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30 settembre 2022 - 19:26 > Versione online

I Geologi dell'Università di Urbino sui


luoghi dell'alluvione

5' di lettura30/09/2022
- Proseguono in questi giorni i sopralluoghi dei geologi dell'Università di Urbino nelle
aree interessate dall’alluvione del 15 settembre 2022, soprattutto nei territori dell’alta
valle del fiume Burano a cavallo tra Umbria e Marche. Dai primi sopralluoghi sembra
infatti che i maggiori afflussi idrici siano giunti proprio dalla zona della Serra di Burano
dove si sono avute le precipitazioni più intese e copiose.

I sopralluoghi al momento sono volti a rilevare i fenomeni di dissesto geo-idrologici


connessi alle forti precipitazioni che hanno investito il territorio. Le intense piogge hanno
infatti portato a numerosi problemi di natura idraulica e geologica movimentando depositi
superficiali e legname. Questo materiale è stato poi preso in carico dai corsi d’acqua e
trascinato nei fondivalle, innescando contestualmente innumerevoli eventi franosi in tutto
il territorio, dalle sponde lambite dalle piene ai versanti dei pendii circostanti. Il tutto è
avvenuto appunto nell’area a monte di Cantiano dove sono presenti rocce impermeabili

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che hanno bassa capacità di trattenere le piogge e dove il ruscellamento superficiale è


di per sé già abbastanza intenso anche in presenza di estese coperture vegetazionali.
Oltre a queste cause naturali, va considerato che gli eccezionali eventi meteo sono
caduti su di un territorio dove è venuta a mancare una adeguata e costante
manutenzione dei corsi d’acqua.
Ai sopralluoghi hanno partecipato il Prof. Stefano Morelli, da pochi mesi all'Università di
Urbino presso la quale insegna Geografia Fisica e Geomorfologia Applicata e che si
occupa proprio di processi di evoluzione morfologica dei corsi d'acqua per la valutazione
degli impatti della dinamica fluviale e per la mitigazione del rischio di alluvione. Egli ha
rilevato che “su tutta l’area colpita è evidente che la circolazione idrica superficiale,
distribuita in un articolato reticolo idraulico, rimane il fattore maggiormente attivo ed
efficace di modellazione del territorio e delle sue forme. Nonostante che in certe zone i
flussi idrici si riducano notevolmente in alcuni periodi dell’anno fino a quasi a scomparire,
creando difficoltà di approvvigionamento e crisi idriche nei corsi principali, questi
inducono allo stesso tempo ad una implicita sottovalutazione del problema idraulico per
il resto dell’anno. Tale capacità di incidere sulla morfologia del territorio è efficace anche,
e soprattutto, in condizioni straordinarie dettate dalle ampie esondazioni e delle alluvioni
conseguenti durante eventi piovosi intensi, anche minori rispetto a quello del 15
settembre scorso. Questo è un fenomeno naturale dei fondivalle e delle fasce perifluviali
che viene particolarmente acuito dall’antropizzazione del territorio e dalle modifiche
effettuate dall’uomo ai tracciati dei corsi d’acqua forzandone la naturale dinamica
evolutiva. È proprio durante eventi di piena particolarmente intensi che la forza delle
acque in questi contesti tende a voler ripristinate le condizioni morfo-dinamiche ordinarie
contrastando, anche con conseguenze catastrofiche, le modifiche apportate dall’uomo
nella propria pianificazione urbanistica, che in certe operazioni ingegneristiche tiene
poco conto delle leggi fisiche che regolano il movimento di flussi incanalati”.
L’analisi della franosità del territorio e degli eventi principali viene analizzata dal Prof.
Mirko Francioni anch’esso da poco più di un anno all’Ateneo Urbinate dove si occupa di
rischio idrogeologico e insegna Geologia Applicata: “sono numerose le frane che si sono
attivate sia direttamente che indirettamente su tutta la zona. Questi fenomeni hanno
interessato sia aree collinari con il cedimento di terreni a matrice prevalentemente
argillosa, che in aree più montuose dove sono avvenuti crolli di roccia e colate di detrito.
A causa della incredibile intensità delle precipitazioni, questi fenomeni sono avvenuti a
volte a velocità elevatissime e con un lungo trasporto ed hanno portato al
danneggiamento di numerose infrastrutture.
L’analisi geologica integrata del territorio è poi materia del Prof. Marco Menichetti che
studia da molti decenni questa area dell’Appennino umbro-marchiano integrando dati di
geodinamica: “L’impatto sulle strutture naturali e soprattutto su quelle antropiche è stato
devastante riportando i corsi d’acqua alla loro configurazione di alcuni secoli fa.
L’ecosistema fluviale è stato modificato in maniera significativa con pesanti ripercussioni
sulla biodiversità che caratterizza proprio queste aree interne appenniniche”.
Il bacino imbrifero del fiume Burano, che ha le sue sorgenti nella zona di Caicambiucci in
comune di Gubbio, si estende a monte di Cantiano per oltre 100 km2 e una lunghezza di

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circa 15 km. Riceve apporti importanti dalla zona collinare alle spalle di Gubbio dove
scorrono i corsi d’acqua minori del fosso di S. Margherita di Burano, del fosso Tre ponti
e fosso della Gangana, scorrendo poi per alcuni chilometri a fianco della strada statale
della Contessa. Nella zona di Pontericcioli il fiume Burano si immette il fosso delle
Fucicchie che scende giù dal valico di Scheggia. Nella zona di Cantiano poi convergono
nel corso d’acqua , il torrente Bevano che scende da Chiaserna ai piedi del Monte Catria
ed Acuto e il fosso Tenetra dall’ampio anfiteatro del monte omonimo. L’idraulica fluviale
nella zona stessa di Cantiano è stata fortemente modificata sin dal secolo scorso con la
deviazione del fiume Burano dal suo percorso naturale che lambiva il centro storico.
Infatti circa 100 anni fa, fu realizzata mediante lo scavo di una galleria la deviazione ad
angolo retto del fiume. Giorni fa il fiume è andato a rioccupare il suo vecchio alveo,
allagando tutto il centro storico della cittadina. All’esondazione ha poi contribuito la
confluenza a valle dei fossi Tenetra e Bevano, quest’ultimo in parte tombato all’interno
del centro storico di Cantiano. Infine, l’alveo del fiume è in parte occupato dai piloni del
nuovo tracciato della Flaminia, con attraversamenti che non hanno consentito il libero
passaggio dell’onda di piena a causa soprattutto del materiale trasportato dall’acqua che
ha realizzato dei veri e propri sbarramenti. Come si vede quindi un reticolo idrografico
complesso ed articolato sul quale si sono avuti afflussi di piogge eccezionali in un
intervallo di tempo di poche ore. A tutto questo va purtroppo costatato una scarsa
manutenzione del territorio e soprattutto dei corsi d’acqua, dai minori fino alle aste fluviali
principali.

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