perch non guardate abbastanza dove mettete i piedi. Uno dei dati pi sicuri della metafisica certa- mente il dente di l e o n e ) ~ , e sarebbe bastato un rastrello a salvare Sartre dalla nausea. Esiste forse Dstero pi grande del mio vicino (con la sua cartellina di pelle, il suo montgome- ry e il suo papillon)? Eppure, io non posso dubitare dell' esistenza del si- gnor Franchon come avrebbe fatto Cartesio. La fede e la ragione non hanno abbandonato il nostro mon- do; esse non hanno distolto lo sguar- do dalla terra: anzi, continuano a far- vi risplendere la verit. Ora et labora, recita il motto bene- dettino, vera formula-chiave per una vita di benedizioni. Prega e la- vora, ossia contempla e fatica. Fatica con l'anima e contempla con le ma- ni. Muta la tua spada in vomere, traccia ogni solco come se fosse una preghiera, canta ogni versetto come se fosse un seme, e scava, scava nel profondo d ogni cosa, fino a giun- gere a Dio. I Pellicani Titolo originale: U1 terre chemi71 du ciel Traduzione dal francese di Ugo Moschella Copertina di Enzo Carena 2002 Les provinciales 2010 Lindau s.r.l. Corso Re Umberto 37 - 10128 Torino Prima edizione: aprile 2010 ISBN 978-88-7180-857-4 Fabrice Hadjadj LA TERRA STRADA DEL CIELO Manuale dell'avventuriero dell'esistenza Le tende dei ladri S0110 tranquille, c' sicurezza per chi provoca Dio, per chi riduce Dio in suo potere. Interroga pure le bestie c ti insegneran- no, gli uccelli del cielo e ti infonncramlO; i retti- li della terra e ti istruiranno, i pesci del mare e ti racconteranno. Gb 12,6-8 A Siffreine LA TERRA STRADA DEL CIELO NcnA PER IL LETIORE L'edi7Jone di riferimento della Bibbia adottata nel testo : Conferenza Epi- scopale ltaliana (a OJra di), La Sacra Bibbia, Libreria Editrice Valicana, Citt del Vaticano 2008. Ingresso nella materia l Attesa del!'extra-terrestre Ci sono persone che non vivono fra le nuvole, ma molto al di sopra, e ciononostante restano affascinate dalle storie di extraterrestri e dall'idea di un loro imminente atterraggio. Da queste creature, provenienti da Betelgeuse o da Proxima Centauri, loro attendono qualcosa di nuovo e di meraviglio- so, una sorta di respiro ampio e come una liberazione. Ma ecco il problema: forse il betelgeusiano, sul suo suolo natale, aspetta lo stesso da noi: E se sul nostro pianeta - dice a se stesso - sbarcassero dei mostri a quattro zampe e senza an- tenne, dei "terrestri"?. In effetti, non siamo forse noi gli ex- traterrestri degli extraterrestri? In realt, oltre il sistema solare, non p esserci nulla di abitabile se non altre terre popolate da altri uomini nel senso essenziale del termine, cio animali ragionevoli (la definizio- ne e le deduzioni della philosophia perennis valgono anche per gli esseri provvisti di ali o tentacoli, purch abbiano un corpo e possiedano la ragione). E queste terre, come la nostra, atten- dono. Ei loro abitanti si dicono: La verit altrove. E il Iaro altrove somiglia al nostro. A questo punto sorge una domanda: chi, tra noi e loro, ha pi ragione di scrutare il firmamento? L'attesa dei betelgeu- 12 LA TERRA STRADA DEL CIELO INGRESSO NELUI MATERIA 13 siani non potrebbe essere pi legittima della nostra? E se sul- la nostra terra la Novit delle novit s fosse gi compiuta? Forse l'Altrove qui ai nostri piedi, e gennoglia dalle profon- dit della terra. Mistero del vicino Prendiamo ad esempio il mio vicino, il signor Franchon: in pi di una occasione ho potuto constatare che si tratta di u:n essere infinitamente pi misterioso dei marziar rappresen- tati nei film. Non ha pseudopodi, e diventa verde solo raris- simamente, ma ha una cartellina di pelle, un montgomery e un papillon. I marziani non sfoggiano mai nulia di cos sor- prendente come un papillon. Le altezze dalle quali proven- gono non superano mai l'immaginazione bassa e in genere venale dello sceneggiatore che attribuisce loro, ingigantendo- "li, i propri desideri di conquista o di evasione. Mentre il si- gnor Franchon da dove viene? Voi potreste diTIni: Viene dal- la Creuse 2, ma questa risposta sarebbe insufficiente, anzi, aggraverebbe l'enigma. C' qualcos'altro. Mi sono accorto che il pi piccolo fazzoletto, anzi, il pi piccolo pezzettino di terra, fosse anche di terra incolta, per poco che lo si osservi, racchiude in s orizzonti sconosciu- ti, ma sul serio. Prendiamo ad esempio un dente di leone. Quale fantasia ha potuto generare l'arcaico arpione della sua fogla, l'esplosione gialla del suo fiore, la sfera lanugi- nosa dei suoi semi a paracadute? Le forme vagamente an- tropoidi degli extraterrestri partorite dalle menti dei nostri romanzieri pi fantasiosi non hanno certo una tale auda- cia. C' dunque qui, vicino al suolo, qualcosa che s.embra venire da lontano, da pi lontano di quanto immaginiamo. Come se le radici del dente di leone affondassero nel mi- stero... E che dire allora dei prati e dei campi curati dall'uomo! Mi immagino molto bene L'extraterrestre che sorvolasse al rallentatore il disegno mirabile dei nostri terreni coltivati a cereali - il grano, l'orzo, la segale -, pi fin di un quadro d Mondrian, pi ricchi di sfumature d una tela di Rothko. R- marrebbe sbalorctito. La bellezza delle nostre arature lo col- pirebbe al cuore (non forse questo il motivo per cui i dischi volanti, a detta delle cronache, prediligono in modo speciale gli atterraggi nei campi?). E quando venisse a sapere d che accaduto in quella che viene chiamata Terra Santa, special- mente sul Sinai, e poi tra Betlemme e il Golgota, egli afferre- rebbe l'importanza senza paragoni di questo piccolo pianeta azzurro, un puntino invisibile dal suo cielo. A diecimila leghe di distanza Si dice che il giardino di Tartarino} fosse un luogo tal- mente esotico che ci s sarebbe creduti {la diecimila leghe da Ora, diecimila Leghe corrispondono quasi esat- tamente alla circonferenza del nostro globo ab- bastanza per abbandonare Tarascona e ritornare, abbastanza per restare a Tarascona come nel luogo dell'esodo pi profondo. I<Homo viator dicevano gli antichi. Per il sempli- ce fatto che la nostra vita un breve viaggio verso la morte, la nostra condizione essenzialmente itinerante: per questo non abbiamo bisogno di muoverei pi di tanto per approda- re all'infinito. Ecco l'oggetto di questo libro. un oggetto ba- nale, perch quello di molti altri; un oggetto perduto per- ch va costantemente recuperato. Possiamo dire che porta- 14 LA TERRA STRADA DEL CiELO INGRESSO NeLLA MATERIA 15 l to da una tradizione (francese, ebraica, cattolica) nella stessa ITsura in cui conduce a essa. A dire il vero, mi sarebbe piaciuto scrivere una Guida di viaggio a domicilio, oppure un Manuale dell'avventuriero della propria esistenza. Tuttavia, poich non conosco gli esseri del vostro domicilio e poich ci sarebbe voluto un libro persona- lizzato per ogni lettore (libro che potrebbe scrivere solo illet- tore, e anzi, soltanto Dio - ma questo Libro esiste gi!), ho dovuto accontentarmi di richiamare alcuni principi generali: Nella prima parte tento di mostrare come la meta.fisica, lun- gi dal farci smarrire in un retromondo nebuloso, nasca dalla terra e ci riconduca a essa, dandoci sempre nuove ragioni per meravigliarci. Cos l'albero fecondo si eleva alto sopra il suo- lo, per presto chinarsi su di esso con gratitudine - ex multi- tudine fructuwn - per l'abbondanza dei suoi frutti. In questo modo ho voluto rendere giustizia all'intuizione del bambino e del poeta che si stupiscono dinanzi all' infimo che apre una via, che schiude una via s. Nella seconda parte cerco di evidenziare in quale modo la nostra patria effimera sia come avvolta dalla nostra Pa- tria eterna. L'amore per quest'ultima non spezza, ma anzi, rafforza i vincoli spirituali con la patria carnale, e ci invita a far gi risplendere in essa, anche per le strade della politica, le luci della resurrezione. ntema della patria potrebbe ap- parire caduco e antiquato. lo lo credo invece ultra-moder- no. Chiamo a prova di questo Freud e la psicanalisi. I luo- ghi e gli amori dell'infanzia, ben presto dimenticati dal bambino, continuano a ossessionare l'uomo maturo fino al- la morte. La questione della patria ci abita senza dubbio perch amando la propria origine singolare che si diventa un individuo originale, ma anche perch, quando C!ediamo di rimpiangere un passato che la memoria ha purificato fi- no a farcelo apparire luminoso, in verit abbiamo nostalgia dell' avverure. qui che l'Eterno anela a ogni istante della vostra storia. L'Assoluto si incontra fin da adesso nell' angolo di terra do- ve vi ha posto. Ma vero che, oggigiorno, siamo quasi sem- pre a diecimila leghe dal pensarlo. I L'autore gioca qui sull'ambiguit del tennine matire, indicante al tempo stesso l'argomento del libro e la materia, ossia la dimensione materiale in contrapposizione a quella spirituale (come attesta il riierimento allo spiri- to presente nel titolo dell'ultimo capitolo). L'entre erI matire quindi sia l'<<introduzione all'argomento che l'ingresso ~ ] I a materia [N.d.T.). 'Dipartimento della regione francese del Limousin [N.d.T.I. 'Alphonse Daudet, Tartarino di Tarascona, Fabbri, Milano 2005 (ed. or. Aven- tures prodigieuses de Tartarin dc Tarascon, Dentu, Paris 1872). 'La lega (/iell) un'unit di misura corrispondente a circa 4 km [N.d.T.]. ; Philippe Jaccottet, Et, nalwwins, Paris 2001 (ed. it. E, tuttavia, Marcos y Marcos, Milano 2006). Parte prima UN TERRENO PER LA METAFISICA Non so se anche voi siate come me. lo trovo prodigioso che egli abbia trovato una terra. Charles Pguyl 1 Charles Pguy, Note conjointe sur M. Descartes et la philosophie carlsienne, in CEu7lTes en prose eompltes, 3 velL., Gallimard, Bibliothque de la Pliade, Paris 1987-1992, vol.llI, pp. 1278-1477 (trad. it. in Charles Pguy, Cartesio e Bergson, MilelJa, Lecce 1978). Del letame che giova allo spirito. Teorie della conoscenza e misconoscenza della terra II nostro rapporto con la terra (co, con il dato naturale, sensibile e complesso che ci circonda) imposto all' origine dalle necessit della vita e dal buon senso contadino; ma in una epoca di antica civilizzazione come la nostra, tale rap- porto invece determinato da una certa visione del mondo, ideologica o realistica, che lo rende oscuro o lo vivifica. la nostra metafisica, esplicita o latente, a guidare il rap- porto che abbiamo con la polvere del suolo, specialmente le nostre teorie della conoscenza. Se oggi siamo talmente all' o- scuro del segreto celato dalla terra, ci non tanto dovuto al- la scomparsa della civilt contadina, quanto all'idealismo e al nominalismo divulgati dall'Universit fin dentro l'aria del nostro tempo, cui aderiscono perfino fior di ecologisti. La crisi dell'ambiente non un problema di carattere materiale, ma spirituale. I campi potrebbero anche essere immuni da pesticidi e da OCM, le foreste sottratte al bracconaggio in- dustriale, il mare ripopolato della sua fauna e delle sue al- ghe, il buco dell'ozono tappato con un bel cielo blu: queste riserve sarebbero comunque distrutte nello spirito se non fossero altro che l'effetto di un calcolo commerciale, di un progetto di riconversione turistica o di un rinnova to culto delle driadi e dei fauni. Non si tratta di stipulare un con- 20 U\ TERRA STRADA DI'L CIEW DEL LETAME CHE GIOVA ALW SPIRITO 2J tratto naturale sul modello del contratto sociale, dove gli uomini possano deddere unilateralmente del loro rapporto con la terra, proiettando su di essa l'immagine di una divi- nit materna o quella di una riserva da sfruttare come fa un buon amministratore. Si tratta di accogliere la terra per quel- lo che . Ora, la terra tale che noi non siamo qui per esser- ne gli schiavi, e nemmeno per esserne i tiranni, ma gli agri- mensori meravigIiati di corpo e anima. 11 problema non quello del nostro radicamento vegetale o del nostro slancio utopco, ma del legame vitale che il no- stro spirito intrattiene con questa radura o quel colle. Prima di coltivare e dominare la terra, Adamo d il nome a ogni creatura: prima di essere arabile, la terra intelligibile, buo- na per il nostro spirito. Per quanto indietro si risalga nella storia dell'umanit, si riconoscer che la mietitura sempre contemporanea alla contemplazione, il raccolto alla festa. La terra ha bisogno dello sguardo del contemplativo quanto della vanga del contadino, e questo sguardo sorgente e ver- tice delle nostre fatiche. Ma noi abbiamo perso la vista. Secondo le teorie denuncia- te qui di seguito, la realt ruvida e palpabile non sarebbe ac- cessibile alla nostra conoscenza, non sarebbe davvero alla ra- dice del nostro sapere, che resterebbe allora imprigionato nel dedalo concettuale quasi inestricabile della nostra ragione. Vi- vremmo sin dall'inizio in un mondo virtuale, e i nostri vome- ri, prigionieri dell'illusione, non rivolterebbero che sogni. Il cogito in vestaglia L'esempio pi lampante di questa incomprensione della terra e del nostro debito nei confronti della realt sensibile al di fuori di noi si trova nel nostro cavaliere francese: sto parlando di Cartesio. possibile trovare un po' dovunque te- si simili alle sue anche in precedenza. Queste s radicano nel- l'assurdit di un Dio)} talmente libero da poterSi anche con- traddire; la perla sta nella nozione di causa sui (ora, Dio Causa prima, e dunque senza causa, ed assurdo dire che causa di se stesso, perch, per essere causa di qualcosa, bi- sogna essere, altrimenti non c' nulla e niente nasce dal nul- la - ex nihilo nihil fit -: lo spirito cartesiano propone dunque, tra le altre follie, quella di un Nulla che causa del suo esse- re, o di un Qualcosa che, prima ancora di essere, sarebbe Li- bero; da questo primato della libert sull'essere derivano tut- to il volontarismo e l'individualismo moderni). Come pre- cursore di Cartesio e discepolo di Ockham, alla fine del XIV secolo il cardirulle Pierre d'Ailly affenna che l'esistenza del mondo esterno non pu essere dimostrata in quanto anche se ogni cosa sensibile ed esteriore fosse distrutta, Dio potreb- be conservare immutate nelle nostre anime le stesse sensa- zioni J. Ma il nostro Renato Cartesio che, dalla tranquilla solitudine della sua stanzetta riscaldata dalla stufa 2, ren- de popolare la dottrina secondo la quale l'esistenza del mon- do esterno dubbia, e la prima verit su cui si fonda ogni scienza non pi qualcosa , con il principio di non con- traddizione che ne deriva <<l'essere non il 'nulla)}, ma pen- so, quindi sono. Comodamente avvolto nella sua vestaglia, al riparo dalla fame e dal freddo, lontano dal vento che fa danzare l'erba al- ta, Cartesio pu scrivere: Sono portato a credere che il cielo, l'aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e tutti gli oggetti che vediamo all'esterno non siano che illusioni e inganni... )}3. COSl la terra messa tra parentesi: la terra fenna non un terreno abbastanza sicuro per la scienza cartesiana. Certo, 22 LA TERRA ST1UDA DEL CIELO DEL LETAME CHE C/OVA ALLO SPIRITO 23 \ Cartesio, partendo dalla certezza soggettiva del cogito, e poi dalla certezza dell'esistenza di Dio (pi evidente, secondo lui, di quella del mondo esterno), dimostrer in seguito che la terra esiste eccome. Ma troppo tardi. Ormai si visto che per ci che essenziale essa superflua. Per conoscere ba- stano il pensiero e le sue idee innate, e le cose terrene sono soltanto l' occasione per portare la nostra attenzione su tali idee, gi presenti in noi. Infatti nulla pu giungere dagli og- getti esterni alla nostra anima attraverso i sensi, se non alcu- ni movimenti corporei 4. La terra non che estensione, quan- tit, e se ne pu rendere conto con l'algebra e la geometria. Le pietre, i fiori, gli animali, sono solo ingranaggi e macchi- ne, flussi di corpuscoli e le loro forme sensibili non ci inse- gnano nuna. L'uomo non ha pi bisogno di coltivare un at- teggiamento contemplativo nei confronti della natura, n di lasciare che la sua intelligenza sia misurata dalla realt ester- nai inebriato e al tempo stesso angosciato dalla sua nuova in- dipendenza, egli si sforza invece di ricondurre ogni cosa a una filosofia efficace, matematica e pratica, grazie alla quale, conoscendo il potere e gli effetti del fuoco, dell'acqua, dell'aria, degli astri, dei cieli e di tutti gli al- tri corpi che ci crcondano, tanto distintamente quanto cono- sciamo le diverse temiche di cui si servono i nostri artigiani, potremo utilizzare allo stesso modo quei corpi per tutti gli usi a cui si prestano, e divenire cos in qualche modo padroni e pos- sessori della natura. 3 La costruzione e l'esplosione d una centrale nucleare non sono altro che formalit accessorie; l'universo gi atomizzato. Non !'idea di una certa signoria dell'uomo sulla natura che va rimproverata a Cartesio, ma il fatto che la natura sia concepita innanzitutto come un' estensione da quanl::iiicare e una risorsa da sfruttare, e non innanzitutto come la materna sorgente del primo stupore e della prima certezza. D'altra par- te comprensibile: questa dottrina, che incentra tutto sul cogi- to anzich sull'essere, tenta d interpretare l'uomo come in- carnazione dell'angelo, secondo l'espressione molto appro- priata di Jacques Maritain. La terra non ci conduce al Cielo. La nostra intelligenza non cresce perch piantata nel suolo e ba- gnata dalle piogge. La nostra mente pu essere ingrata per il cotone che il suolo e la pioggia hanno dato per la nostra vesta- glia, e per il legno che hanno fornito per la nostra stufa. ri- mettendo in dubbio tutto ci che s potr giungere alla verit. Kant e la lanterna magica Immanuel Kant riprende il soggettivismo di Cartesio, ma compie un altro passo negando che sia possibile pervenire a una prova dell'esistenza di Dio, e anche, di conseguenza, dell'esistenza di qualunque cosa si trovi al di fuori della co- scienza. Secondo Kant non conosciamo la realt cos com', ma il dato esteriore costantemente modificato e trasforma- to dalle nostre categorie mentali. La nostra mente una lan- terna magica che arriva ad afferrare soltanto le proprie im- magini proiettate sul muro di una camera di Konigsberg: La ragione percepisce solo ci che essa st;e$a produce in ba- se ai piani suoi propri))". Essa coglie unicamente le proprie rappresentazioni: la cosa in s inconoscibile. Ma che cos' una rappresentazione che sia il termine ul- timo della nostra conoscenza e che non rappresenti nulla? un concetto che si distrugge da solo. Non bisognerebbe di- re, piuttosto, che il termine ultimo deHa conoscenza non 24 LA TERRA STRADA DEL CIELO DEL LETAME CHE crOVA ALLO SPIRITO 25 costituito dalle nostre rappresentazioni, ma, attraverso le nostre rappresentazioni, dalla realt stessa? Ma Kant se ne infischia di una tal evidenza e concepisce l'intelligenza alla stregua di un tubo digerente: essa non sarebbe capace di Wl'assimilazione immateriale che le permetta di coglere l'essenza di una cosa pur rispettandola pienamente, ma funzionerebbe in modo siule a un' assimilazione corporea, che frantuma la cosa sotto i denti di solidi concetti e La ri- duce alla sua propria sostanza. L'ironia di questo idealismo di avere una visione troppo materiale della conoscenza. Kant traspone alla sua concezio- ne dello spirito l'immaginario della nutrizione: la ragione non pi potenza di accoglimento e di oggettivit, in grado di diventare l'altro in quanto altro, di unirlo a s senza alterar- lo n deformarlo; al contrario essa, intrappolando ogni cosa nell'immanenza carceraria dell'Io, assorbe l'altro, lo fagocita e alla fine lo trasforma in fenomeno di pensiero. La ragione non differisce pi sigruficativamente dalla non-ragione, se non perch conduce a una sorta di autismo collettivo. L'uo- mo si confonde con la pianta - una pianta mobile -, incapa- ce di accogliere in s la forma di altri esseri. Dato che siamo relegati alla sola sfera umana, la metafisica non ha pi ra- gione di esistere e la morale invade tutto il campo come una gramigna astratta: ma una morale fondata sull'universale e dell'intersoggettivit, che ignora le determinazioni oggettive della nostra creta corporea. L' immondializzazione 7 Il nominalismo contemporaneo consuma la definitiva rot- tura tra lo spirito e il corpo terreno. Ci che le nostre idee e i nostri nomi ci presentano come universale non corrisponde a nulla nella realt, che costituita soltanto da individui nef- fabili: per esempio il cane non esiste, non ci sono che cani, irriducibili gli uni agli altri, percepiti dai nostri sensi. L'intel- ligenza non permetterebbe di cogliere la struttura intima e comune a taluni esseri, ma produrrebbe mere entit della ra- gione: l'uomo, il cavallo, l'imbecille, che non rinviano a nulla al di fuori del nostro spirito. La scienza si riduce a una fantasia, e la sua validit si misura in base alla coerenza interna del suo discorso o alla sua efficacia tecnica. Non c' pi alcuna verit, poich impossibile riferirsi a una realt esterna, ma una moltitudine di prospettive, di soliloqui car- cerari, dove le parole non svelano, e anzi avvolgono le cose come un sudario nei carri funebri che sono i nostri crani. La filosofia si riduce a una storia letteraria delle idee e delle opi- nioni passate. TI filosofo non pi un innamorato della sa- pienza, ma l'esperto di qualche illustre sconosciuto B - il che gli conferisce un rango sociale e un posto riservato nei con'"" vegni internazionali - oppure l'eclettico dispensatore di afo- rismi, il che gli vale i consensi degli esteti e dei pasticcioni. Di qui le due ideologie che intridono fino al midollo la no- stra epoca: il relativismo, che proclama A ciascuno la sua ve- rit, e lo storicismo, il quale afferma La verit muta col tem- PO). Capziose sirene: esse pretendono di fare spazio per la variet della terra, mentre, di fatto, la dissolvono in tanti in- dividui intercambiabili. Il relativismo, con il pretesto della massima tolleranza, conduce alla disperazione e alla mani- polazione: da una parte, se tutto si equivale), niente vale - poich il valore presuppone la gerarchia - e quest'egualita- rismo lastricato di buone intenzioni porta dritto al nichili- smo; d'altra parte, siccome nessuna verit universale pu ser- vire da criterio per tutti, gli uni assoggettano gli altri solo con 26 LA TERRA STRADA DEL CIELO 1)1:1. /..[TIIME CHE GIOVA ALLO SPIRITO 27 la costrizione o la seduzione. Lo storicismo, sotto la bandiera di un acuto senso del tempo, sfocia nella perdita della storia e della memoria: poich le idee sono circoscritte alle loro coordinate spazio-temporali, si conclude che il pensiero at- tuale sia l'unico capace di fomiTe criteri per il nostro presen- te, e che ci che pi recente anche pi vero. E allora per- ch interessarsi al passato, se non per curiosit aneddotica, visto che esso propone solo concezioni embrionali e desuete? Conservare la memoria sarebbe perdere il proprio tempo. Queste false teorie, lo si intuisce, portano a uno sradica- mento ben pi profondo di quello derivante dall'esodo ru- rale o dalla perdita delle tradizioni. Esse intrappolano l'in- dividuo dentro s stesso. Non lo strappano a un terreno o a un paese, ma alla terra stessa, per gettarlo in un cerebrali- smo allucinogeno. La mondializzazione sarebbe una circostanza fortunata se consistesse nel darci il senso del mondo e della comunio- ne terrena; si tratta invece del rifiuto della terra che deriva dal relativismo nominalista, e il termine acosmismo o im- sarebbe pi appropriato, in quanto l'or- dine naturale ignorato per costruire un cyberspazio in cui condurre al pascolo le fantasie 9 standardizzate di consu- matori-cloni. L'anima umana, zona di confine La filosofia dell'essere, sulla scorta di Aristotele e Tom- maso d'Aquino, si oppone radicalmente a questa forma di idealismo che, rigettando la terra, finisce per rifiutare anche il Cielo. Essa non si lascia intrappolare nel puramente uma- no: Lo studio della filosofia non ha lo scopo di spere che cosa hanno pensato gli uomini, ma di conoscere qual la realt delle cose \0. Essa richiede dunque in primo luogo di frequentare la scuola del reale, di essere attenti ai fiori selva- tici e alle erbacce. L'uomo non un angelo caduto, e neppure uno spirito prigioniero di un corpo tombale, dal quale dovrebbe distac- carsi per riconquistare l'empireo originario. Egli un anima- le ragionevole, una sostanza spirituale che forma di un cor- po, e che ha bisogno di questo corpo, della sua argilla sen- ziente e delle cose materiali che la attivano, per dispiegare ia sua intelligenza e la sua volont: Cos, l'anima intelletti- va in qualche modo l'orizzonte, la zona di confine dove si uniscono la sfera corporea e quella incorporea li. Come la luce del sole rivela i colori, cos la luce della no- stra intelligenza rivela l'essenza delle cose sensibili, ed quindi dalla terra che essa trae il suo primo concetto e la sua prima certezza: Che la natura esista evidente (per se no- tum), giacch le cose si manifestano ai sensi Il. L'esistenza della terra indimostrabile perch evidente. Tale evidenza serve peraltro a dimostrare l'esistenza di altre cose meno chiare. l'esistenza sensibile cii quest'albero o di quel cane che viene a fecondare la nostra intelligenza, che, a partire da quel seme deposto in essa, davvero concepisce. E il figlio inizia a domandare: Che cos'? e Perch?. La sua intelligenza ricerca l'essere e la ragione d'essere, l'essenza e la causa delle cose sensibili, e il suo desiderio non si placa finch non arriva a conoscere la Causa prima, quel Perch ultimo che ha la sua ragion d'essere in se stesso: Colui che assolutamente e immutabilmente l'essere, che non l'ha rice- vuto da nessuno, ma che lo dona, nella sua infinita bont. I genitori si stancano presto del tormento spirituale provocato dal risveglio dell'intelligenza infantile. Consumati da preoc- 28 LA TERRA STRADA DEL CIELO DEL LETAME CHE GIOVA ALLO SPIRITO 29 cupazioni utilitaristiche, non sospettano, o non osano rico- noscere a quale suprema esigenza rinviino le sue ingenue domande, e per sottrarsi all'angoscia della ricerca si preclu- dono la gioia della risposta e il perch rimane in sospeso. Ma il bambino lo serba in fondo al suo cuore e, se non ha ce- duto al cinismo, alla superbia e alla disperazione, un giorno udr la risposta dalle labbra di un vecchio saggio: Perch tutto questo? Per la gloria di Dio. Tale risposta non quaggi un punto d'arrivo, ma piut- tosto il punto di partenza di un'esigenza d santit. Se la do- manda si ode in maniera prodigiosa nel roveto ardente, e dunque dalla terra, va detto che la stessa domanda, o me- glio, lo stesso appello lanciato dal pi piccolo roveto, dal pi piccolo cespuglio, per il semplice fatto che esso esiste e che quindi ultimamente reclama l'esistenza di un Essere che detenga )' essere di per s, non in virt di un altro, e che sia la Causa prima del roveto e di tutto ci che . La metafisica afferma cos il primato dell'essere sull'i- dealit: Meglio un cane vivo che un leone morto, dice il Qolet (9,4). La perfezione dell'esistenza, anche quella rac- chiusa in un fiocco di neve (ma che architettura stupefacen- te! e per sciogliersi cos presto!), questa perfezione che lo le- ga alla trama dell'intero universo, rende il fiocco di neve pi meraviglioso di un palazzo irreale o di un grandioso ani- male immaginario13. La carne del metafisico La sinergia tra terra e pensiero, intelligenza e corpo, sin- tetizzata da san Tommaso in una limpida pagina della Sum- ma Theologiae: . NeU'ordine della natura, l'anima intellettiva occupa il gy-adino pi basso tra le sostanze intellettuali, perci non riceve natural- mente e per infusione la conoscenza della verit, come gli ange- li, ma ha bisogno di raccoglierla dalle realt materiali e concrete per la via dei sensi [... ]. L'anima intellettiva deve quindi posse- dere non solo la facolt di intendere, ma anche quella di sentire. D'altra parte, l'attivit sensitiva non pu esercitarsi senza uno strumento corporeo. Di qui la necessit che l'anima intellettiva fosse wlita a lUl corpo capace di fungere da organo dei sensi. Ora, tutti i sensi sono fondati sul tatto [... 1. Ed questa la ra- gione per cui l'uomo ha il tatto pi fine fra tutti gli animali. E anche tra gli stessi uomini chi ha un tatto pi fine possiede un'intelligenza pi penetrante. E ne segno il fatto che coloro che hanno le carni tenere, hanno lo spirito pi delicato", come osserva Aristotele... Pur essendo gli animali pi spirituali non siamo per que- sto i meno sensibili; al contrario, quel senso primitivo che il tatto l'abbiamo migliore di quello degli altri animali; quan- to pi fine il nostro tatto, tanto pi lo la nostra intelligen- za, dal momento che essa pu risalire alle verit spirituali so- lo scendendo fino alle realt materiali per la via dei sensi. Il corpo umano costitutivamente destinato a questo: cono- scere e amare l'essere. Perch questi occhi?' Guarda, Tom- maso. Perch queste orecchie? Ascolta, Israele. Perch queste mani, anzich artigli o zoccoli? Andate anche voi nella vigna. Le mani, grazie alla posizione eretta, liberano la bocca per la parola e prolungano il pensiero nell'azione. Se non fossimo fatti che per il piacere sensuale, un corpo di lombrico sarebbe stato sufficiente. La nostra animalit non un intralcio, ma il supporto per la nostra spiritualit, come cavalli focosi che tirino un 30 LA TERRA STRADA DrL CIELO J)D. I.f,TAME CHE CIOVA ALLO SPIRITO 31 cocchio regale, secondo l'immagine del Fedro di Platone. Certo, questi destrieri impetuosi vanno domati, ma senza di loro il carro non pu procedere. E non trarrebbe alcun van- taggio da un loro indebolimento: la garanzia della sua po- tenza, infatti, la loro stessa indole selvatica, tenuta a freno dalla briglia e dal morso. Lavoro manuale e contemplazione Lo spirito del filosofo metafisico quindi proporzionale alla tenerezza della sua came, e non, come credono alcuni, all'altezza della sua cattedra 15. Ma san Tommaso va oltre, e costata un altro rapporto che gli accademici, tenacemente aggrappati alle loro soffici poltrone, non osano neppure im- maginare: quello tra lavoro manuale e vita contemplativa. Lavorare con le mani non porta necessariamente a trascura- re il proprio spirito? L'unit sostanziale tra la nostra anima e il nostro corpo ci mette in guardia contro la falsit di tale an- tagonismo. Essa attesta semmai che il carbonaio, nonostante le sue ungle sudice, pu avere una fede pi salda, e quindi uno spirito pi forte di quello degli intellettuali diafani. li lavoro manuale - ci dice Tonunaso - ordinato a quat- tro scopi: assicurare il sostentamento a se stessi e al propri fratelli; sopprimere il padre dei vizi che l'ozio; mettere un freno ai desideri impuri macerando il proprio corpo; essere in grado di fare l'elemosina senza attingere alla borsa altrui 1 ~ . Ora, queste finalit del lavoro manuale sono anche condizio- ni per una riflessione virtuosa: senza il dominio delle passio- ni, senza il senso della fatica, il desiderio vagabonda, il pen- siero si lascia andare, e la sensualit deviante ricorre a dotti sofismi per giustificarsi. Tuttavia, la disciplina delle passioni soltanto un aspetto morale dell'autocontrollo indotto dallo sforzo fisico. C' an- che un aspetto speculativo: il lavoro manuaJe dispone alla contemplazione. Mette il corpo in sintonia con le cose, fa en- trare l'anima in risonanza con le pulsazioni del cosmo, con la durezza del minerale come con la corrente del fiume, con le promesse del seme come con il ritmo delle stagioni. una scuola di armonia concreta e i calli alle mani possono essere il segno di un pi grande tatto dello spirito, di un tocco pi delicato del pensiero. Tra pugni e carezze, il vasaio parla con la terra: sa che es- sa non muta, che reagisce al suo tocco, che esige tenerezza e rispetto per accogliere senza spaccarsi la forma che lui le imprime. li vignaiolo dialoga con la generosit di un suolo e con l'ingratitudine di un altro, e conosce la delicatezza che occorre per accompagnare la vigna nella sua crescita. D'al- tronde la Sapienza si paragona a un vignaiolo, e il Verbo stesso si fatto falegname, allineando travi prima di proferi- re le sue parabole, levigando un legno simile a quello della sua croce, e i serafini cantavano al suono della piaUa. Attraverso il lavoro manuale, la nostra intelligenza im- para ad apprezzare la consistenza del reale e si mantiene in sintonia con il lavoro di quell'altra Intelligenza che tutto or- ganizza con sapiente armonia. Essa si vaccma contro le fu- mosit 17 di Jean-Paul Sartre, quando sedeva ozioso al Caf de Flore, intento a sorseggiare e a buttare gi pagine e pagi- ne: il suo Roquentin 18 non vuole o non sa pi vedere nella natura che ammassi viscosi e cumuli di ectoplasmi. Diagno- sticandogli un intorpidimento dei sensi che si ripercuote sul pensiero, Caston Bachelard prescrive come rimedio l'inter- ruzione di ogni lettura e la manipolazione di qualche stru- mento da lavoro: 32 LA TERRA STRADA DEL CIELO DEL LETAME CHE GIOVA ALLOSPIRJrO 33 Probabilmente ci sarebbe una certa umanit nel mettere Ro- quentin, il protagonista della Nausea, di fronte alla morsa, con la lima in mano, per insegnargli, a contatto con il ferro, la forza e la bellezza delle superfici piane [... l; un bel ciocco di legno da sgrossare, raspa alla mano, basterebbe a insegnargli, e in modo piLlcevole, che la quercia non marcisce, che il legno rende dina- mismo in cambio di dinamismo, in breve, che la salute del no- stro spirito nelle nostre mani. l ~ Certo, alcune forme di ascesi e di contemplazione posso- no temporaneamente ovviare all'assenza di lavoro manuale per la vita dello spirito, ma, poich tutto cominciato in un giardino, bene tornarvi spesso - curarne l'orto, mungere le vacche, scorticarsi le dita riparando un recinto -, se non si vuole inanellare una sequela di idee vuote 10: Quelli che la- vorano la terra / hanno mani pi solari 21. La 5tube e la cella La terra non dunque indifferente e superflua: al contra- rio essa, essendo il punto d'appoggio della nostra intelli- genza, il trampolino per la nostra elevazione. Ci detto che la scala vista in sogno da Giacobbe, lungo la quale sal- gono e scendono gli angeli, piantata nella terra (Gen 28,12), proprio come la croce del Golgota. Chi, per essere spirituale, si ripiega nella propria evanescente siera privata, crede di fare 1'angelo e invece si comporta da bestia. La piet esige che si adori 1'Altissimo prostrandosi al suolo. Non disprezzando la terra che si ascende al Cielo, ma col- tivandola e contemplandola con umilt. Anche in questo ca- so, chi si esalta viene abbassato e chi si abbassa viene esal- tato. Lavorando faticosamente la terra con la forza delle no- stre mani, impariamo a dominare il nostro corpo e a ricono- scere l'ordine delle cose. Scrutando l'humus alla luce del no- stro spirito, lo scopriamo ben presto lavorato da u.na gloria segreta. Infine, quando guardiamo attentamente il dente di leone siamo sorpresi di vedere che le sue radici traggono ultima- mente la loro linfa dal Cielo. Si tratta sempre per noi d un distacco, che non consiste nel levitare sull'erba ma nell'os- servarla fino a risalire alla sua Causa prima. bene per far questo raccogliersi in una cella monastica. Ma la cella di Tommaso non la Stube di Cartesio. Al suo interno il dome- nicano non si smarrisce nell'iperbole di un dubbio che la ma- no contraddice nella misura in cui lo mette per iscritto. Egli porta con s nella cella la certezza della terra, la meraviglia di fronte alla sua consistenza, le luci della baia di Napoli e i pendii del Vesuvio. 'Citato da mile Brhier. Histoire de la pllilosophie, 2 voli., val. t capitolo 0, Le XIVrne sicle, Librairie Flix Alcan, Paris 1928-1932 [PUF, Paris 20041. l L'espressione stanzetta riscaldata dalla stufa il corrispettivo del tede- sco Stube, con cui in seguito si preferito renderla: cfr. infra, in questo ca- pitolo il paragrafo La Stube e la cella) [N.d.T.]. 1 Ren Descartes, Meditazioni metafisiche, La Nuova Italia, Firenze 1982, Prima (l:leditazone'), p. 71. "Cfr_ Notne in programma; trad. il'. Note confra un certo manifesto, in Ren De- sccutes, Henricus Regius, Il mrteggio. Le polemiche, Cronopio, Napoli 1997, p.127. 'Descartes, Discorso sul metodo, UTET, Torino 1983 [2003], parte VI, pp. 162-163. 'll.llmanuel Kant, Critica della mg;oll pura, 13ompianl, Milano 2004, parte I, p.160. 'Termine nato dalla contaminazione tra il sostantivo mondilliisation e l'ag- gettivo immonde, che evoca gli aspetti pi deteriori della globalizzazione. Per mantenere il gioco di parole, si scelto d rendere mondialisation con mondializzazione, anzich con il pi comW1C gLobalizzazione [N.d.T.]. Lett. le spcilliiste d'untel, ossia l'esperto di Tal dei Tali, per designare quegli eruditi dle preferiscono concentrarsi su minuti aspetti specialistici anzd1 ricercare la vera sapienza [N.d. n. 9L'originale ha fantasmes, che rimanda, insieme alla crbralt hal1ucillog- ne citata poe'anzi, al lessico della malattia mentale e della tossicodipen- denza [N.d.T.]. U'Tommaso d'Aquino, Commento al De caeio el ml/rldol> di Aristotele, libro I, lectio 22, n. 8; trad. it. in Aristolelis librum De caeio et ml/ndo, a cura di Rai- mondo Spiazzi, Marietli, Torino 1952. ]l Tommaso d'Aquino, Swnma contra Genfiles Il, 68; trad. it. in La Somma contro i Gentili, a cura d.i Tito Centi, UTET, Torino 1978, p. 326. "Tommaso d'Aquino, in Physicorum libros Jl, \ectio 1, n. 148; trad. it. in Tommaso d'Aquino, Commento alla Fisica di Aristotele, a cura di B. Mondin, 3 volI., Ediz. Studio Domenicano, Bologna 2004-2005, voI. I. "L'originale usa un termine praticamente intraducibile, coquecigme (pro- babilmente formato da coq, cigogne o ciglie, e grue), che designa una crea- tura immaginaria e burlesca, menzionata per la prima volta da Rabelais in Gargantua e Pantagruel [N.d.T.]. "Tommaso d'Aquino, SUmlnA Theologine, Prima pars, quaestio 76, art. Slte- sto italiano onIine, da cui tratta la traduzione: http://www.preticattou- ci.it /Testi /Somma%20Teologica/Somma%20Teol ogica.htm. Per un' edi- zione cartacea cfr. La Somma teologica, Edizioni Studio Domenicano, Bol<r gna 1996-1997, N.d. T.]. "Gioco linguistico, intraducibile in italiano, tra c/wir, carne, e chL/ire, cattedra [N.d.T.], "Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, lIa-llae, quaestio 187, art. 3 [Cfr. http://www.preticattolici.it/Testi/Sonuna%20Teologica/Somma%20Teo logica.htm, N.d.T.]. "L'autore allude all'atmosfera viziata dall'ozio e dai fum (dell'alcol e non) in cui maturata la stesura della Nausea di Sartre [N.d.T.]. '"Si tratta di Antoine Roquentin, il protagonista della Nausea [N.d. n. t9 Gaston Bachelard, La terra e le forze: le immagini della volont, Red, Como 1989, pp. 117 sgg. (ed. or. La terre et les reveries de la volont, Libraire Jos Corti, Paris 1948). ,,, I.nlraducibile gioco di pa.role nato dalla fusione tra l'espressione enfiler rll'S per/es - usata proprio da Sartre, nella Nausea, per alludere a un agire in- concludente e sterile - e il termine verrolcrie, bigiotteria, che indica la versione d07.zinale e falsa deUe perle: quindi le azioni che compiamo non ~ O I l O solo inutil, ma anche volgari e di basso livello [N.ti.T.]. "GuilJevc [Eugne Guillevic], DII domai ne, Gatlimard, Paris 1977. 34 LA TERRA S7'RADA DEL CIELO I 'J;I.1.F.TAME CHE GIOVA ALLO SPIRITO 35 Il marmo e il fango. Tre tentazioni: manicheismo, panteismo e agnosticismo La terra bella e melmosa. Se ne estrae il marmo bianco di Carrara di cui sono fatti gli Adoni. Se ne respirano i mia- SIn.i di cui sono fatti i morenti. La terra pu dunque dar luo- go a tre diversi orientamenti teologici - tutti e tre erronei - a .-.econda che la si consideri nella sua corruzione o nel suo splendore, nel suo marmo O nel suo fango. L'opera del 111alvagio demiurgo La prima tendenza il maIcheismo che vede principal- m.ente il male che corrode il mondo. La vita ci data soltan- to per potercela meglio togliere in seguito, dopo crudeli sof- ferenze. Con ogni probabilit esistono un' Dio e un Cielo, giacch serbiamo in noi la nostalgia di quella felicit che quaggi non ci mai dato sperimentare. Altrimenti come potremmo aspirare a essa? Come porremmo essere scanda- lizzati dal male insito nella creazione materiale e corruttibi- le, se non avessimo in noi questa scintilla immortale che vie- ne dall'alto? Senza questa luce interiore saremmo immersi nel fango e nel sangue e non sospireremmo tanto inseguen- do una beatitudine impossibile. Pertanto bisogna pensare 38 LA TERRA STRADA DEL CIELO 1/, !lIARMO EIL FANGO 39 che la terra sia l'opera di un demiurgo malvagio, ma al tem- po stesso che dentro di noi rechiamo le tracce di una lontana somiglianza con il Dio buono. Quest' odio per la terra, che si ritrova nei catari e negli al- bigesi, come pure in tutti i puritani di ogni epoca, implica una spiritualit sdegnosa, fatta di disprezzo del corpo e del- la generazione. Si tratta di accartocciarsi su se stessi in una sorta di orgogliosa enstasi, e permettere al nostro involucro carnale di vagare per il mondo a ruota libera, o mortifican- dolo con un'eccessiva ascesi o lasciandolo in balia di innu- merevoli dissolutezze: non fa alcuna differenza, poich que- sto corpo di fango non ha niente a che vedere con le cose del- lo spirito. La Chiesa condann ben presto questo disprezzo della creazione. Il Primo Concilio di Braga (maggio 561), scagli un anatema contro i discepoli di Mani e Priscilliano: Se qualcuno dice che la creazione di tutti i corpi carnali non opera di Dio ma di angeli malvagi, sia anatema. La pi an- tica tradizione cristiana ha sempre riconosciuto in Dio il Creatore del cielo e della terra, delle cose visibili e invisibili. Denigrare la terra come denigrare la volont di Dio (conti- nuan.do per ad arraffare nel frattempo il proprio tributo di volutt). E se poi ci si atteggia a vittime del cielo, per non dover mai riconoscersi nel ruolo di carnefici. La Dea-Madre Un'altra tentazione consiste nell'identificare Dio con la creazione stessa. TI panteista non manca di stupirsi d fronte alla vita, alla bellezza degli alberi, all'intelligenza delle api. Egli capisce che sul piano logico il male presuppone la bont (lei mondo, cos come la malattia presuppone la salute e il di- ~ n r d i n e l'ordine. Quando ha attitudini speculative, egli in- tuisce anche che non pu esistere nulla al di fuori di Dio, poi- ch in tal caso le cose avrebbero un'esistenza indipendente. F.gli crede pertanto di onorare il mondo e la divinit confon- dendoli. L'universo sarebbe un grande organismo irnmorta- IL' e cangiante, di cui noi, come gli uccelli e le margherite, sa- l'emmo gli atomi o gli organi, costantemente presi nel vorti- ( ' ( ~ di un incessante rinnovamento. Questa visione orba come la precedente: se il manicheo llon vedeva che il male, il panteista tende a vedere unica- mente il bene, ma un bene menomato: ai suoi occhi, infatti, 1;1i esseri perdono la loro consistenza propria, non essendo j'he il riflesso cangiante della sostanza divina. D'altra par- le, egli non deve forse riconoscere ben presto che la morte \' il dolore sono presenti ovunque accanto alla vita e aUa f'lua generazione? Allora, per non disincantarsi troppo pre- 11"0 egli si rifugia nell'invocazione di un pulviscolo di spiri- l'l tellurici o di forze ctonie, oppure, se pi incline al ma- It:ralismo, parla, ma senza crederci troppo, di una sua so- pravvivenza nei vermi e nelle felci che saranno nutriti dal :ILlO cadavere: vero che quella che tu a torto consideri COme la tua perso- na perir, ma la tua carne rivivr eternamente nelle rose, il tuo respiro nel soffio dei venti, i tuoi occhi nel fuoco delle luc- ciole ecc.? come se qualcuno dicesse: Ecco la Venere di Mi- lo, la far a pezzi e ne ricaver tante lastre di marmo. vero he avr cessato di esistere come statua, ma esister ancora sotto forma di pietre e polvere per affilare coltelli, fa so- stengo invece che, in seguito a tale trattamento, essa ha ces- sato interamente e assolutamente di esistere, proprio come la 40 LA l'ERRA STRADA DEL CIELO IL MARMO E IL FANGO 41 rosa che divenuta concime. Risparmiateci le vostre insipide consolazioni! l le cose contingenti del nostro piccolo globo terrestre, come ogni creatura, non hanno illoco essere da s stesse ma lo ricevono da un altro. Esse esigono, dunque, che si risal- ga all'Essere per s, Colui che non ha ricevuto l'essere, ma che l'essere stesso sussistente, e quindi eterno, Colui che possiede l'intera perfezione dell'essere ed Causa trascen- dente di tutte le cose. Se quest'Essere immutabile, non pu essere concepito come l'anima del mondo, mutevole, imperfetta, cangiante nel susseguirsi di generazioni e cor- ruzioni. Se quest'Essere perfetto, non pu essere identifi- cato con il male, la sofferenza e il peccato degli uomini. La terra, per quanto nutrice, non una Madre divina. I! Sillaba di Pio IX condanna le seguenti formule: Dio identico alla natura e pertanto soggetto al cambiamento; Dio una sola e identica cosa con il mondo, come lo sono peraltro spirito e materia, necessit e libert, vero e falso, bene e male, giusto e ingiusto. Certo, le cose esistono in Dio, ma esse non sono Dio. Pensare il contrario sarebbe non soltanto svilire la propria concezione della divinit, ma an- che ridurre la consistenza delle cose. Il bambino abbandonalo Bisogna affermare la trascendenza del Creatore rispet- to alla creazione. Ma ecco che subito - giacch la bestia acquattata dietro ogni angolo - si presenta una nuova ten- tazione: quella dell'agnosticismo. l'agnostico gi pi sottile dell'ateo, in quanto non pretende di dimostrare che Dio non esiste. Tuttavia afferma che, se esiste, Dio tal- mente trascendente da essere assente dal mondo e quindi i nconoscibile. La terra sarebbe dunque l'orizzonte ultimo della nostra conoscenza, il suo terricco e le sue sabbie mobili. Ma cosa vale questa terra che non porta affatto, come orme di passi, l'impronta del suo Creatore? E come amarla radicalmente, se si msconosce 1'Amore che la circonda? L'agnostico ha come modello un Padre celeste che abbandona i suoi figli, come Jean-Jacques R o u s s e a u ~ . Alla fine non gli resta che abbandonare a sua volta la terra, facendone la preda e poi la rovina delle sue imprese mercenarie, dal momento che in essa non venera nulla di divino, nessuna bellezza che sia il riflesso della bellezza divina, neSSlUla legge che possa esse- re vista come un'eco della legge eterna, nessun inizio dei pnscoli del Cielo. L'agnostico non orbo come gli zelanti seguaci di pan- tcismo o manicheismo, ma davanti alla luce strizza gli oc- ch.i, accontentandosi di una confortevole penombra: il suo ;)mbiente urbano, gli edifici che gli precludono l'immensit del cielo azzurro, lo strato d cemento che ricopre ci che resta delle foreste, lo port<lno a credere che ogni forma di ordine e d bellezza derivi soltanto da una violenza perpe- I rlta dalla ragione a una natura indifferente e ribelle. Egli commette un grave errore metafisico, che consiste nel confondere trascendenza ed esteriorit. Dire che il 'reatore trascendente non significa asserire che Egli {'t;l"erno o separato dal mondo, ma al contrario che dap- I 'l'tutto. Significa affermare la sua intima presenza in ogni IIranello di polvere, in ogni filo d'erba. Tu eras intimior intimo meo et superior sununo meo, confessa sant'Agostino: Tu eri per me pi intimo della mia stessa intimit, e superiore a quanto vi in me di pi alto3. Si tratta esattamente della stessa cosa. Se Dio all'interno , perch al di l. Se Il pi vicino, perch Trascendente, Distanza e intimit, le due nozioni non si escludono a vi- cenda. Se Dio non fosse infinitamente distinto dall'anima, non potrebbe mai essere per lei altrettanto intimo i. Ma co- me spiegare questa meraviglia di un'Eternit inaccessibile eppure interiore? Si deve forse parlare di miracolo perma- nente? Al contrario, non c' nulla di pi naturale. E neanche di pi razionale. In quanto Creatore, Dio infinitamente al di sopra di ogni creatura, ma al tempo stesso, e per lo stessa ra.gione, egli in- finitamente presente nel suo cuore. bene chiamarLo il Total- mente Altro. Ma sarebbe un errore della nostra immaginazio- ne spaziale pensare che tale alterit Lo renda lontano o estra- neo, o che Egli rientri in un genere altro, come se si trovasse sullo stesso piano delle sue creature. Quando si afferma che Dio trascendente, non si intende collocarlo in un altro ge- nere, ma si dice che Egli per Sua natura al di fuori di ogni genere, in quanto principia di tutti i generi 5, Acuta osserva- zione questa del Doctor Communis, che ci svela il gioco dell' a- gnostico o di certi falsi spiritualisti che invocano a pretesto la trascendenza di Dio per dire che Egli estraneo alla nostra terra: essi tentano di relegarLo in una categoria nettamente circoscrivibile e, cos facendo, di sbarazzarsi dell'imperioso ri- chiamo implicato dalla sua presenza e dalla sua intimit. Quindi Dio non la terra, ma immanente a essa, la tiene per le sue viscere 6 . Ed ecco uno scenario ancora pil! bello di quello vagheggiato dal panteista: questi riduceva l'h1finito al (inito, lo rattrappiva per farlo entrare nelle cose; e invece al- l'interno di ogni cosa l'Infinito presente senza alcuna limi- l'<'lZione. Non esiste una divinit mutevole, ma l'Eterno, che opera al fondo stesso dell'effimero con quella presenza che i teologi chiamano immensit. I l'aul Claudel, lntroduction Ull pome de Dallte, TI, in PosillOns et proposi- Gallimard, Paris 1959, in allvres compltes, GaLlimard, Paris 1962- 1%5, voL Xv. I In effetti Rousseau abbandon all'ospizio dei trovatelli tutti. e cinque i -"lIoi figli [N.d. n. 'Agostino, Le confessioni, Paoline Editoriale Libri, Roma 1979, p. 94 (Mon- <lndori, Milano 1992-1999,5 voIL). 'Charles Journet, Entrelicns SUI' la Trinit, Parole et Silencc, Saint-Maur 1999, p. 112. '''l'ommaso d'Aquino, SlIltIllla Tlreologine, Prima pars, quaestio 6, art. 2,3 (te- italiano online, da cui tratta la traduzione: http://www.preticattol..i- \'i.it/Testi/Somma%20Teo}ogica/Sorruna%20Teologica.lltm. Per un'edi- I.ione cartacea cfr. La Somma teologica, Edizioni Studio Domenicano, Bolo- gna 1996-1997, N.d.T.}. ,. Lett. la tiene per le viscere" (lltlX clltrnillesJ, testo francese di Sal 40,9, che in italiano recita: La tua legge nel mio intimo IN.d. TI 43 l/ MARMO E IL FANGO LA TERRA STRADA DEL CIELO Distanza e intimit 42 Nella sua mano sono gli abissi della terra l. Trascendenza e mmanenza di Dio L'Altissimo in questo libro, nelle vostre mani che lo reg- gono, nel piccione alla mia finestra e nel vetro della finestra stessa. Ed perfino nel signor Franchon! Ah! Vietar Fran- ehon, con quale tenero stupore dovr guardarti d'ora in poi! II tuo gilet di flanella potrebbe benissimo essere la tenda del Convegno... S, Dio ovunque, ma specialmente l, nel profondo della tua anima. Di qui la sua apparente inesisten- za, che scaturisce da questa in-esistenza, secondo il termi- ne coniato da Jacques Lcew 2 , ossia da questa esistenza d.i Dio in tutte le cose. l/ Padre nel pidocchio Dio in tutte le cose, non gi come parte della loro essenza o co- me una loro qualit accidentale, ma come l'agente presente in ci su cui agisce [... ]. Ora, poich Dio, per essenza, l'Essere stesso, inevitabile che il suo specifico effetto sia l'essere crea- to, cos come il bruciare l'effetto proprio del fuoco. E Dio pro- duce quest'effetto nelle cose non soltanto quando iniziano a esi- stere, ma fino a quando rimangono in essere, cos come la luce prodotta nell'aria dal sole fino a quando l'aria rimane illumi- Siccome Causa prima, il Creatore presente in ogni co- sa, in conformit allo specifico modo in cui essa possiede l'essere, e cio Egli maggiormente presente negli esseri pi perfet- ti, pi in un papavero che in un mattone, pi in un pidoc- chio che in questa pagina, pi nel signor Franchon che in una gallina, nella misura in cui tali creature partecipano pi intensamente delle sue perfezioni di conoscenza e di amore. Ma questa presenza sempre totale e immediata: immagi- nate uno scultore che non solo realizzi la figura nel marmo, ma che crei il marmo stesso e mantenga in essere entrambi: la sua mano sarebbe sempre intimamente presente a dare forma a quella statua dall'interno. Essa sarebbe presente im- mediatamente, poich non vi alcun materiale a fare da in- termediario, e lo sarebbe integralmente, tanto in un gran- chio di gesso che in un' Afrodite in marmo di Carrara, seb- bene l'Afrodite la rappresenti di pi. Infine quello scultore conoscerebbe le sue opere nei minimi dettagli giacch ne creerebbe sia la forma sia la materia. Le circonderebbe con la sua tenerezza. E le ricolmerebbe secondo la loro capacit, che sia quella di un geroboamo 4 oppure di un ditale. (Ma per una creatura dotata di libero arbitrio, per un Geroboa- mo in carne e ossa, tale capacit varia non solo in fun.zione della sua natura, ma anche delle sue scelte, ossia del fatto La causa delle cause che si lasci dilatare poco, tanto, alla follia o per nulla dall'a- more.) 47 NELLA SUA MANO SONO GLI ABI551 DELLA TERRJ1 Pertanto, non c' nuUa che caus una creatura di cui il Creatore non sia anche causa. Tuttavia la creatura e il Crea- tore non sono cause parziali, non si spartiscono tra loro la causalit come se essi (pericoloso plurale) facessero numero e si situassero sullo stesso livello: la rosa totalmente del ro- seto e totalmente di Dio, non per il 50% del roseto e per il 50% di Dio, e nemmeno per il 99% di Dio e per 1'1% del ro- seto. Anche se si lasciasse a Dio la parte pi grande, Lo si deruberebbe ancora. E se si dicesse che il roseto non fa nul- la, credendo in tal modo di onorare Dio, Lo si negherebbe in quanto Creatore, perch si rifiuterebbe ogni realt alla sua creatura. Per spiegare tutto questo, la metafisica ricorre alla distin- zione tra agente principale e strumento 5; se un boscaiolo ta- glia un albero con un'ascia, il taglio non da attribuire per met all' ascia e per met al boscaiolo, come se a un certo pun- to l'uomo avesse utilizzato le mani nude; no, l'ascia (causa strumentale) taglia l'albero fino in fondo e il boscaiolo anche, ma l'ascia lo fa perch messa in moto dal boscaiolo (causa principale), di modo che si pu dire che il boscaiolo causa del taglio pi di quanto lo sia l'ascia. Analogamente, la mia perma scrive per intero questo testo, ma anch'io lo scrivo per intero, e non mi sento in concorrenza con la mia penna. Dunque, quando Dio agisce all'interno di una cosa, per il fatto che Egli Causa del suo essere, tale cosa non passiva: al contrario, essa diviene attiva in conformit alla Sua natu- LA TIR1\ STRADA DEL CIELO nata. Pertanto, finch una cosa possiede l'essere, fino ad allora inevitabile che Dio sia presente Il essa Il conformit allo spe- cifico modo in cui tale cosa possiede l'essere. Inoltre, l'essere ci che vi di pi intimo e di pi profondamente radicato in tutte le cose, in quanto [...1esercita.il ruolo di forma [== di prin- cipio determinante] nei confronti di tutti gli elementi che com- pongono una data realt. Da ci inevitabilmente discende che Dio presente in tutte le cosc, e i.n maniera intima. J 46 ra. Cos, poich Dio causa della nostra libert, pi Egli agi- sce in noi e pi noi gli obbediamo, pi siamo attivi e liberi, e non passivi e incatenati. Signore, [... ] tu hai operato in tut- te le nostre opere h, dice Isaia (26,12). Al contrario, se gli di- sobbediamo, se congeliamo in noi l'azione vivificante del suo Spirito - capacit, o meglio incapacit che ci viene dal nulla da cui siamo stati tratti -, allora, perdendo questa aper- tura all'Infinito, cadiamo schiavi delle cose pi basse. Tuttavia, il rapporto tra l'agente principale e lo strumen- to va qui concepito in modo molto analogico, perch l'im- magine decisamente lacunosa: essa tende a sminuire al tempo stesso il ruolo di Dio e quello della creatura. Dio in- fatti il Creatore dello strumento stesso e non soltanto il suo utilizzatore; questo rende illimitata la pregnanza del suo po- tere; peraltro, lo strumento un agente autentico, esercita davvero una causalit propria, ancorch seconda rispetto a quella di Dio; si tratta per di una causa seconda senza che ci sia una causa prima sul suo stesso piano, come ad esem- pio nel caso della volont umana. (Quanto al peccato, la sua causa essenziale non Dio, dato che esso consiste in un di- fetto dell'agire, una sorta di corto circuito operativo che an- nienta e devia l'influsso iniziale dell'azione divina nella creatura intelligente. La causa prima della claudicazione del- lo zoppo sta ad esempio in un difetto della sua gamba e non nell'influsso vitale che gli consente di camminare; analoga- mente, la causa prima del peccato sta nell'intenzione difetto- sa - distruttiva 7 - del peccatore, e non nella facolt di agire concessagli dal Dio Buono. E come lo zoppo, per cammina- re, fa pi movimento del sano, cos il peccatore pu dare l'impressione di essere pi attivo del santo; ma non che un'apparenza ingannevole.) Quattro esseri sono fra le cose pi piccole della terra, eppure so- no pi saggi dei saggi.: le formiche sono lm popolo senza forza, eppure si provvedono il cibo durante l'estate; gli irci sono un popolo imbelle, eppure hanno la tana sulle rupi; le cavallette non hanno un re, eppure marciano tutte ben schierate; la lucer- tola si pu prendere con le mani, eppure penetra anche nei pa- lazzi dei re (Pr 30,24-28). Mi ricordo di quelle lucertole, i margouiLiats, che correva- no sui muri della nostra dimora benigna nel Benin 9, poi si fermavano per compiere alcuni strani movimenti a met strada tra la pompa e la prostemazione. Dopo quest'oscuro rito, sapevano restare in un'immobilit poco confortevole, molto istruttiva per il contemplativo. Quando il cane ne in- seguiva uno, cercando di afferrarla per la coda, il margouillat forniva prova di una saggezza del tutto evangelica: Se la tua mano destra ti motivo di scandalo, tagliala e gettala via. 49 Le foglie di un albero appartengono dunque pi a Dio che all'albero stesso. E l'albero viene dal Cielo ancor pi delle nuvole, giacch un ippocastano W1a creatura vivente, che partecipa delle perfezioni divine pi dell'aria cond,ensata in un cumulo. il Cielo la linfa vitale della sua linfa. E Dio che fa crescere l'avena e il frumento. La cicala e la formica sono nelle Sue mani; la l ucertola guizza fuori da un denso raggio della sua luce per rosolarsi al sole materiale, e il coniglio spunta da ben altre profondit che il cappello di un mago, e in una maniera al tempo stesso pi naturale e pi fantastica. Al punto che queste bestiole sono cariche di saggezza, e pos- sono istruire i sapient: L'oggetto strisciante non identificato 8 NELLA SUA MANO SONO GLJ ABISSI DLLA TEI{RA LA rfRRA STRADA DL GELO 48 Lo scandalo del bene Siccome anch'essa creatura di Dio, la terra continua- mente plasmata dal Cielo stesso: Sotto i sampietrini, la spiaggia, recitava uno slogan del maggio '68. Gl agnostici dell'epoca non si spingevano un granch lontano: sotto la pi piccola zolla di terra, sotto la bellezza di una prateria o di un deserto, come pure sotto l'asfalto o la moquette, c' la da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piut- tosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Genna (Mt 5,30). Senza esitare n voltarsi, si mozzava la coda e fuggiva via velocissima, mentre il cane lasciava]a preda per l'ombra verde e guizzante di quell'ingannevole appendice. Mi ricor- do anche i grilli, ben pasciuti nella loro armatura, pi terri- bili e corazzati. dei tenebrosi guerrieri della fantascienza: la cosa pi incredibile che questi. tozzi colossi amano la mu- sica e suonano sfregandosi le al. E poi ci sono le lucciole at- torno al monastero sulle colline umbre: con la lanterna acce- sa sul loro addome, facendo danzare la loro nota luminosa sul pentagramm.a della notte, ripetono alle monache di clau- sura la parabola delle vergini sagge e stolte... Ma spesso il nome mi manca: a volte, infatti, mi capita di scoprire per terra un oggetto strisciante non identificato, pi strano dei nostri banalissimi dischi volanti.: eccolo che svo- lazza di fiore in fiore come su altrettanti pianeti rosa o gial- li. Eppure, per sconosciuto che sia, o al contrario anche se sia stato catalogato da un pezzo nei manuali di entomolo- gia, sono sicuro che quest'insetto, in ultima analisi, viene da pi lontano della nostra galassia, da pi lontano del Big Bang stesso. 51 divinit. Ma quando dico sotto non intendo certo incitarvi a ricorrere al piccone: non sia mai! Questo al d sotto vie- ne a sorprenderei dall'alto, come se l'abisso si aprisse sulla superficie delle cose. Per questo il volto del signor Franchon esprime un'interiorit che non ha niente a che vedere con quella dei suoi organi interni. Anche se prendessi il bisturi e il microscopio per cercare pi a fondo, sotto la sua pelle, l'o- rigine del suo sorriso benevolo o del suo cipiglio arrabbiato, non farei che restare ancor pi in superficie. Sotto i sampie- trllli, quindi, vuoI dire: fissando bene lo sguardo su di essi, contemplandone le sfumature oscillanti dal grigio-azzurro a11' ocra, con quegli impercettibili puntini bianchi, quelle macchie simili a ideogrammi, quelle sbrecciature e quelle su- perfici cesellate dalle nostre suole inconsapevoli; insomma, tutta l'inesauribile ricchezza che nasce dall'intreccio di pre- senza e storia. S intuisce che l, nell'apparente insignifican- za, affiora una parola misteriosa, e che noi ci troviamo ovun- que come sulla spiaggia di un Oceano ineffabile l0. La presenza reale del Signore nell'ostia non deve far di- menticare ai cattolici la sua presenza non meno reale, ma di tipo causale e non sostanziale, nella pietra del pavimento o nella panca di legno. L'ostia consacrata il Signore, il pane da tavola no. Nondimeno, il Signore p r e s e ~ t e in qualunque tipo di pane, anche in una briciola di fetta biscottata indu- striale, in quanto Lui che la mantiene in esistenza, che la trae fuori dal nulla. (Analogamente, sarebbe un grave errore pensare che Dio agisca in noi soltanto quando si tratta di Grazia e non quando si tratta di natura, come se il Redento- re non fosse anche il Creatore, e come se noi controllassimo III qualche modo la nostra esistenza. Anche al di fuori della Grazia, Dio la Causa principale di tutte le nostre azioni. Ci che cambia con la Grazia che Egli ci rende partedpi della NEttA SUA MANO SONO GLI ABiSSI DELLA TtRRA LA TERRA STRADA DEL CIEW 50 L'Intelligenza divina vicino alle margherite Non bisogna far altro che guardare un dente di leone: men- tre noi stiamo ancora lottando per arrivare a dominare e uti- Cosa? Questo cielo cos bello, sempre sopra la mia testa cosi pie- na di inezie e frivolezze? E questo mio cuore che batte, questo cor- po che si organizza per la mia stessa vita anche quando lo voto al- lo stupro e alla dissoluzione? Tutto ci mi umilia e mi obbliga, per essere giusto, a rendere grazie sempre e in ogni luogo. Ah! Tanta generosit mi esaspera, e per me peggio della cattiveria gratui- ta: almeno, di fronte a chi mi offende, posso sentirmi creditore... In questo caso invece, sempre debitore! ... Eper di pi insolventel 53 lizzare L'energia solare, il dente di leone realizza agevolmente la fotosintesi e trasforma la luce in zuccheri. Tra le altre mera- viglie, come ha fatto ad allestire i suoi piccoli paracadute per affidare i suoi semi alla sollecitudine dei venti? Ha una qual- che conoscenza del mondo esterno, del maestrale e della tra- montana? Sembra pi abile dei nostri ingegneri. Lo stesso va- le per quei fiori comuni i quali dispongono uno dei loro peta- li come una pedaliera - che si aziona appena rape vi si posa -, affinch le antere si inclinino facendo aderire il polline al suo dorso, ed essa divenga il vettore della loro fecondit. Del re- sto, che dire delle api stesse, che fabbricano la cera delle nostre candele e il miele delle nostre mense grazie a un' organizza- zione dei loro alveari che da secoli lascia attoniti gli industria- li? Quale grande chef capace di fare il miele con il succo dei tigli? Si pu affermare che tutto ci il frutto del caso e della selezione naturale? No, solo un'intelligenza pu coordinare mezzi diversi in vista di un fine preciso, perch solo un'intel- ligenza pu concepire questo fine quando ancora non c', e cercare gli strumenti pi idonei per realizzarlo. Ci di una semplicit tale che umilia la nostra compli- cazione: quest'intelligenza si ritrova dappertutto, nell'alvea- re, nel fiore, nel coordinamento che vi tra di loro o tra i lo- ro rispettivi organi, fino a dentro i nostri organi e le nostre cellule, che funzionano in modo provvidenziale malgrado noi, o ancora nell'ordine reciproco esistente tra la nostra in- telligenza e le realt della terra. C' intelligenza nel dente di leone. Ma non l'intelligenza del dente di leone, e nemmeno quella della materia, come vorrebbero assurdamente coloro che hanno paura di sentir invocare il nome di Dio. Si deve concludere che l'intelligenza divina (senza dubbio tramite quella degli angeli) impregna la terra in ogni luogo, e che in ogni istante la terra ci parla d Dio, nostra Causa prima NELLA SUA MANO SONO GLI ABISSI DELLA TERRA LA TERRA STRADA DEl CIELO sua stessa vita divina, e ci fa agire al di l delle nostre forze naturali.) Ancor prima dello scandalo del male c' quindi nella creazione uno scandalo del bene, una sorta di scandalo del- l'onnipresenza divina. Una presenza non immediatamente evidente, certo, ma comunque abbastanza evidente da poter risultare intollerabile a causa dell'incessante esigenza di gra- titudine e di lode che inesorabilmente implica: L'uomo moderno, nella sua superbia, volge lo sguardo al- trove, e si dichiara ateo per una odiosa petizione d fetido principio, mentre tutti i popoli primitivi del passato, mal- grado i loro pantheon pletorici e la loro morale confusa, si ri- conoscevano circondati in ogni momento da una Provviden- za che probabilmente conoscevano male, ma della quale non dubitavano. I pigmei e i guaraI sono da questo punto di vi- sta pi evoluti di noi, scettici civilizzati. 52 Attenzione al gradino Aprite dunque gli occhi, tendete l'orecchio della vostra anima, sciogliete le labbra e disponete il cuore perch possiate vedere e universale, che ci parla e si rivela a noi in tutte le cose, e ci invita dolcemente a cantare le sue meraviglie: 1 cieli narrano la gloria di Dio, l'opera delle sue mani annuncia il finnamen- to. Il giorno al giorno ne affida il racconto, e la notte alla not- te ne trasmette notizia. Senza linguaggio, senza parole, senza che si oda la loro voce, per tutta la terra si diffonde il loro an- nuncio e ai confini del mondo il loro messaggio (Sal 19,2-5). 55 Dio, in qualit di maestro eccellente, si preoccupato di la- sciarci due testi perfetti per portare a compimento la nostra educazione in un modo che non lasci a desiderare. Questi due libri divini sono il Creato e la Sacra Scrittura. La prima opera contiene tanti eccellenti capitoli quante sono le creature, e ci in- segna la verit senza menzogna. Perci, quando Wl tale chiese ad Aristotele dove avesse imparato tante nobili verit, egli ri- spose: Nelle cose, poich esse non sanno mentire. Il Dio in tutte le creature, intenderlo, lodarlo, amarlo e servirlo, onorarlo e glorificarlo, se non volete che l'Universo insorga contro di voi. Un giorno il creato intero si lever contro gli stol- ti, mentre sar motivo di gloria per l'uomo saggio, che sa escla- mare con il profeta: Perch mi dai gioia, Signore, con le tue meraviglie, esulto per l'opera delle tue mani (Sal 92,5). 12 La terra non mente: quest'espressione si trova gi in Tornrnaso e in Aristotele, prima che altri la riprendano fa- cendone talvolta cattivo uso. invece, essendo peccatore, pu mentire e ancor pi pu sbagliare, disponen- do solo della fallibile ragione umana, la pi debole nella sca- la delle intelligenze. I nostri ecolatri, che si rimpinzano avi- damente di ogni sorta di sapere libresco, rischiano di sprofondare in un'ignoranza tanto pi crassa e speciosa quanto pi grande la loro erudizione: Le cose non sanno mentire In linea con lo spirito di Bonaventura, Tommaso d'Aqui- no, in un sermone composto per t'Avvento, scrive: NELU. SUA MANO SONO eLI A8JSS/ DELLA TERRA 1...11 TRRA. STRADA DEL CIELO La terra quindi l'annl.1I\cio e la strada che conduce a Dio. Coloro che non lo vedono non sono amici della terra, ma com- plici del vuoto, bench il loro materialismo pretenda l con- trario: Davvero vani per natura tutti quegli uomini che vive- vano nell'ignoranza di Dio, che dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che n, esaminandone le opere, riconobbero l'artefice [... ]. Infatti dalla grandezza e bellezza delle creature, per analogia, si contempla il loro autore (Sap 13,1-5). Il pellegrinaggio deU' anima verso Dio passa necessaria- mente attraverso la terra e le sue realt sensibili. Per san Bo- naventura, seguace del poverello d'Assisi, essa il primo dei sei gradi in cui si articola la nostra elevazione verso l'Altissi- mo: Infatti, secondo ]'attuale condizione della nostra natura, il creato la scala per salire fino al Creatore li. Trascurare il primo stadio nella fretta di passare a quelli superiori sigrufica letteralmente saltare un gradino e rischia- re di andare a spaccarsi la testa contro il successivo: 54 In realt il professore incorre in una rovina peggiore, ben- ch meno visibile, di quella del contadino: la rovina della sua anima. Ci non toglie comunque che il buon senso contadi- no sia pi solido delle elucubrazioni cerebrali degli accade- mici, ed su di esso che devono fondarsi le pi elevate spe- culazioni metafisiche, e perfino la contemplazione mistica, perch poggia sull'ordine terreno voluto dal Cielo. Imita la terra - dice Basilio di Cesarea - e porta frutto come lei; non mostrarti peggiore di colui che privo di spirito. I . ~ quan- to ci insegna J'Altissimo, il quale, nelle sue parabole, fa co- stantemente riferimento ai lavori dei campi, alla semina, al- la mietitura, ai convolvoli e ai passeri, e paragona il cuore dei santi alla terra buona (Mc 4,8), in cui fruttifica il seme della Parola. Inoltre, Egli assimila il Regno dei Cieli a un tesoro nasco- sto in un campo, che viene scoperto da un uomo. Ora, che cosa fa quest'uomo? Sparisce e va a spendersi il tesoro? No, lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo>} (Mt 13,44). Ecco come il nostro spiri- to pu disseppellire la luce dal fango di cui siamo fatti, e non per portarsela via, ma per seppellirla di nuovo e farla ri- splendere maggionnente. Lo testimonia una contemplativa che si offr volontariamente a una delle croci pi oscure del- la nostra storia: A poco a poco ho scoperto che anche nella vita pi contemplativa non deve essere reciso il legame con il mondo. Credo anzi che, pi ci si avvicina a Dio, pi si de- ve in un certo senso uscire da se stessi, cio immergersi nel mondo per portarvi la vita divina>} 16. Non per nulla il grande teologo noto come il Doctor An- gelicus fu definito anche il bue muto di Sicilia 17. lascian- dosi ammaestrare dalla terra, umiliandosi alla luce della ra- gione e della fede che ci si slancia verso le altezze supreme. Non c' bisogno di viaggi innumerevoli: ne basta uno solo, nella profondit. 'Sal 95,4. 'Tl celebre religioso domenicano che inaugur La stagione dei preti-operai, lavorando a Marsiglia come scaricatore di porto fino al 1954, quando il Va- ticano decise di inteITOmpere tale esperienza. In seguito fond la Missione Operaia Santi Pietro e Paolo (MOPP), riconosciuta ufficialmente dalla Chie- sa nel 1965. Nel 1969 fond a Friburgo la Scuola deUa Fede, che diresse fino al 1981 (N.d.T.]. 'Tomroaso d'Aquino, Summa I7Jenlogiac, Prima pars, quaestio 8, art. 1 [testo italiano antine, da cui tratta Iii traduzione: http://www.preticattolici.it/Te- sti/Somma%20Teologica/Somma%20Teologica.htm. Per un'edizione carta- cea cfr. Ln Samt/w teologica, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1996-1997, N.d.T.]. 'Gioco di parole tra Geroboamo inteso come nome proprio (personaggio bi- blico divenuto re delle dieci trib che formarono il regno settentrionale di Israele) e jroboam inteso come nome comune (bottiglia di vetro contenente l'equivalente di quattro bottiglie da 75 cl di vino o champagne) [N.d.T.}. 'Cfr. Tommaso d'Aquino, Summn contra Genti/es ili, 70,8; trad. it. in La Som- ma corltra i Gentili, a cura di Tito Centi, UTET, Torino 1978. In realt il passo citato di Isaia, nella versione CEl del 2008, recita: "Si- gnore, [... ] tutte le nostre imprese tu compi per noi. Si preferito tuttavia lasciare la versione francese, per il riferimento all'azione di Dio all'interno delle sue creature, fondamentale per il discorso dell'autore [N.d. T.]. 57 NEtLA SUA MANO SONO CU ABISSI DELtA TERRA LA TERRA ST1<ADA DEl. CIELO Un professore pu essere in errore e restarvi per tutta la vi- ta; pu massacrare mille, diecimila intelligenze, e conserva- re ugualmente un incarico prestigioso, per poi ricevere una cospicua pensione. Ma se il contadino sbaglia due volte di seguito la semi.na, rovinato. Ecco l'origine di quello che viene chiamato buon senso contadino: l'agricoltore sa che esiste una natura delle cose, e che essa non potr mai essere modificata. 14 56 'Gioco di parole, solo in parte traducibile, tra dfectueux, dal laL defico, che rimanda a un'azione negativa perdl inadeguata e lacunosa, e dfnisant, dalla!. disfaco, indicante un'azione negativa in quanto distruttiva [N.d.T.]. 6I1 testo originale ha ORNI, acronimo di Objet Rampant Non Identifi, co niato dall'autore sulla falsari!!;a di OVNI, Objet Volant Non Identifi, cor- rispettivo francese dj UFO [N.d.T.]. 'Gioco linguistico tra l'agg. qualif. benigne (masch. bnin) e quello di na- zionalit bninois, "del Berun (frane. Bnin). L'autore ha di fatto tra- scorso l'arie dell'adolescenza nel Benin, al seguito del padre, diploma- tico [N.d. n. 'ONota gratuita, che vi invita il guardare pi in basso, o pi a fondo, che a pi di pagina. Chiudete dunque il libro (permesso accordato) e contem- plate la prima creatura che si presenta ai vostri occhi. [Nell'edizione fran- cese originale le note sono situate a pi di pagina, N.d.T.]. II Bonaventura, llinermium mentis in Dewn T, 2ltrad. oliline: http://W\NW.llna- vox.it/m24.htm; per W1'edizione cartacea, cfr. Itinerario delI'annUl a Dio, Bom- piani, Milano 2002, N.d.T.j. "Ivi,1, 15. "Cinqume sermon pour la deuxime dimflnche de l'Avellf (Quinto sermone per la 2' domenica d'Avvento), in Opera 01l111ia, 34 voli., Vivs, Paris 187]- 1880, voI. XXIX (trad. it. in Tommaso d'Aquino, I sermoni e le dI/C lezitmi inaugurali, Edizioni Studio Domenicano, BologIla 2003). l! Henri Charler, Culture, colc, Mfier, citato da Gustave Thibon in Re/oll'T au reJ, Paris 1943 (ed. it. Ritorno al reale: nuove diagnosi, trad. di ltalo De Giorgi, Ed. Giovanni Volpe, Roma 1972). 15 Basilio di Cesarea, Terza omelia sul V(lI1geJo di Luca, Patrologia Graeca 31, 266; trad. it. in Rufina di Aquileia, Versione delle omelie d Basilio, a cura di Carla Lo Cicero, Scuola Tipogr. San Pio X, Roma 2002. "Edith Stein (Teresa Benedetta della Croce), lettera del 12 febbraio 1928, in Werke, il cura di Lucy Gelber e Romaeus Leuven, 18 voll., Herden, Frei- -"burg 1954--1998, voI. VIII (trad. it. in Edith Stein, Scelta di Dio. Lef.tere dnl 1917 (/11942, Mondadori, Milano 1997). "Soprannome attribuito il TOnun<lSO dai confratelli tedeschi (per i quali tuJta l'Italia era "Sicilia) quando studiava teologia presso Alberto Magno a Colonia, per il suo carattere taciturno [N.d.T.]. 58 LA TERRA STRADA DEL CIELO Parte seconda UN CIELO PER PATRIA Loro non cercano pi l'ebbrezza del viaggio, poich la lerra troppo profumata, l, dove si sono fermati. Loro Han navigheranno pi sui mari maligni, poich hanno trovato il porto, e l'ancora stata gettata nella beatitudine incomparabile. Ernest Psichari l l Ernest Psichari, Le voyage du cellturion, LGF (Librairie Gnrale Franaise), Le Livre de Poche Chrtien, Paris 1962 (ed. il. Il viaggio del centurione, tTad. di OrsaIa Nemi, Ed. G. Volpe, Roma 1971). Icaro, Anteo e Ulisse. Sradicamento o odissea Da queste premesse metafisiche, alcuni potrebbero presto approdare a una morale autoctona: Se Dio qui, direbbero, ci proibito cercarlo altrove; altri invece, opporrebbero su- bito loro la deduzione, non meno affrettata, di una morale apolide: Se Dio ovunque, dobbiamo partire sempre per mete lontane per trovarlo ancora e meglio. Da un lato i fautori del rdicamento, ai quali cara la metafora della pianta; dall'altro i cultori del viaggio, aman- ti di quella dell'uccello. I primi non vedono che anche l'a- cero mette i suoi semi in un'elica mobile simile a quella dei nostri elicotteri, n che il dente di leone - ci torno continua- mente! - munisce i suoi semi di paracadute che il vento tra- sporta in terre sempre pi misteriose e lontane. I secondi di- menticano che la stama artica, sebbene voli ogni armo da un Polo all'altro percorrendo all'incirca 20,000 chilometri, depone e cova le uova sempre nel luogo stesso dove nata. Oltre alla pianta e all'uccello, due figure mitologiche - quelle di Icaro e di Anteo - si contendono gli estremi oppo- sti del rapporto con la terra. Una terza figura sembra incar- narne il giusto mezzo: quella di Ulisse. Dopo aver esplorato il valore dei primi due archetipi, si tratta di chiedersi se sia possibile affidarsi all'ultimo e celebrare insieme a Joachim Decollare dal basso du Bellay I la beatitudine di Ulisse e Giasone anzich quella dei miti e degli umili. Icaro figlio di Dedalo, J'esiliato da Atene per aver ucci- so un parente e il cui nome significa l' ingegnoso. li suo sangue quello freddo del tecnico, il suo terreno quello mo- bile dell'invenzione. E di quelle invenzioni prodigiose che sanno piegare le leggi della natura ai capricci dellibertinag- gio! Dedalo il genio geloso della costruzione, e ancor di pi della decoshuzione meccanica: inventa non soltanto il famo- so Labirinto, ma prima di tutto quel simulacro di vacca den- tro al quale si nasconde Pasifae per soddisfare la sua passio- ne contro natura nei confronti di un toro. il Minotauro, frutto transgenico dell'unione tra la bella e la bestia, a essere per ordine di Minasse protetto e nutrito di carne umana nel- l'intreccio di gallerie e corridoi sotterranei del labirinto. Ci implica forse che il nostro ingegnoso esule, fuggito da Atene e accolto dal re di Creta, elegga !'isola come una nuova pa- tria? No, il suo slancio demiurgico gli impedisce di restare fermo in un luogo. Si affretta a tradire: di l a poco aiuter Te- seo a sconfiggere il Minotauro e i meandri della sua stessa invenzione; poi, per sottrarsi alla vendetta del re, costruir per s e il figlio ali che li strappino dal suolo. Forte dell'e- sempio del padre e fiducioso nell'onrupotenza della sua tec- nica, Icaro crede di poter raggiungere il sole disprezzando la terra una volta per tutte. Si sa che riuscir unicamente a ca- dere da un'altezza pi grande. Oggi i fratelli d Icaro sono numerosi. In campo filosofico, sono gli epigoni di Kant Hegel e Marx. Per loro )a terra in- 63 noi 5. Dottrina eterea che solleva definitivamente i nostri piedi dal suolo: l'uomo, pi contro natura, pi umano. Il cen- tro commerciale sarebbe dunque per noi pi congeniale e pi bello delle montagne della Chartreuse, poich genera- to unicamente dalla nostra ingegnosit. E l'omosessualit sa- rebbe tanto pi virtuosa e libera proprio perch non segue alcuna tendenza naturale. Ma cosa sto dicendo? Questa for- ma di licenza ormai fin troppo obsoleta, e i veri draghi del- la virt6 sceglieranno semmai la zoofilia e il cannibalismo, al fine di generare superuomini biscornuti. I figli moderni del- consistente, viscosa, poco pi di un materiale caotico che so- lo l'uomo mette in ordine. Essi dicono con Jules Lachelier 2: Per me l'opposizione tra libert e natura, che Kant fu il pri- mo a cogliere, l'opposizione fondamentale della filosofia. A essi va riconosciuto un certo senso della libert umana, che per, nel loro rigido dualismo, contrappongono alla ter- ra, concepita come mero involucro materiale e ridotta al de- terminismo percepito dalle scenze sperimentali. Essi igno- rano che il concetto di natura analogico e che la libert lo presuppone come ci che la struttura e la ordina autentica- mente, e non ne fa, invece, il prestigio di un potere arbitrario e assurdo. Essi continuano dunque a dire con Sartre: Per noi Adamo non si definisce affatto in base a un'essenza [... ], si definisce dalla scelta dei suoi fini 3. Questo Adamo non per nulla plasmato dalla terra e vi- vificato dalLo Spirito: egli si crea, si modella da s a partire dal nulla. Non altro che libert che trasforma il mondo a suo piacimento. E dunque quest'Adamo cacciato dall'Eden pu parlare con la voce sibilante di Luc Feny 4, affermando che egli una forza di anti-natura), e che la virt essenzial- mente una lotta deUa libert contro la naturalit che in ICARO, ANTED E ULiSSE LA TEJ{RA STRADA DEL CIEl.O 62 Il nemico dei migranti l'ngegner Dedalo 7 cominciano infatti con il lodare l'irrive- renza del libero arbitrio e finiscono per favorire gli accop- piamenti della regina Pasifae. Ma c' ancora qualcosa che trattiene il libertario dal tirare le estreme conseguenze delle sue teorie, e questa cosa l'ordine terreno, la natura umana che, malgrado i suoi errori, continua a costituirlo e a sussur- rargli all'orecchio come il suo proprio sangue. A Icaro e agli icariani molti contrappongono volentieri la robusta mole di Anteo, figlio della Terra e di Poseidone (la terra, infatti, non mente senza l'acqua che la irriga). Le sue gambe muscolose lo ancorano saldamente al suolo della sua Libia natia. Da esso il ggante attinge energia come fosse lin- fa e, ritto come una barriera minacciosa 8 sulla strada che pas- sa davanti alla sua dimora, sfida aHa lotta i viaggiatori e i mi- granti. Non ama i vili senza radici che succhiano il nettare dappertutto senza mai stabilirsi in nessun luogo. Allora li ag- guanta e li uccide per sotterrarli e fare dei loro corpi irre- quieti il concime per il suo giardino. Peraltro, le sue prede non riescono mai ad abbatterlo. Infatti,la leggenda narra che la sua forza si rinnova ogni volta che egli tocca il terreno. At- terrarlo significa dunque renderlo pi forte. Gettarlo a terra equivale ad aizzarlo di nuovo contro di s. Avere il soprav- vento su di lui vuoI dire metterlo in contatto con ci che lo fa trionfare. Si dice che, dopo aver vinto, Anteo usasse le spo- glie delle sue vittime pi ricche per ricoprire il tetto del tem- pio di suo padre. Quale eroe pi fedele di lui alla terra e al sangue? Eppure - chi non lo ricorda? - un viaggiatore in- stancabile, nel bel mezzo della sua undicesima fatica, finisce 65 Tale in Pourrat la celebrazione della terra, che egli non dimentica la luce e il vento, e ci pennette a questo grande cristiano di non cedere alla tentazione di venerare le divinit tellurche, n di cadere in una versione alvemiate delle ceri- monie germaniche nella foresta d Teutoburgo. Ecco che ci troviamo gi a uguale distanza da Icaro e da Anteo. Questo grande mito di Anteo, il gigante che riacquista le forze appena tocca terra, molto pi di un mito: una verit [... ]. Ci che vale per i popoli arborei - quello dei pini, quello dei piop- pi, quello delle querce - vale anche per un popolo umano: esso non deve aver paura della morte, se sa volerlo. Se sa attaccarsi alla vita con tutti i suoi sensi. Se lo vuole nella durezza, nell'o- scurit e nello sforzo tenace, come la radice che affonda le vene nei pi spessi strati dell'argilla e del sasso, per cercare sottoter- ra le acque da cui ricavare la sua linfa. Se lo vuole affidandosi al1a luce come il ramo, che, schiudendo i suoi germogli, li fa sbocciare fino in fondo come fossero polmoni, per poter tocca- re ovunque, con le sue foglie, lo spazio dorato, fino al giorno in cui, giunto a maturazione il suo essere, getter ai venti d'au- tunno iJ suo milione di semi. per aver ragione di questa creatura invincibile. Per sconfig- gerla, tuttavia, Ercole non [o abbatte: lo solleva. Gli cinge con le braccia le reni, lo tira su e lo strangola tenendolo sospeso tra cielo e terra. Anteo affascin i poeti del ritorno alla terra e dell'amo- re per la pa tria, che lo scelsero come simbolo della resisten- za contro }'omologazione del mondo prodotta dalle macchi- ne. Nel giugno del 1940, nel suo romanzo Vent de Mars 9 , pri- ma celebre e poi troppo presto dimenticato, Hemi Pourrat scriveva: fCA RO, ANTEO E ULISSE LA TERRA STRADA DEL CIELO 64 66 LA TEl{RA STRADA OELe/ELO ICARO, ANTWeUUSSE 67 Resta che la garanzia delle nostre ali sono le radici. L'uc- cello non canta bene che sul suo albero genealogico, am- mette anche Jean Cocteau. Una libert senza basi n memo- ria crede di innalzarsi al cielo e invece si perde nel vuoto. Chi pensa di riuscire a procedere senza appoggi, non pu che continuare ad agitarsi senza muoversi in alcuna direzione. Antigone o Medea? Ma non si rischia di cadere in una strana utopia naziona- le se, in preda alla nostalgia, si tralascia di cogliere l'attuale interdipendenza delle nazioni e la fratellanza dei popoli nel- lo Spirito dell'Altissimo? Non ci si ritrova in una sorta di pantano assegnando alla terra pi profondit e solidit che al Cielo? E infine, per noi sradicati da lunga data, immigrati tre o quattro volte, qual la vera terra ancestrale? Finiremo con l'inventarcela e crederci figli di Gaia, mentre in realt siamo figli di Dedalo? La polemica contro lo sradicamento e la globalizzazione molto antica. Coloro che la credono recente tradiscono la lo- ro amnesia e, col pretesto della fedelt a un qualche tipo di passato idilliaco, cadono senza accorgersene nell'illusione del sol dell'avvenire \0. Gi Seneca poneva questo lamento nel cuore della sua Medea, facendole denunciare quell'in- venzione rivoluzionaria della tecnica antica che la nave. Medea accusa Giasone e gli Argonauti di aver rubato il Vel- lo d'Oro che proteggeva una patria diversa dalla loro, e inol- tre di aver sedotto la principessa di quella patria, infelice- mente trapiantata dalla natia Colchide prima in Tessaglia e poi a Corinto. Secondo la legge greca, Giasone non aveva il diritto di sposare questa donna straniera. Fortuna insperata per lui: il suo opportunismo lo spinge ora al matrimonio con un'altra, la principessa corinzia. Egli pu quindi ripudiare senza alcun rimorso la principessa meteca della Colchide, in- sieme ai figli che lei gli ha dato. Ma Medea non la pensa co- s. Si vedr che colui che conquist il Vello non torner a vivere, circondato dai parenti, nella quiete celebrata dalle ri- me di Du Bellay. Alla fine il bel viaggio conduce all'abban- dono e all'infanticidio. I difensori dei costumi ancestrali si richiamano talvolta al- la figura di Antigone, ma potrebbero rifarsi anche a quella di Medea: non come eroina, certo, ma come vittima. Antigone infatti difende contro Creante, re di Tebe, quelle leggi non scritte che servono da fondamento anche ai diritti e ai dove- ri universali, oltre che alle norme consuetudinarie. Medea, al contrario, si vendica contro Creonte, re di Corinto, in preda alla collera suscitata in lei dall'essere stata prima strappata alla sua terra, e poi rifiutata in base ai decreti locali di un al- tro paese.. Ma ecco il magnifico canto che le mette in bocca il filosofo stoico suicidato da Nerone: l nostri padri videro secoli senza macchia, quando ogni frode era sconosciuta. Ogni uomo, quietamente, se ne stava aUe sue spiagge, invecchiava sulla sua terra, ficco del poco che aveva, non conoscendo altri beni che quelli che gli dava il suolo natale, La nave tessala, Argo, congiunse le parti del mondo che a ra- gione erano divise, ai mari impose di subire le sferze dei remi, ai mjsteriosi flutti di mutarsi in causa dei nostri terrori. Ne pag il fio, trascinata di pericolo in pericolo, la sacrilega nave, quando i due monti che sono le porte del mare, all'improvviso 68 LA TERRA STRADA DEL CIELO ICARO. ANTEO E ULISSE 69 spinti l'uno contro l'altro, lanciarono un rombo simile a tuono, e il mare, tra loro schiac- ciato, spruzz le stelle e le nubi. [ ... ] caduto ogni limite, in terre sconosciute sorgono mura di citt, le strade del mondo s spalancano, muta sede ogni cosa. Si disseta l'Indiano al gelido Arasse, bevono i Persiani all'Elba e al Reno. Verr giorno, in secoli lontani, che Oceano sciolga le catene delle cose e immensa si riveli una terra. Nuovi mondi Teti scoprir. Non ci sar pi SL pianeta un'ultima Tule." Esilio originario Il nostro suolo di oggi, ma gi quello di ieri, piuttosto l'aere dei senza radici 12. Incominciamo cos, fiori di serra e piante da vaso, o forse uccelli, ma dal volo disorientato dal- le ali appesantite dalla nafta. Heidegger, pur sottolineando l'esigenza del radicamento, ripete che questo non il nostro stato di fatto. La nostra condizione congenita semmai quel- la che chiama Unheimlichkeit, ossia una inquietante estra- neit, un esilio originario: Il [nostro] sradicamento non causato soltanto da circostanze esteme o dalla fatalit del destino, non solo l'effetto della ne- gligenza degli uomini, del IaTo stile di vita superficiale. Lo sra- dicamento deriva dallo spirito dell'epoca in cui la nostra na- scita ci ha collocati. Ecco qualcosa che ci d ulteriormente da pensare, e ci porta a chiederci: "Se cos, in futuro l'uomo po- tr ancora svilupparsi, la sua opera potr ancora maturare a partire da una patria gi costituita; quindi egli potr innalzar- si nell'etere, cio per l'intera estensione del cielo e dello spiri- to? Oppure tutte le cose sono destinate a restare prese neJla morsa della pianificazione e del calcolo, dell'organizzaZlone e dell'automazione?>'. n Nella nostra epoca icariana, nasciamo lontano dal suolo, immediatamente proiettati nella cultura tecnica e nello spa- zio pubblicitario, subito messi al mondo di cui parla san Gio- vanni e che quello della m.enzogna e dell'illusione babelica che mascherano l'evidenza della creazione. Non c' pi una terra natale gi costituita, e la peggiore utopia, che ignora di essere tale, quella in cui si tenta di ricostituire una terra natale chimerica in una sorta di et dell'oro; questa utopia, pur invocando un certo realismo terrestre, ignora la realt del tempo presente e la nostra condizione violenta. Oggi come se la terra natale non fosse gi passata ma ancora da venire. Nietzsche ne aveva l'istinto, nei suoi spo- stamenti sempre verso il Sud, lontano da una Germania sra- dicata dal suo stesso idealismo protestante (una Germania che, per reazione, si sarebbe ben presto fabbiicata un radica- mento illusorio e barbaro). Egli scrlve: Ubi pater SUID, ibi patria, la mia patria non la dove sono nato, ma nel luogo in cui ho generato 14. L'albero infatti si giudica dai frutti, non daUe radici. Tuttavia i buoni frutti presuppongono buone ra- dici. L'uomo pu essere un buon padre soltanto se un buon figlio, e si pu generare bene solo nell'alveo di una data ascendenza, in quella tenerezza, la cui natura ci sfugge, che unisce il nipote al nonno. In ogni caso bisogna per libera 70 LA TERRA STRADA D[L CIELO ICARO, ANTEO EULiSSE 71 scelta saper riconoscere ci che anteriore a tutte le scelte. Bisogna che Icaro si decida ad atterrare. qui che fa la sua comparsa la figura di Ulisse, uomo al tempo stesso ingegnoso e patriottico. Egli raggiunge vera- mente la sua patria solo al terrrune dell'Odissea. Sembra na- scere a Troia, nel corso della guerra, e non giunge a Itaca che alla fine. Qui, sotto le sembianze di un vecchio mendicante, viene prima accolto dal custode dei suoi maiali, che per non lo riconosce, mentre subito riconosciuto dal suo vecchio ca- ne, Argo, che ne muore di gioia, perdendo la vita nei movi- menti eccessivi della coda. Eppure per noi la figura di lllisse non che una fonna vuota. Dov']a nostra ltaca? Dov' l'ap- prodo a noi familiare? Quale cane pu riconoscere di dove sia- mo? Qui la mitologia deve lasciare il posto alla storia santa. 1 Poeta e umanista francese (1522-1560), membro del movimento noto co- Ille Brigade de la Pliade. L'autore allude aJ sonetto Heureux qui comme Ulysse, in cui esprime la sua nostalgia per il proprio paese natale e sj chje- de se torner mai in patria come hanno fatto Giasone e UEsse [N.d.T.!. 'Jules Lachelier (1832-1918), filosofo francese ricordato soprattutto per lo studio del pens.iero di Kant e la diffusione della filosofia trascendentale nella Francia. di fine '800 [N.d. n. 'Jean-Paul Sartre, L' "E, tre elle Nl7nl, Paris 1950, p. 547 (ed. it. L'essere e il Ilu/- la, il Saggiatore, Milano 2008). Filosofo francese, Ministro deUa Giovent, dell'Educazione nazionale e della Ricerca dal 2002 al 2004, attualmente docente di Filosofia all'Univer- sit Paris VI-Jussieu [N.d.T.\. -' Luc Ferry, Jean-Didier Vincent, Qu'esl-ce que l'homme? SlIr les fondamen- Imlx de la biologie el de la plzilosopllie, Odile Jacob, Paris 2000, p. 48 (ed. it. Che cos' l'uomo? Sui fondamenti della biologia e della filosofia, Garzanti, Milano 2002). 'L'originale ha dragons de verlu, riferito generalmente alle donne, dle si sposa efficacemente con gli accoppiamenti bestiali evocati dalle allusioni Alla zoofilia e ai superuomini biscornuti, e getta un'ombra sarcastica sulle virt dei seguaci d Dedalo [N.d.T.]. 1L'autore gioca sull'assonanza tra ingnieur e ingnieux, significato etimo- logico di Dedalo; in sottofondo c' la nozione del Dio-ingegnere (o archi- tetto), cara a Leibniz, CArtesio e Kant [N.d.T.]_ Alla lettera: dogana (o doganiere) [N.d.T.]. 'I Il titolo suggerisce che nel mese di marzo, lo stesso dell' Annunciazione e dell'equinozio di primavera, spiri su.lla terra un vento di rilUlov:amento che viene da pi lontano e da pi in alto che dal pianeta Marte. In Lett. i domani che cantano, ispirato a una frase di Paul Vaillant-Cou- turier (allora dirigente del Partito comunista francese) citata da Gabriel Pri, deputato comlUtista fucilato dai tedeschi nel 1941, nella sua autobio- grafia, intitolata appunto Les /endemains qui chnntent. Nel 1962 lo stesso VaiUant-Couturie.r pubblicher la raccolta di saggi Vers les /mdemail1S qui chanlenl [N.d.T.]. li Lucio Anneo Seneca, Medea, vv. 329-379, in Le tragedie, Einaudi, Torino J991, pp. 146-148. I ~ L e t t . l'aria degli sradicati: la {rase gioca infatti sulla contrapposizione tra terra e aria, ripresa pi esplicitamente in rapporto alla dottrina aristo- te1 ica dei qua ttro elementi nel paragrafo II volto umano nella sua nudit [N.d.T]. Il Martin Heidegger, L'abbandono, IL Nuovo Mel angolo, Genova 2006 (ed. or. Gelassel1JLeit, Neske, Pfullingen 1959). 14 Friedrich Nietzsche, citato in Stefao Zweig, Nietzsche, Stock, Paris 2004, Dcouverle du Sud, ristampa del secondo volume di Le comballlVec le demon, 2 volI., vol. I, Holde'rlin, Kleist, voI. TI, NielzsclIe, Stock, Paris 1930; ed. or. Der 1V<mpfmil dem Diimon. Ho/dC1'll:n, Kleist, NietzsclIe, Tnsel, Leipzig 1925; ed. il. Lo lona col demone, Holder/in, Kleist, Nictzsche, Frassinelli, Como 1992. Vattene dal tuo paese verso il paese. Dall'Esodo alla Terra Promessa La Genesi ci rivela che all' origine siamo caccia ti dalla ter- ra paradisiaca, e che non si tratta di uno spostamento locale, ma della nostra colpa che responsabile di quest'esilio. Al- lora, non con uno spostamento locale, ma attraverso il no- stro pentimento (il termine significa precisamente ritorno) che guadagniamo la patria: Se in virt di un movimento del cuore, e non dei piedi, che l'uomo si orgogliosamente allontanato dal Bene supremo e ha sepolto dentro di s l'imm.agine di Dio, mi sembra evidente che sar in virt di un movimento del cuore che l'uomo potr Llm.ilmente tornare a quel Dio che l'ha creato, e ritrovare la sLla immagine.' Noi siamo tuttavia esseri sensibili e questo movimento es- senzialmente spirituale deve compiersi attraverso luoghi fi- sici ed esige 1m legame intimo con la terra: Signore, sei sta- to buono con la tua terra, hai rkondotto i deportati di Gia- cobbe) (Sal 85,2). Lo Spirito sospinge il figliol prodigo lungo le vie dell'esodo. Lo conduce dal diluvio al deserto affinch egli gridi verso il Cielo dal profondo dell'abisso, e da questa profondit entri nella terra nuova, nella dimora del Padre. LA TERRA STRADA DEL CIELO V/lITF.NE DAL TUO PAESE VERSO il PAESE 75 La chiamata di Abramo fondante: Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e daUa casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicher (Gen 12,1). Questa partenza un ritorno. Abra- mo lascia tutto e si abbandona a Dio neUa fede. Come posso- no i seguaci di Anteo comprendere tUl tale sradicamento? Al- cuni di loro hanno fatto di questa partenza l'emblema del co- smopolitismo e di li1 certo disprezzo della terra e del sangue. Abbandonare il padre non forse empiet filiale? Lasciare la patria non proprio del disertore e di quel popolo nomade e senza patria, nato nel deserto, che finisce per conquistare e de- predare Canaan, terra di altri, rapidamente massacrati? Pensar questo omettere che Dio che comanda: il gesto di Abramo di ubbidienza e umilt, non di disprezzo e or- goglio. D'altra parte, il padre dei credenti non dimentica la sua origine: infatti egli invia il suo servo Eliezer dai suoi pa- renti a cercare una moglie per il figlio Isacco. Ma non di- mentica nemmeno l'amore per la terra: "Vattene dal tuo pae- se verso il paese, dice stranamente l'appello divino. Il volto umano nella sua mldit Grandi filosofi ebraici sono riusciti a trattare questo sog- getto in modo inadeguato, come anche pensatori antisemiti come ad esempio Carl Schmitt. Se questi ultimi denunciano nel popolo di Israele il fautore di un vuoto universalismo che rimmcia a ogni rapporto con il proprio paese d'origine, i p r i ~ mi riconoscono in lui il portatore di una Legge universale che spezza le barriere razziali e le divisioni fondate sull'odio. Emmanuel Lvinas, con il lodevole intento di evidenzia- re il primato dell'etica sulla sacralizzazione di un suolo par- ticolare, scrive: [La tecnica] rischia di far esplodere il pianeta, ma [... l essa fa tutt'uno col vacillare delle civilt sedentarie, lo sgretolarsi delle pesanti stratificazioru del passato, lo sbiadire dei colori locali, le crepe che incrinano tutte quelle cose ingombranti e ottuse su cui si fondano i particolarsmi umani. Bisogna essere sottosvilup- pati per rivendicare queste cose come ragioni d'essere e lottare in loro nome perch abbiano UI1 posto nel mondo moderno. Lo sviluppo tecnico non la causa, semmai l'effetto di guesto al- leggerirsi della sostanza umana, che si svuota delle sue pesan- tezze notturne l ... ), La tecnica sopprime il privilegio di questo radicamento e dell'esilio che a esso rimanda [... l. Essa ci strap- pa al mondo heideggeriano e alle superstizioni del Luogo. Si profila quindi una chance: imparare a vedere gli uomini al di fuori della situazione contingente in cui sono inseriti, lasciar ri- splendere il volto umano nella sua nudit. Alla campagna e agli alberi, Socrate preferiva la citt, in cui possibile incontrare gli uomini. L'ebraismo fratello del messaggio socratico.' Sappiamo bene a quale brutale scatenamento di un na- zionalismo menzognero faccia seguito questo discorso di L- vinas: il medico deve privilegiare l'elemento aereo per con- trobilanciare un eccesso di elemento terrestre; non per ridur- re dunque il corpo a un palloncino, ma per cercare d ricon- durlo all' equilibrio. Di qui la visione parziale del filosofo su questo punto. Sappiamo inoltre, con Lvinas, non soltanto che la tecnica non un male in s, ma anche che la pi pic- cola anima umana pi preziosa della vastit di un paesag- gio romantico. Uccidere qualcuno senza nessun altro motivo che preservare il proprio orticello una colpa grave. Il volto dello straniero, attraverso la sua nazionalit o il suo colore lontano per noi, ci rivela in primo luogo l'immagine di Dio, che ci intima. Gli ulivi che tu non JUli piantato Vattene dal tuo paese verso il paese che io ti indicher. Abramo lascia la sua terra come un disertore? No, come un patriota che si reca a combattere alle frontiere dello spirito. Lasci.a il suo paese per trovare la terra dei viventi, cio per ri- Tuttavia lasciar risplendere il volto umano nella sua nu- dit significa anche guardarlo come un volto diverso da tutti gli altri, come la peculare incarnazione di una storia e di un luogo. Amare lo straniero vuoI dire anche accoglierlo in quanto tale, con tutto ci che lo differenzia realmente: non il peccato quindi, che non produce che fossati di niente, ma la sua ascendenza terrestre con la sua tradizione che giusta- mente, per non sclerotizzarsi, si presenta aperta al futuro, poich non tutto dato in partenza. Andare verso la giusti- zia e la pace, la verit e l'amore, significa dunque volere per lo straniero una terra a lui congeniale - favorevole alla sua memoria e alla sua speranza - dove possa compiere un'epo- pea che comincia e si realizza nene profondit del Cielo. Ora, il testo di Lvinas tende a proporre un uomo astrat- to unicamente fondato sul Decalogo. Seguendolo, si diven- terebbe meno fratelli di Socrate che di Cartesio, di Kant e di tutta la filosofia soggettivistica. E come se l'esodo si fermas- se sul Sinai, invitando gli ebrei il errare senza fine nel deser- to, cos, dissociando il Reclentore e il Creatore, si mutilereb- be l'ebraismo della sua relazione essenziale con la terra pro- messa. Si ascolterebbe solo il Vattene dal tuo paese restan- do sordi alla parte finale dell' ordine divino, e cos si farebbe uscire l'uomo dalla sua orbita per farne un figlio di Gagarin piuttosto che un figlio di Adamo. 77 trovare la sua terra in Dio. Abbandona i suoi parenti, ma so- lo per abbracciarli con un amore pi forte e pi puro di quel- lo preclusogli dal culto di lari, mani e penati dei caldei. Sce- glie il crepuscolo degli idoli affinch sulla Caldea stessa e sul mondo intero possa sorgere l'alba dell'Eterno. Quanto alla terra data agli israeliti sotto condizioni esi- genti, molti si stupiscono che sia loro concessa attraverso l'apparente spoliazione di altri popoli: Quando il Signore tuo Dio ti avr fatto entrare nel paese che ai tuoi padri Abra- mo, Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti; quando ti avr condotto alle citt grandi e belle che tu non hai edificate, al- le case piene di ogni bene che tu non hai riempite, alle ci- sterne scavate ma non da te, alle vigne e agli oliveti che tu non hai piantati (Dt 6,10-11). In verit tale condizione ti- pica di tutte le nuove generazioni: nasciamo in una terra pie- na di ricchezze che ci vengono da altri - dalla natura e dagli antenati -, e senza le quali non potremmo vivere. Ma l'oracolo del Signore rimanda a una dipendenza pi alta, per cui il dono della terra non solo non autorizza alcu- na spoliazione al suo interno, ma piuttosto vi introduce una legge di gratitudine e di generosit. Esso mira anzitutto a ri- cordarci che la terra di Dio pi che di quelli che la abitano o la coltivano. I nostri preamboJ.i metafisici ce lo hanno ram- mentato: le olive e i grappoli di uva appartengono pi a Dio che all'ulivo O alla vigna, anche se esistono solo grazie all'u- livo e alla vigna; allo stesso modo le case appartengono mag- giormente a Dio che all'architetto e ai muratori, anche se esi- stono solo in virt di questi ultimi. Il seguito dei versetti ci- tati afferma che dobbiamo ogni cosa in primo luogo a Lui: Quando avrai mangiato e ti sarai saziato, guardati dal di- menticare il Signore, che ti ha fatto uscire dalia terra d'Egit- to, dalla condizione servile (Dt 6,11-12). VATrENf. DAL TUO PAESE VERSO IL PAESE LA TERRA STFADA D[l GELO 76 78 LA TERRA STRADA DEL CIELO VATTENE DAL TUO PAESE VERSO IL PIlESE 79 Quindi il comando Vattene dal tuo paese verso il paese che io ti indicher non implica necessariamente che si debba andare altrove, poich Dio pu indicarc per l'appunto il pae- se in cui g ci troviamo o dal quale veniamo. L'importante seguire la sua indicazione, abitare questo paese come per- vaso dalla sua presenza e come strada dell'incontro con Lui, trovare gi qui quell' Altrove che d forma a ogni cosa. La terra mia, e voi siete presso di me come forestieri e ospiti (Lv 25,23). Parole di cui non riusciremo mai a esaurire la profondit, e che riassumono il senso di tutto il nostro discorso: Eretz Israel appartiene all' Altissimo pi che agli israelitii la Fran- cia appartiene al Cielo pi che ai francesi. Tuttavia, pur defi- nendoci forestieri e ospiti, il Signore non ci rende estranea la terra. Ce la fa scoprire fraterna perch proviene dallo stesso Creatore. Ricordare che la terra appartiene pi a Dio che a noi equivale a ricordare che essa ci radica in Lui e che Egli ci eleva in essa. Dal punto di vista metafisica, i francesi di antico lignag- gio sono ruttora come degli immigrati in Francia, perch la Francia in primo luogo la patria dell'Eterno, essendo stata creata da Lui e avendo la vocazione di condurci a Lui. Ecco perch, come Dio ci accoglie nella misura in cui obbediamo alla sua Legge, cos noi francesi dobbiamo accogliere gli stra- nieri nella misura in cui essi obbediscono alle nostre legg, a condizione che queste siano conformi alla Legge divina. Meglio una diaspora giusta che una dimora criminale L'esilio a Babilonia una deportazione fisica. Ma prima di tutto la punizione per un allontanamento spirituale, la conseguenza dell'adesione alle seduzioni di Babilonia piut- tosto che alle luci di Gerusalemme. E allora cosa importa se ci si trova sul proprio suolo o altrove? solo il Dio dell'a- more che crea il radicamento, poich la terra in primo luo- go Sua. Dimenticare la Sua voce equivale ad auto-esiliarsi. possibile dimorare materialmente nella propria terra, ma se si erigono in essa i totem di una nuova idolatria non la si abita pi nella verit e si sprofonda nell'esilio, ci si rin- chiude in una sfera fatta di calcoli e di sogni. Per abitarla ve- ramente bisogna riceverla da Dio. Per amarla bisogna rico- noscervi la Sua presenza e vivere al cospetto della Sua san- tit, esercitando la Sua benevolenza nei confronti del prossi- mo; altrimenti meglio essere dispersi: Perch non avrai obbedito alla voce del Signore, tuo Dio [... l, il Signore ti di- sperder fra tutti i popoli, da un'estremit all'altra della ter- ra. L servirai altri di, che n tu n i tuoi padri avete cono- sciuto, di di legno e di pietra (Dt 28,62-64). Meglio questa dispersione che una dimora illusoria, poi- ch essa mette in piena luce la realt dell'allontanamento interiore e, come castigo, ci concede di gridare nuovamen- te verso l'Eterno, rendendo cos possibile la teshuvah, cio il ritorno nel pentimento. L'esilio non distrugge il rapporto con la nostra patria, semmai lo sottolinea con il tratto di una ferita e, spingendoci a implorare i Ci1i, ci consente di accogliere d nuovo questa terra, non pi come un possedi- mento del nostro orgoglio, ma come un dono proveniente dall'Altissimo e come il seno destinato a generarci al Suo Regno. TI radicamento ctonio ci allontana dalla realt della terra tanto quanto lo sradicamento tecnocratico, il nazionalismo idolatra tanto quanto l'universalismo disincarnato; bisogna ricevere la terra dal Padre Eterno per scoprirla materna. 80 LA TERRA STRADA DEL CIELO VAITENE DAL TUO PAESE VERSO IL PAESE 81 Accecammto dei costruttori La terra non n il nostro fine ultimo, n un mezzo da sfruttare senza alcun freno. Non il Cielo, ma non neppu- re separata dal Cielo. Bisogna ricordarselo sempre, e l'Eter- no ammonisce: Quando [... ] avrai costruito belle case e vi avrai abitato, quando avrai visto il tuo bestiame grosso e mi- nuto moltiplicarsi, accrescersi il tuo argento e il tuo oro e ab- bondare ogni tua cosa, il tuo cuore non si inorgoglisca [... l. Guardati dunque dal dire nel tuo cuore: "La mia forza e la potenza della mia mano mi hanno acquistato queste ricchez- ze" (Dt 8,12-14; 8,17). U1usione che la terra non sia che un materiale informe, e che solo la nostra libert le conferisca un ordine e una carica spirituali! TI malstrom della grande citt, dove tutto edifi- cato dalla mano dell'uomo, soffia vorticoso per convincerci di questo. CI proposito della terra che incorriamo nel peg- giore dei nostri errori, e la sua causa non tanto lo sradica- mento, quanto la perdita di un certo tipo di sguardo, uno sguardo contemplativo e amoroso, uno sguardo da bambini. Giovanni Paolo II lo descrive con rigore sulla scorta di Mos: L'uomo, preso dal desiderio di avere e godere pi che di essere e crescere, consuma in maniera eccessiva e disordinata le risor- se della terra e la sua stessa vita. Alla radice dell'insensata di- struzione dell'ambiente naturale c' un errore wtropologico, purtroppo diffuso nel nosh'o tempo. L'uomo, che scopre la sua capacit di trasformare e, in un certo senso, di creare il mondo con l proprio lavoro, dimentica che guesto si svolge sempre sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio. Egli pensa di poter disporre arbitrariamente della terra, assoggettandola senza riserve alla sua volont, come se essa non avesse una propria fonna c una destinazione anteriore da- tale da Dio, che l'uomo pu, s, sviluppare, ma che non deve tradire [... ], [se non vuole rsdare di] provocare la ribellione della nahlra. ~ Senza dubbio abbiamo bisogno di trasformare la natura per la nostra vita materiale, ma abbiamo anche bisogno di essa per la nostra vita spirituale, come di un oggetto di con- templazione e d'amore. Tale contemplazione all'origine e al termine del nostro rapporto con la terra: essa ci fa ricono- scere nella terra un dato che possiede la sua destinazione in precedenza alle nostre scelte, e ci permette di trasformarla senza violentarla; essa ci concede, una volta portata a com- pimento la fatica necessaria al nostro sostentamento, di ve- dere nella bellezza deJla terra un inizio del Cielo, e di oEfrir- la a Dio nel sacrificio del rendimento di grazie. Lo shabbat della terra L'antica e sempre nuova legge dello shabbat della terra aveva la funzione di ristabilire il rispetto contemplativo del- l'uomo nei confronti del suolo che ci nutre. <<Vattene dal tuo paese verso il paese che io ti indicher: questo comando si ripete per coloro che abitano gi nella Terra Promessa. Lo shabbat della terra esige da loro che riconoscano nel loro pae- se un paese che in primo luogo quello di Dio. Oltre al riposo settimanale, la Torah prevede per la terra un anno di riposo ogni sette, anno detto sabbatico, che le permette di liberarsi insieme a noi dalla schiavit del rendi- mento e della performance, e di essere il luogo di lUla semi- 82 LA TERRA STRADA DEL CTELO VA7TENE DAL TllO PAESE VERSO IL PAESE 83 na spirituale e di un raccolto di preghiere ed elemosine: Per sei anni seminerai la terra e ne raccoglierai il prodotto, ma nel settimo anno non la sfrutterai e la lascerai i n c o l t a ~ ne mangeranno gli indigenti del tuo popolo e ci che lasceran- no sar consumato dalle bestie selvatiche (Es 23,10-11). Im- maginate che meraviglia se per un armo la grande macchina mondiale del commercio arrestasse il suo moto vorticoso per permetterei di guardare il mondo gratuitamente! quello che si potrebbe chiamare Tobin Tax o liberalismo mistico. Peraltro, la legge dello shabbat della terra non si ferma a questo: dopo sette volte sette anni, essa si radicalizza in oc- casione delI'armo giubilare, solennemente inaugurato al suo- no dello yobel, la tromba rituale. Nel corso di quest'anno stabilito che ciascuno torner nella sua propriet (Lv 25,13). il tempo del riscatto: gli schiavi vengono liberati, ogni appezzamento di terreno acquisito deve tornare ai suoi proprietari originari, il che possibile solo nel caso di lU\'e- qua spartizione iniziale tra le diverse trib di Israele. Questa misura serve a impedire l'avidit, l'accumulo ec- cessivo di beni e il monopolio tirannico. Soprattutto, essa an- nuncia <<la dottrina della destinazione universale dei beni, se- condo cui le ricchezze e le risorse della terra sono state date originariamente a benefieio di tutta l'umanit e non solo di alcuni 4. La propriet privata non un diritto assoluto, in ef- fetti. un diritto relativo, innanzitutto perch la terra pro- priet divina in modo assoluto, in secondo luogo perch il povero che bussa alla mia porta pi importante del mio giardino che sta dietro a robuste inferriate, e inoltre perch ci che per me superfluo appartiene pi a lui che a me, es- sendogli stato assegnato da Dio fin dalle origini. Ma Dio talmente buono che vuole donarglielo attraverso di me che sono ricco. La mia pi grande ricchezza sta proprio in questo dono, ed il povero a offrirmela tendendo verso di me la sua mano vuota. Il primo compito della politica Il sabato della terra ci induce dunque a guardare al creato con un occhio diverso da chi lo considera semplicemente una ri- serva di beni da spremere e consumare o come una preda da dissanguare, senz'a1tro lim.ite che la possibilit di poter ga- rantire alle generazioni future uno sfruttamento altrettanto rapace. S Insistere sulla necessit di lasciare delle risorse alle ge- nerazioni future Wl modo fraudolento per scaricarsi la co- scienza, se finalizzato ad assicurarsi una discendenza di piccoli capitalisti voraci e di consumatori sazi e sonnolenti. Con il pretesto dell'ecologismo, si delinea un progetto dia- bolico: destinare la terra alla moltiplicazione dei dalmati. Ci vuole ben altro. La Legge di Mos richiamata da Giovanni Paolo II ci in- dica il primo compito della politica: non tanto organizzare la produzione per conseguire la sovrabbondanza dei beni ma- teriali, ma saperla contenere, predisponendo con cura le in- terruzioni e il riposo, affinch i cuori, ne) silenzio domenica- le delle fabbriche simili a grandi cattedrali, s volgano ai be- ni spirituali, alla contemplazione degli esseri. Eliminare la non occupazione s, ma soprattutto favorirla e promuoverla se questa si identifica con lo sJwbbat. Aumentare eventual- mente il Prodotto Interno Lordo, ma soprattutto incanalarlo in vista della crescita dell'interiorit umana, senza la quale la prosperit mercantile non che un orpello volto a na- La via e l'ostacolo lo ho visto le coste dell' Asia, tu hai visto i sentieri della Scozi.a, [...Lma noi tutti difendiamo, come se fosse non soltanto tutta scondere la nostra miseria spirituale. Lo shabbat degli umili scaccia i sabba organizzati dagli stregoni dell'industria 6, al- lontana la preoccupazione utilitaristica e la vanitosa ambi- zione che ci offuscano lo sguardo, e ci consente di intrave- dere il Cielo che filtra attraverso la nostra terra, di incon- trarlo sui nostri sentieri, nella luce che si irradia da una vec- chia cappella. 85 la vita, ma anche pi della vita, il nostro ruscello privo di gam- beri di fiume, privo di ideali e quasi privo di pesci, che scorre al limite della periferia. Perch? Te l'ho gi ripetuto cento volte, e saranno le prime parole eli questi appunti sparsi: siamo sicuri che esista ovunque qualcos'altro che non si pu trovare se non in quel mjnuto colmo di abbandono. 7 In una novella intitolata Le chemin du Paradis, Dhtel rac- conta la storia di un ragazzino irrequieto, che vive in un sob- borgo rumoroso. Un giorno il suo professore di francese gli chiede di svolgere un tema su un argomento impossibile: Descrivete un luogo pieno di pace, di solitudine e di luce che avete amato particolarmente. Il ragazzno cerca ovun- que un luogo del genere, ma la sua turbolenza gli impedisce di trovarlo. Finalmente incontra una ragazzina dallo sguar- do limpido, che gli riferisce queste parole di suo nonno: Apri gli occhi pi che puoi e guarda bene ogni cosa. Usa gli occhi per illuminarti il cammino. In citt come in campagna, e perfino in sogno, devi cercare di scorgere il sentiero che conduce all'Infinito, e che non somiglia a nessun altro. E questo sentiero non altrove - spiega Dhtel -, ma qui, in questo muro d pietra, vicino a questa ragazza dai capelli ne- ri: Nulla conta se non questo muro fraterno, una volta che lo hai scoperto. La bellezza non n laggi n pi lontano. Essa in ognuna delle pietre di questo muro, assemblate in modo da costituire un ostacolo, poich l'ostacolo stesso che ci affascina,) 8. L'ostacolo ci affascina perch esiste (e resiste). Per esiste- re, bisogna che sia creato da Dio e che ci rinvii a Lui, e allo- ra esso schiude alla nostra intelligenza e alla nostra fede un cammino che conduce pi lontano di un viaggio intersidera- le. Rendere chiaro lo sguardo cos che si possa vedere che le VATTENE DAL TUO PAESE VEP-SO IL PAESE LA TERRA STRADA DEL CIELO Vattene dal tuo paese verso il paese, ecco la garanzia contro l'irrequietezza e la fossilizzazione, una prevenzione contro l'orgoglio di Babele e gli idoli di Canaan, i miraggi di Icaro e la superficialit di Anteo. Ci impone di amare ci che vicino, ci che ci dato qui e ora; non ci chiede di partire e neppure di restare attaccati al nostro paese, ma di viaggiare attraverso di esso, la storia che porta, le fatiche che reclama, le bellezze che offre, fino all'Invisibile punto di fuga delle sue pianure e delle sue colline. Non di uno spaesamento che abbiamo bisogno, ma di un luminoso radicamento nel paese. Non una distensione complice dello stress che il nostro cuore invoca, ma un' enor- me fatica che prolunghi nel quotidiano la luce dello shabbat. Cercare l'evasione equivarrebbe ad ammettere che si anCO- ra prigionieri. Al diavolo l'evasione! il raccoglimento che ci manca. Il rapido decollo insieme all'extraterrestre ci porta meno lontano d questa lenta contemplazione della terra. Andr Dhtel scrive: 84 cose di quaggi sono come plasmate dal Cielo e ci aprono la strada verso di lui, questa l'opera dello shabbat della terra, e il poeta come ogni contemplativo vi contribuisce. Ma esso prima di tutto la missione cattolica dei figl d'Israele. 'Sant' Ae1redo (Etelredo) d Riev<lu1x, Speculum caritatis I, 8; trad. it. in Lo sp1'cclrio della carit, Paoline Editoriale Libri, Milano 1999. 'Emmanuel Lvinas, H1'idegger, CagarlI! e noi, in Difficile libert: saggi sul giu- daismo, Jaca Book, Milano 2004 (la traduzione tratta da: http://www.kai- nos.it/ numero3/ disvelamenti /Ievinas-i t. html, N.d. T.l. 'Giovanni PaoLo rI, Celltesimus annU5, lO maggio 1991, par. 37, in "C1'n- tesimus anr1ll5". Lettera enciclica nel centenario della ReTum nOVGn.WI, EDB, Bologna 2002 [la trad. tratta dal sito ufficiale del Vaticano: http://www.vatican.va/holy_father / john_pauUi/ encyclicals/ docu- ments/hfjp-ii_enc_01 051991_centesimlls-annlls_it.htmL N.d. T.]. 'Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Terra di Dio, terra deJl'uo- mo, documento di preparazione alla Gi.ornata di ringraziamento per i do- ni deL creato, Giubileo del mondo agricolo, 12 novembre 2000, r, 3 [tradu- zione tratta dal sito ufficiaJe: https:/ / www.cruesacattolica.it/cci_new/ documen.ti_cei/2000-06/07-20/Docprep.rtf. I corsivi sono nel testo italia- no originale, N.d.T.). )Ivi, l, 4. L'autore gioca con l'ambivalenza del termine francese sabbat, che designa tanto lo s/wbbat ebraico quanto il sabba stregonesco e demoniaco delle cre- denze medievali [N.d.T.]. 7 Andr Dhtel, La ehroniquejabulellse, Mercure de France, Paris 1960 (2000). 8A. MoriTI (a cura di), Libre parcours d'Andr Dh8tel, <Cahiers Bleus, 11. 41- 42, allhmno-nverno 1987, pp. 3-96. 86 1.11 TERRA STRADA DEL CIELO Fino ai confini del mondo. Cattolicesimo e identit Come un tempo gli ebrei erano accusati di cosmopoliti- smo, cos oggi si pensa di poter accusare la religione cattoli- ca un proselitismo devastatore. Questa conquistatrice irre- frenabile si espanderebbe come un'epiderrua, facendo tabula rasa del vecchio folclore come delle novit moderne, per im- porre una sorta di romanit monotona che si estenderebbe da Oriente a Occidente. Si tratta di una vecchia requisitoria: gi l'antica Roma si scagliava violentemente contro l'atei- smo dei primi cristiani: la religione propagata dagli ebrei seguaci di Ges, infatti, rigettava i culti inebrianti di Bacco e Mitra e anche i sacrifici offerti all'imperatore e, secondo Cel- so, aspirava a saccheggiare la alta cultura greco-romana e a far vacillare le fondamenta dello Stato. E oggi? vero che, partendo da Israele, l'espansione cattolica abbia smantellato le tradizioni e la creativit dei popoli e indebolito il vigore del potere politico? Mille anni di cristianesimo hanno dav- vero scolorito tutto in una giudaizzazione scialba e imba- stardita (un giudaismo senza kasherut l accoppiato a un elle- nismo senza pantheon)? O non forse vero che al contrario, in virt di un connubio autenticamente sacro, essi hanno messo pi chiaramente in luce le differenze originarie tra gli italiani, gli inglesi, gli spagnoli, i bretoni, i corsi ... e perfino Estendi il tuo dominio fin nel awre del tuo 11emico 3 La perversione dei missionari cattolici? Bisogna ammet- terla, ma aggiwlgendo che peggiore di quanto non imma- gini la maggior parte di coloro che la demmciano. Il deside- rio di conquista deUa Chiesa? Bisogna riconoscerlo, ma spe- cificando che spaventosamente pi profondo di quanto non pensino i suoi sed.icenti avversari. In primo luogo, la colpa dei cattivi testimoni infinita- mente pi grave di quanto non pensino i loro denigratori non credenti. Quando chi inviato a diffondere la luce viene meno al suo compito, la sua oscurit pi grande per lo sfondo luminoso su cui si staglia; inoltre, poich impedisce tra gli ebrei e i cristiani? Non piuttosto l'apostasia genera- lizzata degli ultimi secoli che ha finito per cancellare le iden- tit, risucchiandole neUo spettacolare nastro trasportatore 2 della temo-industria? Le antiche rimostranze continuano nondimeno a risuona- re nell'attardarsi della nostra Europa scristianizzata: non ci si irrita pi contro l'ateismo dei cristiani, certo, ma essi vengo- no fustigati perch vogliono mettere il bavaglio alle libert e alle arti, e strapparci alla consistenza della carne o della ter- ra. Accuse del genere sono perfettamente comprensibili, se si considerano quei missionari che sono tali solo nella posizio- ne e che confondono la causa della Chiesa con quella di una particolare civilizzazione, o quella clericarura pusillanime che riduce la Buona Novella a un moralismo ora cupo ora ammiccante, legittimando con le sue asfissie la reazione an- ticlericale. Accuse del genere sono comprensibili, ma decisa- mente al di sotto della collera furiosa che sarebbe necessaria. 89 FINO Al CONFINI DEL MONDO all'alba di sorgere attraverso di lui, egli accresce plU eli chiunque altro il peso delle tenebre che gravano sul mondo. Per giunta egli aggiunge alla sua colpa un crimine mortale: sfigura il volto della Chiesa agli occhi di coloro che, pur sen- za saperlo, ne cercano la bellezza. In secondo luogo, la Fede cristiana possiede un impatto ben pi radicale di quanto non suppongano quelli che ne diffidano. Perch questa Fede non chiede semplicemente, come un partito, la vostra adesione uffidale, non mira solo al vostro denaro o al vostro potere: essa esige tutta quanta la vostra vita, dal grosso alluce ai fini vertici dello spirito. Pi terribile, oserei dire, dei campi di rieducazione e delle sette in cui si pratica il lavaggio del cervello, pretende di ar- rivare a impadronirsi del vostro cuore, cio di conquistarvi senza spezzare n la vostra volont n la vostra intelligen- za, ma semmai raHorzandole! Essa insegna in effetti che un battesimo forzato come un cerchio quadrato, e che chi pensa di poterIo impartire in questo modo ottiene un unico effetto: fa di s stesso un empio. La Fede reclama la vostra libert ma intatta, la vostra persona ma pienamente realiz- zata, e persino le vostre parti pi nascoste, spingendosi co- s fino al culmine del desiderio. Il salmo 110 recita: li Signore ti dona lo scettro del ma potere: estendi il tuo dominio fin nel cuore del tuo nemico, e nel salmo 40 il servo fedele risponde: La Tua legge nel- le mie viscere 4. Ecco la cosa terrificante: la Chiesa intende conquistare non la superficie, ma il cuore e le viscere dei suoi nemici, ossia ottenere, con la sua pazienza e la sua ve- rit, il loro consenso intimo, libero e razionale, come una Donna sublime che sa strappare e far diventare di carne an- che j cuori di pietra. LA Tf;'RRA STRADA Dt:L CIELO 88 90 LA TERRA STRADA DEL CIELO FINO Al CONFINI DEL MONDO 91 Oltre le avanguardie e alla sorgente delle tradizioni Eppure, quelli che tengono tanto alla loro cultura non do- vrebbero aver paura della Fede cattolica (sebbene debbano spaventarsi dei suoi servi traditori, giacch non c' niente di pi infame). Sarebbe sciocco da parte loro partire da una pe- tizione di principio paragonabile al mito del buon selvaggio o del buon rivoluzionario (i due sono fratelli), e concepire la prppra identit come sufficiente a se stessa, tetragona a ogni crescita, invulnerabile a ogni malattia, in particolare a quelle patologie autoi.m.IDuni in cui il sistema d difesa dell'organi- smo, mal funzionante, si ritorce contro l'organismo stesso. In verit, una C1.tura inaridisce appena cessa di essere vivifica- ta dalle acque e dal sole che la fecondano dall'alto. Corrosa da vizi interni o sclerotizzata dal suo conservatorismo, essa viene soppiantata da un'altra cultura. Le occorrerebbe un'I- stanza superiore e vivente per proteggerla dai rovi, dall'ane- mia e dalla disperazione. Nel corso della storia le tradizioni come le avanguardie finiscono per divorarsi tra loro o per autodistruggersi ap- pena smettono di immergersi nella sorgente prima come pure di tendere verso la destinazione ultima. I libertari di ieri farulO oggi appello alla tradizione. andando avanti con l'et che si coglie la chiarezza di un'infanzia che l'ado- lescente rifiuta. Ma che cosa pu garantirci al tempo stesso la continuit e la novit, cio una piena crescita, se non un principio che unisce a ci che pi antico e pi nuovo del- l'universo stesso e cio all'Eterno, avanguardia assoluta e tradizione immemorabile? La grazia di Ges Cristo, lungi dall'abolirla, viene a por- tare a compimento la Legge, e attraverso di essa tutte le for- me di saggezza e di cultura, ognuna presa nella sua singola- rit. Risvegliando in noi il desiderio del Cielo, rende pi profondo il nostro legame con la terra; elevando il nostro spirito verso le cose di lass, rende pi ampio il nostro rap- porto con la carne cos bassa ma chiamata alla resurrezione. Tale Grazia , infatti, }'indivisibile Amore per tutto ci che esiste, e non aborrisce nulla se non quanto ci impedisce di esistere pienamente. Il cattolicesimo non ha niente dello spi- ritualismo etereo, n dell'universalismo che scolorisce ogni cosa. una spiritualit dell'Incarnazione, e se fa risplendere ovunque la sua intensa Luce solo per far risaltare in modo pi vivido i colori e le ricchezze del creato, dissipando per le false apparenze della penombra. An11unciare Colui che gi qui Prima dell'incontro con un altro popolo, si crede che la propria lingua sia l'unica, e solo in seguito si capisce che in- vece quella materna. Ad esempio, a Pentecoste, la riunione cattolica di parti, medi, elamiti e di tutte le altre nazioni, per- mette loro di scoprire e far emergere immediatamente le dif- ferenze fra i popoli. Oltre a tale ricchezza, ne scoprono w1'al- tra di gran lunga superiore e che fa la loro w1it: ciasC\lllo sente gli apostoli proclamare il Vangelo ne') proprio idioma materno. Cosa c' di pi materno, infatti, della Parola del Pa- dre? Le nazioni comprendono allora il loro rispettivo valore, e che non sono destinate al conflitto o alla dissoluzione. Sco- prono che il vero idioma universale non n il volapiik di Magog, n il sabir di Babele, ma il linguaggio dell'amore, che anche il linguaggio della croce (cfr. 1 Cor 1,17-18), autenti- co cTocevia dei veri incontri. E questo linguaggio non una lingua, se non di fuoco, il che significa che abbraccia e al 92 LA TE1UVo STRADA DEL CIELO FiNO AI CONFINI DEL MONDO 93 tempo stesso rende ardenti tutte le lingue 5 , poich costitui- sce il loro respiro profondo. Un altro passo degli Atti degli Apostoli (14,8-18) illustra con forza che l'ingresso nella cattolicit non implica la rimo- zione, ma semmai il riclamo e il consolidamento della me- moria vernacolare. Agli abitanti della Licaonia, che li scam- biano per di e vogliono offrire un sacrificio in loro onore, Paolo e Barnaba gridano: Uomini, perch fate questo? Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi, e vi annunciamo che dovete convertirvi da queste vanit al Dio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il ma- re e tutte le cose che in essi s trovano. Egli, nelle generazioni passate, ha lasciato che tutte le genti seguissero la loro strada; ma non ha cessato di dar prova dl s beneficando, concedendo- vi dal cielo piogge per stagioni ricche di frutti e dandovi cibo in abbondanza per la letizia dci vostri cuori (At 14,15-17). Gli apostoli rivelano il Cielo ai pagani riclamandoli alla loro terra e ai suoi benefici. Annunciano loro Colui che gi presente, che da sempre l circonda con la sua Provvidenza, e che essi ricevono da loro ridonandolo a loro volta. La mis- sione non consiste infatti nell'imporre Cristo dall'esterno, ma nel riconoscerlo in primo luogo nel volto dell'altro, poi- ch il Ges crocifsso che viene annunciato non soltanto il predicatore ebreo di Nazaret, anche il Verbo Creatore che, sin dalle origini, ispira tutto ci che c' di saggio e di buono in ogni nazione e in ogni uomo, anche quando questi un fe- roce avversario del cristianesimo. Il segno che si inviati da Dio non tanto la capacit di dare, quanto quella di cogliere il bene dalla sua creatura. Tale segno non consiste prevalen- temente nella predica, ma nell'ascolto (<<Ascolta, Israele: il Si- gnore il nostro Dio, il Signore uno solo, che significa che Egli il tuo Signore, ma anche quello dello straniero, poich non c' un altro Dio). da questo ascolto che si dispiega la predicazione. nella misura in cui si disposti a imparare la lingua del luogo che possibile tradurre in essa la Buona Novella. Altrimenti la si tradisce. Certo, bisogna abbandonare gli idoli vani. Non necessa- riamente facendoli a pezzi - si pu intrattenere un rapporto idolatrico sia con un'icona che con la propria ragione - ma considerandoli in modo diverso, come opere d'arte, forse, o come presentimenti informi. Abbandonare gli idoli non si- gnifica abbandonare quel che abbiamo di pi caro -la nostra identit - ma instaurare con questa un legame pi profondo, spogliandola dai suoi parassiti e aprendo dinamicamente il nostro dramma a Colui che pi venerabile del passato e pi nuovo del futuro. Vivere la propria terra fino all'estremo I testimoni inviati fino ai confini della terra (At 1,8) non vanno dunque a rapire gli uomini dalla loro terra, ma piutto- sto li chiamano a viverla fino all'estremo: Questo comando che oggi ti ordino non troppo alto per te, n troppo lontano da te. Non nel cielo, perch tu dica: "Chi salir per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinch pos- siamo eseguirlo?. Non di l dal mare, perch tu dica: Chi at- traverser per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, af- finch possiamo eseguirlo?. Anzi, questa parola molto vicina a te, nella tua bocca e nel tuo cuore, perch tu la metta in pra- tica (Dt 30,11-14). 94 LA TERRA STRADA DEL CIELO FINO AI CONFINI DEL MONDO 95 Gli emissari della Gerusalemme celeste non vengono ad allontanarci dalla realt, anzi, richiamandoci alle cose vicine, ci supplicano di amare la nostra realt concreta fino in fon- do, seminandovi l'amore e la verit fino a innaffiarla con il nostro sangue e con quello di Cristo, che sangue del nostro stesso sangue: Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto (Gv 12,24). Il gesuita Isaac Jogues part per evangelizzare gli uroni e gli irochesi, per mostrare loro la meraviglia divina del bison- te e delle sequoie giganti, e il valore infinito delle loro anime, riscattate dalle sofferenze di Dio. Fu percosso e torturato, e solo per fortuna" riusc a rientrare in Francia dopo sei anni di schiavit, con le carni martoriate di piaghe. Ma torn in America, o, come si diceva allora, nella Nuova Francia, e il giorno prima di essere trucidato dagli indiani scriveva: Questo popolo per me uno sposo di sangue, e io mi sono fidanzato con lui a prezzo del mio sangue 7. Ora, ci sono persone molto pi coriacee degli uroni. C' il signor Franchon, per esempio, il mio caro vicino. La Ila mis- sione forse fargli amare Dio in astratto, perch arrivi a di- chiararsi cattolico a denli stretti? No, la nostra Ilssione amare Dio insieme, nel concreto, attraverso tutto ci che sia- mo - attraverso la Francia e i suoi stranieri, attraverso la col- lina di Monbnartre e le strade di Belleville, attraverso i mar- ciapiedi, che la pioggia trasforma in specchi dei cieli, attra- verso la sua famiglia, originaria della Creuse, e la mia, spar- sa tra Tunisi e l'Alabama - affinch nella sua cartellina trovi- no posto l'antico e il nuovo, e il suo buffo papillon, come un bozzolo, si schiuda completamente, fino a dispiegare le ali di una croce immensa. Bisogna che io impari a morire per il si- gnor Franchon. E che lui diventi per me uno sposo di sangue. Penetrare le cose fino a renderle vergini Scriveva Paolo VI: Occorre evangelizzare - non in ma- niera decorativa, a somiglianza di vernice superficiale, ma in modo vitale, in profondit e fino alle radici -la cultura e le culture dell'uomo 8. Lo Spirito del Signore possiede l'incredibile capacit di penetrare ogni cosa, prima fra tutte la mia anima che io stes- so prostituisco, senza deflorarla ma rendendola al contrario sempre pi giovane, pi vergine e pi splendente. Pu inva- dere un poeta che prima era ateo: anzich nuocere al suo sti- le, lo render pi puro, pi personale e pi vigoroso, poich lo obbligher a quella fiera indipendenza che consiste nel render conto aUa Bellezza crocifissa e non ai letterati alla mo- da, nel farsi un nome in Cielo e non sugli scaffali di una li- breria. Ma a volte anche sugli scaffali. Guardate Paul Clau- del. Pensate a Max Jacob o a Pierre Reverdy. Da dove viene questo privilegio della Chiesa, e cio di ogni sinagoga o co- munit che accoglie il soffio di Dio? Dal fatto che, bench si- tuata nel tempo, essa non appartiene al tempo, e il suo ab- braccio quello dello Spirito, che pu riempire e fecondare conservando intatto l'imene. Il suo modus operandi quello della Causa prima, che non rende passivo ci su cui agsce, ma al contrario, lo attiva dall'interno. Essa annuncia ci che noi non potremmo mai raggiungere con le nostre forze na- turali ma che ci plasma e ci attira sin dal principio. E quan- do la Chiesa abbraccia una creatura, essendo una Madre amorosa, la richiama alla sua appartenenza, alla sua paren- tela, alla sua patria. Non sarebbe cos per un'istituzione umana refrattaria al- la Rivelazione: essa degenererebbe ben presto nell'imperiali- smo tipico di una cultura che a poco a poco ne divora un'al- 96 LA TERRA STRADA DEL CIELO FINO AI CONFINI DEL MONDO 97 tra o la riduce al pi.ttoresco monetizzabile; questa cultura di- voratrice sarebbe la pi potente nei fatti ma non nella verit. La multinazionale di un Nazareno o di un Romano dalla personalit creata, che avesse reclutato una squadra d'lite, moltiplicato i mezzi pesanti di propaganda, e soprattutto non fosse morto in croce, avrebbe potuto essere solo un'im- presa di demolizione. Si situerebbe sullo stesso piano delle altre culture da conquistare. La sua avanzata comporterebbe il loro arretramento. Le sue edificazioni la loro rovina. Per la Chiesa del Verbo incarnato non esistono altre cul- ture. Come l'anima non una delle parti del corpo, .ma ci che d loro fonna e le coordina in funzione della vita, cos la Chiesa non una comunit tra le altre, portatrice di una re- ligione come le altre, ma, poich la sua anima creata la di- vina carit, e la sua anima increata lo Spirito Santo, Anima delle anime, essa ci che viene a ravvivare la memoria, a ri- sollevare una cultura e a coordinarla con le altre (per poco che siano vere culture, e non forme di abbrutimento), come nella profezia d Ezechiele sulle ossa inaridite, che lo Spirito riunisce infondendo nuovamente in esse un'unit vitale. Nella Chiesa, ognuno diviene maggiormente se stesso insie- me agli altri: l'Ebreo ancora pi ebreo (e con ragione, visto che in essa si sono compiute le promesse fatte a Mos!), e l'Indiano pi. indiano, il Francese pi francese. Ma c' di pi: la Madonna si rivolge a Bernadette nel daletto del Barn, e il Signore stesso parla in tamil nel rito malabarico. proprio di un'anima realizzare nella materia la differenza e l'unit al- lo stesso tempo, perch un corpo vvente non pu essere for- mato solo da mani, teste o interiora. dunque privilegio del- l'Anima delle anime il produrre la pi grande differenza nel- l'unit pi profonda. La virt. della piet lo slancio della carit che inventa e conserva, che pro- muove le primizie e purifica le tradizioni, uno slancio che ci spinge ad andare sempre pi lontano verso il prossimo. Es- sere attenti a ci che ci vicino, a questo albero, a questa ca- sa, a questo vicino di casa, e averne cura; gesti semplici, che conservano memoria e gratitudine, e che, come W1a liturgia quotidiana, diventano sempre pi lucenti. Bisogna osserva- re che il proximus che la Legge ci impone di amare - pena la morte - propdo chi non abbiamo scelto ma che abbiamo di fronte: il barbone che puzza, il collega antipatico. E al primo posto fra quelli che non abbiamo scelto staImo i nostri geni- tori e la nostra patria. La virt che disciplina la tenerezza dovuta a questi ultimi prende il nome di piet. San Tommaso spiega in che cosa consiste: Un uomo diviene debitore di altri in pi modi, secondo i loro gradi di dignit e secondo i diversi benefici che ne ha ricevuti. Ora, da ambedue i punti di vista Dio al primo posto, in quan- to infinitamente grande e causa prima per noi dell'essere e del- l'agire. Al secondo posto invece, in quanto princpi dell'essere e dell'agire, vengono i genitori e la patria, dai quali e nella quale siamo nati e siamo stati allevati. Cos dunque, dopo che a Dio, l'uomo debitore ai genitori e aHa patria. Quindi, come spetta alla religione prestare culto a Dio, cos subito dopo spetta alla piet prestare ossequi ai genitori e alla patria. 9 In un tempo di amnesia dominato da self-made men, dove ognuno si crede uscito neanche dalla coscia di Zeus, ma dal- la sua propria coscia e dal suo proprio cervellino, difficile 98 LA TI:' RRA 5'fRADA DEL CIELO FINO AI CONFINI DEL MONDO 99 comprendere il culto della piet filiale. Questo presuppone un senso della finitudine, della gerarchia e del concreto dive- nuto raro. La piet filiale dovuta a coloro che sono prindpi secondari della nostra esistenza, che conservano sempre que- sta funzione di princpi - o di prncipi - in quanto la nostra venuta alla luce oscuramente legata alla loro storia, fatta di carne, di ossa e di spirito, di ragione e dj passioni: un incon- tro sotto una pensilina aspettando l'autobus, lm accordo tra sensali, un appuntamento presso il pozzo di Giacobbe... Disprezzare i propri vecchi genitori, in definitiva, equiva- le a distruggere la propria giovinezza. Non risalire alla fon- te, di ruscello in ruscello, fino ad Adamo, significa ultima- mente perdere la vivacit e lo slancio della propria avventu- ra personale, poich alla fonte che si trovano il vigore n- contaminato delle montagne e la forza del torrente. Il figliol prodigo crede di affrancarsi dal padre dilapidandone l'ere- dit, ma tutto ci che ottiene diventare il guardiano dei porc. L'indemoniato di Gerasa spezza pi volte le sue cate- ne e i suoi ceppi, ma (ha la sua dimora fra le tombe (cfr. Mc 5,1-20), e quanto pi aspira a essere inafferrabile, tanto pi posseduto dalla sua legione di spiriti impuri. Ma Ges lo l- bera da quest'angelismo bestiale scacciando i demoni e co- stringendoli a entrare in una mandria di duemjla porc. L'uo- mo, una volta guarito, vuole seguirlo, ma Ges gli risponde: Va nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ci che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te. Tra il padre e il Padre bene sottolinearlo: i nostri geni tori non sono il princpio primo del nostro essere, e la nostra patria non la patria ra- dicale e ultima. Se non si vuole rischiare ili perdersi con i por- ci, non bisogna abitare la propria terra per seppellrvi il pro- prio talento (Mt 25,18). La parabola del figliol prodigo ci se- gnala inoltre il pericolo che incombe sul fratello maggiore, il quale rimane s accanto al padre, ma rischia l'esilio spiritua- le, rifiutando il calore della sua misericordia. Cerchiamo di capire bene il finale della storia, che per la nostra edifica- zione: il nostro Principio primo, il Padre dei nostri padri, Dio; la nostra Terra prima, la Patria delle nostre patrie, il Cielo. Se si definisce solido ci che reale e sicuro, allora bi- sogna dire che il Cielo pi solido del suolo: infatti il pavi- mento degli angeli e dei beati '0. La distinzione tra causa prima e causa seconda, o tra cau- sa principale e causa strumentale, che ci ha consentito di co- gliere l'immanenza dell'Altissimo, ci ha mostrato che Dio ci pi vicino delle realt a noi pi prossime, e che la nostra ef- fimera patria temporale plasmata e modellata dalla nostra Patria perenne. Dimenticare l'una per dedicarsi all'altra si- gnifica trascurarle entrambe: infatti la nostra Patria celeste avvolge e finalizza la nostra patria terrena, ed la stessa Ca- rit divina che riguarda Dio e il prossimo, l'amore esclusivo del Creatore che avvolge tutta la sua creazione, il desiderio del Cielo che porta con s tutta la terra. Accennando a un possibile conflitto tra religione e piet, tra amore per la Chiesa e amore per la patria, Tommaso ri- corda le parole di Aristotele: ull bene non mai contrario al bene, e conclude: Pertanto non possibile che la piet e la religione si ostacolino a vicenda, a tal punto che l'atto del- l'una impedisca l'esercizio dell'altra [... ]. Ma non una mi- sura giusta che un uomo attenda al culto del padre pi che al culto di Dio. Diciamo anche che una simile opzione equi- varrebbe a non onorare e non amare affatto il proprio padre, 100 L.A Tl:NRA STRADA DEL CIELO FINO Al CONFINI DEL MONDO 101 perch amare qualcuno significa volere per lui il Bene Su- premo, e quindi, in primo luogo, conoscere questo Bene, amarlo e promuoverlo. Riconoscere un uomo come padre, peraltro, equivale a sapere che egli vuole il meglio per noi, e che, se ci distoglie dal nostro bene, ci non pu essere dovu- to che a debolezza, ignoranza o al fatto che venuto meno al suo ruolo paterno. Se quindi il culto dei genitori ci distogliesse dal culto di Dio, non dovremmo attendere ulteriormente ai doveri verso di essi mettendoci contro Dio. Di qui l'esortazione di san Girolamo a Eliodoro: Calpesta pure tuo padre, calpesta tua madre, e va' avanti, anzj vola verso il vessillo della croce. Questa crudelt il colmo deUa piet. " Questo colmo ci viene desto spesso. Nella sua bont, Dio ci mette alla prova fn sulla soglia della nostra casa, egli ha permesso che non dobbiamo allontanarci da un pasto in famiglia per ritrovarci nel bel mezzo dell'arena: Un profeta non disprezzato se non nella sua patria e in casa sua (Mt 13,57). Il mistero della piet filiale tale che il suo esercizio assume talora le sembianze di uno scontro. Il luogo della no- stra prima infanzia pu cos divenire il terreno della nostra missione pi ingrata, e i nostri primi alleati trasformarsi nei nostri pi acerrin avversari. difficile, infatti, ammettere che colui che hai aiutato a crescere possa, con l'aiuto di Dio, farti crescere a sua volta. Quante persone innamorate della Francia trovano allora tra i francesi i loro pi grandi perse- cutori, poich tale amore le porta a odiare, nella patria e nei compatrioti, tutto ci che male per loro e le distoglie dal Cielo? Non resta loro che piantare nel suolo natio l'albero della vita, quella croce che, sebbene saldamente conficcata nel terreno, da ogni lato si slancia e ci lancia verso l'infinito. Non raro, infatti, finire lapidati dai sassi della propria ter- ra proprio per averla amata. Mistica e politica Poich il Cielo sorgente e culmine di ogni patria, la Fede non ci distoglie dalla cura della citt terrena, anzi, ci spinge a impegnarci al massimo grado. nel qui e ora che sono mes- se alla prova la fedelt e l'efficacia della nostra semina. Ter- tulliano lo rammentava ai magistrati di un impero che giudi- cava salutare gettare i cristiani in pasto ai leoni: Se infatti noi (... ] avessimo rotto con voi, ritirandoci in qualche angolo remoto deJ mondo, la perdita di cOSI tanti cittadLni [...} avrebbe indubbiamente coperto di vergogna voi, i domnatori del mondo: anzi, il solo fatto di avervi abbandonati sarebbe sta- to per voi una pwlizione. Non c' alcun dubbio: vi sareste SP<l- ventati di fronte alla vostra solitudine, di fronte al silenzio del- le cose, allo stupore, per cos dire, del mondo quasi colto dalla morte. Eavreste cercato a chi comandare: vi sarebbero infatti ri- masti pi nemici che cittadini." E cosl1a cittadinanza andrebbe di pari passo con la misti- ca. I figli dell' Altissimo avrebbero i piedi per terra pi dei se- guaci di Epicuro o di Kant. Com' possibile un tale prodigio? Il bene -l'abbiamo gi detto - non mai contrario al be- ne, e colui che superiore governa il sottoposto per il bene reciproco (come il padre educa il figlio). Il Bene comune eterno garantisce e orienta il bene comune temporale. Ora, che cosa conduce al Bene comune eterno? La sapienza mi- 102 LA TERRA STRADA DEL CIELO FINO AI CONfINI DEL MONDO 103 stica. E cosa conduce al bene comune temporale? La pru- denza politica. Di conseguenza bisogna affermare che la ve- ra mistica garantisce e orienta la vera politica. Meglio: oggi pi che mai la Chiesa fonda e legittima l'autonomia dello Stato, e anche la sua laicit, se con essa si intende non l'anti- cristianesimo, ma il fatto che la sua azione propriamente po- litica non deve essere confessionale, sebbene debba sempre restare aperta e impregnata dal Vangelo, nella consapevo- lezza che ogni persona destinata, al di l del tempo, a es- sere amata per l'Etemo. Se non orientata alla felicit ultima dell'uomo, la politi- ca perde la sua ragion d'essere e si aliena in una farsa. Ma in cosa consiste questa felicit ultima? Nella contemplazione - ci ricorda Tommaso dopo e meglio di Aristotele -, in quanto l'uomo si distingue dagli altri animali in virt del logos. quindi nel vivere secondo il logos, vale a dire nell'amore e nella conoscenza della verit, che egli trova lma gioia auten- ticamente umana e anche divina: La [... ] contemplazi.one richiede [... ]la quiete rispetto ai turba- menti generati dalle passioni, a cui si perviene tramite le virt morali e la prudenza, e la quiete rispetto ai turbamenti prove- njenti dall'esterno, a cui preposto l'intero ordinamento deUa vita civile. Sicch, se rettamente considerate, tutte le attivit umane sembrano ~ s s e r e al servizio di coloro che contemplano la verit. 13 Una discreta disponibilit di denaro, la tracciabilit delle carrU, Ulla salute di ferro, la giustizia sociale e le opere d'ar- te non sono fini ultimi ma beni intermedi che possono anche tramutarsi in mali demoniaci se si ripone in essi tutta la pro- pria felicit. Essi sono finalizzati alla contemplazione amo- rosa del vero e del bello, per l'orizzonte aUa visione beatil- ca. Allora il compito della politica predisporre ogni cosa in funzione di tale contemplazione. La politica non ha la voca- zione di dire cos' la Verit - questo il ruolo del saggio - ma di subordinare le ricchezze materiali a quelle spirituali. La sua missione non di annunciare chi Dio - questo il ruo- lo della Chiesa - ma di promuovere la prosperit economica, la pace civile e la fioritura artistica, senza perdere di vista che il fine di tali iniziative non annegare i popoli nelle como- dit borghesi o nelle distrazioni estetiche, ma piuttosto con- durli verso la Croce nella memoria e nella speranza. Analo- gamente, chi organizza le nozze non lo Sposo ma esulta di gioia alla voce dello Sposo che la Chiesa riecheggia. La Chiesa, madre delle citt Non appena il senso della contemplazione diminuisce anche quello della politica viene meno, poich essa finisce per mancare il suo scopo, o, pi semplicemente, per smarri- re il senso deUa vita. Il buon governo, se non subordinato alla vera Trascendenza, scompare. L'iperpoliticizzazione anticristiana della Rivoluzione francese alla fine ha condot- to a una depoliticizzazione generalizzata. La citoyennet chiusa all'Eterno degenera in teatrocrazia, per riprendere un termine platonico. In assenza di quella tensione verso l Cielo che la nobiIita, la politica presto assorbita dall'eco- nomia, dalla spettacolarizzazione, dagli interessi particola- ri, dal culto di Adone o quello di Mammona, e infine si tra- muta in tirannide, che pu assumere forme diverse fino al- l'ultima che la tirannia dei diritti dell'uomo nell'oblio di quelli di Dio, cio quella di un individuo tiranno di se stes- 104 LA TEI<I{A STRADA DEL CIELO FINO AI CONFINI DEL MONDO 105 so, ridotto a una bestia cinica, cieca e infelice, a una pecora senza pastore, La separazione tra Stato e Chiesa non tanto un pericolo per la Chiesa, che detiene le promesse della vita eterna, quan- to per lo Stato e la nazione, conlTO i quali possono invece pre- valere le porte degli inferi: Riempile di spavento, Signore - canta il re Davide -, riconoscano le genti di essere mortah (Sal 9,21). E papa Gregorio XVI ricorda benevolmente: Scos- so per tal maniera il freno della santissima Religione, che la sola sopra cui si reggono saldi i Regni e si mantengono fer- me la forza e l'autorit di ogni dominazione, si vedono au- mentare la sovversione dell'ordine pubblico, la decadenza dei Principati e il disfacimento di ogni legittima potest ", L'autorit perde tutta la sua forza nel momento in cui non conduce pi alla gioia ultima, perch di tale gioia che ab- biamo bisogno. Tali osservazioni, tuttavia, non fanno appello a una con- fusione di Stato e Chiesa. Una teocrazia che confondesse la causa di Dio con una qualsivoglia causa particolare, e la sag- gezza dei principi con l'infallibilit del Papa, sarebbe infatti non meno funesta. La Chiesa cattolicq, transnazionale e transculturale: essa intrattiene pertanto con i governi nazio- nali rapporti di sussidiariet, che si traducono, in concreto, nella condivisione dell.o stesso territorio e nella vicinanza spaziale. E poich sa che la coercizione non pu produrre l'atto di fede, non lega l'esercizio del potere politico a una confessione religiosa, ma chiede solo che quest'ultimo, per sua natura laico, dia a ogni individuo la possibilit di acco- gliere liberamente la Buona Novella della salvezza: Chi non contro di noi per noi, dice il Signore (Mc 9,40). Per un ministero dello stupore N separazione n confusione, quindi, ma distinzione e subordinazione. Bisogna rendere a Cesare ci che di Cesa- re, e a Dio ci che di Dio, senza dimenticare che Cesare di Dio, e che tutto ci che gli diamo dev'essere utilizzato per il regno di Dio. Eppure, le aberranti posizioni condivise anche da molti cristiani odierni tradiscono la mancata comprensio- ne di quest'ultima evidenza: secondo loro, infatti, la politica pu essere agnostica e la religione circoscrivibile alla sola sfera privata. Cos, per non parlare di cose che rischiano di irritare la gente, costoro si condannano alle conversazioni fu- tili e alle storielle piccanti, divenendo in tal modo complici della societ della disperazione. Come pu il legno che stato sminuzzato in tanti picco- li stuzzicadenti servire per la costruzione di una nave? E le fibre di cellulosa ridotte a carta igienica, come possono for- nire un supporto adatto a una lettera d'amore? Analoga- mente una politica agnostica, che degrada la ragione a me- ro strumento di calcolo utiltaristico, promuovendo il rela- tivismo morale e l'estetismo mondano, non predispone alla piena realizzazione della persona. L'istruzione pubblica, in particolare, corrisponde esattamente a un massacro pianifi- cato delle menti. In fin dei conti, poich f'uomo, nonostan- te tutto, arde dal desiderio dell'assoluto, e i giovani che es- sa stessa ha formato non hanno imparato a coltivare questa caccia con giustizia e rigore, essa favorisce un'irruzione del- l'irrazionale, con la sua triste sequela di suicidi, sette rim- becillenti e violenze fanatiche. Le nostre scuole, che con la scusa della laicit e della tolleranza ambiscono a mostrarsi irreligiose, si tramutano surrettiziamente in scuole corani- che o buddiste, quando non in seminari del Nulla. I nostri Ma che cosa mai si pu fare, vi chiedo? In ultima analisi, infat- ti, questo un male mondiale, e d'ora in avanti bisogna giudi- care le cose alla luce del contesto mondiale. Ora, la caratteristi- ca dominante a livello mondiale la disperazione. Per quanto riguarda il nostro pianeta, la verit che, all'interno di ogni na- zione, ogni uomo disperato. E allora co.me fare a far uscire l'u- manit dalla disperazione? 15 programmi di filosofia, che eludono sistematicamente le questioni dell'esistenza di un Principio Primo e dell'im- mortalit dell'anima umana, invitano invece a sguazzare in credenze stupide quali la reincarnazone o gli omini verdi, o nella ridicola bigotteria dell'attuale scientismo, che consi- ste nell'immaginare che la materia sia intelligente, che si or- ganizzi da sola e che il caso sia in grado di produrre un or- dine che trascende la nostra stessa ragione ... Con tutto que- sto come potrebbe il nostro regime non essere quello di una lotteria? 107 naturale di ci che , e permettere cos un'autentica libert religiosa. Che non significa libert dalla verit, ma libert per quella verit che rende sempre pi liberi. Soltanto allora le nostre scuole non saranno pi campi di sterminio per l'in- fanzia e propaganda del disincanto. Anzich accelerare la di- spersione nel virtuale informatico, esse stimoleranno un rac- coglimento colmo di stupore. Lo stupore, come attesta Aristotele, all'origine della sag- gezza. Esso la radice della vera responsabilit: come po- tremmo avere cura di ci che non ci sta a cuore? L'urgenza governativa dunque di vigilare affinch ci venga insegna- to a stupirei dinanzi a un giglio o a un dente di leone. Se la casa editrice Larousse ha potuto adottare il secondo come simbolo, vi fu un tempo in cui il potere politico seppe sce- gliere il primo. Certo, troppo spesso il giglio fu cristallizzato nell'araldica al solo scopo di affascinare belle cortigiane im- parruccate, ma esso pur sempre meglio di un berretto ros- so di Frigia Ib, in quanto esprime costantemente la vocazione regale e tradizionale del potere, che quella di chinarsi sul- l'umile vita del suolo e di orientarla verso il sole eterno, per servire i figli della Francia. 'Tennine ebraico indicante !'idoneit di un cibo il essere consumato da un ebreo, in accordo con le regole stabilite nella Torah, interpretate dal Tal- mud e codificate nello 5hulchan Aruch IN.d.T.I. 'Lett. noria, che qui stato reso con lIna delle valenze metaforiche che possiede nel francese moderno, pi vicine al linguaggio e all'immaginario italiano [N.d.T.I. 'Seconda parte del versetto biblico 5al110,2, che nell'edizione della Bibbia CE! 2008, recita: "Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: do- mjna in Ulezzo ai tuoi nemici!; per motivi stihstid e concettuilli si pre- ferito lasciare la versione citata dall'autore [N.d.T.I. FINO Al CONFINI DEL MONDO LA T E ~ R A S T r ~ D A DEL CIELO Ponendosi quest'interrogativo alla maniera di Arreto, De Gaulle mostra di averne gi in qualche modo intuito la ri- sposta: la politica ha una missione spirituale. Poich l'atto di fede in Cristo un'esperienza eminentemente personale e li- bera, la politica non pu imporlo, ma neppure proporlo, poi- ch questo compito della Chiesa; deve per predisporre fondamentalmente a esso. Perci, pur potendo essere non confessionale, non pu non esseTe ragionevole, ossia perva- sa dalla speranza in Dio. Lal1!_<;dnaturale della ragione ci ob- bliga a riconoscere]' esistenza di una Trascendenza unica, e il suo ultimo approdo chiedersi se l'Altissimo non possa essersi manifestato nella storia del nostro pianeta. La politi- ca deve quindi promuovere direttamente la contemplazione 106 108 tA TF:RRA STRADA DEL CIELO FINO Al CONFINI DEL MONDO 109 'Versione francese di Sal 40,9; in italiano: La tua legge nel mio intimo '(CE! 2008) o: La hla legge nel profondo del mio cuore (CEI -1974) [N.d.T.), 'Gioco di parole intraducibile tra embrasser, abbracciare, ed emln'aser "bmciare, incendiare, con riferimento ad At 2,2-3: Apparvero loro lin- gue come di fuoco [...Le si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono col- mati di Sprito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue [N.d.T.]. 'Nel 1642 Isaac Jogues cadde in w)'imboscata degli irochesi. Ferocemente torturato e mutilato, fu trasferito ad Albany, dove alcuni mercanti olande- si lo aiutarono a fuggire. Rientrato in Francia, nel 1644 riparti per il Cana- da. Due anni dopo fu ucciso con Wl colpo alla nllca e decapitato [N.d.T.I 71saac Jogues, lettera del settembre 1646, in Franois Roustang (a cura di), Jsuites de la NOLlvcfle-Frallce, Descle de Brouwer, Paris 1960 (19611. Paolo VI, Esortazione aposl'olica Evangelii NWltiandi, 8 dicembre 1975, par. 20 [la traduzione tratta dal sito ufficiale del Vaticano: http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi I apost_exhortations I docu- ments/hCp-vi_exh_1 9751208_evangelii-nuntiand Ut.htrnl, N.d. T. J. 'Tonunaso d'Aquino, Summa Theologiae, lla-llae, quaeslio 101, art. 1 [testo italiano online, da cui tratta 111 traduzione: http://www.preticattolici.it/ Testi/Somma%20Teologica ISomma%20Teologica.htrn. Per un'edizione cartacea cfr. La Somma teologica, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1996-1997, N.d.TJ. IO Perci l'ebraico parla delle realt spirituali in termini di appoggio, men- tre iJ greco le descrive preva lentemente in termini di luce. Quella sintesi di tutte le benedjzioni che la parola Amen si pu tradurre, leHeralmente: "Ecco qualcosa di solido' Ecco qualcosa su cui appoggiarsi con tutta sicu- rezza!. E Mose non ha paura di chiamare Dio la Roccia. Ma anche al- cune lingue moderne (tra cui il francese e !'italiano) non sono da meno, in quanto dispongono di un termine, derivato dal latino, che associa all'az- zurro del cielo la solidjt del suolo: si tratta di <,firmamento. "Tommaso cl' Aquino, Summa Theofogial', Ua-Jlae, quaestio 101, art. 4 [tra- duzione tratta da: http://www.preticattoici.it/Testi/Somma%20Teo)ogi- ca/Somma%20Teologica.htm, N,iT.-l__._/ I2Terlulliano, Apologeticum 37,6-7 [testo italiano da cui tratta la traduzio- ne: http://www.tertullian.org/italian/apologeticum.htm. per un'edizio- ne cartacea Difi'sa del cristinnesimo, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2008, N.d.T.]. IJ Tommaso cl' Aquino, Summa contra Gel/ti/es m, 37, art. 7; trad. it. in La Somma contro i Gl'n/ili, a cura di TIto Centi, lITET, Torino 1978. 1\ Gregorio XVI, Mirari Vos [lrad. it. online utilizzata: http://www.totu- stuustools.net/magisterol; edizione cartacea il cura di Ugo Bellocchi, Tut- te le encidiche e i principali documenti ponti.fic.i emanati dal 1740: 250 an- ni di storia visti dalla S, Sede, Libreria Editrice Vaticana, Citt del Vatica- no 1994, N,d.T.}. "Claude Guy, discorso tenuto il 12 aprile 1947, in Eli couilllli De Gaulle, Grassel, Paris 1996. '''11 berretto frigio era il simbolo della Rivoluzione francese [N.d.T.]. Uscita nello spirito Grideranno le pietre E per, non forse vero che i mistici parlano d distacco? Gli asceti non invitano forse a disprezzare i beni terreni? San Pao- lo esorta cos i Colossesi: Cercate le cose di lass, dove si tro- va Cristo, assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lass, non a quelle della terra (Col 3,1-2). Che siano state la creta di cui fatta la mia bocca e la mia concupiscenza non del tutto so- pita ad avermi fatto pronunciare parole ancora troppo carnali? Mi ricordo d1e anche nostro Signore esorta a non curarsi delle cose terrene: Cercate anzirutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in pi}). uno strano sovrappi quello che io ritenevo fosse il minimo neces- sario per vivere! Ma, dal momento che cos scritto, cerchiamo il regno dei Cieli e infischiamocene del limone e delle sue li- manate!. .. Per, per sgombrare ogni dubbio dal cuore, rileg- giamo il passo pi da vicino. Cosa dice Ges subito prima? Quale considerazione lo conduce a impartire questo ordine? Guardate gli uccelli del cielo: non sminano e non mietono, n raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non 112 LA TERRA STRADA LJEL CIELO USC/'I'A NELLO SP1RI1'O 113 valete forse pi di loro? I... ] Osservate come ereSCOJ10 i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Somone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno dj loro. Questa poi! Salomone vestiva meno regalmente di un fio- re selvatico? Anche un piccolo fiore appartiene dunque al Regno? E poi le parole di Cristo sono all'imperativo: Guar- date gli uccelli del cielo, osservate i gigli del campo, si trat- ta di comandamenti proferiti dal Verbo eterno. Dovrei dun- que entrare in un confessionale e ammettere pietosamente come una colpa mortale: Padre, ho peccato: non ho osser- vato abbastanza i denti di leone, non ho contemplato i pic- cioni .. ,. Una tale confessione potrebbe sembrare ridicola. Eppure, forse in tutto questo c' una ragione per piangere. Piangere lacrime simili alla rugiada dell'aurora. li paradosso d questi versetti a me cos cari, mille volte commentati e mille volte inesauribiJi, che il Cercate prima il regno di Dio preceduto da un Osservate i campi. AJ- lora da che cosa si deve iniziare? Bisogna cercare dapprima la terra per cercare anzitutto il Cielo? Qual il senso di que- sta duplice priorit? In effetti, solo dopo aver riconosciuto la divina nelle pi piccole, zione del pidocchio per esemplO, oppure nella meravIglIa dI perfezione della pi piccola cellula, pi complessa delle no- stre fabbriche pi grandi, solo dopo aver visto il Regno di Dio nella nostra polvere che possiamo abbandonarci alla sua Provvidenza che ci trascina verso il Paradiso. Cercate anzitutto il Regno non significa cercarlo altrove, ma incontrarlo gi qui: Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dir: "Eccolo qui", oppure: "Eccolo l", Perch, ecco, il regno di Dio in mezzo a voi! (Le 17,20-21). E se venissero a mancare i testimoni, vi sarebbe ancora la terra a parlarci della gloria di cui ricolma: lo vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre (Le 19,40). l sassi dentro un fosso gridano il loro osanna nell'alto dei cieli, la bellezza del creato vuole proclamarIo attraverso le nostre voci. Il distacco non consiste nel fuggire la nostra na- tura tUnana, nell'odiarJa per tornare a un pleroma d'inverte- brati. Il vero distacco sta nel penetrare le cose terrene sino in fondo, sino alla loro Causa, sino alloro Fine, sino al Cielo che le abita. E se, deboli e ostinati come siamo, non lo facciamo, se ne incarcano esse stesse: vengono a rompersi nelle nostre mani o a morire sul nostro petto, e il dolore, salutare come un sa.lasso, apre una breccia nei nostri cuori, costretti a chie- dersi perch, perch ci teniamo cos tanto a questi vasi cos fragili. Le parole di Ges: Grideranno le pietre possono ri- ferirsi anche alle pietre dei sepolcri. L'esortazione a cercare prima il Regno non altro che la ripresa e l'elevazione del primo comandamento trasmesso agli uomini: Riempite la terra e soggiogatela (Gen 1,28), vale a dire, prendetevene cura e contemplate il mio volto ri- flesso nelle creature. Mettiamocelo bene in testa: non esisto- no due mondi - se non per il diavolo e i suoi lacch - ne esi- ste uno solo. Pertanto, esattamente nella misura in cui amiamo il nostro prossimo che raggiungiamo l'Inaccessibile: Cl infatti non ama il proprio fratello che vede, non pu amare Dio che non vede (1 Gv 4,20). esattamente nella mi- sura in cui amiamo la terra che entriamo in Cielo: Chi avr per me in cielo? Con te non desidero nulla sulla terra (Sal 73,25). Pensate anche alla parabola dell'amministratore fede- le. Non per nulla i certosini scelsero per i loro monasteri splendide localit di montagna, i trappisti folte e ricche aree di sottobosco, e i benedettini dissodarono e coltivarono le ampie distese pianeggianti di Francia e d'Europa. 114 LA TERRA STRADA DEI. CIELO USCITA NELLO Sfll.RlTO 115 Perch state a guardare il cielo? Quale ingombrante fardello appesantisce il nostro imma- ginario spaziale e la nostra 'mente, cos lenta nel pensare e ancor pi lenta nel credere! Noi parliamo di alto e basso, di dentro e fuori, di cielo e terra, come se lo spirito occupasse un luogo alla maniera di un corpo. Ora, queste sono solo convenzioni metaforiche. Siamo come i discepoli che, durante l'Ascensione del Crocifisso, fissano gli occhi sulle nuvole. Ci vuoi forse di- re che appartengono al cielo? No, hanno solo la testa tra le nuvole. Gli angeli in bianche vesti glielo rimproverano di- cendo: Uomini di Galilea, perch state a guardare il cie- lo?, invitandoli a rivolgere lo sguardo verso terra per guardare pi in alto: Questo Ges, che di mezzo a voi stato assunto in cielo, verr allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo (At l,H). Allo stesso modo, cio in- visibilmente, poich lo haIUlo visto sparire. D'altronde il te- sto non dice: Torner ma: Verr, poich si tratta di lU1 evento interiore: la Spirito a Pentecoste. L'A- scensione, infatti, in realt lU1a discesa, la discesa comple- ta della gloria divina fin nelle ultime fibre della nostra car- ne, fino alle particelle pi piccole della nostra argilla uma- na, l'ultimo stadio dell'Incarnazione. La Lettera agli Efesini lo esprime con profondit: Ma che cosa significa "ascese", se non che prima era disceso quaggi sulla terra? Colui che discese lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose) (Ef 4,9-10). come un misterioso gioco d'altalena in cui, per salire da una parte, bisogna scendere dall'altra! Siamo diso- rientati a sufficienza? S- ma come la bussola che impazzisce perch il polo vicino. L'ascesa di Cristo al Cielo equivale alla sua immersione nelle nostre viscere terrose. La sua umanit, ormai inte- gralmente divinizzata, la sua sostanza corporea, divenuta totalmente gloriosa, al ptrnto di essere troppo abbagliante perch possiamo sosteneme la vista e troppo raggiante perch possiamo confinarla in un luogo qualunque, diffonde dappertutto le grazie acquistate nella sua Passio- ne. Infatti colui che asceso nel pi alto dei cieli lo stes- so uomo che ha toccato il fondo, l'uomo dei dolori, fla- gellato, appeso a lll1a croce, tradito dai suoi e abbandona- to perfino dal Padre. Egli ha sposato e rivestito della sua divinit tutte le nostre angosce, tutto il nostro fango, tutte le nostre miserie, a tal punto che la sua Luce inonda ormai le nostre tenebre e che non esiste pi un solo baratro in fondo al quale Egli non ci abbia preceduto e non ci stia aspettando. La promessa del Profeta - La sua gloria abi- ter la nostra terra (Sal 85,10) - quindi compiuta alla let- tera dallo Spirito. DomaruUz-test Ora che siamo giunti al termine del nostro pellegrinaggio libresco, e ci accingiamo a posare nuovamente lo sguardo su una terra ormai rinnovata, vi pongo una domanda-test: Dov' il Chi mi addita le stelle non ha sbagliato del tutto, ma non va pi lontano di colui che mi mostra un filo d'erba. In ogni caso, queste risposte sono meno buone di quella che mi in- dicasse per esempio il signor Franchon o un qualtmque insi- gnificante individuo, a cominciare da se stessi, o meglio, dal pi miserabile dei pezzenti. Ma il pi esatto sarebbe colui 116 LA TEI<RA STRADA DEl- CIELO USCiTA NELLO SPII{J7'O che mi mostrasse la cappella vicino casa sua J e pi precisa- mente la stretta porta del tabernacolo. Il Cielo l dovJ Dio! Dobbiamo capire e credere, perch al momento non vediamo ancora. Dio assolutamente pre- sente in Se stesso J nelle Persone della sua Trinit. Inoltre J Egli pu essere presente alla sua creatura in tre modi: presenza di immensit J presenza di grazia e presenza di unione ipostat- ca J che appartiene esclusivamente di Cristo. La presenza di immensit quella di cm abbiamo gi par- lato (male, per forza di cose!), ossia la presenza intima di Dio all'interno di ogni cosa come Causa immediata della sua esi- stenza. Quando la Trinit crea qualcosa J ad esempio un fio- rellino o un sasso J lo fa unicamente per amore, visto che non ha bisogno di nulla J e gli comunica il suo essere. Essa vi abi- ta come in una dimora in per citare le parole dell'abate Journet l. Gu.ardate questa margherita: come lU"l piccolo cielo. E anche il selciato di questa strada lo . Perci sono cos belli quando la luce li illumina. Ma pi lIna crea- tura partecipa delJe perfezioni divine J pi essa una dimora idonea per Dio e dunque un cielo pi grande. Quindi il si- gnor Franchon un microcosmo pi perfetto del firmamen- to stesso. Non cJ bisogno di partire per Betelgeuse o per la costellazione della Giraffa: il cuore del mio vicino pi abis- sale degli spazi galattici. La volta celeste meno eccelsa di un bimbo piccolissimo. S, il nostro prossimo, anche se fosse una persona qualunque e completamente grigia J ci conduce pi lontano delle pi remote stelle. L'Ascensione di Cristo, per, ci ha donato un'altra forma di presenza divina, che ci rende partecipi della sua stessa natura: la presenza di grazia. Grazie a essa, l'abisso ontolo- gico che pennane tra la creatura e il Creatore in qualche modo colmato dall'amore di Quest'ultimo. Per un mistero ( insondabile di Misericordia, la grazia fa entrare la nostra mi- seria e il nostro fango in comunione di vita con la Trinit stessa. E san Tommaso pu scrivere questa verit, troppo poco conosciuta dagli stessi cristiani: Il bene di Wl indivi- duo nellJordine della grazia superiore al bene naturale di tutto l'universo)} 2. Di conseguenza un bimbo battezzato nella sua culla pi immenso dell'intero cosmo. Egli nato dall'alto J da qualco- sa di ben pi alto e remoto del Big Bang, da quell'esplosione d J amore e di verit che il seno dell'Altissimo. E un crimi- nale pentito, anche se per una invincibile ignoranza fosse stato anticristianoJ o avesse bruciato case e violentato bam- bine, in virt del Perdono divino diviene pi terso e pi pu- ro della luce di tutti gli astri. Infatti la Trinit abita nel suo cuore, infondendogli la sua Vita stessa. Ecco fino a che pun- to arriva la follia di Dio. Ma cJ qualcosa di ancora pi grande, che fa del nostro pianeta il centro dell'universO J almeno da quando esiste una Terra Santa e da quando sul Calvario stata irmalzata la Cro- ce: Dio ha vissuto sul nostro suolo maledetto; Egli ha assun- to in s la nostra naturaJ facendosi uomo ed ebreo, in una presenza ipostaticaJ la pi alta e profonda che ci sia e la pi inesprimibileJ dal momento che Ges di Nazaret il Verbo J Uno della Trinit! Ha1U1O ragione di invidiarci gli extraterre- stri e tutti quegli esseri ragionevoli - ammesso che esistano - i quali, al di l del nostro sistema solare J attendono la no- stra evangelizzazione. Certo, possono ricevere la grazia a di- stanza, ma non hanno il piacere di poter pronunciare il no- me di Ges, non sperimentano quelle grazie intime J quelle carezze di Dio che sono i Sacramenti, non hanno visto la Ve- rit germogliare dal loro suolo. Non conoscono il nuovo Adamo, il nuovo figlio della terra. 118 LA TERRJ1 STRIIDA DEL CIELO USCITA NELLO SPIRITO 119 Sotto specie agricole Questa presenza sostanziale non sta la altro che il breve privilegio dei discepoli che, sotto Ponzio Pilato, percorsero la Palestina accanto a Lui, al Cielo fatto terra? No, poich, per consolarli della sua partenza - scrive l'abate Guerric d'IgnyJ - egli invent questa nuova forma di presenza [il sacramen- to del suo corpo e del suo sangue]; cost pur lasciandoli e pri- vandoli della sua presenza corporea, non solo restava con lo- ro, ma addirittura dentro di loro e in mezzo a loro, in virt di quel .1. Tale la violenza dell'amore di-Dio per noi che Egli si offre ogni giorno in modo sostanziale alle nostre bocche fetide, ai nostri denti cariati, ai nostri stomaci inaciditi. Vuole che mastichiamo la sua Eternit. Vuole che deglutiamo l'Infinito. Ma l'Amore che ingoiamo pi forte di noi, ed Egli, in fin dei conti, a divorarci. Cos, il frutto della terra e del lavoro dell'uomo si tramu- ta miracolosamente nella perfezione celeste. Il frumento dei campi e l'uva dei vigneti, tutti prodotti che un tempo venivano fomiti dalla piet dei monaci conta- dini, si ritrovano oggi nelle offerte eucaristiche e, al momen- to della consacrazione, si trasformano in quel Corpo e in quel Sangue nei quali abita la pienezza della divinit. Una volta ho letto la storia vera di un re che amava lavo- rare tra le vigne e i campi di grano: voleva scegliere egli stes- so le spighe pi belle e grappoli pi vennigli con cui sareb- bero state preparate le offerte eucaristiche; sapeva che non vi era occupazione pi regale. Non fosse altro che per questo motivo, il cristiano deve prendersi cura del suolo, meravi- gliarsi del pi piccolo seme e venerare le macine: in definiti- va, al di l della cultura bio oggi tanto di moda, deve ela- borare una cultura teo, che non si preoccupi solo della sa- Iute ma anche della santit, e contempli con reverenza e tre- more quei cibi terreni che possono essere transustanziati in Pane degli angeli. . le sembianze di un pezzo di pane azzimo e di un po' di VInO, che per esistere hanno bisogno di tutta la nostra ter- ra e dell'alternanza delle stagioni, il Cielo si fa presente tra noi. Per un istante il nostro corpo arriva a possedere il suo Amato, e con Lui, dato che Egli il Creatore, tutte le nazio- ni, tutti gli uomini, il suo stesso vicino - il signor Franchon _ e l'eventuale abitante di Proxima Centauri, la sua casa di mattoni grigi, i vivi e i morti. Per un istante l'Onnipotente entra nelia nostro frammento, l'Inunensit del Cielo si scio- glie nella nostra bocca, passa per la nostra gola e diffonde la sua grazia dal profondo delle nostre viscere. Ma resta anco- ra con noi in quella chiesetta, attorno alla quale un tempo ruotavano la vita del villaggio e j lavori dei campi. Essa l, all'angolo di una strada, al di l delle macchjne che sfreccia- no rumorose ignorandola, e dei passanti frettolosi che non si fanno pi il segno della croce. Dove crediamo di andare? Perch questi paraocchi, che d spingono a cercare altrove? Dobbiamo aspettare di essere sottoterra carezzati dalle radi- ci dei denti di leone? Ci vorrarmo l'oscurit della tomba e l'i- numazione profonda per farc finalmente riconoscere il te- nue chiarore e l'amore celati sotto i pesanti terrapieni 5 che sostengono le nostre strade? Beati i miti Dio presente ovunque sulla terra, e specialmente, con la sua grazia, nei cuori miti e umili. Poich l'Altissimo, Egli anche l'Infinitamente Basso. Poich il Trascendente, Egli 120 LA TERRA STRADA DEL Cleto uscrrA NELLO SPIRITO 121 anche J'Onnipresente. Gli umili e i docili sanno che Egli fa s che tutto concorra alloro Bene, che il sassolino nella scarpa, la pozzanghera, lo scoglio e il pantano 6 sono, per cos dire, l'anticamera della sua santa Dimora. Perci si abbandonano alla sua Volont. E, dove questa Volont si compie, noi vi- viamo sulla terra come fossimo in cielo. Quando la nostra anima ha la fortuna di possedere una scintilla di carit divina, quando lacerata dalla sete di giu- stizia e dall'amore per i poveri, essa possiede Dio realmente e sostanzialmente quanto nella vita eterna. I nostri occhi da pipistrello, le nostre pupille da talpa ci impediscono di fissa- re questo Sole, ma ne abbiamo la certezza grazie al battito delle nostre ciglia, sappiamo che c' perch sentiamo il biso- gno di chiudere le palpebre e di cercare al di l dell'intelaia- hJ..ra del visibile. Per ora lo cogliamo soltanto nella notte del- la fede, inchiodati a quella croce che viene a mettere alla pro- va e a dilatare il nostro essere. Lo contempleremo come in pieno giorno solo dopo la nostra morte, che non sar tanto l'uscita dell'anima dal corpo, quanto l'ingresso in essa della Sua luce, e questa le dar la forza di sostenere f.inalmente il Suo sguardo. Non sar la realt della Sua presenza a essere cresciuta, ma la nostra capacit di percepirla. Allora Lo ve- dremo cos com', e conosceremo cieli nuovi e una Terra nuova. Beati i miti, perch erediteranno la terra: questa beati- tudine ci porta a chiamare terra il Cielo. E in effetti esso davvero la nostra Terra, la nostra Patria definitiva, in quan- to non solo pi ricco di bellezza e variet di tutti i paesag- gi che abbiamo conosciuto, ma racchiude anche al suo inter- no tutti i paesaggi non ancora manifesti, e la nostra stessa pa- tria, vista nel suo eterno zampillio. Se i santi hanno il desi- derio intenso di lasciare questa terra, non perch ne siano disgustati, nient'affatto! perch essa offre loro un assaggio di Paradiso! Essi aspirano a quella Terra infinita a cui riman- da 1'amore per questa piccola terra. Vogliono camminare su quella Terra dei viventi in cui, immersi nella Vita di Dio, po- tranno finalmente vedere in volto anche i loro cari, e abbrac- ciare dall'interno il loro suolo natale. Quando tra poco lascer questo mondo... La mia morte, con la grazia di Dio e la paura che mi puri- ficheranno dal mio residuo orgoglio, non mi far vivere al- trove, ma altrimenti. La mia morte non equivarr a un'uscita spaziale della mia anima da questa terra, lontano da mia mo- glie e dalla mia patria, la e ma patria pi lontana, l'Africa, come se quest'anima fosse un corpo. Essa sar il momento in cui la mia anima risalir al Principio di tutte le cose, e insieme a Lui, i..mrnerso nella sua luce abba- gliante, abbraccer la terra intera, Betelgeuse inclusa, con tut- to ci che ha amato in essa - poich tutti gli istanti del tempo sono presenti all'Eternit -, e tutto ci che gli resta da amare. S, vi possieder finalmente dall'interno, moglie mia e fi- glie mie, miei compagni e nemici, e in modo tanto pi pieno quanto pi sar stato capace di perdervi per amore del Si- gnore. Vi abbraccer con le mani di Dio, con il Corpo di Dio, con l'Amore di Dio, e nell' ora della resurrezione, sotto il So- le della Misericordia, ci doneremo di nuovo fisicamente gli un agli altri: il nostro stesso fango sar ricolmato di luce, le nostre strette di mano faranno scorrere fiumi, nei nostri sguardi passeranno i segreti della storia. Allora la gloria di Dio splender visibilmente sulle lande oscure. E noi saremo contadini della Luce. 122 LA TERRA STRADA DEL CIELO USCITA NELLO SPIRITO 123 Ora et labora, recita il motto benedettino, vera formula- chiave per una vita di benedizioni. Prega e lavora, ossia con- templa e fatica. Fatica con l'anima e contempla con le mani. Muta la hta spada in vomere, traccia ogni solco come se fos- se una preghiera, canta ogni versetto come se fosse un seme, e scava, scava nel profondo di ogni cosa fino a Dio. l Chatles Joumet, che parla di inhabitation de surcroit in L'gUse du Verbe incam. Essai de /hoJogie de l'!Jistoire du salill, Saint-Auguslin, Saint- Maurice 1998,S voli., vol.lV, p. 149 [N.d.T.]. 'Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, la llae, quaeslio Jl3, ilTt 9, 2 [testo italiano online, da cui traUa la traduzione: http://www.prencaUoJiciit/ Te- sti/Somma%20Teologica/Somma%20Teologica.htm. Per un'edizione carta- cea cfr. La Somma teologica, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1996-1997, N.d.T.]. )Si tratta del beato Guerric d'lgny, nato tra il 1070 e il 1080 il Tournai (Bel- gio) e morto nel 1157 presso l'abbazia di 19ny (Francia), dapprima mo- naco cistercense e in seguito abate di 19ny. Gli oltre cinquanta sermoni da lui lasciati lo collocano tra i maggiori autori spirituali del Medioevo [N.d.T.]. 'Guerric d'Igny, Senno iII Ascensiottem, I, II dono dell'Eucaristia [trad. dal sito ufficiale del Vaticano: http://www.vatican.va/holy_father /spe- cialjea tures/ eucharist/documents/ eucharist-guerric-igny_it.htm\; per un'edizione ca.rtacea Guerrico d'fgny, Sermoni, a cura di Oscar Testoc, Qi- qajott, Magnano BI 2001, N.d.T.]. S L'originale ha rembJais, termine indicante sia i terrapiec in generale, sia, pi specificamente, i rilevati, ossia quei cumuli di lerra, lintati la- teralmente da scarpate o muri di sostegno, sulla cui sonunit corre i.1 pia- no stradale o ferroviario. Entrambi simboleggiano la terra finta e artificia- le delle costruzioc" wnane, contrapposta a quella vera, naturale, colma di luce e d'amore, che si cela soH'o di essa. Si preferito terrapieni per l'elevata tecnicit e prosaicit del termine rilevati [N.d.T.]. 6Tre luoghi che sono altrettanti simboli della difficolt. La metafora spa- ziale prosegue poco dopo con parvis,lett. sagrato, che si preferito ren- dere con un'alrra immagine pi vicina all'uso italiano; lo stesso vale per omire (Iett. carreggiata, nel senso originario di solco lasciato dal carro, in cui era facile sprofondare e restare impantanati), che stato reso con pozzanghera [N.d-T]. .) __11 _ Bibliografia Libri e riuiste AELREDO (ETELREOO) DI RJEVAULX, Lo specc/litl della Paoline Editoriale Libri, Milano 1999. "- ./ AGOSTINO DI IrPONA, Le cOllfessioni, Mondadori;"!vf.ilano 1992-1999, 5 volI. BACHELARD Gaston, La terra e le forze: le immagini della volont, trad. di A. C. Peduzzi, M. Otteno, Red Edizioni, Como 1989. 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ZWEIG Stefan, Ln lotta col demone, HO/derlin, Kleist, Nietzsdle, Frassinelli, Como 1992. _ Indice 11 lngresso nella materia Attesa dell'extra-terrestre, 11 Mistero del vicino, .12 A diecimila leghe di distanza, 13 PARTE PRlMA I UN TERHENO PER LA 19 Del letame che giova aHo spirito. Teorie della conoscenza e misconoscenza della terra Il cogito in vestaglia, 20 Kant e la lanterna magica, 23 L'iml11ol1dializzazione, 24 L'anima umana, zona di confine, 26 La carne del metafisico, 28 Lavoro manuale e contemplazione, 30 La Slube e la cella, 32 37 II marmo e il fango. Tre tentazioni: manicheismo, panteismo e agnosticismo L'opera del malvagio demiurgo, 37 lA Dea-Madre, 38 45 II bambino abbandonato, 40 Distanza e intimit, 42 NeJ.la sua mano sono gli abissi della terra. Trascendenza e immanenza di Dio Il Padre nel pidocchio, 45 La causa delle cause, 47 L'oggetto strisctiante non id(?11tificato, 49 Lo scandalo del bene, 50 L'Intelligenza divina vicino alle margherite, 52 Attenzione al gradino, 54 Le cose 110/1 sanno mentire, 55 87 Fino ai confini del mondo. Cattolicesimo e identit Estendi il tuo dominio fin nel cuare del tuo nemico, 88 Oltre le avanguardie e alla sorgente delle tradizioni, 90 A1111Unciare Colui che gi qui, 91 Vivere la propria terra fino a/l'estremo, 93 Penetrare le cose fino a renderle vergini, 95 La virt della piet, 97 Tra il padre e il Padre, 98 Mistica e politica, 101 La Chiesa, madre delle citt, 103 Per un ministero dello stupore, 105 61 PARTE SECONDA UN CiELO PER PATRIA Icaro, Anteo e Ulisse. Srarucamento o odissea Decollare dall1Clsso, 62 Il nemico dei migranti, 64 Antigone o Medea?, 66 Esilio originario, 68 111 125 Uscita nello Spil;to Grideranno le pietre, 111 Perch state a guardare il cielo?, 114 Domanda-Iest, 115 Solto specie agricole, 118 Beati i miti, 119 Quando tra poco lascer questo mondo... , 121 Bibliografia 73 Vattene dal tuo paese verso il paese. Dalt'Esodo alla Terra Promessa Il volto umano nella sua nudit, 74 Gli ulivi che tu non hai piantato, 76 Meglio una diaspora giusta che una dimora criminale, 78 Accecamento dei costruttori, 80 Lo s/zabbat della terra, 81 II primo compito della politica, 83 Lo via e l'ostacolo, 84 Fillilo di stlllllpnre nel mese d/luglio 2010 presso Grnftcl1e Snrl Benedetto - Cl1slmcido (FR) per conio di Lindnll - TorlllO Fabrice Hadjadj, nato a Nanterre nel 1971 da genitori ebrei di origini tunisine e convinzioni maoiste, si definisce un ebreo di nome arabo e di confessione cattolica. Al cattolicesimo approdato dopo una giovinezza trascorsa tra l'am- miIazione degli ideali rivoluzionari del- la Comune d Parigi e l'inunersione nel- la letteratura dei grandi nichilisti del '900. professore di filosofia e letteratu- ra al liceo Sainte-Jeanne-D'Are e al se- minario diocesano di Tolone, ma so- prattutto un filosofo, autore di una deci- na di libri in forma di saggi e drammi teatrali. In copertina: Giovanni Segantini, L'amore al/a fonte della vita (1896). ISBN 978-88-7180-857-4 9 788871 808574 14,50 lva assolta dall'Editore
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