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Consideriamo una struttura con due conduttori paralleli, indenita, ad esempio un cavo coassiale.

La dierenza di potenziale tra i due conduttori, v, e la corrente, i, che uisce nel conduttore centrale sono funzioni del tempo t ma possono essere, e anzi sono, funzioni anche della posizione z lungo il cavo. Supponiamo infatti di applicare allistante t = 0 una dierenza di potenziare costante, ad esempio mediante un generatore, ad una certa sezione del cavo, che scegliamo come origine dellasse z. Allistante t = 0 la dierenza di potenziale in ogni punto del cavo ` evidentemente e Fig 1: Geometria di un cavo coassiale nulla. Se andiamo successivamente a misurare la dierenza di potenziale in un altro punto del cavo, di ascissa z = D, troveremo invece un valore di dierenza di potenziale pari alla tensione del generatore. Poich` questa dierenza di potenziale ` causata dalla inserzione del generatore, essa e e non pu` per` comparire prima che la relazione causaeetto abbia viaggiato da z = 0 a z = D, o o e quindi, in base alla teoria della relativit`, prima che sia trascorso un tempo TD = D/c, essendo a c = 2.9979 108 m/s 1 la velocit` della luce nel vuoto, non che la velocit` massima a cui si pu` a a o spostare una relazione causaeetto. Ovviamente allistante tD non vi pu` essere tensione oltre o z = D, in quanto non ` trascorso abbastanza tempo anch` la relazione causaeetto vi are e rivi, e quindi se consideriamo la tensione allistante tD (prendiamo una fotograa della tensione allistante tD ) troveremo che questa ` diversa nei vari punti della linea, ovvero dipende da z. e Per determinare le equazioni a cui soddisfano v(z, t) e i(z, t) occorre specicare le propriet` della struttura. a Per ora facciamo alcune ipotesi semplicatrici che poi nel seguito rimuoveremo, almeno in parte. 1) la struttura ha una geometria uniforme rispetto a z 2) i due conduttori sono di un materiale conduttore elettrico perfetto (C.E.P.). In altri termini la loro conducibilit` tende allinnito. Conseguenza immediata ` che allinterno a e di tali conduttori il campo elettrico (e di conseguenza quello magnetico) deve essere nullo, altrimenti dissiperebbe una potenza innita. Poich` la componente tangente del e campo elettrico E si conserva attraverso una supercie, allora alla supercie di un C.E.P. il campo elettrico ` necessariamente normale e pertanto lintegrale di linea di E su tale e supercie ` sempre nullo. e 3) la struttura ` vuota o riempita in maniera uniforme di un materiale le cui propriet` e a dielettriche e magnetiche non dipendono dal campo applicato (linearit`), siano costanti a del tempo (omogeneit` temporale) oltre che nello spazio (omogeneit` spaziale), non a a cambino per una rotazione relativa del campo esterno e del materiale (isotropia). Queste propriet` sono vericate, oltre che dal vuoto, da una larga classe di materiali utilizzati a nelle applicazioni elettromagnetiche.
1

     
Spesso si assume c = 3 108 m/s, con un errore di 0.2 %

4) i costituenti microscopici del materiale interno alla struttura siano privi di inerzia (non dispersivit` nel tempo). Tale propriet` `, invece, vericata solo dal vuoto e, con maga ae giore o minore approssimazione, da parte dei materiali di interesse. Pertanto questa ipotesi limita abbastanza il campo di applicabilit` di quanto diremo, a meno che non si a considerino segnali di tipo sinusoidale nel tempo. Vedremo infatti nel seguito che per tali segnali tutta la trattazione analitica, e buona parte dei risultati, prescindono da tale ipotesi. Le ipotesi 3) e 4) ci consentono di dire che tra le induzioni e i campi valgono relazione del tipo D = E B = H (1)

dove , sono costante dielettrica e permeabilit` magnetica del materiale, e si misurano rispeta tivamente in [F/m] e [H/m]. Nel caso del vuoto esse sindicano con 0 , 0 rispettivamente, e valgono 0 = 8.85 1012 F/m = 8.85 pF/m

0 = 4 107 H/m = 1.256 H/m 0 0

In materiali diversi dal vuoto ` utile introdurre le costanti relative e r = r = (2)

e nel seguito utilizzeremo indierentemente r 0 oppure . Va anche detto che alle frequenze di interesse r 1 per tutti i materiali usuali 2 . E quindi quasi sempre useremo direttamente 0 . In ogni caso, nelle ipotesi 3) e 4), basta sostituire = r 0 a 0 (e, analogamente, anche = r 0 ad 0 ) per passare dal caso di permeabilit` pari a quella del vuoto a quella di permeabilit` a a diversa. Cominciamo ad esaminare un tratto di linea di lunghezza z, piccola. I due conduttori di questo tratto costituiscono un condensatore con capacit` Cz, dove C (capacit` per unit` di lungheza a a za, che si misura in [F/m] ) dipende dalla geometria della linea e dal dielettrico interposto. Per un cavo coassiale, ad esempio, il condensatore ` un condene satore cilindrico per il quale

C = (r 0 )

2 b log a

(3)

essendo a, b i raggi interno ed esterno del cavo e r la costante dielettrica del materiale che riempie il cavo 3 .
2

z
Fig 2

Fanno eccezione materiali speciali, detti ferriti, costruiti per avere particolari propriet` maga netiche, e che in genere soddisfano solo alcune delle propriet` 3). Di essi, comunque, non ci a occuperemo in queste note Qui e nel seguito log x indica il logaritmo naturale di x. I logaritmi decimali saranno invece indicati con log10 .

Poich` la capacit` C di un condensatore ` proporzionale a r , pu` essere utile esprimerla e a e o nella forma C = r Ca essendo Ca la capacit` del medesimo condensatore quando il dielettrico ` il vuoto (o laria). a e In tal modo ` possibile separare il contributo del dielettrico (r ) e quello della geometria dei e conduttori (Ca ) alla capacit` totale. Del concetto di capacit` in aria Ca faremo spesso uso nel a a seguito. Tornando al nostro tratto di linea, consideriamo la corrente i(z, t) che scorre sul conduttore interno. Essa produce un campo magnetico le cui linee di forza si avvolgono attorno al conduttore. Si ha pertanto un usso concatenato col conduttore stesso e quindi un coeciente di autoinduzione Lz dove L (autoinduttanza statica per unit` di lunghezza, che si misura in a [H/m]) dipende dalla geometria dei conduttori e dalla permeabilit` magnetica del materiale che a riempie il cavo. Il coeciente di autoinduzione L ` in genere pi` complesso da calcolare di C, tranne che e u per geometrie molto semplici. Una di queste ` proprio il cavo coassiale. Infatti se sul conduttore e centrale scorre una corrente (continua) I, si ha un campo magnetico I /(2r) che si avvolge attorno a tale conduttore e che varia in modo inversamente proporzionale alla distanza dallasse del conduttore. Il usso concatenato attraverso il percorso ABCD (Fig. 2) vale allora
b

= LzI = 0
S

HdS = z0
a

Hdr

(4)

in quanto H ` costante in direzione ortogonale a r ed ` sempre ortogonale alla supercie ABCD. e e Inserendo lespressione di H segue: 1 L = 0 I
b a

1 Hdr = 0 I

b a

I 1 dr = 0 log |r| 2r 2

= 0
a

b log a 2

(5)

Il tratto z ` quindi equivalente a un circuito LC come in Fig. 3. Tensione e corrente ai e due terminali del circuito saranno diversi, in quanto calcolati rispettivamente in z0 e in z0 + z. Notiamo inoltre che la corrente ` scelta equiversa con lasse z. e

i(z) v(z)

L z

i(z+ z) C z v(z+ z)

Fig. 3: Circuito equivalente ad un tratto z di linea di trasmissione Applicando i principi di Kirchho al circuito di Fig. 3, si ottiene i(z0 ) = i(z0 + z) + iC (t) v(z0 ) = vL (t) + v(z0 + z) (6)

essendo iC (t) e vL (t) rispettivamente la corrente attraverso il condensatore e la caduta di tensione ai capi dellinduttore (vedi Fig. 4).

L z vL iC Cz

Fig. 4: Denizione di vL e iC Ricordando che dvC diL vL (t) = Lz dt dt e che vC (t) = v(z0 + z, t) e iL (t) = i(z0 , t) (vedi Fig. 3,4) si ottiene da (6), riordinando i termini iC (t) = Cz dv(z0 + z, t) dt di(z0 , t) v(z0 + z, t) + v(z0 , t) = Lz dt Dividendo per z e passando al limite per z 0 si ottiene i(z0 + z, t) + i(z0 , t) = Cz di(z, t) dv(z, t) =C dz dt dv(z, t) di(z, t) =L dz dt

(7)

(8)

che prendono il nome di equazioni delle linee di trasmissione 4 . Notiamo esplicitamente che le (8) valgono per ogni linea di trasmissione. La struttura sica della linea (geometria e materiale) entra solo attraverso le costanti L e C che sono dette costanti primarie della linea. Poich` ogni e linea ` costituita da innite celle del tipo di Fig. 2, tali costanti primarie L e C sono distribuite e lungo tutta le linea. Si parla allora di circuiti a costanti distribuite per indicare circuiti che contengono anche linee di trasmissione, per dierenziarli dagli ordinari circuiti, in cui le costanti, ovvero induttanza e capacit`, sono localizzate in componenti puntiformi e che vengono pertanto a ` detti a costanti concentrate. E naturalmente possibile, e viene fatto normalmente, inserire nei circuiti con linee di trasmissione anche componenti concentrati passivi (induttori, condensatori, resistori e cos` via) e attivi (generatori reali 5 ma per trattarli come tali, applicando ad essi i principi di Kirchho, essi devono appunto essere concentrati) ovvero occupare una estensione sucientemente piccola che per essi valgano per lappunto i principi di Kirchho. Le equazioni (8) sono state introdotte inizialmente [?] per studiare la propagazione di un segnale telegraco e prendono anche il nome di equazioni dei telegrasti. Tali equazioni, e quindi la propagazione di un segnale lungo la linea, dipendono dalle costanti primarie L, C, che sono caratteristiche di ogni data linea e vanno quindi calcolate caso per caso, come abbiamo visto per il caso di un cavo coassiale. Daltra parte, per questultimo segue, moltiplicando (3) e (5)
4 5

Ovviamente nella (8) si ` indicato il punto z0 , che ` un punto generico della linea, con z. e e Ci limitiamo per ora a considerare generatori reali di tensione o di corrente, rimandando a pi` u avanti una discussione sul signicato e lutilizzo di generatori ideali nelle linee di trasmissione

LC =

0 log 2

b a

(r 0 )

2 = (r 0 )0 = b log a

c r

(9)

In altri termini, il prodotto LC per un cavo coassiale ` pari allinverso del quadrato e della velocit` della luce nel mezzo che riempie il cavo. a Ora si pu` dimostrare che il risultato (9) vale per qualunque struttura guidante con o simmetria cilindrica, purch` delimitata da almeno due conduttori e con il dielettrico che la e riempie trasversalmente omogeneo. Pertanto il calcolo di L non ` necessario, bastando quello e della sola capacit` per ottenere anche la autoinduttanza, il che ` un vantaggio notevole essendo, a e come gi` detto, pi` semplice calcolare C che L (ed evidentemente molto pi` comodo calcolarne a u u uno solo, anzicch` entrambi). e

Prima di addentrarci nelle propriet` generali delle (8) e nel calcolo della loro soluzione a generale (che verr` per` fatto solo per il caso di soluzioni che varino sinusoidalmente nel tempo) a o vediamo di trovare qualche soluzione particolare delle (8) e di discuterne le propriet`. Le (8) a sono equazioni dierenziali a derivate parziali, in cui le variabili sono z, t. Cerchiamo soluzioni, se esistono, che dipendono da tali variabili solo tramite la grandezza z vp t, essendo vp una costante (dimensionalmente una velocit) da determinare. Poniamo cio` a e v(z, t) = V(z vp t) i(z, t) = I(z vp t) I = vp C V V = vp L I I = vp C 1 I= vp L V V (10)

dove V e I sono funzioni da determinare, e sostituiamo nelle (8).

ovvero

dove il punto indica la derivata della funzione rispetto al proprio argomento. Le (11) costituiscono un sistema lineare omogeneo che pu` avere soluzione solo se le due equazioni sono o equivalenti, ovvero se vp L = 1 vp C
2 vp =

che ssa il valore di vp . La costante vp L = (vp C)1 , che lega V e I e che ` dimensionalmente una impedenza, ` e e anchessa una caratterisica della linea e prende il nome di impedenza caratteristica della linea di trasmissione. Tale grandezza sindica in genere con Z0 . Dalla (12) segue quindi

  
(11) 1 LC (12) 5

Z0 = vp L =

1 = vp C

L C

(13)

2 Notiamo poi che le equazioni dei telegrasti determinano solo vp e quindi vi saranno + + + soluzioni funzione di = z vp t e soluzioni funzione di = z vp t, essendo vp la radice 1 + quadrata positiva di (LC) e vp = vp . Dalle (11) segue poi

dV dI = Z0 d d e, a parte una costante arbitraria che possiamo ssare pari a 0, V( + ) = Z0 I( + )

(14)

(15)

che ` lunica condizione imposta sulla V (ed I). Allo stesso modo si ottene V( ) = Z0 I( ). e In altri termini, dette f e g due funzione arbitrarie, sono separatamente soluzioni delle equazioni dei telegrasti sia v(z, t) = f (z vp t) 1 i(z, t) = f (z vp t) Z0 sia v(z, t) = g(z + vp t) (17) 1 i(z, t) = g(z + vp t) Z0 Prendiamo in particolare la (16). Se consideriamo la fotograa della tensione a due istanti diversi di tempo, t1 e t2 , otteniamo rispettivamente f (z vp t1 ) e f (z vp t2 ). In altri termini i due andamenti di tensione sono uguali come forma ma si trovano in punti diversi dellasse z. Se f () ` diversa da 0 solo tra 0 e Z, allora la tensione allistante t1 ` diversa da e e 0 tra z = vp t1 e z = vp t1 + Z, mentre la tensione allistante t2 ` diversa da 0 tra z = vp t2 e e z = vp t2 + Z (vedi Fig. 3). La funzione f (z vp t) rappresenta dunque una onda ovvero una congurazione di campo che si muove nello spazio con velocita nita misurabile, mantenendosi riconoscibile 1 . Il moto di unonda ` detto propagazione. Naturalmente questa onda deve avere una causa 2 (ovvero una e sorgente ) posizionata per valori di z negativi (ovvero minori di quelli in cui stiamo considerando londa) e attiva precedentemente agli istanti t1 , t2 in cui stiamo guardando tale onda. La velocit` di propagazione dellonda descritta da f (z vp t) si ottiene immediatamente a come rapporto tra lo spazio percorso nel moto e il tempo impiegato percorrerlo, e vale vp t2 vp t1 = vp t2 t1
1 2

(16)

(18)

Nel nostro caso, anzi, si mantiene esattamente inalterata la forma e persino la ampiezza. Si ricordi lesempio del generatore costante applicato alla linea del paragrafo 1. In quel caso la tensione occupa zone via via pi grandi dellasse z al crescere di t, ovvero si muove allontananu dosi dalla sorgente.

2.5

v(z,t) [unita arbitrarie]

t1

t2

1.5

0.5 v t1 0 1 v t2 2 z 3 4 [unita arbitrarie] 5 6

Fig. 1: Andamento della tensione nello spazio negli istanti t1 e t2 (con t2 > t1 ). Londa descritta da f (z vp t) ` pertanto unonda che si propaga nel verso positivo e dellasse z con velocita pari a vp . Allo stesso modo si pu` vericare che g(z + vp t) rappresenta o unonda che si propaga con la stessa velocita, ma nel verso negativo dellasse z. Si pu` cio` dire o e che i vettori velocit` delle due onde sono vp iz e vp iz . Le due onde prendono anche il nome di a onda progressiva e onda riessa. Notiamo esplicitamente che, separatamente per le due onde, la forma di tensione e di corrente ` la stessa (a parte un cambio di segno per londa riessa). e Daltra parte le equazioni dei telegrasti sono lineari, e quindi, qualunque siano le funzioni f e g, anche v(z, t) = f (z vp t) + g(z + vp t) ` una possibile onda di tensione. La corrispondente onda di corrente vale per` e o i(z, t) = 1 f (z vp t) g(z + vp t) Z0 (20) (19)

e quindi la forma di tensione e di corrente ` diversa ed il loro rapporto (che separatamente per e le due onde di (16) e (17) ` costante e pari a Z0 ) diviene funzione di (z, t). Si pu` dimostrare e o che le (19,20) costituiscono la soluzione generale di (8). Dalla (12) e dalla (9) segue che vp = 1 = LC c = r (r 0 )0 1 (21)

ovvero la velocit` di propagazione delle onde in una linea di trasmissione ` numericamente a e pari alla velocit` della luce nel mezzo che riempie la linea stessa, ma ` indipendente dalle a e caratteristiche geometriche della linea. Viceversa limpedenza caratteristica di una linea dipende in maniera essenziale sia dalle caratteristiche del mezzo, sia dalla geometria ( e dimensioni ) della struttura. Per un cavo coassiale, ad esempio, si ha (vedi (3,5) )

Z0 = essendo

L = C

0 log 2

b a

1 log 2(r 0 )

b a

0 log 2 r

b a

(22)

0 =

0 = 377 0

una grandezza detta impedenza intrinseca del vuoto (intrinseca perch` dipendente solo dalle e caratteristiche elettromagnetiche del mezzo). 0 / r viene in genere chiamata, analogamente, impedenza intrinseca del mezzo considerato.

Il caso pi` interessante di propagazione di onde elettromagnetiche ` quando queste u e variano sinusoidalmente nel tempo in ogni punto con la stessa pulsazione (ovvero con la stessa frequenza f = /2 ). Ci` ` possibile ad esempio se tutte le sorgenti dellonda sono sinusoidali oe con la stessa pulsazione 1 . Sappiamo che una grandezza sinusoidale v(t) = VM cos(t + ) pu` essere rappresentata da un numero complesso o v(t) VM ej (24) (23)

nel senso che (a) la corrispondenza ` biunivoca: noto il numero complesso A associato alla grandezza e a(t), questultima vale a(t) = Re Aejt (25)

dv j VM ej (26) dt Se ora consideriamo una v(z, t) sinusoidale, per ogni punto z possiamo considerare il corrispondente numero complesso. Ci` conduce alla corrispondenza (generalizzazione della (24)) o
1

 
(b) tutte le operazioni lineari (somma, moltiplicazione per un numero reale, derivazione, integrazione) possono essere fatte indierentemente sulle due rappresentazioni. In particolare
A rigori, questo ` vero in quanto L, C sono costanti (ovvero non dipendono n` dal tempo n` dalla e e e ampiezza dei campi). Le equazioni che regolano il fenomeno (nel nostro caso le equazioni dei telegrasti) devono cio` essere lineari e a coecienti costanti anch` a una sorgente sinusoidale e e corrisponda un eetto sinusoidale con la stessa frequenza.

essendo V (z) una funzione complessa, denita da

v(z, t) V (z)

(27)

v(z, t) = Re V (z)ejt

(28)

Per distinguere il caso in cui si utilizza la rappresentazione come funzione di (z, t) da quella in cui si utilizzano i numeri complessi corrispondenti, si parla di dominio del tempo (DT) nel primo caso e di dominio della frequenza (DF) nel secondo (si dir` quindi tensione nel DT o a nel DF , equazioni nel DT o nel DF e cos` via). Tutte le operazioni rispetto al tempo si eseguono considerando z come un parametro. Viceversa, per quelle rispetto a z, la corrispondenza (28) ` e trasparente, nel senso che v(z, t) V (z) dv(z, t) dV (z) dz dz (29)

e analoghe. Se le onde sono sinusoidali, le equazioni dei telegrasti (8) prendono la forma (equazioni dei telegrasti nel DF ) dV (z) = jLI(z) dz (30) dI(z) = jCV (z) dz dove V (z), I(z) sono i numeri complessi rappresentativi di v(z, t), i(z, t) rispettivamente (ovvero tensione e corrente nel DF ). Le (30) sono diventate equazioni dierenziali ordinarie, la cui soluzione si ottiene derivando la prima rispetto a z e sostituendo d2 V (z) dI(z) = jL 2 dz dz

ovvero

dI(z) dalla seconda per ottenere dz d2 V (z) = jL jC V (z) dz 2

d2 V (z) + 2 LC V (z) = 0 (31) dz 2 a cui associare la prima delle (30) per ottenere I(z). Introduciamo la costante reale (positiva) denita da 2 = 2 LC La soluzione generale della (31) pu` essere scritta nella forma o V (z) = V + ejz + V ejz essendo V , V
+

(32)

(33)

due costanti (complesse) arbitrarie.

Per ottenere il signicato sico della soluzione (33) occorre passare nel DT utilizzando la (28): v(z, t) = |V + | cos(z t + + ) + |V | cos(z + t + ) = |V | exp(j ). Ora cos(z t + ) = cos (z t) +

(34)

avendo posto V

e quindi i due termini della (34) rappresentano due onde che viaggiano nella direzione positiva e in quella negativa dellasse z con velocit` / . Anche nel caso sinusoidale, ognuna di tali a onde ha una causa, localizzata per z rispettivamente minore e maggiore della zona in cui stiamo considerando le due onde. Poich` da (12) segue e 1 = = vp LC (35)

la (34) rappresenta un caso particolare della (19), in cui le funzioni arbitrarie sono funzioni cosinusoidali del loro argomento. Data la forma di tale argomento, z vp t, segue che la soluzione ` e ovviamente cosinusoidale nel tempo (ovvero ssato z), ma deve essere anche necessariamente cosinusoidale nello spazio (ovvero per ogni istante di tempo la distribuzione spaziale della tensione ` e /vp gioca allora il ruolo della pulsazione ed il corrispondente una cosinusoide). La costante = periodo spaziale = 2 (36)

prende nome di lunghezza donda. La costante , che determina come londa si propaga, viene detta costante di propagazione. Le costanti V + , V sono le ampiezze (complesse) dellonda progressiva e di quella riessa, misurate per z = 0. Pu` essere utile riscrivere la (33) mettendo in evidenza londa progressiva o V (z) = V + ejz 1 + V 2jz e = V + ejz 1 + (z) V+ (37)

Lultima uguaglianza della (37) denisce la funzione (z), che prende il nome di coeciente di riessione e misura il rapporto tra lampiezza dellonda riessa e quella dellonda incidente 1 . Una importante propriet` del coeciente di riessione ` che, essendo reale, |(z)| a e ` costante. e A partire dalla rappresentazione (33) si ottiene, dalla prima della (30), landamento della corrente, come I(z) = V + ejz V ejz L (38)

Ovviamente anche nella (38) vi sono i due termini di onda progressiva e riessa, col segno meno tra di essi. Inoltre dalla (32) segue che /L ` linverso della impedenza caratteristica, si e ha cio` anche e
1

Si noti che, spesso, si indica la quantit` (0) = V /V + semplicemente col simbolo . a

10

L = C Possiamo scrivere anche la corrente in una forma analoga alla (37) come Z0 = I(z) = 1 + jz V e 1 (z) Z0

(39)

(40)

Dalle (33) e (38) si vede immediatamente che una linea di trasmissione, 0 pur potendo anche essere costituita da due conduttori paralleli, si comporta in maniera completamente diversa da due li percorsi da corrente continua (o di bassa frequenza). Per tale motivo si usano simboli speciali per indicare le linee di trasmisFig 4: Simbolo di una linea di trasmissione; sione. Noi utilizzeremo il simbolo in Fig. e Z0 sono le costanti secondarie della linea. 4, in cui in genere sono riportati costante di propagazione e impedenza caratteristica della linea, oppure le costanti primarie 0 L e C 2 . Per contrasto, indichemo con un tratto sottile i conduttori, e le connessioni, di lunghezza innitesima su cui, quindi, Fig 5: Simbolo alternativo di linea. valgono i principi di Kirchho e non le equazioni dei telegrasti (30). Poich` il e lo inferiore di una linea ` generalmente comune a tutte le linee (e costituisce la massa del e circuito), talvolta verr` sottinteso, per esigenze grache, rappresentando la linea col simbolo di a Fig. 5.

La soluzione (33,38) della equazione dei telegrasti prende il nome di soluzione viaggiante in quanto costituita da onde che viaggiano. Tuttavia richiede, per essere scritta, la conoscenza separatamente delle ampiezza di tali onde (nello stesso, ma anche eventualmente in punti diversi). In molti casi ` invece nota tensione e corrente in un certo punto z = della linea. Conviene e allora scrivere la soluzione della (31) in termini di funzioni trigonometriche. Si ha cos` V (z) = V ( ) cos (z ) + A sin (z ) (41)

in cui si ` direttamente tenuto conto che la costante davanti al cos (z ) vale V ( ). La corrente e corrispondente vale
2

 
Il simbolo non vuole aatto indicare che solo le linee bilari sono linee di trasmissione (cos` come quello di resistenza non indica che queste devono essere costituite da un lo a zigzag). Viceversa esso si usa per tutte le linee trasmissione, ovvero ogni qualvolta valgono le (30)

11

I(z) = La corrente per z =

V ( ) sin (z ) A cos (z ) jL

(42)

vale I( ) = A jL

da cui segue il valore della costante A A = j e le (41,42) diventano V (z) = V ( ) cos (z ) jZ0 I( ) sin (z ) (44) j I(z) = I( ) cos (z ) V ( ) sin (z ) Z0 che sono le soluzioni cercate. Passando nel DT possiamo anche ottenere linterpretazione sica della soluzione (44). Prendendo uno dei termini a caso, ad esempio il primo, si trova, nel DT Re V ( ) cos (z )ejt = |V ( )| cos (z ) cos(t ) (45) L I( ) = jZ0 I( ) (43)

essendo la fase di V ( ). La (45) non ` pi` unonda ma una congurazione stazionaria di e u campo che oscilla nel tempo. in altri termini, fotograe successive della tensione mostrano sempre la stessa forma. Cambia solo la ampiezza (ovvero la tensione si contrae e si espande) ed eventualmente il segno, come in Fig. 1. A congurazioni stazionarie simili si perviene considerando gli altri termini di (44). La soluzione (44) ` detta quindi soluzione stazionaria. e
3

v(z,t) [unita arbitrarie]

-1

-2

-3 0 2 4 6 8 z [unita arbitrarie] 10 12 14

Fig. 1: Andamento della tensione nello spazio per una onda stazionaria in istanti di tempo successivi. I vari termini di una soluzione stazionaria non sono onde, e quindi non hanno una sorgente, o causa, immediatamente riconoscibile. Poich` per` ogni termine della (44) pu` essere e o o ottenuto come la sovrapposizione (interferenze) tra unonda progressiva e unonda riessa di pari ampiezza, sovrapposizione che d` proprio luogo alla congurazione stazionaria (44), ogni termine a della soluzione stazionaria deve avere una causa localizzata per z inferiore e una localizzata per z superiore alla zona in cui vale la (44).

12

Notiamo inne che spesso le (44) sono scritte (e usate) per = 0, ovvero ponendo lorigine dellasse z nel punto in cui si conoscono tensione e corrente, ottenendo V (z) = V (0) cos z jZ0 I(0) sin z j I(z) = I(0) cos z V (0) sin z Z0 (46)

Le soluzioni trovate nei paragra precedenti valgono solo se la geometria ` uniforme e rispetto a z. Tuttavia capita molto spesso che tale ipotesi non sia soddisfatta. Ci` pu` avvenire o o per dierenti motivi: la linea di trasmissione forma delle curve; le propriet` geometriche o elettromagnetiche della linea variano con continuit` rispetto a a a z; la struttura in esame ` costituita da pi` tratti di linea omogenea, connessi insieme. e u Il primo caso capita abbastanza spesso ma leetto delle curve pu` normalmente essere o trascurato, in particolare se la frequenza non ` troppo elevata. Molto comune ` anche il terzo e e caso, che esamineremo in dettaglio in questo paragrafo, almeno per quanto riguarda gli eetti principali. In realt`, nelle discontinuit` tra linee omogenee occorre tener conto anche di ulteriori a a eetti, oltre a quelli che vedremo in questo paragrafo, ma la loro importanza ` paragonabile e alleetto delle curve, e di essi ci occuperemo alla ne di queste note. Per semplicit`, non a considereremo invece il caso di linee con propriet` variabili con continuit`. a a Il problema di pi` tratti di linea omogenea connessi insieme si pu risolvere, in linea di u o principio, scrivendo la soluzione generale delle equazioni delle linee (30) in ogni zona omogenea, e poi collegandole attraverso le superci di discontinuit` tra le linee. In tal modo si perviene a a un sistema lineare nelle ampiezze incognite delle soluzioni, che va risolto con una delle numerosissime tecniche disponibili. Tuttavia la complessit` computazionale di tale procedura cresce a rapidamente col numero di tratti omogenei diversi, e contemporaneamente si riduce altrettanto rapidamente la comprensione sica del fenomeno. Conviene allora esaminare pi` da vicino il u problema delle discontinuit` in una linea di trasmissione, iniziando dal caso pi` semplice, quello a u di una sola discontinuit` tra due linee illimitate. a Supponiamo allora che i parametri della linea siano L1 , C1 no ad una certa sezione, che assumiamo come origine dellasse z, e L2 , C2 dopo tale sezione. La struttura viene alimentata con sorgenti poste in z = che quindi, in una linea omogenea, produrrebbero una onda progressiva V (z) = Vi ej1 z (47)

in cui indichiamo col pedice 1 tutte le costanti (primarie e secondarie) della linea per z < 0 e col pedice 2 quelle della linea per z > 0. Ovviamente la ampiezza Vi dipende dalla ampiezza della sorgente utilizzata, mentre la forma (47) di V (z), ne ` indipendente e dipende solo dal fatto che e la linea ` omogenea e uniforme. e

  
13

Londa progressiva (47) sar` presente, ma non da sola, anche nella struttura attuale e a anzi deve essere considerata la causa prima dei campi che troveremo in essa. In tal modo si divide lo studio della discontinuit` da quello della interazione tra sorgenti e linea (che serve a a determinare lampiezza della onda che viaggia verso la discontinuit`). Il campo (47) prende il a nome di campo (onda) incidente ed ` denito come quel campo che esisterebbe nella struttura e se questa fosse priva di discontinuit` e con costanti uguali a quelle della linea 1. Quando londa a (47) incide sulla discontinuit`, produce una onda riessa nella linea 1 e una onda trasmessa nella a linea 2. In altri termini la tensione totale nella struttura sar` a V (z) = dove V1 (z) V2 (z) se z 0 se z 0 (48)

V1 (z) = Vi ej1 z + Vr ej1 z V2 (z) = V2 (0)ej2 z

(49)

Naturalmente le (49) sono anche la soluzione generale delle equazioni dei telegrasti (30), separatamente per le linee 1 e 2, equazioni che descrivono le propriet` locali della linea. a Vi ` solo una modica: ` stata posta a zero la ampiezza dellonda riessa nella linea dunque in e e quanto, essendo tale linea illimitata, non vi sono cause per z > 0 che possano produrre una tale onda. Anche la corrente ha la stessa forma di (48,49) I(z) = con I1 (z) = I1 (z) se z 0 I2 (z) se z 0 (50)

1 Vi ej1z Vr ej1 z Z1 1 V2 (0)ej2 z I2 (z) = Z2 Per poter determinare le costanti Vr , V2 (0) e cos` completare la soluzione del nostro problema, occorre ricordare che alla sezione z = 0 della linea devono essere continui i componenti del campo elettrico E t e del campo magnetico H t tangenti alla supercie di discontinuit`, e quindi trasversi rispetto a z Poich` la dierenza a e di potenziale tra i due conduttori V (z) ` lintegrale di e linea di E t su di un percorso che unisce i due conduttori, come AB in gura 1, e la corrente nel conduttore centrale I(z) ` la circuitazione di H t su di una curva e che circonda il conduttore centrale, come in gura 1, allora la continuit` di E t , H t implica quella di tensione a e corrente, ovvero V1 (0 ) = V2 (0+ ) I1 (0 ) = I2 (0+ )

(51)

A B
Fig 1
2

(52)

14

Imponendo le (52) alle soluzioni (49,51) segue Vi + Vr = V2 (0)

(53) Z1 V2 (0) Vi Vr = Z2 Le (53) sono un sistema lineare non omogeneo che consente di determinare le ampiezze incognite Vr , V2 (0) Poich` queste ultime devono essere proporzionali a Vi per la linearit` del e a problema, conviene introdurre il coeciente di riessione alla interfaccia Vr (54) Vi che coincide col coeciente di riessione denito nella (37) e valutato in z = 0. Dalla prima delle (53) segue allora = V2 (0) = 1+ Vi e sostituendo nella seconda delle (53) si ha 1 1+ = Z1 Z2 da cui segue, risolvendo, = e anche V2 (0) Z2 Z1 2Z2 =1+ = (57) Vi Z2 + Z1 Z2 + Z1 Le relazioni (56,57) possono anche essere espresse in termini dellinversa Yi della impedenza caratteristica, parametro che viene detto ammettenza caratteristica. In particolare la (57) diventa = Y1 Y2 Y2 Y1 = Y 1 + Y2 Y2 + Y1 (58) Z2 Z1 Z2 + Z1 (56) (55)

Le relazioni (56,57) sono applicabili anche in altri casi, oltre a quello di discontinuit` a dei parametri per il quale sono state ricavate. Ad esempio, se si ha una linea, di costanti L1 , C1 che termina ad z = 0 e tale che a questa sezione V (0+ ) = ZC I(0+ ) (59)

      
15

la tensione e corrente sulla linea sono date ancora da V1 (z), I1 (z) di (49,51). Dalla (52) segue allora Vi + Vr = V (0+ )

(60) Z1 + Vi Vr = V (0 ) ZC che hanno per soluzione ancora le (56,57). Quindi sulla linea 1 vi sar` una onda riessa di a ampiezza Vr = Vi e in z = 0+ la tensione sar` a V (0+ ) = (1 + ) Vi (62) con = ZC Z1 ZC + Z1 (61)

tensione che coincide con quella al termine della linea 1 medesima. Ad esempio se in z = 0 vi ` un C.E.P., allora E t ` nullo e quindi V (0+ ) = 0. La (59) e e pu` essere usata con ZC = 0 e segue allora = 1. Se invece vi ` un C.M.P., allora sar` nullo o e a + e a H t nonch` I(0 ). Nella (59) il parametro ZC dovr` andare allinnito. Conviene in tal caso passare alle ammettenze, denendo YC = 1/ZC e usando la (58). I(0+ ) = 0 implica YC = 0 e segue allora da (58) che = 1. La relazione (59) vale ovviamente anche quando la linea e nita e chiusa su di una impedenza generica ZC concentrata. Infatti, oltre il termine della linea valgono i principi di Kirchho, per cui I(0+ ) ` uguale alla corrente che scorre in ZC e V (0+ ) alla tensione ai suoi e capi. Vale quindi la (59) e il coeciente di riessione sulla linea 1 ` dato dalla (61). e I casi di conduttore perfetto equivalgono quindi ad un corto circuito (C.E.P., con ZC = 0) o a un circuito aperto (C.M.P., con YC = 0) . Se ZC ` reale, allora sar` reale anche e in e a particolare positivo se ZC > Z1 e negativo nel caso contrario. Se ZC ` immaginario puro, ZC = jX con X reale, allora e jX Z1 || = 1 (63) jX + Z1 La discussione del paragrafo precedente mostra poi che una linea illimitata a destra ` indistinguibile, restando a sinistra del suo inizio, da una resistenza di valore pari alla sua e impedenza caratteristica, in quanto entrambe le situazioni danno esattamente coeciente di riessione nullo. Una ulteriore generalizzaZ1 zione si consegue notando che, per il teorema di Thevenin, una qualunque rete lineare passiva a una sola porta ` equivalente, allestere no della rete stessa, a una impedenza Zin detta impedenza di inZ in gresso della rete. Se una tale rete Fig 1: Linea chiusa su di una rete 1porta generica. ` connessa al termini di una linea, e come in gura 1, produrr` sulla a linea 1 una onda riessa con coeciente di riessione =

16

= e la tensione allingresso della rete varr` a Vin =

Zin Z1 Zin + Z1 2Zin Vi Zin + Z1

(64)

(65)

Nei paragra precedenti abbiamo considerato una linea di trasmissione con una sola discontinuit`, ma ovviamente sono possibili, e molto comuni, anche casi con pi` discontinuit`. a u a Anche in tal caso e possibile risolvere il problema in passi, utilizzando opportunamente il concetto di impedenza di ingresso derivato dal teorema di Thevenin. In particolare occorre calcolare limpedenza di ingresso di un tratto di lunghezza L di linea di trasmissione (gura 1), chiusa su di un carico ZC Dal teorema di Thevenin segue che Z ZIN VIN = IIN
L Z in
0

(convenzione dellutilizzatore), dove VIN e IIN sono evidentemente anche pari alla tensione e alla corrente allingresso della linea. Daltra parte tra tensione e corrente alluscita della linea vale la relazione VOU T = ZC IOU T (66)

Se prendiamo un asse z lungo la linea, con origine allingresso, possiamo esprimere VOU T IOU T in funzione di IIN e di VIN = ZIN IIN utilizzando le (46): VOU T = V (L) = IIN ZIN cos L jZ0 sin L IOU T = I(L) = IIN Sostituendo nella (66) si ha ZIN cos L jZ0 sin L = ZC cos L jZIN e risolvendo rispetto a ZIN si trova ZC cos L + jz0 sin L ZC + jZ0 tan Lo = Z0 (68) Z0 cos L + jzc i sin L Z0 + jZC tan L come impedenza di ingresso di un tratto di linea di lunghezza L chiuso su di un carico pari a ZC Le due espressioni precedenti sono ovviamente equivalenti, e verranno utilizzati entrambe a seconda delle necessit`. a Vediamo i principali casi particolari che possono vericarsi ZIN = Z0 ZC sin L Z0 ZIN cos L j sin L Z0

    
17

ZC

Fig 1: Impedenza di ingresso di una linea.

(67)

a: ZC = Z0 Se la linea ` chiusa sulla sua impedenza caratteristica, la sua impedenza di ingresso ` e e anchessa pari a Z0 qualunque sia L Ne segue che per una linea chiusa sulla sua impedenza caratteristica non ` possibile, dallesterno, determinarne la lunghezza. Inoltre una e linea nita chiusa sulla sua impedenza caratteristica ` indistinguibile anche da una linea e denita. In tutti questi casi si parla quindi genericamente di linea adattata. Dallesterno tutti i casi di linea adattata sono indistinguibile in quanto su di una tale linea si ha (z) = 0 e pertanto non vi ` alcun segnale che trasporti allingresso informazioni su e quanto avviene al termine della linea. Il fatto che su una linea adattata risulta (z) = 0 implica anche che, se ` ssata la potenza e incidente, la condizione di linea adattata garantisce il massimo usso di potenza lungo la linea e quindi la massima potenza assorbita dal carico al termine della linea. b: ZC = 0 In questi casi, che corrispondono rispettivamente ad una linea chiusa in corto circuito, oppure oppure ad una linea aperta, limpedenza di ingresso ` puramente immaginaria. e YC = 0 Per ZC = 0 risulta ZIN = jZ0 tan L mentre per analizzare il caso di circuito aperto, conviene prima calcolare YIN prendendo linverso della (68) e poi moltiplicandolo per Y0 YC = (Z0 ZC )1 1 YIN = Se YC = 0 si ha YIN = jY0 tan L = ZIN = jZ0 ctgL 1 Z0 cos L + jzc i sin L YC + jY0 tan L = Y0 Z0 ZC cos L + jz0 sin L Y0 + jYC tan L (69)

c: Re(ZC ) = 0 sostituendo ZC = jXC (con XC reale) nella (68) si vede che anche in tal caso ZIN ` e immaginario puro ZIN = jZ0 d: e: L = 0 In tal caso banalmente ZIN = ZC XC + Z0 tan L Z0 XC tan L

f:

2 L = n , Anche in tal caso, essendo L = n = n e tan L = 0 segue ZIN = ZC . 2 2 n intero Pi` in generale, per la periodicit` di tan L risultano indistinguibile linee, chiuse sullo u a stesso carico, che hanno una dierenza tra le loro lunghezze che un multiplo intero di /2. L= In tal caso L = e usando la prima delle (68) si ha 4 2 ZIN =
2 Z0 ZC

(70) + n , purch` n sia intero, per il e 4 2

Ovviamente allo stesso risultato si perviene se L = medesimo motivo indicato nel caso e). g:

L = In tal caso la (68) non ` pi` applicabile, ma dallanalisi dei paragra precedenti sappiamo e u gi` che ZIN = Z0 a
1

Si noti la analogia strettissima tra la (68) e la equazione seguente

18

h:

L=

In questo caso, che verr` utilizzato pi` avanti, tan L = 1 e a u 8 ZC + jZ0 ZIN = Z0 Z0 + jZC Concludiamo questo paragrafo notando esplicitamente che, nonostante il teorema di Thevenin non dia informazioni su quanto avviene allinterno della rete, nel caso in cui questa sia passiva (come qui) il bilancio di potenza media totale della rete sostituita si pu` ottenere dalla o sola ZIN (vedi discussione al termine del paragrafa precedente)

Consideriamo una linea, di parametri , Z0 chiusa, allascissa z = e indichiamo con C il coeciente di riessione sul carico 1 C = Dalla (37,61) segue che (z) = C e2j(z
)

che vale, pi` in generale, se al posto di C inseriamo ( ) purch` tra le ascissa z e la linea sia u e omogenea. Se tra le due sezioni considerate vi sono discontinuit` di qualunque tipo la (71) non a ` valida. Immediata conseguenza della (71) ` che su di una linea omogenea (ideale) e e |(z)| = cost

e in genere indicheremo tale costante, che ` un parametro globale associato alla linea, con || e Possiamo anche porre C = ||ejC (z) = ||ej[2(z
)+C ]

avendo posto 0 = arg (0 ). |V | e |I| dipenderanno allora da z in quanto vi dipende il termine in parentesi quadra e possiamo determinare i massimi e minimi di tensione e corrente esaminando solo il modulo di tale ultimo fattore. In entrambi i casi abbiamo a che fare col modulo della somma di due numeri complessi, i quali numeri complessi hanno modulo costante e fase variabile. In tal caso il massimo si ha
1

 
su di un carico ZC ZC Z0 ZC + Z0 (71) (72) Dalla (72) e dalla (37,40) possiamo scrivere V (z) = I(z) = V + ejz 1 + ||ej(2z+0 ) 1 + jz 1 + jz V e 1 ||ej(2z+0 ) = V e 1 + ||ej(2z+0 +) Z0 Z0 (73)
ovvero C ` il coeciente riessione sulla linea, ma alla estremit` di essa in contatto col carico. e a

19

quando i numeri complessi hanno la stessa fase (a meno di multipli di 2) . Pertanto, poich` e arg(1) = 0 max |V (z)| = |V (zV )| =
z

|V + | (1 + ||) 1 |V + | (1 + ||) Z0

con con

2zV + 0 = 0 + 2p1 2zI + 0 + = 0 + 2p2

max |I(z)| = |I(zI )| =


z

con p1 , p2 interi. Invece il minimo si ha quando (sempre meno di multipli di 2) le fasi dei due numeri complessi dieriscono di . Il minimo di tensione si ha quando [2z +0 ][0] = +2p3 ovvero nel punto zI e analogamente il minimo di corrente si ha in zV min |V (z)| = |V (zI )| =
z

|V + | (1 ||) 1 |V + | (1 ||) Z0

min |I(z)| = |I(zV )| =


z

` In altre parole, |V (z)| ` massimo dove ` minimo |I(z)| e viceversa. E interessante notare e e esplicitamente che sia in zV , sia in zI , (z) risulta reale e quindi in tale punti V (z) e I(z) hanno la stessa fase. Il rapporto tra il valore massimo e quello minimo di tensione (o di corrente) prende il nome di rapporto donda stazionaria, ROS o, con acronimo inglese SW R (Standing wave ratio) S= maxz |V (z)| 1 + || = minz |V (z)| 1 || (74)

S aumenta al crescere di || passando da S = 1 per una linea adattata no a S = per una linea chiusa su di un carico reattivo, per il quale (vedi (60)) || = 1 ` E possibile anche associare ad ogni punto z0 una impedenza, denendola come limpedenza di ingresso del tratto di linea che inizia da z = z0 . Naturalmente Z(z) ` anche il rape porto tra V (z) e I(z) (questultima orientata concordemente allasse z), come ` facile vericare. e Limpedenza Z(z) cos` denita ` evidentemente una funzione periodica con periodo /2, legata e a (z) da (z) = ovvero Z(z) = Z0 1 + (z) 1 (z) Z(z) Z0 Z(z) + Z0

Se || = 1, poich` (z) assume tutte le possibili fasi in ogni tratto lungo /2, allora e Z(z) assumer` sia il valore 0 che il valore 1 . Se invece || < 1 allora |Z(z)|, e quindi sia la a parte reale R(z), sia quella immaginaria X(z), saranno limitate e avranno massimo in minimo. Particolare interesse hanno gli estremi di R(z). Per ottenerli partiamo dal calcolare la derivata di Z(z)
1

Ovviamente purch` la linea sia lunga almeno /2 . e

20

dZ 1 = 2 dz I

dV dI I V dz dz

(75)

Usando le equazioni delle linee per le derivate di V ed I si trova dZ 1 = 2 dz I Da (76) segue dZ 2 = jZ0 + j Z 2 = j Z 2 Z0 dz Z0 Z0 (77) Z0

(jZ0 I) V

(76)

La (77) ` una equazione dierenziale nonlineare che tra laltro contente di calcolare e numericamente Z(z) anche per linee con costanti variabili con z [ ]. Nel nostro caso possiamo ottenere, prendendo la parte reale di (77), la derivata di R(z). Posto Z = R + jX si trova dR 2 = Re j R2 X 2 + 2jRX Z0 dz Z0 RX Z0

=2

(78)

Poich` R(z) ` sempre diverso da zero, allora i punti estremali R(z) sono quelli in quelli e e in cui X(z)=0 ovvero i punti zV ,zI gi` visti. a In tali punti il coeciente di riessione (z) ` reale, e quindi risulta reale anche Z(z). e Calcolando il rapporto tra tensione e corrente in zV e in zI si trova che su di una linea Z0 R(z) Z0 S S (79)

e analoga relazione vale per la resistenza di ingresso di una linea al variare della sua lunghezza. Calcolando la derivata della ammettenza si trova poi che anche la conduttanza G(z) soddisfa relazioni analoghe alle (79): Y0 G(z) Y0 S S (80)

essendo Y0 = 1/Z0 . Ovviamente analoga relazione vale anche per la conduttanza di ingresso di una linea al variare della lunghezza della linea stessa. Quindi il rapporto d onda stazionaria S fornisce anche l intervallo di variazione della parte reale di impedenza e ammettenza lungo una linea 1 . Occorre comunque notare che R(z) o G(z) possono non raggiungere i loro valori limite se la linea non ` abbastanza lunga. e
1

Si pu` dimostrare in modo analogo che anche |Z(z)| e |Y (z)| lungo una linea sono limitati, e o anzi hanno esattamente gli stessi limiti (79) ed (80).

21

Alla propagazione di tensione e corrente in una linea di trasmissione ` associato un e trasporto di energia, e quindi un usso di potenza. Nonostante questultima grandezza non sia una funzione lineare di tensione e corrente, la rappresentazione nel DF pu` essere utilizzata o anche in questo caso, sia pure in maniera non immediata. Consideriamo di nuovo le linea rappresentata con una successione di celle a costanti concentrate (Fig. 3 del paragrafo 1 ). La potenza istantanea che uisce attraverso una sezione alla ascissa z ` e p(z, t) = v(z, t) i(z, t) (81)

Nel caso sinusoidale tale potenza vale (usando la (33)) e sottintendendo lascissa z per semplicit di scrittura a 1 1 |V ||I| cos(V I )+ |V ||I| cos(20 t+V +I ) (82) 2 2 dove |V | exp(jV ), |I| exp(jI ) sono i numeri complessi corrispondenti a v(t), i(t), e sono state usate le formule trigonometriche di Werner. Se calcoliamo il valore medio su di un periodo di p(t) p(t) = |V | cos(0 t+V )|I| cos(0 t+I ) =
T 1 p(t) dt T 0 essendo T il periodo dellonda sinusoidale, si ottiene la potenza attiva (o media)

1 1 |V ||I| cos(V I ) = Re V I (84) 2 2 Pertanto nel DF non ` possibile determinare la potenza istantanea ma ` possibile cale e colare facilmente la potenza media, ovvero quella che ha eetti energetici. 1 Bench` la conoscenza della potenza attiva sia in genere quella di interesse, pu` essere e o utile anche valutare la parte oscillante della potenza istantanea. Infatti, quanto pi` il suo valore u massimo < p(t) >= PV M =
1

     
< p(t) >= (83) 1 |V | |I| 2
Notiamo che espressioni come la (84) non sono speciche della potenza media. Ogni qualvolta una grandezza ` il prodotto di due fattori sinusoidali (uguali o diversi) il suo valore medio e ` dato da una espressione come la (84). Ad esempio la potenza istantanea dissipata in una e resistenza R percorsa da una corrente i(t) ` e pR (t) = Ri2 (t) = R i(t) i(t) Se i(t) ` sinusoidale il suo valore medio vale e < pR (t) >= R Re 1 1 II = R|I|2 2 2 essendo I il numero complesso corrispondente a i(t).

22

` grande, ssata la potenza attiva, tanto pi` grandi saranno le ampiezze di tensione e corrente e u necessarie a fornire quella data potenza attiva. Limitare tali valori massimi in molti casi ` utile, e ad esempio per ridurre la dissipazione di potenza lungo la linea di alimentazione, o necessario, ad esempio se le strutture utilizzate hanno valori limite di corrente o, pi` spesso, di tensione u sopportabili. Per valutare PV M possiamo notare che
2 PV M = Re

1 VI 2

+ Im

1 VI 2

e quindi basta considerare insieme la potenza attiva e la cosiddetta potenza reattiva, denita da PR = Im 1 VI 2

Fissata la potenza attiva, al crescere della potenza reattiva aumenta anche la parte oscillante della potenza istantanea PV M Si denisce allora una potenza complessa P (z) = 1 V (z)I (z) 2 (85)

in modo che la potenza attiva che uisce una sezione allascissa z ` la parte reale di tale potenza e complessa, la potenza reattiva quella immaginaria e PV M = |P (z)|

La potenza complessa (85) pu` essere calcolata a partire dalle espressioni di tensione e o corrente sulla linea, utilizzando sia le espressioni progressive (37,40), sia quelle stazionarie (46). Per comodit`, riscriviamo le espressioni progressive come a V (z) = V + ejz 1 + e2jz (86) 1 + jz V e 1 e2jz I(z) = Z0 avendo indicato col simbolo il rapporto V /V + . Sostituendo le (86) nella (85) si ottiene P (z) = 1 |V + |2 1 ||2 + 2jIm e2jz 2Z0 (87)

da cui si ottiene immediatamente la potenza attiva PA (z) = 1 |V + |2 1 ||2 2Z0 (88)

e la potenza reattiva che, ponendo = ||ej , pu` essere scritta in una delle due forme seguenti o PR (z) = 1 |V + |2 2Im e2jz 2Z0 = 1 |V + |2 2|| sin(2z + ) 2Z0 (89)

23

Dalla (88) si vede immediatamente che il usso di potenza attiva risulta costante lungo tutta la linea. Questo ovviamente cera da aspettarselo in quanto, essendo la linea priva di perdite, non vi pu` essere variazione del usso di potenza. Tale usso risulta pari alla dierenza o tra due termini, un primo termine indipendente dal valore del coeciente di riessione Pinc = e un secondo pari a Pr = Pinc ||2 1 |V + |2 2Z0 (90)

Il primo di questi due termini ` evidentemente anche la potenza che uisce nella linea e in assenza di riessione, e pu` quindi essere associato senza problemi alla sola onda progressiva. o Allo stesso modo il secondo di questi termini pu` essere associato alla sola onda riessa. Pertanto o il usso di potenza attiva in una linea di trasmissione ` pari alla dierenza fra il usso di potenza, e detto incidente, associato allonda progressiva e il usso di potenza associato allonda riessa. Immediata conseguenza della (88) ` che e || 1 (91)

` In particolare se || = 1 non vi ` usso di potenza attiva lungo la linea. E questo il caso e di una linea chiusa su di un corto circuito o circuito aperto, oppure di una linea chiusa su di un carico puramente reattivo (vedi eq. (63)). La grandezza Pinc Pr prende il nome di riettivit`, e sindica talvolta con R. La quantit` 1 R ` sostanzialmente a a e lecienza della trasmissione di potenza lungo una linea, ovvero misura quale frazione della potenza incidente viene eettivamente trasferita al termine della linea. Non a caso, il termine inglese per indicare R o anche || 1 , ` return loss, ovvero perdita per riessione. e La potenza reattiva (89) ` invece variabile lungo una linea, a meno che = 0 nel qual e caso essa ` non solo costante ma nulla. In tutti gli altri casi la potenza reattiva ` una grandezza e e periodica, con periodo pari a mezza lunghezza donda. Nellesprimere invece la potenza attiva e reattiva mediante le espressioni stazionarie (46) di corrente e tensione, occorre fare attenzione al fatto che V (0) e I(0) sono in generale numeri complessi. Sostituendo le (46) nelle (85) si ottiene cos` ||2 = 1 2 j |V (0)|2 jZ0 |I(0)|2 sin z cos z Z0 sin 2z 2 (92)
1

P (z) =

V (0)I (0) cos2 z + V (0)I(0) sin2 z + 1 j V (0)I (0) + Im V (0)I (0) 2 2

= Re

2 cos 2z + |V (0)|2 Z0 |I(0)|2

Normalmente il return loss ` misurato in decibel (dB) e in tal caso non c` dierenza fra il e e modulo e il modulo quadro della stessa grandezza, che danno esattamente lo stesso valore in dB

24

La potenza attiva ` data dal primo termine della seconda riga della (92), ed ` costante e e con z Segue quindi immediatamente che se per z = 0 la tensione, oppure la corrente, sono nulli, ` nullo il usso di potenza attiva attraverso ogni sezione della linea. Lo stesso accade se per e z = 0 tensione e corrente sono sfasati di /2, ovvero sono in quadratura. Naturalmente nella (92), il punto z = 0 ` arbitrario, e quindi il vericarsi di tali propriet` in un qualunque punto e a della linea assicura lannullarsi della potenza attiva. Concludiamo questo paragrafo notando che dalla (88) segue che, ssata la potenza incidente, il massimo usso di potenza attiva lungo la linea si ha per = 0, e che tale usso si riduce al crescere di ||. Notiamo per` anche che tale condizione di massimo ` valida solo ed o e esclusivamente se ` ssata la potenza incidente. Qualora anche questultima possa cambiare, e si pu` avere massimo usso di potenza attiva anche in presenza di un coeciente di riessione o diverso da 0.

  
Abbiamo gi` rimarcato che il usso di potenza attraverso una qualunque sezione di una a linea ideale ` costante, come richiesto dal principio di conservazione dellenergia. Evidentemente e le espressioni per la potenza attiva trovate al paragrafo precedente godono di tali propriet`. E a ` tuttavia conveniente, analogamente quanto si fa nella dinamica del punto materiale, ricavare la conservazione dellenergia direttamente dalle equazioni delle linee di trasmissione. Dal punto di vista formale, quello che ricaveremo ` un integrale primo delle equazioni e delle linee di trasmissione, ovvero una relazione espressa in termini niti (non contenente quindi derivate) che ` soddisfatta da qualunque soluzione delle equazioni delle linee. A tale integrale e primo assoceremo poi una interpretazione di tipo energetico, che lo render` equivalente al prina cipio di conservazione dellenergia, e consentir` inoltre di ottenere ulteriori informazioni, sempre a di tipo energetico. Naturalmente ci limiteremo al caso di linea ideale visto nora, rimandando a pi` avanti la dimostrazione e la discussione del caso generale (Teorema di Poynting nel DF [?] u ). Cominciamo col calcolare la derivata della potenza complessa P (z) utilizzando le equazioni delle linee (30) per esprimere le derivate di tensione e corrente dP 1 dV 1 dI 1 1 = I + V = jL |I|2 + jC |V |2 (93) dz 2 dz 2 dz 2 2 Possiamo separare parte reale e immaginaria, ponendo P = PA + PR , e integrare su di un tratto di linea tra z1 e z2 ottenendo
z2 z1 z2 z1

dPA dz = PA (z2 ) PA (z1 ) = 0 dz dPR dz = PR (z2 ) PR (z1 ) = 2 dz

z2 z1

1 1 C|V (z)|2 L|I(z)|2 dz 4 4

(94)

25

Pin

P out

z1

z2

Fig. 1: Denizione di potenza entrante ed uscente. Se consideriamo il tratto di linea tra z1 e z2 (gura 1), vediamo che P (z1 ) ` la potenza e entrante PIN e P (z2 ) ` invece quella uscente POU T . La prima delle (94) diventa allora e PA,IN = PA,OU T ovvero il principio di conservazione dellenergia di cui abbiamo gi` parlato. a Allo stesso modo la seconda delle (94) diventa
z2

(95)

PR,IN PR,OU T = 2

z1

wM (z) wE (z) dz

(96)

dove wE (z) = 1/4 C|V (z)|2 e wM (z) = 1/4 L|I(z)|2 sono dimensionalmente delle densit` lineari a di energia (ovvero si misurano in [J/m]), di modo che lintegrale secondo membro delle (96) ` dimensionalmente una energia. Nel seguito indicheremo con WM e WE gli integrali di tale e densit` , di modo che la (96) pu` essere scritta come a o PR,IN PR,OU T = 2 WM WE 1 C 2 1 Re V V 2 (97)

Possiamo esprimere wE come

wE = e tenendo conto di (84) si ha che

1 Cv 2 (t) > (98) 2 Poich` C ` la capacit` per unit` di lunghezza della linea (v. paragrafo 1), wE ` fore e a a e malmente identica alla densit` energia elettrostatica media immagazzinata nel tratto unitario di a linea, e lo stesso vale per wM . Anche nel caso dinamico, comunque, possiamo assumere che wE , wM siano le densit` di energia elettrica e magnetica immagazzinate nella linea, e di conseguenza a che WE ,WM siano le energie immagazinate La (96) dice allora che il usso totale entrante di potenza reattiva (il primo membro della (96)) serve a bilanciare la dierenza (moltiplicata per 2) tra energie magnetica ed elettrica nel volume considerato. wE =<

26

Le equazioni (94,95) contengono quindi informazioni in pi` rispetto alla conservazione u delle potenze medie. Va comunque notato che, rispetto al primo principio della termodinamica applicato alle potenze istantanee, nella (94) manca un termine, e precisamente quello relativo alla variazione di energia immagazzinata W . Ci` ` dovuto al fatto che il valore medio in un o e periodo di questultimo termine ` nullo: e < dW 1 >= dt T
T 0

dW dt = W (T ) W (0) = 0 dt

in quanto W (t) ` una funzione periodica con periodo T . Le uniche informazioni che si possono e ottenere sulla energia in regime sinusoidale sono quelle date dalla (96). Il bilancio di potenza (94) ` stato ottenuto considerando una linea omogenea. Risultati e analoghi valgono anche per linee con costanti primarie variabili con continuit` ma, come gi` a a detto, non ci interesseremo qui di tali linee. Viceversa risulta utile capire se , e come, ` possibile e estendere questo bilancio al caso di circuiti complessi, contenenti linee di trasmissione dierenti (e quindi discontinuit` tra linee), carichi concentrati ed eventualmente reti (descritte da una a matrice, ad esempio quella di impedenza, Z, o di ammettenza, Y [1]) e i generatori.
Z0 Z1 C Z0 R2 Z0

L1
L

L2
L

Fig. 2: Esempio di circuito a struttura lineare.


Z0 Z2 Zt Z3 Z c y L 2*y Z0 Lt d

Fig. 3: Esempio di circuito a struttura ad albero. In queste note ci limiteremo a circuiti privi di anelli (circuiti ad albero), ovvero costituiti da successioni di linee con intercalati carichi concentrati o reti due porte. La struttura pu` essere o lineare (vedi Fig. 2) o presentare punti di derivazione (vedi Fig. 3). Z1 Z2 A parte i punti di derivazione, tali strutture possiamo sempre considerarle come successioni di reti due porte. Per una rete due porte costituita da un tratto di linea il bilancio di potenza ` dato da (95,97), considerando come ingresso e e L1 L2 uscita le due porte della rete. Se colleghiamo le due linee (o, Fig. 4: Linee in cascata. pi` in generale, due reti due porte) in cascata (vedi Fig. 4), u possimo ottenere il bilancio complessivo di potenza scrivendo i due bilanci parziali e la condizione di raccordo alla sezione di di conversione. Poich` a tale e sezione sono continui sia tensione, sia corrente, allora la condizione di raccordo ` la continuit` e a della potenza complessa allinterfaccia.

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Anche per il caso di connessioni multiple (derivazioni, giunzioni a Y o a T) i principi di Kircho consentono di dire che la potenza complessa entrante ` pari a quella uscente. Per e applicare tale risultato va notato che entrante e uscente vanno riferite alle convenzioni usate: ` entrante nella connessione la potenza che uisce attraverso la sezione su cui ` stata scelta e e la convenzione del generatore e uscente quella che uisce attraverso una sezione su cui ` stata e scelta la convenzione dellutilizzatore. Con tali avvertenze baster` determinare solo i bilanci di a potenza di reti semplici, come gi` fatto in questo paragrafo per un tratto di linea ideale, per a ottenere il bilancio totale di potenza dei circuiti di nostro interesse.

     
Consideriamo un carico concentrato, ad esempio una ammettenza Y in parallelo (Fig. 1).
I1 IY V 1 V Y Y V 2 I2

Fig. 1 Il relativo bilancio di potenza complessa ` e 1 1 1 V2 I2 V1 I1 = VY (I2 I1 ) 2 2 2 essendo VY , tensione ai capi di Y, uguale a V1 e V2 . Daltra parte Pout Pin = I2 I1 = IY = Y VY (99)

(100)

e segue quindi, da (99)

1 Pout Pin = Y |VY |2 2 Separando parte reale e immaginaria

(101)

1 PA,IN = PA,OU T + Re(Y )|VY |2 2 (102) 1 PR,IN = PR,OU T + Im(Y )|VY |2 2 che esprimono il bilancio di potenza del carico concentrato. La prima delle (102) indica che la potenza entrante in parte esce e in parte viene dissipata sulla ammettenza. Quanto alla seconda delle (102), questa pu` essere scritta analogamente a [2] o 1 PR,IN PR,OU T = Im(Y )|VY |2 2 (103)

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I1 V 1

IZ Z V 2
Fig.2

I2

in quanto Im(Y ) = Im(Y ), e quindi il secondo membro di (103) rappresenta la dierenza (moltiplicata per 2 ) tra energia magnetica ed elettrica immagazinata nella ammettenza, come si verica facilmente se tale ammettenza ` un induttore (Y = j/L ) o un condensatore (jC e ). Analogamente per un componente in serie (Fig. 2) la (101) viene sostituita da 1 (104) PR,OU T PR,IN = Z |IZ |2 2 e pu` essere analogamente sviluppata e discussa. o Le (101,104) valgono anche per il carico terminale della linea, a patto di porre Po ut = 0. Possiamo anche riscrivere tuttti i bilanci di potenza n qui visti nella forma PA,IN = PA,OU T + PD 2(WM WE ) (105)

dove PD ` la potenza dissipata tra le due sezioni di ingresso e uscita e WM , WE le energie e immagazinate. In tale forma questo bilancio di potenza vale per ogni rete o circuito dueporte. Inoltre vale per ogni rete a una porta (ponendo Po ut=0) e persino per reti a pi` porte (ad u esempio una connessione a Y), a patto di intendere PI N e PO U T come la somma di tutte le potenze entranti e di tutte le potenze uscenti.

PR,IN PR,OU T =

   
Un problema tipico di progetto a radiofrequenza ` quello relativo al collegamento tra e una sorgente e un carico in modo da trasferire al carico stesso la massima potenza attiva possibile (adattamento). Esistono svariate tecniche per realizzare un tale collegamento, che dipendono dalle prestazioni che si vogliono ottenere, dalla tecnologia utilizzata per realizzare il circuito, dalla frequenza di funzionamento, dagli ingombri massimi ammissibili e, ovviamente, da considerazioni relative al costo e alla variazione del comportamento in relazione alle inevitabili tolleranze realizzative. Va inoltre considerata anche la banda passante in cui si vuole avere ladattamento. In genere si distingue tra adattamento a banda stretta e adattamento a banda larga. Nel primo caso ladattamento viene progettato in modo che ad una certa frequenza (che viene detta frequenza centrale delladattamento) si abbia la massima potenza trasferita al carico. Il circuito di adattamento si progetta comunque cercando di ottenere un trasferimento di potenza prossimo a quello ottimale in una banda di frequenze, attorno alla frequenza centrale, pi` larga possibile. u Nel caso di adattamento a larga banda, invece, si richiede che in tutto un intervallo di frequenze (detto banda passante) la potenza trasferita al carico sia molto prossima a quella massima. Pi` precisamente, e poich` in tal caso la sorgente ` una linea semiinnita, si richiede che il u e e 29

coeciente di riessione sul tale linea sia, in tutta la banda passante, minore di un opportuno valore m . Valori tipici di m sono intorno ai 20 dB. In queste note ci occuperemo solo di adattamenti a banda stretta, utilizzando come sorgente sia linee semiinnite, sia generatori reali con impedenze di uscita reali o complesse. Molte tecniche di massimizzazione si basano su Zg un opportuno utilizzo del concetto di adattamento coniugato, di cui, in questo paragrafo, daremo la dimostrazione V g Z C e svilupperemo alcune considerazioni iniziali. Nei paragra successivi applicheremo ladattamento coniugato per descrivere le tecniche di adattamento pi` utilizzate alle freu Fig 1 quenze di nostro interesse. Consideriamo il circuito di gura 1, in cui ` presente un generatore reale di ampiezza e Vg costante almeno in modulo, e con impedenza Zg = Rg + jXg . Tale generatore ` utilizzato e per alimentare un carico Zc = Rc + jXc . Ci domandiamo sotto quali condizioni la potenza assorbita dal carico Zc , data da PC = 1 |Vg |2 1 Rc Rc = |Vg |2 2 |Zc + Zg |2 2 (Rc + Rg )2 + (Xc + Xg )2 (106)

sia la massima possibile. Naturalmente un tale problema di massimo ha senso solo se sono specicate le grandezze costanti da una parte e quelle variabili, rispetto a cui possiamo massimizzare, dallaltra. Supponiamo inizialmente che la parte reale dellimpedenza del generatore Rg sia costante mentre la parte immaginaria di tale impedenza Xg e sia la parte reale Rc sia la parte immaginaria Xc dellimpedenza di carico siano variabili, e anzi che queste tre grandezze possano variare indipendentemente luna dallaltra, assumendo tutti i valori possibili (Rc (0, ) e Xc , Xg (, )). Dalle ipotesi fatte, solo lultima frazione di (106) ` variabile ed ` quindi la grandezza da e e massimizzare. Esaminando tale espressione si vede che il termine (Xc + Xg )2 varia indipendentemente da Rc e pu` assumere qualunque valore positivo o nullo e inoltre la potenza assorbita o dal carico ` una funzione decrescente di tale grandezza. Per tutti questi motivi il valore ottimale e di questa grandezza ` 0, e resta pertanto da massimizzare e Rc (Rc + Rg )2 rispetto ad Rc Per semplicit`, conviene minimizzare linverso dellespressione precedente a Rg2 Rc Derivando tale ultima espressione si trova come punto estremale Rc = Rg e quindi nelle ipotesi ssate inizialmente la potenza attiva assorbita dal carico ` massima se e Rc + 2Rg + Rc = Rg Xc + Xg = 0 (107)

Nellipotesi che anche la parte reattiva di Zg sia costante, e che quindi possa variare solo limpedenza di carico, la condizione di massimo pu` essere anche scritta nella forma o
Zc = Zg

(108)

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che viene detta, al pari della (107), condizione di adattamento coniugato. Se vale tale condizione la potenza attiva assorbita dal carico ` pari a e PC,max = 1 |V g|2 8 Rg (109)

Tale potenza massima dipende, in realt`, solo dai parametri del generatore |V |g e Rg ed a ` quindi una caratteristica del generatore. In altri termini ogni generatore ` in grado di erogare e e al massimo una potenza data dal secondo membro della (109), potenza che viene denita come potenza disponibile dal generatore. Naturalmente il generatore riesce ad erogare a un carico la potenza disponibile soltanto se il carico medesimo soddisfa la condizione di adattamento coniugato (107) oppure (108). Conviene ribadire ancora che la condizione di adattamento coniugato vale soltanto nelle ipotesi in cui ` stata dimostrata, ed in particolare che la potenza disponibile dal generatore e sia costante. Ad esempio se a poter variare ` Rg anziche Rc il massimo di potenza fornita e al carico si ha quando Rg ` nullo, nonostante che tale valore non soddis la condizione di e adattamento coniugato. Allo stesso modo, ` indispensabile che i parametri variabili abbiano un e intervallo di variazione sucientemente ampio da garantire il soddisfacimento della condizione di adattamento coniugato. Pu` infatti capitare di non poter vericare la (108) perch` lintervallo di o e variazione di Zc non comprende il valore Zg . Possiamo anzi dire che, nelle ipotesi in cui ` stata e dimostrata, la condizione di adattamento coniugato fornisce il massimo della potenza assorbita dal carico soltanto se tale condizione pu` essere vericata facendo variare i parametri liberi a o disposizione. In caso contrario, tale condizione pu` solo suggerire in che direzione muoversi o per determinare il massimo di potenza assorbita, che deve per` essere calcolato per altra via, o normalmente scrivendo lespressione della potenza assorbita in funzione dei parametri variabili e poi massimizzandola con le tecniche usuali (ad esempio derivandola). Per quanto detto nei paragra precedenti, al circuito di gura 1 ci pu` ricondurre anche o in casi pi` complessi. Se abbiamo un circuito in linea di trasmissione, possiamo massimizzare u la potenza che uisce attraverso una sezione di tale linea trasformando sia la parte a destra, sia la parte a sinistra di tale sezione col teorema di Thevenin, e riconducendosi cos` al circuito di gura 1. Evidentemente, questo consente di massimizzare anche la potenza sul carico nale solo se tra la sezione e il carico stesso non vi ` dissipazione di potenza. e Nel seguito discuteremo in dettaglio i principali circuiti utilizzabili a radiofrequenza per la massimizzazione della potenza. Ovviamente questi non sono i soli possibili, ovvero i soli che consentano di vericare la condizione di adattamento coniugato. Notiamo infatti che se ` ssata e la rete di adattamento, e non ` possibile realizzare ladattamento coniugato, occorre determinare e lespressione della potenza in funzione dei componenti della rete, e poi derivare rispetto a questi per trovare il massimo.

   
31

Consideriamo ora il caso in cui la parte a sinistra della sezione a cui si impone la condizione di adattamento coniugato ` costituita da una linea semi indenita di impedenza Z0 e su cui ` presente unonda di tensione incidente Vi . Il teorema di Thevenin fornisce come circuito e equivalente del generatore un generatore di tensione 2Vi con impedenza Z0 come in un gura 1. Infatti al termine della linea indenita, se questa ` lasciata aperta come prescritto dal teorema e di Thevenin, ` presente un coeciente di riessione = 1 e la tensione sul circuito aperto risulta e pari a Vi (1 + ) = 2Vi

Z0 Z0 Vi 2Vi

Fig. 1: Applicazione del teorema di Thevenin ad una linea semiindenita Poich` il generatore, che questa volta ` un generatore equivalente, ` costante ` possie e e e bile applicare la condizione di adattamento coniugato nella forma (108) ottenendo ZC = Z0 Ovviamente, in tali condizioni, il coeciente di riessione che si misura sulle linee indenita del circuito reale ` pari a 0. Quindi la condizione di adattamento coniugato garantisce, in tali e condizioni, che il usso di potenza attiva attraverso la linea semiindenita di alimentazione sia il pi` grande possibile, e pari alla potenza incidente. Ne segue anche che tale potenza incidente u ` numericamente pari alla potenza disponibile dal generatore equivalente. e Per un adattamento alimentato da una linea semiindenita, la sua qualit` viene misa urata dal valore del ||2 sulla linea di alimentazione, ovvero dal return loss. Poich` per` lo scopo di un adattamento ` quello di trasferire potenza ad un carico pu` e o e o essere pi` utile misurare tale qualit` con parametri legati a tale trasferimento. In particolare si u a utilizza lecienza di trasferimento 1 = Potenza trasferita al carico Potenza disponibile dal generatore

o il suo corrispettivo in dB, che viene detto perdita di inserzione (o insertion loss) IL = 10 log 10 Nella tabella sono riportate le corrispondenze tra questi parametri in alcuni casi notevoli.

Return Loss [dB] -3 -5 -7 -10 -15 -20 -30

ecienza [%] 50 68 80 90 97 99 99.9

Insertion Loss [dB] -3 -1.6 -1 -0.5 -0.14 -0.044 -0.0044

Ovviamente, la relazione tra ecienza e Insertion loss (ma non il return loss) ha senso anche per alimentazioni con generatori reali qualunque.
1

Tale parametro, nel contesto degli amplicatori, prende il nome di guadagno di trasduzione

32

    
Lo schema tipico di un adattamento ` quello riportato in gura 1, e in cui la rete posta tra generatore e carico (rete di adattamento) ` una rete e priva di perdite e contenente elementi variabili. La condizione di massimo trasferimento di potenza si ottiene scegliendo la struttura della rete di adattamento e dimensionando opportunaFig 1 mente gli elementi variabili. Per quanStruttura di una rete di adattamento to dimostrato nel paragrafo precedente, ` possibile massimizzare la potenza e su ZC imponendo alla porta A la condizione di adattamento coniugato (108). Tuttavia ci sono molti casi in cui imporre alla porta A tale condizione pu` essere complicato, mentre risulta molto o pi` semplice imporla alla porta B. u Vogliamo dimostrare che, se la rete ` reciproca e priva di perdite, allora imporre e ladattamento coniugato in B ` una condizione suciente per massimizzare la potenza su ZC . e Fig 2 Fig. 3 Imporre la condizione di adattamento coniugato in B signica che i parametri della rete di adattamento sono scelti in modo che (vedi gura 2) ZOU T = ZC . A partire dalla rete cos` dimensionata, costruiamo la struttura di gura 3, inserendo un generatore di tensione in serie a ZC . La potenza allingresso della rete di gura 3 (porta B) ` evidentemente pari a e quella dissipata su Zg , in quanto la rete di adattamento ` priva di perdite. Inoltre, grazie alla e condizione di adattamento coniugato, tale potenza risulta anche pari alla potenza disponibile dal generatore. Ne segue 1 1 Rg |I1 |2 = |Vx |2 (110) 2 8RC Daltra parte, essendo la rete di adattamento reciproca, possiamo applicare il teorema di reciprocit` ai due casi di gura 1 e 3, ottenendo a PL = Vg I1 = Vx I2 Sostituendo questultima equazione nella (110), si trova 1 1 Vx I2 |Vx |2 = Rg 8RC 2 Vg
2

33

2 da cui, dividendo per |Vx | /|Vg |2 , e scambiando Rg con RC si trova

1 1 |Vg |2 = RC |I2 |2 8Rg 2

(111)

Il secondo membro di (111) ` la potenza che si dissipa su ZC . Si trova quindi che tale e potenza ` pari a quella disponibile dal generatore, e quindi la massima possibile. Pertanto, e per massimizzare la potenza su ZC , ` possibile anche imporre la condizione di adattamento e coniugato alla porta di uscita della rete di adattamento. Ovviamente, il risultato pu` facilmente o essere stesso anche a sezioni interne al circuito complessivo, purch` queste siano connesse da e reti reciproche e prive di perdite ad una sezione cui possiamo applicare la dimostrazione del paragrafo precedente. Una ulteriore conseguenza ` che, essendo costante il usso di potenza attiva attraverso e ogni sezione (teorema di Poynting), risulta costante anche la potenza disponibile da tutti i generatori equivalenti (di Thevenin o di Norton) alle varie sezioni. Pertanto, se ad una sezione c` un disadattamento, ovvero se il rapporto tra la potenza che uisce e quella disponibile dal e generatore ` minore di uno, tale rapporto risulta costante in tutte le sezioni. e Dalla relazione (111) si pu` anche dimostrare che imporre alla porta B la condizione di o adattamento coniugato fornisce la stessa condizione anche alla porta A (ovvero che la condizione di adattamento coniugato alla porta B ` condizione necessaria e suciente per la massimize zazione della potenza su ZC ). Infatti la potenza in ingresso alla porta A della rete vale 1 1 RIN |Vg |2 = |Vg |2 (112) 2 2 |ZIN + Zg | 8Rg dove lultima uguaglianza discende dal fatto che, essendo la rete di adattamento priva di perdite, la potenza in ingresso ` uguale alla potenza sul carico, e qui di alla potenza disponibile dal e generatore data dal primo membro della (111). Dalla (112) segue PIN = |ZIN + Zg |2 = (Rg + RIN )2 + (Xg + XIN )2 = 4Rg RIN (Rg RIN )2 + (Xg + XIN )2 = 0

ovvero, sviluppando,

che ` equivalente alla condizione di adattamento coniugato sullingresso Zg = ZIN . e

   
La pi` semplice rete di adattamento ` u e costituita da un unico tratto di linea di trasmissione posto tra il generatore ed il carico, come in gura 1 e che funge da trasformatore di impedenza. Indichiamo con ZT e con T rispettivamente la impedenza caratteristica e la costante di propagazione della linea, e sia LT la sua lunghezza. Poich` la linea ` priva di perdite, la potenza e e

Zg V g

ZT Z C

LT Fig 1 Adattamento a trasformatore

34

attiva che entra nella sua sezione di ingresso ` sempre pari a quella che si dissipa sul carico e ZC e quindi per massimizzare questultima basta applicare alla sezione di ingresso della linea la condizione di adattamento coniugato (108):
ZIN = Zg

in cui ZIN ` lmpedenza di ingresso che si vede a monte del trasformatore. e La condizione (108) ha per` soluzione solo in certi casi, e pertanto tale rete di adattao mento pu` essere utilizzata solo in questi casi. Il pi` importante di questi ` quando sia il carico, o u e sia limpedenza del generatore, siano puramente reali 1 . In tal caso, infatti, la condizione di adattamento coniugato (108) richiede che anche ZIN sia reale e ci` ` possibile, con ZC reale se oe la linea ` lunga un quarto di lunghezza donda. Dalla (70) segue allora e
2 ZT ZC e imponendo la condizione di adattamento coniugato si determina il valore di ZT :

ZIN =

ZT =

Zg ZC

(113)

che completa il progetto della rete di adattamento. Una tale rete di adattamento prende il nome di trasformatore a quarto donda o di trasformatore a /4. Evidentemente, un trasformatore a quarto donda pu` essere utilizzato anche in altri o casi, e in particolare quando Zg ZC risulta reale. La soluzione di adattare con un trasformatore presenta il vantaggio di un ridotto ingombro laterale, rispetto alle soluzioni con stub, che esamineremo pi` avanti, e di avere generalmente u una banda passante pi` elevata. Per contro richiede di poter realizzare una linea di trasmisu sione con impedenza ZT il che ` generalmente possibile con strutture planari (purch` ZT non e e sia troppo grande o troppo piccola) ma pu` facilmente creare problemi in circuiti realizzati in o cavo coassiale. Infatti in tal caso la variazione di impedenza si pu` ottenere quasi esclusivamente o utilizzando nel trasformatore un dielettrico con opportuna costante dielettrica, che non ` sempre e reperibile. Questi vantaggi spingono a cercare di usare, in particolare per circuiti planari, soluzioni con trasformatore anche in altri casi. Se occorre adattare un carico Zg Z1 Z2 non reale, ` possibile ricorrere a una e soluzione con due trasformatori in casV g Z C cata. Il secondo trasformatore ` una e linea lunga /8, che ha la propriet`, a /4 /8 scegliendo opportunamente la sua impedenza, di presentare al suo ingresso Fig 2 una impedenza reale. Tale impedenza Trasformatore /8 /4 di ingresso reale pu` poi essere adato tata allmpedenza (reale) del generatore mediante un normale trasformatore a quarto donda. ` Ovviamente una tale soluzione presenta lo svantaggio di una notevole lunghezza. E comunque
1

Ricordiamo che la condizione di impedenza del generatore puramente reale si ha anche quando lalimentazione e ottenuta mediante unonda incidente su di una linea semi indenita.

35

possibile, per opportune combinazioni dellmpedenza di carico e di quella del generatore, utilizzare come trasformatore dadattamento una singola linea, di opportuna impedenza e lunghezza. Non ` facile dare criteri generali su quando una tale soluzione funzioni. in ogni caso, essa va e trovata calcolando lmpedenza di ingresso a monte del trasformatore (vedi Fig. 1) tramite la (68) e imponendo a questa sezione ladattamento coniugato. Per carichi reali, e generatori Zg ZC Zg reali, ` possibile anche una rete di adate tamento con due tratti di linea, che preV g Z C senta il vantaggio di essere complessivamente pi` corta di un trasformatore a u L1 L2 /4,e di aver bisogno solo di linee con Fig 3 impedenza pari a quella del carico e a quella del generatore, impedenze che, quando carico e generatore sono linee semi-indenite, sono ovviamente disponibili. La struttura ` quella di gura 3,e la determinazione della lunghezza elettrica dei due tratti di linea, che risulta e la stessa, pu` essere facilmente ottenuta imponendo la condizione di adattamento coniugato. La o sezione pi` adatta risulta essere la sezione centrale fra i due tratti di linea che costituiscono la u rete di adattamento.

  
Una soluzione alternativa alluso dei trasformatori di impedenza del paragrafo precedente ` quella di utilizzare, per adattare un dato carico ZC , uno o pi` stub, ovvero uno o pi` e u u tratti di linea chiusi in corto circuito, oppure aperti, collegati in parallelo oppure in serie rispetto alla linea principale di alimentazione del carico. Nellipotesi, che stiamo facendo, che la linea sia priva di perdite, limpedenza di ingresso dello stub ` puramente reattiva, e quindi lo stub pu` e o essere utilizzato senza problemi nelle reti di adattamento. La struttura pi` semplice di adattamento u Zg Zl con stub ` quella detta a singolo stub, di cui un e esempio ` riportato in gura 1. In tale gura lo e V g Z C stub ` costituito da una linea di impedenza Zs e L e lunghezza Ls , aperta allestremit`, connessa in a Zs parallelo tra il generatore (eventualmente equivalente) e il carico. Tra lo stub e il carico ` ine Ls terposta una linea di impedenza Zl e lunghezza L. Ovviamente, reti di adattamento analoFig 1 ghe possono essere ottenute chiudendo lo stub in Adattamento a singolo stub corto circuito allestremit`, oppure collegandolo a in serie. Si noti comunque che tali soluzioni, che sono tutte possibili in linea teorica, non sempre possono essere realizzate, in dipendenza dalla tecnologia realizzativa del circuito, e dalla precisione che si vuole ottenere. Poich` si hanno a disposizione ben quattro parametri liberi nella rete di adattamento, ` e e facile immaginare che, in generale, sar` possibile sceglierne due ad arbitrio (ovvero in modo da a 36

soddisfare altri requisiti, come ad esempio quelli realizzativi, o da garantire il soddisfacimento della condizione di adattamento) e determinare gli altri due. Normalmente vengono ssate le impedenze, e determinate le lunghezze. Come gi` detto precedentemente, la ammettenza di ingresso della linea interposta tra a stub e carico ha una parte reale che varia con la lunghezza L della linea, restando comunque un intervallo che dipende dal valore di Zl e dal rapporto donda stazionaria sulla linea stessa, secondo la (79). Al variare della parte reale, varer` ovviamente anche la parte immaginaria. La a condizione di adattamento (108), applicata al circuito di gura 1, fornisce Gg = Geq (L) Bg = Bs (Ls ) + Beq (L)

(114)

in cui Yg = Gg + jBg , Yeq = Geq + jBeq ` la ammettenza di ingresso della linea lunga L chiusa e sul carico ZC , e Bs ` la suscettanza dello stub. Nella (114) sono anche esplicitamente inserite le e lunghezze da cui dipendono le varie ammettenze. Poich` Bs varia tra e +, la seconda delle e (114) pu` essere sempre soddisfatta da uno opportuna scelta di Ls . Resta quindi da soddisfare o solo la prima delle (114), che pu` essere considerata come una equazione in T = tan l L . Questa o equazione ha certamente soluzione se la conduttanza del generatore Gg soddisfa la 1 1 1 Gg S Zl S Zl (115)

essendo S il rapporto donda stazionaria sul carico. Infatti, in tal caso, esister` almeno un valore a di L che render` Geq pari a Gg , in quanto questultima ` compresa fra il minimo e il massimo a e di Geq (L), al variare di L. Ne consegue che se la (115) ` soddisfatta, ladattamento a singolo stub ` sempre possibile. e e Naturalmente, in molti casi, una oculata scelta di Zl consentir` di soddisfare la (115). In a particolare, se lalimentazione arriva da una linea semi indenita di impedenza Z0 , baster` a scegliere Zl = Z0 . Notiamo inoltre che se ladattamento a singolo stub ` possibile, allora tutta e la potenza disponibile dal generatore viene trasferita al carico. Per quanto riguarda la scelta di L e di Ls , va detto che se la prima delle (114) ha una soluzione per T , allora ne ha necessariamente due (di cui, per`, una o entrambe possono o essere innite, perch` a T = corrisponde una lunghezza nita e precisamente pari a un e quarto di lunghezza donda). A queste due soluzioni corrisponderanno due valori opposti di Beq e quindi due valori opposti di Bs . Poich` la banda passante di un adattamento dipende e in maniera inversa dallenergia immagazzinata allinterno delladattamento medesimo, andr` in a genere scelta sempre la lunghezza positiva pi` piccola (a meno che considerazioni costruttive u non richiedano lunghezze diverse). Questo criterio pu` consentire di determinare il valore di T o che interessa, e, per quel valore di T , il pi` piccolo valore di L tra gli inniti valori, dovuti alla u periodicit` della tangente, possibili, e lo stesso per determinare Ls . a Gli adattamenti a singolo stub presenteranno comunque bande passanti molto ridotte rispetto agli adattamenti a trasformatore, e inoltre hanno ingombri laterali ben maggiori, in quanto lo stub va posto lateralmente. Daltra parte, per un adattamento a singolo stub, ` e possibile scegliere le impedenze delle linee, e quindi evitare i problemi realizzativi che possono insorgere utilizzando adattamenti a trasformatore. Un ulteriore problema degli adattamenti a singolo stub ` che ` necessario connettere lo stub in un punto ben preciso, e non determinabile e e a priori, della linea principale di alimentazione.

37

Zg V g Z C

Fig. 2: Adattamento a doppio stub


Zg V g Z C

x1

x2

x3

Fig. 3: Adattamento a triplo stub Questultimo inconveniente, ma evidentemente non gli altri, pu` essere superato utilizo zando adattamenti a due o tre stub. Infatti in questo caso ` possibile predeterminare la posizione e degli stub medesimi. Gli schemi relativi sono riportate in gura 2 e 3. Lo stub pi` vicino al u carico pu` essere sia connesso a una certa distanza dal carico stesso, come nelle gure 2 e 3, o sia direttamente sul carico. In particolare per gli adattamenti a doppio stub, i parametri variabili sono le lunghezze dei due stub, che possono essere determinate imponendo la condizione di adattamento (108) alla sezione dello stub pi` vicino al generatore. Va per` detto che una u o tale congurazione non ` in grado di adattare qualunque carico, e linsieme dei carichi adattabili e dipende dalla distanza tra gli stub. La congurazione a triplo stub consente di superare questo problema in quanto il terzo stub pu` essere utilizzato per fare in modo che il carico equivalente, o visto a monte di questo stub, rientri tra quelli adattabili dalla rete costituita dagli altri due stub.

   
Lutilizzo delle linee di trasmissione negli adattamenti ` legato al fatto che, alle frequenze e di nostro interesse, tali linee hanno un comportamento molto ben prevedibile. Ovviamente potrebbero essere usati, in linea di principio, anche circuiti di adattamento basati su componenti concentrati, come induttanze e capacit`. Tuttavia tali componenti, a frequenze pari o superiori a alle centinaia di MHz, hanno un comportamento molto poco prevedibile. Se si consulta, ad esempio, un catalogo di condensatori per uso a radiofrequenza, si vede che limpedenza di un tale condensatore ` molto diversa da 1/jC ed ` anzi molto meglio rappresentabile con la impedenza e e di un circuito RLC. Quindi si preferisce non utilizzare tali componenti, a meno che problemi di spazio non ne consiglino luso. In tal caso, comunque, il dimensionamento di adattamenti (o pi` in generale di reti) comprendenti tali componenti va fatto tenendo conto del loro circuito u equivalente. Luso di componenti concentrati pu` essere utile in particolare in due casi: o 38

1 A frequenze basse, corrispondenti a lunghezze donda di metri. Infatti in tal caso occorrerebbe utilizzare linee di trasmissione troppo lunghe (e quindi costose e ingombranti). Fortunatamente queste sono anche le frequenze a cui i componenti concentrati hanno un comportamento molto vicino a quello ideale. 2 Nei circuiti integrati a microonde (M M IC), in cui anche le linee di trasmissione vengono realizzate su substrati si Si o di GaAs, che sono molto costosi. Luso di componenti concentrati produce un risparmio di area occupata e quindi riduce il costo nale del circuito integrato. In questo caso, per`, il circuito equivalente di un induttore o di un o condensatore ` molto complesso, e dipende dalla tecnologia costruttiva. Dopo un die mensionamento di massima, quindi, occorre una fase di ottimizzazione delle dimensioni. In queste note considereremo comunque solo componenti ideali. Il dimensionamento che si ottiene sar` pertanto solo il punto di partenza del progetto nale in una applicazione reale . a Un adattamento a carichi concentrati richiede due componenti concentrati 1 , uno in serie al carico e uno in parallelo al generatore, oppure uno in parallelo al carico e uno in serie al generatore. Poich` ogni componente concentrato pu` essere una induttanza o una capacit`, vi sono e o a 8 diversi circuiti possibili. Il numero di possibili combinazioni aumenta se si considera che un carico concentrato pu` eso sere realizzato mediante uno stub. Va detto subito che, dato un carico Zc , solo alcuni di questi circuiti potranno essere usati per adattarlo, mentre altri non ne sono in grado.

Zg V g

jX 1 jX 2 Z c

Fig 1 Adattamento a carichi concentrati

Il dimensionamento di un adattamento a carichi concentrati (usando componenti ideali) pu` essere eseguito utilizzando la condizione di adattamento coniugato, applicata alla sezione o immediatamente a valle del primo componente concentrato. Se tale componente ` in serie, si e utilizza la condizione sulle impedenze. Infatti in tal caso tale componente consente di annullare la parte immaginaria totale della impedenza presente nella maglia. Baster` allora scegliere il a secondo componente concentrato in modo da vericare la condizione sulle parti reali delle due impedenze. Consideriamo ladattamento di una resistenza di carico Rc ad un generatore di resistenza Rg , mediante una induttanza L in serie e poi un condensatore C in parallelo (Fig. 2). La condizione di adattamento coniugato va allora imposta sulle impedenze, ottenendo

Rg V g
Fig 2

L C R c

Possono essere usati anche pi` componenti concentrati, con un dimensionamento non univoco. u Ad esempio un terzo componente pu` servire per rendere adattabile un carico che non lo `, in o e maniera analoga agli adattamenti a tre stub

39

Rg + jL ovvero

1 1 jC = Rc // = 1 jC Rc + jC Rc

Rc jRc C + 1 A questo punto, analogamente a quanto visto per gli adattamenti a a singolo stub, sono possibili due strade. La prima prevede di eliminare il denominatore, e poi separare parte reale e coeciente dellimmaginario. Si perviene cos` a Rg jL = Rg + 2 Rc LC = Rc Rg Rc C L = 0 (116)

Dalla seconda equazione si pu` ricavare L = Rg Rc C, da cui si vede che la prima o reattanza della rete di adattamento deve essere una induttanza, se la seconda ` un condensatore e (e viceversa). Sostituendo nella prima si ottiene
2 Rg + 2 Rg Rc C 2 = Rc

da cui (C)2 = Rc Rg 2 Rg Rc

Da tale ultima equazione si vede subito che deve essere Rc > Rg per poter ottenere ladattamento. Tale ultima condizione si giustica immediatamente se si pensa che porre qualcosa in parallelo a Rc ne abbassa il valore. Se invece fosse Rc < Rg , si potrebbe ottenere ladattamento con laltra congurazione, cio` ponendo un condensatore in serie a Rc e una e induttanza in parallelo al generatore. La seconda strategia di soluzione prevede di razionalizzare il secondo membro della equazione di adattamento coniugato, ottenendo Rc jRc C + 1

(C)2 Rc + 1 e poi di separare parte reale e immaginaria della equazione Rg =

Rg jL =

Rc (C)2 Rc + 1 (117) 2 Rc C L = (C)2 Rc + 1 Dalla prima equazione si ricava direttamente C che, sostituito nella seconda, fornisce L. Lanalisi di realizzabilit` delladattamento ` ovviamente identica. a e Nel caso in cui carico, o generatore, siano complessi, gli sviluppi matematici sono simili. La semplice analisi delle condizioni di realizzabilit`, fatta nel caso di carico e generatore reale, a ovviamente non vale. Si pu` comunque dire che occorrono reattanze di entrambi i segni (tenendo o

40

conto anche di generatore e carico) per adattare. Inoltre ` vero che limpedenza del carico e diminuisce ponendo un componente in parallelo, ma solo se non vi ` compensazione tra la parte e immaginaria del carico e la reattanza che viene posta in parallelo. Consideriamo ad esempio un generatore Rg +jXg . Utilizzando la seconda strategia risolutiva si arriva alle equazioni (analoghe alle (117)): Rc (C)2 Rc + 1 2 Rc C Xg L = (C)2 Rc + 1 Resta ancora la richiesta Rc > Rg , ma dovr` anche essere Xg L < 0. Se il generatore a ` capacitivo, questa condizione ` sempre rispettata, ma se il generatore fosse induttivo, potrebbe e e essere necessaria una capacit`, e non una induttanza, come primo componente, a seconda del a valore di Xg . Rg =

Campo elettrico (unit arbitrarie)

EA

Polarizzazione (unit arbitrarie)


Passiamo ora a considerare linee non pi` ideali, eliminando le varie ipotesi fatte allinizio u del paragrafo 1. Cominciamo a eliminare lipotesi sullassenza di inerzia dei costituenti microscopici del dielettrico che riempie la linea di trasmissione. La relazione tra induzione e campo elettrico nora utilizzata ` stata la (1) e D(t) = E(t) (118) in cui i due vettori sono calcolati nello stesso punto. Sappiamo che un dielettrico risponde al campo E(t) applicato polarizzandosi, ovvero e orientando (o deformando) i dipoli che lo costituiscono. Se il campo E(t) ` costante o varia molto lentamente, tali dipoli riescono a seguire senza ritardo la variazione del campo elettrico, e allora pu` valere la (118). Se invece la variazione di E ` rapida, i dipoli non riescono pi` a o e u seguirla istantaneamente a causa della loro inerzia e pertanto la polarizzazione di un dielettrico dipender` non solo al campo applicato in quellistante ma anche da quello che era stato applicato a precedentemente (materiali con memoria).
PA E0 P0 EB t0 t1 PB t0 t1 tempo (unit arbitrarie) tempo (unit arbitrarie)

Fig. 1: Andamenti di campo elettrico e polarizzazione in un materiale con memoria

41

Consideriamo i due casi di gura 1. Per t < t0 il dielettrico ha una certa polarizzazione, PA , nel caso in cui campo elettrico valga EA , e una inferiore, PB , se il campo vale EB . A t = t0 Il campo varia molto rapidamente portandosi, in entrambi casi, al valore E0 allistante t1 . Nel caso A la polarizzazione si riduce ma, a causa della inerzia, tende a ridursi pi` lentamente del campo u per cui allistante t1 sar` maggiore di quella che si avrebbe per un campo costantemente pari ad a E0 . Allo stesso modo, nel caso B , la crescita ` pi` lenta di quella del campo e la polarizzazione e u resta minore di quella corrispondente a un campo pari a E0 , che ` poi anche il valore a regime, e ovvero per t . Il risultato ` mostrate in gura 2, dove si vede che lo stesso campo, pari ad e E0 , da luogo a polarizzazioni diverse a seconda della storia del campo negli istanti precedenti. La (118) va allora generalizzata, introducendo la polarizzazione P (t) nella forma D(t) = 0 E(t) + P (t)
t

P (t) = 0

g(t t )E(t )dt

(119)

in modo da tener conto della storia passata del campo. La funzione g(t) tiene conto della inerzia del materiale e viene detta funzione di Green o risposta impulsiva. Se infatti il campo E(t) applicato ` concentrato in un intervallo di tempo molto piccolo, ovvero ` approssimabile con un e e impulso centrato in tE E(t) = E 0 (t tE ) allora la polarizzazione vale P (t) = 0 g(t tE )1 (t tE )E 0 (121) (120)

in cui gradino 1 tiene conto del fatto che per t < tE non vi pu` essere polarizzazione. La o (121) dice che un campo impulsivo mette in moto i dipoli microscopici del materiale, in modo da orientarli nella sua direzione, contribuendo cos` alla polarizzazione. Non appena cessa leetto del campo, il moto dei dipoli, non pi` sollecitato, continua solo per inerzia ma leetto viene u contrastato dai moti di agitazione termica per cui, quando leetto della sollecitazione svanisce, tende rapidamente a scomparire anche la polarizzazione. Pertanto la funzione P (t) nella (121) sar` diversa da zero solo in un intervallo (tE , tE + ), con dellordine di grandezza dei tempi a di rilassamento dei dipoli. Questa considerazione consente di analizzare il comportamento di un dielettrico anche per campi non impulsivi. Infatti la (119) pu` essere scritta come o
t

P (t)

0
t

g(t t )E(t )dt

(122)

e se il campo varia lentamente rispetto a pu` essere considerato costante nella (122) ottenendo o
t

P (t)

0
t

g(t t )dt E(t) = 0 E(t)

(123)

ovvero comportamento senza memoria. Linduzione sar` allora a D(t) = 0 E(t) + P (t) e = r 1. 0 1 + E(t) (124)

42

Pertanto in elettrostatica tutti i dielettrici possono essere considerati senza memoria. Al crescere della frequenza (ovvero della velocit` di variazione di E(t) ) i dielettrici i cominciano a diventare dispersivi. Dalla (122) discende che un dielettrico pu` essere considerato non dispersivo o 1/ . Poich` dipende dal dielettrico, per ogni frequenza vi saranno no una frequenza e dielettrici ancora non dispersivi e dielettrici dei quali occorrer` considerare la dispersione. a In questultimo caso, per campi sinusoidali a frequenza 0 , si ha, usando la rappresentazione complessa
+

P (t) = 0

g(t t )1 (t t )Re Eej0 t dt


+

(125)

= Re 0

g(t)1 (t)e

j0 t

dt E e

j0 t

avendo posto t = t t . Se indichiamo con () la trasformata di Fourier di g1


+

() =

g(t)1 (t)ej0 t dt

(126)

otteniamo che il vettore complesso associato a P (t) (che ovviamente ` ancora una funzione e sinusoidale a frequenza 0 ) ` e P = 0 (0 )E e pertanto D = (0 )E () = 0 1 + () (128) (127)

ovvero la stessa relazione (118) del caso senza memoria, almeno formalmente. Si pu` quindi o introdurre, per caratterizzare insieme mezzi come senza memoria, una costante dielettrica dipendente dalla frequenza che, nel caso di mezzo non dispersivo, si riduce a una costante (la costante dielettrica usuale). Per mezzi dispersivi, invece, () ` una funzione complessa, con e parte reale anche eventualmente negativa. 8 Pertanto, nel caso sinusoidale, i mezzi dispersivi si trattano allo stesso modo di quelli non dispersivi, a patto di usare il valore della costante dielettrica alla frequenza di interesse. Una propriet` di () ` che, essendo g(t) di durata nita, a e lim () = 0 (129)

Quindi a frequenza sucientemente alta tutti i dielettrici i diventano sostanzialmente equivalenti al vuoto. La frequenza limite oltre cui ci` avviene ` tanto pi` grande quanto minore o e u ` la durata di g(t), ovvero linerzia dei costituenti microscopici. Ci` conferma che la ragione e o della (129) ` che se il campo varia molto rapidamente, linerzia dei dipoli pu` essere cos` grande e o da impedire del tutto il moto dei dipoli stessi. Evidentemente una inerzia elevata impedisce il moto a frequenze per le quali dielettrici con inerzia minore tendono ancora a polarizzarsi.
8

Il signicato di () non ` quindi necessariamente simile alla costante dielettrica usuale. Per e meglio comprenderlo, ` necessario prima sviluppare il principio di conservazione dellenergia in e elettromagnetismo, cosa che verr` fatta successivamente. a

43

  
In alcuni materiali dielettrici i sono presenti cariche libere, che danno luogo a una conducibilit` d , con conseguente dissipazione di energia per eetto Joule. Nel caso sinusoidale a il suo valore medio ` e 1 d |E|2 dV (130) 2 V Occorre quindi tener conto anche di tale eetto in una linea di trasmissione. Per far ci` possiamo cominciare a notare che in un tale dielettrico, oltre alla corrente di o dD /dt ` presente anche una densit` di corrente di conduzione spostamento e a PJ = J = d E La corrente totale, nel DF e per dielettrici eventualmente dispersivi, vale J tot = jD + d E = [j() + d ]E d (132) (131) Possiamo quindi tener conto di d utilizzando al posto di () una eq () data da eq () = () j in modo che la (132) divenga J tot = jeq ()E (134) (133) che ` analoga alla relazione tra la corrente di spostamento e il campo elettrico. e Quindi d/ ` del tutto indistinguibile (a frequenza ssata) dalla parte immaginaria e di (). Ne segue immediatamente che la presenza di 2 = 0 indica la presenza di perdite nel materiale. Pertanto nel seguito useremo in genere () complesso per tener conto di entrambi meccanismi di perdita, mettendo in evidenza d solo per dare particolare risalto alla dissipazione per eetto Joule. Talvolta invece risulter` pi` utile esprimere tutta (o persino parte) la parte a u immaginaria di () come una eq/ . Conseguenza di questo ` che la presenza di un 2 = 0 indica la presenza di perdite, e indipendentemente dalla causa che lo produce. A questo punto occorre notare che la relazione di trasformata di Fourier tra g(t) ed () ha una importante conseguenza energetica. Infatti la presenza della funzione 1 (t) nella (126), ovvero il fatto che la causalit` impone che la risposta impulsiva sia nulla prima dellapplicazione a della causa, implica che la parte immaginaria di () non possa avere che zeri isolati [?]. Poich` e non esistono segnali perfettamente sinusoidali, in quanto dovrebbero avere durata innita, ne segue che tutti mezzi dispersivi hanno necessariamente anche dissipazione. Naturalmente questa dissipazione deve essere diversa da zero, ma non vi ` alcuna pree scrizione sul suo valore. Infatti esistono mezzi dispersivi in cui, in tutta una banda di frequenze, Im () << 1 + Re () (135) Tali mezzi sono detti trasparenti (in quella banda di frequenze). Nel seguito parleremo talvolta di mezzi dispersivi e privi di perdite, facendo riferimento in realt` a mezzi trasparenti. a Si noti inne che anche la sola presenza di perdite in un dielettrico non dispersivo produce una costante dielettrica eq che varia con la frequenza. 44

      
La presenza di perdite (dovute sia a d = 0, sia ad 2 = 0) pu` essere tenuta in conto o molto semplicemente nelle equazioni delle linee di trasmissione. Se infatti (limitandoci a segnali sinusoidali) utilizziamo la costante dielettrica complessa 9 (), le equazioni di Maxwell nel DF assumono esattamente la stessa forma. Ad esempio la legge di Gauss diventa ()E dS = Q (136) Se la struttura in aria ha una capacit` Ca , e quindi una carica Qa = Ca V per una data a dierenza di potenziale V , si ha, ovviamente 0 E dS = Qa = Ca V (137) in quanto, essendo ssato V , non cambia neanche E . Da (136,137) segue allora che possiamo denire una capacit` equivalente (complessa) a Q () = Ca (138) V 0 da utilizzare nelle equazioni dei telegrasti (30). Allo stesso modo si procede (o si procederebbe, nei rari casi in cui fosse necessario) se ` la permeabilit` magnetica a diventare complessa. e a Le (30) possono allora essere riscritte come C= dV (z) = jLI(z) dz dI(z) = j(1 j2 )Ca V (z) dz (139) dove () (140) 0 e, ovviamente, () ` calcolato alla frequenza del segnale. e Formalmente le equazioni (140) restano uguali alle (30) e possiamo risolverle analogamente introducendo una costante complessa k (vedi (32)) denita da 1 j2 = k2 = 2 LC (141) dove ora L, C sono le costanti complesse della linea (nel caso di (140) C ` pari a (1 j2 )Ca ), e e scrivendo la soluzione (33) nella forma V (z) = V + ejkz + V ejkz
2

(142)

Notiamo che, come il caso ideale, le due radici di k sono entrambe incluse in (142), ma conviene scegliere una convenzione per determinare k in modo da assegnare un signicato
9

Come detto nel paragrafo precedente, da ora in poi () tiene conto sia della dispersione, sia delle perdite

45

univoco ai due termini di (142), ed in particolare che il primo rappresenti ancora una onda progressiva. Posto k = j con , reali. Il primo termine di (142) diventa, nel DT |V + |ez cos(z t + + ) (144) (143)

che ` ancora una onda 1 0 che viaggia nella direzione positiva dellasse z se > 0 e Mentre londa viaggia, deve poi attenuarsi a causa delle perdite. Ci` richiede che anche o 2 0 > 0. Pertanto una costante k ` la radice di k che si trova nel 4 quadrante del piano di e Gauss.

tensione (unit arbitrarie)

1 0.5 0 0.5 1 0 0.5 1 1.5

t=t0 t=t1

2.5

posizione (unit arbitrarie)

Fig. 1: Andamento della tensione in un materiale con perdite (t1 > t0 ) Poich` 2 > 0 allora k2 si trova nel 30 o 40 quadrante, con fase compresa in (, 0) Pere tanto esister` sempre una tale radice k con fase compresa tra /2 e 0 ovvero nel 40 quadrante. a I casi limite sono quelli corrispondenti a 2 = 0 e si trattano come limite di 2 > 0: 1 > 0 la radice k sar` sullasse reale (caso ideale del paragrafo 3) a 1 < 0 la radice k sar` immaginaria pura, con parte immaginaria negativa. a La corrente corrispondente a (144), nonch` la forma stazionaria della soluzione (44), si e scriveranno ancora formalmente nello stesso modo, a patto di usare k (complesso) al posto di e di prendere come impedenza il valore L k = = k C L C

Z0 =

(145)

complesso. Ci` che cambier` sar` invece linterpretazione delle soluzioni cos` trovate. Ad esempio o a a V (0) cos kz dar` luogo, al posto di (45), a a
1

0 si ricordi che la denizione di onda non prevede che la congurazione viaggi mantenendosi identica ma solo riconoscibile

46

Re V (0) cos z cosh z + j sin z sinh z ej0 t (146) =|V (0)| cos z cos(0t + 0 ) cosh z sin z sin(0 t + 0 ) sinh z che ` ancora una congurazione stazionaria ma con ampiezza spazialmente variabile. e

 
Finora abbiamo considerato solo segnali sinusoidali puri. Pertanto anche il caso di mezzo dispersivo, in cui (ed eventualmente ) dipende dalla frequenza non presenta dicolt`. Basta a utilizzare il valore di () relativo alla frequenza dellonda. Il caso di segnale non sinusoidale, invece, richiede una trattazione diversa per il caso dispersivo. Infatti occorre ricordare che la velocit` di unonda sinusoidale ` comunque (vedi a e (35)) (147) Se ` una funzione lineare di tutte le frequenze hanno la stessa velocit`. Poich` e a e un segnale non sinusoidale pu` essere sempre decomposto (Trasformata di Fourier) in onde o sinusoidali, tali onde viaggiano tutte con la stessa velocit` e, al termine della propagazione, si a ricompongono ricostruendo lo stesso segnale di partenza. Se invece ` una funzione non lineare di le varie componenti sinusoidali hanno velocit` e a diversa e quindi allarrivo il segnale pu` non essere ricostruito in maniera corretta. Pertanto o ogni qualvolta non ` funzione lineare di ovvero se e v= d2 =0 d 2 c` il rischio di deformare i segnali che si propagano, se questi sono non sinusoidali. Ci` avviene e o nei mezzi dispersivi ma pu` avvenire per altre cause, come le perdite (v. paragrafo precedente). o Poich` i segnali che vengono normalmente trasmessi non sono sinusoidali, ma sono comunque a e banda stretta, ovvero occupano un intervallo di frequenze piccolo rispetto alla frequenza centrale di tale intervallo, ` consigliabile trattare in forma generale il caso di un tale segnale che si propaga, e con una legge del tipo ejz con funzione non lineare di , indipendentemente dalla causa sica di tale dipendenza non lineare 1 1 . Consideriamo allora un segnale a banda stretta, di trasfomata V () centrata intorno a 0 , che si propaga da un trasmettitore posto alla ascissa 0 a un ricevitore posto alla ascissa z,
1

1 Il termine ejz risulta essere la funzione di trasferimento (o, pi` precisamente, la risposta u armonica) del canale di trasmissione. La trattazione di questo paragrafo si applica anche a tutti quei casi in cui la fase di una funzione di trasferimento ` una funzione non lineare della e frequenza, come ad esempio i ltri

47

attraverso un canale dispersivo. Per semplicit` di scrittura supponiamo vs (t) = 0, ma il discorso a ` identico nel caso generale. e La trasformata del segnale nel punto di ricezione vale: VR () = V () ejk()z = V () ej()z e()z
Il corrispondente segnale vR (t) ` reale, e da questo discende che VR () = VR (). Dalla e relazione precedente segue quindi

() = ()

() = ()

Assumiamo per semplicit` il mezzo trasparente in tutta la banda del segnale, in modo a da poter trascurare lattenuazione. Risulter` quindi a VR () = V () ej()z e per ottenere il segnale eettivamente ricevuto occorre antitrasformare tale VR (), ottenendo
+

vR (t) = Re

2 V (0 + ) ej(0 +)z ejt

d j0 t e 2

Poich` 2 e a = 0, ottenendo (0 + )

0 , possiamo sviluppare (0 + ) in serie di Taylor rispetto a intorno

1 1 (0 ) + (0 ) + (0 + ) 2 = 0 + 0 + 0 2 2 2

dove || < || < , dipende da . Se 1 2 1 1 0 2 z < max | ()| 2 z 2 2 1 (148)

dove il massimo ` calcolato in (0 , 0 + ), ` possibile trascurare il terzo termine della e e espansione. In tal caso infatti lerrore relativo vale circa 1/2 max | ()| 2 z. Si noti che, nonostante lapprossimazione sembri fatta nella espansione di in serie di Taylor, lerrore relativo ` indipendente dai termini conservati in tale espansione e invece dipende da z, che entra solo e nellintegrale. Ci` perch` lerrore di una approssimazione deve essere valutato come eetto sul o e risultato nale di interesse, e non nel momento in cui tale approssimazione viene fatta. Si pu` dare una forma quantitativa alla (148), in quanto in elettromagnetismo si assume o di poter trascurare un termine esponenziale (con esponente immaginario puro) a fattore in un integrale (come quello in esame) se lesponente `, in modulo, minore di /8. Quindi si ottiene e
1

2 Lerrore che si commette approssimando lesponente di un esponenziale non dipende dai termini che restano. Consideriamo exp (A + B), con |A| |B|. Lerrore assoluto che si commette approssimando lesponente con B ` dato da | exp (A + B) exp (B)|. Per ottenere lerrore relae tivo occorre dividere per il valore vero exp (A + B), ottenendo |1exp (A)|. Se |A| 1 allora lerrore relativo ` praticamente |A|, ed ` quindi piccolo e valutabile anche quantitativamente. e e Se invece |A| ` grande, non ` possibile tale approssimazione, comunque sia grande |B|. e e

48

max | ()| 2 z < Se vale la (149), si ottiene al ricevitore


+

(149)

vR (t) = Re
+

2 V (0 + ) ej0 z ej0 z ejt 2 V (0 + ) ej(t0 z)

d j0 t e 2

= Re e per confronto con v(t) si ottiene

d j(0 t0 z) e 2

vR (t) = vc (t 0 z) cos(0 t 0 z)
3 3

tensione (unit arbitrarie)

2 1 0 1 2 3 0 5 10 15 20 posizione (unit arbitrarie)

tensione (unit arbitrarie)

2 1 0 1 2 3 0 5 10 15 20 posizione (unit arbitrarie)

Fig. 1: Segnale trasmesso e ricevuto Nelle gure 1a e 1b sono riportati, in unit` arbitrarie, il segnale trasmesso e quello a ricevuto. Il segnale trasmesso v(t) ` costituito da una sinusoide a frequenza 0 (portante), il e cui inviluppo ` costituito da vc (t) (un impulso rettangolare nel caso della gura). Linviluppo e si sposta con una velocit` (si veda il paragrafo sulla propagazione per onde) a vg = 1 d(0 ) = 0 d

detta velocit` di gruppo. Un osservatore, solidale con un punto della sinusoide portante, ad a esempio col punto di argomento (fase) 0, si sposta invece con velocit` a 0 0 detta appunto velocit` di fase. Si noti che la velocit` di gruppo ` non solo la velocit` con a a e a cui si sposta linformazione associata al segnale ma anche la velocit` con cui si sposta lenergia a associata al segnale, che ` presente solo dove vc ` diverso da zero. Pertanto vg deve essere minore e e della velocit` della luce nel vuoto. Invece la vf non ha alcun signicato sico, e quindi potrebbe a essere ( e in molti casi `) maggiore della velocit` della luce nel vuoto. e a Pertanto, se vale la (149), linformazione, rappresentata da vc (t), si propaga senza deformarsi. Se invece la (149) non ` rispettata, linviluppo del segnale si deforma, e non ` pi` e e u vf =

49

possibile ricostruire linformazione associata. La presenza di dispersione, misurabile da |0 |, pone quindi un limite superiore alla massima distanza di trasmissione o, alternativamente alla massima banda trasmissibile, corrispondente alla massima velocit` di trasmissione. Un increa mento di distanza pu` quindi essere ottenuto o a spese della velocit` di trasmissione o riducendo o a la dispersione del canale. Inoltre, a meno che la velocit` non sia molto piccola, il limite sulla a distanza posto dalla dispersione ` generalmente pi` piccolo di quello imposto dalle perdite. e u Si noti inne che, nel caso non valga la (149), 1/0 perde il signicato di velocit` di a gruppo. Infatti, per un segnale deformato, ` dicile andare a denire in maniera precisa una e velocit` a cui si sposta lenergia. In questi casi, quindi, 1/0 pu` anche diventare maggiore della a o velocit a della luce nel vuoto.

  
Il caso di perdite nei conduttori, dovuta alla loro conducibilit` non innita, ` pi` dicile a e u da trattare. Occorre infatti ripartire dalla equivalenza tra un tratto z di linea ideale e il circuito di Fig. 2. Da tale circuito, nel DF , si ha V (z0 ) = jLz I(z0 ) + V (z0 + z) (150) dove jLzI(z0 ) ` la caduta di tensione sul tratto z del conduttore. e Se il conduttore non ` perfetto, la corrente non sar` pi` superciale ma scorrer` alline a u a terno del conduttore stesso. Daltra parte un conduttore non perfetto presenter` una resistenza a R per unit` di lunghezza 13 E quindi su di un tratto z vi sar` una ulteriore caduta di tensione a a RzI(z0 ) da aggiungere al secondo membro di (141), ottenendo V (z0 ) = jLzI(z0 ) + RzI(z0 ) + V (z0 + z)e Procedendo come nel paragrafo 1 si arriva a dV = jLI + RI (152) dz che generalizza la prima delle (30). Ovviamente la R pu` sempre essere inclusa nella parte o immaginaria di L introducendo una induttanza equivalente R (153) che pu` essere utilizzata come la induttanza in presenza di complessa. o Viceversa la parte immaginaria di L e C pu`, volendo, essere sempre separata da quella o reale scrivendo le equazioni dei telegrasti nella forma Leq = L j
13

(151)

Tale resistenza dipende non solo dalla conducibilit` e dalle caratteristiche geometriche (lungheza za e sezione) del conduttore, come nel caso di corrente continua, ma anche dalla distribuzione trasversa della corrente. Infatti per = 0 la corrente tende a concentrarsi alla supercie del conduttore (eetto pelle [?] ) in maniera tanto pi` marcata quanto pi` ` alta . Pertanto la u ue sezione del conduttore interessata al usso di corrente si riduce al crescere la frequenza, e di conseguenza R aumenta.

50

dV = jLI + RI dz (154) dI = jCV + GV dz introducendo una costante G (conduttanza per unit` di lunghezza) e inglobando in R anche a leventuale contributo della parte immaginaria di Alle (154) corrisponde il circuito equivalente di gura 2.
i(z) v(z) L z R z Cz Gz i(z+ z) v(z+ z)

Fig. 3: Circuito equivalente ad un tratto z di linea di trasmissione con perdite Dal punto di vista formale le (154), analogamente alle (140), si risolvono come le (30) a R G e C j Si trova cos` patto di usare al posto di L, C i valori complessi L j k= Lj R C j G = (L jR)(C jG)

(155) R jL + R = Z0 = G jC + G Cj Dalle (155) segue che in presenza di perdite k ` sempre complesso mentre Z0 lo ` a meno e e che (jL + R) e (jC + G) non siano tra loro proporzionali, ovvero a meno che non esista una 2 costante reale R0 tale che Lj
2 jL + R = R0 (jC + G)

(156)

In tal caso Z0 = R0 reale. Se vale la (156), che viene detta condizione di Heaviside, allora si ha anche k = R0 (C jG) = (CR0 ) j(GR0 ) = LC j(GR0 ) (157)

e la costante di propagazione risulta non solo indipendente dal valore delle perdite, ma soprattutto lineare con . Ne segue che se vale la condizione di Heaviside, le perdite non producono dispersione e quindi non limitano la banda trasmissibile.

   
Le perdite in una linea di trasmissione si assumono piccole se valgono contemporaneamente: 51

R G 1 1 (158) L C In tal caso ` possibile (se necessario) approssimare le costanti secondarie delle linee, e e soprattutto calcolare in maniera perturbativa leetto delle perdite. Naturalmente va notato che, se G ed R sono indipendenti dalla frequenza, la condizione di piccole perdite ` sempre e meglio vericata quanto pi` aumenta la frequenza. u Per quanto riguarda la costante di propagazione, si ha, dalla prima delle (155): k = LC R L G C = LC G R + L C GR 2 LC

1j

1j

1j

e utilizzando le condizioni di piccole perdite (158) ` possibile trascurare lultimo termine sotto e radice quadrata e espandere la radice stessa in serie di Taylor arrestandosi al primo termine. Si ottiene cos` R G j k = LC 1 + (159) 2 L C La costante di propagazione coincide quindi, in questa approssimazione, con quella in assenza di perdite, mentre ovviamente compare una attenuazione 1 R G + 2 L C Per quanto riguarda limpedenza si ottiene, allo stesso ordine di approssimazione e con passaggi equivalenti partendo dalla seconda delle (155) = L C R 1j L
1/2

Z0 =

G 1j C

1/2

L j 1 C 2

R G L C

(160)

Anche qui la parte reale di Z0 coincide con quella in assenza di perdite, mentre la parte immaginaria pu` essere positiva o negativa (o persino nulla) a seconda di quali perdite sono o presenti e del peso relativo. Invece risulta, in presenza di perdite, sempre positiva. La presenza di piccole perdite viene normalmente trascurata nel dimensionamento dei circuiti, e se ne tiene conto solo nella analisi (che, in questo caso ` necessaria per valutare la e correttezza del dimensionamento fatto in condizioni ideali). Comunque in genere si assume, nella analisi, che Z0 sia reale, e che la congurazione di tensione e corrente siano quelle valutate in assenza di perdite. In tali ipotesi si pu` calcolare facilmente la potenza dissipata nella linea o con perdite.


Come gi` detto nel paragrafo 1, in un circuito contenente linee di trasmissione ` posa e sibile anche inserire componenti concentrati, siano essi componenti passivi (resistori, induttori, condensatori e cos` via), oppure componenti attivi ovvero generatori. 52

Tuttavia, per quanto riguarda linserimento dei generatori, ` necessario distinguere non e solo tra generatori reali e generatori ideali (come nella ordinaria teoria di circuiti) ma anche distinguere il modo con cui i generatori vengono collegati al circuito. Conviene allora esaminare separatamente i vari casi. Generatori reali Un generatore reale di tensione, o di corrente, pu` essere collegato allo stesso modo o di un componente concentrato, utilizzando per esso i principi di Kirchho. Occorre inoltre ricordare che, essendo la rete lineare, un qualunque circuito attivo, pi` complesso di un semplice u generatore reale, ma che abbia una sola porta, pu` essere sempre ricondotto, utilizzando il o teorema di Thevenin o quello di Norton, a un generatore reale di tensione o di corrente. Generatori ideali propri Cos` come i generatori reali, anche generatori ideali possono essere connessi al circuito, risolvendo questultimo mediante anche i principi di Kirchho. ` E per` consigliabile esaminare pi` in dettaglio il comportamento di una linea di trasmiso u sione in cui a un certo punto zG ` connesso un generatore ideale. Se tale generatore ` un generae e tore ideale di tensione, connesso in serie, o un generatore ideale di corrente, connesso in parallelo, esso si comporta eettivamente come un generatore, cio` serve ad alimentare il circuito. E infatti e se consideriamo una struttura sica che dia luogo ad una linea di trasmissione, in cui inseriamo delle correnti elettriche o magnetiche di dimensione molto piccola rispetto alla lunghezza donda, queste correnti possono essere modellate mediante generatori ideali di tensione in serie o generatori ideali di corrente in parallelo. Possiamo allora chiamare questo tipo di generatori come generatori ideali propri. Generatori ideali corrispondenti a condizioni ai limiti Generatori ideali di tensione connessi in parallelo o generatori ideali di corrente connessi in serie non non si comportano come dei veri generatori, ma servono piuttosto a ssare il valore di tensione o di corrente nel punto z = zG Nonostante nessuna congurazione di sorgenti (n` e elettriche, n` magnetiche) in una linea di trasmissione dia generatori di questo tipo, nel seguito e capiter` di utilizzarli per modellare situazioni in cui tensione o corrente in un punto sono note a e da mantenere ssate. Dalla discussione precedente segue poi anche che soltanto generatori ideali propri possono essere tenuti in conto inserendoli direttamente nelle equazioni delle linee di trasmissione. Per fare questo consideriamo ad esempio un generatore di tensione, di valore VG connesso in + serie in z = zG . Applicando i principi di Kirchho tra z = zG e z = zG si trova che
+ V (zG ) V (zG ) = VG

(161)

La tensione lungo la linea ` pertanto discontinua in zG . Andando sostituire tale tensione e discontinua nelle equazioni delle linee (30), a primo membro si ottiene una funzione impulsiva (z zG ) di ampiezza pari a VG . Pertanto le (30) possono essere corrette solo se un tale termine impulsivo ` presente anche a secondo membro. Allo stesso modo si ragiona se ` presente e e un generatore ideale di corrente in parallelo, di ampiezza IG Le equazioni delle linee devono quindi essere generalizzate nella forma dV (z) = jLI(z) VG (z zG ) dz dI(z) = jCV (z) IG (z zG ) dz

(162)

53

` per tener conto dei generatori ideali propri. E evidente che se vi fossero pi` generatori di corrente u o di tensione, ovviamente in punti diversi dellasse z, lultimo termine a secondo membro verrebbe sostituito da una somma di termini simili, uno per ogni generatore.

     
z2 z1 z2 z1

A partire dalle (154) possiamo costruire un integrale primo delle equazioni delle linee con perdite, ovvero una relazione che ` vericata da tutte le soluzioni della (154), che vedremo e corrispondere alla conservazione dellenergia. Se calcoliamo la derivata di P (z) usando le (154) otteniamo 1 dV 1 dI dP = I + V dz 2 dz 2 dz 1 1 1 (163) = (jL)|I|2 + (R)|I|2 + j(1 + j2 )Ca |V |2 2 2 2 1 1 + VG I (zG )(z zG ) + IG V (zG )(z zG ) 2 2 Possiamo separare parte reale e immaginaria, ponendo P = PA + PR , e integrare su di un tratto di linea tra z1 e z2 , contenente zG , ottenendo dPA dz = PA (z2 ) PA (z1 ) dz z2 1 1 = 2 Ca |V (z)|2 dz 2 2 z1 dPR dz = PR (z2 ) PR (z1 ) dz
z2

z2 z1

1 R|I(z)|2 dz + Re VG I (zG ) + IG V (zG ) 2

= 2
z1

1 1 1 1 Ca |V (z)|2 L|I(z)|2 dz + Im VG I (zG ) + IG V (zG ) 4 4 2 (164)

che generalizzano le (94).

Pin

P out

z1

z2

Fig. 1: Denizione di potenza entrante ed uscente.

54

Se consideriamo il tratto di linea tra z1 e z2 (gura 1), la prima delle (164) diventa allora, generalizzando la (95): PA,IN + PA,G = PA,OU T + dove 1 Re VG I (zG ) + IG V (zG ) (166) 2 corrisponde alla potenza attiva erogata dai generatori posti in ZG . La (165) dice che la potenza totale entrante nel tratto di linea (dovuta in parte al usso di potenza alla sezione di ingresso e in parte alla potenza attiva fornita dai generatori) viene parzialmente dissipata allinterno della linea stessa mentre la restante parte esce dalla sezione di uscita. La (165) pu` quindi essere interpretata come lespressione analitica che il principio di o conservazione dellenergia assume per le linee di trasmissione con perdite e sorgenti in regime sinusoidale. In particolare si vede che il termine 2 (che pu` essere dovuto anche alla presenza o di una conducibilit` d nel materiale che riempie la linea) corrisponde ad un eetto dissipativo, a ovvero a perdite nel materiale. Allo stesso modo la seconda delle (164) diventa PA,G =
z2

1 2

z2 z1

2 Ca |V (z)|2 dz +

1 2

z2

R|I(z)|2 dz
z1

(165)

PR,IN PR,OU T + PR,G = 2

z1

wM (z) wE (z) dz

(167)

dove wM (z) = 1/4 L|I(z)|2 ` sempre la densit` lineare di energia magnetica mentre wE (z) = e a 1 1 Ca |V (z)|2 ` dimensionalmente una densit` lineare di energia (ovvero si misura anchessa in e a 4 [J/m]). Nel caso non dispersivo, vedi (98), la wE ` la densit` media di energia elettrica , di modo e a che lintegrale secondo membro delle (167) ` la dierenza tra le energie magnetica ed elettrica. e Diverso ` il caso di mezzo dispersivo, in cui 1 potrebbe persino essere negativo. Si parla allora e di pseudoenergia elettrica (anche se, per segnali sinusoidali, questultima pu` senza problemi o essere usata al posto della energia, almeno se ` positiva). e Il termine 1 Im VG I (zG ) + IG V (zG ) 2 ` invece la potenza reattiva associata ai generatori in zG . e La (167) dice allora che il usso entrante di potenza reattiva (il primo membro della (167)) serve a bilanciare la dierenza (moltiplicata per 2) tra energie (o pseudoenergie) magnetica ed elettrica nel volume considerato. Le (165,167) costituiscono la forma che prende la conservazione dellenergia per una linea di trasmissione e costituiscono un caso particolare del teorema di Poynting nel DF [?], valido per le equazioni di Maxwell. PR,G =

 
55

Le leggi che regolano la propagazione del campo elettromagnetico in una linea di trasmissione sono state espresse nella forma di equazioni dierenziali. Equazioni alle derivate parziali (di tipo iperbolico [?]) per le equazioni (8) nel dominio del tempo, equazioni dierenziali ordinarie [?] per il dominio della frequenza. Le suddette equazioni sono lineari e a coecienti costanti (rispettivamente con (t, z) e con (z)) nelle ipotesi fatte nel primo capitolo. Queste propriet` si mantengono, nel dominio della frequenza, anche per mezzi dispersivi, mentre nel a dominio del tempo la presenza di mezzi dispersivi trasforma le equazioni (8) in equazioni integro dierenziali, ben pi` complesse da analizzare. Nella discussione che segue sullesistenza e unicit`, u a ci limiteremo pertanto a trattare solo il dominio della frequenza, lasciando solo qualche accenno al dominio del tempo. Quando si ha a che fare con equazioni dierenziali come le (30), in cui C e L sono complesse, per tener conto delleventuale presenza di perdite, ha senso porsi, oltre al problema della ricerca delle soluzione e della loro propriet`, che sono stati discussi nei capitoli precedenti, a anche il problema della esistenza e unicit` della soluzione. a Per quanto riguarda lesistenza, assumiamo che le nostre equazioni, in quanto rappresentanti un fenomeno sico, abbiano comunque una soluzione. Viceversa, per ottenere lunicit` a di una certa soluzione, dovremo imporre alla soluzione stessa delle ulteriori condizioni, che ricaveremo ovviamente anchesse dalle propriet` siche del fenomeno. Tali condizioni aggiuntive a dipenderanno inoltre anche dal dominio (DT o DF ) in cui scriviamo le equazioni. Nei prossimi paragra vedremo in dettaglio quali sono queste condizioni aggiuntive.

   
Dai corsi di analisi matematica ` noto il signicato del concetto di unicit` della soluzione e a di una equazione dierenziale ordinaria. Esattamente lo stesso signicato vale anche per le equazioni delle linee nel DT , nonostante queste ultime siano equazioni a derivate parziali. Per il DF , invece, visto che tali equazioni regolano la soluzione a regime per sorgenti sinusoidali isofrequenziali, il signicato del concetto di unicit` `, come vedremo, completamente diverso a e (nonostante che le equazioni nel DF siano equazioni dierenziali ordinarie). Per il DT dire che una soluzione v(z, t), i(z, t) ` unica in un dato intervallo di tempo, e (T0 , T1 ), e dominio spaziale, Z, signica che non vi possono essere (in tale intervallo e dominio) due diverse coppie di funzioni (v, i) che soddisfano le equazioni delle linee (con le eventuali sorgenti) e un insieme suciente di condizioni aggiuntive. Per brevit`, evitiamo di discutere a qui tali condizioni aggiuntive, e per esse rimandiamo, per esempio, a [1]1 . Tra le condizioni di unicit` nel DT vogliamo qui ricordare solo necessit` di imporre una condizione iniziale, ovvero a a di dover richiedere che, allistante iniziale T0 , tensione e corrente lungo tutta la linea assumano un ben preciso valore:
[1] Franceschetti: Campi Elettromagnetici, Boringhieri
1

In realt`, in questultimo testo, ` trattata direttamente lunicit` per le equazioni di Maxwell, a e a ma le condizioni di unicit` sono qualitativamente le stesse anche per le equazioni delle linee, a e ci` ` ovvio in quanto queste ultime non sono altro che la specializzazione delle equazioni di oe Maxwell alle strutture che abbiamo chiamato col termine di linee di trasmissione

56

v(z, T0 ) = V0 (z),

i(z, T0 ) = I0 (z)

z Z

(168)

dove V0 (z) e I0 (z) sono funzioni indipendenti e largamente arbitrarie. Ben diverso il discorso per il DF , in quanto una soluzione V (z), I(z) nel DF non ` la e soluzione di una equazione dierenziale, ma solo una sua parte e precisamente la soluzione a regime delle equazioni delle linee nel DT , nella ipotesi di sorgenti sinusoidali isofrequenziali. Ci` signica che occorre considerare sorgenti che varino come cos(0 t + ) applicate a partire o dallistante iniziale T0 = . Allistante attuale tali sorgenti daranno luogo a una soluzione v(z, t), i(z, t), la cui parte a regime vR (z, t) = Re V (z)ej0 t iR (z, t) = Re I(z)ej0 t (169)

pu` espressa tramite i fasori (dipendenti da z) V (z), I(z). Naturalmente, ssate le sorgenti, o la soluzione completa v(z, t), i(z, t) sar` unica se assegnamo opportune condizioni, comprese le a condizioni iniziali v(z, ), i(z, ) . E, altrettanto naturalmente, tale soluzione dipender` a ` dalle condizioni iniziali. E quindi possibile che la soluzione a regime (169), essendo una parte della soluzione totale, dipenda anche essa dalle condizioni iniziali a T0 = Per denizione, diremo allora che la soluzione nel DF ` unica se la soluzione a regime e ` indipendente dalle condizioni iniziali, e viceversa. e Pi` formalmente, una qualunque soluzione con sorgenti sinusoidali pu` sempre essere u o espressa come somma di due termini v(z, t) = vT (z, t) + vF (z, t) (170)

(e analogamente per i(z, t)) , in cui vT , detta soluzione transitoria, dipende dalle condizioni iniziali mentre vF ` sinusoidale e indipendente dalle condizioni iniziali 1 e Se lim vT (z, t) = 0 z Z (171)

allora vF costituisce lunica soluzione a regime, qualunque siano le condizioni iniziali, (unicit` nel a DF ). Se invece la (171) non ` valida, allora la soluzione a regime dipende dalle condizioni iniziali. e Tuttavia mentre il termine vF ` sempre alla frequenza 0 delle sorgenti, la parte dipendente dalle e condizioni iniziali vT pu` contenere o non contenere un termine alla medesima frequenza 0 . o Mentre nel primo caso non vi ` unicit` nel DF , nel secondo caso lunicit` sussiste ancora e a a in quanto la parte alla frequenza 0 della soluzione a regime deriva solo da vF ed ` quindi e indipendente dalle condizioni iniziali. Va inne rimarcato che se si riesce a determinare, in un modo qualunque, una coppia di funzioni Vx , Ix che soddisfano sia le equazioni delle linee, sia ad un insieme di condizioni sucienti per lunicit`, allora tale coppia di funzioni ` lunica soluzione del nostro problema. a e
1

La decomposizione (170) segue dalla teoria delle equazioni dierenziali lineari: vF ` un integrale e particolare della equazione completa, mentre vT ` integrale generale della equazione omogenea e associata.

57

      
Consideriamo un circuito contenente linee di trasmissione, generatori, ed eventualmente carichi concentrati. La unicit` della soluzione si pu` dimostrare, essendo le equazioni lineari, a o supponendo, per assurdo, lesistenza di due soluzioni distinte V1 , I1 e V2 , I2 , e poi dimostrando che tali soluzioni devono necessariamente coincidere, ovvero che la loro dierenza V (z) = V1 (z) V2 (z) I(z) = I1 (z) I2 (z) (172) devessere identicamente nulla. Daltra parte la soluzione dierenza V (z), I(z) ` ancora soluzione e dellequazione delle linee, ma con generatori di valore pari alla dierenza tra quelli della prima soluzione e quelli della seconda soluzione. E poich` le due soluzioni V1 , I1 e V2 , I2 sono prodotte e dagli stessi generatori, la soluzione dierenza V (z), I(z) ` prodotta da generatori nulli. e Conviene quindi cominciare a esaminare in quali casi un circuito costituito da una successione di linee di trasmissione e carichi concentrati, in assenza di generatori, ammette la sola soluzione nulla. Infatti, ognuno di questi casi si tradurr` immediatamente in un insieme a di condizioni sucienti per lunicit`. Naturalmente cercheremo soluzioni che sono continue a a tutte le interfacce, e che soddisfano le corrette condizioni di discontinuit` in presenza dei carichi a concentrati. ` E necessario inizialmente fare una prima distinzione tra i problemi interni, in cui il circuito ` limitato, e i problemi esterni in cui alle estremit` del circuito vi sono una, o due, linee e a semiinnite, poich` questi due problemi vanno esaminati separatamente. e Iniziamo a considerare i problemi interni e esaminiamo per primo il caso in cui il circuito ` costituito da un tratto di linea di trasmissione, che parte da z = z1 , una sequenza, eventuale mente vuota, di carichi concentrati e altri tratti di linea e inne un ulteriore tratto di linea di trasmissione che termina a z = z2 . In assenza di sorgenti, il vericarsi di entrambe le condizioni seguenti ` condizione e suciente per avere la sola soluzione nulla: (condizione ai limiti) sia in z = z1 , sia in z = z2 , si ha V = 0 oppure I = 0; sono presenti allinterno della linea delle perdite distribuite (ovvero almeno uno dei tratti di linea che costituiscono il circuito ha delle perdite). La dimostrazione si basa sul teorema di Poynting, in assenza di generatori, che ` ovvie amente soddisfatto dalla nostra soluzione. Dalla (165), con PA,G = 0 segue P (z1 ) P (z2 ) = PD (173) in cui i ussi di potenza sono nella direzione positiva dellasse z e PD ` la potenza dissipata tra e z = z1 e z = z2 Se in z = z1 (e analogamente in z = z2 ) si annulla la tensione, oppure la corrente, il corrispondente usso di potenza nella (173) ` nullo. e Ne segue che PD = 0 (174) La presenza di perdite distribuite (ad esempio R diverso da zero, ed eventualmente variabile con z) in un intervallo (za , zb ) consente di esprimere la potenza dissipata come 58

PD =

1 2

zb za

R|I(z)|2 dz = 0

(175)

da cui segue, essendo lintegrando non negativo, R|I(z)|2 = 0 per ogni z. Poich` R = 0 si e trova che la corrente si annulla per ogni z dellintervallo (za , zb ). Dallequazione delle linee segue poi lannullarsi anche della tensione nello stesso intervallo. Quindi alle due estremit` di a tale intervallo za , zb si annullano sia la tensione, sia la corrente e questo ` suciente ad avere e soluzione nulla ovunque (come si vede facilmente utilizzando la forma stazionaria dei campi su una linee di trasmissione (44)).
ZcS Zc Z cP

Fig. 1

Fig. 2

Notiamo esplicitamente che la presenza di perdite concentrate (ovvero di carichi concentrati resistivi) anzich` distribuite (e quindi con tutte le linee prive di perdite) non ` condizione e e suciente per lannullamento della soluzione. Si considereri ad esempio il caso di gura 1, in cui la parte reale di Zc ` diversa da zero (e ovviamente positiva). La potenza dissipata ` data da e e 1 Re(Zc ) |Iz |2 2 e dalla (174) segue lannullarsi della Iz , nonch` della tensione ai capi di Zc . Non c` per` e e o alcun motivo per il quale debba annullarsi anche la corrente entrante (o uscente) dalle linee di trasmissione, e quindi la soluzione pu` ben essere diversa da zero. Sono necessarie perdite o distribuite come quelle di gura 2, in cui vi sono due impedenze a parte reale positiva, una in serie e una in parallelo, per avere ai capi delle linee sia tensione, sia corrente nulla e quindi lannullarsi della soluzione. Consideriamo ora il caso in cui a una o entrambe le estremit` del circuito la condizione a ai limiti sia sostituita da una condizione di impedenza PD = V = Zs1 I z = z1 V = Zs2 I z = z2 (176)

con Re[Zs1 ] 0 e Re[Zs2 ] 0. La (176) viene detta condizione di impedenza perch` ` la e e relazione che vale tra tensione e corrente se lestremit` della linea ` chiusa su di unimpedenza a e pari a Zs . Quindi la (176) consente di analizzare anche tali casi. Dimostriamo che nel caso di una o due condizioni di impedenza alle estremit` del circuito a si ha ancora solo la soluzione nulla purch` valga almeno una delle due seguenti condizioni e sono presenti allinterno della linea delle perdite distribuite (oppure concentrate, purch` e del tipo di gura 2); in almeno una (o nellunica) condizione di impedenza risulta Re[Zs ] > 0. Infatti facile vericare che, se vale una condizione di impedenza, (176), il usso di potenza risulta P (z1 ) = 1 1 Re [V I ] = Re(Zc )|I|2 2 2

59

(e analogamente per z2 ) e se Re(Zc ) = 0 allora ancora il usso di potenza corrispondente nella (173) ` nullo e si ricade nel caso precedente, nel quale lunicit` ` garantita solo dalla presenza e ae di perdite distribuite. Se invece Re(Zc ) > 0 allora il usso di potenza ` non positivo. Daltra parte, la (173) e richiede, essendo la potenza dissipata non negativa, che sia non negativa anche P (z1 ). Lunica condizione possibile ` allora che P (z1 ) = 0 il che richiede la corrente in z1 (e, dalla (176), anche e la tensione) nulla. Come nel caso precedente, la presenza di tensione e corrente contemporaneamente nulle nello stesso punto garantisce lannullarsi della soluzione in tutti i punti del circuito. Si pu` in altri termini dire che leventuale mancanza di perdite distribuite nel circuito o pu` essere compensata dalla presenza di perdite allestremit`, ottenute chiudendo il circuito su o a di una impedenza Zs a parte reale strettamente positiva. A questo punto ` immediato considerare il caso di problema esterno. Infatti tra la e tensione e la corrente, in tutti punti della linea semiindenita, di impedenza caratteristica Z0 , vale una relazione analoga alla (176): V = Z0 I che esprime la assenza di generatori allinnito (ovvero la presenza di una sola onda che viaggia verso linnito). Una dimostrazione identica a quella fatta per la condizione di impedenza dimostra che in un problema esterno senza generatori la unica soluzione possibile ` quella nulla, e anche in assenza di perdite interne al circuito. Notiamo inne che se, in un problema interno, non vi sono n` perdite distribuite (R = 0 e e G = 0) n` perdite alle due estremit`, potranno esistere anche soluzioni diverse da quella nulla, e a nonostante la assenza di generatori. Tali soluzioni sono dette risonanti. Per tali soluzioni la parte reattiva del teorema di Poynting (167) fornisce 2(WM WE ) = PR (z1 ) PR (z2) = 0 (177)

Quindi per tutte le soluzioni risonanti le energie (o pseudo energie) totali elettrica e magnetica sono uguali. A questo punto siamo in grado di enunciare anche i risultati di unicit`, che discendono a immediatamente dalle considerazioni precedenti. In un problema esterno si ha unicit` della soluzione imponendo solo che sulle linee a semiindenite sia presente solo una onda che viaggi verso linnito, di ampiezza qualunque. In un problema interno si ha unicit` della soluzione se si impongono, a entrambe le a estremit`, il valore 1 della tensione, della corrente, o una condizione di impedenza del tipo a della (176), e sono presenti allinterno del circuito delle perdite distribuite. La richiesta di perdite distribuite pu` essere sostituita da una condizione di impedenza in cui la parte reale o dellimpedenza sia strettamente positiva (presenza di perdite allestremit`). In assenza di perdite a la soluzione pu` non essere unica, ma due soluzioni distinte dieriranno necessariamente per una o soluzione risonante.
1

Assegnare il valore, ad esempio, della tensione in z = z1 , signica dire che tanto V1 (z1 ), quanto V2 (z1 ) devono essere uguali a un valore ssato Vs . Ne segue che la soluzione dierenza avr` a V (z1 ) = V1 (z1 ) V2 (z1 ) = Vs Vs = 0, che ` una delle condizioni che assicura lannullamento e della soluzione.

60

   
Risuonatori, ovvero circuiti in grado di supportare soluzioni risonanti ( soluzioni a regime sinusoidali in assenza di generatori) vengono largamente utilizzati nelle applicazioni, ad esempio per realizzare oscillatori sinusoidali, oppure ltri. Inoltre svariati dispositivi elettromagnetici, ad esempio molte antenne, possono essere analizzati e progettati considerandoli analoghi a risuonatori. Conviene quindi analizzare in dettaglio quali circuiti in linea di trasmissione presentino risonanze, circuiti che devono necessariamente essere privi di perdite, e successivamente considerare cosa avviene delle risonanze quando si tiene conto che in ogni circuito reale vi sono necessariamente perdite. Per analizzare le risonanze, che fanno parte della parte transitoria della soluzione delle equazione delle linee nel dominio del tempo, conviene considerare il circuito di interesse come un sistema descritto mediante la sua funzione di trasferimento ingressouscita W (s) dove s ` e la variabile della trasformazione di Laplace. Lutilizzo della trasformazione di Laplace, al posto di quella di Fourier (che ` direttamente ottenibile dalla soluzione nel dominio della frequenza) e ` legata al fatto che le risonanze sono oscillazioni sinusoidali persistenti, descritte da termini e impulsivi nel dominio di Fourier, e da normali funzioni razionali nel dominio di Laplace. Tuttavia va ricordato che, con la sostituzione 1 s (178) j ` immediato ottenere le relazioni nel dominio di Laplace a partire dalle grandezze del dominio e della frequenza. Va solo ricordato che la sostituzione precedente va fatta ovunque compaia la frequenza, quindi anche nella costante di propagazione Ad esempio ejz = ej c es c jZ0 tan jZ0 tan js c = Z0 tanh s c
z z

A partire dalla soluzione del dominio della frequenza, ` quindi molto facile scrivere la e funzione di trasferimento ingressouscita W (s) una volta scelte le grandezze che rappresentano lingresso e luscita. Dallanalisi dei sistemi si sa che i poli della funzione di trasferimento (ovvero gli zeri del suo denominatore) forniscono la variazione temporale dei cosiddetti modi caratteristici del sistema, soluzioni in assenza di forzamento, che pertanto non sono altro che le nostre risonanze. Se sp = p + jp ` un polo della funzione trasferimento, la variazione temporale del e corrispondente modo caratteristico, ovvero della corrispondente risonanza, ` e esp t = ep t ejp t Se p = 0 ovvero se sp ` sullasse immaginario, si ha una risonanza in senso stretto, e nel senso che la soluzione a regime esiste. Dalla discussione sullunicit`, segue allora che se la a struttura ` priva di perdite i suoi poli sono (salvo casi particolari) sullasse immaginario, cosa e che per ora assumeremo. Per calcolare le risonanze in un circuito dobbiamo partire costruendo una descrizione ingressouscita del circuito medesimo. Naturalmente, per ogni circuito a costanti distribuite vi sono innite descrizione di questo tipo in quanto possiamo scegliere una qualunque tensione o

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corrente come ingresso e unaltra come uscita. Tuttavia, salvo casi di simmetria, ogni descrizione ingressouscita fornisce le stesse risonanze. Sceglieremo allora come ingresso e uscita tensione e A corrente presenti ad una sezione AB del nostro circuito a costanti distribuite (o concentrate) come in gura 1. In tale YL I YR gura YL , YR sono delle ammettenze di ingresso, ovvero calcolate con la convenzione dellutilizzatore. Se applichiamo a B AB un generatore di corrente I(s) (ingresso), la tensione tra Fig 1 A e B (uscita) sar` a I(s) YL + YR La corrispondente funzione di trasferimento ` pertanto e V (s) = 1 YL + YR Possiamo ovviamente utilizzare anche un generatore di tensione V (s) come ingresso, come in gura 2, e prendere come uscita la corrente I(s) che scorre attraverso il generatore di tensione. In tal caso V (s) I(s) = ZL + ZR con corrispondente funzione di trasferimento Wiv (s) = Wvi (s) =

V ZL
Fig 2

ZR

1 ZL + ZR 1 1 e di ovvero lunione delle Le risonanze sono pertanto i poli di YL + YR ZL + ZR soluzioni di YL + YR = 0 Daltra parte 1 1 ZL + ZR + = ZL ZR ZL ZR Pertanto ogni zero di YL + YR ` anche zero di ZL + ZR purch` queste due impedenza e e non vadano mai contemporaneamente allinnito (e viceversa). Se quindi si ` sicuri che le due e impedenza, o le due ammettenze, godono di tale propriet`, basta una sola delle due equazioni a (179). Caso tipico in cui ci` non si verica ` quando le due impedenza sono sempre uguali, ad o e esempio quando si sceglie come sezione AB una sezione di simmetria. La sezione AB ` arbitraria, nel senso che line sieme di tutte le risonanze (unione delle soluzioni della prima di (179) e delle soluzioni della seconda di (179)) ` e 1 2 invariante. Infatti se applichiamo il teorema di Poynting al campo risonante ad una qualunque sezione del circuito (vedi gura 3) si ha Fig 3 YL + YR = ZL + ZR = 0 (179)

62

1 ZR |I|2 = 2j(Wm2 We2 ) 2 1 ZL |I|2 = 2j(Wm1 We1 ) 2 e sommando 1 (ZL + ZR ) |I|2 = 2j(Wm We ) 2 Analogamente 1 (YL + YR ) |V |2 = 2j(Wm We ) (181) 2 Se consideriamo la sezione cui abbiamo calcolato la risonanza, risolvendo la (179), il primo membro di (180), o quello di (181), ` nullo e segue e Wm = We (182) (180)

(alla risonanza le energie, o pseudoenergie, totali sono uguali). Poich` i secondi membri di (180,181) sono indipendenti dalla sezione, a qualunque altra e sezione almeno una delle (179) ` vericata, in quanto ad ogni sezione non possono essere cone temporaneamente nulli sia la tensione, sia la corrente, se nel circuito vi ` un campo diverso da e zero. Per chiarire questo problema consideriamo il semplice esZ0 0 empio di gura 4. Se scegliamo un estremo della linea, ad esempio quello di sinistra, ZL ` sempre nullo e basta la sola equazione alle e impedenze: 0 + jZ0 tan 20 d = 0 che ha per soluzione 20 d = n ovvero =

d
Fig 4

n c 2 d Se invece ci poniamo al centro, occorrono entrambe le equazioni, che ora diventano tan 0 d = 0 = = n cot 0 d = 0 = = c d 1 2 c d

n+


Una soluzione reale 0 dellequazione di risonanza equivale a un modo naturale oscillatorio, con andamento temporale del tipo Re(ej0 t ) Tuttavia, la presenza di perdite (distribuite o concentrate) impedisce la presenza di modi naturali persistenti, e quindi le equazione di risonanza (179) forniranno delle soluzioni in s 63

con parte reale negativa. Interpretate in termini di frequenza, secondo la (178), tali soluzioni con dovranno ad delle frequenze di risonanza complesse del tipo 1 +j2 Di conseguenza landamento temporale del campo sar` del tipo a Re(ej(1 +j2 )t ) = e2 t Re(ej1 t ) (183)

ed ` quindi di tipo oscillatorio smorzato. La parte reale della frequenza complessa di risonanza e ` la frequenza delle oscillazioni smorzate, mentre 2 ` linverso della costante di tempo dello e e smorzamento del campo. Per una soluzione di tipo oscillatorio smorzato, lenergia varia nel tempo e, a rigori, non si pu` evidentemente pi` parlare di energia media. Se per` 2 o u o 1 allora landamento (183) ` quello di una funzione a banda stretta. Pertanto ha ancora senso parlare di energia e media valutata su un periodo, in quanto allinterno di ogni periodo delloscillazione ` possibile e trascurare lo smorzamento. Naturalmente tal energia media non sar` costante, ma varier` a a a seconda del periodo scelto per calcolarla. In particolare si ridurr` secondo una legge del tipo a W (t) = W (0) e22 t (184)

in cui t ` listante iniziale del periodo in cui stiamo calcolando lenergia media. La riduzione e di energia descritta dalla (184) ` evidentemente collegata a una dissipazione di potenza (o a un e usso di potenza verso lesterno del risuonatore) tramite il teorema di Poynting: d W (t) = (22 ) W (t) dt La potenza dissipata in un periodo di durata T vale PD = T PD = e quindi il rapporto T PD 22 = 1 2 W ` una misura della potenza dissipata nel periodo, ovvero dellattenuazione (sempre riferita dun e periodo) del campo. Per analogia con i circuiti risonanti RLC conviene introdurre il fattore di merito: Q= 1 W 1 = PD 22 (186) 2 (22 ) W 1 (185)

che, al pari di 2 fornisce una misura della velocit` di attenuazione dellenergia in un periodo. a La (186) esprime il fattore di merito mediante le due parti della frequenza complessa. Tuttavia, molti casi, il fattore di merito pu` anche essere calcolato una tecnica pi` semplice, o u di tipo perturbativa, che ` valida purch` Q e e 1 Poich` ovviamente il fattore di merito non ` e e ` noto prima di calcolarlo, sembrerebbe che tale tecnica non sia mai applicabile. E per` possibile o utilizzare un approccio cosiddetto autoconsistente, in cui si suppone inizialmente che il fattore di merito sia abbastanza grande, lo si calcola utilizzando la tecnica perturbativa e, se il valore ` eettivamente grande, si accettano quei risultati. Se invece il valore trovato ` troppo piccolo, e e ` occorre ricalcolare per altra via (e cio` usando la frequenza complessa) il fattore di merito. E e evidente che, se si ` in grado di fare una stima a priori del fattore di merito, il che ` molto spesso e e

64

possibile, allora si pu` evitare di utilizzare la tecnica perturbativa quando tale stima fornisce o valori troppo piccoli. Tale tecnica perturbativa prevede di calcolare la frequenza di risonanza e la energia immagazzinata di un risuonatore ideale (cio` privo di perdite ) che sia per` vicino al risuonatore e o reale di interesse. Per quanto riguarda invece la potenza dissipata, questa si calcola si inserendo le perdite, ma assumendo che la presenza delle perdite medesime non alteri la distribuzione del campo nel risuonatore rispetto al caso ideale. Naturalmente per il calcolo di energia e potenza dissipata occorre alimentare il risuonatore, ovvero ssare il valore di una corrente o di una tensione. Questa scelta pu` essere fatta nel modo pi` comodo per calcolare le grandezze di o u interesse, in quanto il fattore di merito risulta completamente indipendente da essa. Si consideri risuonatore reale di gura 1, in cui la reZ0 0 sistenza R ` molto pi` piccola delle impedenza caratteristica Z0 e u della linea. Il risuonatore ideale vicino a quello reale si ottiene R allora ponendo R = 0 e questo fornisce come frequenza di riso2 nanza = c/d e come energia immagazzinata W = Ld|I0 | /4, d essendo L la induttanza della linea e I0 la corrente che arbitrariFig 1 amente assumiamo scorra nel cortocircuito di sinistra. Per quanto riguarda il calcolo della potenza dissipata, occorre assumere la stessa congurazione di campo del risuonatore ideale, e quindi, essendo il risuonatore lungo mezza lunghezza donda, nella resistenza R scorrer` una corrente uguale a I0 . La potenza dissipata sar` allora a a R|I0 |2/2 e quindi il fattore di merito risulta PD = Z0 2R Risultando quindi Q 1 lanalisi perturbativa fatta ` corretta. e Analizzando lo stesso risuonatore con la tecnica della frequenza complessa si trova che lerrore relativo, sia sul fattore di merito, sia sono frequenza risonanza, ` dellordine di grandezza e 1/ di 2Q, e questo valore dellerrore relativo si ritrova anche in tutti gli altri casi di applicazione della tecnica perturbativa. Concludiamo questo paragrafo notando due cose. La prima ` che che, nel calcolo della potenza dissipata con la tecnica perturbativa, non e tutte le grandezze possono essere considerate uguali a quelle del caso ideale. Se consideriamo infatti la tensione ai capi della resistenza R, questa tensione ` nulla nel caso ideale, e quindi se e venisse utilizzata per calcolare la potenza dissipata, troveremo potenza dissipata nulla, il che ` palesemente assurdo. Il punto ` che possiamo considerare uguali nel risuonatore ideale e in e e quello reale tutte le grandezze che nel risuonatore ideale sono diverse da zero. Infatti in tal caso lerrore relativo fatto nel considerarle uguali ` molto piccolo. Se invece prendiamo una grandezza e nulla nel risuonatore ideale, ma diversa da zero in quello reale, il supporle uguali porta a un errore relativo innito. La tensione ai capi della resistenza nel risuonatore ideale pu` essere o calcolata a partire dalla corrente attraverso la resistenza (che ` uguale nella risuonatore ideale e ed in quello reale, e vale I0 ) come VR = R I0 . La seconda ` che anche un risuonatore come quello di gura e Z0 0 2 sembra vicino al nostro risuonatore ideale. Se per` calcoliamo freo quenza di risonanza e fattore di merito per tale risuonatore troveremo una frequenza di risonanza met` di quella vera e soprattutto a un fattore di merito pari a Z0/2R, ovvero molto pi` piccolo di 1. u d Tale ultimo fatto mostra che ` stato fatto un errore, e in particolare e Fig 2 Q=

65

quello di approssimare una resistenza piccola con un circuito aperto, anzich` correttamente con e un cortocircuito. Ovviamente, se la resistenza fosse risultata molto pi` grande dellimpedenza u caratteristica Z0 della linea, il risuonatore ideale da utilizzare sarebbe stato quello di gura 2.

  
Finora abbiamo considerato il risuonatore isolato. Tuttavia, per utilizzare un risuonatore, occorre connetterlo a un circuito esterno, alimentato. La rete di alimentazione dei risuonatori ha evidentemente anche leetto di caricare il risuonatore, abbassandone pertanto il fattore di merito. Pertanto la scelta del tipo di connessione, e della sua posizione, deve tener conto, oltre che dei vincoli costruttivi, anche della necessit` di non caricare eccessivamente il risuonatore a medesimo. Daltra parte, in molti casi un risuonatore ` usato come modello di altre strutture, e e in tal caso linteresse ` soprattutto quello di fornire al risuonatore tutta la potenza disponibile e ` dal generatore. E ovvio che in tal caso la riduzione delleetto di carico dellalimentazione passa in secondo piano. La variet` di possibili congurazioni di risuonatori, a ZL e di reti di alimentazione, non consente una trattazione generale. Pertanto faremo riferimento a ununica struttura risoR0 R0 nante, riportata in Fig. 1, costituita da una linea di lunghezza d, e di impedenza ZL piccola (dellordine di alcuni Ohm). d Le due estremit` della linea sono chiuse su due resistenze di a valore R0 grandi (dellordine delle centinaia di Ohm e oltre). Fig 1 Cercheremo comunque di esprimere tutti i risultati in termini generali, in modo da poterli utilizzare direttamente (o applicando la dualit`, qualora sia a necessario) in tutti gli altri casi. Utilizzando la tecnica perturbativa, occorre sostituire alle resistenze R0 dei circuiti aperti. Si trova quindi che la risonanza del sistema isolato ` alla frequenza fr denita dalla e relazione r d = dove r ` la costante di propagazione nella linea, corrispondente alla frequenza di risonanza. e Per quanto riguarda il fattore di merito, possiamo alimentare il risuonatore con una tensione V0 su una delle resistenze terminali. Si trova facilmente che lenergia vale d 1 CV02 2 2 dove C ` la capacit` per unit` di lunghezza della linea. Invece la potenza dissipata risulta e a a Wem = P0 = 2 e quindi il fattore di merito totale merito a vuoto (unloaded Q), vale
1

1 1 2 V2 = V 2R0 0 R0 0 del risuonatore isolato, che prende il nome di fattore di

Tale fattore di merito totale risulta pari alla met` del fattore di merito dovuto separatamente a a ciascuna delle due resistenze R0 .

66

Q0 = r

W = r P0

Cd 4 1 R0

R0 r d R0 = ZL 4 4 ZL

La congurazione pi` semplice di alimenu tazione ` quella di Fig. 2, in cui viene connessa a e una delle due estremit` del risuonatore una linea a di alimentazione di impedenza ZA , che praticamente in tutti i casi soddisfer` alla relazione a R0 >> ZA >> ZL

ZA R0

ZL R0 d
Fig 2

Il carico dovuto a questa linea aumenter` evidena temente la potenza dissipata, riducendo il fattore di merito. Questa eetto pu` essere calcolato sostituendo alla linea la sua impedenza caratteriso tica, la quale si trover` in parallelo a R0 e quindi sar` soggetta alla stessa tensione. La potenza a a dissipata su tale impedenza risulter` quindi a PA = 1 V2 2ZA 0

Se introduciamo il fattore di merito dovuto allalimentazione QA = r W ZA = PA 2 ZL

il fattore di merito totale QT , detto fattore di merito del risuonatore caricato (loaded Q), risulter` a pari a 1 1 1 = + QT Q0 QA Nel nostro caso, in particolare, risulta QT = 4ZL 2ZL + R0 ZA
(1)

R0 4ZL

1 1+ R0 2ZA

da cui risulta evidente la riduzione del fattore di merito causata dalleetto di carico dellalimentazione, e misurata dallultimo fattore dellespressione precedente. Viceversa, con questo tipo di alimentazione, non si ha variazione della frequenza di risonanza, in quanto, essendo ZA >> ZL , la linea di alimentazione va sostituita con un circuito aperto per ottenere il risuonatore ideale corrispondente a quello sotto esame. Questo per quanto riguarda il problema visto dallinterno del risuonatore. Dal punto di vista dellalimentazione, invece, occorre determinare il valore della ammettenza di ingresso YIN (), almeno per le frequenze intorno quella di risonanza. In questi intervallo tale ammettenza di ingresso pu` essere determinata in una forma valida per qualunque tipo di risuonatore che o abbia una ammettenza di ingresso che tende ad 0 alla frequenza di risonanza, se le perdite si annullano. Per quei risuonatori in cui alla frequenza di risonanza ` limpedenza di ingresso (nel e caso ideale) al annullarsi, baster`, per dualit`, scambiare ammettenze con impedenze e viceversa. a a Dal teorema di Poynting, infatti, si trova che

67

P0 = essendo GIN = Re[YIN ]. Segue allora

1 GIN V02 2

W r Q P0 1 r Cd 1 = 2 20 = = 2 V0 V0 Q0 2 2ZL Q0 Questo `, evidentemente, il valore alla risonanza ma, in un intervallo non troppo grande e attorno alla risonanza medesima, possiamo assumere GIN costante con la frequenza. Per quanto riguarda la suscettanza BIN , questa risulta pari alla ammettenza di ingresso in assenza di perdite (divisa per j). Si trova quindi

GIN = 2

1 1 tan(d) = j tan[( r )d + ] ZL ZL essendo r d = . Limitandoci un intervallo piccolo attorno alla risonanza segue allora jBIN = j BIN = 1 tan[( r )d] ZL 1 1 r r ( r )d = r d = ZL ZL r ZL r

Pertanto vicino alla risonanza risulta YIN = 1 + 2j ( r ) 2ZL Q0 2r ZL

Tale espressione corrisponde alla ammettenza di un circuito RLC parallelo (Fig. 3), sempre intorno alla risonanza. In tal caso si ha infatti Y = 1 j 1 2 + jCc = + jCc 1 r Rc Lc Rc 2

Rc Y
Fig 3

Lc

Cc

2 in cui la frequenza di risonanza ` data da r = (Lc Cc )(1) . e Vicino alla risonanza 2 2 r 2 r = 2 2

1 e pertanto

+ r 2 ( + r ) = ( + r ) 2 r r

1 + 2jCc ( + r ) Rc che coincide con lammettenza di ingresso del nostro risuonatore con le corrispondenze Y Rc 2ZL Q0 Cc 2ZL r Lc 2ZL r

Nota lammettenza di ingresso YIN del risuonatore, ` possibile calcolare la potenza assore bita dal risuonatore medesimo (che risulta anche proporzionale al modulo quadro dellampiezza dei campi allinterno del risuonatore) per una data potenza incidente. In particolare il rapporto P tra la potenza assorbita e quella incidente risulta pari a

68

P = 1 ||2 essendo il coeciente di riessione allingresso del risuonatore, dato da 1 1 2j ( r ) YIN ZA 2ZL Q0 2r ZL ZA = = 1 1 + YIN + + 2j ( r ) ZA ZA 2ZL Q0 2r ZL Ricordando poi che 1 = ZA 2ZL QA risulta 1 1 QA Q0 1 1 + QA Q0 2j + 2j r r r r 1 1 r 2j QA Q0 r 1 r + 2j QT r

Il valore del coeciente di riessione alla risonanza, r , risulta pertanto 1 1 QA Q0 1 QT

r =

Evidentemente la condizione di massimo trasferimento di potenza ` QA = Q0 , situazione e ` detta di accoppiamento critico. E ovvio che in tal caso il fattore di merito totale risulta dimezzato rispetto al fattore di merito a vuoto 2 . Dallespressione precedente di risulta |r |2 +4 Q2 T 1 +4 Q2 T r r r r
2

P =1

1 |r |2 1 + 4Q2 T

r r

Landamento di P() (Fig. 4) ` il tipico andamento di una risonanza. La sua larghezza e si misura convenzionalmente mediante la banda passante a met` altezza a 2 1 2 dove 1 e 2 sono le due frequenze per cui P dimezza rispetto suo valore massimo (dette frequenze di taglio rispettivamente inferiore e superiore). Poich` il numeratore di P ` costante e e B3 =
2

Se la condizione di massimo trasferimento di potenza non ` vericata si parla di accoppiamento e lasco se QA > Q0 , condizione nella quale la rete di alimentazione carica poco il risuonatore, e ne modica poco il fattore di merito, e di accoppiamento stretto se QA < Q0 , condizione nella quale la rete di alimentazione carica molto il risuonatore, producendo una notevole riduzione del fattore di merito totale

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P() [normalizzato]

0.8 0.6 0.4 0.2 0 0.9 0.95 1 /r 1.05 1.1

Fig. 4: Andamento della potenza assorbita da un risuonatore con la frequenza, le due frequenze di taglio sono le frequenze per cui il denominatore di P vale 2, e cio` e 1,2 = r La banda passante ` allora data da e r 1 2 QT e la banda passante relativa ` esattamente linverso del fattore di merito totale. Al crescere di e QT si riduce quindi la banda passante, il che ` un vantaggio se il risuonatore e utilizzato per e discriminare una frequenza rispetto alle altre, mentre risulta uno svantaggio se il risuonatore vien utilizzato per modellare un carico da alimentare, perch` in tal caso la banda in cui quel e carico pu` essere utilizzato si riduce. o Occorre ovviamente notare che i risultati precedenti valgono solo in un intervallo non troppo largo attorno alla frequenza di risonanza. Tutavia lerrore che si commette sulla banda passante risulta intorno allo 0.2% per bande passanti notevoli (superiori al 15%), e signicativamente pi` piccolo per bande passanti piccole. u B3 = r 2QT

     
Dallanalisi del caso precedente si vede che non ` consigliabile connettere direttamente e la linea di alimentazione a risuonatori con un fattore di merito elevato, in quanto ci` riduce o considerevolmente il fattore di merito stesso. Una congurazione alternativa ZA jXA ZL (Fig. 1) prevede di inserire tra la linea e lingresso del risuonatore una reattanza R0 R0 (tipicamente un condensatore) di valore elevato jXA , che consenta di disaccoppid are il risuonatore dalla linea di alimentazione. Naturalmente la presenza della Fig 1 reattanza modica anche la frequenza di 70

risonanza. Lequazione di risonanza per il risuonatore ideale (in cui la linea di alimentazione va ora sostituita con un cortocircuito) diventa jXA + jZL cot rx d = 0 Ovviamente, essendo la reattanza di valore elevato, la frequenza di risonanza rx si sposta di poco, e si pu` quindi porre rx d = r d + (rx r )d = + , con piccolo in o modulo. Sostituendo nellequazione di risonanza si trova 0 = jXA jZL cot da cui segue
3

jXA j

ZL

ZL XA La presenza di un condensatore riduce pertanto la frequenza di risonanza. Per quanto riguardi fattore di merito, si pu` trascurare nellenergia sia leetto della o variazione di lunghezza , sia lenergia immagazzinata in XA . Anche la potenza dissipata nelle resistenze rimane inalterata. Viceversa la potenza dissipata in ZA si riduce notevolmente e vale = PA = e pertanto
2 2 ZA + XA 2ZL ZA Se |XA | >> ZA , il fattore di merito dovuto allalimentazione risulta notevolmente pi` u grande, ovvero lalimentazione non carica il risuonatore. Unaltra congurazione di alimentazione, che ZL ZL viene utilizzata non solo per evitare di caricare risuoR0 R0 natori con fattore di merito elevato, ma anche per ottenere facilmente la condizione di accoppiamento critid1 d-d 1 co, ` quella di connettere la alimentazione in un punto e intermedio del risuonatore. Colleghiamo la linea di alimentazione, di imFig 2 pedenza ZA , a una distanza d1 da una delle estremit` a del risuonatore. Lunica grandezza che varia rispetto alla congurazioni iniziale ` la potenza e dissipata sulla alimentazione. Poich` la tensione nel punto in cui ` connessa la alimentazione e e vale V0 cos d1 , tale potenza risulta

1 1 V2 ZA |IA |2 = ZA 2 0 2 2 2 ZA + XA

QA =

PA = e di conseguenza

1 V 2 cos2 d1 2ZA 0 ZA 2ZL cos2 d1

QA =
3

A rigori anche XA dipende dalla frequenza, ma non si commette errore apprezzabile sostituendo nellequazione precedente il suo valore alla frequenza di risonanza

71

pi` elevato rispetto al caso in cui alimentazione viene connessa a una estremit`. u a La posizione d1 che fornisce laccoppiamento critico (ovvero ladattamento di ingresso) si ottiene imponendo QA = Q0 , e vale cos2 d1 = ZA 1 2ZL Q0

 
Finora abbiamo studiato le propriet` delle cosiddette equazioni dei telegrasti , e dea terminato le propriet` delle relative soluzioni, quasi senza riferimento alle sottostanti strutture a siche. Solo per ricavare le equazioni dei telegrasti, nella forma pi` semplice, abbiamo conu siderato una struttura indenita e omogenea, con due conduttori. E abbiamo utilizzato come esempio il cavo coassiale. Successivamente abbiamo poi visto come lassenza di certe ipotesi sulla struttura (ad esempio il fatto che i conduttori elettrici fossero perfetti) porta a modica delle equazioni dei telegrasti. In realt`, le equazioni dei telegrasti sono un modello matematico che pu` essere utiliza o zato per descrivere la propagazione virtualmente in tutte le strutture guidanti elettromagnetiche. I parametri di ingresso di questo modello matematico sono nientaltro che le costanti primarie (L, C, R, G) o secondarie (k, Zc ) che entrano nelle equazioni dei telegrasti. Quindi, baster` determinare, per una data struttura guidante, le costanti primarie o a secondarie per poter descrivere la propagazione in tale struttura mediante equazioni delle linee di trasmissione, e quindi utilizzarne tutte le conoscenze che abbiamo sin qui sviluppato. Nel seguito vedremo quindi le principali classi di strutture guidanti, le propriet` delle a corrispondenti equazioni delle linee di trasmissione, e, per gli esempi pi` signicativi, anche u il valore delle costanti primarie o secondarie, che naturalmente dipender` dalle propriet` gea a ometriche ed elettromagnetiche della struttura. Inne vedremo anche leetto delle principali discontinuit` longitudinali sulla propagazione. a La prima classe di strutture che consideriamo sono quelle che rispettano le due ipotesi fondamentali di struttura con due conduttori dielettrico trasversalmente omogeneo e che quindi posso essere chiamate linee di trasmissione in senso proprio. Dal punto di vista elettromagnetico, la loro caratteristica ` che tanto il campo elettrico, quanto quello magnetico, sono e sempre completamente trasversi rispetto alla direzione di propagazione. Tali strutture vengono pertanto dette strutture T EM . Conseguenza di tale ipotesi ` che la velocit` di propagazione e a allinterno di tali strutture coincide esattamente con la velocit` della luce nel mezzo che riempie a la struttura. La costante di propagazione vale quindi = 0 r dove 0 ` la costante di propagazione della linea in aria e r la costante dielettrica del materiale e che riempie la struttura, eventualmente complessa per tener conto delle perdite nel materiale stesso. 72

Tra le strutture T EM , la pi` utilizzata ` senza dubbio il cavo coassiale, che viene spesso u e utilizzato per la trasmissione di potenza a grande distanza, in quanto la propagazione ` tutta e connata tra i due dielettrici, e quindi ha una dissipazione abbastanza piccola, e non d` luogo a a interferenze. Limpedenza caratteristica di un cavo coassiale ` stata gi` ricavata, e vale1 e a Z0 = 1 r log e 2 r ri

essendo re , ri i raggi esterno e interno del cavo e = 377 limpedenza caratteristica dello spazio libero. Manca, per la caratterizzazione di una cavo coassiale, la resistenza dovuta alla conducibilit` a nita dei conduttori, di cui per` qui non ci occupio amo. Occorre per` far notare che il modello di o propagazione linea di trasmissione pu` essere utilizo zato per un cavo coassiale solo purch` la frequenza e non sia troppo alta, o pi` precisamente solo purch` u e le dimensioni trasverse del cavo coassiale risultino piccole rispetto alla lunghezza donda. Poich` un e cavo coassiale ha due dimensioni caratteristiche (il raggio interno ri e quello esterno re ) non ` facile e Fig 1: Cavo coassiale ottenere una espressione semplice della frequenza limite di funzionamento. Una stima conservativa pu` essere ottenuta richiedendo che la circonferenza o media del cavo coassiale sia inferiore a un quarto della lunghezza donda nel dielettrico che riempie il cavo. Questo conduce per la frequenza limite fL al valore fL = c0 4 r (re + ri )

essendo c0 la velocit` della luce nel vuoto e r la costante dielettrica del materiale che riempie a il cavo. I cavi coassiale non si prestano a realizzare circuiti, e perch` la realizzazione di linee con ime pedenza diversa ` abbastanza dicoltoso (richiede e dielettrici con varie costanti dielettriche, o la realizzazione di strutture con raggi interni o esterni variabili), e perch` ` abbastanza complesso connettere e e altri tratti di cavo coassiale in serie o in parallelo alla linea principale. Questi problemi vengono superati utilizzando strutture di tipo planare, ovvero costituite da una piastrina di materiale dielettrico Fig 2: Stripline (substrato), sulle cui facce vengono praticate delle metallizzazioni. La principale struttura planare T EM ` la stripline, che ` costituita da due e e
1

Si ricorda che, salvo chiara indicazione contraria, i logaritmi sono sempre naturali (base e)

73

substrati dello stesso materiale, e in genere uguali, uniti insieme. La struttura ` completamente e metallizzata alle due estremit`, mentre al centro tra i due substrati ` posta una ulteriore mea e tallizzazione che ha lo stesso ruolo del conduttore centrale di un cavo coassiale, ovvero quello di guidare il campo elettromagnetico. Poich` le due metallizzazione esterne sono idealmente e innite, esse sono allo stesso potenziale (il potenziale nullo dellinnito) e quindi equivalgono a un unico conduttore. In un certo senso, si pu` quindi dire che una stripline ` lequivalente o e planare di un cavo coassiale. Limpedenza caratteristica di una stripline dipende esclusivamente dal rapporto tra la larghezza W W della linea di guida e lo spessore del substrato. Poich` e questultimo ` ssato, ` possibile modicare limpedenza e e caratteristica di una stripline semplicemente agendo su 2h W . Risulta inoltre molto semplice collegare in uno stesso nodo tre o pi` linee in parallelo, in modo da realizzare diu visori oppure stub. Non ` invece possibile collegare stub e Fig 3: in serie. Geometria di una stripline Uno svantaggio delle stripline ` che non ` possie e bile determinare in maniera semplice la distribuzione del campo allinterno di tale struttura, diversamente, ad esempio, da un cavo coassiale. Infatti, nonostante una stripline assomigli ad un condensatore a facce piane parallele, il campo non risulta concentrato sotto la strip centrale (come in Fig. 4a), ma deborda lateralmente (Fig. 4b).

( a) ( b) Fig.4: Campo elettrico di un condensatore a facce piane parallele (a sinistra) e campo elettrico vero di una stripline (a destra). LA capacit` di una stripline ` quindi maggiore, e di questo se ne pu` tenere conto introa e o ducendo una larghezza ecace We , denita in modo che la capacit` della stripline di larghezza a W sia pari a quella di un condensatore a facce piane parallele di larghezza We : C = r We h

Di conseguenza limpedenza della stripline vale Z0 = 1 h 2 r We

dove il fattore 1/2 tiene conto che ci sono due condensatori di larghezza We , uno sopra e uno sotto.

74

Ovviamente il problema ` spostato al calcolo di We . Da una analisi matematica del e problema si trova che, per una strip innitamente sottile 1 , la larghezza equivalente ` molto ben e approssimata da 4 log 2 h Questo concetto della larghezza ecace ` utile in molti casi, ed ` quindi ampiamente e e usato. Ad esempio si assume che due stripline aancate interagiscano in maniera consistente se la loro distanza ` tale che stripline di larghezza We si sovrappongano, e sono invece abbastanza e indipendenti se ci` non avviene. o Per quanto riguarda i piani di massa, questi dovrebbero essere inniti. Tuttavia si assume che se la distanza tra la stripline e il bordo di piani di massa ` di almeno 6 volte la e dimensione della zona centrale (ovvero del pi` grande tra W ed h), allora il piano di massa u si comporta come se fosse innito. Per distanze pi` piccole, ovviamente, lapprossimazione u insita nel considerare innito un piano di massa che ` in realt` nito risulta via via meno e a buona. Camunque tale approssimazione risulta accettabile se la distanza ` di almeno 4 volte la e dimensione della zona centrale. Anche la frequenza limite pu` essere calcolata a partire da We . Si trova che la frequenza o limite deve essere signicativamente pi` piccola (60%70%) di u We = W + c0 fL = 2 r We Ad esempio una stripline in Teon (r = 2.2) con larghezza pari a 5 mm pu` essere o usata sino a una frequenza limite di circa 14 GHz, avendo utilizzato un margine di sicurezza del 30%. Per alzare la frequenza limite occorre ridurre la larghezza della stripline. Ci` ` possibile, oe mantenendo inalterata limpedenza, solo se si riduce proporzionalmente lo spessore del substrato. Si vede cio` che lo spessore del substrato va scelto sulla base della massima frequenza a cui si e vuole utilizzare la struttura, oltrech` per considerazioni di tipo economico e costruttivo. Stripline e a frequenze molto elevate (100 GHz o pi`) richiederebbero substrati molto sottili. Poich` tali u e substrati sono di dicile realizzazione (e di conseguenza costosi), ne segue che a tali frequenze si preferisce utilizzare strutture guidanti diverse. Il principale svantaggio delluso di una stripline ` la necessit` di avere un ulteriore e a piano di massa al di sopra della struttura. Oltre a una certa maggiore dicolt` realizzativa, e al a maggior costo dovuto al substrato di elettrico che va posto sopra le linee di guida, questulteriore piano di massa impedisce completamente linserzione di componenti concentrati (sia passivi, sia attivi), e, inoltre, non consente una messa a punto del circuito, mediante modica meccanica delle linee di guida (eliminazione o aggiunta di metallizzazione).

Lo spessore tipico della metallizzazione ` di 3050 m. Lipotesi di metallizzazione innie tamente sottile ` una ragionevole approssimazione solo se W risulta molto pi` grande dello e u spessore, altrimenti occorre utilizzare espressioni pi` complesse che tengono conto anche dello u spessore.

75


Gli svantaggi della stripline sono legati alla presenza del secondo substrato e relativo piano di massa. Ovviamente questi inconvenienti possono essere superati eliminando completamente sia il dielettrico superiore, sia il piano di massa di chiusura, ottenendo una struttura che prende il nome di microstriscia o microstrip. Naturalmente, per una tale struttura, lipotesi di dielettrico trasversalmenFig 1: Microstrip te omogeneo cade in quanto il campo elettromagnetico si sviluppa in parte tra la microstriscia di guida e il piano di massa inferiore (quindi nel dielettrico), e in parte al di sopra della microstriscia stessa, quindi nel vuoto. La propagazione in una microstrip non pu` quindi essere di tipo T EM , almeno se la frequenza ` maggiore di o e zero, il che ` ovviamente il caso che ci interessa. e Se per` le dimensioni trasverse della struttura o (W ed h) sono considerevolmente pi` piccole della lunu W ghezza donda il campo elettromagnetico in una microstrip ` molto simile a un campo T EM , nel senso e che le componenti longitudinali del campo elettrico e del campo magnetico sono molto pi` piccole di quelle u h r trasverse. Questo tipo di campo prende il nome di campo quasi T EM , e esiste, pi` o meno con le stesse u caratteristiche, non solo in una microstrip, ma in quaFig 2: lunque struttura planare con dielettrico non omogeneo, Geometria di una microstrip purch` tale struttura supporti, a frequenza nulla, un e campo elettrostatico. Oltre ad avere le componenti longitudinali dei campi molto pi` piccole di quelle trasverse, u la principale caratteristica di un campo quasi T EM ` di avere una costante di propagazione e sostanzialmente indipendente dalla frequenza, e intermedia tra le costanti di propagazione dei materiali che riempiono la struttura stessa. Se cominciamo considerare strutture prive di perdite, la costante di propagazione viene normalmente scritta nella forma = e 0 dove 0 ` la costante di propagazione nel vuoto alla stessa frequenza, e la costante dielettrica e ecace e assume un valore intermedio tra le costanti dielettriche relative dei vari mezzi. Pi` precisamente si pu` dire che la costante u o dielettrica ecace ` una media di queste costanti e dielettriche, pesata al sulla base del campo elettrico. In altri termini, nel calcolare tale media, le zone in cui il campo elettrico ` elevato pesano pi` delle e u zone in cui il campo elettrico ` piccolo. Nel caso di e una microstrip, poich` il campo elettrico (Fig. 3) ` e e principalmente concentrato tra la striscia metallica Fig 3: di guida e il piano di massa, la costante dielettrica Campo di una microstrip ecace risulta pi` vicina alla costante dielettrica del u 76

substrato piuttosto che a 1 (costante dielettrica relativa dellaria). Ovviamente, quanto pi` ` ue larga la striscia di guida rispetto allo spessore del substrato, tanto pi` il campo risulta connato u allinterno del substrato stesso, e quindi tanto pi` la costante dielettrica ecace si avvicina a u quella relativa del substrato. Esistono, sia per una microstrip, sia per tutte le altre strutture quasi T EM , un certo numero di espressioni approssimate che legano la costante dielettrica ecace ai parametri geometrici ed elettromagnetici della struttura. Tali espressioni hanno precisioni diverse, e complessit` diversa: normalmente le formule pi` precise sono anche quelle pi` complesse. Noi qui a u u ci limitiamo a considerare solo il caso di una microstrip per la quale una espressione sucientemente precisa della costante dielettrica ecace `: e e = dove r + 1 r 1 + 2 2 1 1 + 12 h W
2

W h

W <1 h W 1 h Da tale espressione, e landamento della costante dielettrica equivalente al variare di W /h riportato in gura 4 si vede immediatamente quando detto sopra relativamente alla interpretazione della costante dielettrica ecace come media pesata delle costanti dielettriche relative. e risulta maggiore della media aritmetica delle costanti dielettriche relative (il primo termine), ed ` tanto maggiore quanto pi` grande ` il rapporto W/h, che (sotto radice) risulta a e u e fattore del secondo addendo. W h
costante dielettrica equivalente costante dielettrica equivalente
5 4.5 4 3.5 3 2.5 2 1.5 1 0.5 1 1.5 2 2.5 W/h 3 3.5 4 r = 1.5 r = 2 r = 2.5 r = 3 r = 4 r = 2 r = 4 r = 6 r = 10

0.04 1 W h = 0

10 8 6 4 2 0.5 1 1.5

2 2.5 W/h

3.5

Fig 4: Andamento della costante dielettrica equivalente per una microstrip Per linee molto larghe (W h), la costante dielettrica equivalente tende ad r . Ha quindi interesse la dierenza tra e e r , che e mostrata nella gura 5. La costante dielettrica ecace pu` anche essere espressa tramite il cosiddetto fattore di o riempimento q, denito da e = q r + (1 q) 1

77

1 0.98 0.96 0.94 0.92 0.9 0.88 0.86 0.84 0.82 0.8 6 8 10

r = 1.5 r = 2 r = 2.5 r = 3 r = 4 12 14 W/h 16 18 20

1 0.98 0.96 0.94 0.92 0.9 0.88 0.86 0.84 0.82 0.8 6 8 10

e/r

e/r

r = 2 r = 4 r = 6 r = 10 12 14 W/h 16 18 20

Fig 5: Valore di

e per microstrip molto larghe (W r

h).

e che risulta tanto pi` grande quanto pi` il campo ` concentrato allinterno del dielettrico. u u e Per quanto riguarda limpedenza di una microstriscia, questa ` legata, oltre che alla e costante dielettrica ecace, anche al rapporto tra la larghezza della linea e lo spessore del substrato. Analogamente alle stripline, anche per una microstriscia ` utile denire una larghezza e ecace We , con la quale ` possibile esprimere limpedenza caratteristica nella forma e h Z0 = e We Per calcolare la larghezza ecace, possono essere utilizzate le equazioni seguenti, in dipendenza dal valore di W /h: We = W + 1.393 + 0.667 log 2 h We = 8h W log + W 4h W + 1.444 h h W >h W <h

Come gi` detto per e , queste sono espressioni approssimate, ricavate a partire dai a risultati di analisi elettromagnetiche accurate, adattando a tali risultati delle espressioni semplici. In particolare, le espressioni precedenti, e le altre che vedremo, forniscono risultati con un errore massimo del 2%. La larghezza ecace ` evidentemente e maggiore della larghezza sica, ma la differenza dipende anche da W. Per microstrip abbastanza sottili (W < 2h), tale dierenza ` prossima a 2h, e poi aumenta con W . In e Fig. 6 ` riportata la dierenza normalizzata e tra la larghezza ecace e quella vera, limitatamente al caso di microstrip larghe. Anche per le microstrip la larghezza ecace pu` essere utilizzata per valutare se o due microstrip parallele interagiscono oppure no.
3.6 3.4 3.2

(WeW)/h

3 2.8 2.6 2.4 2.2 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 W/h

Fig 6: Allargamento di una microstrip

78

Una altra dierenza sostanziale tra microstrip e stripline ` nella sintesi, ovvero nella e determinazione della larghezza W necessaria per ottenere una data impedenza. Nel caso di una stripline, il procedimento ` molto semplice, mentre la dipendenza di e da W in una microstrip e rende molto pi` complicato invertire le equazioni di analisi. u Sono quindi state sviluppate delle equazioni di sintesi, che forniscono direttamente W in funzione della impedenza Z0 che si vuole realizzare. Quelle che utilizzeremo dipendono dal valore della impedenza da sintatizzare e sono, Z0 e > 89.91 8 exp A W = h exp (2A) 2 Z0 e < 89.91 2 W = h B 1 log (2B 1) + r 1 0.61 log (B 1) + 0.39 2r r

Le grandezze A e B valgono, rispettivamente A= Z0 60 r + 1 r 1 0.11 + 0.23 + 2 r + 1 r

B=

60 2 Z0 r

Si noti che la scelta tra le due equazioni di sintesi dipende da un parametro incognito, ovvero e , che dipende da W . Poich` e < r , se Z0 r < 89.91, pu` comunque essere usata e o la seconda. Negli altri casi andrebbero utilizzate entrambe, per vedere, a posteriori, quale delle due ` applicabile. Tuttavia una stima del valore di e ` possibile (vedi Fig. 4,5), e quindi, in e e genere, ` possibile valutare quale delle due equazioni ` probabilmente quella da utilizzare. e e


La presenza di perdite nel dielettrico o nel metallo conduce evidentemente ad una dissipazione di potenza. Esaminiamo in dettaglio i due meccanismi. Le perdite nel dielettrico possono essere modellate tramite una d oppure una parte immaginaria di r . Non ` per` possibile utilizzare le espressioni generali delle linee con perdite e o nel dielettrico (che invece valgono nei cavi coassiali e nelle stripline) in quanto le perdite ci sono solo in parte della sezione trasversa. Se ne pu` tener conto (analogamente a quanto fatto per la costante dielettrica) introo ducendo nel calcolo della costante di propagazione una conducibilit` ecace e , media pesata a delle conducibilit` delle due zone, che pu` essere semplicemente calcolata tramite il fattore di a o riempimento 79

in quanto la conducibilit` dellaria ` pari a 0. a e Partendo dalla parte immaginaria di r , occorre prima ricavarsi la d e poi calcolare e . Tuttavia alcune espressioni di e , come quelle da noi utilizzate, consentono di calcolare la costante dielettrica ecace complessa utilizzando questespressione in cui, al posto di r , va inserita la costante dielettrica equivalente (complessa) del substrato, ovvero quella che tiene conto delle perdite. Pi` complesso ` il discorso relativo alle perdite sul metallo. Dal discorso generale sulle u e perdite nei conduttori, sappiamo che se il conduttore ` un buon conduttore, ovvero se la sua e conducibilit` c soddisfa a a c 1 0 c dove c ` la costante dielettrica relativa del conduttore stesso, allora possiamo includere le perdite e nel modello delle linee di trasmissione aggiungendo una resistenza R per unit` di lunghezza nel a modello circuitale di linea, oppure una attenuazione jc alla costante di propagazione della linea con conducibilit` innita. a Nella valutazione di tali parametri occorre considerare che il campo nel conduttore risulta connato in una zona molto sottile vicino alla supercie del conduttore. La profondit` di a tale zona ` dellordine di grandezza di alcune volte la profondit` di penetrazione (o skin depth) e a 2 0 c che per i conduttori e le frequenze di interesse ` tipicamente dellordine dei micron. e Pertanto interverr`, nella valutazione di c , sia lo spessore della metallizzazione, sia la a eventuale tolleranza di lavorazione (questultima specie a frequenza elevata). Trascurando la tolleranza di lavorazione, lattenuazione c per una microstrip pu` essere o calcolata da = Rs Ki Z0 We dove Rs prende il nome di resistenza superciale del metallo: c = 1 c ed ` tipicamente dellordine dei m , Z0 ` limpedenza caratteristica della linea a microstrip e Ki e e tiene conto della eettiva distribuzione (non uniforme) della corrente che scorre nel conduttore. Infatti la dissipazione dipende dal quadrato della corrente e, a parit` di corrente media, la a dissipazione ` pi` grande se la corrente ` dsitribuita in maniera molto variabile. Una espressione e u e ragionevolmente approssimata per Ki , valida per spessori della matallizzazione di 3050 m, e per spessori del dielettrico almeno dieci volte pi` grandi ` u e Rs = exp 4 4 h We
2

e = qd + (1 q) 0

Ki = 128

h We

h W

1 + 2.18

h W

80

Nellespressione di c conviene notare che lattenuazione ` inversamente proporzionale e allimpedenza caratteristica della linea. Infatti quanto pi` alta ` tale impedenza, tanto pi` picu e u cola ` la corrente che scorre sui conduttori per una data potenza trasmessa. Ovviamente, pi` e u piccola ` la corrente, pi` piccola ` la dissipazione. Questa dipendenza dallimpedenza carattere u e istica ` presente sostanzialmente per tutte le strutture T EM e quasi T EM , e pertanto i cavi e coassiali destinati al trasporto di potenze elevate vengono normalmente realizzati in aria (o quasi completamente in aria), e con i conduttori molto distanziati, in modo da ottenere impedenze molto elevate. Per quanto riguarda le costanti primarie in presenza di perdite sui conduttori, i valori di C ed L si possono calcolare in assenza di perdite (in quanto le perdite sui conduttori, valutate secondo quanto esposto in questo paragrafo, sono piccole). ANche leventuale G, che dipende solo dalle perdite nel dielettrico, pu` essere calcolata assumendo i conduttori privi di perdite. o Resta il calcolo di R che si ottiene facilmente da k2 = 2 Lj R C = 2 LC j (RC)

ricordando che in tali condizioni k = jc = LC jc . Sviluppando segue avendo trascurato 2 rispetto a 2 , e per confronto c k2 = 2 2 j2c c 2 LC j2 LC c

R = 2 Z0 c

 
Anche per le microstrip esiste una frequenza limite di utilizzo, valutabile in maniera analoga a quella delle stripline. Tuttavia, al contrario delle strutture T EM pure, la dipendenza dalla frequenza ` molto pi` complessa, in quanto anche le caratteristiche propagative di una e u microstriscia dipendono da essa. Pi` precisamente, se la frequenza ` molto pi` piccola della u e u frequenza limite c0 1 fp = e 2We allora costante dielettrica ecace, larghezza ecace, e quindi impedenza, sono indipendenti dalla frequenza. Per frequenze pi` alte di questa, ovvero che siano una frazione signicativa u di fp , una microstriscia pu` essere ancora trattata come una linea di trasmissione (e quindi o utilizzando le equazioni dei telegrasti) ma i parametri di tale linea diventano dipendenti dalla frequenza, ovvero la propagazione nella linea di trasmissione ` dispersiva. Pertanto per una e microstriscia, e pi` in generale per qualunque struttura quasi T EM , al variare della frequenza u di utilizzo si ha dapprima una zona in cui la propagazione ` quella di una linea di trasmissione e non dispersiva, poi la propagazione diventa dispersiva, ma pu` essere ancora descritta mediante o una linea di trasmissione, dopo di che il campo nella microstriscia comincia ad avere componenti longitudinali non pi` trascurabili e inne si supera la frequenza limite di utilizzo. u 81

Per valutare i parametri al variare della frequenza si possono utilizzare delle espressioni approssimate, che forniscono direttamente la costante dielettrica equivalente e (f ), e limopedenza caratteristica Z(f ) al variare della frequenza, in funzione dei parametri geometrici, e di quelli propagativi e , We , Z0 , valutati per` a bassa frequenza. Se occorre la larghezza ecace, o poi, questa pu` essere calcolata da Z(f ) e e (f ). o Per la costante dielettrica si ha e (f ) = r + e (0) r f2 1+G 2 fp

dove fp ` la frequenza limite gi` considerata e e a G= Per limpedenza si ha invece Z(f ) = Zs + Z0 Zs f2 1 + GM 2 fg Z0 5 0.004 Z0 60

dove Zs = r mentre G W 2 > h r 3 Z0 + 35 + 0.05 Z0 20 W 2 3 h r h 4 log (2) W+ h c0 1 fg = r 2W

GM =

Dalle espressioni di costante dielettrica e impedenza al variare della frequenza, si vede che un ruolo importante ` giocato dalla frequenza limite fp e da fg , che per` risulta pi` alta e o u di fp . Infatti la propagazione pu` essere considerata non dispersiva se la frequenza ` molto pi` o e u bassa di fp , o pi` precisamente di fp /G (che coincide con fp salvo che per linee con impedenza u caratteristica molto bassa). Se f < 0.15 fp/G, la variazione di costante dielettrica ` del 2% e della dierenza r e (0). Sulla costante dielettrica tale variazione ` ancora pi` bassa, e quindi e u lerrore che si commette in tal caso ` quasi sempre trascurabile (salvo che nelle risonanze). Per e limpedenza possono essere trascurate (anche nei risuonatori) variazioni anche del 23%, e quindi si pu` utilizzare limpedenza statica Z0 se f < 0.25 fg/GM o Notiamo inne che le frequenze limite aumentano se si riduce W (ovvero lo spessore del substrato), o si riduce r .

82

 
Completato il discorso sulle strutture con dielettrico trasversalmente disomogeneo, consideriamo il caso di strutture con un numero di conduttori diverso da due. Se i conduttori sono pi` di due, sono possibili pi` congurazioni di campo di tipo T EM (o quasi T EM , se u u il dielettrico ` non omogeneo), che per` interagiscono tra loro. La propagazione deve essere e o pertanto descritta da un insieme di linee di trasmissione accoppiate tra loro, struttura che esula dagli interessi di queste note. Per quanto riguarda il caso di strutture con un unico conduttore (o addirittura senza conduttori metallici, come ad esempio le bre ottiche), queste posso essere divise in varie categorie. Noi qui ci occupiamo con un certo dettaglio solo delle guide donda omogenee, cio` di e strutture costituite da un unico conduttore, chiuso a forma di tubo, contenente un dielettrico omogeneo. Il conduttore conna al suo interno il campo elettromagnetico. In particolare le pi` u diuse sono le guide rettangolari (Fig. 1), bench` siano utilizzate abbastanza di frequente anche e guide circolari, o, per applicazioni particolari, di altra forma. Per queste strutture le componenti longitudinali del campo sono confrontabili con le componenti trasverse, e le caratteristiche della propagazione sono molto diverse da quelle viste nora. La costante di propagazione vale infatti kz =
2 2 r 0 kt

dove r ` la costante di propagazione del dielettrico e che riempie la guida e kt un parametro geometrico. Ne segue che (per dielettrico privo di perdite) la propagazione ` possibile (teoricamente) solo al di soe pra di una certa frequenza, detta frequenza di taglio, data da c0 kt fT = r 2

Fig 1: Guida rettangolare

Al di sotto di questa frequenza la costante di propagazione risulta immaginaria pura. Poich` esiste anche una frequenza limite superiore, ne discende che la propagazione una guida e donda ` possibile solo in un intervallo limitato di frequenze, e in tale intervallo ` fortemente e e dispersiva. Per motivi tecnici, comunque, una guida donda si utilizza solo a partire da circa 1.2fT no alla frequenza di taglio superiore, normalmente tra 1.5fT e 2fT . Per la sola descrizione della propagazione dei campi o della potenza, ` comunque possibile utilizzare ancora le equazioni e dei telegrasti. Viceversa, tali equazioni forniscono risultati errati se usate, per esempio, per calcolare lenergia immagazzinata o per studiare strutture risonanti basate su guide donda. Oltre alla costante di propagazione, gi` vista, occorre quindi lespressione dellimpedenza a 0 kz Si noti che tali espressioni sono valide entrambe anche per un dielettrico con perdite. Viceversa, non ci occupiamo qui del calcolo esplicito delle perdite nella guida donda dovute ai conduttori, in funzione dei parametri geometrici della struttura. Nel caso di perdite nel dielettrico, ovviamente, occorre usare la costante dielettrica equivalente (complessa) al posto di r . In tal caso la costante di propagazione risulter` avere a Z0 =

83

sempre sia parte reale, sia parte immaginaria. Tuttavia, se le perdite sono piccole o medie, al di sotto la frequenza di taglio la parte reale risulta trascurabile rispetta quelle immaginaria, mentre al di sopra della frequenza di taglio avviene il viceversa. La costante kt dipende dalle dimensioni geometriche di una guida donda. Per una guida rettangolare di lati a, b(< a) risulta kt = e per una guida circolare di raggio r 1.841 3.682 = r (2r) Per strutture diverse il valore di kt ` ovviamente diverso, ma il suo ordine di grandezza e ` comunque dato dal rapporto tra e una dimensione caratteristica della struttura. e Ne segue che per una guida rettangolare di lato maggiore pari a 5 cm, risulta fT = 3 GHz, ovvero la guida pu` essere usata a partire da circa 3.5 GHz. Ridurre tale frequenza o ` richiede di aumentare in proporzione le dimensioni. E facile allora vedere che le guide donda non sono utilizzabili (salvo rarissime eccezioni) al di sotto di 1 GHz. Inoltre ` dicile utilizzarle e oltre i 6080 GHz, in quanto le dimensioni diverrebbero troppo piccole. Concludiamo notando che le semplici espressioni qui citate per costante di propagazione e impedenza sono espressioni esatte, ma valgono solo per guide donda chiuse e con dielettrico omogeneo. Se il dielettrico non ` omogeneo, o addirittura se le strutture sono aperte (come e ad esempio le bre ottiche) la costante di propagazione risulta avere un comportamento molto variabile con la frequenza, e con le caratteristiche geometriche. Di tali strutture, comunque, non coccuperemo in questo corso. kt = a

  
Veniamo inne a descrivere come si pu` tener conto della presenza di discontinuit` nella o a congurazione geometrica di una linea di trasmissione. Anche qui consideriamo in dettaglio, e quantitativamente, il solo caso di una microstriscia ma le considerazioni generali valgono anche per le altre strutture guidanti che abbiamo considerato. Per discontinuit` nella congurazione geometrica intendiamo modiche della forma dei a conduttori, come ad esempio cambi di larghezza, terminazioni brusche, giunzioni tra pi` linee, u curve e cos` via. Discontinuit` che hanno, invece, esattamente la forma trasversa della struttura, a come ad esempio discontinuit` di materiale (e quindi di costante dielettrica) o conduttori elettrici a che tappano un cavo coassiale o guida donda, non rientrano in tale classicazione e vengono trattati semplicemente con un salto brusco di impedenza della struttura guidante, o con un collegamento in cortocircuito dei due conduttori. La discontinuit` pi` semplice ` la terminazione brusca di una microstriscia (Fig. 1). In a u e prima approssimazione questa terminazione, alla quale la corrente che scorre nella microstriscia si annulla bruscamente, pu` essere considerata come una terminazione aperta. Tuttavia, se ` o e vero che la corrente di conduzione si interrompe bruscamente, ` altrettanto vero che oltre la e 84

terminazione ` presente una corrente di spostamento legata alla dierenza di potenziale che ci e sar` tra la terminazione della microstriscia e il piano di massa (vedi Fig. 1b). a Tale corrente di spostamento ` response abile di un accumulo di energia elettrica attorno alla terminazione. Un miglior circuito equivalente della terminazione brusca sar` allora costituito da a un condensatore. In altri termini, un tratto di linea a microstriscia di lunghezza Lf dovr` essere a rappresentato con un tratto di linee di trasmissione di lunghezza Lf , terminato su un condensatore Ca , ovvero su di una impedenza (elevata) pari a (jCa )(1) (Fig. 2a). Poich` la stessa ime pedenza capacitiva pu` essere ottenuta con un pico Fig 1: Terminazione aperta colo tratto di linea chiuso su di un circuito aperto, vista dallalto e di lato una rappresentazione della linea a microstriscia aperta del tutto equivalente a quella di linea pi` u capacit` si ottiene considerando un unico tratto di a linea (quindi senza la capacit`) ma con una lunghezza maggiore di quella sica Lf , ovvero con a un allungamento (Fig. 2b).

C l
( a) ( b) Fig.2: Possibili circuiti equivalenti di una terminazione aperta Lallungamento dipende dalle caratteristiche geometriche ed elettromagnetiche della microstriscia, e vale e + 0.3 = 0.412 h e 0.258 col solito signicato dei simboli. Linclusione dellallungamento della terminazione aperta ` suciente a fornire e risultati accurati in buona parte delle situazioni. Se la linea ` per` molto larga, o la e o terminazione aperta si trova in un risuonatore, ` necessario includere, come in Fig. 3, e alla ne del tratto di linea aggiuntivo, di lunghezza una resistenza Ri = 90 0 We
2

W + 0.264 h W + 0.8 h

Ri l
Fig 3

[]

85

che tiene conto della inevitabile perdita di potenza per irradiazione che si ha alla terminazione stessa. Collegata alla terminazione aperta ` ane che il cambio brusco di larghezza di una miA crostriscia. Anche qui si ha un accumulo di energia elettrica, che sar` per` presente solo in a o W1 W2 corrispondenza delle parti della linea pi` larga u che si estende oltre la linea pi` sottile. La cau pacit` corrispondente (da collegarsi in parallelo a A alla giunzione delle due linee, ovvero in corriFig 4: Cambio di larghezza spondenza della sezione AA) potr` pertanto esa sere ottenuta partendo l dalla capacit` di una a terminazione aperta di larghezza pari alla linea pi` larga e riducendola del rapporto tra la linea u pi` sottile e quella pi` larga. u u Analogamente si pu` procedere utilizzando gli allungamenti, il che fornisce un circuito o equivalente notevolmente pi` maneggevole. Si trova che la linea pi` larga si allunga, e quella u u pi` sottile si accorcia, come mostrato nella gura 2. u

Z1

Z1

Z2

Z2

l1

- l2

Fig.5: Circuito equivalente di un salto di impedenza Allungamento e accorciamento sono diversi tra loro, e proporzionali entrambi allallungamento 0 di una terminazione aperta in una linea di larghezza pari alla linea pi` larga: u We1 We2 2= 0 We1 + We2 We1 + We2 In particolare, si vede da tali espressioni che se una linea ` molto pi` larga dellaltra, e u allora la linea sottile mantiene inalterata la sua lunghezza, e quella larga subisce esattamente lo stesso allungamento della corrispondente terminazione aperta. Queste discontinuit` risultano essere discontinuit` longitudinali, ovvero estese solo nel a a senso di propagazione del campo nella linea. Possono quindi essere trattate cambiando semplicemente la lunghezza delle linee. Vi sono poi anche discontinuit` trasversali, come ad esempio a curve o giunzioni tra pi` linee, che richiedono una maggiore cura. Per tali discontinuit`, infatti, u a occorre tener conto che le linee siche hanno una estensione trasversa nita, mentre il modello linea di trasmissione (essendo monodimensionale) prevederebbe una estensione trasversa innitesima. Si pu` tener conto di ci` mediante un passaggio intermedio tra la struttura sica in o o microstrip e la linea di trasmissione, trasformando prima la struttura sica in un insieme di linee innitesime (mantenendo lunghezze e connessioni) corrispondenti alla mezzeria della struttura sica. Successivamente questo insieme di linee innitesime viene trasformato nel circuito il linea di trasmissione. In tal modo si ottiene il circuito equivalente in assenza di correzioni. Inne a
1

86

tale circuito vanno applicate le correzioni, che nel nostro caso saranno essenzialmente correzioni di lunghezza.

( a) ( b) Fig.6: Microstrip con giunzione a T (sinistra) e linee innitesime corrispondenti In g. 6a ` riportato un esempio per un circuito con discontinuit` longitudinali e stub. In e a Fig. 6b ` riportato il circuito tracciato con linee innitesime, ed il circuito eettivo ` disegnato e e tratteggiato. Si notino i punti che corrispondono a tutte le discontinuit` (o meglio, ai punti a centrali delle stesse). Ogni tratto di linea innitamente sottile diventa un tratto di linea di trasmissione (con costanti opportune), e la sua lunghezza, senza correzioni, ` quella tra i due e punti. Il corrispondente circuito equivalente ` mostrato in Fig. 7. Le lunghezze D1 e D2 sono e (in assenza di correzioni) le distanze tra il centro della giunzione a T e le due discontinuit` di a impedenza, mentre Ds , sempre in assenza di correzioni, ` la lunghezza dello stub misurata tra e il centro della giunzione a T e lestremit` della microstrip. a

D1

D2

Ds

Fig.7: Circuito equivalente della rete di Fig. 6 A questo punto vanno inserite le correzioni. Noi consideriamo qui solo la curva ad angolo retto e la giunzione a T simmetrica, in cui il ramo passante ha la stessa larghezza da entrambi i lati. Per questultima, leetto principale ` un accorciamento del ramo derivato, pari a e dT = Z1 e,1 0.5 0.16 Z1 1 2 log Z2 Z1 Z2 h

essendo Z1 limpedenza della linea principale e e,1 la sua costante dielettrica ecace, e Z2 limpedenza della linea derivata. Tale comportamento pu` essere spiegato considerando che o un segnale lanciato su questo ramo, e prelevato sui due lati del ramo passante, non procede in realt` sul percorso al centro delle a linee, ma tende a seguire un percorso curvo (per accoppiamento capacitivo) il quale risulta pi` corto del precedente. u Per quanto riguarda la curva ad angolo retto, invece, questa pu` essere pensata come una giunzione a T simmetrica in o cui uno dei lati del ramo passante ` in realt` uno stub aperto e a di lunghezza sica pari a met` della larghezza del ramo derivato, a Fig 8 come si vede dal disegno delle linee innitamente sottili di Fig. 8. Pertanto la lunghezza totale, calcolata sui centri delle microstrisce, va ridotta dellaccorciamento

87

della giunzione a T, e poi occorre aggiungere una impedenza capacitiva, pari allimpedenza di ingresso dello stub, di lunghezza pari alla sua lunghezza sica pi` lallungamento di un circuito u aperto. Gli stessi ragionamenti possono essere utilizzati per passare dal vcircuito in linea di trasmissione alla struttura in microstrip (sintesi). Per prima cosa si determinano i valori delle lunghezze delle microstrip senza correzioni. Ovviamente un allungamento (ad es., terminazione aperta) implica che la lunghezza della microstrip da realizzare sia pi` corta, mentre un accorciu amento (ad es., braccio derivato della T) implica che la linea ` pi` lunga. Dopodiche si traccia e u il circuito in microstrip con linee innitamente sottili e inne si tiene conto dello spessore delle microstrip (simmetricamente dai due lati). Per meglio descrivere le operazioni, consideriamo un esempio di circuito, mostrato in Fig. 9, in cui ` richiesto il valore di x in e modo che lo stub abbia (a 6 GHz e trascux 2 mm rando la dispersione) una impededenza pari a j50 . Per un substrato con h = 1.2 mm, 3 mm r = 2, limpedenza caratteristica della linea che costituisce lo stub ` pari a 60 , e quindi e la lunghezza elettrica dello stub deve essere Fig 9 0.876. Poich` e = 1.708, la lunghezza non e corretta d si ottiene da e 0 d = 0.876

e vale 5.33 mm. Lallungamento della terminazione aperta vale 0.573 mm e laccorciamento del braccio derivatod ella T vale 1.807 mm. Lo stub sico deve quindi essere lungo 5.330.57+1.81 = 6.57 mm. Tale lunghezza, per`, parte dal centro del braccio principale della T. La lunghezza o del tratto a sbalzo, ovvero x, risulta quindi pari a 6.57 1 = 5.57 mm, essendo 1 mm la semilarghezza del braccio principale.

88

La uguaglianza si ha se e solo se f (x) e g(x) sono tra loro proporzionali. Consideriamo in particolare una funzione f (t) a banda limitata a , ovvero tale che la sua trasformata F () soddis a F () = 0 (, ) / ejt d 2 2 (2)2

segue |f (t)|2 |F ()|2 d

che, per la identit` di Parseval, risulta proporzionale alla norma di f (t): a ||f (t)||2 = Segue quindi ||f (t)||2 Pi` interessanti sono le limitazioni sulle variazioni di f (t). u Da |f (t)|2

segue |f (t)|2 ||F ()||2 mentre da


segue, per T :

   
In molte applicazioni ` utile la seguente relazione, detta disuguaglianza di Schwartz: e
2

f (x)g(x) dx

|f (x)| dx

|g(x)| dx

Applicando la disuguaglianza di Schwartz a

f (t) =

F ()

Lintegrale ` la norma al quadrato di F (): e ||F ()||2 = |F ()| d 1 ||F ()||2 2


2

|f (t)|2 dt =

f (t) =

j F ()

ejt d 2

2 3 d = ||f (t)||2 (2)2 3

f (t + T ) f (t) =

F () ejt

ejT 1 d 2

89

|f (t + T ) f (t)|2 ||F ()||2

|ejT 1|2 1 d = ||f (t)||2 (2)2 2

2 sin2

T d 2

avendo utilizzato in entrambi i casi lidentit` di Parseval. Lintegrale dellultima espressione pu` a o essere calcolato e vale

2 sin2

T 4 d = (T sin T ) 2 T

Ora sin T = T dove il resto R ` positivo. e Pertanto 4 4 (T sin T ) = T T e sostituendo 3 T 2 ||f (t)||2 3 Da queste due relazioni si vede che la velocit` di variazione di una funzione a banda a limitata ` tanto pi` grande quanto pi` grande ` la banda. e u u e |f (t + T ) f (t)|2 < 1 (T )3 R 6 < 2 (T )3 3T 1 3 (T ) + R 6

I segnali di interesse nelle telecomunicazioni (e non solo) non sono mai sinusoidali puri, ma hanno una estensione nita in banda. In particolare molti segnali sono a banda stretta, ovvero sono segnali per i quali lo spettro ` diverso da zero solo in un intervallo 2 (detta e banda del segnale), centrato intorno a una frequenza 0 (detta frequenza centrale o portante), con la condizione 1 0 Per tali segnali esiste una rappresentazione standard, che vedremo essere molto simile alla rappresentazione dei segnali sinusoidali (di cui i segnali a banda stretta sono una generalizzazione) mediante numeri complessi. Sia v(t) un segnale reale a banda stretta. La sua trasformata V () ` allora hermitiana: e V () = V () e quindi:

 
90

v(t) =

V () ejt

d = 2 Re 2

V () ejt
0

d 2

Lintegrale pu` essere esteso alla sola banda di v(t) e segue (con un opportuno cambio o di variabili = 0 )
0 +

v(t) = 2 Re
0

V () ejt

d = Re 2

2 V (0 + ) ejt

d j0 t e 2

Lintegrale ` una funzione di t a banda limitata, con banda , ed ` complesso. Se lo e e poniamo uguale a vc (t) + jvs (t), dove vc (t) e vs (t) sono anchesse funzioni a banda limitata, ma reali, troviamo inne v(t) = Re (vc (t) + jvs (t)) ej0 t = vc (t) cos 0 t vs (t) sin 0 t che chiaramente generalizza la rappresentazione di segnali sinusoidali mediante numeri complessi. La dierenza ` che ora abbiamo una funzione complessa del tempo al posto di un numero e complesso. In realt` le due rappresentazioni sono molto pi` simili di quanto non appaia. Infatti se a u consideriamo vc (t) (ma per vs (t) si possono fare analoghe considerazioni), questa ` una funzione e a banda limitata, con banda . Su di un periodo T0 della sinusoide portante a frequenza 0 , la sua variazione relativa soddisfa a T0
3 3 T0 |vc (t + T0 ) vc (t)|2 ||vc (t)||2 3

Il termine a secondo membro vale


3 3 T0 1 = 3 3

2 0

8 2 = 3

ed ` quindi molto pi` piccolo di 1. Pertanto, su di un periodo T0 della sinusoide portante a e u frequenza 0 , vc (t) e vs (t) possono essere considerate costanti. NAturalmente il valore di tali costanti ` diverso periodo per periodo. e QUindi la dierenza tra la rappresentazione di una funzione sinusoidale e di una a banda stretta sta nel fatto che la costante complessa della rappresentazione di segnali sinusoidali viene sostituita da una funzione complessa lentamente variabile (ovvero costante se osservata su di un periodo, variabile se osservata su molti periodi). Valutiamo ora la potenza media su di un periodo (della portante) di un segnale a banda stretta. Poich` il segnale varia nel tempo in modo non sinusoidale tale valor medio dipende dal e periodo scelto. Indichiamo allora con P (t) la potenza media per il periodo centrato intorno a t: 1 P (t) = T
T 2

v(t)i(t) dt
T 2

Anche la corrente sar` a banda stretta, e quindi rappresentabile mediante due funzioni a a banda limitata ic (t) e is (t). Quindi

91

1 P (t) = T
1/ , T

T 2

T 2

vc ic cos2 0 t + vs is sin2 0 t (vc is + vs ic ) cos 0 t sin 0 dt

Ricordiamo ora che vc , vs , ic , is sono tutte funzioni a banda limitata, con banda e quindi possono essere portate fuori dallintegrale. Si ottiene cos` : P (t) =

1 [vc (t)ic (t) + vs (t)is (t)] 2 e quindi anche P (t) ` una funzione lentamente variabile del tempo, e pi` precisamente ` a banda e u e limitata, con banda 2. Ricordando che P (t) ` il valor medio su di un periodo della potenza istantanea si pu` e o anche scrivere: 1 P (t) =< v(t) i(t) >= Re 2

vc (t) + jvs (t)

ic (t) + jis (t)

che mostra ancora la similitudine tra il caso sinusoidale e quello a banda stretta.

Le reti dueporte possono essere descritte, in termini di comportamento alle porte, da due equazioni lineari che collegano tra loro 4 grandezze elettriche, due a ciascuna porta. Tali relazioni vengono normalmente scritte in forma matriciale, e quindi una rete due porte verr` caratterizzata da una opportuna matrice (complessa) 2 2 1 . a Le rappresentazioni piu diuse, soprattutto a bassa frequenza, sono quelle che utilizzano la matrice delle impedenze Z e delle ammettenze Y, che collegano tra loro il vettore delle tensioni alle porte v e quello delle correnti entranti nelle porte i: v=Z i i=Y v

Dalla relazione precedente risulta immediatamente che le matrici Z e Y sono luna linversa dellaltra. Le due descrizioni sono quindi del tutto equivalenti. Cambia soltanto la grandezza che viene interpretata come causa e quella che viene interpretata come eetto. Lequivalenza delle descrizioni cade se una delle due non ` invertibile, in quanto allora laltra non esiste. e Si pu` anche vedere che ci sono dei casi in cui nessuna o delle due esiste, ad esempio il caso in cui la rete due porte sia costituita solo da una connessione tra le due
1

    
Fig 1 Denizione di tensioni e correnti per le matrici Z e Y.
Noi ci limitiamo qui a considerare reti dueporte, ma evidentemente le considerazioni qui esposte possono essere generalizzate anche al caso di reti a pi` porte. u

92

porte. Tuttavia tali casi sono abbastanza rari, e possono essere evitati in quanto le reti corrispondenti non sono in realt` vere reti dueporte. a Si pu` dimostrare che se una rete ` reciproca, allora le matrici Z e Y sono simmetriche: o e dove lapice T indica la trasposta di una matrice. Si dimostra inoltre che se una rete reciproca ` anche priva di perdite, allora gli elementi e di entrambe le matrici sono immaginari puri. Nelle applicazioni ad alta frequenza, che coinvolgono anche linee di trasmissione, lutilizzo delle matrici di impedenza ed ammettenza, pur abbastanza diuso, presenta due grossi inconvenienti. Il primo ` la non esistenza di entrambe le matrici per circuiti eettivi, ad esempio e una rete due porte contenente un tratto di linea di trasmissione lungo . Il secondo ` che ad alta e frequenza misurare tensioni e correnti ` abbastanza dicile, mentre risulta molto pi` semplice e u misurare ampiezze di onde viaggianti sulle linee. Z = ZT Y = YT

Z0 vi vi

Z0 vd

Z0

Z0 vd

Fig. 2: Denizione delle onde incidenti e diuse Conviene allora descrivere la rete dueporte utilizzando come cause le onde di tensione che viaggiano2 verso le porte, di ampiezza vi , e come eetti le onde di tensione che sono prodotte dalla rete, e quindi escono dalle porte stesse vd , come indicato nella gura 1. Si introduce cos` la matrice di diusione, o matrice S, dal termine inglese scattering matrix, denita da vd = S vi La prima cosa da notare ` che, per poter denire delle onde viaggianti, si deve sempre e considerare che le due porte siano collegate a linee di trasmissione. Pertanto la denizione di matrice S, al contrario di quelle di impedenza ed ammettenza, presuppone aver denito prima le impedenze delle porte. Talvolta si utilizzano impedenze diverse alle varie porte, ma la scelta pi` comune ` quella di utilizzare la stessa impedenza per tutte le porte, che indicheremo con Z0 . u e Per denire gli elementi della matrice S si procede analogamente a quanto si fa per le altre matrici. Si ssa pari a zero una delle due cause e si valutano gli eetti dellaltra. Ad esempio: S11 =
d v1 i v1

S21 =
i v2 =0

d v2 i v1

i v2 =0

i Vediamo per` cosa signicano queste due denizioni. Iniziamo dalla condizione v2 = 0: o questa condizione indica che sulla linea connessa alla porta 2 non vi ` alcuna onda che viaggia e
2

Nella letteratura tecnica le onde incidenti e diuse sono universalmente indicate con v+ e v . Questo conduce, visivamente, ad avere una tensione v2 che viaggia da sinistra a destra. Per evitare ambiguit` si ` preferito cambiare, in questo corso, il simbolismo a e

93

verso la rete dueporte. Pertanto la linea connessa alla porta 2 ` indenita. La condizione che e si utilizza per calcolare S11 e S21 ` quindi quella di porta 2 adattata (alla impedenza Z0 ). e Ne segue che S11 ` il coeciente di riessione alla porta 1 quando la porta 2 ` adattata. e e Invece S21 ` il coeciente di trasmissione tra londa incidente alla porta 1 e quella prodotta alla e porta 2. Analoga denizione e signicato per gli altri due elementi di S. Si vede da questo che, come le matrici Z e Y generalizzano la descrizione di una rete unaporta (ovvero di un singolo componente concentrato) mediante impedenza o ammettenza, la matrice S generalizza la descrizione del medesimo componente mediante il coeciente di riessione. Notiamo esplicitamente che S11 fornisce londa Z0 riessa alla porta 1 solo se la porta 2 ` adattata. Al varie are delle condizioni di carico alla porta 2, varia anche il coeciente di riessione IN che si vede alla porta 1. L Per calcolare tale variazione indichiamo con L il coeciente di riessione che la porta 2 vede guardando verso la linea cui ` connessa, e che ovviamente dipende dal e Fig 3 carico su cui tale linea ` chiusa. In base alla denizione e Denizione di L . di onda incidente e riessa deve risultare3
i d v2 = L v2 i Dalla denizione di matrice S, sostituendo v2 segue d i i i d v1 = S11 vi + S12 v2 = S11 vi + S12 L v2 d i i i d v2 = S21 vi + S22 v2 = S21 vi + S22 L v2

e dalla seconda S21 vi 1 S22 L i che fornisce la amplicazione nelle condizioni di carico eettivo. Sostituendo nella prima e i dividendo per v1 si ha
d v2 =

IN = S11 +

che si riduce a S11 per L = 0, come deve. La matrice S si pu` ovviamente ottenere da Z (o da Y). Partiamo da: o v = vi + vd e utilizziamo la denizione di matrice S: v = vi + S vi = (I + S) vi 1 1 i= vi S vi = (I S) vi Z0 Z0 essendo I la matrice identica di ordine 2.
3

S21 S12 L 1 S22 L

i=

1 vi vd Z0

Questa denizione sembra errata. Invece ` corretta se si guardano alle direzioni delle onde e coinvolte (Fig.2), e si ci ricorda che L si ottiene guardando verso sinistra (Fig. 3).

94

Ricavando vi dalla seconda vi = Z0 (I S)


(1)

e sostituendo nella prima si ottiene

Invertendo tale relazione segue anche

Z = Z0 (I + S) (I S)

(1)

Da tali relazioni ` possibile dimostrare che se Z ` simmetrica, ovvero se la rete ` recipe e e roca, anche S ` simmetrica. e Vediamo inne le propriet` della matrice S se la rete `, oltre che reciproca, anche priva a e di perdite. La potenza attiva entrante nella rete dueporte vale 1 1 i d i d |v1 |2 |v1 |2 + |v2 |2 |v2 |2 2Z0 2Z0 In termini vettoriali si ha P = 2Z0 P = (vi )T (vi ) (vd )T (vd )

S = (Z0 I + Z)(1) (Z0 I Z)

Sostituiamo la denizione di S nella relazione precedente e imponiamo la condizione P = 0, vi che caratterizza la rete priva di perdite Sviluppando il trasposto e mettendo vi in evidenza si ha (vi )T I (S) S (vi ) = 0 (S)T (S) = I
(1) T

(vi )T (vi ) S vi

S vi

=0

vi

vi

che ` vericata solo se la matrice in parentesi quadra ` identicamente nulla e e

ovvero se linversa di S coniugata coincide con la trasposta di S (S ) = (S)


T

Indicato con s1 e s1 le due colonne di S, la relazione precedente indica che ovvero che le colonne di S sono di modulo unitario, e che sono tra loro ortogonali (s1 )T (s1 ) = 0 ||s1 ||2 = (s1 )T (s1 ) = 1 ||s1 ||2 = (s1 )T (s1 ) = 1

Matematicamente questa relazione indica che la matrice S appartiene allinsieme delle matrici unitarie, generalizzazione complassa delle matrici ortogonali.

95

INDICE

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. App. 1. App. 2. App. 3.

LINEE DI TRASMISSIONE: TEORIA CIRCUITALE . . . . . . . . . . . PROPAGAZIONE PER ONDE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ONDE SINUSOIDALI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . RAPPRESENTAZIONE STAZIONARIA . . . . . . . . . . . . . . . . . DISCONTINUITA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . LINEA CHIUSA SU DI UN CARICO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IMPEDENZA DI INGRESSO DI UNA LINEA DI TRASMISSIONE . . . . . VARIAZIONE DELLE GRANDEZZE ELETTRICHE . . . . . . . . . . . . FLUSSO DI POTENZA IN UNA LINEA DI TRASMISSIONE . . . . . . . . BILANCIO DI POTENZA IN UNA LINEA IDEALE . . . . . . . . . . . . BILANCIO DI POTENZA IN PRESENZA DI CARICHI CONCENTRATI . . MASSIMIZZAZIONE DELLA POTENZA . . . . . . . . . . . . . . . . . ALIMENTAZIONE CON LINEA SEMIINFINITA . . . . . . . . . . . . . SCELTA DELLA SEZIONE PER LADATTAMENTO CONIUGATO . . . . . ADATTAMENTO CON TRASFORMATORE . . . . . . . . . . . . . . . ADATTAMENTI CON STUB . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ADATTAMENTI A CARICHI CONCENTRATI . . . . . . . . . . . . . . MEZZI DISPERSIVI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONDUCIBILITA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . EQUAZIONI DELLE LINEE CON DIELETTRICO DISPERSIVO E PERDITE PROPAGAZIONE DISPERSIVA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . PERDITE NEI CONDUTTORI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI PICCOLE PERDITE . . . . . . . . . GENERATORI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONSERVAZIONE DELL ENERGIA E TEOREMA DI POYNTING . . . . ESISTENZA E UNICITA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IL SIGNIFICATO DELLUNICITA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONDIZIONI DI UNICITA NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA . . . . . RISONANZE SULLE LINEE DI TRASMISSIONE . . . . . . . . . . . . . RISONANZE REALI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . COLLEGAMENTO DEI RISUONATORI . . . . . . . . . . . . . . . . . ALTRE CONFIGURAZIONI DI ALIMENTAZIONE . . . . . . . . . . . . STRUTTURE TEM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . MICROSTRIP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . PERDITE NELLE MICROSTRIP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DISPERSIONE NELLE MICROSTRIP . . . . . . . . . . . . . . . . . . GUIDE DONDA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ` DISCONTINUITA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DISUGUAGLIANZA DI SCHWARTZ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . SEGNALI A BANDA STRETTA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . MATRICE DI DIFFUSIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. 1 . 5 . 8 11 13 15 17 19 21 25 28 29 31 32 34 36 38 41 43 44 47 50 51 52 54 55 56 57 60 63 66 70 72 76 79 81 82 84 89 90 92

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