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Rosso Malpelo - da Vita dei campi (1880). Versione scolastica, adattata e ridotta.

Giovanni Verga (1840-1922) - Importante scrittore italiano e principale esponente del Verismo (corrente letteraria che
mirava ad una rappresentazione oggettiva ed impersonale della realtà ed era particolarmente attenta ai problemi
sociali del mezzogiorno). Sue opere importanti: i romanzi I Malavoglia (1881) e Mastro Don Gesualdo (1889). La novella
Rosso Malpelo (pubblicata una prima volta nel 1878) è un esempio del verismo di Verga: vi narra la drammatica storia di
Malpelo, costretto a lavorare in condizioni durissime nella cava di rena rossa in cui lavorava anche suo padre, Mastro Misciu.

Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli cava di Malpelo», e cotesto al padrone gli seccava
rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un assai. Insomma lo tenevano addirittura per carità
ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di e perché mastro Misciu5, suo padre, era morto in
riescire un fior di birbone. Sicché tutti alla cava quella stessa cava. [...]
della rena rossa1 lo chiamavano Malpelo; e Dopo la morte del babbo pareva che gli fosse
persino sua madre, col sentirgli dir sempre a quel entrato il diavolo in corpo, e lavorava al pari di
modo, aveva quasi dimenticato il suo nome di quei bufali feroci che si tengono coll'anello di
battesimo. ferro al naso. Sapendo che era malpelo, ei si
Del resto, ella lo vedeva soltanto il sabato sera, acconciava ad esserlo il peggio che fosse
quando tornava a casa con quei pochi soldi della possibile6, e se accadeva una disgrazia, o che un
settimana; e siccome era malpelo c'era anche a operaio smarriva i ferri, o che un asino si
temere che ne sottraesse un paio, di quei soldi: rompeva una gamba, o che crollava un tratto di
nel dubbio, per non sbagliare, la sorella maggiore galleria, si sapeva sempre che era stato lui; e
gli faceva la ricevuta a scapaccioni. infatti ei si pigliava le busse senza protestare,
Però il padrone della cava aveva confermato che i proprio come se le pigliano gli asini che curvano
soldi erano tanti e non più; e in coscienza erano la schiena, ma seguitano a fare a modo loro. Cogli
anche troppi per Malpelo, un monellaccio che altri ragazzi poi era addirittura crudele, e
nessuno avrebbe voluto vederselo davanti, e che sembrava che si volesse vendicare sui deboli di
tutti schivavano come un can rognoso, e lo tutto il male che s'immaginava gli avessero fatto
accarezzavano coi piedi, allorché se lo trovavano gli altri, a lui e al suo babbo. […]
a tiro. Per un raffinamento di malignità sembrava aver
Egli era davvero un brutto ceffo, torvo, ringhioso, preso a proteggere un povero ragazzetto, venuto
e selvatico. Al mezzogiorno, mentre tutti gli altri a lavorare da poco tempo nella cava, il quale per
operai della cava si mangiavano in crocchio la una caduta da un ponte s'era lussato il femore, e
loro minestra, e facevano un po' di ricreazione, non poteva far più il manovale. Il poveretto,
egli andava a rincantucciarsi col suo corbello2 fra quando portava il suo corbello di rena in spalla,
le gambe, per rosicchiarsi quel po' di pane bigio3, arrancava in modo che gli avevano messo nome
come fanno le bestie sue pari, e ciascuno gli Ranocchio; ma lavorando sotterra, così
diceva la sua, motteggiandolo, e gli tiravan dei Ranocchio com'era, il suo pane se lo buscava.
sassi, finché il soprastante lo rimandava al lavoro Malpelo gliene dava anche del suo, per prendersi
con una pedata. Ei c'ingrassava, fra i calci, e si il gusto di tiranneggiarlo, dicevano.
lasciava caricare meglio dell'asino grigio, senza Infatti egli lo tormentava in cento modi. Ora lo
osar di lagnarsi. Era sempre cencioso e sporco di batteva senza un motivo e senza misericordia, e
rena rossa, che la sua sorella s'era fatta sposa, e se Ranocchio non si difendeva, lo picchiava più
aveva altro pel capo che pensare a ripulirlo la forte, con maggiore accanimento, dicendogli: -
domenica. Nondimeno era conosciuto come la To', bestia! Bestia sei! Se non ti senti l'animo di
bettonica4 per tutto Monserrato e la Caverna, difenderti da me che non ti voglio male, vuol dire
tanto che la cava dove lavorava la chiamavano «la che ti lascerai pestare il viso da questo e da
quello! […]
1 Miniera da cui si estrae sabbia (utilizzata nell'edilizia). Malpelo soleva dire a Ranocchio: - L'asino va
2 Cestino. picchiato, perché non può picchiar lui; e s'ei
3 Il pane integrale. Oggi è un tipo di pane che può
indicare la propensione per un'alimentazione sana, per il 5 Misciu è il diminutivo di Domenico. Era
suo apporto di fibre e per il suo contenuto proteico e soprannominato Bestia perché si faceva sfruttare come
vitaminico. A quei tempi era il pane dei poveri. “Bigio” una bestia.
significa grigio. 6 Visto che gli altri, a causa della superstizione, lo
4 La bettonica è una pianta medicinale. L'espressione consideravano cattivo, lui faceva di tutto per interpretare
"esser conosciuti come la bettonica" significa "essere questo ruolo e si disponeva ad essere il più cattivo
molto conosciuti". possibile.

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potesse picchiare, ci pesterebbe sotto i piedi e ci egli era ridotto veramente come quei cani, che a
strapperebbe la carne a morsi -. furia di buscarsi dei calci e delle sassate da questo
Oppure: - Se ti accade di dar delle busse, procura e da quello, finiscono col mettersi la coda fra le
di darle più forte che puoi; così gli altri ti gambe e scappare alla prima anima viva che
terranno da conto, e ne avrai tanti di meno vedono, e diventano affamati, spelati e selvatici
addosso -. come lupi. Almeno sottoterra, nella cava della
Lavorando di piccone o di zappa poi menava le rena, brutto, cencioso e lercio com'era, non lo
mani con accanimento, a mo' di uno che l'avesse beffavano più, e sembrava fatto apposta per quel
con la rena, e batteva e ribatteva coi denti stretti, mestiere persin nel colore dei capelli, e in quegli
e con quegli ah! ah! che aveva suo padre. - La occhiacci di gatto che ammiccavano se vedevano
rena è traditora, - diceva a Ranocchio sottovoce; - il sole. […]
somiglia a tutti gli altri, che se sei più debole ti Certamente egli avrebbe preferito di fare il
pestano la faccia, e se sei più forte, o siete in manovale, come Ranocchio, e lavorare cantando
molti, come fa lo Sciancato, allora si lascia sui ponti, in alto, in mezzo all'azzurro del cielo,
vincere. Mio padre la batteva sempre, ed egli non col sole sulla schiena, - o il carrettiere, come
batteva altro che la rena, perciò lo chiamavano compare Gaspare, che veniva a prendersi la rena
Bestia, e la rena se lo mangiò a tradimento, della cava, dondolandosi sonnacchioso sulle
perché era più forte di lui -. stanghe, colla pipa in bocca, e andava tutto il
Ogni volta che a Ranocchio toccava un lavoro giorno per le belle strade di campagna; - o meglio
troppo pesante, e il ragazzo piagnucolava a guisa ancora, avrebbe voluto fare il contadino, che
di una femminuccia, Malpelo lo picchiava sul passa la vita fra i campi, in mezzo ai verde, sotto i
dorso, e lo sgridava: - Taci, pulcino! - e se folti carrubbi, e il mare turchino là in fondo, e il
Ranocchio non la finiva più, ei gli dava una canto degli uccelli sulla testa. Ma quello era stato
mano, dicendo con un certo orgoglio: - Lasciami il mestiere di suo padre, e in quel mestiere era
fare; io sono più forte di te -. Oppure gli dava la nato lui. E pensando a tutto ciò, narrava a
sua mezza cipolla, e si contentava di mangiarsi il Ranocchio del pilastro che era caduto addosso al
pane asciutto, e si stringeva nelle spalle, genitore, e dava ancora della rena fina e bruciata
aggiungendo: - Io ci sono avvezzo -. che il carrettiere veniva a caricare colla pipa in
Era avvezzo a tutto lui, agli scapaccioni, alle bocca, e dondolandosi sulle stanghe, e gli diceva
pedate, ai colpi di manico di badile, o di cinghia che quando avrebbero finito di sterrare si sarebbe
da basto, a vedersi ingiuriato e beffato da tutti, a trovato il cadavere del babbo, il quale doveva
dormire sui sassi colle braccia e la schiena rotta avere dei calzoni di fustagno quasi nuovi.
da quattordici ore di lavoro; anche a digiunare Ranocchio aveva paura, ma egli no. Ei pensava
era avvezzo, allorché il padrone lo puniva che era stato sempre là, da bambino, e aveva
levandogli il pane o la minestra. Ei diceva che la sempre visto quel buco nero, che si sprofondava
razione di busse non gliel'aveva levata mai, il sotterra, dove il padre soleva condurlo per mano.
padrone; ma le busse non costavano nulla. Non si […]
lamentava però, e si vendicava di soppiatto, a Ma una volta in cui riempiendo i corbelli si
tradimento, con qualche tiro di quelli che rinvenne una delle scarpe di mastro Misciu, ei fu
sembrava ci avesse messo la coda il diavolo: colto da tal tremito che dovettero tirarlo all'aria
perciò ei si pigliava sempre i castighi, anche aperta colle funi, proprio come un asino che
quando il colpevole non era stato lui. Già se non stesse per dar dei calci al vento. Però non si
era stato lui sarebbe stato capace di esserlo, e non poterono trovare né i calzoni quasi nuovi, né il
si giustificava mai: per altro sarebbe stato inutile. rimanente di mastro Misciu; sebbene i pratici
E qualche volta, come Ranocchio spaventato lo affermarono che quello dovea essere il luogo
scongiurava piangendo di dire la verità, e di preciso dove il pilastro gli si era rovesciato
scolparsi, ei ripeteva: - A che giova? Sono addosso; e qualche operaio, nuovo al mestiere,
malpelo! - e nessuno avrebbe potuto dire se quel osservava curiosamente come fosse capricciosa la
curvare il capo e le spalle sempre fosse effetto di rena, che aveva sbatacchiato il Bestia di qua e di
fiero orgoglio o di disperata rassegnazione, e non là, le scarpe da una parte e i piedi dall'altra.
si sapeva nemmeno se la sua fosse salvatichezza o Dacché poi fu trovata quella scarpa, Malpelo fu
timidità. Il certo era che nemmeno sua madre colto da tal paura di veder comparire fra la rena
aveva avuta mai una carezza da lui, e quindi non anche il piede nudo del babbo, che non volle mai
gliene faceva mai. [...] più darvi un colpo di zappa, gliela dessero a lui
La vedova di mastro Misciu era disperata di aver sul capo, la zappa. Egli andò a lavorare in un
per figlio quel malarnese, come dicevano tutti, ed altro punto della galleria, e non volle più tornare

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da quelle parti. Due o tre giorni dopo scopersero fondo al burrone, e vi conduceva a forza anche
infatti il cadavere di mastro Misciu, coi calzoni Ranocchio, il quale non avrebbe voluto andarci; e
indosso, e steso bocconi che sembrava Malpelo gli diceva che a questo mondo bisogna
imbalsamato. Lo zio Mommu osservò che aveva avvezzarsi a vedere in faccia ogni cosa, bella o
dovuto penar molto a finire, perché il pilastro gli brutta; e stava a considerare con l'avida curiosità
si era piegato proprio addosso, e l'aveva sepolto di un monellaccio i cani che accorrevano da tutte
vivo: si poteva persino vedere tutt'ora che mastro le fattorie dei dintorni a disputarsi le carni del
Bestia avea tentato istintivamente di liberarsi grigio. I cani scappavano guaendo, come
scavando nella rena, e avea le mani lacerate e le comparivano i ragazzi, e si aggiravano ustolando
unghie rotte. sui greppi9 dirimpetto, ma il Rosso non lasciava
- Proprio come suo figlio Malpelo! - ripeteva lo che Ranocchio li scacciasse a sassate. - Vedi
sciancato - ei scavava di qua, mentre suo figlio quella cagna nera, - gli diceva, - che non ha paura
scavava di là -. Però non dissero nulla al ragazzo, delle tue sassate? Non ha paura perché ha più
per la ragione che lo sapevano maligno e fame degli altri. Gliele vedi quelle costole al
vendicativo. grigio? Adesso non soffre più -. […]
Il carrettiere si portò via il cadavere di mastro Da lì a poco, Ranocchio, il quale deperiva da
Misciu al modo istesso che caricava la rena qualche tempo, si ammalò in modo che la sera
caduta e gli asini morti, ché stavolta, oltre al lezzo dovevano portarlo fuori dalla cava sull'asino,
del carcame7, trattavasi di un compagno, e di disteso fra le corbe, tremante di febbre come un
carne battezzata. La vedova rimpiccolì i calzoni e pulcin bagnato. Un operaio disse che quel
la camicia, e li adattò a Malpelo, il quale così fu ragazzo non ne avrebbe fatto osso duro a quel
vestito quasi a nuovo per la prima volta. Solo le mestiere, e che per lavorare in una miniera, senza
scarpe furono messe in serbo per quando ei fosse lasciarvi la pelle, bisognava nascervi. Malpelo
cresciuto, giacché rimpiccolire le scarpe non si allora si sentiva orgoglioso di esserci nato, e di
potevano, e il fidanzato della sorella non le aveva mantenersi così sano e vigoroso in quell'aria
volute le scarpe del morto. malsana, e con tutti quegli stenti. Ei si caricava
Malpelo se li lisciava sulle gambe, quei calzoni di Ranocchio sulle spalle, e gli faceva animo alla sua
fustagno quasi nuovi, gli pareva che fossero dolci maniera, sgridandolo e picchiandolo. Ma una
e lisci come le mani del babbo, che solevano volta, nel picchiarlo sul dorso, Ranocchio fu colto
accarezzargli i capelli, quantunque fossero così da uno sbocco di sangue; allora Malpelo
ruvide e callose. Le scarpe poi, le teneva appese a spaventato si affannò a cercargli nel naso e
un chiodo, sul saccone, quasi fossero state le dentro la bocca cosa gli avesse fatto, e giurava che
pantofole del papa, e la domenica se le pigliava in non avea potuto fargli poi gran male, così come
mano, le lustrava e se le provava; poi le metteva l'aveva battuto, e a dimostrarglielo, si dava dei
per terra, l'una accanto all'altra, e stava a gran pugni sul petto e sulla schiena, con un sasso;
guardarle, coi gomiti sui ginocchi, e il mento anzi un operaio, lì presente, gli sferrò un gran
nelle palme, per delle ore intere, rimuginando chi calcio sulle spalle: un calcio che risuonò come su
sa quali idee in quel cervellaccio. di un tamburo, eppure Malpelo non si mosse, e
Ei possedeva delle idee strane, Malpelo! Siccome soltanto dopo che l'operaio se ne fu andato,
aveva ereditato anche il piccone e la zappa del aggiunse:
padre, se ne serviva, quantunque fossero troppo - Lo vedi? Non mi ha fatto nulla! E ha picchiato
pesanti per l'età sua; e quando gli aveano chiesto più forte di me, ti giuro! -
se voleva venderli, che glieli avrebbero pagati Intanto Ranocchio non guariva, e seguitava a
come nuovi, egli aveva risposto di no. Suo padre sputar sangue, e ad aver la febbre tutti i giorni.
li aveva resi così lisci e lucenti nel manico colle Allora Malpelo prese dei soldi della paga della
sue mani, ed ei non avrebbe potuto farsene degli settimana, per comperargli del vino e della
altri più lisci e lucenti di quelli, se ci avesse minestra calda, e gli diede i suoi calzoni quasi
lavorato cento e poi cento anni. In quel tempo era nuovi, che lo coprivano meglio. Ma Ranocchio
crepato di stenti e di vecchiaia l'asino grigio; e il tossiva sempre, e alcune volte sembrava
carrettiere era andato a buttarlo lontano nella soffocasse; la sera poi non c'era modo di vincere
sciara8. il ribrezzo della febbre, né con sacchi, né
- Così si fa, - brontolava Malpelo; - gli arnesi che coprendolo di paglia, né mettendolo dinanzi alla
non servono più, si buttano lontano -. fiammata. Malpelo se ne stava zitto ed immobile,
Egli andava a visitare il carcame del grigio in chino su di lui, colle mani sui ginocchi, fissandolo
7 Puzza dell'animale morto. 9 Mugolando sui pendii (greppo significa pendio
8 Distesa di lava. scosceso)

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con quei suoi occhiacci spalancati, quasi volesse Verso quell'epoca venne a lavorare nella cava uno
fargli il ritratto, e allorché lo udiva gemere che non s'era mai visto, e si teneva nascosto il più
sottovoce, e gli vedeva il viso trafelato e l'occhio che poteva. Gli altri operai dicevano fra di loro
spento, preciso come quello dell'asino grigio che era scappato dalla prigione, e se lo pigliavano
allorché ansava rifinito sotto il carico nel salire la ce lo tornavano a chiudere per anni ed anni.
viottola, egli borbottava: Malpelo seppe in quell'occasione che la prigione
- È meglio che tu crepi presto! Se devi soffrire a era un luogo dove si mettevano i ladri, e i
quel modo, è meglio che tu crepi! - malarnesi come lui, e si tenevano sempre chiusi
E il padrone diceva che Malpelo era capace di là dentro e guardati a vista.
schiacciargli il capo, a quel ragazzo, e bisognava Da quel momento provò una malsana curiosità
sorvegliarlo. per quell'uomo che aveva provata la prigione e ne
Finalmente un lunedì Ranocchio non venne più era scappato. Dopo poche settimane però il
alla cava, e il padrone se ne lavò le mani, perché fuggitivo dichiarò chiaro e tondo che era stanco
allo stato in cui era ridotto oramai era più di di quella vitaccia da talpa, e piuttosto si
impiccio che altro. Malpelo si informò dove contentava di stare in galera tutta la vita, ché la
stesse di casa, e il sabato andò a trovarlo. Il prigione, in confronto, era un paradiso, e
povero Ranocchio era più di là che di qua; sua preferiva tornarci coi suoi piedi.
madre piangeva e si disperava come se il figliuolo - Allora perché tutti quelli che lavorano nella cava
fosse di quelli che guadagnano dieci lire la non si fanno mettere in prigione? - domandò
settimana. Malpelo.
Cotesto non arrivava a comprenderlo Malpelo, e - Perché non sono malpelo come te! - rispose lo
domandò a Ranocchio perché sua madre Sciancato. - Ma non temere, che tu ci andrai! e ci
strillasse a quel modo, mentre che da due mesi ei lascerai le ossa! -
non guadagnava nemmeno quel che si mangiava. Invece le ossa le lasciò nella cava, Malpelo come
Ma il povero Ranocchio non gli dava retta; suo padre, ma in modo diverso. Una volta si
sembrava che badasse a contare quanti travicelli doveva esplorare un passaggio che doveva
c'erano sul tetto. Allora il Rosso si diede ad comunicare col pozzo grande a sinistra, verso la
almanaccare10 che la madre di Ranocchio valle, e se la cosa andava bene, si sarebbe
strillasse a quel modo perché il suo figliuolo era risparmiata una buona metà di mano d'opera nel
sempre stato debole e malaticcio, e l'aveva tenuto cavar fuori la rena. Ma a ogni modo, però, c'era il
come quei marmocchi che non si slattano mai11. pericolo di smarrirsi e di non tornare mai più.
Egli invece era stato sano e robusto, ed era Sicché nessun padre di famiglia voleva
malpelo, e sua madre non aveva mai pianto per avventurarcisi, né avrebbe permesso che si
lui, perché non aveva mai avuto timore di arrischiasse il sangue suo12, per tutto l'oro del
perderlo. mondo.
Poco dopo, alla cava dissero che Ranocchio era Malpelo, invece, non aveva nemmeno chi si
morto, ed ei pensò che la civetta adesso strideva prendesse tutto l'oro del mondo per la sua pelle,
anche per lui la notte, e tornò a visitare le ossa se pure la sua pelle valeva tanto: sicché
spolpate del grigio, nel burrone dove solevano pensarono a lui. Allora, nel partire, si risovvenne
andare insieme con Ranocchio. Ora del grigio del minatore, il quale si era smarrito, da anni ed
non rimanevano più che le ossa sgangherate, ed anni, e cammina e cammina ancora al buio,
anche di Ranocchio sarebbe stato così. Sua madre gridando aiuto, senza che nessuno possa udirlo.
si sarebbe asciugati gli occhi, poiché anche la Ma non disse nulla. Del resto a che sarebbe
madre di Malpelo s'era asciugati i suoi, dopo che giovato? Prese gli arnesi di suo padre, il piccone,
mastro Misciu era morto, e adesso si era maritata la zappa, la lanterna, il sacco col pane, il fiasco
un'altra volta, ed era andata a stare a Cifali colla del vino, e se ne andò: né più si seppe nulla di lui.
figliuola maritata, e avevano chiusa la porta di Così si persero persin le ossa di Malpelo, e i
casa. D'ora in poi, se lo battevano, a loro non ragazzi della cava abbassano la voce quando
importava più nulla, e a lui nemmeno, ché parlano di lui nel sotterraneo, ché hanno paura di
quando sarebbe divenuto come il grigio o come vederselo comparire dinanzi, coi capelli rossi e gli
Ranocchio, non avrebbe sentito più nulla. occhiacci grigi.
10 Fare ipotesi, congetturare.
11 Si trattano sempre come bambini. 12 In senso figurato, figlio.

Esercizi
1. Riassumi brevemente i fatti narrati. 2. Analizza i comportamenti il protagonista 3. Esprimi un tuo giudizio motivato sulla novella.

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