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SOMMARIO 4112
190 «CITTADINANZA»
Domenico Pizzuti S.I. – Debora Tonelli
ARTICOLI
105 L’EVANGELIZZAZIONE SECONDO SAN PAOLO
Marc Rastoin S.I.
San Paolo è l’apostolo per eccellenza e insegna a tutte le generazioni cristiane che cosa
significhi essere apostolo. Come vive e pensa un apostolo? Otto caratteristiche fonda-
mentali consentono di distinguere i tratti principali di un evangelizzatore, oggi come
ieri: non si può essere evangelizzatori senza un incontro personale con il Risorto, senza
il lavoro dell’intelligenza, senza collaboratori e amici, senza solidarietà finanziaria, senza
comunione con Pietro, senza saper riconoscere la sapienza di tutta l’umanità, senza una
preghiera costante e senza un combattimento spirituale. Paolo ha posto ogni sua risorsa
intellettuale, immaginativa e affettiva al servizio della sua fede in Gesù, Messia crocifisso
e risorto, e ora ci insegna che non si evangelizza senza vivere del Vangelo con impegno
personale.
Che cosa si intende quando si afferma di percepire la bellezza in un modello fisico? Per gli
scienziati, la matematica è un dono meraviglioso, un «miracolo» che non comprendiamo pie-
namente. La bellezza, nella scienza, va quindi percepita nelle sue equazioni. Un altro aspetto
fondamentale consiste nel confronto con i dati reali, un setaccio che ogni teoria scientifica
deve superare. La fisica ci appare allora come un delicato e misterioso equilibrio tra geniale
intuizione estetica, da una parte, e rigorosa verifica logico-sperimentale, dall’altra. E in que-
sto equilibrio instabile e dinamico sta il bello della fisica.
SOMMARIO 4112
FOCUS
157 EUTANASIA, L’ALTRA ONDATA CHE INVESTE L’EUROPA
Álvaro Lobo Arranz S.I.
Sono molti, ormai, i Paesi europei che hanno approvato leggi a favore dell’eutanasia. Il fe-
nomeno potrebbe diffondersi in altre nazioni d’Europa e del mondo. Questo articolo esami-
na diversi cambiamenti avvenuti a livello politico, economico, sociale e culturale, che hanno
portato all’approvazione di leggi di questo tipo. Si tratta di dinamiche che in un primo tempo
non sembravano avere un grande influsso, ma che poi, allontanandosi dal bene comune e dalla
verità, hanno contribuito ad affermare la «cultura dello scarto» nel Vecchio Continente. L’Au-
tore è collaboratore di varie testate spagnole, studia Teologia morale al Centro Sèvres di Parigi.
L’articolo offre una rivisitazione del rapporto tra l’umanità e la Chiesa di Dio, ferito dagli abusi
sessuali del clero sui minori, ma anche dell’autorevolezza della Chiesa, oggi minata dalla perdita di
credibilità. Occorre formulare una teologia capace di orientare la riconciliazione della memoria.
Le ferite delle vittime dell’abuso sessuale da parte del clero devono costituire una sfida incessante
per noi. Nel risvegliare la fede dell’apostolo Tommaso facendogli toccare le ferite, Gesù gli dice:
«È dove tocchi la sofferenza umana che ti renderai conto che sono vivo. Mi incontrerai ovunque
la gente soffra». Questo articolo sulla memoria offre uno spunto per immaginare il perdono di ciò
che è imperdonabile. L’A. è professore all’università Hekima di Nairobi (Kenya).
SOMMARIO 4112
190 «CITTADINANZA»
Domenico Pizzuti S.I. - Debora Tonelli
«I Giusti» 194 - Lupin + Lupin 195 - Summer of Soul: la celebrazione della cultura black 196 -
Laocoonte: un solo grido e tante orecchie 197
Boni G. 201 - Lohfink G. 198 - Mandreoli F. 204 - Marin D. 202 - Mieth D. 205 - Riccardi
A. 199 - Riva V. 202 - Salvadori E. 202
L’EVANGELIZZAZIONE
SECONDO SAN PAOLO
«E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di
Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20b). L’e-
vento centrale della vita di Paolo è stato l’incontro con Cristo sulla via di
Damasco. Egli parla di questa sua esperienza senza parlare però del luogo,
e si riferisce poco sul suo contenuto. Circa venti anni dopo scriverà ai Ga-
lati: «Il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti
io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di
Gesù Cristo. […] Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre
e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo
perché lo annunciassi in mezzo alle genti» (Gal 1,11-16). Sorprende il fatto
che Paolo usi il linguaggio dei profeti – come ad esempio Geremia – per
parlare della propria chiamata. La missione di annunciare il Vangelo alle
nazioni è inscindibile dalla sua scoperta personale del Cristo. La comu-
nione con il Cristo sarà ormai al centro della sua vita spirituale.
Non conosciamo con precisione ciò che l’Apostolo ha vissuto, e
d’altra parte egli è molto discreto. Tuttavia affermerà: «Non sono for-
se libero, io? Non sono forse un apostolo? Non ho veduto Gesù, Si-
gnore nostro? E non siete voi la mia opera nel Signore? Anche se non
sono apostolo per altri, almeno per voi lo sono» (1 Cor 9,1-2a). Per un
privilegio eccezionale, è stato concesso a Paolo, che non aveva cono-
sciuto Gesù secondo la carne, di vederlo risorto2. Il Cristo ha scelto un
persecutore che non era vissuto con lui, per farne il suo messaggero.
Ciò che Paolo ha vissuto, ogni cristiano e, a fortiori, ogni evangeliz-
zatore è chiamato a viverlo. Si tratta di realizzare un incontro personale
con Cristo e di poter parlare di lui in prima persona. Paolo è anzitutto
un uomo appassionato di Cristo, lieto di riprodurre nella sua carne le
prove di Cristo, perché questo lo avvicina al suo Signore: «D’ora innan-
zi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio cor-
po» (Gal 6,17). Trovare qualcuno per cui valga la pena morire significa
107
ritrovare Gesù (cfr Fil 1,21-25).
L’Apostolo nella sua fede è proiettato in Gesù: non soltanto nel
Cristo, il Messia, Verbo eterno di Dio, ma nell’uomo Gesù, nato da
una donna (cfr Gal 4,5). Il Cristo non è una persona anonima o un
semplice codice teologico: è proprio Gesù di Nazaret a esserlo. Ma
non è indispensabile aver conosciuto Gesù prima della sua passione:
«Se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non
lo conosciamo più così» (2 Cor 5,16).
Paolo qui condivide con noi un aspetto fondamentale. Come lui, noi
non abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ma siamo chiamati a
conoscerlo nello Spirito. Paolo è l’anello di una catena che ci ricongiun-
ge con i Dodici. È certamente apostolo come loro, ma come noi non ha
conosciuto Gesù secondo la carne. Paolo ci insegna che l’evangelizza-
tore è anzitutto colui che ha percepito in qualche modo la gloria che ri-
splende sul volto di Cristo (cfr 2 Cor 4,6b). Questa strada è aperta a tutti.
gione umana, nel fatto che la Scrittura deve essere interpretata, che
il Signore chiama all’intelligenza, ma nello stesso tempo è del tutto
consapevole dei limiti di ogni argomentazione.
E per ricordarsi dei limiti della ragione e dell’intelligenza, egli
presenta il mistero della croce – questo luogo dove la maledizione
apparente si rivela benedizione, dove la follia di Dio si rivela sapienza,
dove la debolezza e l’impotenza radicale sono segni della forza e della
potenza di Dio, dove la povertà di Cristo è dono della sua ricchezza –
ricorrendo a paradossi sorprendenti (cfr Gal 3,13; 2 Cor 8,9). La croce
mette a nudo ciò che non è deducibile, ciò che è veramente inaudito.
L’Apostolo ci insegna che il missionario non può fare a meno dell’in-
telligenza, ma deve anche saperne riconoscere i limiti.
109
Non c’è evangelizzazione senza collaborazione e senza amicizie
essi hanno saputo amarlo come una madre. Alcuni anni dopo, Paolo
dichiara di amarli come una madre, partorendoli di nuovo.
«Partorire» è doloroso! Paolo soffre nell’apprendere che i Galati
sono sul punto di rinnegare colui dal quale hanno ricevuto la fede.
Deve dunque partorirli di nuovo, dare loro nuovamente la vita di
Cristo. Abbandonare il suo insegnamento sarebbe infatti come rin-
negare Cristo (cfr Gal 5,4). Se l’Apostolo ricorre alla metafora del-
la madre è anche perché non vuole invocare la forza della propria
autorità apostolica, ma piuttosto sottolineare la forza del suo amore
materno, un amore nato nel dolore e disposto a superare tutti gli
ostacoli: «E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né
da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cri-
sto. Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre
110
che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desi-
derato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa
vita, perché ci siete diventati cari» (1 Ts 2,6-9).
Paolo è stato un uomo di straordinaria fedeltà in fatto di ami-
cizia: Tito, Timoteo, Sostene, Silvano, Prisca e Aquila, Aristarco
sono stati suoi amici (cfr Rm 16). Gesù aveva i Dodici, Paolo aveva
persone del suo entourage. E alcuni erano disposti a dare la loro vita
per lui: a Efeso, a quanto sembra, gli sposi Prisca e Aquila hanno ri-
schiato la loro vita per salvarlo (cfr Rm 16,3-4). Paolo era addirittura
sul punto di morire: «Non vogliamo infatti che ignoriate, fratelli,
come la tribolazione, che ci è capitata in Asia, ci abbia colpiti oltre
misura, al di là delle nostre forze, tanto che disperavamo perfino
della nostra vita» (2 Cor 1,8).
Il carisma che l’Apostolo era ben consapevole di possedere era
quello di far nascere la fede nel cuore degli uomini. Far nascere
una relazione personale con il Cristo era il suo modo di generare.
Perciò egli può scrivere a Filemone: «Ti prego per Onesimo, figlio
mio, che ho generato nelle catene» (Fm 1,10). Molti secoli dopo
Francesco Saverio, che era stato generato a una fede personale nel
Cristo grazie a Ignazio di Loyola, scriverà a quest’ultimo dall’In-
dia: «Mio unico Padre nelle viscere di Cristo». Paolo ci insegna a
vivere l’evangelizzazione come un lavoro di équipe e a non separa-
re l’affettività dall’evangelizzazione.
L’EVANGELIZZAZIONE SECONDO SAN PAOLO
Infatti rendo loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non se-
condo una retta conoscenza» (Rm 10,1-2). Le lettere di Paolo rivelano
la preghiera incessante e ardente, che è quella dell’evangelizzatore.
Conclusione
123
Per contrastare tali movimenti e consentire di beneficiare del-
la tecnologia che è alla base delle criptovalute, senza affrontare il
rischio di movimenti erratici del loro prezzo, sono stati istituiti
i mercati sulle criptovalute. Ma, come tutti i sistemi di coper-
tura (che funzionano come assicurazioni), questi mercati hanno
un costo. Ecco perché la soluzione più conveniente – ma che
presuppone un controllore che regoli la quantità di moneta per
preservarne il valore – consiste nell’indicizzare il prezzo di una
criptovaluta sia a una moneta a corso legale (meno fluttuante), sia
a un paniere di monete, sia anche al prezzo di una merce come
l’oro, i diamanti o il petrolio. Si beneficia quindi della tecnolo-
gia (transazione immediata senza intermediari), senza correre il
rischio di una variazione troppo rapida dei prezzi. Si parla allora
di stablecoin (letteralmente: «moneta stabile»). È così che lo Stato
di New York consente pagamenti amministrativi in stablecoins
(almeno con quelle, tra le criptovalute stabili, che autorizza).
Alcuni sedicenti profeti della finanza speculativa annunciano
che le criptovalute sostituiranno l’oro come riserva di valore. È così
che il capo della strategia obbligazionaria di uno dei più grandi
gestori di fondi del Pianeta (BlackRock, con otto trilioni di asset in
gestione) afferma perentoriamente che il bitcoin si affermerà e che
sostituirà l’oro. Ciò significa dimenticare che l’oro non è una riserva
di valore delle più affidabili: 35 dollari l’oncia il 15 agosto 1971, il
suo prezzo si è moltiplicato per 10 nei mesi successivi; ha oscillato
ARTICOLI
tra 300 e 850 dollari l’oncia per diversi decenni prima di varcare la
soglia dei 1.000 dollari negli anni 2000, quindi ha toccato i 2.000
dollari, per poi ridiscendere a 1.000, raggiungere di nuovo i 2.000
nell’agosto 2020, e calare di oltre il 10% all’annuncio della scoperta
di alcuni vaccini contro il Covid-19.
Scommettere sul brillante avvenire delle criptovalute più im-
portanti, come il bitcoin, significa anche dimenticare che esse
sono alla mercé del miglioramento delle tecnologie (alcuni dei
bitcoin challengers hanno velocità di transazione più elevate e sono
più facili da usare). Significa inoltre dimenticare che il valore delle
criptovalute – almeno quelle non indicizzate – riflette spesso, inver-
tendolo e amplificandolo, il valore delle valute legali, e quindi l’idea
che ci si fa della politica monetaria delle banche centrali. È certo
124
che la pandemia da Covid-19, giustificando la creazione pressoché
illimitata di denaro da parte delle banche centrali, ha inferto un
colpo alla credibilità delle valute legali e ha potenziato il valore delle
criptovalute dalla fine del 2020. A questo si è aggiunta la possibilità
di utilizzare bitcoin sulla piattaforma PayPal.
Pensare che le criptovalute sostituiranno l’oro significa infine
dimenticare il rafforzamento dei controlli e dei regolamenti pubbli-
ci. Qualche anno fa, nel settembre 2017, è bastato sentire l’ammi-
nistrazione cinese evocare la possibilità di vietare le piattaforme di
scambio di criptovalute nel suo territorio per vedere crollare per un
certo periodo il prezzo di tali valute. E all’inizio dell’estate 2021 un
nuovo calo è stato causato dal divieto cinese alla proliferazione di
criptovalute nel proprio territorio, tramite il mining1 (che consuma
molta elettricità).
La politica in agguato
Le questioni internazionali
2. Paul Adrien Maurice Dirac (8 agosto 1902 - 20 ottobre 1984), fisico teori-
co inglese, è considerato uno degli scienziati più importanti del XX secolo.
3. Robert Oppenheimer (22 aprile 1904 - 18 febbraio 1967) è stato un fisico
teorico statunitense, professore di fisica all’Università della California, Berkeley. È
stato il capo del Los Alamos National Laboratory, ed è tra coloro che possono essere
definiti «padri della bomba atomica», per il suo ruolo nel Progetto Manhattan.
ARTICOLI
qualcosa che nessuno sapeva prima in termini che tutti possono ca-
pire. In poesia si è costretti a dire cose che tutti già sanno in termini
che nessuno capisce». Un’affermazione, questa, certamente icastica.
E Richard Feynman4, diversi anni dopo, ribadiva questa afferma-
zione, sostenendo che «i poeti dicono che la scienza toglie la bellezza
delle stelle, riducendole solo ad ammassi di atomi di gas. Solo? Anch’io
mi commuovo a vedere le stelle di notte nel deserto, ma vedo di meno
o di più? […] Vedo un grande schema, di cui sono parte e forse la mia
sostanza è stata eruttata da qualche stella dimenticata, come una, ora,
sta esplodendo lassù. […] Qual è lo schema, quale il suo significato,
il perché? Saperne qualcosa non distrugge il mistero, perché la realtà
è tanto più meravigliosa di quanto non potesse immaginare nessun
artista del passato! Perché oggi i poeti non ne parlano?».
134
Di quale bellezza si parla, dunque, quando si giunge perfino ad
annoverare i fisici come potenziali «grandi poeti» e li si percepisce
come artisti capaci di creare opere sublimi? Si tratta di un terribile
e imperdonabile errore di valutazione, o c’è un certo senso estetico
anche nella scienza? E se è così, qual è dunque il bello della fisica?
10. Cfr M. Malvaldi, L’ infinito tra parentesi. Storia sentimentale della scienza
da Omero a Borges, Milano, Rizzoli, 2016, 42.
IL «BELLO» DELLA FISICA
13. Gian Francesco Giudice (25 gennaio 1961) è un fisico teorico italiano che
lavora all’Organizzazione europea per la ricerca nucleare (Cern) di Ginevra, nel
campo della fisica delle particelle e della cosmologia.
IL «BELLO» DELLA FISICA
Insieme a David Gross e David Politzer, ha ricevuto il premio Nobel per la fisica nel 2004
«per la scoperta della libertà asintotica nella teoria dell’interazione forte fra particelle».
18. Bernardo di Chartres (morto dopo il 1124) è stato un filosofo neoplatonico
francese del XII secolo, maestro di retorica nella scuola della cattedrale di Chartres.
19. Si pensi al «principio di indeterminazione» di Heisenberg, secondo cui
nell’ambito della realtà le condizioni sono formulate dalla teoria quantistica; le leggi
naturali, quindi, non conducono a una completa determinazione di ciò che accade
nello spazio e nel tempo, e l’accadere piuttosto è rimesso al gioco del caso.
IL «BELLO» DELLA FISICA
20. Steven Weinberg (3 maggio 1933 - 23 luglio 2021) è stato un fisico statu-
nitense, premio Nobel nel 1979.
21. Max Karl Ernst Ludwig Planck (23 aprile 1858 - 4 ottobre 1947) è stato un
fisico teorico tedesco; la sua scoperta dei quanti di energia gli valse il premio Nobel
nel 1918.
22. Cfr M. Planck, La conoscenza del mondo fisico, Torino, Bollati Borin-
ghieri, 1965.
ARTICOLI
Secondo Anthony Zee24, agli occhi del fisico «bellezza» vuol dire
142
«simmetria»25. In fisica, il concetto di simmetria identifica una pro-
prietà che si ripete sostanzialmente identica nel tempo e nello spa-
zio durante i processi fisici. Pertanto una legge scientifica che sia
vera tanto a Roma quanto a Pechino – cosa che avviene per tutte le
formulazioni fisiche –, e sia quindi «invariante» per gli spostamenti
spaziali, soddisfa i canoni estetici della fisica26. Il punto è che con le
simmetrie possiamo dire molto con molto poco e ottenere una co-
noscenza maggiore rispetto a ciò che si è inserito come input. Come
non pensare all’affermazione di Dirac che «in fisica vuoi dire qualcosa
che nessuno sapeva prima in termini che tutti possono capire; in poe-
sia sei costretto a dire cose che tutti già sanno in termini che nessuno
capisce»? Per un fisico, la bellezza è economia e semplicità.
Possiamo tentare allora di individuare tre parametri principali per
avere un’idea del «bello nella fisica». 1) Semplicità. Questo vuol dire poter
fare con meno: è il famoso rasoio di Occam27. Si comprende però come
23. Thomas Samuel Kuhn (18 luglio 1922 - 17 giugno 1996) è stato un filo-
sofo della scienza americano. Il suo libro La struttura delle rivoluzioni scientifiche ha
introdotto il termine «cambiamento di paradigma».
24. Anthony Zee (1945) è un fisico cinese-americano, professore al Kavli Insti-
tute for Theoretical Physics e al dipartimento di fisica dell’Università della California,
Santa Barbara.
25. Cfr S. Hossenfelder, Sedotti dalla matematica..., cit., 43.
26. Discorso analogo può essere fatto per i cambiamenti temporali.
27. Il rasoio di Occam, o principio di economia, afferma che, quando si hanno
più ipotesi per la risoluzione di un problema, si deve scegliere, a parità di risultati,
IL «BELLO» DELLA FISICA
la via più semplice e che comporta il numero più basso possibile di assunzioni e
variabili. Guglielmo di Occam (1288-10 aprile 1347), è stato un teologo, filosofo e
religioso francescano inglese.
28. Richard Dawid è professore di filosofia della scienza all’Università di Stoc-
colma.
29. S. Hossenfelder, Sedotti dalla matematica..., cit., 120.
30. R. Feynman, Il piacere di scoprire, cit., 253.
ARTICOLI
essa procede: dunque, anche per il coraggioso. Il coraggio, poi, è una cosa bella: tale,
quindi, sarà anche il suo fine, giacché ogni cosa si definisce in base al suo fine. Dunque,
è in vista del bello morale che il coraggioso affronta le situazioni temibili e compie le
azioni che derivano dal coraggio» (Aristotele, Etica Nicomachea, 1115b 20-25).
4. «L’ira è una forma di follia breve. Come la follia, infatti, l’ira è incapace di
dominarsi, trascura ogni decoro, dimentica i vincoli sociali, si accanisce con perti-
nacia nei suoi intenti, chiudendosi ai consigli della ragione; si agita per cause vane,
incapace di discernere il giusto e il vero; assomiglia a una frana che schiaccia tutto
ciò su cui si abbatte. L’ira muta la cosa migliore e la più giusta nel suo contrario»
(Seneca, L’ ira, I, 2).
5. R. A. Gauthier, «La fortezza», in Iniziazione teologica, Brescia, Morcel-
liana, 1955, vol. III, 796.
LA FORTEZZA, UNA VIRTÙ ESIGENTE
11. J. Pieper, The Four Cardinal Virtues: Prudence, Justice, Fortitude, Temperan
ce, Notre Dame, University of Notre Dame Press, 1966, 117.
ARTICOLI
12. «Resistere è più difficile che aggredire, per tre ragioni. Primo, perché la
resistenza si concepisce in rapporto alla prepotenza di uno più forte: invece, chi ag-
gredisce lo fa mettendosi in posizione di vantaggio e di forza. Ora, è più difficile
combattere contro i più forti che contro i più deboli. Secondo, perché chi resiste sente
già i pericoli come imminenti; chi invece aggredisce li considera come futuri. Ed è
più difficile non lasciarsi smuovere dalle cose presenti che da quelle future. Terzo,
resistere implica una certa durata di tempo: invece uno può aggredire con un moto
repentino. Ora, è più difficile rimanere immobili a lungo che muoversi con un moto
repentino verso qualche cosa di arduo» (Sum. Theol., II-II, q. 123, a. 6, ad 1um).
LA FORTEZZA, UNA VIRTÙ ESIGENTE
15. Cfr G. Reale, Introduzione a Aristotele, Roma - Bari, Laterza, 2002, 99-
101.
16. Cfr G. Cucci, «Oltre il nichilismo», in Civ. Catt. 2021 II 438-448.
17. «Da ciò risulta a sufficienza in quali angustie [quantam angustiam] si tro-
vavano i loro altissimi ingegni. Da tutte codeste angustie noi siamo liberati, se am-
mettiamo, in base a quanto abbiamo esposto, che gli uomini dopo la vita presente
possono giungere alla vera felicità, mediante l’anima immortale» (Summa contra
Gentiles, 3,48; cfr Sum. Theol., I-II, q. 61, a. 5, ad 1um).
LA FORTEZZA, UNA VIRTÙ ESIGENTE
un passo della Lettera agli Ebrei («Poiché dunque i figli hanno in co-
mune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto
partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della
morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore
della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita», Eb 2,14-15),
Tommaso nota che con la sua morte di croce Gesù ha affrontato le
situazioni più terribili che la vita può presentare. In tal modo egli dona
al cristiano la pienezza della libertà, «perché chi sta fermo contro i mali
più gravi, è logico che stia fermo anche di fronte a mali minori, ma
non è vero il rovescio»18. Riprendendo un pensiero di Agostino, Tom-
maso precisa anche che la morte in croce di Cristo, essendo la morte
più straziante e orribile, è in grado di far affrontare anche le sofferenze
fisiche e morali, che non di rado sono temute più della morte stessa19.
153
18. Sum. Theol., III, q. 46, a. 4. Cfr Tommaso d’Aquino, s., Super epistolam ad
Hebreos, c. 2, lect. 4: «Tra tutti [i timori] il più grave è il timore della morte, essendo
l’estrema delle cose temibili. Cosicché se l’uomo supera questo timore, supera tutti gli
altri; e superato questo, si supera ogni amore disordinato del mondo. Perciò Cristo con
la sua morte spezzò questo legame, perché tolse il timore della morte, e per conseguenza
l’amore della vita presente. Infatti quando uno considera che il Figlio di Dio, padrone
della morte, volle morire, non teme più di morire». Cfr Y. Congar, «Le traité de la force
dans la “Somme Théologique” de Saint Thomas d’Aquin», in Angelicum 51 (1974) 331-
348.
19. «Ci sono degli uomini che, sebbene non temano la morte in se stessa, han-
no orrore di certi generi di morte. Perciò, affinché nessun genere di morte spaven-
tasse l’uomo che vive rettamente, fu opportuno mostrarlo con la croce di Cristo:
perché tra tutti i generi di morte nessuno era più esecrabile e terribile» (Agostino
d’Ippona, s., Octoginta trium quaestionum, q. 25; cfr Sum. Theol., II-II, q. 123, a. 4).
ARTICOLI
20. Cfr G. Cucci, La crisi dell’adulto. La sindrome di Peter Pan, Assisi (Pg),
Cittadella, 2012.
21. Cfr Id., «Il suicidio giovanile. Una drammatica realtà del nostro tempo», in
Civ. Catt. 2011 II 121-134.
LA FORTEZZA, UNA VIRTÙ ESIGENTE
22. Questa deriva delle democrazie occidentali era stata già rilevata decenni
fa da Aleksandr Solženicyn. Nel celebre discorso tenuto all’università di Harvard
egli notava che la libertà di pensiero e di stampa vengono di fatto impedite quando
non sono in linea con l’industria culturale: «In Occidente, anche senza bisogno della
censura, viene operata una puntigliosa selezione che separa le idee alla moda da
quelle che non lo sono, e benché queste ultime non vengano colpite da alcun divieto
esplicito, non hanno la possibilità di esprimersi veramente né nella stampa periodica,
né in un libro, né da alcuna cattedra universitaria. Lo spirito dei vostri ricercatori è
sì libero, giuridicamente, ma in realtà impedito dagli idoli del pensiero alla moda»
(A. Solženicyn, Un mondo in frantumi. Discorso di Harvard, Milano, La Casa di
Matriona, 1978, 18).
23. J. Pieper, La fortezza, Brescia, Morcelliana, 2001, 40 s.
24. G. Samek Lodovici, «Resistenza e lotta», in Divus Thomas 122 (2019/2) 323.
ARTICOLI
nella vita eterna comunicò loro un coraggio e una serenità che im-
pressionò profondamente i loro carcerieri, che li hanno ricordati
con queste parole: «Si sono comportati con coraggio fantastico.
Tutto il carcere ne fu impressionato […]. “Non sapevo che potesse
essere così facile morire”, disse Christoph. E poi: “Fra pochi minu-
ti ci rivedremo nell’eternità”. Poi vennero condotti al supplizio. La
prima fu la ragazza. Andò senza battere ciglio. Noi tutti non riusci-
vamo a credere che ciò fosse possibile. Il boia disse di non aver mai
veduto nessuno morire così»25.
Quando si prova a tracciare un profilo di queste persone, si re-
sta impressionati dal loro tratto comune e insieme dalla capacità di
compiere gesti eccezionali. Figure fragili, inermi, eppure dotate di
un coraggio umanamente inspiegabile26.
156
La fortezza è virtù insieme preziosa e rara proprio per il prezzo
che richiede. La persona forte non è solo disposta a morire per il
bene, ma è soprattutto animata dalla speranza che esso prevarrà sul
male e non mancherà di ricevere la giusta ricompensa: «Senza que-
sta speranza la fortezza è impossibile»27.
25. M. Bandera, «I perdenti 11: i giovani della rosa bianca», in Missioni Con-
solata, 3 febbraio 2016.
26. «La vicenda di Jägerstätter impressiona oltremodo a motivo della sua cul-
tura elementare e dell’assenza di coinvolgimento nei movimenti di opposizione.
Soltanto in base alla preghiera e a una quotidiana riflessione biblica egli riuscì a
discernere le proprie responsabilità e a seguire fino alle estreme conseguenze quanto
la fede e il retto sentire gli suggerivano» (P. Vanzan, «Franz Jägerstätter: il conta-
dino che rifiutò Hitler in nome di Dio», in Civ. Catt. 2006 II 345).
27. J. Pieper, La fortezza, cit., 71.
EUTANASIA, L’ALTRA ONDATA
CHE INVESTE L’EUROPA
presenta, da un lato, un modo di aver cura del dono divino della vita e, dall’altro,
è segno della responsabilità umana ed etica nei confronti della persona sofferente».
Questa stessa dignità, che ha la sua radice in Dio, ispira e impone la capacità di
arrestarsi quando l’intervento clinico, oggi reso sempre più invasivo dalle tecnolo-
gie mediche, va oltre il punto di equilibrio con il rispetto della vita stessa, che non
dev’essere preservata a qualunque costo. Il documento propone un’azione condivisa:
«Dal punto di vista sociale dobbiamo impegnarci affinché il desiderio dei pazienti
di non essere un peso non ispiri loro la sensazione di essere inutili e la conseguente
incoscienza del valore e della dignità della loro vita, che merita di essere curata e
sostenuta fino alla sua fine naturale». Per ottenerlo sono anche indispensabili «leggi
e politiche pubbliche che proteggano il diritto e la dignità del paziente nella fase ter-
minale, per evitare l’eutanasia e promuovere le cure palliative». Tre gli impegni sot-
toscritti, infine, sul piano culturale: «Coinvolgere le nostre comunità sulle questioni
della bioetica relative al paziente in fase terminale», facendo «conoscere le modalità
di compagnia compassionevole per coloro che soffrono e muoiono»; «sensibilizzare
l’opinione pubblica sulle cure palliative attraverso una formazione adeguata»; «for-
nire soccorso alla famiglia e ai cari dei pazienti che muoiono».
3. Cfr Gen 4,9-15; Es 2,17.
4. Cfr Lc 12,6-7; Mt 25.
5. Cfr Concilio Ecumenico Vaticano II, Gaudium et spes, n. 27.
6. Cfr EV 65.
7. La riflessione etica sull’eutanasia che facciamo qui si basa in gran parte
sull’«Informe del Comité de Ética de España sobre el final de la vida y la atención
FOCUS
La scienza «onnipotente»
e, con esso, del blocco che incarnava la visione del mondo socialista
in competizione per l’egemonia mondiale nel XX secolo. Di conse-
guenza, il liberalismo economico si ergeva a unico modello attuabile
per le democrazie, riunendo attorno a sé tutte le potenze, eccettuata la
Cina, che seguiva un percorso diverso. D’altra parte, la realtà del cam-
biamento climatico e la passata crisi economica – ma anche quella che
si annuncia ora – ci ricordano che le risorse sono limitate e che questo
sistema neoliberale può portarci al collasso esattamente come quello
precedente, spazzando via dalle nostre teste un’altra utopia politica.
Al di là dei cambiamenti politici, le nostre società hanno subìto tra-
sformazioni assai profonde. Le nuove forme di liberalismo hanno fossi-
lizzato il sentimento della solidarietà. E se nel corso dei secoli XIX e XX
la questione della condizione operaia era associata all’idea di progresso e
163
al miglioramento di una situazione ingiusta, la natura attuale dei lavori
– più specializzati e meno fisici – fa sì che poche persone si identifichino
come operai e sentano di far parte di una classe sociale distinta, chiara e
definita. Troppi cittadini assistono isolati al miglioramento della tecnolo-
gia e dell’economia, ma non della loro precaria condizione. Questa realtà,
pertanto, mette in discussione un’idea di progresso inteso come miglio-
ramento della vita delle persone e dei popoli e impone nuove categorie
a questo riguardo. Qui essa trova nell’eutanasia il migliore degli alleati.
Come sappiamo, vari politici difensori dell’eutanasia la associano
all’idea di progresso, valendosi della semplice equazione tra eutana-
sia e aumento dei diritti civili, ossia proponendo l’argomentazione
che questo nuovo scenario migliorerà la vita dei singoli e dei popoli.
Tale fenomeno rivela un problema collettivo: l’assenza di significato
che accompagna il progredire delle nostre società e, d’altra parte, la
difficoltà a riflettere con profondità su che cosa significhi migliora-
re la vita dei popoli e, soprattutto, delle persone più sofferenti. Non
dovremmo considerare l’eutanasia come parte del progresso, perché
essa non è altro che il fallimento di una società che non sa offrire
inclusione, sostegno e speranza a chi ne ha più bisogno.
Una delle grandi sfide che si prospettano alla maggior parte dei
Paesi europei è costituita dall’invecchiamento e dalla solitudine della
popolazione, con il connesso aumento delle spese sanitarie e sociali,
che, insieme alle pensioni, obbligano ad adeguamenti necessari per
assicurare il funzionamento del sistema. D’altra parte, l’utilitarismo
di cui è intriso il modello capitalistico porta a valutare ogni singola
persona in funzione del costo-beneficio rispetto all’insieme dei cit-
tadini, e così sorge la tentazione di valutare ciascuno in base non
alla sua dignità, ma alla sua capacità economica. Una tentazione
che non lascia spazio alla riflessione, e fa degli anziani e dei malati
le comunità più vulnerabili e meno visibili.
Da tempo è noto che la grande alternativa per ridurre la soffe-
renza terminale della vita, su cui la scienza e la bioetica si trovano
d’accordo, è la proposta delle cure palliative. Una possibilità umaniz-
zante, che continua a fare progressi e che offre risultati soddisfacenti
per gli operatori sanitari, per le famiglie e per i pazienti, e si propone
di accompagnare il dolore e di fare in modo che ogni persona si senta
FOCUS
riconciliata con se stessa, con i suoi cari e con il mondo. Ma oggi per-
sone affette da patologie gravi – come la sclerosi laterale amiotrofica,
per fare un esempio – lamentano di non avere risorse sufficienti, e
l’abbandono da parte della società le spinge a decisioni disperate.
Ad alcuni politici l’opzione delle cure palliative non interessa, in
quanto sembra troppo costosa in confronto all’eutanasia, e anche in que-
sto caso l’esistenza di molte persone viene subordinata a criteri economi-
ci. Su una linea simile, risulta chiaro che, se si apre la porta all’eutanasia,
diversi pazienti la sceglieranno per porre fine a situazioni economiche,
familiari e sociali disperate, che tuttavia non si verificherebbero se essi
fossero ben protetti e sostenuti. Uno degli insegnamenti che potremmo
trarre dall’attuale crisi pandemica è che i criteri economici non possono
mai avere la precedenza in materia di salute e, soprattutto, che lo Stato
166
deve fare tutto il possibile per alleviare la sofferenza dei più deboli10.
La religione dell’emozione
14. «La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri» (Dichia-
razione dei diritti dell’uomo e del cittadino, 1789, art. 4).
15. «La compassione per chi chiede di morire a causa della situazione estrema
in cui si trova è una virtù e un’alta qualità umana, ma non deve farci dimenticare che
FOCUS
Conclusioni
soddisfare quella richiesta può arrecare conseguenze su altri esseri umani e, perfino,
incidere sul futuro delle persone più vulnerabili» («Informe del Comité de Ética de
España sobre el final de la vida e la atención al proceso de morir», cit., 6).
16. Cfr A. Rivera, «Atapuerca cuidó de Benjamina», in El País (elpais.com/diario/
2009/03/31/sociedad/1238450407_850215.html), 31 marzo 2009.
17. Cfr Francesco, La cultura della cura come percorso di pace. Messaggio del
Santo Padre per la LIV Giornata mondiale della pace, 1° gennaio 2021.
18. Id., Messaggio ai partecipanti al meeting regionale europeo della World Medi-
cal «Association sulle questioni del fine-vita», 16 novembre 2017.
UNA TEOLOGIA DELLA MEMORIA IN TEMPI
DI ABUSI SESSUALI COMMESSI DAL CLERO
2. Y. Congar, Vera e falsa riforma nella Chiesa, Milano, Jaca Book, 2015, 58.
3. Cfr C. Fournet, The Crime of Destruction and the Law of Genocide: Their
Impact on Collective Memory, Burlington, Ashgate, 2007, XXX.
4. Ivi.
VITA DELLA CHIESA
14. Fra coloro che meglio ci hanno mostrato che cosa significhi trasformare
ricordi tragici possiamo menzionare Nelson Mandela. Egli era stato in prigione per
27 anni durante il regime dell’apartheid in Sud Africa. Quando venne rilasciato, non
ignorò il calvario che aveva vissuto, ma lo trasformò in un’occasione di benedizione
per il suo Paese, cercando di associare nel suo governo sia bianchi sia neri, piuttosto
che emarginare coloro che lo avevano torturato. Mostrando ai suoi ex nemici che il
mondo era più grande delle loro ristrette vedute, Mandela ha rivelato il fondamento
di ciò che significa essere umani.
15. Di certo era questo il sogno di Martin Luther King e di altri attivisti per i
diritti civili, che hanno saputo imparare dagli orrori della schiavitù e hanno cercato
di ottenere la libertà per tutti in America.
VITA DELLA CHIESA
Nel contesto delle ferite degli abusi sessuali del clero, la teologia
deve liberarsi dalla chiusura di una Chiesa che è stata plasmata da
sensibilità borghesi e classiste ed è stata condizionata dal suo essere
preoccupata per la rispettabilità, il successo materiale, l’autoritari-
smo, da una concezione debole o facile del Dio di Gesù Cristo e di
un servizio del suo Vangelo fatto solo di parole. La Chiesa purtrop-
po è venuta meno al suo dovere di onorare le persone, peccando così
contro il loro Creatore e rinnegando se stessa.
177
Non ci può essere un’autentica teologia cristiana se voltiamo
le spalle alle ferite di quanti sono stati abusati da preti e vescovi;
così facendo, verremmo meno al dovere di prendere sul serio il
passato. Ricordare le ferite della pedofilia non è mai una mera
ri-presentazione «fattuale» del passato in quanto passato. Han-
nah Arendt ci offre un’analogia calzante: «Descrivere i campi
di concentramento sine ira non significa essere “obiettivi”, ma
assolverli»18. Ma da dove viene la nostra «ira», la nostra indigna-
zione? Per re-immaginare l’umano e la Chiesa è essenziale la ri-
conciliazione della memoria. Pertanto, come possiamo effettiva-
mente affrontare i ricordi non riconciliati?
In primo luogo, la riconciliazione della memoria deve ricono-
scere che le «negazioni dell’abuso» costituiscono ancora un proble-
ma, e deve mettere al primo posto la verità su quanto è accaduto, sul
perché è accaduto e su chi ha compiuto il male. La memoria degli
abusi sessuali del clero deve diventare la base a partire dalla quale
affrontare la realtà attuale e chiedere cambiamento e assunzione di
responsabilità. Scrivendo della forza della verità, sant’Agostino pre-
cisa: «Si dica allora la verità, specialmente quando qualche problema
spinge a dirla; e lasciamo che quelli che ne sono capaci compren-
dano; altrimenti, se si tace per quelli che non possono capire, non
***
mistero che avvolge la sua figura europea con un’espressione mai rag-
non è ermetismo fine a se stesso, giunta prima, in quella che il criti-
ma trasmette intatta l’intensità di co d’arte Roberto Longhi chiama la
una presenza. «calma di contegno»12. La naturalez-
La ritrattistica pierfrancescana, za della Vergine ha indotto lo storico
pur sfociando spesso in quella che dell’arte Eugenio Battisti a ipotizza-
Henri Focillon chiamava la «psico- re la sua ascendenza francescana13.
logia da sonnambuli»11, costruisce, Il corpo della Madonna è gi-
a partire da quegli sguardi, una rato leggermente a tre quarti:
metafisica della presenza. L’assenza movimento attraverso il quale si
di ogni sonorità e il comprimersi ottiene quasi un profilo che, in-
delle forme del vissuto sono una vece di attenuare la grandezza del
nota di disarmante modernità, in- ventre – come sarebbe stato se-
183
dice di un ritorno a quella fase em- condo i criteri di allora –, ottie-
brionale alla quale aspirerà l’intera ne esattamente l’effetto contrario.
arte moderna. Se la mano poggiata sul grembo
Se la confrontiamo con la Dama mostra una Vergine attenta, pro-
e l’unicorno del famoso arazzo pari- fondamente consapevole di quan-
gino del Museo di Cluny (fine XV to le accade, quella poggiata sul
secolo), la bellezza della Madonna del fianco mostra un personaggio di
Parto non è il risultato di uno sforzo «forti ambizioni»14. La posizione
di liberarsi del superfluo. Nell’arazzo in leggero contrapposto richie-
francese la nobildonna deposita in deva per la mano sinistra una tale
un cassetto i propri gioielli per ac- posa, e questo fa sì che, all’im-
cogliere, in tutta semplicità, il tan- provviso, un corpo fragile ac-
to atteso À mon seul désir. Nell’af- quisti l’imponenza di una figura
fresco di Piero, più che una scelta classica. Maria presenta se stessa
programmatica, la semplicità è una come una «Madonna dell’ascol-
forza vitale che si introduce nell’arte to», accorta ed empatica: aspetto
15. Sull’aspetto funebre, cfr C. Feudale, «The Iconography of the “Madonna del
Parto”», in Marsyas, n. 7, 1954-1957, 8–23.
16. Cfr R. Orsi Landini, Moda a Firenze e in Toscana nel Trecento, Firenze, Poli-
stampa, 2019, 37 s, figg. b19, b21.
LA «MADONNA DEL PARTO» DI PIERO DELLA FRANCESCA
1. Cfr E. Trevi, Due vite, Milano, Neri Pozza, 2021. I numeri tra parentesi nel testo
si riferiscono alle pagine di questo libro.
«CITTADINANZA»
Domenico Pizzuti S.I. – Debora Tonelli
munità politica (l’insieme dei cit- condo l’Autore, può aiutare meglio
tadini) e crea alcune condizioni a guardare cosa c’è nell’occhio del
fondamentali perché possa vivere ciclone. Lo scopo di questo studio
in condizioni di sicurezza e svilup- è rivolgere l’attenzione al cittadino
parsi sulla strada di una maggiore reale anziché a quello ideale, cioè
dignità, eguaglianza e benessere alla «cittadinanza vissuta».
per tutti» (8). Il volume è suddiviso in cinque
Questo dispositivo è caratterizza- capitoli. Il primo propone lo sfondo
to da una condizione di «eguaglian- in cui è trattato il tema principale
za civica», secondo la definizione di della ricerca, mettendo in rilievo
Richard Bellamy, ed è estremamente alcuni elementi distintivi di questa
dinamico e in dialogo con le que- invenzione della modernità. Il se-
stioni sensibili del presente. È quindi condo ha per oggetto il paradig-
192
nel contesto democratico che Moro ma della cittadinanza democratica,
individua l’origine dell’interesse de- cioè il modello canonico che si è
gli studiosi per la cittadinanza, ma affermato nelle società democrati-
anche la pienezza del suo significato che. Il contenuto del paradigma è
e della sua funzione sociale e politi- definito nei suoi elementi essenziali,
ca. La vera cittadinanza è quella de- in riferimento alle tre componenti
mocratica, in cui il cittadino è chia- – l’appartenenza; i diritti e i doveri;
mato ad agire con responsabilità. Le e la partecipazione – in cui si con-
norme costituzionali, le disposizioni cretizza il dispositivo della cittadi-
legali, le pratiche sono i luoghi in cui nanza democratica. Il terzo capitolo
è possibile analizzare il fenomeno prende in considerazione le diffi-
della cittadinanza in fieri. coltà che il paradigma incontra nel-
le società contemporanee, optando
«Cittadinanza vissuta» per una considerazione che guardi
alla situazione non in termini di
Il libro intende, dunque, descri- tramonto, ma di trasformazione. Il
vere il fenomeno della cittadinanza quarto capitolo costituisce un inter-
e il suo funzionamento, il suo con- mezzo che ha per oggetto la rela-
solidamento in un paradigma, cioè zione tra gli immigrati e la cittadi-
in un modello canonico, i fenome- nanza italiana, per l’importanza che
ni che lo hanno messo in discus- i fenomeni migratori assumono per
sione e le sue attuali linee di tra- la crisi del paradigma. Il quinto ca-
sformazione. Un approccio legato pitolo è dedicato alle trasformazio-
alla materialità del fenomeno, se- ni che stanno avendo luogo oggi,
«CITTADINANZA», DI GIOVANNI MORO
«L
a riscontro in tutti Chiune Sugihara, anch’e-
i Giusti: la volon- gli di stanza a Kaunas,
tà di fare davvero giungere con un ulteriore
qualcosa. I comuni mortali visto fino al Giappone.
dalla coscienza elastica stan- Quasi 10.000 ebrei ri-
no a guardare con le mani uscirono a fuggire dalla
194 in mano o girano la testa Lituania. Chiune Sugiha-
dall’altra parte». Così scri- ra ricevette in vita il titolo
ve Jan Brokken in I Giusti di Giusto delle Nazioni,
(Iperborea, 2020), in cui ri- nel 1985; Jan Zwartendijk,
costruisce la vicenda di Jan noto anche come The An-
Zwartendijk, console onora- gel of Curacao, fu ricono-
rio olandese a Kaunas, in Li- sciuto Giusto solo nel 1998,
tuania, tra il 1939 e il 1940. a più di 20 anni dalla mor-
«(Mio padre) era un te, avvenuta nel 1976.
uomo riservato. Non gli Il libro di Brokken è
interessava il ruolo di eroe. un affresco imponente di
Aveva paura, come tutti in quegli anni drammatici,
quei giorni. Ma l’odio e la con le storie di vita dei
violenza crescevano sem- familiari di Jan Zwarten-
pre più e a quel punto non dijk, dei colleghi, degli
ha fatto finta di non vedere, ebrei che chiesero un vi-
non ha cercato scuse e ha sto e poi vissero peripezie
preso le decisioni che do- incredibili, in Giappone, a
veva prendere». Divenuto Shangai, nel Sud-est asia-
console onorario, permi- tico. Zwartendijk e molti
se la salvezza di migliaia altri diplomatici morirono
di ebrei polacchi scappati senza saper nulla di quel
dal loro Paese in tempo che era avvenuto degli
di occupazione nazista uomini e delle donne che
e rifugiatisi in Lituania, avevano aiutato a fuggire.
facendoli espatriare nell’i- Emblematico è proprio il
sola di Curacao, colonia caso del console olande-
delle Antille Olandesi. Il se, che ricevette la notizia
ABITARE NELLA POSSIBILITÀ
N
e è passata di ac- la forza dell’amicizia, che nulla da sperare? Come
qua sotto i ponti l’adolescenza può sprigio- ne uscirà Lupin? L’uni-
della Senna ri- nare, farà assaporare affet- co modo per scoprirlo
spetto all’episodio d’e- ti che accompagneranno è quello di immergersi
sordio della serie Lupin, il giovane Diop fino ai nei cinque episodi della
lanciata da Netflix nel giorni nostri. serie, accompagnati da
gennaio 2021. Quella è Ora è la sete di verità una colonna sonora che
stata l’occasione per fare e giustizia ciò che spinge asseconda o fa da con-
la conoscenza di Assane Assane a lottare e a non ar- trappunto alla narra-
Diop, alle prese con i pro- rendersi davanti ai colpi di zione – si veda I can see
blemi quotidiani di una un potere malvagio e cie- clearly now di John Nash
(capitolo 7, il secondo musicale, l’Harlem Cul- stata spedita in Vietnam,
della nuova serie) – in tural Festival, si svolge- o era a casa, costretta ad
un modo davvero accat- va per celebrare il me- avere a che fare con la
tivante. glio della cultura black. disoccupazione, le disu-
È rimasto impresso sul guaglianze, il razzismo
nastro di una cinepresa e la droga. L’eroina uc-
per oltre 50 anni e oggi cideva a ritmi spaventosi
Musica rivive grazie a Summer nell’estate del 1969 e la
MUSICA SOUL of Soul, il documenta- comunità nera a New
rio, da qualche settima- York fu colpita dura-
SUMMER OF na disponibile su Di- mente.
sney Plus. Attraverso Summer
SOUL: LA CE- Il documentario re- of Soul il musicista ci
LEBRAZIONE staura e rimonta le im- fa scoprire le emozioni,
196
DELLA CUL- magini del concerto; i sentimenti, le paure,
TURA BLACK il girato originale non gli amori e le tante al-
aveva ancora trovato una tre intense sinergie che
di Mariano Iacobellis S.I. distribuzione ufficiale, furono provate durante
malgrado i grandi nomi la calda estate del 1969,
coinvolti (da Mahalia piena di scontri ed even-
B
ethel, piccola Jackson a Stevie Won- ti importanti. «Il potere
contea rura- der, da Mavis Staples a della musica», sottolinea
le nello Stato di Nina Simone), condan- nel film Lin-Manuel
New York. Il luogo scel- nando l’intera rassegna Miranda, «sta nel rac-
to per ospitare dal 15 al all’oblio. L’importanza contare le nostre storie».
18 agosto 1969 un even- di questo film è legata al Ed è proprio questa la
to musicale passato alla racconto di un momento caratteristica di Summer
storia come Woodstock. molto importante per la of Soul, dove una can-
Tre giorni di «pace e storia degli Stati Uniti: zone riesce a far rivive-
musica rock», diventati «È l’istantanea di un’A- re, ad esempio, l’imma-
leggenda, con tanto di merica in trasformazio- gine di Martin Luther
film e documentari de- ne, il racconto dell’anno King, ucciso a Memphis
dicati all’evento hippie in cui noi neri abbiamo nell’aprile del 1968. In
per antonomasia. iniziato ad amarci e a un momento che è eufo-
Ma a soli 160 km pensare: nero è bello». rico e toccante in eguale
di distanza, al Mount Il documentario in- misura, Mahalia Jackson
Morris Park (oggi ri- serisce testimonianze e Mavis Staples duettano
battezzato Marcus Gar- di chi c’era, con un’a- nel brano preferito dal
vey Park), nel cuore di nalisi di quell’anno così reverendo King, Take
Harlem, in quello stesso particolare per la storia My Hand, Precious Lord,
anno e in quegli stessi d’America, in cui parte davanti a un pubblico
giorni, un altro evento della comunità nera era visibilmente commosso.
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Francesco Pistoia
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
DIETMAR MIETH
smo esecutivo di una volontà che non si manifesta in forma attuale» (p. 196),
ma piuttosto dev’essere sempre attenta a comprendere la volontà del malato,
anche quando questa non si manifesta verbalmente. Nello stesso tempo va
tenuto presente che il principio di autodeterminazione non esime il personale
medico dalle proprie responsabilità: il rapporto medico-paziente è sempre
un incontro tra due volontà, e rimane oggetto di una considerazione etica
che non può mai perdere il suo carattere di unicità e irriducibilità alla mera
applicazione di una norma.
Una visione di fede cristiana fornisce ulteriori criteri e pone la questione
vita-morte in un contesto di relazione che «non può essere semplicemente
modellato secondo “volontà e rappresentazione” [...]. L’essere nelle mani di
Dio non si realizza solo attraverso la propria volontà, ma anche attraverso il
poter fare di altri esseri umani» (p. 199). Una forma di collaborazione che non
rinnega la propria impotenza può diventare un aiuto prezioso a chi affronta
il momento così difficile, e insieme prezioso, della preparazione all’incontro
206
con l’Autore della vita.
L’edizione italiana presenta una corposa prefazione (pp. 5-39) di Luciano
Eusebi, ordinario di Diritto penale all’Università cattolica del Sacro Cuore di
Milano, che mostra in maniera accurata la legislazione italiana in merito alle
possibili opzioni e risvolti in sede etica e penale circa il momento terminale
della vita.
Betty Varghese
OPERE PERVENUTE
NOTA. Non è possibile dar conto delle molte opere che ci pervengono. Ne diamo intanto un annuncio
sommario, che non comporta alcun giudizio, e ci riserviamo di tornarvi sopra secondo le possibilità e lo
spazio disponibile.
BEATUS POPULUS, CUIUS DOMINUS DEUS EIUS
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