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DI METAMORFOSI E D’AMORE

Zero.
In scena diversi ragazzi, seduti, intenti a leggere da libri.
Ognuno di loro, sovrapponendosi, in una specie di continua
assolvenza e dissolvenza, recita in lingua originale, latino,
tedesco, italiano, francese, greco, frammenti e poesie
riguardanti i miti riguardanti Eco e Narciso, finché su tutti
emerge la poesia inglese “For Once, Then, Something”

Others taunt me with having knelt at well-curbs


Always wrong to the light, so never seeing
Deeper down in the well than where the water
Gives me back in a shining surface picture
Me myself in the summer heaven godlike
Looking out of a wreath of fern and cloud puffs.
Once, when trying with chin against a well-curb,
I discerned, as I thought, beyond the picture,
Through the picture, a something white, uncertain,
Something more of the depths-and then I lost it.
Water came to rebuke the too clear water.
One drop fell from a fern, and lo, a ripple
Shook whatever it was lay there at bottom,
Bluffed it, blotted it out. What was that whiteness?
Truth? A pebble of quartz? For once, then, something

Uno.

Ragazze con una bacinella in mano entrano in scena mentre


da fuori si sente la traduzione della poesia inglese recitata in
precedenza.

Gli altri mi accusano di essermi chinato sui pozzI


In controluce sempre, senza perciò vedere
Nel pozzo a fondo più che dove l'acqua
Mi rimanda una tersa immagine di specchio
Del mio me stesso, dio da un cielo estivo
Affacciato in un serto di nuvolette e felci.
Solo una volta, tentando col mento al parapetto
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Scorsi, mi parve, al di là dell'immagine,


Attraverso l'immagine, un che di bianco e incerto,

qualcosa più del profondo, e poi lo persi.


Fu acqua a castigare quell'acqua troppo chiara.
Bastò a incresparla una goccia da una felce
Che scompigliò quel qualcosa che stava posato là in fondo,
Lo cancellò, lo confuse. Cosa ora quel biancore?
La verità? Un ciottolo di quarzo? Ma, quella volta, per una volta,
qualcosa.

Alla fine della poesia le ragazze, sedute davanti alle loro


bacinelle come davanti a degli specchi eseguono alcuni
movimenti ora giocando con l’acqua, ora riflettendosi. Il
gioco sembra via via caricarsi d’angoscia finché le ragazza
non escono correndo di scena.

Due.

VOCE E Tiresia, divenuto famosissimo per le città


dell'Aonia, dava ineccepibili responsi alla gente che lo consultava.
La prima a saggiare la veridicità delle sue parole fu l'azzurrina
Liríope, che un giorno il Cefíso aveva intrappolato nelle curve della
propria corrente, imprigionato tra le onde e violentato.

VOCE La bellissima ninfa, rimasta incinta, aveva partorito un


bambino che già appena nato meritava di essere amato, e lo aveva
chiamato Narciso

Tre.

Tiresia – con una benda sugli occhi e con un lungo bastone -


accompagnato da una ragazza si siede in proscenio rivolto
verso il pubblico. La ragazza si siede ai suoi piedi e guarda la
scena.

Entra Liriope. Si inginocchia in mezzo alle catinelle e gioca un


po’ con l’acqua, tristemente, finché non sembra colta da un
brivido che la fa contrarre in un movimento di forte
drammaticità, tra lo smarrimento e il dolore.
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TIRESIA Chi sei?

LIRIOPE Liriope è il mio nome.

TIRESIA Tu, la ninfa più bella, porti odore di boschi e di


sentieri nascosti, ma forte si sentono in te nodi d’acque e di
alghe. Tu porti un segreto che t’ha strappata alla giovinezza
facendoti madre. Tu porti il segno d’un dolore precoce.

LIRIOPE Niente ti è sconosciuto divino Tiresia. Io sono


quella che fu imprigionata nella corrente del Cefiso e da lui
con onde alte e violente presa, violata. Il fiume m’ha dato un
figlio bellissimo. (con l’acqua bagna il fagotto come per pulire
il bambino) È scomparso il ricordo del dolore nella gioia dei
suoi occhi, non ho più maledizioni per colui che con violenza
mi prese. Gli occhi di mio figlio riparano l’offesa con una
dolcezza che tutta mi scioglie.

TIRESIA Liriope, come si chiama il bambino?

LIRIOPE L’ho chiamato Narciso.

La ragazza che ha accompagnato Tiresia si avvicina a Liriope


che le porge il bambino.

LIRIOPE Divino Tiresia dimmi se questa mia creatura


bellissima avrà un destino felice, se la violenza che lo generò
segnerà il suo vivere, o il suo viaggio nel mondo sarà bello
come lo è il suo viso. Dimmi Tiresia se giungerà a vedere un
lunga tarda vecchiaia.

TIRESIA Vieni, avvicinati!

Liriope si è avvicinata a Tiresia che piano le accarezza il capo.

RAGAZZA (cullando il bambino e come cantando)


Non ti guardare più allo specchio amaro
Che i dèmoni ci pongono di fronte, passando,
Con la loro sottile scaltrezza, o se vuoi
Guarda solo un istante; perché vi si forma
Una fatale immagine, che la notte
Tempestosa raccoglie,
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Radici nascoste a metà nella neve,


Rami spezzati, foglie annerite.
Perché ogni cosa diventa sterile
In quello specchio oscuro che i dèmoni sostengono,
Specchio della stanchezza esterna,
Creato mentre Dio stava dormendo nelle età che furono.
Fra i rami infranti, là, passano i corvi
Del pensiero irrequieto, trasvolando,
Stridendo in ogni dove, con gli artigli
Crudeli e il becco rapace, quando non restano immobili
Fiutando il vento e scuotono
Le ali sbrindellate; ahimè!
I tuoi teneri occhi perdono ogni dolcezza:
Non ti guardare più in quello specchio amaro.

LIRIOPE Voce degli Dei, grande Tiresia, perché tardi nel


responso… Non sono chiari i segni del mondo, gli uccelli che
volano in questo cielo non ti aiutano con i loro lenti stridii?

TIRESIA Non ho bisogno Liriope di ascoltare il verso degli


uccelli, per formulare i miei responsi. Il Dio che mi dette il
dono della veggenza oscurò insieme i miei occhi perché non
distraessero il mio cercare. Nel cavo dell’anima mia, vo
cercando risposte, nel rimbombo delle voci che in essa si
rincorrono traggo i miei auspici, che essi son figli del centro
di me stesso… E da qui, dal centro di me stesso, ti dico che
tuo figlio Narciso da se stesso deve guardarsi, di se stesso
non conoscere nulla. Solo così avrà lunga la vita e felice.
Addio Liriope, che gli Dei siano propizi alla tua bellezza, che
benedicano tuo figlio, che non ti lascino sola.

La ragazza, pronta, ridà il figlio a Liriope, e preso Tiresia per


mano esce con lui. Liriope si siede tra le bacinelle con il figlio
in braccio. Pensierosa gioca un po’ con l’acqua, poi trae
dal’acqua un pezzo di specchio che lentamente avvicina al
volto. Sembra inizialmente compiaciuta della sua immagine,
poi è presa da un pensiero che la inquieta. Depone lo
specchio e piano esce.

Quattro.
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VOCE Il figlio di Cefíso aveva superato di un anno i


quindici anni, e si poteva prendere tanto per un fanciullo quanto per
un giovinetto. Molti giovani, molte fanciulle lo desiderarono; ma
quella tenera bellezza era di una superbia così ostinata, che nessun
giovane, nessuna fanciulla mai lo toccò.

VOCE Vanno ragazze alla fonte, il gioco che fanno lo


chiamano amore. Bello è quel gioco che stringe il petto con un
sogno, bello è quel gioco che ancora le tiene dentro la
fanciullezza a fingere d’essere grandi. Dovrebbe per sempre
restare un cercare di specchio, un lento riflettere l’immagine
che non invecchia. Ma già una è caduta fuori della rete del gioco
e non scherza, non ride. Già in lei tutto si fa scuro di
quell’amore che non ha più luce, che più non riflette di se né
l’immagine né il suono, già la fa donna con un dolore di ferro
che penetra i visceri.

Cinque.

Una ragazza entra in scena, con molta allegria. Ha in mano


uno specchio con il quale gioca a riflettere la luce
tutt’intorno. Entrano alcune ragazze che all’inizio giocano un
po’ con la prima a farsi investire dal raggio, poi anche loro
tirano fuori un frammento di specchio continuando da sole il
gioco. Piano, una ad una, come stanche del gioco, si siedono
in semicerchio intorno alle bacinelle e guardandosi negli
specchi cominciano a pettinarsi. Una di loro dopo un po’ si
alza e si mette a guardare le altre con un’aria molto ironica.
Durante tutto il dialogo una di loro, Eco, seguirà attenta, ma
silenziosa.

RAGAZZA 1 Oggi non verrà, inutile che ti affanni a farti


bella.

RAGAZZA 2 Cosa stai dicendo?

RAGAZZA 1 Tutte alla fonte, tutte insieme… Ma che


brave…

RAGAZZA 3 è un bel posto questo…


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RAGAZZA 1 Già, è proprio bello. Ma alle volte lo è di


più…

RAGAZZA 2 Che vuoi dire?

RAGAZZA 1 Voglio dire che tante api fuori dall’alveare


vogliono dire tanti fiori, oppure un fiore, magari più grande,
più bello, più ricco degli altri.

RAGAZZA 4 Anche tu sei qui, anche tu sei in cerca di


quel fiore.

RAGAZZA 1 Già… purtroppo… (ride insieme alle altre)


Comunque oggi non verrà…

RAGAZZA 3 E come lo sai?

RAGAZZA 1 Io lo so… io l’ho visto che andava per i


boschi, lontano da qui. Correva come un cervo,
irraggiungibile.

RAGAZZA 5 E allora che sei venuta a fare qui…

RAGAZZA 1 Ma a specchiarmi nella fonte, a pettinarmi i


capelli, a giocare con l’acqua… (inizia a schizzare le sue
compagne che reagiscono)

Ne nasce un breve gioco che si conclude con le ragazze


sedute di nuovo in cerchio.

RAGAZZA 6 Dicono che sia figlio di un Dio!

RAGAZZA 2 Di certo Febo l’ha toccato il giorno che è


venuto al mondo.

RAGAZZA 4 Sua madre è bella e il padre abita le scure


anse di un fiume.

RAGAZZA 5 Non può essere figlio di acque torbide e


ribollenti. In lui c’è la calma e la bellezza di un cielo di stelle…

RAGAZZA 3 Il suo sorriso è fatto di musica…


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RAGAZZA 1 Cosa ci sta succedendo amiche, che stiamo


qui a sospirare tutte per uno stesso uomo che neanche ci
guarda, che passa sdegnoso senza neanche accorgersi di
nessuna di noi.

RAGAZZA 6 Ci sono forze nel mondo alle quali non si


può resistere. Gli uomini impazziscono a volte rincorrendo per
lunghi anni cose alle quali neanche avevano pensato prima,
delle quali non avevano neanche coscienza, che non
sapevano di dover amare un giorno.

RAGAZZA 3 Per quanto mi sforzi di non pensare, la sua


immagine mi si para davanti ogni momento, il suo pensiero
mi abita… come un figlio.

Tutte rimangono un poco pensierose a queste ultime parole ,


tutte tornano a guardarsi nel loro specchio.

RAGAZZA 2 (con rabbia) Stupide, stupide, stupide…


Tutte in attesa, tutte dello stesso uomo sdegnoso. Che regalo
infausto ci hanno fatto gli dei. Quale pazzia ci hanno inviato,
che stiamo ad aspettare tutte, senza neanche provare l’un
l’altra gelosia…

RAGAZZA 1 E di che dovremmo essere gelose se lui non


si cura di nessuna? L’un l’altra semmai ci confortiamo,
ognuna si specchia nell’altrui follia e se ne fa ragione.
Andiamo ora amiche, a altri pensieri cerchiamo di voltare la
mente.

Ognuna raccoglie il proprio specchio. Con gesti diversi,


guardandosi come per l’ultima volta abbandonano lo specchio
dentro le bacinelle. Escono tutte, meno Eco. La prima che ha
parlato accorgendosi di lei torna sui suoi passi e si china su di
lei.

RAGAZZA 1 Che c’è perché non vieni?. Non conta


rimanere qui, lo sai. Lui non verrà e è tardi ormai, si fa
scuro… (Eco ha come uno scatto) Vuoi che rimanga a parlare
insieme a te. Vuoi che le nostre malinconie specchiandosi
diventino infinite? (Eco muta china il capo) Parlami, io posso
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capire il tuo dolore, i nostri smarrimenti sono identici, in due


forse troveremo meglio la strada che ci porti fuori da questo
labirinto d’amore…

ECO …amore!

RAGAZZA 1 Forse il nostro in fondo è solo un gioco, e


per tutte quest’amore è solo uno stordimento passeggero, un
gioco di specchi che tutti ripetono la medesima immagine. La
bellezza da sola non può rapire il cuore, non può
raggiungerlo davvero. Siamo giovani, davvero forse non
dovremmo così tanto farci sommergere da questo piccolo
gorgo, che leva l’aria, che affoga nel niente.

ECO … l’aria… niente…

RAGAZZA 1 Ma davvero tu sembri in preda a un dolore


troppo grande. Davanti a te capisco forse che il mio amore
che mi pareva infinito, questo desiderio che mi sembrava
incolmabile, forse non è così smisurato.

ECO … è così smisurato…

RAGAZZA 1 Anche se alle volte i pensieri più neri mi


scuotono, il tuo dolore muto mi pare mi sovrasti, e solo un
gioco mi sembrano ora i sospiri insonni quando penso che
vorrei stendermi e morire…

ECO Vorrei stendermi, e morire…

RAGAZZA 1 Addio Eco, davvero mi pare non poter far


nulla per te… Forse la solitudine almeno può alleviare lo
strazio che sembra ti infligga il rimbombo inutile delle parole.

ECO …il rimbombo inutile delle parole…

La ragazza lascia Eco che si piega come in preda a un pianto


anch’esso muto. Esce.

Sei.
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VOCE Vanno i ragazzi alla fonte, stanche le membra per la


corsa. Chiedono acqua a spegnere la sete, a rinfrescare il viso e il
corpo. Vanno i ragazzi senza conoscere altro che qualcosa di se
stessi. Ancora non sanno d’amore, solo un poco di corpi, e di un
turbamento che passa e non resta a marcire nel cuore

Entrano correndo, come dopo un gioco collettivo, molto


eccitati, alcuni ragazzi. Tra risate e scherzi tutti si denudano
dalla cintola in su e chinatisi sulle bacinelle cominciano a
lavarsi. Mentre si asciugano e si rivestono comincia un gioco
con gli asciugamani al termine del quale si siedono per terra.

RAG. 1 Mi dovete tutti un bicchiere… Vi ho lasciato così


indietro che quando sono arrivato e mi sono voltato credevo
di avervi persi.

RAG. 2 Ma se hai vinto solo perché hai imboccato la


strada più breve.

RAG. 1 Non si stabilisce mai un percorso… Chi arriva


prima ha vinto, e basta. Non è colpa mia se siete così tonti da
perdervi nel bosco.

RAG. 3 Qualcuno si è perso per davvero.

RAG. 4 Già, e Narciso?

RAG. 2 Manca proprio lui, dove sarà finito?

RAG. 6 Era davanti a me, poi all’improvviso ha preso per


un sentiero che non c’entrava nulla. Io l’ho chiamato, gliel’ho
detto che stava sbagliando strada, ma non mi deve aver
sentito…

RAG. 3 Macché sbagliato… Il bel signorino si è eclissato,


come al solito…

RAG. 7 Sempre con il capo tra le nuvole a inseguire le


farfalle… Uno come lui non può mettersi a giocare con dei
comuni mortali.

RAG. 8 E poi la corsa fa sudare…


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RAG. 4 Spettina i bei capelli…

RAG. 9 Lo sforzo deforma i bei lineamenti con smorfie di


fatica.

Tutti quanti ridono.

RAG. 5 Non sarà che siamo invidiosi perché tutte quante


le fanciulle si innamorano di lui e non ci guardano neanche.

RAG. 9 Di certo questo è un buon motivo… Ma è talmente


evidente che lui non le cura che credo questa infatuazione di
tutte passerà alla svelta.

RAG. 6 Intanto però è lui che la fa da padrone e a noi


non rimangono neanche le briciole.

RAG. 7 Un giorno in una delle sue corse solitarie


incontrerà una capra che si invaghirà talmente del suo bel
muso che comincerà a rincorrerlo e lo porterà in capo al
mondo, lontano da qui…

Ridono

RAG. 8 Propongo una nuova corsa da qui in città,


percorso libero, come al solito. Visto che non possiamo
fiaccarci le membra in attività più allettanti, tanto vale che
almeno le fortifichiamo con l’esercizio.

RAG. 1 Allora via, e l’ultimo che arriva paga davvero da


bere!

Escono tutti.

Sette.

Ingresso di Eco, al centro. Musica ossessiva. Lei chiude le


orecchie con i palmi della mano. Appaiono altre ragazze, la
musica si fa più distesa. Tutti le si fanno intorno, lei ascolta.
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VOCE Narciso si è perduto, si è staccato dai compagni


fiaccati dalla corsa ed è solo nel bosco

VOCE Eco corri, avvicinalo!

VOCE Eco…

VOCE Eco, vicino alla fonte sacra Narciso è arrivato,


desideroso di quiete e di riposo.

VOCE Va da lui, siedigli accanto…

VOCE Eco, porta la sua voce lontano riflettendone il


suono.

VOCE Eco, lui forse si farà sedurre dal gioco di riflessi


che la tua gola sa giocare.

VOCE Eco, va corri, nessun’altra fanciulla conosce il


sentiero.

VOCE Lui è solo… la tua bellezza lo sedurrà.

Eco esce come a cercare Narciso, le altre si siedono


guardando dentro le bacinella in una sorta di gioco alla
visionarietà.

Otto.

VOCE Lo vede lei che è dotata di una voce sonora, che


non sa tacere quando uno parla ma neppure sa parlare per
prima: Eco che rimanda i suoni, Eco che sempre parla ma di
tante parole rimanda solo le ultime. Eco ripete solo le ultime
parole che ha udito.

VOCE Ora, quando vede Narciso vagare per solitarie


campagne, Eco ne segue di nascosto le orme. E quanto piú lo
segue, tanto piú, per l'accorciarsi della distanza, si scalda,
come lo zolfo vivo e tenace spalmato in cima a una fiaccola
divampa se si accosta al fuoco.
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VOCE Oh quante volte vorrebbe avvicinarlo con dolci


parole e rivolgergli tenere preghiere!

VOCE La sua natura si oppone, non le permette di


cominciare; però - questo le è permesso - sta pronta ad
afferrare i suoni, per rimandargli le sue stesse parole.

VOCE Il fanciullo avverte la sua presenza e dice:

Narciso « C'è qualcuno? »,

VOCE ed Eco risponde:

Eco. « Qualcuno ».

VOCE Lui si meraviglia, e cercando con lo sguardo da


tutte le parti grida a gran voce:

Narciso. « Vieni! »

VOCE E lei chiama lui che la chiama.

Eco “Vieni!”

VOCE Egli si guarda dietro le spalle, e poiché anche


questa volta nessuno viene fuori, dice:

Narciso. « Perché mi fuggi? »,

VOCE e quante parole pronuncia, altrettante ne riceve.

Eco Perché mi fuggi?

VOCE Insiste, e smarrito dal rimbalzare della voce dice:

Narciso. « Qui riuniamoci! »,

VOCE ed Eco, che a nessun suono mai risponderebbe


più volentieri,

Eco. «Uniamoci! ».
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VOCE E decisa a far come dice esce dal bosco e si fa


avanti per gettargli bramosamente le braccia al collo. Lui la
vede, lei è pur bella, ma di nessuna vuole altro che un
riflesso di se. E alla vista di Eco lui fugge, e nel fuggire:

Narciso. «Giù le mani, non mi abbracciare! Preferisco morire


piuttosto che darmi a te! »

VOCE Eco non risponde altro che:

Eco. « … preferisco morire piuttosto che darmi a te!? »

Tutte si alzano come sconfitte, entrano altre che le coprono


come a consolarle.

Nove.

VOCE Disprezzata essa si nasconde nei boschi occultando


dietro le frasche il volto per la vergogna e da allora vive in antri
solitari.

VOCE Ma l'amore resta confitto in lei e cresce per il dolore


del rifiuto.

VOCE I pensieri la tengono desta e la consumano, la pelle si


raggrinzisce per la magrezza e tutti gli umori del corpo si
disperdono nell'aria. Non rimangono che la voce e le ossa.

VOCE La voce esiste ancora; le ossa, dicono, presero l'aspetto


di sassi. E cosí sta celata nei boschi e non si vede su nessun monte,
ma dappertutto si sente: è il suono, che vive in lei.

Due ragazze in proscenio

RAGAZZA 1 Lei si è perduta… Si è spenta. Ancora però si


sente… Ancora è viva, scolpita nella memoria.

RAGAZZA 2 Cosa l’ha consumata? Davvero il diluvio di un


amore l’ha così scavata? Davvero il fuoco della passione l’ha
bruciata? Eppure dicono che solo la goccia implacabile scava il
marmo. Nessun diluvio consuma, semmai trascina e squassa,
nessun incendio sfinisce, ma subito incenerisce.
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RAGAZZA 1 Lei si è perduta come tanti per un amore


difficile. Lei si è perduta come un bambino che non sente più
nella sua mano la mano sicura della madre. Lei si è perduta
dietro a un sogno, lei è rimasta sola, nessuno ha raccolto altro
che il suo riflesso, nessuno ha chiesto davvero, nessuno
all’amore sdegnoso ha risposto con un abbraccio vero, di carne,
di vita. Nessuno. E lei, si è perduta… Lei si dice è partita…

RAGAZZA 2 Si dice partire... - e lui è andato via, e quella


è impazzita, l'altro è morto, dimenticato, lei si è sfinita,
perduta... ha intrapreso un viaggio…

RAGAZZA 1 Si dice viaggiare... - e ci sono luoghi, deserti e


città, c’è un correre ubriaco di immagini stanche, buone solo
per farsi dimenticare o indelebili come ossessioni; ci sono occhi
che vedono tutto, altri che vedono sempre e solo altri occhi, c’è
chi guarda solo davanti a se e non vede niente...

RAGAZZA 2 Si dice partire... - e più di rado... tornare. E


chi non s'è più visto non è necessariamente rimasto da
qualche altra parte...

Dieci

VOCE Tanta presunzione chiama vendetta. Che siano gli


uomini o gli dei a punire Narciso poco importa.

VOCE Patirà anche lui ciò che ha inflitto al cuore di Eco


e di tanti come lei. In qualche modo sarà punito, conoscerà le
pene e il dolore.

VOCE Che sia per amore, che sia d’odio, che sia per
mano d’un uomo, che sia sbranato da una belva…

VOCE Che lui conosca il lento consumarsi, l’agonia


dolorosa, il male del corpo e del cuore.

Tutte escono in tempi diversi durante le ultime battute. Una


entra con altre che tendono in mano uno specchio e giocano
con i riflessi della luce.
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Undici

VOCE Quell’acqua è uno specchio, Narciso non esiste, si


perde nell’immagine riflessa. Sa che appena alzerà il viso la
vecchiaia lo aspetta. È per questo che si consuma, che
annega nell’amore di quel se stesso evanescente e fatuo,
preferisce la morte al lento consumarsi della vecchiezza.
Perciò si fa cadere nello specchio, per questo in se si
annega… Dicano pure che gli dei hanno punito la sua
sfrontatezza accecando i suoi occhi, confondendolo con un
gioco vano di specchi. È lui che li ha giocati gli dei: lui che
ogni primavera rinasce, giovane Narciso.

DI METAMORFOSI E D’AMORE 1

ZERO. 1
UNO. 1
DUE. 2
TRE. 2
QUATTRO. 4
CINQUE. 5
SEI. 8
SETTE. 10
OTTO. 11
NOVE. 13
DIECI 14
UNDICI 15

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