Contro il trionfalismo
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B E AT U S P OPU LU S , C U I U S D O M I N U S DE U S E I U S
SOMMARIO 4114
18
DOSTOEVSKIJ
DOCUMENTO
315 LA FRATERNITÀ: UN MODO DI FARE LA STORIA
Un convegno di «La Civiltà Cattolica» e «Georgetown University»
a un anno dalla «Fratelli tutti»
ARTICOLI
319 CONTRO IL TRIONFALISMO E LA MONDANITÀ SPIRITUALE
Diego Fares S.I.
La tentazione del trionfalismo – il cristianesimo senza croce – e della sua forma più subdola – la mon-
danità spirituale – è un tema ricorrente nella dottrina di Bergoglio-Francesco. Per il Papa, bisogna
discernere in ogni situazione i comportamenti in cui la mondanità si cela e si dissimula. Francesco
ne segnala alcuni: la divisione in fazioni interne, l’ambizione truccata da pietà, l’attaccamento alla
penombra e alla diffidenza. La radice comune a tutti è la croce respinta e la coltivazione di sé invece
che della maggior gloria di Dio. L’antidoto al trionfalismo è allora quella peculiare fatica del cuore di
cui Maria ci dà l’esempio sotto la croce del Figlio. Così il trionfalismo, distrutto dall’umiliazione di
Gesù, è stato ugualmente distrutto nel cuore della Madre.
Il Libro di Giuditta non descrive un avvenimento storico, ma vuole piuttosto presentare una Teo-
logia della storia. In un solo episodio vi è riassunta emblematicamente tutta la vicenda del popolo
di Dio, in un confronto apocalittico con le forze del male. L’esercito di Nabucodonosor con il
generale Oloferne vuole assoggettare tutti i popoli della Terra. Dopo aver seminato ovunque di-
struzione e morte, si trova davanti l’imprevista resistenza del Regno di Giuda, che non faceva parte
dei grandi imperi e di cui si ignorava perfino l’esistenza. Bene e male, verità e menzogna, Dio
vero e dio falso si affrontano su uno scenario apocalittico. La vittoria di Giuditta – donna, vedova,
sola – su Oloferne è l’annuncio messianico di Israele che trionfa sulla potenza demoniaca del male.
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SOMMARIO 4114
Il 12 ottobre 2021 è stato assegnato il premio Nobel 2021 per l’economia a David Card, Jo-
shua Angrist e Guido Imbens per il loro contributo alla metodologia economica. L’articolo
spiega la natura dei progressi metodologici dei premiati e sottolinea quanto il loro lavoro
sia diventato essenziale per la ricerca economica. Mentre il Nobel mette in risalto l’impor-
tanza della metodologia, il lavoro dei vincitori include anche molte questioni economiche
applicate e questioni sociali attuali. Pertanto l’articolo considera anche le implicazioni pra-
tiche della ricerca dei premiati, in particolare con la dimensione economica della dottrina
sociale della Chiesa. L’Autore insegna alla McDonough School of Business della Georgetown
University di Washington.
Il rapporto tra la vita e la letteratura è sempre stato inquieto e complesso. Si potrebbe scrivere
una vera e propria storia di questa relazione, che è stata ora affermata ora negata, ora desi-
derata ora respinta. Stéphane Mallarmé aveva messo in relazione la tristezza della carne con
la vanità della lettura di tutti i libri. Ma questa relazione è vera solamente se consideriamo la
parola poetica vanità, illusione. L’articolo fornisce sette immagini che danno una lettura di-
versa dell’esperienza letteraria: la camera oscura, l’idraulica, la digestione, lo scoppio, il fuoco,
la montagna, la conchiglia. Si scopre allora che il rapporto tra la vita e la letteratura rientra in
quello che si potrebbe definire un «esercizio spirituale». E una spiritualità priva di immagina-
zione è come un cembalo che tintinna.
PARTE AMENA
364 DISCIPULO AMADO, EL CUENTO
LA STORIA DEL DISCEPOLO AMATO
Joaquín Ciervide S.I.
La storia del discepolo amato è un poemetto di Joaquín Ciervide, gesuita, nato a Pamplona, nel 1943.
Egli ha compiuto i suoi studi filosofici a Kinshasa e quelli teologici a Lovanio, Belgio. La sua vita
apostolica è trascorsa in vari luoghi del mondo, in particolare a servizio dei profughi e nell’impegno
educativo in questi Paesi: la Repubblica Democratica del Congo, il Rwanda, il Burundi, il Ciad
orientale, l’Ecuador, il Madagascar e il Perù. Da sempre appassionato di poesia, ne ha scritta priva-
tamente. Ha pubblicato saggi di letteratura africana in Congo Afrique, e di poesia in Vida Nueva.
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FOCUS
376 CENTO ANNI DEL PARTITO COMUNISTA CINESE
Riflessioni di ordine socioeconomico
Fernando de la Iglesia Viguiristi S.I.
Il Partito comunista cinese (Pcc) ha da poco festeggiato i suoi 100 anni di esistenza. Fondato nel
luglio 1921 a Shanghai con soli 53 membri, oggi ne conta più di 90 milioni. Nei suoi 100 anni
di vita, 70 dei quali al potere, ha superato le truppe giapponesi e poi le truppe nazionaliste, il di-
sastro economico a causa del fallito programma del grande balzo in avanti e le purghe all’interno
della Rivoluzione culturale del 1966, che quasi lo decimò. Oggi, a partire da una trasformazione
economica senza precedenti nella storia, presiede una delle più grandi economie del Pianeta,
lasciando il segno su tutte le questioni globali. Questo articolo riflette sulla storia del Pcc, sui suoi
ultimi risultati e sulle sfide che oggi deve affrontare.
«Il vangelo secondo Jack Kerouac» 402 - «Qui rido io» 403 - La sospensione del tempo 404 - L’ amore?
Un culto gradito a Dio 405
Carboni M. 409 - Carloni E. 412 - Cassiodoro primo umanista 411 - Colore (Il) nell’arte 409
- Enoc M. 408 - Ghisalberti A. 411 - Mazzoni M. 412 - Occhetta F. 408 - Simeone D. 413 -
Tarzia A. 411 - Theobald C. 406
LE ELEZIONI AMMINISTRATIVE 2021
contorno, individuati nel 66% degli astenuti tra gli operai torinesi
e nel 71% tra i disoccupati triestini.
Per la salute della democrazia appare utile interrogarsi sulle
motivazioni che hanno indotto gli elettori, e soprattutto queste
fasce della popolazione, a non votare. In primo luogo, tutte que-
ste categorie di persone hanno pagato più di altre il contraccolpo
delle misure adottate per contrastare la pandemia. In secondo
luogo, c’è il disincanto dei giovani che non hanno trovato le
motivazioni per esprimere le loro preferenze, perché purtroppo
nella maggior parte dei contesti le proposte elettorali si sono li-
mitate a garantire l’efficacia di una buona amministrazione per
gestire l’esistente (la mobilità, i rifiuti, la sicurezza). La grande
assente nel dibattito è stata una visione di futuro per la città che
211
interessa soprattutto alle nuove generazioni per poter intuire un
orizzonte su cui investire. Conservare l’inerzia di deboli processi
di mantenimento non scalda i cuori. In terzo luogo, ci sono le
persone con un basso livello di istruzione. Tra loro l’astensione è
da tempo radicata. Diversi studi affermano che negli ultimi anni
con il crescere del livello culturale aumenta proporzionalmente
la partecipazione al voto, e anche le recenti amministrative han-
no rispettato questa tendenza. Il coinvolgimento delle persone
con minore istruzione passa per la relazione, per il radicamen-
to territoriale, per una sensibilizzazione ai problemi comuni e
alle possibilità di dare risposta, oppure attraverso le scorciatoie
della spettacolarizzazione della politica e della radicalizzazione
dei conflitti. Quando le forze politiche che si affidano a queste
ultime perdono parte della loro reputazione, e le altre sono as-
senti, nelle comunità emerge il rischio più grande di non sentirsi
rappresentati da nessuno e di abbandonare l’impegno nella par-
tecipazione e le aspirazioni di poter costruire insieme qualcosa.
Nessuno è stato in grado di attrarre il voto di protesta né di
scaldare gli animi degli indecisi. Purtroppo l’astensione alimenta se
stessa. Spesso si crea un circolo vizioso, perché gli eletti finiscono
per rivolgersi e curare gli interessi soprattutto del proprio elettorato;
così quanti si sentivano trascurati dalle iniziative politiche accresco-
no la loro distanza dai partiti e dai loro rappresentanti.
DOCUMENTO
LA FRATERNITÀ:
UN MODO DI FARE LA STORIA
Un convegno di «La Civiltà Cattolica» e
«Georgetown University»
a un anno dalla «Fratelli tutti»
320
I concetti che caratterizzano questa tentazione – il trionfalismo
e la mondanità – non devono indurre a pensare che si tratti di que-
stioni superficiali. Il Papa ricorda che la mondanità odia la fede,
ci ruba il Vangelo, uccide coloro che si oppongono ad essa con
decisione, i nostri martiri5, così come ha ucciso il Signore, e seduce
quanti sono disposti ad accettarla sotto qualsiasi forma, respingendo
la croce. «È curioso: [del]la mondanità, qualcuno può dirmi: “Ma
padre, questa è una superficialità di vita...”. Non inganniamoci! La
mondanità non è per niente superficiale! Ha delle radici profonde,
delle radici profonde. È camaleontica, cambia, va e viene a seconda
delle circostanze, ma la sostanza è la stessa: una proposta di vita che
entra dappertutto, anche nella Chiesa. La mondanità, l’ermeneutica
mondana, il maquillage, tutto si trucca per essere così»6.
difficoltà non sta nel comprendere l’«idea» del trionfalismo con uno
sguardo sociologico o psicologico, ma piuttosto nel fare un «discer-
nimento evangelico» (EG 50) concreto in ogni caso, grazie al quale
ciascuna persona o la Chiesa intera senta, interpreti e scelga ciò che
la conduce a uscire per evangelizzare e respinga ciò che la porta a
chiudersi in se stessa e che la vuole invadere. Bisogna discernere in
ogni circostanza i comportamenti, le situazioni e le strutture in cui
la mondanità si cela e si dissimula. L’Evangelii gaudium rimarca con
chiarezza che la neutralità non esiste: se non diamo gloria a Dio, ce
la daremo tra di noi (cfr EG 93); se la nostra predica non s’incul-
tura, diventa astratta, gnostica; se non siamo pastori che pascolano
le loro pecore, diventiamo mercenari neopelagiani che controllano
(cfr EG 94); se non prendiamo su di noi le umiliazioni della nostra
321
croce, tra di noi cominciano le guerre interne (cfr EG 98). Per-
ciò riteniamo che questo non sia solo un tema importante, ma una
questione di vita o di morte. E per combattere bene è necessario
scoprire il «dinamismo» di tale tentazione trionfalistica, in modo da
collegare i suoi frutti cattivi con la radice che li alimenta.
9. Come dice il proverbio, «Dio castiga la superbia occulta con lussuria ma-
nifesta».
10. «Lo Spirito Santo indubbiamente soffia dove vuole e quando vuole. […]
Tuttavia, personalmente mi impressiona il fatto che questo fenomeno, a volte, sia ac-
compagnato da un certo trionfalismo. E il trionfalismo, in verità, non mi convince.
Diffido di queste manifestazioni di fecondità quasi “in vitro” o di queste manifesta-
zioni o messaggi trionfalistici secondo i quali la salvezza è qui o lì» (Francesco, La
forza della vocazione. Conversazione con Fernando Prado, Bologna, EDB, 2018, 44).
11. Titolo che si ispira a Romano Guardini, che parla della tensione polare tra
silenzio e parola, lontana dagli estremi del mutismo e del frastuono (cfr R. Guardi-
ni, Etica, Brescia, Morcelliana, 2021).
12. J. M. Bergoglio, «Silencio y Palabra», in Reflexiones espirituales, Buenos
Aires, USAL, 1992, 19. Ora in Francesco, «Silenzio e parola», in Id., Non fatevi
rubare la speranza, Milano, Mondadori, 2013, 85.
ARTICOLI
326
Timbro mariano: i rimedi contro il trinfalismo
31. Cfr ivi, 106 s. Lucifero nella Bibbia si caratterizza per la hybris di «salire
più in alto dell’Altissimo» e cadere rapidamente. «Il drago combatteva insieme ai
suoi angeli, ma non prevalse […], fu precipitato sulla terra» (Ap 12,7-9). Il Signore
afferma nel Vangelo di Luca: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore»
(Lc 10,18). L’origine di tutti i peccati è la superbia. I santi Padri e i teologi applicano
tipologicamente al peccato del diavolo la frase che Israele pronuncia nella sua ribel-
lione a Dio: «Non voglio essere serva!» (Ger 2,20).
32. Cfr Francesco, Omelia nella Messa del Giovedì Santo, 2 aprile 2015.
CONTRO IL TRIONFALISMO E LA MONDANITÀ SPIRITUALE
restando sempre nel ruolo del pastore, anche rispetto a chi lo critica
e non obbedisce, senza cadere nella politica.
«Sii pastore!»
40. Cfr Id., Conferenza stampa durante il volo di ritorno da Bratislava, 15 set-
tembre 2021.
CONTRO IL TRIONFALISMO E LA MONDANITÀ SPIRITUALE
41. Id., Discorso nel momento di riflessione per l’inizio del percorso sinodale, cit.
ARTICOLI
Il Libro di Giuditta
1. Cfr S. Corradino, Judith. Il libro di una vita, Soveria Mannelli (Cz), Rub-
bettino, 2002.
2. Cfr L. Alonso Schökel, «Strutture narrative nel libro di Giuditta», in
Id., L ’arte di raccontare la storia. Storiografia e poetica narrativa nella Bibbia, Cinisello
Balsamo (Mi) - Roma, San Paolo - Gregorian & Biblical Press, 2013, 151.
La campagna di Nabucodonosor
messa ad Achior: «Non vedrai mai più la mia faccia, da oggi fino
a quando farò vendetta di questa razza che viene dall’Egitto» (6,5).
I soldati di Betulia vedono il prigioniero abbandonato, lo cat-
turano, lo portano dai capi, che gli chiedono il perché di un tale
abbandono e quali siano i progetti di Oloferne.
Giuditta
La preghiera di Giuditta
6. Gdt 12,14: cfr F. Dalla Vecchia, Giuditta, Cinisello Balsamo (Mi), San
Paolo, 2019, 107.
7. Cfr D. Scaiola (ed.), Rut, Giuditta, Ester, Padova, Messaggero, 2006, 56.
8. Cfr B. Schmitz - H. Engel, Judit, Freiburg - Basel - Wien, Herder, 2014, 40.
ARTICOLI
Il disegno di salvezza
13. Si noti il modo in cui si concentra l’obiettivo: prima Israele (cfr 4,11-15),
poi la gente di Betulia (cfr 7,19-22), gli anziani della città (cfr 7,23-32) e infine
Giuditta (cfr 8,1-10).
14. Cfr Gdt 6,1-13; 10,11–13,17.
15. Cfr Gdt 13,14-20; 14,7; 15,8; 16,20.
ARTICOLI
16. Cfr Gdt 5,19; 8,21; 9,8.13; 10,8; 11,19; 13,4: cfr B. Schmitz - H. Engel,
Judit, cit., 355.
17. Cfr Gdt 4,8-15; 9,1; 15,8-10; 16,18-20.
18. Cfr Gdt 9,11-14; 13,4; 15,9; 16,18-29.
LA TEOLOGIA DELLA STORIA NEL LIBRO DI GIUDITTA
Forse sta qui il maggior paradosso del Libro. A nessun altro mo-
343
mento della storia d’Israele l’impresa di Giuditta pare adeguarsi così
perfettamente: lo assume, si direbbe, a modello, benché sia un antefatto
penoso e umiliante. La rilettura è diretta non a un recupero benevolo
dell’accaduto, ma all’esaltazione del gesto e della persona di Simeone:
un’operazione corrente nel giudaismo del tempo21. Il peccato dell’uo-
mo di Dio, quando sia espiato, diviene una felix culpa per il recupe-
ro che Dio ne fa per la salvezza dei suoi. L’impresa di Giuditta vuole
essere per Israele un capolavoro di santità e di prudenza ispirata, che
viene ad avere qui il suo riferimento esemplare: in un atto di violenza
commesso nell’età patriarcale, la cui condanna ha cancellato effettiva-
mente – non con un gesto arbitrario, ma con la misteriosa forza della
storia – una delle 12 tribù originarie, quella appunto di Simeone. Tut-
tavia, quando sussiste la comunione del popolo con Dio – la vicenda
di Giuditta lo dimostra in maniera esemplare –, il Signore è con i suoi
e li salva: non si dà nulla di quanto Dio ha chiamato che non giunga,
per tramiti silenziosi e con i volti appropriati, al suo compimento.
19. Gdt 9,2-4: cfr B. Schmitz - H. Engel, Judit, cit., 279 s; F. Dalla Vec-
chia, Giuditta, cit., 88-91.
20. Gen 49,5-7; cfr 34,30. Anche quello di Levi è – sotto questo preciso ri-
guardo – un caso strettamente parallelo (cfr Gen 34,25-31; 49,5-7), che si scava però
una via tutta diversa – più visibile, ma meno esplicita – attraverso i materiali della
tradizione e la loro sistemazione finale.
21. Cfr Libro dei Giubilei 30,1-6; Testamento di Levi 3-6: l’angelo comanda a
Levi di compiere la vendetta sui sichemiti. Cfr S. Corradino, Judith…, cit., 105-107.
ARTICOLI
Sulla falsariga dei premi Nobel che vengono assegnati per varie
altre discipline delle arti e delle scienze, l’Accademia reale svede-
se delle scienze destina ogni anno un premio anche a ricercatori
che abbiano dato contributi eccezionali nel campo dell’economia.
344
Si chiama «Premio Sveriges Riksbank per le scienze economiche in
memoria di Alfred Nobel», e quest’anno è andato a tre economisti
che hanno apportato indiscutibili progressi alla metodologia della
ricerca economica. Il lavoro di David Card, Joshua D. Angrist e
Guido W. Imbens sull’inferenza causale attraverso l’uso di esperi-
menti naturali ha cambiato per sempre tale settore ed è divenuto
una componente indispensabile di qualsiasi programma di studi
specialistici in campo economico.
Un Nobel «metodologico»
Esperimenti naturali
sionari dei gesuiti del XVII secolo in America Latina2. L’autore mostra
come oggi, 250 anni dopo l’opera missionaria dei gesuiti, le regioni
in cui essi stabilirono delle missioni raggiungano risultati economici
migliori rispetto a quelle circostanti (dove non ne erano state insedia-
te). Questo effetto viene attribuito alla cura dei gesuiti per l’istruzione,
che ha permesso alle successive generazioni delle popolazioni locali di
trasmettersi competenze e di impegnarsi in attività produttive.
L’interesse degli scienziati appena insigniti del Nobel per questioni
centrali nell’insegnamento sociale della Chiesa non è un fatto isolato nel-
la storia recente del premio. Nel 2019 il riconoscimento è stato assegnato
a Abhijit Banerjee e a Esther Duflo, due economisti che hanno dedicato
il loro lavoro alla povertà globale e ai mezzi per alleviarla. Nel 2015 il
comitato ha insignito Sir Angus Deaton, con l’esplicito intento di pre-
352
miarne il lavoro «sui consumi, sulla povertà e sul welfare» e, più specifi-
camente, sulle cause determinanti della povertà e della disuguaglianza3.
Più in generale, è logico che l’economia abbia molti legami con i temi
della dottrina sociale della Chiesa e con quella cura dei più bisognosi alla
quale spinge il Vangelo, dato che il suo campo di azione riguarda la di-
stribuzione di beni e di servizi e l’aumento del benessere. Il premio Nobel
per l’economia di quest’anno ci ricorda che tali questioni, sebbene siano
complesse e richiedano il coinvolgimento personale di tutti i cristiani e
delle persone di buona volontà, possono essere studiate e comprese anche
in chiave sistematica. Perciò offre un’ulteriore conferma del fatto che, se
vogliamo testimoniare la parola di Dio nel mondo, fede e ragione devo-
no sempre operare insieme. Questo modo di vedere, ben presente negli
scritti dei primi Padri della Chiesa, riecheggiato da sant’Anselmo e trat-
tato più recentemente da san Giovanni Paolo II, è tanto più necessario se
vogliamo che la nostra vocazione cristiana porti frutto e migliori la vita
di quanti vivono accanto a noi, specialmente dei più bisognosi.
La camera oscura
9. Id., Alla ricerca del tempo perduto. IV. Il tempo ritrovato, cit., 577.
10. Cfr ivi, 596.
11. Cfr ivi, 577 s.
ARTICOLI
L’idraulica
Si chiedeva il critico francese Charles Du Bos: «Senza la let-
teratura, cosa sarebbe la vita?». La risposta che ci offre sembra
eccessiva e tuttavia resta appropriata nella sua ispirazione fon-
damentale. Eccola: «Non sarebbe altro che una cascata da cui
tanti di noi sono sommersi, talmente insensata che noi, incapaci
di interpretare, ci limitiamo a subire. Di fronte a tale cascata,
la letteratura assolve le funzioni dell’idraulica: capta, raccoglie,
convoglia e solleva le acque»14.
In poche parole: senza la letteratura, la vita rischierebbe di
essere come «allagata» dall’esperienza. La letteratura, rimanendo
nella metafora, incontra l’uomo, il lettore, sotto il pelo dell’acqua
che è quel prosaico e scialbo significato letterale, quella «lettera-
lità» che «uccide», come ricorda san Paolo (cfr 2 Cor 3,6). La vita
letteralizzata è quella ridotta al senso comune, all’apparenza, alla
banalità illuministica della superficie.
La digestione
Lo scoppio
15. M. de Certeau, Il parlare angelico. Figure per una poetica della lingua (Secoli
XVI e XVII), Firenze, Olschki, 1989, 139 s.
16. Cfr J.-C. Renard, «Poesia, fede e teologia», in Concilium 12 (1976) 36-61; 45.
17. Cfr A. Spadaro, «“Nelle vene d’America”. William Carlos Williams
(1883-1963)», in Civ. Catt. 2003 III 221-234.
18. A burst of iris so that / come down for / breakfast / we searched through the /
rooms for / that / sweetest odor and at / first could not / find its / source then a / blue
as / of the sea / struck / startling us from among / those trumpeting / petals.
ARTICOLI
19. Cfr A. Spadaro, «“Scoprire senza selci l’altro fuoco”. La poesia di Bartolo
Cattafi», in Civ. Catt. 2002 I 245-258.
20. Cfr Id., «“Vive in fondo alle cose la freschezza più cara”. La poesia di Ge-
rard M. Hopkins», in Civ. Catt. 2006 IV 234-247.
SETTE IMMAGINI DELL’ESPERIENZA LETTERARIA
Il fuoco
21. Cfr Id., «Il viaggio di un “estremo principiante”. La poesia di Mario Luzi»,
in Civ. Catt. 2006 IV 554-567.
ARTICOLI
22. Cfr Id., «“Altrove è il canto, altrove è la parola”. L’ispirazione religiosa della
poesia di Alda Merini», in Civ. Catt. 2004 IV 119-132.
23. Cfr Id., «Kikuo Takano. “Afferrare l’azzurro del mare”», in Civ. Catt. 2010
III 367-380.
SETTE IMMAGINI DELL’ESPERIENZA LETTERARIA
La montagna
La letteratura ha un «destino», è tensione d’attesa come una freccia
infuocata, ricorda una direzione, una destinazione. È l’esperienza del
poeta statunitense Wallace Stevens, per il quale, in The Poem that Took
the Place of a Mountain, la poesia è come una montagna. Ecco la sesta
immagine. Qui il poeta parla di sé in terza persona24: Era là, parola per
parola, / La poesia che prese il posto di un monte. / Egli ne respirava l’ossi
geno, / Perfino quando il libro stava rivoltato nella polvere del tavolo. / Gli
ricordava come avesse avuto bisogno / Di un luogo da raggiungere nella
sua direzione, / Come egli avesse ricomposto i pini, / Spostato le rocce e
trovato un sentiero / fra le nuvole, / Per giungere al punto d’osservazione
giusto, / Dove egli sarebbe stato completo di una completezza inspiegata:
/ La roccia esatta dove le sue inesattezze / Scoprissero, alla fine, la vista 361
che erano andate guadagnando, / Dove egli potesse coricarsi e, fissando in
basso il mare, / Riconoscere la sua unica e solitaria casa.
Non sappiamo se Stevens stesse vedendo una montagna, ma certo
scrivere una poesia diventa per lui il vero modo di fare esperienza di
una montagna, di goderne gli effetti, di conoscerla davvero. Ha scritto
il teologo Karl Rahner che noi conosciamo il mondo grazie alle parole,
ma che è anche vero che la cosa conosciuta, proprio grazie alla paro-
la, «afferra» chi conosce. Così, «grazie alla parola l’oggetto conosciuto
può penetrare dentro lo spazio esistenziale dell’uomo e questo ingresso
segna il reale attuarsi della stessa conoscenza»25. Io conosco, dunque,
perché grazie alla parola della poesia la cosa che conosco entra sul serio
nella mia vita. Stevens conosce la montagna perché la parola della poe
sia conduce la montagna dentro la sua esistenza.
Scrivere una poesia, per Stevens, diviene allora come scalare un
monte. E per lui questo significa avere una direzione, ricordare che c’è
24. There it was, word for word, / The poem that took the place of a mountain. / He
breathed its oxygen, / Even when the book lay turned in the dust of his table. / It reminded
him how he had needed / A place to go to in his own direction, / How he had recomposed the
pines, / Shifted the rocks and picked his way / among clouds, / For the outlook that would be
right, / Where he would be complete in an unexplained completion: / The exact rock where
his inexactness / Would discover, at last, the view toward which they had edged, / Where he
could lie and, gazing down at the sea, / Recognize his unique and solitary home.
25. K. Rahner, «Sacerdote e poeta», in Id., La fede in mezzo al mondo, Alba
(Cn), Paoline, 1963, 141. Cfr Id., Sacerdote e poeta, Cinisello Balsamo (Mi), San
Paolo, 2014; Id., «Letteratura e cristianesimo», ivi.
ARTICOLI
una meta, una exact rock, cioè una «roccia esatta», da raggiungere, no-
nostante tutte le nostre inesattezze. Questa è la scrittura umana, vera,
ricca di senso, quella che procede affilata e dritta come una freccia e
sa così persino spaccare le rocce e spostare i pini, pur di non perdere
la forza della sua direzione. Una scrittura senza una «roccia esatta» da
raggiungere è una macchia su carta porosa, stagno inutile e sciolto.
Ecco allora la domanda da porsi davanti a una poesia o a una narrazio-
ne: qual è la sua «roccia esatta»? Dove sta andando? Dove mi porta? Quale
meta mi indica? E con quale forza? Con quale sguardo? Lo scrittore au-
tentico sa spostare le rocce e trovare sentieri tra le nuvole per guadagnare
la vista giusta, il giusto punto di osservazione dove si ottiene una pienez-
za, una completezza che, dice Stevens, resta inspiegabile. «Affacciandoci»
dalla vera poesia possiamo guardare in basso e riconoscere la nostra vita.
362
La conchiglia
Le parole non sono identiche le une alle altre, non hanno lo stesso
peso specifico, anche all’interno della stessa lingua, come fossero oggetti
interscambiabili. Ogni loro classificazione è variabile, instabile, mobile.
La differenza fondamentale – secondo Karl Rahner – è tra parole che
sono come «farfalle morte, infilzate nelle vetrine dei vocabolari»26 e pa-
role viventi, che esistono da sempre e che, «quasi per miracolo, rinasco-
no continuamente»27. Una distinzione più sottile riguarda le parole che
riescono a chiarire i dettagli, il particolare, e le parole che fanno «brillare
il tutto nella sua unità»28. Le prime danno conoscenza, le seconde sa-
pienza. Ci sono parole, dunque, che attraverso l’indicazione di una cosa
sola «lasciano trasparire la infinita gamma della realtà, simili a conchi-
glie dentro le quali risuona il vasto mare dell’infinità. Sono esse che ci
illuminano e non noi ad illuminarle. Esse esercitano un potere su di noi,
perché sono doni di Dio e non invenzioni umane, anche se è grazie alla
tradizione degli uomini, che sono potute giungere fino a noi»29.
La conchiglia (Muschel) è l’efficace simbolo per dire l’infinità pre-
sente nella finitudine della parola. Questa immagine ci aiuta a com-
***
Allora sì, l’esperienza di Mallarmé, quella della «tristezza» della car-
ne nonostante la lettura di «tutti i libri», è vera solamente se conside-
riamo la parola poetica vanità, illusione. Le immagini che abbiamo
fornito danno una lettura diversa dell’esperienza letteraria. La camera
oscura, l’idraulica, la digestione, lo scoppio, il fuoco, la montagna, la
conchiglia sono immagini che ci aiutano a comprendere il rapporto
forte tra una pagina letteraria e la nostra vita. Esso sempre e comunque
rientra in quello che si potrebbe definire un «esercizio spirituale». E una
spiritualità priva di immaginazione è come un cembalo che tintinna.
30. Ivi.
31. Cfr ivi, 144.
32. Ivi.
PARTE AMENA
Joaquín
CIERVIDE
DISCIPULO AMADO, EL CUENTO
Yo siento
Agapito, que quiero contar
un cuento.
… como tú,
como el agua de mi fuente
como tú,
como el fuego de mi hogar,
como tú,
como el fuego de mi hoguera,
como tú,
como el trigo de mi pan
y agapèo, agapán
en griego se dice ‘amar’.
Repito.
Era un viejecito
llamado Agapito,
JOAQUÍN CIERVIDE
E vorrei, ora,
Agapito, raccontarti
una storia.
natural de Alejandría,
que además de hacer el bien,
él rezaba noche y día
por amor de Dios. Amén.
nativo di Alessandria,
e non solo faceva del bene,
ma pregava notte e giorno
per amore di Dio. Amen.
Llegando a Jerusalén
sin estrella se quedaron.
Unos sabios opinaron
que buscaran por Belén.
Giunti a Gerusalemme,
la stella d’improvviso sparì.
Qualche sapiente di lì
li mandò verso Betlemme.
El contemplar encendido
es cosa de admiración,
deja nuestro ser henchido
de suave consolación.
Es Dios quien pone su nido
en el ser arrodillado.
El que, cuando busca, reza
1. Cfr Hb 11,1.
JOAQUÍN CIERVIDE
Amoroso contemplare,
che fortuna inaudita:
ci colma mente e cuore
di consolazione infinita.
È Dio che fa il suo nido
nell’orante inginocchiato.
Chi cerca, e intanto prega
1. Cfr Eb 11,1.
PARTE AMENA
Que es bienaventuranza
el creer sin haber visto2,
apuesta de confianza
en el Dios de Jesucristo
con ilusión y esperanza.
372
Y es que el corazón ve3
lo que la vista no vio,
y de esa manera fue
que el discípulo creyó4
con la fuerza de la fe.
2. Jn 20,29.
3. Ef 1,18.
4. Jn 20,8.
5. Jn 14,6.
JOAQUÍN CIERVIDE
2. Gv 20,29.
3. Ef 1,18.
4. Gv 20,8.
5. Gv 14,6.
PARTE AMENA
Y colorín, colorado
este cuento se ha acabado.
6. Jn 19,27.
7. Jn 13,23.
8. Jn 1,16.
9. Jn 19,30.34.
JOAQUÍN CIERVIDE
6. Gv 19,27.
7. Gv 13,25.
8. Gv 1,16.
9. Gv 19,30.34.
Nato a Pamplona, nel 1943, Joaquín Ciervide è diventato gesuita nel 1960. Ha compiuto
i suoi studi filosofici a Kinshasa e quelli teologici a Lovanio, Belgio. La sua vita apostolica
è trascorsa in vari luoghi del mondo, in particolare a servizio dei profughi e nell’impegno
educativo in questi Paesi: la Repubblica Democratica del Congo, il Rwanda, il Burundi,
il Ciad orientale, l’Ecuador, il Madagascar e il Perù. Da sempre appassionato di poesia,
ne ha scritta privatamente. Ha pubblicato saggi di letteratura africana in Congo Afrique,
e di poesia in Vida Nueva.
FOCUS
4. Cfr R. McGregor, The Party: The Secret World of China’s Communist Ru
lers, Londra, Penguin Books, 2010.
FOCUS
7. Cfr A. Kroeber, China’s Economy, Oxford, Oxford University Press, 2016, 14.
FOCUS
8. Cfr «The Economic Policy Agenda of China’s 14th Five Year Plan» (www.
xinhuanet.com/politics/zywj/2020-11/03/); «Outline of the People’s Republic of
China 14th Five-Year Plan for National Economic and Social Development and
Long-Range Objectives for 2035» (cset.georgetown.edu/wp-content/uploads/
t0284_14th_Five_Year_Plan_EN.pdf).
CENTO ANNI DEL PARTITO COMUNISTA CINESE
11. Cfr McKinsey Global Institute, «China and the world: Inside
the dynamics of a changing relationship», giugno 2019 (www.mckinsey.com/
featured-insights/china/china-and-the-world-inside-the-dynamics-of-a-
changing-relationship).
12. Cfr P. C. Mavroidis - A. Sapir, «China and the WTO: An uneasy relation-
ship», in VoxEU (voxeu.org/article/china-and-wto-uneasy-relationship), 29 aprile 2021.
FOCUS
Conclusione
13. Cfr «Partido Comunista de China: 5 gráficos que muestran cómo pasó
en 100 años de ser una formación clandestina a gobernar una cuarta parte de la
población mundial», in BBC News Mundo (www.bbc.com/mundo/noticias-inter-
nacional-57673309), 1° luglio 2021.
14. Cfr M. Smith, «Bubble finally bursts for Chinese capitalism», in Financial
Review (www.afr.com/policy/foreign-affairs/a-new-era-of-chinese-state-control-
20210805-p58g87), 6 agosto 2021.
CENTO ANNI DEL PARTITO COMUNISTA CINESE
UNITÀ E CONCORDIA
NELL’USO DEL MESSALE ROMANO
Una analisi di «Traditionis custodes»
Cesare Giraudo S.I.
più volte adattato nel corso dei secoli alle esigenze dei tempi, infine
pubblicato da Paolo VI nel 1970 e nuovamente edito da Giovanni
Paolo II nel 2002, sia stato conservato e restaurato «in fedele osse-
quio alla Tradizione». Francesco conclude poi la sua disamina con
un monito su cui torneremo più oltre: «Chi volesse celebrare con de-
vozione secondo l’antecedente forma liturgica non stenterà a trovare
nel Messale Romano riformato secondo la mente del Concilio Vati-
cano II tutti gli elementi del Rito Romano, in particolare il canone
romano, che costituisce uno degli elementi più caratterizzanti».
11. Per questo documento, che restituisce ai vescovi la competenza sulle tra-
duzioni dei libri liturgici, cfr C. Giraudo, «Magnum Principium e l’inculturazione
liturgica nel solco del Concilio», in Civ. Catt. 2017 IV 311-324.
UNITÀ E CONCORDIA NELL’USO DEL MESSALE ROMANO
13. La scelta della locuzione «l’uno e l’altro Messale» si ispira al titolo di due
libri di P. Beauchamp (L’Un et l’Autre Testament, 1. Essai de lecture, 2. Accomplir les
Écritures, Paris, Seuil, 1976.1990), che esprime bene l’unità dei due Testamenti.
14. Il segno di croce, con la formula trinitaria, fa la sua comparsa ufficiale,
all’inizio della Messa, solo con il Messale di Pio V. Questo suo impiego proviene
dalla sfera della devozione personale del sacerdote, che già in sacrestia incominciava
a segnarsi e a recitare privatamente formule propiziatorie.
UNITÀ E CONCORDIA NELL’USO DEL MESSALE ROMANO
fratres» e «et vos, fratres». Dopo aver risposto con la formula augurale
«Misereatur tui», il ministro recita a sua volta il «Confiteor», rivolgen-
dosi al sacerdote con le parole «et tibi, pater» e «et te, pater». Il sacerdote
risponde con la formula augurale «Misereatur vestri», cui fa seguito la
formula assolutoria «Indulgentiam, absolutionem». Quindi prosegue
con la recita dialogata di quattro versetti e altrettante risposte. Poi sale
all’altare recitando sottovoce l’orazione «Aufer a nobis» e, mentre bacia
l’altare, la preghiera «Oramus te, Domine». Si sposta a mani giunte sulla
destra dell’altare, dove si trova il Messale, e facendosi il segno di croce
legge l’antifona di introito. Tornato al centro, alterna col ministro le in-
vocazioni del «Kyrie eleison, Christe eleison, Kyrie eleison», che vengo-
no ripetute a tre a tre per un totale di nove volte. Dopo di che recita, se
previsto, il «Gloria». Baciato nuovamente l’altare, si volge verso l’assem-
395
blea e la saluta con il «Dominus vobiscum»15. Quindi torna al Messale
per la recita della colletta o, se previste, di una o due altre collette, dopo
aver premesso «Oremus» solo alla prima. Si può notare, in questa parte
introduttiva, che tutto ruota intorno all’altare. Venuta meno, sul finire
del primo millennio, la percezione della funzione sacrale della cattedra,
l’altare si impone come segno incontrastato e unico.
Nel Messale del 1970/2002 tutto si svolge di preferenza alla cat-
tedra, ricollocata possibilmente in fondo all’abside, sul modello di
quanto si vede ancor oggi nelle antiche basiliche romane. Interve-
nendo in questo momento quale segno sacrale della presidenza, la
cattedra rende possibile, a sua volta, la liturgia all’ambone e la litur-
gia all’altare. La riforma liturgica, per ridare essenzialità all’intero
complesso introitale, ha soppresso la salmodia e ha previsto una sola
recita del «Confiteor». Ha inoltre rivalutato il saluto presidenzia-
le e lo ha riportato nella sua collocazione originaria. In tal modo
ha assicurato alla celebrazione un assetto valido dal punto di vista
delle sequenze rituali e significativo sotto il profilo teologico. Ne
dà atto la normativa rubricale, che ora recita: «Il saluto sacerdotale
e la risposta del popolo manifestano il mistero della Chiesa radu-
nata». Inoltre le formule del saluto sono state arricchite, per il fatto
che, al tradizionale «Dominus vobiscum» e alla variante episcopale
15. Gli storici della liturgia ci informano che è questo l’originario saluto ini-
ziale su cui tanto insistono le mistagogie dei Padri.
VITA DELLA CHIESA
18. M. Sodi - A. M. Triacca (edd.), Missale Romanum 1570, cit., 12; M. Sodi
- A. Toniolo (edd.), Missale Romanum 1962, cit., 59. Al fine di comporre lo sguar-
do di rispetto all’altare («contra altare») con lo sguardo al popolo («versus populum»),
il diacono e il suddiacono si dispongono l’uno di fronte all’altro parallelamente all’al-
tare, in modo tale che il suddiacono abbia l’altare a destra e la navata a sinistra.
19. Siccome l’omelia non figura nella descrizione «De Epistola, Graduali et
aliis usque ad Offertorium», con cui le rubriche generali del Messale di Pio V rias-
sumono la liturgia della Parola, la si può intendere nella voce comprensiva «de aliis»
(per le divisioni della Messa nel Messale tridentino, cfr M. Sodi - A. M. Triacca
[edd.], Missale Romanum 1570, cit., 10-19).
20. Sulla recente estensione dei ministeri alle donne, sancita da papa France-
sco, cfr C. Giraudo, «La ministerialità della donna nella liturgia. Tra “sana tradi-
zione” e “legittimo progresso”», in Civ. Catt. 2021 I 586-599.
21. Cfr Concilio Ecumenico Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, n. 53.
Per maggiori dettagli sulla preghiera dei fedeli, cfr C. Giraudo, Ascolta, Israele!
Ascoltaci, Signore!, Città del Vaticano, Libr. Ed. Vaticana, 2008, 103-144.
VITA DELLA CHIESA
25. Cfr la rubrica «Quo [Sanguine] sumpto, si qui sunt communicandi, eos
communicet, antequam se purificet» (M. Sodi - A. M. Triacca [edd.], Missale Ro
manum 1570, cit., 351; M. Sodi - A. Toniolo, Missale Romanum 1962, cit., 405).
VITA DELLA CHIESA
402
I l vangelo secon
do Jack Kerouac di
Luca Miele (edito
da Claudiana, 2021) è
la presenza di Dio: la
parola e il silenzio. La
presenza di Dio può
divenire apofatica, per
un’attenta lettura dell’o- negazione, oppure tal-
pera del celebre padre mente diafana da essere
della beat generation. Ma abbagliante: «Dio è so-
se Kerouac è famoso so- speso perennemente tra
prattutto per l’ideale di rivelazione e nascondi-
libertà dalle strette con- mento», e il volto di Dio
venzioni sociali ame- può risplendere «in un
ricane, la ribellione al angolo di strada o di un
sistema, soprattutto nel albero o in qualsiasi al-
suo romanzo più cele- tra cosa».
bre On The Road, Miele È un Dio che sem-
si sofferma sulle tracce bra nascondersi nelle
della presenza di Dio pieghe e nelle piaghe
nei suoi scritti. delle esistenze dei per-
Dalla parola scrit- sonaggi on the road de-
ta appare un Kerouac scritti da Kerouac, che
alla ricerca di una pro- spesso cadono sotto il
fonda relazione con un peso delle proprie scel-
Dio che, tuttavia, risulta te, dei propri errori, in
sempre in continua defi- questo procedere talvol-
nizione, in una febbrile ta a tentoni tra il buio
e tenace dinamica fatta delle notti dell’anima. E
di lotte, di contrasti, di di fronte al dolore, Ke-
domande che non han- rouac innalza una pre-
no mai una risposta defi- ghiera: «Tutte le notti
nitiva. Dirà l’autore: «La continuo a chiedere al
battaglia con e contro la Signore, “Perché?” e an-
ABITARE NELLA POSSIBILITÀ
E
leonora Betti, dilatata nella sospensio- co Lucilio: Omnia, Lucili,
cantautrice tosca- ne del tempo stesso. aliena sunt, tempus tan
na, pubblica un Nella nostra epoca e tum nostrum est.
ABITARE NELLA POSSIBILITÀ
N
ata nel 1982 a tografa il padre malato, to speculare si gioca
Tripoli, Arwa accarezzato affettuosa- poi quel messaggio di
Abouon non ha mente dalla moglie. Un uguaglianza e di pari
conosciuto il vento cal- casto bacio sulla fronte, dignità che non neces- 405
do del deserto libico né uno scatto per immor- sita di spiegazioni. A
le sofferenze di un po- talare un amore pro- differenza delle usua-
polo ferito da guerre. La fondo, un gesto rubato li immagini dell’islam
sua famiglia si trasferi- all’intimità dell’anziana politico ritratto quoti-
sce presto dalla Libia in coppia per testimonia- dianamente sui media di
Canada. Cresciuta in un re il legame indissolu- tutto il mondo, l’opera
ambiente multietnico, bile che li ha uniti per della Abouon vuole es-
e da sempre interessata tutta la vita. «Vedere sere una celebrazione
al dialogo fra culture e un’anziana coppia mu- poetica dei fondamenti
religioni, si laurea alla sulmana abbracciarsi e della fede.
Concordia University di baciarsi è stato qualcosa La vita della gio-
Montreal in Design, che ho voluto sottoline- vane artista libico-ca-
arte e fotografia. are [...], volevo mostrare nadese si è consumata
La giovane artista allo spettatore l’immen- in fretta: all’età di 38
esplora le identità in so amore che hanno anni si è spenta tra le
conflitto che abitano il avuto l’uno per l’altro, braccia dei suoi cari.
suo mondo: questioni soprattutto perché con- La sua esistenza è stata
di genere, esperienze trasta con le rappresen- un viaggio magico. La
religiose, tradizioni e tazioni mediatiche del sua arte rimane una te-
modernità. Intervistata mondo islamico». stimonianza di libertà,
sulla rappresentazione L’artista inserisce un grido di vita, una
del velo nelle sue opere, il profilo dei genitori luce pallida e mite in un
la giovane artista libica all’interno di un pattern mondo ancora accecato
sostiene che le sue fo- che evoca le decorazio- da fondamentalismi e
tografie non vogliono ni geometriche delle divisioni.
partecipare a un dibat- moschee. Nel cando-
tito politico, ma piut- re di uno sfondo privo ***
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
CHRISTOPH THEOBALD
406
L A FEDE NELL’ATTUALE CONTESTO
EUROPEO. CRISTIANESIMO COME STILE
Brescia, Queriniana, 2021, 288, € 38,00.
Lorenzo M. Gilardi
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
I L DONO E IL DISCERNIMENTO.
DIALOGO TRA UN GESUITA E UNA MANAGER
Milano, Rizzoli, 2021, 190, € 14,00.
Mariella Enoc è una figura che sta decisamente scomoda dentro l’etichetta
«manager». L’ho conosciuta in occasione della pubblicazione del volume L’ amo
re prima del mondo, nel quale papa Francesco risponde alle lettere di bambini
provenienti da molte nazioni. Organizzammo una presentazione all’Ospedale
«Bambino Gesù» e vidi il suo entusiasmo, anche nella decisione di donare il vo-
lume ai bambini passando per i vari reparti.
Tra le pagine di questo volume-intervista ho ritrovato l’operosità mater-
na, caratteristica della sua presenza nell’Ospedale pediatrico della Santa Sede
«Bambino Gesù», del quale è presidente dal 2015. La cifra della Enoc è la ma-
ternità, non la managerialità. Eppure, la storia di questa donna rivela energie
408
profuse senza risparmio, tenacia, chiarezza di intenti. In questo libro emerge,
certo, il racconto degli incarichi di alto profilo e responsabilità che ha assunto
nel tempo, ma soprattutto la cifra interiore della sua azione e del suo impegno.
La Enoc non fa un elenco di cose fatte e di «successi». Chiaramente è infastidita
dal protagonismo e attratta dalla testimonianza. In primo piano ci sono le gioie
e le ferite, le speranze e le paure, le convinzioni incrollabili e i dubbi irrisolti, le
battaglie vinte e quelle perse, ma comunque combattute sempre fino in fondo.
La sua vita professionale si intreccia – ma bisognerebbe parlare di fusione,
più che di intreccio – con la vita di fede e l’impegno nell’Azione cattolica. Tanti
gli incontri con grandi personalità della Chiesa (prima tra tutte, mons. Aldo
Del Monte, vescovo di Novara) e le sue riflessioni, frutto dell’esperienza. Dal
suo racconto emerge naturalmente uno spaccato della Chiesa degli anni del
Concilio, con le sue tensioni e le sue speranze.
La sua esperienza religiosa è senza etichette né appartenenze particolari: si è
formata nel grembo ordinario della Chiesa. Le cifre della sua religiosità sono ben
chiare. Tra le altre, notiamo innanzitutto «la scelta di “uscire” per “andare”», che
– afferma – «è la dinamica che ha accompagnato la mia vita fin da piccola». La
Enoc interpreta così la sua laicità: essere nel mondo per testimoniare lì un Van-
gelo operoso. Ma questa concretezza è pure, in qualche modo, monastica: è l’ora
et labora benedettino, plasmato da un forte spirito di accoglienza. Lei confessa:
«La vita contemplativa ha nutrito la mia vocazione di manager bilanciando ciò
che conta, permettendomi di illuminare domande profonde che in genere nella
professione mancano, avere un rapporto con il tempo diverso».
La sua esperienza di fede si traduce naturalmente in cura. L’opera, per lei,
è essenzialmente cura. Che sia espressa in un intervento straordinario, come la
separazione di due gemelle siamesi, o nella fondazione di un ospedale nella Re-
pubblica Centrafricana, oppure nella semplicità dei gesti quotidiani in corsia, in
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Antonio Spadaro
I L COLORE NELL’ARTE
a cura di MASSIMO CARBONI
Milano, Jaca Book, 2021, 260, € 50,00.
Massimo Gnezda
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Maurizio Schoepflin
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Daniela Condò
DOMENICO SIMEONE
I L DONO DELL’EDUCAZIONE.
UN NUOVO PATTO TRA LE GENERAZIONI
Brescia, Morcelliana, 2021, 240, € 20,00. 413
Benedetta Grendene
OPERE PERVENUTE
NOTA. Non è possibile dar conto delle molte opere che ci pervengono. Ne diamo intanto un annuncio
sommario, che non comporta alcun giudizio, e ci riserviamo di tornarvi sopra secondo le possibilità e lo
spazio disponibile.
BEATUS POPULUS, CUIUS DOMINUS DEUS EIUS
LINGUA ITALIANA
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LINGUA SPAGNOLA
La Civiltà Cattolica | Roma (Italia) | laciviltacattolica.es
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LINGUA FRANCESE
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LINGUA CINESE
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LINGUA COREANA
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