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La sua voce mi risuonava nelle orecchie come la melodia di un dolce violino strega il cuore della gente;

pronunciò le sue ultime parole sussurrandomele all’orecchio, e quando lo fece, ciò che vidi fu solo un uomo
che in piena tranquillità esalò il suo ultimo respiro, prima di addormentarsi per sempre… La mia storia inizia
nell’ombra di una foresta maledetta da Dio, dove la minima distrazione può farti perderti il braccio per
sempre, dove quelli come noi non ci mettono niente a passare da predatori a preda… Le bestie che abitano
la foresta di Dark-Wood, sono così pericolose da renderla il braccio della morte di madre natura, e se per
caso vi stiate chiedendo che diavolo ci facevo in un posto del genere, a dir la verità me lo chiedo anch’io.
Successe per caso, in una taverna fuori città, nelle campagne situate lungo il grande fiume Omen; ogni anno
vede salpare navi cariche di merci da tutto il continente, dal trasporto di armamenti a cibi esotici di ogni
tipo. Furono proprio le voci di un mercante dell’est, mi sembra si chiamasse Timoti; raccontava di come la
grande foresta di Dark-Wood, potesse nascondere tesori e piante ad suo alchemico di una rarità non
indifferente. L’unico problema era proprio il pericolo di un luogo del genere, solo pensare di andarci poteva
farti correre un brivido dietro la schiena, uno di quelli che ti fa intravedere il freddo pietrificante prima di
morire. Aimè quella sera ero brillo, seduto su di uno sgabello in legno, alto a malapena sessanta centimetri
con un boccale di birra che già ricordo svuotarsi nella mia bocca, mentre le sue goccioline mi scendevano
giù dalla mia barba rossiccia. Mentre ero ridotto in quello stato, un mio ex compagno della mia legione
mercenaria, mi venne a trovare; Roland il battitore di tamburi, così lo chiamavamo quando con le sue clave
suonava il petto dei suoi nemici, che emettevano un suono simile proprio ad un tamburo, mentre le ossa
delle loro costole si frantumavano allo schianto con le sue armi. Mi propose una spedizione per conto di un
giovane nobile di paese, Sir Edgar, terzo figlio di Eric Edgar, attuale governatore della vicina città di Rose. La
paga era alta, circa 500 monete d’oro, e tra le varie spese che mi concedevo di solito, mi sembrava
un’ottima occasione per recuperare qualche entrata dalle varie visite alle mie carissime amiche del bordello
dietro la caserma. Non diedi conto al luogo della spedizione, in quel momento la birra mi stava salendo fin
sopra le orecchie, lasciandomi quel senso di euforia che tanto amo dalla mia bevanda preferita; fu allora
che firmai inconsapevolmente la condanna a morte di molti dei miei compagni. Il giorno arrivò, con l’acqua
alla gola m’imbarcai per raggiungere il luogo designato, un viaggio tranquillo, fin troppo; com’è che si dice
in questi casi, la quiete prima della tempesta, sì fu proprio così. Appena il nostro gruppo mise piede nelle
terre selvagge di Dark-Wood, come un brutto presagio che si abbatte sugli sfortunati, madre natura ci ha
voluto avvertire ancora una volta; un tremolio alle ginocchia, un soffio di vento gelido che penetrò fin
dentro le nostre ossa, tutto era contro il nostro atto folle e suicida. Ancora una volta l’incoltezza degli
uomini si personificò nella voce di Roland, che con voce insicura e rauca ci esclamò: <Dai forza
proseguiamo!>. Le stolte parole ci portarono proprio nel bel mezzo del bosco, ed io ancora più sciocco che
lo seguì in questa sua follia. Ogni passo in quella terra abbandonata da Dio, era un passo più vicino alla
morte; il suono della terra calpestata era abbastanza da richiamare i mortali predatori, che per qualche
motivo non si fecero vivi… ma io lo sapevo che quelle bastarde creature si stavano pazientemente leccando
i baffi, osservandoci da lontano, in attesa della gustosa cena in programma. Fu proprio quando calò la
notte, dopo il lungo cammino che ci aveva sfiancati, che i miei stolti compagni abbassarono la guardia,
bastarono pochi secondi, abbastanza da dare inizio alla nostra carneficina… Tanti occhi dorati come l’oro,
uno più brillante dell’altro, ci avevano ormai circondati da tutti i lati. E fu al metallico rumore dei miei
compagni che si riarmavano che la prima bestia ci attaccò; grandi zanne di avorio smorte, una pelliccia
rossiccia, forse più robusta del cuoio, del resto non ricordo molto… il debole fuoco che ci faceva da faro in
quella buia notte, non fu altro che un complice infame che ti volta le spalle nel momento del bisogno.
Proprio quando avanzarono tutti quanti in carica che il vento si alzò impetuosamente, abbastanza da
spegnere il falò dell’accampamento, abbastanza da assecondare i sanguinosi eventi che tanto volevano le
scelte di Roland. Furono dieci minuti di pura lotta per la sopravvivenza, vidi alcuni dei miei compagni cadere
come sacche di carne al suolo, e il mio vecchio amico morire tra le mie braccia. Riuscì a salvarmi usando il
corpo ferito di una delle bestie come scudo di carne, difendendomi dalle loro mortali zanne appuntite come
lance, saltai sui loro corpi per poi darmi alla fuga verso l’imbarcazione lasciata sulla costa, mentre ormai
distratti, i grossi cinghiali striati consumavano i corpi dei miei compagni, che ormai avevano lasciato questo
mondo.

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