Sei sulla pagina 1di 16

Intro:

Questa è un'opera di fantasia, senza scopo di lucro, ispirata a Miraculous. Nomi e


personaggi appartengono ai rispettivi proprietari del marchio.

Detto questo, vi auguro buona lettura.

"Chat, non senti freddo?" - chiese Ladybug, osservando curiosamente lo sbuffo di


condensa uscire dalla propria bocca, nel tentativo di scaldarsi un minimo le mani,
praticamente paralizzate dal freddo pungente della notte.

"Non direi, insettina" - rispose tranquillo il ragazzo vestito di nero, osservando la sua
bella compagna, con occhi frizzanti e attenti e sistemandosi attorno al collo la calda
sciarpa che la ragazza gli aveva appena regalato.

"Beh, deduco che il tuo Miraculous abbia anche questo potere!" - snocciolò l'eroina, a
mo' di pratica constatazione.

"In realtà non ha nessuna proprietà termica!" - le confidò sornione - "Direi che
stanotte mi scaldo col cuore!".

"Chat!" - esclamò lei, stavolta stupita - "Anche se stasera è la notte di Natale, come ci
riesci a scaldarti col cuore!?!".

"Mi basta essere vicino a te ed il mondo si illumina di colori, così come il mio cuore si
incendia di passione, insettina!" - confidò placidamente.

Pur arrossendo, la portatrice del Miraculous della creazione rispose più secca di
quanto avesse voluto - "Lo sai che sono innamorata di un altro! Devi metterti in
quella testa dura il fatto che tra noi non ci potrà essere nulla in più che amicizia! Non
sei stufo di sentirtelo dire?".

Subito, però, si morse la lingua.

Effettivamente, questa non era la prima notte di Natale che trascorreva con Chat e,
pur non ammettendolo, quelle ore in sua compagnia erano state la parte più bella
della giornata. Vero che c'erano stati i dolci, gli amici, la festa a casa Dupain, ma
l'eroina a pois aveva ben capito che la vicinanza al suo gattone di fiducia fosse il
regalo più prezioso che avesse potuto ricevere in quel magico giorno. Per lei, Chat
Noir era diventato essenziale.

"Scusami!" - si affrettò ad aggiungere, consapevole di averlo ferito ed abbassando gli


occhi a terra.

Rimasero in silenzio a guardare uno le stelle e l'altra le proprie scarpe, ancora


appoggiati alla ringhiera dell'edificio che, incredibilmente, offriva una panoramica
mozzafiato della città, illuminata ed agghindata a festa.

Ladybug puntò - dubbiosa - l'attenzione al ragazzo e ne percepì il cambiamento dello


stato d'animo, pur non avendo ancora la forza di guardarlo negli occhi, dopo quella
inutile sparata di cui si era resa protagonista un attimo prima.

"Accidenti me!" - pensò, con una strana sensazione nello stomaco, come quando si
prende coscienza di averla fatta grossa.

Non andava bene.

"Chat non lo merita!" - constatò tra sé e sé, affranta.

Sospirò e cominciò a raccontare, prima piano, poi come un fiume in piena, cercando
di non dare troppi dettagli per non scoprire troppo della propria identità, ma
intenzionata ad esser sincera fino in fondo con lui che - lo sapeva bene! - le era
sempre stato vicino e che, oramai, riteneva una parte imprescindibile della propria
vita - "Non volevo esser sgarbata e capisco come ti senti perché, in realtà, sono io che
lo amo... lui ... lui mi considera solo un'amica. Una buona amica, ma niente di più.
Forse sono stata io a darmi troppe false speranze, ma la realtà dei fatti è che siamo
solo e semplici amici. Questo mi uccide dentro, ma non riesco a non pensarci - e
soffrirci! - e, fino a che non mi sarò chiarita con me stessa, non riuscirò ad affrontare
altre relazioni. Per questo non voglio illuderti, ma ti capisco benissimo e posso
comprendere perché tu ora ce l'abbia con me".

"Perché mi racconti questo?" - disse l'eroe, seriamente, spostando le proprie iridi


verdi dal panorama della città alla ragazza in rosso che gli stava a fianco e
constatando che, effettivamente, questa era la prima volta che la bella corvina si
confidava con lui.
"Tu sei prezioso per me e sei l'unico che conosce Ladybug non come l'infallibile
eroina, ma come una ragazza che ha le proprie insicurezze, paure e... ".

"E una propria vita" - aggiunse lui, chiudendo il discorso.

Rimasero in silenzio a guardarsi, con la medesima strana sensazione dentro, ma


questo non lo potevano di certo sapere.

"Pensi che un giorno lui ricambierà?" - gli chiese a bruciapelo.

La corvina ci pensò su un pochino prima di rispondere - "Vorrei poterti dire di sì, ma


non credo accadrà mai - in tutto questo tempo non è mai successo. Lui è
semplicemente troppo al di sopra di me" - confidò con un filo di voce, stavolta
tremante. "Ma che diavolo sta succedendo? Perché il cuore mi batte così forte?" - si
chiese, mentalmente, la coccinella.

"Milady, non credi di sottovalutarti troppo?" - la rimbeccò - "Pensi che qualcun altro,
se non proprio la ragazza sotto la maschera, potrebbe fare quello che fai tu? Tu sei
Ladybug non perché porti il Miraculous, ma perché la persona sotto al costume è quel
vulcano imprevedibile che rende invincibile l'eroina!".

"Grazie Chat" - ammise rincuorata - "Ma tu non conosci la persona sotto la maschera
e ti assicuro che nella realtà sono molto goffa, pasticciona, ritardataria e sbadata.
Insomma, sono il contrario di quello che tutti pensano sia Ladybug. Forse è per
questo che nessuno sospetta che proprio io sia l'eroina di Parigi, nonostante siamo
fisicamente identiche!".

Chat rizzò le orecchie, registrando l'importante informazione sull'identità della bella


compagna, ma tirò dritto nel discorso - "Lo stento a credere. Una persona speciale
come te si distingue molto facilmente rispetto alle altre. Tu hai qualcosa in più di tuo -
e solamente tuo! - e questo ti rende quello che sei. Sono sicuro che il maestro Fu ti
abbia scelto proprio per questo".

"Chat, non so perché il maestro Fu mi abbia scelto, ma so per certo che se non ci fossi
stato tu, io ora non sarei qui!".

"Perché?" - chiese il portatore del Miraculous della distruzione con sincera curiosità,
completamente catturato dalla situazione.
"Forse non te l'ho mai detto, ma quando ho ricevuto gli orecchini della coccinella,
io ... io li ho dati ad un'altra ragazza - che, fatalità, oggi è diventata anche la mia
migliore amica - perché non mi ritenevo all'altezza. Li ho ripresi solo per aiutarla
quando l'ho vista in pericolo a causa dell'akumizzato che poi, quel giorno, ha
catturato pure la figlia del sindaco. Questo è accaduto quando ho dimenticato di
purificare l'akuma e tutti ci hanno dato contro. Solo tu hai creduto in me e mi hai
dato la forza per diventare quella che sono oggi. Per questo, senza di te, oggi non
sarei qui".

"Parli della prima volta che ci siamo incontrati?".

"Si. Quando Cuore di Pietra ha preso Chloè e l'ha portata sulla torre Eiffel".

"Ricordo quel giorno come se fosse ieri" - ammise quasi sognante l'eroe in nero - "E'
stato proprio quel giorno che mi sono innamorato di te!".

"Chat..." - gli confidò, quasi con le lacrime agli occhi e con un filo di voce - "sai... io mi
sono innamorata di questo ragazzo proprio in quella settimana. All'inizio ci avevo
pure litigato di brutto, pensando che mi avesse fatto uno stupido scherzo, ma quando
si è scusato... quello sguardo sincero... il suo modo di fare... insomma... io sono
capitolata ed ho fatto la prima di una lunghissima serie di figuracce che tutt'oggi
continuo a collezionare quando lui è nei paraggi".

Chat rimase pensieroso, con le budella sottosopra. Che era quella sensazione di déjà-
vu? Cosa stava succedendo? Provò a continuare, ma con un immenso sforzo di
volontà - "Cosa... cosa ti ha fatto innamorare?" - chiese con un groppo alla gola, cosa
che non passò inosservata alla coccinella, ma lui voleva sapere e quello gli sembrò il
momento giusto per chiedere, visto che questa volta la bella eroina si stava aprendo
con molti dettagli sulla sua vita privata, nonostante tutti i propri sensi fossero
tremendamente all'erta, ma questo - di sicuro - lei non lo poteva sapere. "Chi sei?" -
continuava a ripetersi senza sosta, cercando di immaginare la compagnia senza
maschera.

Ladybug guardò il collega con la preoccupazione nel volto, ma nuovamente si impose


di essere onesta fino in fondo. Glielo doveva. Lo sentiva. Ed il cuore le partì a mille nel
petto.

"Il suo sorriso. Io ero appena uscita di scuola, ma pioveva a dirotto. Quindi decisi di
aspettare un pochino che il tempo migliorasse. Lui si avvicinò e mi offrì il suo
ombrello, scusandosi per quanto accaduto quel giorno - d'altronde non era colpa
sua, ma di un'altra mia compagna di classe che, spocchiosa ed irritante come non
mai, mi ha dato parecchio filo da torcere in questi anni. Quando mi si è chiuso in testa
l'ombrello che mi aveva appena prestato - cosa che non ho ancora capito come sia
mai potuta succedere - lui ha cominciato a ridere di cuore. Io, lì, l'ho visto veramente
e... insomma, ora - a distanza di anni - faccio ancora fatica a parlarci senza che il mio
cuore vada a mille ed il mio cervello parta per la tangente, facendomi sembrare
completamente stupida di fronte a lui, nonostante siamo oramai amici di lunga
data!" - concluse Marinette, sorridendo e portandosi una mano al cuore, quasi a
proteggersi, nel ricordare quel momento impresso a fuoco nella propria mente
mentre, persa nella narrazione, non fece caso allo scatto che il ragazzo di fianco
aveva fatto.

"Come si chiama quel ragazzo?" - chiese con voce dura, completamente sconvolto.

"Chat, sai che non poss..." - l'eroina a pois rimase di stucco nel notare l'agitazione del
compagno - "Chat, tutto bene? Non pensavo di ferirti così tanto. Io... ti chiedo scusa!
Non volevo ...".

"Come si chiama?!?" - urlò l'eroe in nero, oramai completamente senza freni, col
cuore che martellava nelle orecchie così forte da renderlo quasi sordo.

"Chat ... non posso dirtelo! Ti prego!" - lo implorò lei.

"Allora dimmi che cos'ha lui in più di me!?!" - continuò con un macigno enorme sul
petto, ansimando in cerca di ossigeno che sembrava essersi completamente
rarefatto. Lei! Era sempre stata lei! La testa del giovane girava vorticosamente:
Marinette - Ladybug; Ladybug - Marinette! Ecco che anche l'ultimo pezzo del puzzle
andò al posto giusto. Marinette era Ladybug ed era innamorata di Adrian, il fantoccio
di casa Agreste! Il mondo gli crollò addosso inesorabilmente.

Ladybug rimase pietrificata dal tono tagliente e secco con cui il collega le si era
rivolto e, istintivamente, fece qualche passo indietro, negando con la testa. Che cosa
era successo? Perché Chat si comportava così? Non lo capiva. Eppure, voleva solo
essere onesta con lui, ma perché ora era così scosso ed alterato? Che fosse davvero
così geloso e possessivo nei suoi confronti? In quel momento temette il peggio - se
Chat fosse stato davvero così sconvolto, forse avrebbe fatto una pazzia, con il rischio
di esser akumizzato. Tentò di farlo ragionare: "Ti prego, calmati. Potresti cadere sotto
il controllo di Papillon! Cerca di tornare in te!".
"Io voglio sapere che cos'ha lui più di me!" - scandì perentorio, senza voler esser
cattivo, ma con gli occhi spalancati, le braccia aperte ed i palmi delle mani all'insù,
quasi quella fosse una richiesta di grazia per una condanna di morte: la propria.

Ladybug rimase di sasso, con gli occhi sbarrati e pieni di timore: non aveva mai visto il
suo Chaton così. Doveva fare qualcosa.

Sospirò, prese coraggio e parlò, dando sfogo al proprio cuore, ancora una volta quella
sera.

"A dire il vero, tu e lui vi assomigliate moltissimo" - ammise mesta - "Non hai idea di
quanto e di quante volte io... se tu fossi lui, io davvero sarei la persona più felice del
mondo, ma sembra una cosa impossibile, non credi? Quante probabilità ci sono che
voi due siate la stessa persona?". Sorrise, guardandosi le mani che, aggrovigliate
l'una sull'altra, compivano curiose evoluzioni che Chat non mancò di notare. Ladybug
era vistosamente in imbarazzo, proprio come la sua controparte civile che conosceva
fin troppo bene! Il ragazzo ebbe un altro capogiro, ma non mollò, stando attento alle
parole della persona che gli stava di fronte, vista - ora - sotto una luce
completamente differente.

"Sai che sarebbe proprio una cosa assurda?" - continuò lei, persa nella proprie
elucubrazioni - "Direi che se tu fossi davvero lui, allora io ti avrei rifiutato perché
troppo innamorata proprio di te e sarebbe ridicolo... assolutamente ridicolo, come
dice di solito Chloé, non credi?".

Rimasero ancora in silenzio. Maledetto silenzio!

"Cosa ti cambierebbe?" - se ne venne fuori lui, spezzando la tensione, ma con tono


più calmo.

"Vorrebbe dire che non sarei stata in grado di riconoscerti in tutti questi anni e che,
quindi, non ti conosco davvero. Insomma: è vero che quando sono di fronte a lui non
riesco a dire nulla di sensato se non balbettare, ma con te è diverso. Tu sei tu e sei
prezioso per me. Ti direi quasi indispensabile, credimi! Ma ammetto che .... mi
terrorizza questa idea... ma siete anche molto diversi! E comunque, se tu fossi lui,
neppure tu mi avresti riconosciuto e, di fatto, saremmo nella stessa condizione. Non
lo trovi assurdo?" - chiese la ragazza, quasi sorridendo per l'incredibilità della cosa.
Chat rimase immobile, pensieroso, osservando la sua collega con una strana luce
nello sguardo.

"Ti è passata?" - osò chiedergli la portatrice della coccinella, alzandosi e muovendosi,


pronta ad andarsene, pur di togliersi da quella situazione spinosa, ma sperando con
tutto il cuore di aver almeno in parte risolto.

"Credo di sì" - ammise - "ma vorrei parlarti domani sera, su tetto dell'hotel Le Grand
Paris, alle 22.00".

"Chat, domani sera sono occupata" - ammise la ragazza in quanto l'indomani


sarebbe dovuta andare alla festa organizzata da Chloé, proprio al Le Grand Paris, con
tutti i compagni di classe e non avrebbe avuto modo di incontrarlo senza dare
nell'occhio, ma questo riteneva di non doverglielo dire - "Vedi... non credo di riuscire
a venire...".

"Insettina, io sarò lì ad aspettarti comunque perché so che verrai!" - ammise


ammiccando, ma continuando a guardarla in modo strano.

"E va bene, Chat! Ci sarò!" - rispose rassegnata - "Ti aspetterò dietro le cabine della
piscina della terrazza. Con questo freddo non credo che qualcuno avrà voglia di
sicuro di fare un bagno!".

"Purr...ffetto, insettina! A domani".

"Ciao Chat" - disse lei, vedendo il collega scivolare via nella notte, senza aggiungere
nulla a quella strana richiesta di incontro.

Marinette sciolse la trasformazione non appena ebbe chiuso la botola della propria
stanza e subito Tikki le volò di fronte - "Tutto a posto, Marinette?" - le chiese,
preoccupata, avendo percepito i discorsi e gli stati d'animo della propria protetta.

"Si!" - ammise la giovane fashion designer - "È stata una serata strana... non ho capito
perché Chat si sia comportato così e per quale motivo mi abbia chiesto di incontrarci
domani sera".

Tikki la guardò con preoccupazione - "Forse ha qualcosa di importante da dirti.


Magari vuole essere onesto fino in fondo pure lui, come lo sei stata tu, non credi?" -
suggerì con un leggero sorriso sul musetto paffutello.
"Non so che dire. Oggi Chat mi ha sorpreso e non ti nego che mi sono anche
preoccupata. Credi che abbia sbagliato a dirgli quelle cose?".

"Non direi. Anzi..." - ammise onestamente l'esserino, ben conscio della situazione e di
cosa probabilmente sarebbe successo il giorno dopo - "l'unica cosa che devi fare è
seguire il tuo cuore e sono convinta che non te ne pentirai!".

"Vorrei poterti credere, mia piccola amica! Ma ora direi che una doccia calda ed una
bella dormita sarebbero quasi d'obbligo, non credi?".

"Certo!" - rispose il kwami rosso - "Mentre ti lavi, io mangio un biscottino, se non ti


dispiace".

"Certo. A dopo" - salutò, dirigendosi in bagno dove si lasciò lambire dal tepore
dell'acqua calda, non senza rimuginare su quanto accaduto.

Tikki, dal canto suo, appena la propria portatrice si fu infilata nella vasca da bagno,
sfrecciò fuori di casa, diretta verso una delle ville più lussuose della città dove un
certo biondino con un gattaccio magico, nero, strafottente ed ingordo di Camembert,
stavano affrontando un discorso molto simile, ma in tono molto più spicciolo.

"Quindi?" - chiese Plagg ad Adrian, ingurgitando un pezzo di formaggio puzzolente


dopo l'altro - "Ora che hai capito come stanno le cose, che vuoi fare?".

"Voglio fargli capire che lei è speciale anche senza la maschera! Lei è sempre stata
speciale e credo di averlo sempre saputo, fin dall'inizio, pur non rendendomene
conto! Ammetto di esser stato abbastanza citrullo nel non esserci arrivato prima e,
purtroppo, di non aver collegato subito le cose: non mi sarei mai aspettato che fossi
proprio io il suo misterioso amore non corrisposto" - sviolinò convinto - "Ma ora lo so
e so pure che Marinette deve capire chi è Chat, perché così potrà aprire gli occhi e, se
lo vorrà ancora, potremmo ... anzi... voglio avvicinarmi a lei e recuperare tutto il
tempo perso. Ammetto di aver sbagliato pure io... decisamente!".

"Ti vorrei solo dire di andarci cauto! Lei è succube di Adrian, ma è anche in grado di
tirar fuori gli artigli con Chat... e, onestamente, non vorrei esser in mezzo in quel
momento..." - asserì soddisfatto l'esserino, leccandosi le dita.

"Starò attento. Non voglio assolutamente né perderla, né tantomeno ferirla, anzi!


Cercherò di fargli capire che Chat ed Adrian sono la stessa persona, senza che mi
appenda al tetto dell'hotel col suo yo-yo. Ok?" - chiese, quasi ridendo all'immagine
della scena del supereroe appeso a penzoloni a testa in giù. Fosse stata la prima
volta, poi!

"Eh... di grazia... che avresti in mente?" - l'apostrofò ironicamente il piccolo kwami


della distruzione.

"Direi che ho un'idea, ma devo ancora definire il mio piano e...".

In quel preciso momento un fulmine rosso passò sotto al naso del biondino, dopo
essersi catapultato attraverso la finestra ancora aperta.

"Zuccherino! Che bella sorpresa! Cosa..." - intavolò Plagg che, però, si zittì
immediatamente alla vista dello sguardo infervorato della kwami rossa che si piazzò
di fronte al modello, volandogli direttamente all'altezza del naso.

"Non farla soffrire!" - lo ammonì, gonfiandosi come se fosse due volte tanto per
l'enciclica che stava per dichiarare - "È una ragazza d'oro! Ha voluto essere onesta
con te fino in fondo e non merita di soffrire!".

Adrian rimase impalato. Si portò una mano dietro la nuca, come solito fare quando in
forte imbarazzo, e mugugnò una risposta - "Non è mia intenzione. Io... io sono
innamorato di lei, ma sono stato troppo stupido per ammetterlo prima! Non la voglio
perdere, per nulla al mondo. Te lo prometto!".

"Grazie Adrian. Conto su di te. E non fare caso a cosa dice questo calzino puzzolente...
io, comunque, sono Tikki, il kwami della fortuna. Piacere e scusami per l'intrusione!" -
disse tutto d'un fiato.

"Ora capisco perché tu e Marinette andate così d'accordo!" - sorrise il modello,


constatando il modo di fare della piccola creaturina rossa.

In tutta risposta, Plagg li apostrofò entrambi con un sonoro rutto. "Ingrati!" -


esclamò, andandosi a rintanare dietro ad una suppellettile che gli faceva da dimora in
miniatura.

"Vado con Plagg... è da molto che non ci parliamo e, come hai potuto vedere, è assai
geloso..." - disse ammiccando e lasciandosi alle spalle il biondino per inseguire il dio
della distruzione.
Adrian si rilassò abbastanza da sentirsi finalmente tranquillo. La scoperta
dell'identità della propria amata lo aveva colpito come un tir in corsa senza freni, ma
ora, dopo quell'incontro col suo kwami - semplice, ma diretto - si era tranquillizzato
abbastanza da poter finalmente pensare lucidamente, senza patemi. Ne era sicuro!
L'indomani sarebbe stata la sua giornata ed avrebbe aperto il proprio cuore alla bella
corvina.

Alya arrivò a casa di Marinette nel primo pomeriggio, con l'intento di aiutare l'amica a
prepararsi, nonché di incitarla per la serata.

Già aveva pianificato di far avvicinare la sua best friend al bel biondino e di far
finalmente aprire gli occhi ad entrambi, valutando le mille possibilità e combinazioni,
tra cui quella di accoppiarli a ballare insieme un lento che Nino, il proprio fidanzato,
nonché DJ della serata, avrebbe dovuto mettere al momento giusto, ma mai si
sarebbe aspettata che proprio la cotta stratosferica della sua amica pasticciona si
presentasse di fronte al portone di casa Dupain per andarla a prendere di persona.

La corvina, dal canto suo, rimase a bocca spalancata dalla sorpresa, segno che non ne
avesse avuto nessun sentore.

"Volevo farti una sorpresa..." - si giustificò il modello di fronte alla coppia di ragazze
attonite, ancora sull'uscio di casa Dupain - "... E mi pare di esserci riuscito! State
molto bene vestite così. Andiamo? Vi accompagno in auto".

L'arrivo al Grand Hotel, l'apertura delle danze, i giri al bar, perfino durante lo
stuzzichino... Adrian non mollò un secondo Marinette che, sempre più sottosopra,
non ebbe alcuna reazione volontaria, ma si lasciò letteralmente accompagnare, per
non dire trascinare, dal ragazzo senza batter ciglio, incredula della situazione.

Alya e Nino erano esterrefatti.

"Che diavolo succede ad Adrian stasera?" - chiese la mora alla corvina, in un attimo di
tranquillità, nel bagno delle ragazze.

"Ne so quanto te!" - ammise schietta l'aspirante fashion designer - "Non so che dirti,
ma se è un sogno, non svegliarmi, ti prego!".

La serata proseguì con Adrian praticamente sempre appiccicato a Marinette fino a


quando la sveglia del cellulare le ricordò dell'appuntamento con Chat.
"Ragazza mia, ora so perché arrivi sempre in ritardo a scuola... metti la sveglia di
sera!" - la punzecchiò l'amica, sentendo il suono della notifica impostata.

Marinette scattò - "Alya, ti devo chiedere un favore. Non posso spiegarti perché ma mi
aiuteresti?" - chiese, prendendola in disparte.

L'amica la guardò biecamente - "Che succede?".

"Devi coprirmi per una mezz'ora".

"Ma, dico... con chi dovrei coprirti?" - chiese allibita.

"Adrian non mi molla un attimo ed io... ecco... dovrei assentarmi...".

"Tesoro, per andare al bagno non serve che ti copra!" - esclamò la castana, sempre
più stranita dalla piega della serata - "Pensavo che tu fossi contenta della situazione e
di stare insieme all'amore della tua vita, ma non serve che ti copra per queste cose!".

"Beh... ecco... non devo andare al bagno... devo vedere una persona e ...".

Alya si piantò una mano sulla fronte - "Fantastico! Stasera Adrian ti fa una corte
pazzesca e tu te ne esci che devi vederti con un altro?!? Quante cose non mi hai
ancora detto, amica mia???".

"Alya, non ti posso spiegare, ma è importante. Ti prego. Fidati di me e, giusto per


sottolineare la cosa, non è come pensi!" - assentì incrociando le braccia al seno,
fugando lo sguardo malandrino e malizioso che l'amica occhialuta le stava
dedicando.

"E sia! Terrò il tuo cagnolino biondo a bada, ma mi devi promettere che poi mi
racconti tutto! Ok?".

"Grazie Alya! Sei un'amica! Te lo prometto!".

Le due ragazze si rivolsero ai rispettivi accompagnatori notando, non senza stupore,


che proprio il modello di casa Agreste fosse sparito.

"Ma... dov'è finito Adrian?" - chiese l'aspirante giornalista al fidanzato che, con
un'alzata di spalle, ribatté spicciolo - "Bagno".
Alya si rivolse nuovamente all'amica che, in tutta risposta, la salutò per sparire a sua
volta.

La coppietta di fidanzati si guardò curiosa.

"Ci hai capito qualcosa?" - chiese Nino.

"No!" - rispose secca ed irritata la ragazza con gli occhiali - "Ma, poi, li agguantiamo
tutti e due e li facciamo cantare! Qui gatta ci cova!".

Marinette si fiondò nell'ascensore ed arrivò al terrazzo con piscina dell'hotel.

Come immaginava, non vide nessuno.

Guardò l'ora: era in anticipo e, per questo, si trasformò tranquilla, pronta ad avviarsi
dietro alle cabine a fianco della piscina.

Appena svoltato l'angolo, una figura nell'ombra la chiamò - "Buonasera Milady!".

"Chat?!? Mi hai fatto prendere un colpo! Dove sei?" - rispose l'eroina, colta di sorpresa
e con la preoccupazione in cuore sul fatto che, essendosi appena trasformata, ci fosse
la possibilità che lui avesse visto tutto.

"Insettina, sono qui, ma non sono trasformato" - ammise Adrian, restando nascosto.

Ladybug trasalì - "Ma che ti salta in mente? È troppo rischioso! Lo sai che non
possiamo conoscere le nostre identità!".

"Eppure, sono qui e senza maschera! Ti dispiace così tanto?".

La ragazza rimase silenziosa. Le sarebbe davvero dispiaciuto sapere chi fosse il suo
partner? La risposta le venne lampante: lo voleva sapere - eccome! - ma il proprio lato
eroico le impose contegno, pur andando nel pallone. Provò, stoicamente, a capirci
qualcosa.

"Perché hai voluto incontrarmi e perché non sei trasformato?" - chiese, quasi
tremando, e non per il freddo, ma per la quasi totale certezza di esser stata scoperta.
"In realtà volevo incontrarti per parlare con te, ma senza filtri, anche se so che la cosa
ti potrebbe fare un certo effetto" - ammise, pur senza ancora mostrarsi.

"Che cosa volevi dirmi?" - chiese con la consapevolezza della disfatta in corpo.

"Non sei curiosa di sapere chi sono?".

La ragazza indugiò qualche secondo prima di rispondere - era troppo agitata.

"Deduco che sei curiosa pure tu! Io so già chi sei, insettina!" - la precedette lui.

"Mi hai visto mentre mi trasformavo?" - ribatté, quasi implorando.

"No. L'ho semplicemente capito ieri sera".

Il silenzio piombò tra i due e solo il rumore del vento freddo fece da contorno ai
battiti dei rispettivi cuori che, in tumulto, non davano loro tregua.

"Non va bene!" - pensò l'eroina - "Cosa faccio, ora?".

Adrian, ancora nascosto dall'ombra, continuava ad osservare la bella compagna di


tante battaglie che, presa in contropiede, stava fremendo. Si sentì colpevole per
questo: forse era stato troppo diretto, ma lui stesso non aveva fatto in tempo a
trasformarsi e tutto il proprio piano era andato semplicemente in fumo,
costringendolo ad inventare.

"Come avresti fatto a capirlo ieri sera?" - chiese titubante, seppure con voce dura.

"Semplicemente perché ci conosciamo pure nella vita reale e siamo anche buoni
amici" - confermò, senza pensarci su troppo - "Vuoi parlare da trasformata oppure
preferisci farlo da civile, principessa?".

"Chat, lo sai che è pericoloso! È pericoloso che io e te ora siamo qui a parlare con te in
forma civile! È pericoloso che tu sappia chi io sia! E, poi, come diavolo l'hai capito chi
sono? Non ho mai parlato a nessuno di quanto ti ho detto ieri sera!" - Sbraitò, quasi
offesa.

"Direi che, se ti ho riconosciuta, vuol dire che sapevo di quei particolari di cui mi hai
parlato, ma, se proprio insisti, mi trasformo pure io, anche se non ha molto senso ora;
preferirei far incontrare Tikki a Plagg e lasciarli liberi per questa serata. Papillon
sembra tranquillo".

La corvina provò l'ultima carta - "Non è che mi stai prendendo in giro? Magari hai solo
ipotizzato chi io possa essere e, in realtà, non ...".

"Marinette!" - esclamò il biondino.

La ragazza perse un battito e si accasciò sulle ginocchia, presa alla sprovvista,


completamente spiazzata e travolta da uno tsunami di emozioni, amplificate da un
eco immaginario che le rimbalzava il proprio nome direttamente nella testa.

"Vorrei parlare con te senza maschera, se me lo permetti. Vorrei risponderti a quanto


mi hai detto ieri sera, ma vorrei farlo da me stesso e non come Chat" - cercò di salvare
la situazione.

Ladybug si rialzò in piedi, risoluta, e si avvicinò alle cabine della piscina: di sicuro, lì
nessuno avrebbe potuto vedere la sua trasformazione, eccetto Chat, ma cosa
importava oramai?

"Tikki, trasformami" - furono le parole che uscirono tremanti dalla propria bocca, per
lasciare posto ad una elegante Marinette, in abito da sera.

Subito il freddo si fece sentire, pungendola sulle parti scoperte. Istintivamente si


portò le braccia attorno alle spalle, per potersi scaldare e proteggere: in quel
momento si sentì più nuda che mai.

Una sciarpa morbida e calda l'avvolse da dietro, lasciandole un lieve tepore. Trovò
l'indumento quasi familiare: nel buio non ne era sicura, ma - su due piedi - le sembrò
quello che lei stessa aveva fatto per Adrian qualche anno prima - semplicemente
assurdo! - si autoconvinse. Non ebbe comunque il coraggio di voltarsi a guardare la
persona che l'aveva cinta.

Dal canto suo, Adrian era rimasto a bocca aperta ad osservare la trasformazione della
compagna, ma il vederla proteggersi dal freddo gli permise di rendersi conto di
quanto fosse forte, ma fragile, quella piccola, ma grande, ragazza che aveva di fronte.
L'istinto lo spingeva ad abbracciarla, ma la ragione lo fermò. Non era quello il
momento, non ancora, e la sciarpa che aveva ricevuto da suo padre per il
compleanno fu la cosa più semplice e diretta che gli passò per la testa in quell'istante,
in mezzo al mare di emozioni che lo stavano traghettando inesorabilmente verso le
braccia di quella creatura a cui aveva giurato amore assoluto.

"Grazie Chat" - disse con un filo di voce, cercando di camuffare col freddo le
sensazioni di disagio ed insicurezza che le attanagliavano lo stomaco. Mai si sarebbe
immaginata di trovarsi in questa situazione, anche se - lo sapeva bene - prima o poi
avrebbe pur dovuto affrontarla.

"Ti ringrazio della fiducia" - le confidò - "mi rendo conto che forse ti sembrerà strano,
ma volevo vederti così come sei, anche se ti conosco bene, ed avere io stesso il
coraggio di essere onesto fino in fondo con te".

Marinette rimase immobile ed in ascolto, analizzando la voce del ragazzo - ora


vicinissimo a lei. Ripensò alle informazioni che si erano scambiati la sera prima ed
inspirò a pieni polmoni il profumo che la leggera brezza le stava portando alle narici;
un profumo che conosceva molto, ma molto - troppo, si trovò a pensare - bene.

Osservò meglio la sciarpa e si pietrificò.

La consapevolezza fu come un cazzotto in pieno stomaco e, quasi, le venne da


svenire, ma restò aggrappata alla propria parte eroica e non mollò. Non stavolta.

"... sono stato uno stupido, per molto tempo. Non posso giustificarmi per tutte le mie
idiozie ... mi sei sempre stata vicina e per cui io... io ... non ho capito subito. Ho
scambiato la mia amicizia più particolare per qualcosa che in realtà era molto di
più ... lo so che forse non mi crederai, ma ero talmente preso dalla tua parte eroica da
non capire quanto tu fossi presente, importante, essenziale ed unica per me, tutti i
giorni in cui ci siamo incontrati".

Una semplice lacrima scese solitaria sul volto della ragazza, senza che neppure lei
stessa se ne accorgesse, insieme alla certezza di cosa stesse succedendo.

"... sei la mia scintilla quotidiana che rendi tutto più bello, anche nelle giornate
difficili, quando mio padre mi obbliga a fare tutte quelle attività senza fine o
sconfiggiamo il cattivo di turno ...".

Un'altra lacrima scivolò sul volto della morettina.


"... perché la tua forza d'animo ed il tuo carattere sono la luce che ha sempre
illuminato tutti i miei momenti bui. Io non posso stare senza di te, né come Chat, né
come .... Adrian. Io ti amo, Marinette!".

Marinette cominciò a piangere, stavolta senza freni, girandosi verso il ragazzo ed


abbracciandolo.

Si sentì stupida, felice, persa, rincuorata, svuotata e nuovamente riempita di una


nuova sensazione, diversa da qualsiasi cosa che avesse mai provato prima. Le braccia
di Adrian la stavano cingendo forti e confortevoli e quello, lo percepiva - lo aveva
sempre saputo - era il posto giusto dove stare; quelle braccia che l'avevano protetta
migliaia di volte contro gli akumizzati... quelle braccia che ora la facevano sentire
completa... amata ... donna.

Si baciarono.

Un bacio tenero, desiderato, sincero ed il mondo, per quei minuti, fu tutto lì per loro.

Quattro occhi e due bocche spalancate rimasero appena dietro alla struttura,
ascoltando allibiti chi fosse cosa e come: Alya e Nino, scioccati, si tennero per mano
sconcertati. Ci sarebbe stato sicuramente molto da dire, ma non ora, non in quel
momento. Quell'attimo era solo per i due eroi che, finalmente, erano diventati un
tutt'uno.

Potrebbero piacerti anche