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Carmelo Bene

MAJAKOVSKIJ
Concerto per voce recitante e percussioni

Musica di Gaetano Giani Luporini

1. A. Blok – Là dove echeggia nelle lunghe sale


2. V. Majakovskij – Bene!
3. S. Esenin – Ritorno al luogo natale
4. S. Esenin – La Rus’ sovietica
5. V. Majakovskij – La nuvola in calzoni
6. S. Esenin – L’uomo nero
7. V. Majakovskij – A S. Esenin
8. A. Blok – I dodici
9. V. Majakovskij – All’amato se stesso dedica queste
righe l’autore
10. B. Pasternak – Le onde
11. V. Majakovskij – Di questo
12. B. Pasternak – Morte di un poeta
13. B. Pasternak – Oh, s’io avessi allora presagito

1
ALEKSANDR BLOK sopra una ciocca di capelli
Là dove echeggia nelle lunghe sale gli si adagiò...
19 luglio 1910 Così, stupito, lo riconobbi
Là dove echeggia nelle lunghe sale e dissi:
il dolce volo delle pazze tròike, «Salute, Aleksandr Blok!
dove splendono i vini dei boccali, È la festa dei futuristi.
sta per nascere adesso un ballo tondo. Il frac del vecchiume
Frusciando, tintinnando, biancheggiando, s'è scucito punto per punto!»
volteggiano tracciando lenti cerchi. E Blok mi guardò, ardevano i fuochi.
E i violini, struggendosi e infiacchendo, «Bene!» rispose.
si abbandonano ai furiosi archetti. E tutt'intorno affondava
Col braccio teso verso la caligine, la Russia di Blok...
una esce fuori dal cerchio: Le sconosciute, le nebbie del nord
scelto l'amico destinato, lascia andavano a picco
cadere un fiore per terra. come rottami
Non raccattare quel fiore: v'è in esso e latte di conserva.
il dolce oblio di tutti i giorni andati, E subito il suo volto
e tutta la frenetica allegria divenne più sinistro
della tua futura rovina!... della morte invitata a nozze:
V'è tutto -il giuoco del fuoco e del fato, «Dalla campagna...
solo nell'ora amara delle offese scrivono...
da una lontananza irrevocabile m'hanno bruciato la biblioteca nella villa...».
ne traluce un angelo triste Immobile, fisso è lo sguardo di Blok
e l'ombra di Blok
sorgendo sopra un muretto,
. anch'essa pare che guardi:
VLADIMIR MAJAKOVSKIJ sembra che entrambi
Bene! aspettino
1927 l'incedere di Cristo
[...] sull'acqua.
sopra i falò s'è fatto buio. Ma Cristo a Blok
Come sommergibile non ritenne opportuno apparire:
s'è inabissata Blok se ne stava
l'esplosa Pietroburgo, con molta tristezza negli occhi.
e solo E invece di Cristo,
quando un'ala ardente di vento più vivi,
fa ondeggiare la fitta oscurità, col loro canto,
di nuovo ci ricordiamo apparvero degli uomini
della tempesta all'angolo della strada
che fu senza tregua In piedi, in piedi, in piedi!
dall'alto e d'intorno. Lavoratori, braccianti,
Come un'acqua è la tenebra stringete la falce e il martello,
e così, senza fondo, stringete il fucile nel ferro della mano!
appare l'abisso del cielo, In alto la bandiera!
mentre ancora sì scorge [... ]
qui, sagoma dì cetaceo,
l'ombra dell'Aurora. SERGEJ ESENIN
«Il fuoco delle mitragliatrici Ritorno al luogo natale
ha spazzato a zero 1924
la piazza», Ho visitato i luoghi natali,
ì lungomari sono deserti quella campagna
e soltanto i falò dove sono vissuto bambino,
vampeggiano dove come una torre dei pompieri
nella densa oscurità. dalla vedetta di betulla
E qui, svetta il campanile senza croce.
dove il calore scioglie la terra, Quante cose sono mutate,
sulle lingue di fuoco tendendo le palme nella loro misera, sparuta esistenza.
dallo spavento o dal ghiaccio Quante scoperte
si riscalda un soldato. mi seguivano alle calcagna.
Il fuoco gli si posò sugli occhi, La casa paterna
2
non ho potuto riconoscere: il nonno sbircia con tristezza il campanile.
l'acero sì spiccante più non s'agitava [...]
sotto la finestra, «Salve, madre! Salve! » -
e sul terrazzino più non sedeva la madre, E nuovamente porto agli occhi il fazzoletto.
a nutrire di polenta i pulcini. Qui piangere può anche la vacca
Vecchia, si vede, è diventata... guardando questo povero angoletto.
Sì, vecchia Sulla parete il calendario con Lenin.
Con tristezza contemplo i dintorni: Qui è la vita delle mie sorelle,
che luogo a me sconosciuto! delle sorelle e non mia;
Sola, come un tempo, biancheggia la e tuttavia son pronto a cadere in ginocchio,
montagna, vedendovi, luoghi che amo.
v'è ancora Son venuti i vicini...
l'alta grigia roccia. Una donna col bambino.
È qui il cimitero! Nessuno ormai mi riconosce.
Le croci imputridite, Alla Byron il nostro cagnetto
come cadaveri nella battaglia, mi accoglie latrando al portone.
sono rimaste con le braccia aperte. Ah, cara contrada!
Per il sentiero, appoggiandosi al bastone, Non sei più quella,
viene un vecchio che spazza no.
dalle erbacce la polvere. Certo, anch'io non sono quello di prima.
«Viandante! Quanto più sono tristi e senza speranza
Mostrami, caro, il nonno e la madre,
dove abita Esenina Tat'jana!» tanto più gaio è il riso
«Tat'jana... Uhm... delle sorelle.
Ecco, dietro quella izba. Certo, per me nemmeno Lenin è un'icona,
Ma tu chi sei? conosco il mondo...
Suo parente? Amo la mia famiglia...
O, forse, il figlio perduto?» E tuttavia con un inchino
«Il figlio, sì. mi seggo sulla panca.
Ma tu, vecchio, che hai? «Su, parla, sorella! »
Dimmi, perché Ed ecco che mi parla,
il tuo sguardo è così afflitto?» come una Bibbia aprendo il panciuto
«Bene, nipote mio, «Capitale»,
è bello, che tuo nonno di Marx,
non hai riconosciuto!...» di Engels...
«Ah, nonno, sei forse tu?» Libri che certo mai
E s'effusero le tristi parole mi son sognato leggere.
con lacrime calde sui polverosi fiori. e mi fa ridere
[...] che una vispa ragazzina
«Tu forse avrai presto trent'anni... mi metta in tutto con le spalle al muro.
Ma io ormai novanta ne conto... [...]
M'attende la bara.
Da un pezzo era ora di tornare! -
Parla, ma corruga la fronte di continuo - SERGEJ ESENIN
«Sì!... Era tempo!... La Rus' sovietica
Sei comunista? » - 1924
«No! »- L'uragano è passato. Pochi di noi son salvi.
«Le tue sorelle, invece, Mancano molti all'appello degli amici.
si son fatte komsomolke. San tornato al mio paese abbandonato,
Che porcheria! da impiccarsi! dal quale fui lontano otto anni.
Ieri han tolto le icone dal palchetto, Ma chi chiamare? Con chi dividere
e in chiesa il commissario ha levato la croce. la triste gioia d'essere ancora vivo?!...
Ora non c'è nemmeno Qui perfino il mulino -uccello di travi
dove pregare Iddio. dall'unica ala -sta fermo con gli occhi serrati.
Vado ormai al bosco di nascosto, Nessuno qui mi conosce, e m'ha dimenticato
prego le tremule... da tempo chi mi ricordava.
Forse, può servire... Dov'era un tempo la casa paterna
Andiamo a casa: giace ora la cenere e uno strato
vedrai tutto tu stesso». di polvere stradale.
E andiamo, calpestando la proda d'erbacce. E la vita ribolle.
Sorrido ai campi arati, alle boscaglie, Intorno a me vanno e vengono

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volti giovani e vecchi. decente funzionaria dell'angelica lega,
Ma nessuno io posso salutare, voi che sfogliate le labbra tranquillamente
negli occhi di nessuno trovo asilo. come una cuoca le pagine del libro di cucina.
E nella testa mi sciamano i pensieri: Se volete,
Cos'è la patria? sarò rabbioso a furia di carne,
È mai possibile, soltanto sogni? e, come il cielo mutando i toni,
Quasi per tutti qui sono un tetro pellegrino se volete,
Dio sa di quale lontana contrada. sarò tenero in modo inappuntabile,
E sono io! non uomo, ma nuvola in calzoni!
Cittadino d'un villaggio, [... ]
che avrà fama soltanto perché Volete stuzzicarmi?
qui una volta una donna ha partorito «Meno delle copeche d'un pitocco
u no scandaloso poeta russo. sono gli smeraldi delle vostre follie».
Ma la voce del pensiero parla al cuore: Ricordate!
«Rinsavisci! Di che ti sei offeso? .Perì Pompei
Risplende solo la nuova luce .quando esasperarono il Vesuvio!
d'un'altra generazione fra le capanne. Ehi!
Cominci ormai un poco a sfiorire, Signori!
altri giovani cantano altre canzoni, Dilettanti
e saranno, magari, più interessanti: di sacrilegi,
ormai non soltanto il villaggio di delitti,
ma tutta la terra è loro madre". di massacri,
Ahi patria! Come son diventato ridicolo, avete visto mai,
sulle guance incavate vola un secco rossore. ciò che è più terribile:
Il linguaggio dei miei concittadini il viso mio
mi sembra tanto estraneo, che mi trovo quando
nel mio paese come un forestiero. io
[... ] sono assolutamente tranquillo.
Ecco com'è il paese! . E sento
Perché ho gridato che l'io
in versi che son tutt'uno col popolo? per me è poco.
Qui la mia poesia non è più necessaria, Qualcuno da me si sprigiona ostinato.
e forse io stesso non sono necessario. Allò!
Ebbene! Chi parla?
Perdona, rifugio natale. Mamma?
D'averti servito già mi basta. Mamma!
. Vostro figlio è magnificamente malato!
VLADIMIR MAJAKOVSKIJ Mamma!
La nuvola in calzoni (Tetrattico) Ha l'incendio nel cuore.
1914-1915 Dite alle sorelle Ljuda e Olia
Prologo ch'egli non sa più dove salvarsi.
Il vostro pensiero, Ogni parola,
sognante sul cervello rammollito, persino ogni burla
come un lacchè rimpinguato su un unto sofà, ch'egli vomita dalla bocca scottante
stuzzicherò contro l'insanguinato brandello si butta come nuda prostituta
del cuore: da una casa pubblica che arde.
mordace e impudente, schernirò a sazietà. Gli uomini annusano:
Non c'è nel mio animo un solo capello odor di bruciato!
canuto, Raccozzano dei tipi strani.
e nemmeno senile tenerezza! Rutilanti!
Intronando l'universo con la possanza Con gli elmi!
della mia voce, A che scopo quegli stivaloni!
cammino -bello, Dite ai pompieri:
ventiduenne. sul cuore ardente ci si arrampica con le
Teneri! carezze.
Voi coricate l'amore sui violini. Farò da me.
Il rozzo sui timballi corica l'amore. Rotolerò come botti gli occhi gonfi di
Ma come me non potete sgolarvi, lacrime.
per essere labbra soltanto da capo a piedi! Lasciatemi appoggiare alle mie costole.
Venite a istruirvi Salterò! Salterò! Salterò! Salterò!
dal salotto, vestita di batista, Sono crollati.

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Non puoi saltare dal proprio cuore! che ho la bocca d'oro più d'ogni altro
e con ogni parola
Glorificatemi! rigenero anima
Non son pari ai grandi. e do un onomastico al corpo,
Su tutto ciò che fu creato vi dico:
pongo il mio nihil. il minimo granello di polvere d'un vivo
Non voglio vale più di quello che farò e che ho fatto!
mai leggere nulla. Ascoltate!
Libri? Predica,
Ma che libri! dimenandosi e gemendo,
Una volta pensavo l'odierno Zarathustra dalle labbra urlanti!
che i libri si facessero così: Noi
arriva un poeta, dal viso come lenzuolo assonnato,
lievemente disserra la bocca, dalle labbra pendenti come lampadario,
e di colpo comincia a cantare il sempliciotto noi,
ispirato: galeotti della città-lebbrosario,
di grazia! dove oro e fango hanno ulcerata la lebbra,
E invece risulta che i poeti, noi siamo più puri dell'azzurro veneziano,
prima di effondersi nel canto, lavato a un tempo dai mari e dai soli!
camminano, incalliti dal lungo girellare, Me ne infischio
e dolcemente diguazza nella melma del se negli Omeri e negli avidi
cuore non c'è gente come noi,
la stupida tinca dell'immaginazione. butterata e coperta di fuliggine.
lo so,
Mentre fanno bollire, strimpellando rime, che il sole si offuscherebbe a vedere
una bordaccia di amori e usignoli, I le sabbie aurifere delle nostre anime!
la via si contorce priva di lingua: I [...] .
non ha con che discorrere e gridare. i io,
[. ..] dileggiato dall'odierna generazione
E dietro ai poeti come un lungo .
le turbe di strada: aneddoto scabroso,
studenti, vedo venire per le montagne del tempo
prostitute, qualcuno che nessuno vede.
appaltatori. Là dove l'occhio degli uomini si arresta
Signori! insufficiente,
Fermatevi! alla testa di orde affamate
Voi non siete accattoni, con la corona di spine delle rivoluzioni,
voi non osate chieder l'elemosina! avanza l'anno sedici.
Noi gagliardi Ed io presso di voi sono il suo precursore,
dal passo poderoso io sono sempre là dove si soffre:
non abbiamo bisogno di ascoltare, su ogni goccia di fluido lacrimale
ma piuttosto di svellere costoro ho posto in croce me stesso.
che si sono appiccati come un'aggiunta Ormai non si può perdonare più nulla.
gratuita lo ho incendiato le anime, dove si coltivava
a ogni letto a due piazze! la tenerezza
Si dovrebbero forse umilmente implorare: Questo è più difficile che prendere
"Prestateci aiuto!» migliaia di migliaia di Bastiglie!
supplicarli in un inno, E allorché,
di un oratorio! proclamando con una sommossa
Noi stessi siamo artefici nell'ardente inno il suo avvento,
frastuono della fabbrica e del laboratorio. uscirete incontro al Salvatore,
. io
Che m'importa di Faust vi strapperò l'anima
che in una ridda di razzi e, dopo averla calpestata
scivola con Mefistofele sul pavimento del perché sia grande,
cielo! ve la darò insanguinata come un vessillo!
lo so
che un chiodo nel mio stivale Ah, per quale ragione,
è più raccapricciante della fantasia di di dove
Goethe! nella lucente allegria
io, questo agitarsi di sordidi pugnacci!

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Venne dimenerà le carni, vogliosa di darsi;
e velò la testa con la disperazione le cose si animeranno,
il pensiero dei manicomi. le labbra delle cose
E biascicheranno:
come nel naufragio d'una dreadnought «zàza, zàza, zàza!".
per gli spasmi soffocanti [... ]
si lanciano nel bocca porto spalancato, Perché garriscano bandiere nella febbre
così attraverso il suo delle scariche,
occhio lacerato sino all'urlo come in una festa ragguardevole,
si inerpicava, impazzito, Burljuk. levate in cima, pali dei lampioni,
Quasi insanguinando le palpebre corrose le insanguinate carcasse dei mercanti.
delle lacrime, Bestemmiava,
ne strisciò fuori, implorava,
si mise in piedi, trinciava,
si mosse si arrampicava dietro qualcuno
e con tenerezza inattesa in un uomo pingue per addentarne i fianchi.
mi prese e disse: Sulla volta celeste, rosso come la
Bene!» marsigliese,
Bene, quando una gialla blusa sussultava, crepando, il tramonto.
protegge l'anima da tanti sguardi! Ormai la follia.
Bene, Non ci sarà più nulla.
quando, scagliati fra i denti del patibolo, La notte verrà
si grida: a rodere
"Bevete cacao van Houten!».
e a mangiare.
E quest'attimo Vedete? Come un Giuda
bengalico, vende di nuovo il cielo
squillante . per una manata di stelle spruzzate di
non cambierei con nulla, tradimento.
nemmeno con ... È venuta.
Ma dal fumo d'un sigaro Banchetta alla maniera di Mamaj,
come un bicchierino di liquore con il culone sulla città.
si è allungato il viso alticcio di Severjanin. Non riusciremo a sbrecciare con gli occhi
(,Lillà! Lillà! Gelato di lillà! Lilla questa notte nera come Azèf!
vuoi dire: voluttà..." [...] .
Come osate chiamarvi poeta 4
e, mediocre, squittire come una quaglia? Maria! Maria! Maria!
Oggi Lasciami entrare, Maria!
bisogna Non posso restare in istrada!
a mo' di frangicapo Non vuoi?
conficcarsi nel cranio del mondo! Tu aspetti
Voi, che con le guance infossate,
turbati dal solo pensiero assaggiato da tutti,
di ballare con eleganza, insipido,
osservate in qual guisa me la spasso io venga
io, a biascicar senza denti:
truffatore di carte "Sono oggi
e ruffiano di piazza! mirabilmente onesto».
Da voi Maria,
che siete fradici d'amore, vedi:
da voi ho già cominciato a incurvarmi.
che nei secoli grondaste lacrime Nelle vie
io mi staccherò, gli uomini bucheranno il grasso nei loro gozzi
incastrando il sole a
come un monocolo nel mio occhio divaricato. quattro piani,
Camuffatomi in modo incredibile, sporgeranno gli occhietti
me ne andrò per la terra lisi da quarant'anni di logorio,
a destar godimento e ad infiammarmi, per ammiccare l'un l'altro ghignando
e innanzi a me condurrò alla catena che fra i miei denti
Napoleone come un botolo. -di nuovo! -
La terra tutta, sdraiandosi come una donna, è il panino raffermo della carezza di ieri.

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Zuppo ladruncolo stretto dalle pozzanghere, Con denudata impudenza
la pioggia, spruzzando singhiozzi sui oppure con pavido tremore
marciapiedi, concedimi la florida vaghezza delle tue
lecca il cadavere delle vie tartassate dai labbra:
ciottoli, io e il mio cuore non siamo mai vissuti sino a
e sulle ciglia canute maggio,
-sì!- e nella mia vita passata
sulle ciglia dei ghiaccioli c'è solo il centesimo aprile.
gocciano lacrime dagli occhi Maria!
-sì!- Il poeta canta sonetti a Tiana,
dagli occhi abbassati delle grondaie. mentre io,
Succhiò tutti i pedoni il muso della pioggia, tutto di carne,
mentre nelle vetture luccicava una fila di uomo tutto,
pingui atleti: chiedo semplicemente il tuo corpo,
scoppiavano certuni, come i cristiani chiedono:
rimpinzati a crepapelle, «Dacci oggi
e attraverso gli spacchi stillava la sugna, il nostro pane quotidiano».
come un torbido fiume dalle vetture scolava, Maria, concediti!
insieme con un pane maciullato, Maria!
la masticatura di vecchie cotolette. lo temo di scordare il nome tuo
Maria! come un poeta teme di scordare
Come ficcare una dolce parola nel loro qualche
orecchio coperto di grasso? parola nata fra i tormenti delle notti,
L'uccello uguale per grandezza a Dio.
va mendicando con una canzone, Il tuo corpo
canta, Io saprò custodire ed amare
affamato e squillante, come un soldato,
ma io sono un uomo, Maria, stroncato dalla guerra,
semplice, inutile,
scatarrato dalla notte tisica nella sudicia ormai di nessuno,
mano della Presnja. custodisce la sua unica gamba.
Maria, vuoi un uomo simile? Maria,
Lasciami entrare, Maria? Non vuoi?
Con lo spasmo delle dita stringerò la gola Non vuoi?
metallica del campanello! Ah!
Maria! Ed allora di nuovo,
Diventano feroci i pascoli delle strade. afflitto e cupo,
Sul collo come una scalfittura le dita della io prenderò il mio cuore
calca. e, irrorandolo di lacrime,
Apri! lo porterò come un cane
Fanno male! porta
Vedi? Sono confitti nei miei occhi nella sua cuccia
gli spilli dei cappelli femminili! la zampa stritolata dal treno.
Mi ha lasciato entrare. Con il sangue del cuore allieterò la strada
Bambina! fiori di sangue si incolleranno alla polvere
Non ti spaurire della mia giubba.
se sul mio collo taurino Mille volte danzerà come Erodiade
seggono come un'umida montagna donne il sole attorno alla terra
dal ventre sudato: cranio del Battista.
gli è che attraverso la vita io trascino E quando avrà finito di danzare
milioni di enormi casti amori il mio numero di anni,
e milioni di milioni di minuscoli sudici d'un milione di gocce di sangue si coprirà la
amorucci. traccia
Non ti spaurire che mena alla casa di mio padre.
se ancora una volta Uscirò fuori
nell'intemperie del tradimento sudicio (per le notti trascorse nei fossati),
mi stringerò a migliaia di vezzose faccine. mi metterò al suo fianco,
"Adoratrici di Majakovskij!»: mi chinerò
ma questa è davvero una dinastia per dirgli in un orecchio:
di regine salite al cuore d'un pazzo. Ascoltate, signor Dio!
Maria, più vicino! Non vi dà noia

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inzuppare ogni giorno
nella composta di nuvole gli occhi ingrassati? SERGEJ ESENIN
Su via, vediamo insieme L’uomo nero – 1925
di fare un carosello
sull'albero della conoscenza del Bene e del Amico mio, amico mio,
Male! sono molto e molto malato!
Onnipresente, tu sarai in ogni armadio, e a Non so io stesso donde provenga questo
tavola male.
porremo vini tali Se sia il vento a fischiare
che anche all'accigliato Pietro Apostolo sopra la vuota e deserta campagna
verrà voglia di ballare un ki-ka-pù. oppure se l'alcool sconvolga i cervelli
E in paradiso di nuovo ospiteremo le Evucce: come un boschetto a settembre.
basta che tu dia un ordine
e questa notte stessa La mia testa sventola le orecchie
ti porterò in gran frotta come un uccello le ali.
da tutti i viali le ragazze più belle. Non ho più la forza di reggermi in piedi.
Vuoi? Un uomo nero,
Non vuoi? nero, nero,
Scrolli la testa capelluta? un uomo nero
Aggrondi le ciglia canute? siede sul mio letto,
Tu pensi un uomo nero non mi dà tregua tutta la
che quello con le ali notte.
che ti sta dietro
sappia cosa sia l'amore? Un uomo nero
guardavo negli occhi come un agnello di segue col dito un libro abominevole
zucchero, e con voce nasale
ma non voglio più offrire alle giumente come un monaco sopra un defunto
vasi plasmati nella farina di Sèvres. mi legge la vita
Onnipossente che hai inventato un paio di d'un certo ribaldo e ubriacone
braccia incutendo nell'anima angoscia e sgomento.
e hai fatto sì che ciascuno Un uomo nero,
avesse una sua testa, nero,
perché non hai inventato una maniera nero!
di baciare, baciare e ribaciare
senza tormenti? "Ascolta, ascolta
Pensavo che tu fossi un gran Dio - egli borbotta -
onnipotente, ci sono nel libro
e invece sei un insipiente, un minuscolo piani e pensieri bellissimi.
deuccio. Quest'uomo
Vedi, io mi curvo, abitava nella contrada
di dietro il gambale dei più ripugnanti
traggo il trincetto. ciarlatani e scassinatori.
Alati furfanti!
Rannicchiatevi in paradiso! A dicembre in quella contrada
Rabbuffate le vostre piumette in uno la neve è diabolicamente pura
sbigottito brivido! e le bufere mettono in moto
Te, impregnato d'incenso, io squarcerò allegre conocchie.
di qui sino all' Alaska! Era quell'uomo un avventuriero,
Lasciatemi! .. ma della specie migliore,
Non mi fermerete. della specie più alta.
Sia che mentisca
o mi trovi nel giusto, Egli era elegante
non potrei essere più calmo. e per di più poeta,
Guardate: benchè d'una forza non grande,
hanno di nuovo decapitato le stelle, ma spigliata
insanguinando il cielo come un mattatoio! ed una certa donna
Ehi, voi! di quarant'anni e passa
Cielo! chiamava puttanella
Toglietevi il cappello! e insieme sua diletta.
Me ne vado!
[... ] La felicità, egli diceva,

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è destrezza di mente e di mani. Forse, con le grasse cosce
Tutte le anime maldestre "ella" verrà di nascosto
ebbero sempre fama di infelici. e tu le leggerai
Non fa nulla se i gesti la tua languida lirica sfiatata?
tortuosi e bugiardi
arrecano molti tormenti. Ah, io amo i poeti!
Razza divertente.
Fra tempeste e burrasche, In loro trovo sempre
nel freddo della via quotidiana una storia che al cuore è ben nota
nelle perdite gravi come a una studentessa
e quando si è afflitti un mostro dai lunghi capelli
mostrarsi semplici e sorridenti che le parla del cosmo
è l'arte suprema del mondo. grondando languore sessuale.

"Uomo nero! Non so non ricordo


Tu non osi tanto! in un villaggio
Tu non vivi al servizio forse a Kaluga
dei palombari. o piuttosto a Riazàn
Che m'importa della vita d'un poeta in una semplice famiglia contadina
scandaloso. viveva un ragazzo
Leggi ad altri, ti prego, dalla gialla chioma
codesto racconto." con gli occhi azzurri...
Ed ecco divenne adulto
Amico mio, amico mio, e per di più poeta
sono molto e molto malato! benchè d'una forza non grande,
Non so io stesso donde provenga questo ma spigliata
male. ed una certa donna
Se sia il vento a fischiare di quarant'anni e passa
sopra la vuota e deserta campagna chiamava puttanella
oppure se l'alcool sconvolga i cervelli e insieme sua diletta.
come un boschetto a settembre.
"Uomo nero, sei un ospite pessimo!
Notte di gelo. Questa fama da tempo ti circonda"
Silenziosa è la quiete del crocicchio. Vado in collera, m'infurio,
Sto solo alla finestra, e il mio bastone vola
non aspetto nè ospiti nè amici. diritto nel suo ceffo,
Tutta la pianura è ricoperta alla radice del naso ...
di morbida e friabile calce
e gli alberi come cavalieri -------------------------------------
si sono raccolti nel nostro giardino. La luna è morta.
Alla finestra illividisce l'alba.
In qualche luogo piange Ah tu, notte!
un lugubre uccello notturno. Perchè tanto scompiglio?
Cavalieri di legno Io sto in cilindro,
spargono scalpitio coi loro zoccoli. non c'è nessuno con me
Ecco, di nuovo il Nero sono solo ...
levandosi il cilindro e lo specchio infranto ...
e gettando il soprabito con negligenza
viene a sedersi sulla mia poltrona. 14 novembre
1925
"Ascolta, ascolta!
- egli rantola fissandomi in viso
e si piega sempre più vicino - VLADIMIR MAJAKOVSKJI
io non mai visto nessun furfante A SERGEJ ESENIN - 1926
soffrire di una insonnia
così stupida e vana. Ve ne siete andato
come suol dirsi
Ah, supponiamo che mi sia sbagliato! all’altro mondo.
Stanotte c'è la luna. Il vuoto ...
Cosa occorre ancora Volate,
al mondo ubriaco di sonnolenza? fendendo le stelle.

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Senza un acconto,
senza libagioni. come Doronin.
Sobrietà. Ma, a parer mio,
No, Esenin, se si fosse avverata
questo non è dileggio. - una tale incongruenza
in gola vi sareste soppresso
un groppo di pena, ancor prima.
non un ghigno. Meglio infatti morire
Vedo di vodka
che con la mano recisa, esitando, che di tedio.
dondolate il sacco A noi
delle vostre non sveleranno
ossa. i motivi della perdita
Smettetela, né il cappio
cessate ! né il temperino.
Siete matto? Forse
Lasciarsi ci fosse stato
imbiancare inchiostro all'”Angleterre”
le guance non avreste avuto ragione
dal gesso mortale ? di tagliarvi le vene.
Proprio voi Gli epigoni si rallegrarono :
che sapevate sbizzarirvi, “Imitiamolo !”
come nessun altro Poco mancò
a questo che un drappello di loro
mondo. non facesse di sé giustizia.
Perché, Perché
a che scopo ? aumentare
L’incertezza ha il numero di suicidi ?
provocato scompiglio. Meglio
I critici borbottano : accrescere
“Le cause la produzione d’inchiostro !
sono queste e quelle, Ora per sempre
e in specie la lingua
lo scarso affratellamento è chiusa fra i denti.
per effetto È inopportuno
della molta birra e del molto vino” e penoso
Si dice coltivare misteri..
che se aveste sostituito Il popolo,
la boheme creatore del linguaggio,
con la classe ha perduto
la classe avrebbe influito su di voi un roboante
e non vi sareste sbornione apprendista.
più accapigliato. E c’è già chi porta
Già, come se la classe rottami di versi in suffragio
spegnesse la sete da precedenti esequie,
con la spuma. quasi senza rifarli.
La classe Nel tumulo
anche lei conficcano pali
non scherza di ottuse rime, -
col bere. è così
Si dice che bisogna onorare un poeta ?
che, a mettervi accanto Per voi non è stato finora
qualcuno di Na-Postù, fuso alcun monumento
sareste diventato assai più bravo - dov’é
nel contenuto : il bronzo squillante o
voi il granito a faccette ?-
avreste scritto e già ai cancelli della memoria
al giorno poco per volta
centinaia di versi hanno ammucchiato
stucchevoli e le ciarpe delle dediche
lungagginosi e delle ricordanze.
10
... verso un'amica s'è voltata:
Bisogna «Ho tanto pianto, ho pianto tanto...»
strappare È sdrucciolata,
la gioia e par. S'è tutta spampanata!
ai giorni futuri. Gesù,
In questa vita tirami su!
non è difficile morire. L'allegro vento,
Vivere freddo e sferzante,
è di gran lunga più difficile ? gioca contento
con il viandante,
strappa i mantelli,
porta cartelli
ALEXANDER BLOK sopra la gente:
I Dodici - Gennaio 1918 «Tutti i poteri alla Costituente!...»
Ma reca anche parole a brandelli:
Cupa sera. «...Anche noi s'è fatto adunanza...
Neve bianca. ...Proprio lassù in qualche stanza...
La bufera ...Disputammo...
i viandanti abbatte e sfianca. deliberammo...
La bufera Dieci per una, venti a nottata
sulla terra intera! è la tariffa obbligata...
Turbina il vento ...Andiamo...»
i bianchi fiocchi Buio profondo.
e abbarbaglia gli occhi. Strada deserta.
Ghiaccio, ghiaccio: Un vagabondo
l'uomo sui ginocchi nella tempesta.
casca, poveraccio! Il vento fischia...
Da un muro a un portone . «Oh vagabondo!
una fune si stende. vien qua...
Sulla fune un telone: Abbracciamoci!»
«Tutti i poteri alla Costituente!» Pane!
Una vecchietta non sa che vuoi dire, Chi va là?
né lo potrà mai capire. Via di qua!
Perché tanti stracci? Cielo, cielo nero.
Perché quei grandi cartelli? L'odio, l'odio fiero
Meglio farne fasce ché son nudi i nostri bolle in cuore...
ragazzi, L'odio santo, l'odio nero...
son scalzi i nostri monelli! Sta' in guardia,
La vecchia come una gallina compagno, sta' in guardia!
razzola nella neve profonda,
«Oh benedetta Madonnina, Il vento soffia a mulinello,
i bolscevichi mi mandano alla tomba! ». marciano dodici in drappello.
Il vento è argento vivo Le carabine sulle spalle:
ed il gelo un folletto. intorno fiamme rosse e gialle.
Un borghese nel quadrivio I berrettacci son da ladri,
ficca il naso nel colletto. sul dorso c'è l'asso di quadri!
Capelli lunghi, mani in croce, Olà, senza croce
un tale dice a bassa voce: è la libertà!
«La Russia muore! Tra-ta-tà!
Rinnegàti! » Fa freddo compagni, fa freddo!
Dev'esser certo un oratore, «Sai, Nane e Cate sono insieme... »
un letterato. «Lei "nelle calze i soldi tiene!»
Ed ecco sul nevaio «Lui pure è ricco sfondato...»
un pop nel suo mantello. «Era dei nostri ed è soldato!»
Non ti senti più gaio, «O Nane, orsù, figlio di cani,
rispondimi, fratello? pròvati: baciale le mani!»
Forse ricordi sempre Senza croce, olà
quando senza lavoro è la libertà!
ti splendeva sul ventre Nane e Cate insieme stanno;
il crocifisso d'oro? dimmi un po' che mal faranno...
Una signora impellicciata Tara-ta-là!

11
Intorno fiamme rosse e gialle: Ghette tortora indossavi,
le carabine sulle spalle... sgranocchiavi dolci rari:
Tenete il passo rivoluzionario! coi cadetti civettavi,
Non sonnecchia, no, l'avversario! ora vai coi militari...
Su, compagno, non essere vile! Su pecchiamo insieme:
Contro la Russia punta il fucile - al cuore farà bene!
contro la Santa Russia,
contro la la sua putredine, ...La slitta corre al suo destino...
contro la sua pinguedine! Frusta e bestemmia il vetturino...
Senza croce, olà! «..Fermati! Andrea, diamogli dietro!
Fermalo! corri! aiutaci, Pietro!,
Oh partirono i ragazzi Tra-tararà-tatà-tatà...
a servir l'armata rossa - La neve schizza in qua e in là.
a servir l'armata rossa "Guarda: ci scappano. Che bile...
con la testa nella fossa! Un altro colpo, punta il fucile!»
Amarezza amara Tra-tararà... ..Voglio insegnarti
oh, vivere è bello! [...]
Carabina austriaca, a portar via le donne agli altri!...»
sdruci nel mantello! ..Vile, tu fuggi! ma domani
Per la rabbia del borghese ti riavrò nelle mie mani!»
bruceremo ogni paese «..Ma dov'è Cate? È stramazzata!
ed in fiamme andrà la terra: Guarda: ha la testa crivellata! ,
Dio proteggi questa guerra! ..Or sei contenta? Perché taci?
Là fra la neve resta e giaci!... »,
Neve, frusta, e squarciagola. Tenete il passo rivoluzionario,
Via con Cate Nane vola. ché non sonnecchia l'avversario!
Una lampada è confitta
nella slitta.., Vanno i dodici lontano,
casca giù!... vanno via verso la guerra
Mantellina militare, Tiene il volto nella mano
connotati da animale, l'omicida e guarda a terra.
Nane arriccia i baffi neri, Col fucile ad armacollo
se li arriccia, fa gran passi sulla via.
li stropiccia...
Guarda Nane che torace! Stringe un cencio intorno al collo,
Senti un po' come è loquace! sembra in preda alla follia...
Bacia Cate sulla Bocca, "O compagno, che cos'hai?
ciarla con la sciocca... Pietro dì: perché rallenti?
Getta Cate il capo indietro Perché a capo basso vai?
e i suoi denti sembran vetro... Di Catina ti rammenti?»
Cate, Cate mia, "O fratelli, ascoltate,
com'è tondo il tuo musino... io l'amavo la ragazza!
Quante notti ci ho passate,
Sul tuo collo ancora, o Cate notti nere, notti pazze...
c'è uno sfregio di coltello; Per il fuoco temerario
sul tuo seno ancora, o Cate, delle sue pupille gialle,
c'è uno sgraffio fresco e bello! per un neo solitarìo
Danza danza, orsù! nel candore delle spalle
Bei piedini hai tu! mi son perso... o sangue rosso...
Bianchi pizzi tu portavi - e salvarmi più non posso!»
vien qua con me! "Ora attacchi l'organetto!
Gli ufficiali accompagnavi - Ma sei proprio una comare?
peccherò con te! Ci vuoi forse il cuore in petto,
Oh peccare insieme o compagno, arrovestiare?
all'anima fa bene! Forza! March! col capo eretto!
Ti ricordi l'ufficiale? Tìenti su da militare!
Dal coltello non scampò... Credi sia questo il momento
Scellerata, quale male dì cullarti, amico bello?
la memoria ti rubò? Per noialtri verrà un tempo
Ti ricordi? Perché più difficile, fratello!»
non dormi più con me? E gli incerti passi affretta

12
Pietro allora nel nevaio, vanno vanno ad uno ad uno,
e la testa torna eretta Pronti alla vendetta,
più di prima e l'occhio gaio, pietà per nessuno...
Olà, E le canne son puntate
far baldoria non è crudeltà! contro l'ombra del rivale...
Su, sbarrate finestre e porte: nelle strade abbandonate
viene il saccheggio e la morte! dove infuria il temporale...
Spalancate cantine e granai: dalle nevi accumulate
oggi godremo, operai! non si cava lo stivale...
Vibra il vento
Amarezza amara, lo stendardo.
noia noiosa Passo lento,
mortale! passo tardo.
E così il mio tempo Più violento,
passe -passerò... più gagliardo
La mia nuca sempre il nemico si ridesta...
grattè -gratterò... La tempesta
Semi io bel bello alza la testa...
sgrane -sgranerò... Avanti, in alto i cuori!
E col mio coltello Urrà, lavoratori!
colpi -colpirò...
Fuggi, borghese, come un passerotto! Vanno via con passo lento,
il tuo sangue corrotto sempre avanti... Chi va là?
berrò alla gloria d'una È il vessillo che sul vento
bella ragazza bruna!... fruscia e oscilla in qua e in là
Placa, o Signore, l'anima tua schiava... Dietro ai cumuli in agguato
Che tedio! forse c'è chi sta aspettando...
No, è il cane allampanato
sulla torre del fiume regna calma, .che li segue zoppicando...
s'è chetato il fragore cittadino. "Passa via, vagabondo!
Non si vedono in giro più gendarmi: Via rognoso, via, se no...
fate orgia, ragazzi, senza vino! come un cane, o vecchio mondo,
S'è fermato un borghese nel quadrivio passa via, t'abbatterò!»
e il naso dentro il bavero nasconde. Mostra i denti come un lupo,
Ai fianchi gli si struscia col suo grigio con la coda ritta sta,
pelo rognoso un cane vagabondo. cane povero e sparuto...
Come il cane famelico sta muto «Rispondete: chi va là?»
il borghese, con aria di domanda. «Chi è che scuote la bandiera?»
Sta il vecchio mondo come un can perduto «O che buio maledetto!»
dietro a lui, con la coda fra le gambe." «Chi è che va di gran carriera?
chi si fa là parapetto?»
Oh folleggia l'uragano, «Su, compagno, alza le mani!
l'ura-l'uragà! Prender te per noi è un gioco.
Non si vede più un cristiano Tu cadrai nelle mie mani
a due passi in là! vivo o morto! Attenti: fuoco!»
La neve gira a spirale Tratatà!... Ma è solo l’eco
ed a colonna risale. che risponde secco e breve.
Domineddio, che tempesta! » La tormenta con un bieco
"Pietro! Perdi ora la testa? » riso danza fra la neve.
Ti scampò dalla disdetta Tratatà!
mai l'icona benedetta? Tratatà!
Mi diventi un incosciente: via, ragiona ...Così vanno nella sera,
rettamente. ed il cane è ormai laggiù, .
La tua mano ancor macchiata ma davanti alla bandiera,
è del sangue dell'amata! camminando lieve
Tieni il passo rivoluzionario, nel vortice di neve,
ché non sonnecchia l'avversario! » di rose inghìrlandato
Avanti, in alto i cuori! in un nembo imperlato,
Urrà, lavoratori! avanti marci tu,
non veduto, o Gesù!
...Senza il nome benedetto

13
da quali Golia fui concepito
VLADIMIR MAJAKOVSKIJ così grande
All'amato se stesso dedica queste righe e così inutile?
l'autore
1916 BORIS PASTERNAK
Le onde
Quattro! Pesanti come un colpo: 1931
a Cesare quel che è di Cesare. A Dio quel
che è di Dio. Tu mi stai -accanto, lontananza del
Ma uno socialismo.
come me Dici d'esser vicina? Frammezzo alle
dove potrà ficcarsi? angustie,
Dove mi si è apprestata una tana? in nome della vita, in cui ci siamo legati,
S'io fossi trasportaci, ma solo tu.
piccolo Tu mandi fumo tra una nebbia di teorie,
come il Grande Oceano, terra fuori di ciarle e di calunnie,
mi leverei sulla punta dei piedi delle onde, come una porta sul mondo e una porta sul
con l'alta marea carezzando la luna. mare,
Dove trovare un'amata ed una porta sulla Georgia da Mleti.
uguale a me? Tu sei il paese ove le donne di Putivl
Angusto sarebbe il cielo per contenerla! non piangono prima del tempo come i cuculi,
Oh, s'io fossi povero! e con tutta la verità io le rendo felici,
Come un miliardario! e ad essa non occorre distoglierne lo
Che cos'è il denaro per l'anima? sguardo.
Un ladro insaziabile si annida in essa. Dove respirano l'una accanto all'altra,
All'orda sfrenata dei miei desideri e i ganci della passione non scricchiano
non basta l'oro di tutte le Californie. e non dànno un residuo di frazioni
S'io fossi balbuziente per sventura delle madri e dei bambini.
come Dante Dove io non ricevo alcun resto
o Petrarca! in vita spicciola dall'esistenza,
Accendere l'anima per una sola! ma segno solo ciò che spendo
Ordinarie coi versi di struggersi in cenere! e spendo tutto quello che conosco.
E le parole . Dove la voce, mandata a rincorrere
e il mio amore una novità indistruttibile,
sarebbero un arco di trionfo: con l'esultanza del mio bambino
pomposamente, mi fa eco dall'avvenire.
senza lasciar traccia, vi passerebbero sotto Qui sarà tutto: ciò che ho vissuto
le amanti di tutti i secoli. nei presagi e nella realtà,
Oh, s'io fossi, e coloro di cui non sono degno,
silenzioso e ciò per cui fra di essi ho nome.
come il tuono, [...
gemerei, Tu sei qui ancora, e mi hanno detto
stringendo con un brivido il decrepito èremo ove sei adesso e ove sarai alle cinque.
della terra. lo ti potrei trovare nel Kursaal,
Se urlerò a squarciagola piuttosto che ciarlare invano.
con la mia voce immensa, Tu ascolteresti ritornando giovane,
le comete torceranno le braccia grande, libera, audace,
fiammeggianti, dell'uomo giunto al limite
gettandosi a capofitto dalla malinconia. da una formica che è cresciuta troppo.
Coi raggi degli occhi rosicchierei le notti
se fossi Vi sono nell'esperienza dei grandi poeti
appannato tali tratti di naturalezza.
come il sole! che non si può, dopo averi i conosciuti,
Che bisogno ho io non finire con una mutezza completa.
di abbeverare con il mio splendore Imparentati a tutto ciò che esiste,
il grembo dimagrato della terra! convincendosi
Passerò I e frequentando il futuro nella vita d'ogni
trascinando il mio enorme amore. giorno,
In quale notte non si può non incorrere alla fine, come in
delirante un'eresia,
malaticcia in un'incredibile semplicità.

14
Ma noi non saremo risparmiati, nel sonno,
se non sapremo tenerla segreta. io odio
Più d'ogni cosa è necessaria agli uomini, e rifiuto tutto questo,
ma essi intendono meglio ciò che è tutto.
complesso. Tutto
[…] che in noi
ha inculcato l'antica schiavitù,
VLADIMIR MAJAKOVSKIJ tutto
Di questo che, sciame di meschinità,
1922-1923 s'è posato
e si posa sulla vita,
Petizione a... persino nel nostro ordine
[... ] imbandierato di rosso,
L'arca approda. Non vi darò la gioia
Qua i raggi! di vedermi
La banchina. placato sotto un colpo.
Ehi! Né presto intonerete, dietro a me,
Gettate la gomena! il riposi in pace al mio talento:
E subito Mi avranno
sento sulle spalle soltanto
il peso del davanzale di pietra. con un colpo alle spalle.
Il sole I d'Anthès non mireranno alla mia fronte.
ha essiccato col caldo la notte del diluvio. Quattro volte invecchierò,
Alla finestra, quattro volte sarà ancora giovane,
arroventato, accolgo il giorno. prima di scendere nella tomba
Solo un monte sul globo è il Kilimangiaro. Ovunque io muoia,
Un punto sulla mappa dell' Africa il Kenia. morirò cantando.
Il globo dalla testa calva. Ovunque io cada,
io sopra lo so,
m'incurvo per il dolore. sarò degno di giacere
In quest'ammasso di pena con chi è caduto sotto la rossa bandiera.
vorrebbe Ma, comunque vada,
il mondo abbrancare i seni viventi dei monti. la morte è sempre morte.
E dai poli, È spaventoso non amare,
rovente e pietroso, terribile non osare più.
faccia colare lava lungo tutte le dimore! C'è per tutti un colpo,
Cosi vorrei singhiozzare io, per tutti un coltello.
orso comunista. Ma per me che cosa?
D'antica nobiltà E quando?
era mio padre, Nell'infanzia forse,
delicata ho la pelle delle mani. sul fondo,
Forse ritrovo i n tutto
coi versi tracannerò i miei giorni dieci giorni discreti..
senza aver visto nemmeno un tornio. E quel che tocca agli altri?
Ma col respiro, Per me già basterebbe!
con la voce, Ma no…
col palpito, Vedete,
con tutte le cime dei capelli irti d'orrore, non l'ho avuto!
con i fori delle narici, Credere all'aldilà!
con i chiodi degli occhi, Lieve il viaggio di prova.
col dente che stride nell'urlo ferino, basta
col riccio della pelle, tendere la mano,
con le crespe rabbiose dei sopraccigli, e in un attimo
con un trilione di pori, il colpo ti traccia
con tutti i pori, nell'oltretomba il cammino sibilante.
sino all'ultimo, Ma che fare
in autunno, se con tutta,
d'estate, se con tutta l'ampiezza del cuore,
in primavera, io ho creduto
d'inverno, e credo in questa vita,
di giorno, in questo

15
mondo? Ne avete portieri, da voi?
Fede lo ero allegro,
Prolungate l'attesa quanto più vi piace, ma a che serve l'allegria,
io vedo chiaro, se il nostro dolore è un pantano?
con chiarezza allucinante. Oggi,
Al punto quando mostrano i denti,
che basterebbe sciogliere la rima è solo per stridere
per irrompere e addentare
sopra un verso Se ne vedono tante!
in una vita meravigliosa. Fatica,
Mi dovrò forse chiedermi: dolore...
è questa? Chiamatemi!
è quella? Uno scherzo può sempre servire.
Vedo, Con sciarade di iperboli
vedo tutto chiaramente. Anche i dettagli. e d'allegorie
Aria su aria, vi diletterò,
quasi pietra su pietra, burlando in versi.
inaccessibile alla polvere e alla putredine, Ho amato...
rifulgente non conta rimestare nel passato.
si leva sui secoli Soffri?
il laboratorio delle resurrezioni umane. Tanto peggio!
Eccolo, Vivi e ti porti la tua pena.
il placido chimico, Amo anche gli animali.
dalla fronte spaziosa, E voi ne avete?
che si acciglia dinanzi all'esperimento. Prendetemi allora come guardiano!
Nel libro lo amo le bestie.
Tutta la terra Se vedo un botolo
ricerca un cognome. (ce n'è uno dal fornaio
Ventesimo secolo. tutto spelacchiato),
Chi risuscitare? sono pronto a donargli il mio fegato.
«Majakovskij... Non importa, cane,
meglio un tipo più brillante. toh, mangia!
Non era poi gran che bello, quel poeta». Amore
lo allora Forse,
griderò forse un giorno,
da questa pagina d'oggi: da un viottolo dello zoo
"Non sfogliare più oltre! lei,
Fammi risuscitare!» lei che ama le bestie,
Speranza entrerà nel parco
Iniettami sangue nel cuore, sorridente,
e in tutte le vene! come nella foto sul tavolo.
Ficcami nel cranio idee! È tanto bella lei,
Non ho vissuto sino in fondo la mia vita certo rinascerà.
terrena, Il vostro
sulla terra trentesimo secolo
non ho avuto tutto il mio amore. sorvolerà
Ero colossale di statura. lo sciame di inezie che dilaniano il cuore
Ma perché Ci ripaghiamo ormai
Per simili cose già basta una pulce: dell'amore non vissuto
cigolare con la penna, rintanato in una con le stelle di notti senza fine.
stanza, Risuscitami,
ripiegato come un paio d'occhiali non foss'altro perché da poeta
nell'astuccio. t'ho atteso,
Quel che vorrete lo farò per niente: ripudiando le assurdità d'ogni giorno!
pulire, Risuscitami
lavare, anche solo per questo!
bighellonare, Risuscitami
spazzare, voglio vivere tutta la mia vita!
star di guardia. Perché non ci sia più l'amore ancella
Potrò farvi, se vorrete, di matrimoni.
anche il portiere. di lascivia

16
e d'un pezzo di pane. che non prove esige dall'attore,
Maledicendo i letti, ma una completa autentica rovina.
balzando su dal materasso,
si espanda l'amore in tutto l'universo.
Perché il giorno,
che il dolore degrada,
non sia mendicato per amor di Cristo.
Perché tutta la terra
si rivolti
al primo grido:
«Compagno!».
Per non essere più vittime
dei covi delle case.
Perché possa
nella famiglia
d'ora in poi
essere padre almeno l'universo.
essere madre almeno la terra.

BORIS PASTERNAK
Morte d'un poeta
1930
Non ci credevano, pensavano: fandonie,
ma lo apprendevano da due, da tre, da tutti.
Si mettevano a fianco nella riga
del suo tempo fermatosi di botto
case di mogli di impiegati e di mercanti.
[... ]
.Era un giorno, un innocuo giorno, più
innocuo
d'O1!a decina di precedenti giorni tuoi.
Si affollavano, allineandosi nell'anticamera.
come allineati dal tuo sparo...
[...]
Tu dormivi, spianato il letto sulla maldicenza,
dormivi e, cessato ogni palpito eri placido,
bello, ventiduenne,
.come aveva predetto il tuo tetrattico.
Tu dormivi, stringendo al cuscino la guancia,
dormivi a piene gambe, a pieni malleoli,
inserendoti ancora una volta di colpo
nella schiera delle leggende giovani.
Tu ti inseristi in esse con più forza,
perchè le avevi raggiunte con un balzo.
Il tuo sparo fu simile a un Etna
in un pianoro di vigliacchi e di vigliacche!

BORIS PASTERNAK
Oh, s'io avessi allora
presagito
1932
Oh, s'io avessi allora presagito,
quando mi avventuravo nel debutto,
che le righe con il sangue uccidono,
mi affluiranno alla gola e mi uccideranno.
Mi sarei nettamente rifiutato
di scherzare con siffatto intrigo.
Il principio fu cosi lontano,
così timido il primo interesse.
Ma la vecchiezza è una Roma
senza burle e senza ciance,

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