò il ra- tastico – se la prossima volta che
gazzo «Handala è un bambino che mi ricapita tra le dita potrò vederlo
non ha sorriso. Per questo non di faccia, sorridere finalmente per
mostra a nessuno il suo viso. Sol- la sua terra libera». È un pensiero
tanto quando la nostra terra sarà stupido. Non sono io, non siamo
libera potrà sorridere e allora si noi complici della indifferenza, a
volterà per donarcelo». meritare il suo sorriso.
Mi giro il ciondolo tra le dita e
penso a che fine avrà fatto il ra- Vauro
gazzo che me lo regalò. Sarà di-
ventato un uomo? O sarà morto,
ucciso da un proiettile, bruciato
dal fosforo bianco dell’operazio-
ne Piombo Fuso o da uno dei tan-
Naji al-Ali, primi anni ’60, Kuwait.
SENZA TROPPE PAROLE

N
aji al-Ali nasce nel 1936 al-Hilwa (L’occhio della bella o La
nel villaggio di Asciagia- Bella Sorgente, in quanto situato
ra (L’albero), un paese dove c’era una sorgente d’acqua
nel nord della Palestina: la sua in- purissima), nel sud del Libano.
fanzia coincide con gli anni in cui «Lì, la vita era al limite della digni-
l’immigrazione ebraica, non solo tà umana, vivevamo in sei in un’u-
sionista, divora la sua terra con nica tenda»2, la gente che viveva
insaziabile voracità, pezzo dopo nei campi «era della terra di Pale-
pezzo. stina, non erano commercianti o
In seguito agli eventi che por- latifondisti. Erano contadini»3: in
teranno nel 1948 alla proclama- ogni Campo Profughi la condizio-
zione dello Stato di Israele, Naji, a ne era la stessa e Naji non la potrà
soli undici anni, diventa profugo, più dimenticare.
condizione che lo accompagnerà In questa situazione il futuro
nel corso della sua intera esisten- artista, terminate le elementari, fa
za in quanto non riuscirà mai più diversi lavori per aiutare la fami-
a tornare in Patria. glia. Frequenta poi un corso bien-
Il suo villaggio viene distrutto nale di meccanica a Tripoli e si tra-
dal neonato Stato israeliano, la sferisce in seguito a Beirut in cerca
sua famiglia, esattamente come di lavoro. Anche qui, la sua casa è
gli altri 700 abitanti, viene scac- un Campo Profughi: Chatila.
ciata. Stessa sorte tocca ad alme- Siamo negli anni ’50, caratteriz-
no altri 530 villaggi: è la Nakba (la zati dal rapido sviluppo dei paesi
Catastrofe) in cui più di 750.000 del Golfo legato all’oro nero. Molti
palestinesi, vittime della pulizia giovani arabi affluiscono in questi
etnica sionista, vengono depor- territori attirati dalle possibilità di
tati. I profughi trovano riparo nei lavoro nell’industria del petrolio.
59 campi allestiti dall’UNRWA1 nei I palestinesi sono tra i più prepa-
paesi limitrofi. Naji e la sua fami- rati a livello tecnico/professiona-
glia si rifugiano in quello di Ain le. Naji stesso, nel 1957, emigra in

1
United Nations Relief and Works Agency: agenzia delle Nazioni Unite per i profughi pale-
stinesi istituita dopo la guerra arabo-israeliana del 1948.
2
as-Safir, 11 giugno 1983.
3
al Muwajaha intervista a Naji al-Ali di Radwa Ashour, Egitto, 1985.
10 SENZA TROPPE PAROLE

Arabia Saudita grazie a un con- prezzo e Naji viene più volte arre-
tratto di lavoro. Ma la lontanan- stato. Non riesce a proseguire gli
za dalla sua famiglia e dalla sua studi.
gente gli è insopportabile e dopo «Ho cominciato a usare il di-
un paio d’anni torna in Libano e si segno come forma di espressione
iscrive all’Accademia di Belle Arti politica mentre mi trovavo nelle
di Beirut. prigioni libanesi. Sono stato in-
Naji al-Ali è ormai adulto: «Ap- carcerato dal Deuxième Bureau (il
pena fui cosciente di ciò che stava servizio di intelligence libanese) in
accadendo, della distruzione della seguito alle misure prese dal Bure-
nostra regione, mi resi conto che au stesso per contenere le attivi-
dovevo fare qualcosa. All’inizio tà politiche nei campi palestinesi
provai con la politica, pensando durante gli anni ’60.»6 In carcere,
di entrare in un partito. Partecipai «Mentre altri imparavano a co-
anche a manifestazioni, ma non mi struire oggetti, a scrivere poesie,
sentivo realmente me stesso. Le io disegnavo sui muri»7. Si trasfe-
acute grida che sentivo dentro di risce a Tiro, dove insegna arte in
me avevano bisogno di un mezzo una scuola, ma la sua vocazione è
di espressione diverso. A un certo un’altra. Per Naji sono le vignette
punto, […], cominciai a disegnare e la caricatura i suoi irrinunciabili
sui muri del nostro Campo»4. mezzi espressivi, di facile realiz-
Contemporaneamente, in un zazione e in grado di raggiungere
clima di grande fermento politico, un grande numero di persone. I
si avvicina al movimento panara- suoi disegni conquistano anche
bo5, ma presto si rende conto di Ghassan Kanafani8, giornalista
non essere adatto alla vita politi- palestinese ed editore della rivi-
ca di partito. Come per tanti altri sta al-Hurriyya (La Libertà, organo
palestinesi il suo attivismo ha un del movimento panarabo), che per

4
Index on Censorship, 1984, From Lebanon to Kuwait, the Cartoonist Has So Far Survived
Atempts to Stop His Work, intervista a Naji al-Ali.
5
Movimento politico di massa, laico e progressista, d’ispirazione socialista che mirava
all’unità del mondo arabo contro l’Occidente, prima colonialista, ora imperialista e contro
lo Stato d’Israele.
6
My Signature, Hanthala: The Symbol of the Child by Naji al-Ali. Naji al-Ali al-Hadiye Lam
Tasal Ba’d, 1997, Dar al-Karmel Lilnasherwal Tawzieh, Amman.
7
Ibidem
8
Ghassan Kanafani è stato uno scrittore e politico palestinese. Tra i fondatori del movi-
mento panarabo prima e poi del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, fu uc-
ciso dal Mossad in un attentato a Beirut nel 1972 in cui perse la vita anche la sua nipotina
di sedici anni. In Italia sono state pubblicate diverse opere tra cui: Ritorno a Haifa, Edizioni
Lavoro, 1991; Se tu fossi un cavallo, Jouvence, 1993; Uomini sotto il sole, Sellerio, 2002; La
piccola lanterna, Associazione culturale Amicizia Sardegna Palestina, 2009 e per lo stesso
editore La terra delle arance tristi e altri racconti, 2012.
Naji al-Ali con i colleghi dell’Associazione dei caricaturisti arabi, 1979, a Damasco.
Da destra in alto Faris Qerrah Beit, Sayyed Khamis, Khalid abu Khalid, Mohammed Noor, Yusef Abdulki, Ali Farzat.
Da destra in basso Mustapha al-Husseini, George Bahgouri, al-Arabi al-Sabban, Naji al-Ali, Abdul Hadi al-Shamma.

primo pubblica le sue vignette nel col settimanale at-Tali’a (Avan-


1961 a Beirut e che gli accorda uno guardia), sempre legato al movi-
spazio fisso sulle pagine del perio- mento panarabo. La sua urgenza
dico. comunicativa però, non è piena-
Gli anni ’60 sono un periodo mente soddisfatta: «Il mio lavoro
difficile per i profughi palestinesi settimanale non mi bastava. Ave-
come Naji. Gli spazi lavorativi a vo bisogno di un rapporto quoti-
cui possono accedere sono sem- diano con la gente»9. Le sue opere
pre più ristretti. La situazione ge- iniziano a venire pubblicate ogni
nerale è ulteriormente aggravata giorno sul quotidiano kuwaitiano
da un’ondata di circa 250.000 as-Siyasat (Le Politiche).
nuovi profughi che, scacciati dal- Nelle sue vignette Naji crea
la propria terra in seguito alla una narrazione chiara e immedia-
Guerra dei Sei Giorni del 1967, si ta, basata su simboli sempre più
riversano nei paesi limitrofi. Isra- familiari al suo pubblico, in grado
ele occupa Gerusalemme Est, la di comunicare senza troppe paro-
Cisgiordania e la Striscia di Gaza le. L’artista riesce a rappresentare
in Palestina, le Alture del Golan in con lucidità il pensiero dell’arabo
Siria e il Sinai in Egitto. La popo- medio, creando così con i suoi let-
lazione dei Campi Profughi cresce tori un rapporto schietto e since-
inesorabilmente. ro. Le sue vignette sono messag-
Nel 1963 Naji al-Ali si trasferi- gi cifrati di facile interpretazione
sce in Kuwait alla ricerca di lavo- attraverso cui l’autore racconta
ro. Qui inizia a collaborare anche il contesto del momento a par-

9
as-Safir, 19 luglio 1983, intervista a Naji al-Ali.
12 SENZA TROPPE PAROLE

tire dai fatti di attualità. La sua è pagine dei giornali, a combattere


un’arte di critica e denuncia: senza e resistere. Raggiunge poi la sua
filtri e senza auto-censura. famiglia e segue da vicino la resi-
A seguito della guerra arabo- stenza a Sidone e a Beirut. L’inva-
israeliana del 1973, Naji torna in sione culmina nel settembre dello
Libano. Qui può stare di nuovo vi- stesso anno col crudele massacro
cino alla sua gente. Lavora per il di Sabra e Chatila. L’artista denun-
quotidiano as-Safir (L’Ambascia- cia l’accaduto.
tore). Dalle pagine del giornale I combattenti palestinesi ri-
esorta i lettori a non farsi ingan- masti ancora in Libano vengono
nare dalle varie bandiere: oltre a cacciati via e la censura inizia a
Israele ci sono altri nemici, i vari farsi sentire pesantemente: per
regimi arabi e la stessa burocrazia l’autore questa esperienza è deva-
dell’Organizzazione per la Libera- stante. Torna allora in Kuwait nel
zione della Palestina. «Non dise- 1983, non per paura, bensì guidato
gno per conto di qualcuno, dise- dal desiderio di riuscire a portare
gno solo per la Palestina, che per avanti il suo impegno e la sua lot-
me si estende dall’Oceano Atlanti- ta: «Ho lasciato Beirut per motivi
co fino al Golfo (si intende tutto il politici e non per la mia sicurezza
mondo arabo; ndc)»10. Nonostante personale. Chi deve morire muore
pressioni, minacce e tentativi di ovunque»11.
corruzione, l’arte di Naji, sempre Inizia a collaborare con il quo-
libera, denuncia l’umiliazione del tidiano kuwaitiano al-Qabas New-
popolo arabo. I commenti era- spaper: le sue vignette criticano
no precisi e puntuali a tal punto aspramente i regimi arabi per la
che i lettori di as-Safir leggevano loro totale sottomissione agli Stati
il giornale a partire dalla sua vi- Uniti. Fama, appoggio popolare e
gnetta in ultima pagina, per capire riconoscimenti ufficiali, non sono
davvero “che aria tirava”. Gua- però sufficienti a proteggerlo; nel
dagna la stessa fiducia dai lettori novembre del 1985, a causa della
di al-Khalij e di al-Watan, che in sue vignette viene espulso dal Ku-
questo stesso periodo si avvalgo- wait.
no della sua collaborazione. L’artista si sposta allora a Lon-
In occasione della guerra civi- dra dove prosegue senza sosta il
le libanese e dell’invasione israe- suo lavoro: continua a disegnare
liana del paese dei Cedri nel 1982, per al-Qabas International e al-
Naji al-Ali incita la gente, dalle Khalij. Le sue vignette cominciano

10
al-Hassna’ Assahira, 15 agosto 1975.
11
al-Yamamat, maggio 1984.
SENZA TROPPE PAROLE 13

a comparire su al-Ittihad (L’Unità, ma per pochi mesi non la vedrà


giornale del Partito Comunista iniziare. La sua penna infatti si fer-
Israeliano): l’obbiettivo di Naji è ma a Londra la sera del 22 luglio
stabilire un contatto diretto con i 1987, quando l’autore viene colpi-
palestinesi rimasti in Palestina. to alla testa da una pallottola spa-
Le sue vignette fanno il giro del rata col silenziatore davanti agli
mondo, dal Cairo a Beirut, da Tu- uffici di al-Qabas International.
nisi a Baghdad, e in Europa la sua Morirà il 29 agosto, dopo cinque
firma appare anche sui quotidiani settimane di coma. Il suo assassi-
in lingua araba di Londra e Parigi. no è ancora ignoto.
Diversi ambienti londinesi espon- La sua eredità è di migliaia di
gono le sue opere, dandogli così vignette create in venticinque anni
l’opportunità di accendere i riflet- di passione e continua a racconta-
tori sulla Questione Palestinese e re, emozionare e denunciare. Ta-
sulle motivazioni della Resistenza lal Salman, su as-Safir, scrisse nel
del suo popolo. 1983: «[…] per Naji al-Ali non esi-
Il 9 dicembre 1987 i palestinesi stono le soluzioni intermedie. Per
della Cisgiordania, della Striscia di lui esistono solo il bianco e il nero.
Gaza e di Gerusalemme Est si sol- Non c’è posto per il grigio. Ciò che
levano nel tentativo di scrollarsi si trova tra questi due estremi, per
di dosso vent’anni di occupazione Naji è un campo di battaglia eter-
militare israeliana: è la prima In- no tra ciò che c’è e ciò che ci do-
tifada. Naji al-Ali l’aveva previsto vrebbe essere.».

Il funerale di Naji al-Ali,


3 settembre 1987,
Moschea Centrale di Londra.

13
Naji al-Ali, primi anni ’70, Kuwait.
IL BIANCO E NERO DI
NAJI AL-ALI

L’
arte di Naji al-Ali testimonia scienza dei popoli. Rappresenta
la sua volontà di schierarsi la promessa fatta a se stesso e ai
sempre e apertamente. suoi lettori: fedeltà alla causa pa-
Il suo tratto è ricco e comples- lestinese e a quella degli oppres-
so, mentre le sue vignette sono si di tutto il mondo, dal Vietnam
messaggi cifrati di facile com- all’Africa. Presente in quasi tutte
prensione che raccontano la Resi- le vignette, Handala è così cono-
stenza Palestinese e la condizione sciuto da essere la firma stessa
politica e sociale del mondo arabo. dell’artista. I sentimenti dell’auto-
Il linguaggio che elabora è simbo- re e la sua poetica sono racchiusi
lico, basato sull’immaginario col- in Handala. Il suo nome è quello
lettivo dei lettori e sulla realtà di di un’erba selvatica mediorientale
qualsiasi cittadino arabo. dai frutti amarissimi: della stessa
Vignetta dopo vignetta crea intensità è l’amarezza con cui il
una narrazione semplice e im- bambino mostra le spalle a chi le
mediata, costruendo un rapporto ha voltate al popolo palestinese. Il
schietto e sincero con il pubblico. suo sguardo si rivolge solo al do-
Giorno dopo giorno, i suoi perso- lore della sua gente.
naggi sono diventati sempre più
familiari, trasformandosi in vere e
proprie icone. Handala, nato dalla
penna di Naji al-Ali negli anni ’60,
è certamente la più conosciuta.
È un bambino profugo: «Io sono
Handala, vengo dal Campo Pro-
fughi di Ain al-Hilwa, e giuro che
rimarrò fedele alla mia causa e al
mio popolo»1. Ha undici anni, la
stessa età dell’autore al momen- Il “popolo” è centrale nel lavo-
to della fuga dal suo paese nata- ro dell’artista. È raffigurato quasi
le. Handala è l’alter ego di Naji, sempre come un contadino dai
la sua coscienza, ma anche la co- vestiti logori. È stato costretto ad

1
al-Hurriyyah, 20 agosto 1979.
16 IL BIANCO E NERO DI NAJI AL-ALI

abbandonare la propria terra per della maternità, la madre quindi,


diventare profugo come la mag- ma anche la terra, la Palestina.
gioranza dei palestinesi. Più pove-
ro di prima, non accetta la realtà.
Racconta la difesa della sua storia,
dei suoi diritti e della sua identi-
tà. La miseria e la dignità che lo
contraddistinguono, lo rendono
universale e cosmopolita, trasfor-
mandolo nel simbolo dell’arabo
medio oppresso, dal sudanese al
magrebino all’abitante di tutto il
Medioriente.
In altri casi l’autore prende in
prestito dalla realtà oggetti che
hanno già una loro forte conno-
tazione simbolica come ad esem-
pio la chiave. È consuetudine dei
profughi palestinesi conservare
la chiave della propria casa in Pa-
lestina nella speranza di poterci
ritornare. Quindi nelle vignette,
come nella realtà, questa imma-
gine simboleggia il ritorno sem-
pre agognato accompagnato dal
Un’altra figura maschile ricor- ricordo della propria terra, del
rente è quella del fedayin, il com- proprio villaggio, della propria
battente, con il volto e la testa casa, lontani nel presente ma mai
avvolti in una kefiyah. Ma Naji at- dimenticati.
tinge anche al suo vissuto perso-
nale. Asciagiara, le sue radici e la
terra sulla quale ha vissuto nella
sua infanzia, sono ricordi forti che
si incarnano nei tratti della zia Ha-
nife. È una donna bella ma triste,
forte e sincera, carica di rabbia,
vestita con gli abiti tradizionali del
villaggio natio dell’autore. La va-
lenza espressiva di questa figura
è tale da trasformarla nel simbolo
IL BIANCO E NERO DI NAJI AL-ALI 17

Anche i nemici vengono ben


delineati in una sorta di alfabeto
visivo, dove il singolo (il soldato
israeliano con la stella di David
sull’elmetto, la bandiera statu-
nitense, etc.) indica il totale (lo
Stato di Israele, l’Occidente, etc.).
Inoltre non è difficile trovare e ri-
conoscere caricature di personag-
gi specifici. Con la stessa lucidità
e imparzialità, Naji rappresenta
anche il nemico interno, forse il
più temibile: la ricca borghesia e
la burocrazia dei regimi arabi e
della leadership palestinese. Gra-
ficamente questi soggetti assumo-
no forme abominevoli e rotonde,
trasudanti l’opulenza ottenuta a
discapito del popolo: sono grasse
e informi tanto quanto scavato e
asciutto è il contadino palestinese.
Alcune vignette per essere meglio
contestualizzate geograficamente
sono arricchite con particolari di-
stintivi come le piramidi per indi-
care l’Egitto e le palme per i paesi
arabi del Golfo.

Attraverso questi semplici


simboli, l’arte di denuncia di Naji
al-Ali racconta la repressione e
l’occupazione, l’oppressione e
l’indifferenza, l’ingiustizia. Le sue
opere sono universali, superano i
luoghi e il tempo in cui sono nate,
per aiutarci a vedere e compren-
dere le ingiustizie del presente.
ATTENZIONE!
Il senso di lettura delle vignette è da destra a sinistra come mostrato nella figura.

Le parti tradotte in italiano seguono lo stesso schema destra-sinistra:

3 2 1
1 «Preoccupazione per gli arrestati»
2 «... Per i prigionieri»
3 «... E gli scomparsi.»
palestina
20 PALESTINA

al-Hilwa, nel sud del Libano e dal-


lo sguardo negli occhi dei nostri
genitori. Loro non rilasciavano
dichiarazioni, ma la tristezza dei
loro occhi ci diceva molto: piena
di rabbia si traduceva in urla e, a
volte, nei fatti.
La maggior parte delle donne e
degli uomini della mia generazio-
ne, negli anni ’50 ha subìto arro-
ganza e prepotenza e dal Campo
Profughi di Ain al-Hilwa in Li-
bano, da questo nostro piccolo
carcere, ci guardavamo intorno
chiedendo aiuto a tutte le forze
Naji al-Ali, metà anni ’60, Kuwait. del bene.
Quando è scoppiata la rivolta
ci siamo risollevati e abbiamo in-
vaso le strade del Campo gridando

«N
on considero quest’in- slogan e scrivendo sui muri frasi
tervista un dialogo inneggianti alla rivoluzione.
qualunque, ma un Non potevamo offrire altro, ma
testamento lasciato a te personal- eravamo partecipi con la nostra
mente e alle persone di buon sen- vita e con la nostra anima.
so che hanno a cuore il problema Quando mi vengono in mente
centrale: quello della patria, intesa queste immagini, mi rendo conto
non solo come Palestina ma come di quanto ci mancano quei mo-
tutta la terra araba dove i diritti dei menti, visto come il mondo arabo
popoli sono violati nella vita quo- è diventato, nei fatti, il cortile di
tidiana, nella libertà e nei sogni. casa degli USA.
Da dove cominciare? È stato dato un duro colpo alla
Forse dal momento del nostro rivoluzione palestinese. Sareb-
allontanamento dalla Palestina be opportuno fermarsi non per
verso il Campo Profughi di Ain auto-consolarsi ma per analizza-

Nota: Questa intervista è stata rilasciata a Budapest nel 1984 a Radwa Ashour ed è stata
pubblicata su al Muwajaha in Egitto nel 1985. Radwa Ashour è un’intelletuale e scrittrice
egiziana. Diversi suoi romanzi e racconti sono stati tradotti in lingue europee e in italiano.
I suoi lavori di critica includono un’opera sullo scrittore palestinese Ghassan Kanafani
e diversi saggi sulla letteratura moderna palestinese. Radwa è professoressa di inglese e
lettere comparate all’Ain Shams University de Il Cairo.
PALESTINA 21

re l’accaduto. Ho paura però che Hurriyya, la rivista dei progressisti


nessuno lo stia facendo. Ci stan- arabi dove lavorava.
no bombardando politicamente Anche se avevo conseguito un
in modo sistematico e mirato. Ci diploma come meccanico ed elet-
stanno colpendo e massacrando tricista, lavoravo come stagionale
da tutte le parti. nella raccolta delle arance e dei li-
Sono nato nel 1936 nel villag- moni. All’epoca non c’erano altre
gio di Asciagiara in Galilea, fra Ti- possibilità: non era consentito ai
beriade e Nazareth, e sono sfollato palestinesi occupare altri posti di
nel 1948 in uno dei Campi del Sud lavoro come ad esempio gli im-
del Libano, Ain al-Hilwa, vicino Si- pieghi comunali.
done. Ho cercato di proseguire i miei
Come gli altri del Campo, sen- studi e il mio modo di esprimer-
tivo il bisogno di esprimermi. Alle mi attraverso il disegno. È così
ricorrenze nazionali partecipavo che mi sono iscritto per un anno
alle manifestazioni e, come tutti, all’Accademia delle Belle Arti di
subivo prepotenza e prigionia. Beirut. Ma in quel periodo sono
In quel periodo ha cominciato finito per sei o sette volte in car-
a svilupparsi dentro di me il biso- cere. Ho iniziato così a insegnare
gno di disegnare, dovevo disegna- disegno in una scuola superiore a
re per forza; così ho cominciato a Tiro e, in seguito, ho avuto la pos-
tentare di esprimere le mie posi- sibilità di trasferirmi in Kuwait per
zioni politiche, i miei pensieri e la lavorare presso la rivista progres-
prepotenza che subivo, attraverso sista at-Tali’a.
i disegni sui muri. Tutte le volte Facevo il giornalista, il redatto-
che venivo arrestato, ero attento re, il capo-redattore e ho iniziato
ad avere con me la mia matita an- a occupare uno spazio stabile nel-
che in carcere. la rivista dove pubblicavo le mie
Il primo a incoraggiarmi ad caricature. Gradualmente questo
andare avanti è stato il defun- spazio si ingrandì e così ho inizia-
to Ghassan Kanafani. Una vol- to a presentare diverse vignette,
ta si era recato ad Ain al-Hilwa prima su una pagina intera e poi
per partecipare a una serata. Nel su due. Alla fine ho scoperto però
Campo avevamo un circolo molto che il lavoro settimanale non mi
modesto: una semplice baracca di bastava più. Avevo bisogno di un
lamiera. Ghassan è rimasto colpi- contatto giornaliero con la gente,
to dalle mie vignette disegnate sul motivo per cui ho scelto di lavora-
muro e ha voluto conoscermi. Si è re per un quotidiano. Cominciavo
fatto dare due o tre delle mie ope- a rendermi conto del ruolo della
re che ha subito pubblicato su al- caricatura. Per questo non vole-
22 PALESTINA

vo che altri intervenissero sul mio stati in prigione, ma è bastato un


lavoro, a maggior ragione quando solo anno in Kuwait perché molti
non c’era armonia tra la mia linea venissero assorbiti da questa so-
politica e quella del giornale. cietà. Sono diventati insensibili,
Notavo che i vignettisti della hanno dimenticato il loro dovere
vecchia scuola egiziana tendeva- nei confronti della loro gente e dei
no a usare troppo i dialoghi, cosa propri Campi Profughi.
che non lascia al lettore la pos- Proprio in quel periodo è nato
sibilità di usare la propria intel- il personaggio di Handala. L’ho
ligenza. Allora ho scelto di fare il presentato ai lettori spiegando-
contrario, di concepire una serie lo ampiamente: “Io sono Han-
di simboli che, se presentati con dala, del Campo Profughi di Ain
continuità, avrebbero potuto dar al-Hilwa, prometto di rimanere
vita a un linguaggio comune tra fedele alla causa…”. Per la verità
me e il lettore. questa era una promessa tra me e
Quando mi sono recato in Ku- me, e il personaggio di questo pic-
wait la mia idea era quella di met- colo bambino scalzo simboleggia
tere da parte dei soldi, come tutte la mia infanzia. Ho lasciato la Pa-
le persone che emigrano in queste lestina alla sua età e ancora vivo
società consumistiche, per andare in quell’età, nonostante il fatto che
successivamente a studiare dise- tutto ciò sia accaduto venticinque
gno a Il Cairo o a Roma. Però mi anni fa. I particolari di quel perio-
sono reso conto che la caricatura do non abbandonano la mia me-
mi dava più soddisfazioni rispet- moria e sento di ricordare, di co-
to all’eventuale allestimento, ogni noscere ogni minuzia, ogni pianta,
uno o due anni, di una mostra che ogni sasso, ogni casa, e ogni albe-
sarebbe arrivata solo a una deter- ro che ho visto in Palestina quan-
minata cerchia di persone. Il ruo- do ero bambino. Il personaggio
lo della caricatura mi convinceva, di Handala era per me un’icona
per cui ho deciso di rinviare le mie che non ha permesso al mio spi-
ambizioni personali a quando ri- rito di soccombere ogniqualvolta
avremo la nostra patria, se sarò sentivo un po’ di pigrizia, oppure
ancora in vita. Allora da vecchio quando stavo per dimenticare o
mi metterò in disparte e mi espri- trascurare i miei doveri. Questo
merò con i colori. bambino è come una goccia d’ac-
In Kuwait ho sofferto tanto, tan- qua sulla mia fronte che mi tiene
tissimo: la vita di un artista in una sveglio e mi protegge dal cadere
società consumistica non è sem- in errore e dal perdermi. Per me
plice. In Libano avevo tanti amici, è come una bussola che mi indi-
insieme si lottava, insieme siamo ca sempre la Palestina, non solo
PALESTINA 23

in senso geografico, ma anche Molti, tra quelli che detengono il


umano e simbolico, cioè la causa potere, non sono contenti del mio
giusta ovunque sia nel mondo: in lavoro. I regimi vogliono che l’ar-
Egitto, in Vietnam, in Sudafrica. tista, l’intellettuale o il giornalista
Personalmente sono a fianco sia uno dei loro strumenti e solo
della mia classe sociale, sono dal- in questo caso gli offrono favori,
la parte dei poveri e non posso li sostengono, ma per me l’artista
entrare in contraddizione con me deve rimanere sempre fedele alla
stesso o fare l’ipocrita. Per me la propria gente.
questione è chiara e non ho dub- Io sono di Ain al-Hilwa e la
bi: sono loro, i poveri, quelli che gente dei Campi Profughi è figlia
muoiono, che vengono arrestati della terra di Palestina. Non erano
e incarcerati, sono loro quelli che né commercianti né proprietari,
soffrono veramente. Ovviamente erano contadini, e quando hanno
ci sono quelli che, per i loro fini, perso la loro terra, hanno perso la
strumentalizzano la questione dei loro vita e sono finiti nei Campi. I
poveri e ci sono quelli che usano grandi borghesi non sono andati
la lotta come un trampolino per a finire lì. La gente dei Campi ha
fare carriera. Il vero combattente subìto la prepotenza, l’umiliazio-
conquista i suoi diritti insieme agli ne e la morte. Famiglie intere sono
altri, non a scapito degli altri. I no- state sterminate nei Campi, e pro-
stri guai e le nostre amarezze sono prio questi sono i palestinesi che
tante e non parlo solamente come mi interessano anche quando, per
palestinese, ma anche come pro- motivi di lavoro, sono lontano dal
fugo in un campo libanese, e sen- Campo.»
to di dovere tanto alla mia gente.

Naji al-Ali con i colleghi della rivista at-Talia, 1966, Kuwait.


24 PALESTINA

«Palestina nostra, non ti dimenticheremo.»

21 luglio 1985, al-Qabas, Kuwait


PALESTINA 25

1 novembre 1974, as-Safir, Libano


26 PALESTINA

«Betlemme.»

11 aprile 1982, as-Safir, Libano


PALESTINA 27

19 maggio 1986, al-Qabas, Kuwait


28 PALESTINA

27 dicembre 1984, al-Qabas, Kuwait


PALESTINA 29

2 gennaio 1987, al-Qabas, Kuwait


30 PALESTINA

21 luglio 1981, as-Safir, Libano


PALESTINA 31

Non pubblicata, al-Qabas, Kuwait


32 PALESTINA

14 luglio 1980, as-Safir, Libano


PALESTINA 33

«Torneremo.»

12 marzo 1987, al-Qabas, Kuwait


34 PALESTINA

«Il cimitero dell’esilio.»

26 luglio 1986, al-Qabas, Kuwait


PALESTINA 35

«I visti.»
«Il visto d’ingresso.»

20 luglio 1986, al-Qabas, Kuwait


36 PALESTINA

19 aprile 1987, al-Qabas, Kuwait


PALESTINA 37

16 aprile 1987, al-Qabas, Kuwait


38 PALESTINA

«Le colonie.»

11 settembre 1980, as-Safir, Libano


PALESTINA 39

10 novembre 1985, al-Qabas, Kuwait


40 PALESTINA

Non pubblicata, al-Qabas, Kuwait


PALESTINA 41

11 ottobre 1984, al-Qabas, Kuwait


Le carte compongono il numero “242”: è la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 22
novembre 1967, (vedi nota a pagina 117).
42 PALESTINA

4 agosto 1982, as-Safir, Libano


PALESTINA 43

8 aprile 1980, as-Safir, Libano


44 PALESTINA

«Non fare pace, non fare pace, non fare pace, non fare pace…»
«I Dieci Comandamenti.»

9 ottobre 1984, al-Qabas, Kuwait


La vignetta si riferisce a un’antica leggenda preislamica: il re Kulaib, trafitto a tradimento dal
cugino Jassas, scrive con il proprio sangue al fratello «Non fare pace», intendendo di guardarsi
dai cugini traditori. Dalla leggenda Amal Donkol ha tratto una poesia ancora oggi censurata dai
regimi arabi.
PALESTINA 45

9 novembre 1980, as-Safir, Libano


46 PALESTINA

1 aprile 1987, al-Qabas, Kuwait


PALESTINA 47

12 luglio 1986, al-Qabas, Kuwait


48 PALESTINA

«L’Intifada della Cisgiordania e di Gaza.»

24 dicembre 1986, al-Qabas, Kuwait


PALESTINA 49

30 marzo 1982, as-Safir, Libano


50 PALESTINA

28 febbraio1987, al-Qabas, Kuwait


PALESTINA 51

9 febbraio 1985, al-Qabas, Kuwait


52 PALESTINA

31 marzo 1982, as-Safir, Libano.


PALESTINA 53

«Infrangibile!»
Sulla maglietta: «Gaza».

19 marzo 1987, al-Qabas, Kuwait


54 PALESTINA

2 aprile 1982, as-Safir, Libano


«Fin dall’infanzia sono stato influenzato dal personaggio di Gesù Cristo. Ho letto la Torah, il
Vangelo e il Corano. Dentro di me porto una croce, e per due volte ho fatto il pellegrinaggio
a La Mecca. La prima vignetta a cui ho pensato raffigurava la mia crocifissione. Avevo 13-
14 anni. Non si trattava di disegnarmi appeso a una croce, ma nel senso che me ne andavo
alle Nazioni Unite portando la mia croce; un modo per esprimere la nostra situazione, il nostro
diritto violato… I buddisti protestano bruciandosi, questo è un modo per darsi ed esprimersi
politicamente. Gesù Cristo mi interessa come simbolo di emulazione e l’ho disegnato molte
volte non perché era palestinese, ma perché era perseguitato anche lui che era un profeta. Io lo
disegno come se fosse un libanese del Sud o un palestinese dei Campi Profughi.» Dall’intervista
a Naji al-Ali di Radwa Ashour, 1984
PALESTINA 55

1 aprile 1985, al-Qabas, Kuwait


56 PALESTINA

16 marzo 1981, as-Safir, Libano


PALESTINA 57

30 settembre 1982, as-Safir, Libano


58 PALESTINA

31 marzo 1982, as-Safir, Libano


libano
60 LIBANO

tornato, il Campo era come una


giungla piena di armi, però man-
cavano lucidità e chiarezza poli-
tica. L’ho ritrovato diviso in tribù,
invaso dai regimi arabi; gli arabi
del petrolio l’avevano comprato
e i petrodollari avevano corrotto
alcuni dei suoi giovani. Una volta
il Campo era terreno fertile per
la nascita e la formazione di veri
combattenti, però sono stati molti
i tentativi di bloccare e di inquina-
re questa crescita.
La mia accusa va in più di una
direzione. Sicuramente il tradi-
Naji al-Ali con la moglie Wedad e i
mento e la negligenza non sono la
bambini Layal, Khaled, Judi, 1974,
Libano. stessa cosa, però nessuno è esente
da responsabilità: i regimi arabi ci
hanno fatto soffrire ma anche la
stessa rivoluzione palestinese… E

«E
ro in Kuwait quando a questo spiega molto di quanto è
Beirut è nato il quoti- poi successo durante l’invasione
diano as-Safir. del Libano…
Mi ha contattato il direttore Talal Quando è iniziata l’invasione io
Salman chiedendomi di tornare ero a Sidone. I palestinesi dei Campi
in Libano per lavorare nel nuovo sentivano che non c’erano dei veri
giornale. Ho vissuto questo invito dirigenti, dei leader che li guidas-
come una salvezza (1974 ndc), ma sero. Israele ci ha invaso con tutta
quando sono arrivato ho sofferto la sua forza militare, ci ha attaccato
tanto per quello che ho trovato. Mi con l’obiettivo di farci dimenticare
sono reso conto che, prima dell’i- che esisteva qualcosa che si chiama
nizio della rivoluzione palestinese, Palestina. Sapeva che il momento
la gente del Campo di Ain al-Hilwa e la situazione erano a suo favore.
era decisamente più determinata. Né le condizioni dei regimi arabi,
All’epoca c’era un’adesione politi- né la situazione internazionale, né
ca più chiara, si sapeva con preci- lo stato della rivoluzione palesti-
sione chi erano gli amici e i nemi- nese potevano in quel momento
ci. C’era un obiettivo ben preciso sconfiggere Israele. I regimi arabi si
e definito: la Palestina, tutto il ter- erano neutralizzati da soli dopo gli
ritorio palestinese. Quando sono accordi di Camp David.
LIBANO 61

La rivoluzione palestinese ha testimoni, come lo sono io dal mo-


sempre inneggiato alla guerra po- mento che sono stato arrestato
polare. Tutta la dirigenza militare con tutta la mia famiglia. Tutta la
palestinese aspettava quest’inva- città di Sidone è stata arrestata… Ci
sione. Non sono un militare e non tennero per 3-4 giorni sulla spiag-
ho mai sparato un colpo in tutta gia, in riva al mare.
la mia vita, però penso che Israele, Quando il Sud del Libano fu
con l’invasione del Libano, avreb- del tutto occupato, ero molto an-
be potuto avere perdite decisa- gosciato. Volevo vedere il Campo
mente maggiori rispetto a quanto e sapere se ci fosse stata resisten-
è avvenuto. Qui, puoi percepire za e da parte di chi. Insieme a mio
l’esistenza di un complotto da par- figlio quindicenne mi sono recato
te dei regimi arabi, e non solo. In- lì; i corpi dei martiri caduti era-
tendo un complotto per pulire il no ancora per le strade, e intorno
Sud del Libano, per annientare la al Campo c’erano i carri armati
forza militare palestinese e per israeliani bruciati e non ancora
imporre soluzioni “pacifiche”. Lo rimossi. Mi è stato riferito che a
scopo era quello di farci accetta- difendere il Campo sono stati non
re la soluzione americana. Questa più di quaranta-cinquanta gio-
era la situazione dei regimi arabi, vani. Mentre le donne e i bambi-
e di questo quadro politico regio- ni erano nei rifugi sotterranei, gli
nale faceva parte lo stato della ri- israeliani avevano dato fuoco al
voluzione palestinese. Campo bombardandolo a tappeto.
Penso che fossimo in grado di Avevano fatto centinaia di vittime
infliggere più colpi alle forze di fra i bambini del Campo e della
invasione israeliana, ma i nostri città di Sidone. I giovani resisten-
Campi erano rimasti senza diri- ti avevano giurato tutti insieme di
genti. La nostra gente non poteva non arrendersi e di lottare fino alla
da sola affrontare la macchina mi- morte. Infatti neanche uno di loro
litare israeliana e il continuo bom- è stato catturato vivo dagli israe-
bardamento da terra, cielo e mare. liani. Gli invasori attaccavano di
La situazione era veramente umi- giorno, ma la notte loro uscivano
liante. La dirigenza era sparita nel dai nascondigli con le loro armi
nulla, i nostri Campi di lamiere e di leggere. E questo è quanto succes-
fango, una volta arrivati gli invaso- so nel Campo di Ain al-Hilwa. Lo
ri, sono stati trasformati in campi posso testimoniare e sono sicuro
di calcio e gli israeliani sono arri- che fatti simili sono accaduti negli
vati fino a Beirut. Malgrado ciò, la altri Campi Profughi.
resistenza all’interno dei Campi c’è Dai rifugi e nelle strade la gente
stata. I militari israeliani ne sono supplicava Dio, insultava i regimi
62 LIBANO

arabi e tutta la leadership, male- bambini si sono messe ad aggiu-


diceva la realtà che stava vivendo starle, con pietre e legna, come le
senza scagionare nessuno. Sentiva formiche quando ricostruiscono i
di poter contare solo sull’aiuto del loro nidi distrutti.
cielo per poter reggere il peso del Il vero obiettivo di Israele e
proprio destino. dell’Autorità Libanese era quello
A combattere è stata la popo- di cancellare i Campi Profughi,
lazione del Sud del Libano, com- vero nocciolo della rivoluzione
presa quella palestinese povera e palestinese. Per questo, in assen-
orgogliosa. Hanno preso in mano za degli uomini che erano stati
le armi: dobbiamo essere ricono- imprigionati o si erano nascosti a
scenti a questo grande popolo che causa delle persecuzioni israelia-
ci ha dato molto più di qualsiasi ne, le donne e i bambini hanno ri-
altro paese arabo, ha sofferto, ha costruito il Campo di Ain al-Hilwa.
avuto le case distrutte e il territo- I soldati israeliani temevano i
rio devastato. Il minimo che si può bambini. I nostri giovani già all’e-
dire è che la resistenza del popolo tà di 10-11 anni erano addestrati e
libanese è stata veramente leggen- sapevano usare anche le armi leg-
daria. I media arabi non si sono af- gere anticarro. Per questo, gli isra-
fatto impegnati nel far conoscere eliani avevano paura di entrare nel
il vero spirito combattente di que- Campo: lo facevano solo di giorno.
sti cittadini del Sud. Quando avevo lasciato il Libano,
Ad Ain al-Hilwa, le famiglie, il Campo di Ain al-Hilwa era di nuo-
bambini compresi, si sono di- vo in piedi. Su ogni muro distrutto e
sperse nelle campagne intorno al poi ricostruito veniva scritto “Viva
Campo. I soldati israeliani hanno la Rivoluzione Palestinese” oppu-
fatto radunare tutti i giovani e la re “Onore ai Martiri”. A mio parere
maggior parte di loro è stata arre- tutto avveniva in modo spontaneo,
stata e trasferita nel campo di de- l’orgoglio e la dignità spingevano
tenzione di Ansar. alcuni a prendere queste iniziative
A quel punto è diventato de- mentre molti altri si auguravano
terminante il ruolo delle donne. la morte. Gli israeliani ci avevano
Credo che nessun artista sia in portato a una situazione psicolo-
grado di rappresentare davvero gica tale per cui avevamo oltrepas-
ciò che hanno vissuto gli abitanti sato ogni forma di paura. Per noi la
del Sud. Mentre i corpi dei com- linea di confine tra la vita e la morte
battenti erano ancora nelle strade, non esisteva più.
le donne hanno cominciato a tor- Judi, la nostra figlia più picco-
nare nelle loro case di lamiera che la, era rimasta ferita nel 1981 poco
erano state distrutte. Con i loro prima dell’invasione del Libano
PALESTINA 63

Naji al-Ali con i colleghi di as-Safir (da destra)


Yusri Nasrallah, Diana Qousan, Mohamed Banjak, 1981, Libano.

durante un bombardamento mas- uomo nudo. La gente lo guardava


siccio condotto dalle milizie di in modo strano, con sospetto. Ho
Sa’d Haddad. Stavo dormendo e chiamato mia moglie Wedad, chie-
ho sentito le sue urla. L’ho portata dendole di portarmi una camicia e
dal medico che l’ha operata e tut- un paio di pantaloni. L’uomo però
tora la stiamo curando. Questa no- era grosso e alto di statura, per cui
stra tragedia, questo nostro dolore gli ha procurato una mia camicia
comunque non sono nulla rispetto e un paio di pantaloni di un no-
ai guai degli altri: ci sono famiglie stro vicino. La sua situazione era
che hanno perso cinque o sei figli. molto drammatica. Ho provato a
Durante tutto il periodo dell’in- chiedergli qualcosa ma non mi ri-
vasione ero angosciato dall’impo- spondeva, non parlava. Mi sono
tenza. Non potevo difendere nessu- informato su di lui e ho saputo che
no. E come avrei potuto farlo? Con era di Sidone, dove i bombarda-
una vignetta! Speravo di riuscire a menti erano continui, giorno e not-
salvare la vita anche a un solo bam- te. Era dovuto uscire per procurare
bino. L’invasione, dura e crudele, ha del cibo per i suoi figli, sperando
fatto perdere alla gente la ragione. di trovare qualche negozio aper-
Una volta, mentre rincasavo to nella città vecchia, dove i vicoli
con mio figlio Khaled, ho visto un sono coperti e quindi si può cam-
64 LIBANO

minare relativamente tranquilli. Solo chi ha vissuto quest’espe-


Non avendo trovato nulla di aper- rienza può rendersi conto dell’enor-
to è tornato indietro, ma ha trovato mità della tragedia. Alcuni sono riu-
la casa completamente distrutta: sciti a elaborarla, altri invece hanno
sotto alle macerie erano rimasti perso qualsiasi forma di equilibrio.
sua moglie e i suoi 7 o 8 figli. Così Non c’erano alternative.
ha perso l’equilibrio della ragione. A quel punto era la donna che
Quando gli israeliani ci hanno con- doveva difendere suo marito, ri-
dotto per radunarci sulla spiaggia, costruire la casa, procurarsi l’ac-
siamo passati davanti alla sua casa qua, cercare di sapere in quale
distrutta. Sulle macerie c’era un centro di detenzione erano i suoi
piccolo cartello scritto con un car- figli, partecipare alle manifesta-
boncino: “Attenzione qui riposa la zioni e lottare per la liberazione
famiglia di Tal dei Tali” (purtroppo degli uomini dalle carceri israelia-
ho dimenticato il nome di questa ne oltre a cercare di ripararsi dagli
persona). I corpi erano ancora sot- spari degli invasori.
to le rovine ed è stato lui stesso a Una mia amica italiana era ri-
scrivere questo cartello, l’aveva uscita una volta a fotografare le
scritto lui stesso. Così, ha perso il donne mentre venivano colpite
senno e la ragione, e si era messo dalle pallottole dell’esercito isra-
a vagabondare nudo per le strade. eliano. I soldati, inseguendola, l’a-
Questa è una delle tante im- vevano spinta e poi trascinata nel
magini drammatiche, tragiche che fango. Alla fine era riuscita a fug-
ricordo. Alcuni camminavano da- gire e ad arrivare a casa nostra, da
vanti ai carri armati israeliani e mia moglie Wedad. Le foto da lei
gridavano “Viva la Rivoluzione!” o scattate sono state poi pubblicate
“Abbasso Israele! Abbasso Begin!” su alcune riviste in occidente.
(Primo ministro israeliano dal 1977 In quei giorni l’esercito israe-
al 1983 ndc), nello sprezzo più asso- liano era solito accompagnare i
luto e incosciente del pericolo! giornalisti a Sidone per dimostrare
Nelle immediate vicinanze di loro come l’esercito israeliano of-
casa nostra c’era una piazza. All’im- frisse l’acqua ai bambini. La stam-
provviso sono arrivati dei grossi pa non era riuscita a individuare
bulldozer. Abbiamo pensato che gli né raccontare i massacri compiuti
israeliani stessero preparando un a Sidone. È vero che alcuni giorna-
posto di blocco, ma ben presto ci listi erano poi riusciti a scoprire e
siamo accorti che avevano raccol- rivelare quanto era successo a Sa-
to i cadaveri dalle strade e li stava- bra e Chatila, ma anche queste in-
no accumulando lì per seppellirli formazioni erano sempre parziali e
tutti insieme in una fossa comune. rispondevano a precisi fini politici.
PALESTINA 65

Naji al-Ali,
con (da destra) Michelle al-Nimri, Mureed al-Bargouti, inizio anni ’80, Beirut.

Il massacro di diverse miglia- zero. Se dalle mie parole percepi-


ia di palestinesi, non era fine a se sci che non sono contento della
stesso. Non volevano uccidere per rivoluzione, ti dirò di sì: non sono
uccidere. Il loro vero obiettivo era contento, non sono soddisfatto.
quello di ucciderci psicologica- Sento che la Palestina ha bisogno
mente, di farci disperare al punto di arcangeli, di soldati di Dio, di
da cedere rispetto al nostro diritto mille Che Guevara, di profeti che
alla Palestina. lottano, che combattono e di veri
Anche se qualcuno di noi si stan- dirigenti che sanno come rispon-
cherà di lottare, ci saranno sempre dere.
le nuove generazioni. La gente della Un giorno il bombardamento
mia età ha dato tanto, ma il com- su Beirut era molto violento. Tutte
plotto contro di noi è stato enorme le tipografie dei quotidiani si era-
perché sia i regimi arabi che la co- no fermate, tranne quella di as-
munità internazionale erano dalla Safir. Eravamo lì a lavorare. Dove
parte dei nostri nemici... potevamo trovare rifugio? Siamo
Al nostro popolo non manca- scesi al pianterreno dove c’erano i
no solo leader o dirigenti, manca macchinari per la stampa. I bom-
anche un partito con una politi- bardamenti sono continuati per
ca chiara in grado di ripartire da tutta la notte, senza risparmia-
66 LIBANO

re nessun angolo, nessuna casa. abbracciarci e baciarci con alle-


Quando sono uscito ho visto tutti gria perché eravamo ancora vivi,
gli edifici danneggiati, con buchi pensando che tutto si sarebbe ag-
nelle facciate che assomigliava- giustato per il solo fatto che era-
no tanto a nuove finestre. Allora vamo ancora vivi.
ho disegnato un fiore, proprio nel Quando è iniziato l’allontana-
buco creato da un razzo che aveva mento dei combattenti palestinesi
colpito la facciata di un palazzo, – a proposito, non avrei potuto as-
e ho scritto “Buongiorno Beirut”. sistere a questa scena, forse sarei
Quel “Buongiorno” dopo una not- crepato di cuore... Non ho potuto
te oscura come quella, acquisisce andare a salutare la resistenza e
un significato particolare. Imma- vedere la gente che buttava fiori e
ginati il lettore, dopo una notte di riso sui guerrieri – e quando la pri-
bombardamenti e di morte, aprire ma nave ha lasciato il porto, ho di-
il giornale e vedere la vignetta, ve- segnato la vignetta di un combat-
dere qualcuno che dà il buongior- tente che abbandonava la nave in
no a Beirut! È come quando ci sia- partenza e, tornando a nuoto ver-
mo ritrovati tutti, una volta cessati so riva, diceva: “Mi manchi Beirut,
i bombardamenti, per le strade ad sento già la tua mancanza”.»

Naji al-Ali disegna nella redazione di as-Asafir, 1982.


LIBANO 67

«Sei musulmano o cristiano?»


«Io ho fame.»

2 aprile 1975, as-Safir, Libano


68 LIBANO

Non pubblicata, al-Qabas, Kuwait


Il simbolo disegnato sull’abito è il cedro presente sulla bandiera del Libano
LIBANO 69

15 marzo 1976, as-Safir, Libano


70 LIBANO

1983, Secondo libro di Naji al-Ali, Libano


LIBANO 71

«Tu sei musulmano o cristiano?


Sunnita o sciita? Druso o alawita?
Copto o maronita? Greco cattolico o greco ortodosso...»
«Sono arabo, somaro!»

21 febbraio 1987, al-Qabas, Kuwait


72 LIBANO

14 dicembre 1982, as-Safir, Libano


LIBANO 73

«Il Sud.»

8 aprile 1974, as-Safir, Libano


74 LIBANO

Non pubblicata, al-Qabas, Kuwait


LIBANO 75

«Il Sud.»

17 settembre 1980, as-Safir, Libano


Negli anni ’70 Israele si è impossessato delle risorse idriche del sud del Libano.
76 LIBANO

28 luglio 1982, as-Safir, Libano


Invasione del Libano.
LIBANO 77

31 luglio 1982, as-Safir, Libano


78 LIBANO

28 maggio 1987, al-Qabas, Kuwait


LIBANO 79

«Buongiorno Beirut.»

5 agosto 1982, as-Safir, Libano


80 LIBANO

5 luglio 1982, as-Safir, Libano


LIBANO 81

26 luglio 1982, al-Shiraa, Libano


82 LIBANO

21 agosto 1982, as-Safir, Libano


LIBANO 83

Sulla barca: «Beirut.»

25 agosto 1982, as-Safir, Libano


84 LIBANO

24 dicembre 1983, al-Qabas, Kuwait


PLO = OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina).
LIBANO 85

Non pubblicato, al-Qabas, Kuwait


86 LIBANO

12 settembre 1982, as-Safir, Libano


LIBANO 87

1983, Secondo libro di Naji al-Ali


88 LIBANO

11 maggio 1986, as-Safir, Libano


LIBANO 89

«Campo Chatila.»

23 settembre 1982, as-Safir, Libano


Il «la» finale di «Chatila» è scritto con il sangue del bambino e significa anche «No».
90 LIBANO

«Sabra e Chatila.»
«Il cimitero dei martiri.»
Sul giornale: «Buona Festa».

17 settembre 1983, al-Qabas, Kuwait


LIBANO 91

«Il cimitero dei martiri di Sabra e Chatila.»

20 giugno 1985, al-Qabas, Kuwait


92 LIBANO

«Chatila e Sabra.»

6 ottobre 1982, as-Safir, Libano


LIBANO 93

«Cimitero dei martiri di Sabra e Chatila.»

29 ottobre 1982, as-Safir, Libano


94 LIBANO

21 ottobre 1982, as-Safir, Libano


10452 Km 2 è la superficie territoriale del Libano.
LIBANO 95

17 settembre 1982, as-Safir, Libano


96 LIBANO

25 ottobre 1983, al-Qabas, Kuwait


LIBANO 97

8 aprile 1984, al-Qabas, Kuwait


Durante l’invasione israeliana del Libano.
98 LIBANO

24 luglio 1982, as-Safir, Libano


paesi arabi
e occidente
100 PAESI ARABI E OCCIDENTE

Per me, la caricatura è un lin-


guaggio per comunicare con la
gente, per incitare, per criticare,
non per divertire. In un certo sen-
so, mi considero uno che graffia.
Vedo che la tristezza, il dolore e il
pessimismo che esprimo nei miei
disegni, sono condivisi dai citta-
dini rattristati e addolorati per la
situazione del mondo arabo.
In Kuwait ho creato il perso-
naggio di Handala per paura di
venire contaminato dalla società
consumista. Ho cercato di dise-
gnare vignette prive di commenti
e di individuare simboli che di-
venissero patrimonio comune
fra me e il lettore. Malgrado ciò,
Autoritratto. tantissime volte avrei voluto com-
mentare, scrivere un manifesto,
parlare alle persone ad alta voce e

«P
er me disegnare è una fare arrivare ai lettori il mio mes-
professione, un impe- saggio in modo chiaro, attraverso
gno, un hobby. Faccio tutti i canali possibili. A volte sen-
il vignettista da vent’anni, ma non to che ciò avviene a scapito, però,
mi sono mai sentito soddisfatto del del lato artistico della vignetta.
mio lavoro. Mi sento impotente, Capisco comunque che non devo
non riesco a utilizzare questo lin- guardare il lettore dall’alto. Cer-
guaggio espressivo per rappresen- co di utilizzare i miei personaggi
tare in pieno le mie preoccupazioni. simbolici, ma mi preoccupa molto
Disegnare mi aiuta a conserva- riuscire a trasmettere il mio pen-
re il mio equilibrio interiore, è la siero in modo chiaro alle persone
mia consolazione, ma anche la mia povere e semplici. Sono loro che
sofferenza. Alcune volte penso che mi interessano prima di tutto e
le vignette facciano di me un privi- soprattutto.
legiato rispetto agli altri, perché mi Quando osservo i giornali egi-
permettono di sfogarmi. Gli altri ziani che pubblicano caricature,
possono morire schiacciati dalle mi soffermo sulle prese di posi-
proprie preoccupazioni. Lo so, di- zione sincere, quelle che non si
segnare mi consola. vendono, che s’imprimono non
Naji al-Ali primi anni ’60.

solo nella mia memoria ma anche ne non rende gli uomini meno
in quella di tutta la gente. determinati, anzi inevitabilmente
Per quanto mi riguarda, non c’è fa loro tirare fuori tutte le ener-
differenza se il nemico è israeliano gie che hanno dentro. Tutte le
o arabo, se si chiama Mohamed, forze democratiche dovrebbero
Elias o Coin. Non sono razzista. muoversi in questa direzione; do-
La mia posizione contro la guerra vrebbero unire tutti i popoli della
del Libano è chiara. Era una guerra regione perché non c’è differenza
inventata, creata ad arte. Il povero fra un cittadino egiziano e uno
cristiano maronita è stato assolda- tunisino, ad esempio. Siamo di
to per combattere in difesa di una fronte a diritti violati e situazioni
classe borghese maronita, compli- umilianti.
ce di Israele, degli Stati Uniti e de- Attraverso i regimi arabi con i
gli arabi americanizzati. Il povero loro apparati polizieschi e i mass
palestinese, o il povero cristiano, media, gli Stati Uniti stanno fa-
muore con un velo davanti agli oc- cendo la guerra contro tutti noi.
chi, un velo che lo rende incapace Sono consapevole che questo è
di individuare quali siano i suoi un periodo grigio e buio, però io
veri nemici: sono queste le que- continuo a incitare e a gridare alla
stioni che cerco di spiegare con rivoluzione, a una vera rivoluzio-
molta insistenza. ne nonostante tutti i sacrifici. Da
Il complotto contro la regione queste lacerazioni, da tutte queste
continua, e la repressione è sem- pressioni e sofferenze sicuramen-
pre più intensa. Questa situazio- te nascerà qualcosa.»
102 PAESI ARABI E OCCIDENTE

«Kissinger.»

11 ottobre 1974, as-Safir, Libano


Kissinger: segretario degli Stati Uniti dal 1969 al 1977 durante le presidenze di Richard Nixon
e di Gerard Ford. Repubblicano, proviene da una famiglia tedesca di religione ebraica. Il suo
ruolo è fondamentale per negoziare la fine della guerra del 1973 fra Israele, Siria ed Egitto.
Israele deve ritirarsi sui confini precedenti lo scoppio della guerra e Kissinger pone le premesse
del riavvicinamento fra Stati Uniti ed Egitto. È l’avvio delle trattative fra Israele ed Egitto che si
concluderanno con la firma degli Accordi di Camp David sotto la presidenza Carter nel 1978.
PAESI ARABI E OCCIDENTE 103

13 febbraio 1975, as-Safir, Libano


104 PAESI ARABI E OCCIDENTE

«I diritti del popolo palestinese.»

28 febbraio 1979, as-Safir, Libano


PAESI ARABI E OCCIDENTE 105

29 marzo 1976, as-Safir, Libano


106 PAESI ARABI E OCCIDENTE

3 marzo 1970, as-Siyasah, Kuwait


PAESI ARABI E OCCIDENTE 107

Sul pullman: «Bus USA.»


Le due anime della leadership araba e dell’Olp:
Sopra: «Contrari alle trattative di pace».
Sotto: «Favorevoli alle trattative di pace».

1976, Primo libro di Naji al-Ali, Libano


108 PAESI ARABI E OCCIDENTE

12 novembre 1974, as-Safir, Libano


Sulla tenda è scritto ripetutamente l’anno: 1948.
PAESI ARABI E OCCIDENTE 109

«Siamo tutti fedayin.»

2 maggio 1969, as-Siyasah, Kuwait


110 PAESI ARABI E OCCIDENTE

11 gennaio 1970, as-Siyasah, Kuwait


PAESI ARABI E OCCIDENTE 111

7 maggio 1970, as-Siyasah, Kuwait


112 PAESI ARABI E OCCIDENTE

11 novembre 1969, as-Siyasah, Kuwait


PAESI ARABI E OCCIDENTE 113

12 agosto 1981, as-Safir, Libano


114 PAESI ARABI E OCCIDENTE

31 luglio 1983, al-Qabas, Kuwait


PAESI ARABI E OCCIDENTE 115

29 settembre 1983, al-Qabas, Kuwait


La donna presente nella vignetta è un riferimento alla figura biblica di Salomè.
116 PAESI ARABI E OCCIDENTE

17 maggio 1984, al-Qabas, Kuwait


PAESI ARABI E OCCIDENTE 117

«Venduta»

23 dicembre 1985, al-Qabas, Kuwait


Risoluzione 242, Consiglio di Sicurezza dell’ONU – 22 novembre 1967.
Afferma che il compimento dei principi della Carta richiede l’instaurarsi di una pace giusta e
duratura in Medio Oriente che dovrebbe comprendere l’applicazione dei due seguenti principi:
il ritiro delle forze israeliane dai Territori Occupati nel corso del recente conflitto; la cessazione
di ogni dichiarazione di belligeranza, rispetto e riconoscimento della sovranità, dell’integrità
territoriale e dell’indipendenza politica di ogni stato della regione e del loro diritto a vivere in pace
all’interno di frontiere sicure e riconosciute, al riparo dalla minaccia di atti di forza.
Afferma inoltre la necessità: di garantire la libertà di navigazione sulle vie d’acqua internazionali
della regione; di arrivare a una equa regolamentazione del problema dei profughi; di garantire
l’inviolabilità territoriale e l’indipendenza politica di ogni stato della regione, attraverso misure
comprendenti la formazione di zone smilitarizzate.
Di fatto questa risoluzione cancella il territorio storicamente riconosciuto come Palestina.
118 PAESI ARABI E OCCIDENTE

16 novembre, 1986, al-Qabas, Kuwait


PAESI ARABI E OCCIDENTE 119

15 dicembre 1984, al-Qabas, Kuwait


242, Risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU.
120 PAESI ARABI E OCCIDENTE

«I conflitti arabi.»

1983, Secondo libro di Naji al-Ali, Libano


PAESI ARABI E OCCIDENTE 121

14 aprile 1980, al-Watan, Kuwait


122 PAESI ARABI E OCCIDENTE

28 settembre 1984, al-Qabas, Kuwait


PAESI ARABI E OCCIDENTE 123

8 novembre 1985, al-Qabas, Kuwait


124 PAESI ARABI E OCCIDENTE

26 marzo 1985, al-Qabas, Kuwait


PAESI ARABI E OCCIDENTE 125

Yasir (in arabo): «Yasir (Yasir Arafat; ndc)».


Yes sir (in inglese): «Sì, signore».

Non pubblicata, al-Qabas, Kuwait


I governi arabi che dichiaravano fedeltà a Yasir (Yes sir) Arafat di fatto si sottomettevano a
Israele.
126 PAESI ARABI E OCCIDENTE

5 ottobre 1985, al-Qabas, Kuwait


PAESI ARABI E OCCIDENTE 127

2 giugno 1986, al-Qabas, Kuwait


242, Risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU.
128 PAESI ARABI E OCCIDENTE

5 gennaio 1986, al-Qabas, Kuwait


PAESI ARABI E OCCIDENTE 129

30 novembre 1985, al-Qabas, Kuwait


338, Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU – 22 ottobre 1973. Chiede a tutte le parti di
terminare ogni conflitto o attività militare immediatamente, con 12 ore al massimo di tempo. Con
la cessazione dei conflitti, inizierà l’applicazione della risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza
e partirà un negoziato fra le due parti per stabilire una pace duratura del Medio Oriente.
130 PAESI ARABI E OCCIDENTE

28 febbraio 1986, al-Qabas, Kuwait


PAESI ARABI E OCCIDENTE 131

19 dicembre 1983, al-Qabas, Kuwait


132 PAESI ARABI E OCCIDENTE

9 luglio 1985, al-Qabas, Kuwait


PAESI ARABI E OCCIDENTE 133

«Il Diavolo.»

23 dicembre 1974, as-Safir, Libano


134 PAESI ARABI E OCCIDENTE

«242: Conferenza Internazionale.»

8 marzo 1987, al-Qabas, Kuwait


PAESI ARABI E OCCIDENTE 135

«Ciò che è stato sottratto con la forza può essere ripreso solo con la forza.»

30 aprile 1987, al-Qabas, Kuwait


136 PAESI ARABI E OCCIDENTE

Non pubblicata, al-Qabas, Kuwait


petrolio
138 PETROLIO

«Q
ual è il ruolo dell’in- una bella poesia e vedo una bel-
tellettuale? la caricatura, mi risollevo e trovo
Ci aspettiamo da coraggio; invece quando vedo un
lui che salga a bordo di un carro grande intellettuale, un professo-
armato per combattere? Oppure re universitario o uno scrittore al
dovrebbe rimanere vicino alla soldo dell’una o dell’altra parte mi
sua gente per riportare ed espri- arrabbio. Uno può redigere tan-
mere le loro ansie e preoccupa- ti bei poemi sull’ulivo, ma se non
zioni? Sono tanti i regimi tiran- ama il contadino che l’ha piantato
nici, e penso che la democrazia e se non è disposto a morire per
avrà bisogno dei suoi martiri. Di lui, allora io non voglio né la sua
conseguenza, dire la verità è un poesia né lui. Come ha detto Gesù,
dovere, è necessario, e l’intellet- dov’è e qual è il valore di una per-
tuale deve stare in prima linea a sona che ha vinto tutto il mondo
incitare la gente. ma ha perso se stessa? Ma l’intel-
Anche se non sono un intel- lettuale, servo dei regimi arabi, di
lettuale, mi piace leggere le pa- Israele e dell’imperialismo, nasce
gine culturali dei giornali. Seguo già traditore? No. Secondo me ini-
gli sviluppi in piazza, ma riman- zia con una coscienza elastica e
go sempre in ansia perché sono poi cede piano piano fino a diven-
a conoscenza delle pressioni tare uno dei tanti mezzi dell’infor-
e dei tentativi di corruzione ai mazione ufficiale. Crede di essere
quali sono soggetti gli intellet- arrivato, di essere grande e im-
tuali. I petrodollari hanno già portante, ma in realtà è semplice-
contaminato molti e continuano mente un chiodo, uno strumento,
a mietere vittime. Quando leggo nient’altro, nulla di più.»

Naji al-Ali parla


al National Arts
festival, 1984,
Sharjah, Emirati
Arabi Uniti.
PETROLIO 139

5 febbraio 1980, as-Safir, Libano


140 PETROLIO

Non pubblicata, al-Qabas, Kuwait


PETROLIO 141

2 luglio 1979, as-Safir, Libano


142 PETROLIO

6 marzo 1981, as-Safir, Libano


PETROLIO 143

3 agosto 1982, as-Safir, Libano


144 PETROLIO

10 agosto 1981, as-Safir, Libano


PETROLIO 145

«La democrazia.»

14 marzo 1982, as-Safir, Libano


146 PETROLIO

4 settembre 1983, al-Qabas, Kuwait


PETROLIO 147

22 luglio 1980, as-Safir, Libano


148 PETROLIO

10 febbraio 1982, as-Safir, Libano


PETROLIO 149

«I tamburi della guerra!»

12 agosto 1984, al-Qabas, Kuwait


150 PETROLIO

9 dicembre 1982, as-Safir, Libano


PETROLIO 151

16 ottobre 1980, as-Safir, Libano


152 PETROLIO

Non pubblicata, al-Qabas, Kuwait


PETROLIO 153

1 giugno 1982, as-Safir, Libano


154 PETROLIO

20 aprile 1982, as-Safir, Libano


PETROLIO 155

28 ottobre 1984, al-Qabas, Kuwait


OPEC, Organization of the Petroleum Exporting Countries. Organizzazione dei Paesi
Esportatori di Petrolio. Fondata nel 1960, attualmente l’organizzazione comprende 12 paesi
associati. Il suo obiettivo è quello di coordinare le politiche petrolifere dei paesi membri per
garantire la stabilità del mercato del petrolio. Negoziando con le compagnie petrolifere mirano
a un rifornimento regololare, economico ed efficiente ai consumatori oltre a un giusto introito
alle industrie petrolifere.
156 PETROLIO

«Guerra Iran-Iraq.»

1985, Terzo libro di Naji al-Ali, Kuwait


PETROLIO 157

31 maggio 1984, al-Qabas, Kuwait


158 PETROLIO

Sul cartello: «Campo Profughi palestinese Ain al-Hilwa».


Sul giornale: «Il ruolo del petrolio nella battaglia».

Non pubblicata, al-Qabas, Kuwait


PETROLIO 159

Non pubblicata, al-Qabas, Kuwait


160 PETROLIO

29 marzo 1975, as-Safir, Libano


PETROLIO 161

«Il mondo arabo.»

25 febbraio 1975, as-Safir, Libano


162 PETROLIO

«BENVENUTI NEL GOLFO ARABO.»


«Parliamo arabo!»

2 giugno 1984, al-Qabas, Kuwait


PETROLIO 163

2 luglio 1985, al-Qabas, Kuwait


164 PETROLIO

8 gennaio 1985, al-Qabas, Kuwait


PETROLIO 165

20 marzo 1980, as-Safir, Libano


166 PETROLIO

1985, Terzo libro di Naji al-Ali, Kuwait


PETROLIO 167

«Pozzi petroliferi USA non toccare.»

4 aprile 1982, as-Safir, Libano


168 PETROLIO

4 aprile 1982, as-Safir, Libano


valori
universali
170 VALORI UNIVERSALI

«D
urante la guerra (l’in- paesi arabi se non troverò un gior-
vasione israeliana del nale che mi pubblicherà”. Sono ri-
Libano del 1982; ndc), masto fedele a questo voto e sono
mentre eravamo in un rifugio, deciso ad andare avanti rimanen-
ho pronunciato un voto davanti do fedele a questo voto. La guer-
a mia moglie: “Se rimarrò vivo, ra, la battaglia è ancora aperta, io
smaschererò tutta questa situa- ho ancora speranza e sento che è
zione che c’è nel mondo arabo, inevitabile ottenere i nostri diritti
con tutte le sue istituzioni e i suoi violati, prima o poi li otterremo, a
regimi, e lo farò sui muri di tutti i qualunque prezzo.»

Naji al-Ali con sua moglie Wedad, 1972, Il Cairo.


VALORI UNIVERSALI 171

30 luglio 1980, as-Safir, Libano


172 VALORI UNIVERSALI

«Libertà ai detenuti politici nelle carceri israeliane e arabe.»

5 dicembre 1979, as-Safir, Libano


VALORI UNIVERSALI 173

8 settembre 1980, as-Safir, Libano


174 VALORI UNIVERSALI

26 luglio 1975, as-Safir, Libano


VALORI UNIVERSALI 175

23 ottobre 1982, as-Safir, Libano


176 VALORI UNIVERSALI

Nel quadro: «La pazienza».


Sulla coperta: «Presto nelle piazze: LA RIVOLUZIONE DEGLI AFFAMATI.»

24 novembre 1986, al-Qabas, Kuwait


VALORI UNIVERSALI 177

28 luglio 1975, as-Safir, Libano


178 VALORI UNIVERSALI

«L’ultima cena.»

4 agosto 1980, as-Safir, Libano


VALORI UNIVERSALI 179

15 settembre 1975, as-Safir, Libano


180 VALORI UNIVERSALI

«La repressione.»

17 marzo 1981, as-Safir, Libano


VALORI UNIVERSALI 181

30 gennaio 1984, al-Qabas, Kuwait


182 VALORI UNIVERSALI

«La partecipazione.»

1 giugno 1975, as-Safir, Libano


VALORI UNIVERSALI 183

25 aprile 1975, as-Safir, Libano


184 VALORI UNIVERSALI

10 luglio 1975, as-Safir, Libano


VALORI UNIVERSALI 185

13 giugno 1975, as-Safir, Libano


186 VALORI UNIVERSALI

Sullo striscione: «Festa del Primo maggio: VIVA LA CLASSE OPERAIA».


Sotto (non è possibile di questa frase una traduzione letterale):
«All’inferno con questa vita, oh uomo».

1 maggio 1984, al-Qabas, Kuwait


VALORI UNIVERSALI 187

«Noi.»
« » = «Io.»

26 gennaio 1987, al-Qabas, Kuwait


188 VALORI UNIVERSALI

23 maggio 1981, al-Watan, Kuwait


VALORI UNIVERSALI 189

«La giornata della donna.»

14 marzo 1979, as-Safir, Libano


190 VALORI UNIVERSALI

«Ieri»
«… Oggi»
«… Domani.»

30 gennaio 1985, al-Qabas, Kuwait


VALORI UNIVERSALI 191

Non pubblicata, al-Qabas, Kuwait


192 VALORI UNIVERSALI

«Preoccupazione per gli arrestati»


«… Per i prigionieri»
«… E gli scomparsi.»

1 dicembre 1982, as-Safir, Libano


VALORI UNIVERSALI 193

Non pubblicata, al-Qabas, Kuwait


194 VALORI UNIVERSALI

2 novembre 1981, as-Safir, Libano


VALORI UNIVERSALI 195

«La Democrazia.»

2 settembre 1982, as-Safir, Libano


196 VALORI UNIVERSALI

Sul giornale: «Il dibattito democratico».

23 novembre 1984, al-Qabas, Kuwait


VALORI UNIVERSALI 197

«La democrazia.»

1985, Terzo libro di Naji al-Ali


198 VALORI UNIVERSALI

9 febbraio 1987, al-Qabas, Kuwait


VALORI UNIVERSALI 199

25 novembre 1984, al-Qabas, Kuwait


200 VALORI UNIVERSALI

24 gennaio 1984, al-Qabas, Kuwait


VALORI UNIVERSALI 201

1985,Terzo libro di Naji al-Ali, Kuwait


202 VALORI UNIVERSALI

20 giugno 1975, as-Safir, Libano


VALORI UNIVERSALI 203

1985, Terzo libro di Naji al-Ali, Kuwait


204 VALORI UNIVERSALI

6 dicembre 1982, al-Shiraa, Libano


VALORI UNIVERSALI 205

10 novembre 1986, al-Qabas International, Regno Unito


206 VALORI UNIVERSALI

21 gennaio 1985, al-Qabas, Kuwait


VALORI UNIVERSALI 207

16 luglio 1985, al-Qabas, Kuwait


208 VALORI UNIVERSALI

12 aprile 1984, al-Qabas, Kuwait


VALORI UNIVERSALI 209

«No al silenzia...to...re.»

30 dicembre 1984, al-Qabas, Kuwait


Con “silenziatore” si intendono la censura e tutti gli strumenti di repressione.
210 VALORI UNIVERSALI

«Cogito ergo sum.»

30 luglio 1980, as-Safir, Libano


VALORI UNIVERSALI 211

23 marzo 1980, al-Watan, Kuwait


212 VALORI UNIVERSALI

25 aprile 1987, al-Qabas, Kuwait


VALORI UNIVERSALI 213

13 ottobre 1982, as-Safir, Libano


© Olivier Blaise da qualche parte tra Gerusalemme e Ramallah sul muro di separazione
israeliana o Muro della vergogna, giugno 2007.

HANDALA OGGI.
L’EREDITA' DI NAJI AL-ALI
HANDALA OGGI. L’EREDITA' DI NAJI AL-ALI 215

© Palestine Speaks, disegno di Muhannad al-Azzeh nel Campo Profughi di al-Azzeh


vicino a Betlemme

© Yara Abbas, Ramallah, Palestina,11 luglio 2011.


Da destra: «L’intifada continua»; «Venticinquesimo anniversario dell’uccisione di Naji
al-Ali»
216 HANDALA OGGI. L’EREDITA’ DI NAJI AL-ALI

© Muhannad al-Azzeh, disegni di Muhannad al-Azzeh realizzati con l’aiuto


dell’Handala Cultural Center del Campo Profughi di al-Azzeh, 2010

© Muhannad al-Azzeh, disegni di Muhannad al-Azzeh realizzati con l’aiuto


dell’Handala Cultural Center del Campo Profughi di al-Azzeh, 2010
HANDALA OGGI. L’EREDITA’ DI NAJI AL-ALI 217

© Mahatta Gallery, foto scattata durante la preparazione della mostra di Naji al-Ali a
Mahatta Gallery, Ramallah, Palestina, maggio 2011

© Muhannad al-Azzeh, disegni di Muhannad al-Azzeh realizzati con l’aiuto


dell’Handala Cultural Center del Campo Profughi di al-Azzeh, 2010
218 HANDALA OGGI. L’EREDITA’ DI NAJI AL-ALI

© Sivan Halévy, Striscia di Gaza, Gaza, 2004

© Amjad Ghannan, caffè su carta, disegno di Amjad Ghannan su una cartolina spedita
a sua figlia (Zayan), dalla prigione politica di Al Jalbo’ dove Amjad è stato rinchiuso un
anno, 2011
HANDALA OGGI. L’EREDITA’ DI NAJI AL-ALI 219

© Joss Dray nelle strade del Campo Profughi palestinese di Chatila, Beirut, 2007

© Dareen Tatour, Campo Profughi di Dheisheh vicino a Betlemme, 2011


220 HANDALA OGGI. L’EREDITA’ DI NAJI AL-ALI

© Dareen Tatour, Campo Profughi di Dheisheh vicino a Betlemme, 2011

© Dareen Tatour, Campo Profughi di Dheisheh vicino a Betlemme, 2011


HANDALA OGGI. L’EREDITA’ DI NAJI AL-ALI 221

© Carlos Latuff, vignetta di Carlos Latuff in memoria di Vittorio Arrigoni, 2011.


INDICE

5 RINGRAZIAMENTI di Khaled Naji al-Ali

7 PREFAZIONE di Vauro Senesi

9 SENZA TROPPE PAROLE

15 IL BIANCO E NERO DI NAJI AL-ALI

19 PALESTINA

59 LIBANO

99 PAESI ARABI E OCCIDENTE

137 PETROLIO

169 VALORI UNIVERSALI

214 HANDALA OGGI. L’EREDITÀ DI NAJI AL-ALI


Naji al-Ali nel 1986 a Londra.
La storia politica e la produzione culturale palestinesi sono scandite dalle varie
fasi del conflitto con Israele. Le biografie di tanti artisti si incrociano quindi con
le storie scaturite dalla memoria collettiva di tutto il popolo e della realtà che
li circonda.
Attraverso le espressioni artistiche e culturali i palestinesi cercano di deline-
are e di documentare la propria storia e di preservarla da chi la vorrebbe già
nell’oblio. Sostenere il popolo palestinese significa prima di tutto farla cono-
scere nelle sue molteplici espressioni. Filastin di Naji al-Ali con le sue vignette
vuole essere un piccolo contributo per non dimenticare e per rompere l’isola-
mento di chi sta lottando con armi tragicamente impari. Per sostenere la cul-
tura palestinese e chi nonostante tutto continua a resistere, Eris Edizioni e il
Comitato di Solidarietà con il Popolo Palestinese di Torino devolveranno il ri-
cavato di questa opera a chi in Palestina continua a esistere e soppravvivere. Il
“muro del silenzio” che sovrasta quel lembo di terra è troppo assordante.

Copertina: Printomat 300 gr.


Interni: Diablo 140 gr.

Finito di stampare
nel mese di ottobre 2015
presso La Grafica Nuova,
via Somalia 108/32 Torino.

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