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ritenere che il venditore, dovesse considerarsi responsabile, oltre che per quanto
esplicitamente promesso o escluso, anche per i difetti non evidenti (vizi occulti) della merce
in vendita che non sono stati esplicitati.
Il primo passo fu compiuto dagli edili curuli, (magistrati romani a cui era affidata la cura dei
mercati di Roma): al fine di evitare spiacevoli contestazioni per quanto riguarda la
compravendita di animali e schiavi, gli edili stabilirono che sul venditore di questi gravasse
l’obbligo di denunziare in modo chiaro l’esistenza di vizi occulti.
Inizialmente questi difetti erano inizialmente pochi e tassativamente indicati nell’editto:
gravi malattie che rendessero lo schiavo o l’animale inabile al lavoro, la tendenza
dell’animale o dello schiavo alla fuga…ecc
Indipendentemente dalla circostanza che il venditore fosse consapevole di tali vizi, qualora
il compratore avesse riscontrato, dopo la conclusione del contratto, i vizi occulti menzionati
nell’editto, egli avrebbe potuto esercitare nei confronti del venditore due tipi di azioni:
1) L’azione redibitoria: esperibile dall’emptor nei confronti del venditor entro 6 mesi
dal momento in cui si era rilevato il vizio. La vendita si considerava come non
avvenuta e il venditore doveva restituire al compratore il prezzo riscosso con gli
interessi, però il compratore doveva restituire al venditore la merce difettosa. Tale
meccanismo poneva in essere la risoluzione del contratto.
2) L’azione di riduzione: poteva essere richiesta al magistrato entro 1 anno dalla
scoperta del difetto della merce. Per cui il compratore poteva ottenere una riduzione
del prezzo proporzionale alla diminuzione del valore conseguente alla esistenza dei
vizi.
Quindi, in questa seconda fase l’obbligo di denunziare i vizi della merce in vendita
riguardava soltanto le vendite di schiavi e animali effettuate nei mercati di Roma
circoscritto a pochi difetti non apparenti;