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PROTEINE

Rappresentano gli elementi strutturali e funzionali più importanti nei sistemi viventi, sono le biomolecole
più comunicative e selettive.

Perché tendono a riconoscere e legare altre molecole in maniere specifica.

I partner di legame delle proteine sono detti ligandi.

I ligandi si inseriscono in specifici siti sulla proteina che ha sviluppato una superficie complementare ad essi,
in modo da poterli riconoscere e legare. I legami che vengono a crearsi sono legami deboli.

Quando una proteina lega un ligando si ha un cambiamento conformazionale che generalmente ha come
conseguenza anche un cambio di funzionalità.

Le proteine possono presentare più di un sito di legame, questa condizione viene chiamata effetto
allosterico.

A seconda del mondo in cui i due siti comunicano tra loro, possiamo avere:

 Effetto allosterico positivo: si ha quando il legame di un ligando facilità il legame dell’altro ligando.
 Effetto allosterico negativo: si ha quando il legame di un ligando ostacola il legame dell’altro
ligando.

Una spiegazione di questo fenomeno è che l’attracco del primo ligando influenza la struttura
tridimensionale della proteina e quindi anche il secondo sito di legame, in modo tale da modificare l’affinità
per il secondo ligando.

La conformazione di una proteina, ovvero la disposizione dei suoi atomi nello spazio, si può descrivere in
maniera gerarchica:

1. STRUTTURA PRIMARIA:
Rappresenta la sequenza lineare degli amminoacidi che formano la proteina, legati da legami peptidici, e la
posizione dei legami disolfuro. Questa struttura influenza le altre strutture e la funzione delle proteine.

2. STRUTTURA SECONDARIA
descrive la formazione di legami idrogeno tra i gruppi CO e NH dello scheletro polipeptidico di amminoacidi
adiacenti nella struttura primaria, non partecipano ai legami i residui delle catene laterali, che però ne
influenzano la costituzione.

Da questi legami ad idrogeno si formano 3 elementi fondamentali della struttura secondaria:

 Alfa-elica
 foglietto-beta (beta-sheet)
 Ripiegamento-beta (beta-turn)
α-elica

Si crea mediante un regolare avvitamento della catena polipeptidica, inseguito alla formazione di legami
idrogeno tra l’H del gruppo carbossilico e l’N del gruppo amminico. È un’elica destrogira, ovvero sale in
senso orario.

Il centro di una α-elica è sempre formato dalla catena principale, mentre le catene laterali sporgono
all’esterno. In ogni giro dell’elica sono presenti 3.6 residui amminoacidici.

L’ α-elica sinistrorsa potrebbe anche essere consentita, ma le catene principali e quelle laterali sono in essa
troppo ravvicinate perché questo elemento possa formarsi spotaneamente.

Ogni amminoacido mostra una variabile propensione ad assumere una conformazione in α elica:

 Alanina, Glutammina, Leucina, Metionina: buoni iniziatori di α eliche


 Glicina, Tirosina, Serina: deboli iniziatori di α eliche
 Prolina a causa del suo diverso azoto, non permette la formazione del legame a H con il gruppo CO,
e quindi interrompe l’elica.

foglietto-β (beta-sheet)

è costituito da più catene polipeptidiche, disposte una accanto all’altra.

In modo tale che si possono venire a creare ponti idrogeno fra i gruppi –CO- e –NH-
delle due catene adiacenti.

I polipeptidi che formano un foglietto-beta possono disporsi in modo parallelo (NC terminale) o anti-
parallelo (CN terminale).

 Isoleucina, valina, treonina, fenilalanina e tirosina favoriscono la formazione dei foglietti-β.


 Prolina è talvolta presente ma tende a interrompere l’andamento regolare della struttura
producendo gomiti e inversioni di direzione

Ripiegamento-β (beta-turn

Unisce due tratti di filamento che comprende 4 residui amminoacidici, questo ripiegamento è stabilizzato
attraverso un ponte idrogeno di due residui abbastanza vicini, ed al centro restano gli altri due residui.

(sono presenti per


I legami peptidici tra questi due assumono diversi angoli di torsione a seconda dei
lo più nelle
quali il β-turn assume due variabili:
proteine globulari)
 Tipo I
 Tipo II

Sono spesso sede di fosforilazione e glicosilazione.


3. STRUTTURA TERZIARIA
È il risultato delle interazioni delle diverse strutture secondarie all’interno di uno stesso polipeptide. È la
conformazione tridimensionale assunta da una proteina, questa struttura tridimensionale di una proteina è
importante per la sua funzione biologica. È stabilizzata per la maggior parte da legami non covalenti.
Questa struttura è stabilizzata da 4 tipi di interazioni:
 Interazioni idrofobiche: gli amminoacidi con catene laterali non polari tendono a localizzarsi all’interno
della molecola dove si associano con altri residui idrofobici.

 Interazioni ioniche: i gruppi con carica negativa (-COO-) possono interagire con gruppi carichi
positivamente (-NH3+)

 Legami a idrogeno ( + abbondanti)

 Legami disolfuro: è un legame covalente che deriva dall’ossidazione del gruppo sulfidrilico (-SH) di due
residui di cisteina con formazione di un residuo di cistina. Le interazioni che si instaurano a livello
tridimensionale coinvolgono amminoacidi non necessariamente vicini nella struttura primaria. Essendo
legami covalenti, concorrono a stabilizzare la struttura delle proteine impedendone la denaturazione
nell’ambiente extracellulare.

Un aspetto importante per la formazione della struttura proteica è l’effetto idrofobico.


Consiste nel minimizzare la perdita di entropia dell’acqua che circonda
le proteine, grazie alla forte compattazione dei gruppi idrofobici
all’interno della proteina.

 Le sostanze apolari evitano il contatto con l’acqua riducendo al minimo la superfice di contatto, gli
amminoacidi idrofobici tendono a stabilizzarsi all’interno della molecola, mentre le catene polari si
trovano sulla superfice.

4. STRUTTURA QUATERNARIA
Questa struttura va a formare un complesso multi proteico, dove si ha la compartecipazione di più
polipeptidi, tenuti insiemi da interazioni non covalenti. Ogni catena polipeptidica che faccia parte di un
complesso multi proteico si chiama subunità proteica.
Esempio:
 EMOGLOBINA: proteina globulare la cui struttura quaternaria consta di quattro subunità, a due a
due uguali, 2 catene α(globuline) e 2 catene β(globuline), 4 monomeri che si uniscono a formare un
tetramero. È presente nei globuli rossi del sangue è responsabile del trasporto dell'ossigeno.
Le proteine si organizzano in:

 Proteine fibrose:
La struttura secondaria è prevalente rispetto a livelli di organizzazione superiore Sono costituite da lunghe
catene polipeptidiche disposte in lunghi fasci o foglietti Struttura estremamente ordinata Funzione di
protezione e sostegno.

es. alfa-cheratina, collagene e fibroina della seta.

 Proteine globulari:
Assumono struttura terziaria e qualche volta quaternaria Sono macromolecole compatte di forma più o
meno sferica, la loro struttura è meno ordinata delle fibrose con necessità di variare conformazione.
Hanno spesso funzioni regolatrici o enzimatiche.

es. mioglobina, emoglobina, immunoglobuline

Ogni proteina possiede una struttura tridimensionale unica e inconfondibile, il fattore determinante è la
struttura primaria della proteina che guida la modalità di ripiegamento della proteina per formare la
struttura tridimensionale, che avviene in maniera spontanea secondo le leggi termodinamiche.

Ciò si può dimostrare grazi all’esperimento di Anfinsen.

Esso viene effettuato con la Ribonucleasi A (RNasi A).

A seguito di riscaldamento attorno ai 100°C, o per aggiunta di urea e di un riducente come il


Fenomeno di
mercaptoetanolo, alla soluzione contenente la proteina, la struttura tridimensionale collassa,
denaturazione
e la RNasi A perde la sua attività enzimatica.

Se poi si eliminano l’urea e il mercaptoetanolo dalla soluzione mediante dialisi, si osserva un


ripiegamento spontaneo della catena proteica ritornando alla conformazione nativa, con il
recupero dell’attività enzimatica. Fenomeno di
I ponti disolfuro si riformano nella stessa posizione della proteina nativa nonostante rinaturazione
molteplici possibilità alternative.

BIOSINTESI PROTEICA
Ha luogo costantemente nelle cellule e gli amminoacidi vengono legati l’uno all’altro in sequenza,
utilizzando esclusivamente L-amminoacidi.

La biosintesi inizia sempre con l’amminoacido metionina.

Il suo gruppo carbossilico è legato al gruppo α-amminico di un secondo amminoacido. Si tratta di una
condensazione, poiché si ha la perdita di H₂O.
Il gruppo carbossilico libero del dipeptide va a legarsi ad un nuovo amminoacido, e così via, il processo di
condensazione si ripete.
Le catene polipeptidiche possono essere divise in:
 Oligopeptidi: sono quelle con numero di residui amminoacidici fino a 10
 Polipeptidi: sono quelle con numero di residui amminoacidici più di 10
 Proteine: sono quelle catene con più di 50 amminoacidi

I polipeptidi possono essere modificati dopo la loro sintesi, si parla di modificazioni post-traduzionali.

Servono spesso a proteggere i peptidi e le proteine da una rapida degradazione


biologica.

 Fosforilazione e defosforilazione:
è l’aggiunta o la rimozione di un gruppo fosfato al gruppo R di uno o più amminoacidi alcolici.
 Lipidazione
 Metilazione
 Acetilazione
 Glicosilazione
È la modifica post traduzionale più diffusa, avviene per aggiunta di oligosaccaridi o monosaccaridi su
particolari amminoacidi della proteina. Possiamo avere:
o Glicosilazione in N: un’oligosaccaride, preformato su un lipide di membrana, viene trasferito
alla proteina, il legame avviene su un azoto di un amminoacido. (asparagina)

o Glicosilazione in O: un’oligosaccaride che si forma stesso sulla proteina, si lega all’O del gruppo
carbossilico. (serina)
 Proteolisi
Viene eseguita da enzimi detti proteasi, serve per:
 Eliminare parti delle proteine non più necessarie
 Distruggere proteine difettose
 Tagliare la catena peptidica in vari frammenti, ognuno dei quali con una propria funzione.

 Legame di ubiquitina: è una proteina di 76 aminoacidi presente negli eucarioti, essa le proteine e le
indirizza verso la degradazione, è una proteina segnale.
Quando una proteina lega un componente di piccole dimensioni (ione metallico, enzima, molecola
organica) che rimane stabilmente associato alla proteina, spesso mediante legami covalenti, prende il nome
di gruppo prostetico:

 Apoproteina: proteina priva del suo gruppo prostetico


 Oloproteina: proteina unita al suo gruppo prostetico

Il metabolismo aerobio richiede proteine che legano l’ossigeno, queste proteine sono:

 Emoglobina: trasporta l’O 2 in tutti i vertebrati ed in alcuni invertebrati; essa rimuove anche la CO 2 dai
tessuti.
 Mioglobina: è la proteina di immagazzinamento dell’O 2 in tutte le specie animali.
MIOGLOBINA

La mioglobina comprende una parte proteica, la globina, ed un gruppo prostetico, il gruppo eme.

È una proteina costituita da una singola catena di circa centocinquanta amminoacidi, che si ripiega a
formare una struttura globulare formata da otto α-eliche.

L’eme è nascosto in una tasca idrofobica, costituita dagli stessi ripiegamenti dei segmenti delle α-eliche.

È un sistema aromatico ad anello con uno ione ferro bivalente (ferro ferroso
2+ ¿¿
Fe ) centrale legato alla protoporfirina IX, che rappresenta il sito di legame
dell’ossigeno.

Può fare sei legami:

 4 con gli azoti dell’anello porfirinico


 1 con l’istidina dell’elica F della mioglobina
 1 lega reversibilmente l’ossigeno, quando è presente. Nel caso in cui l’ossigeno molecolare è
assente, lega stabilmente una molecola di
H₂O. in questo caso il ferro si trova nella
forma ferrica Fe3 +¿¿.

Il legame dell’O₂ alla mioglobina viene illustrato di solito


come curva di dissociazione della mioglobina.

In cui l’ordinata riporta il grado di saturazione Y (un numero puro) e


l’ascissa la pressione parziale di O₂ in bar.

Ne risulta una curva iperbolica.

Essa va velocemente verso il suo valore massimo, poiché la pressione


parziale necessaria alla saturazione è bassa, e poi tende a rimanere
costante.

La mioglobina ha infatti la funzione di immagazzinare l’ossigeno liberato dall’emoglobina in condizioni di


bassa PO2 presente nei muscoli per poi poterlo utilizzare in risposta al consumo.
EMOGLOBINA
L’emoglobina é una proteina tetramerica, costituita da quattro subunitá, due subunità  e due subunità ,
ognuna delle quali presenta un gruppo prostetico eme (Fe2+), ed una catena polipeptidica.

Che è la parte proteica, è rappresentata dalla


globina, è formata da:

Ciascuna catena contiene un eme e un o 2 catene  (141 residui),


gruppo prostetico. o 2 catene  (146 residui).

L’emoglobina può quindi legare un massimo di 4


molecole di O₂.
Ogni catena è riconducibile alla struttura della
mioglobina, e sono posizionate in modo simmetrico
ed il tetramero è formato da due dimeri αβ.

Le coppie omomere α₁/α₂ - β₁/β₂ non sono così strettamente ravvicinate, infatti fra loro passa un poro
riempito d’acqua lungo un asse di simmetria che attraversa tutta la molecola di emoglobina.

L’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno è bassa e da questo ne deriva un andamento sigmoidale della
curva di dissociazione.
Questo è dovuto al fatto che a bassa pressione l’affinità
per l’ossigeno è bassa, man mano che aumenta la
pressione, aumenta anche l’affinità per l’ossigeno.

Questo aumento è dovuto anche ad un’azione cooperativa tra i diversi siti di legame, il legame di una prima
molecola di ossigeno aumenta l’affinità per la seconda molecola e così via.

Quest’azione cooperativa è dovuta anche ad un effetto allosterico.

L’emoglobina è una proteina allosterica. Le proteine così definite possono


assumere altre conformazioni indotte
dal legame di opportuni modulatori.
Tra l’emoglobina in forma satura, ossiemoglobina, e l’emoglobina in forma non satura, de-ossiemoglobina,
abbiamo delle differenze strutturali importanti:
 La differenza più rilevante riguarda la struttura quaternaria: il legame con O₂ induce una rotazione
di 15° del dimero α₁β₁ rispetto al dimero α₂β₂.

 Il legame dell’ossigeno provoca una variazione di struttura


dell’emoglobina da uno stato “teso” ad uno “rilasciato”.

Nello stato teso i residui C-terminali di tutte le subunità sono avvinti in un reticolo di legami ionici,
assumendo una conformazione rigida. È importante notare che in questo stato il Fe2+ ¿¿ non si trova
esattamente sul piano dell’eme, ma è spostato in direzione dell’istidina prossimale legata all’elica F.

Nello stato rilasciato, il legame dell’O₂ come sesto ligando, tira l’atomo di Fe2+ ¿¿ sul piano dell’anello, in
questo modo si trascina dietro il residuo di istidina prossimale legata all’elica F.

Questo spostamento genera la rotazione all’interno


del tetramero con la rottura dei ponti salini e quindi
Si assiste quindi ad un cambio
il passaggio dalla forma T alla forma R.
conformazionale indotto dal ligando.
Il legame dell’O₂ all’emoglobina è influenzato da vari fattori:

 Effetto Bohr
La cessione dell’ossigeno dell’emoglobina aumenta con il diminuire del pH e con l’aumentare della PCO2. In
questi casi infatti l’affinità per l’ossigeno dell’emoglobina diminuisce. D’altra parte un aumento del pH o un
abbassamento della PCO2 ha come effetto una maggiore affinità.
o A livello dei tessuti il distacco dell’O2 dall’Hb e quindi la sua cessione ai tessuti è favorito dalla
produzione di CO2 che determina aumento di pCO2, questo perché la concentrazione della CO2 e
degli ioni H+ è più elevata nei capillari dei tessuti metabolicamente attivi, rispetto a quelli
polmonari.
o  A livello polmonare il legame dell’O2 all’Hb è favorito dall’eliminazione di CO2 che determina
riduzione di pCO2, dove la CO2 viene liberata con l’espirazione.

Nei tessuti la CO2 viene convertita in acido carbonico dall’anidrasi carbonica:

CO2+H2O ↔ H2CO3 (che perde spontaneamente un protone formando il bicarbonato che è il principale


tampone del sangue).

H2CO3↔H++ HCO3–

Il protone liberato in questa coppia di reazioni contribuisce ad abbassare il pH.  Questa variazione di pH tra
polmoni e tessuti fa si che l’emoglobina sia capace di trasportare e cedere ossigeno, favorendo il carico nei
polmoni e la cessione nei tessuti.
 Legame del bifosfoglicerato
Questo legame riduce l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno.

Questo effetto si ha solo nell’adulto!

Emoglobina fetale
Curve di dissociazione a confronto

Considerando a confronto l’emoglobina e la mioglobina nella propria


curva di dissociazione, possiamo dedurre che:

o Alla pressione di ossigeno delle arterie (p=130 mbar) entrambe


le globine sono pressoché completamente ossigenate.
o Alla pressione di ossigeno venosa (p=40mbar) la mioglobina è
ancora quasi totalmente carica, mentre l’emoglobina ha già
liberato la metà dell’ossigeno.

A livello di struttura primaria


mioglobina ed emoglobina sono molto
simili.
Le emoglobinopatie sono causate da difetti molecolari dell’emoglobina:

 Anemia falciforme: si ha la mutazione di un singolo amminoacido:


La patologia, infatti, dipende da una singola mutazione di una base una base azotata nelle catene ,
che porta alla sostituzione in posizione 6 dell’acido glutammico con la valina.

La molecola di emoglobina mutata viene indicata con HbS.

Questo crea un bottone idrofobico che


entra perfettamente in una tasca, formato
Tale riarrangiamento si ha solo per la de-ossi-Hb, dall’angolo EF, della catena β di un secondo
perché nella forma ossi il riarrangiamento delle tetramero di emoglobina, iniziando così la
subunità rende la tasca inaccessibile. polimerizzazione.

I globuli rossi, in presenza di basse concentrazioni di O2, assumono una forma allungata a falce
allungata a falce, questa deformazione è conseguente alla tendenza dell’Hb mutante, nel suo stato
deossigenato, ad aggregarsi in lunghe strutture a bastoncino bastoncino, le cellule allungate
formatesi tendono a bloccare i capillari, causando infiammazioni e dolore.
In questo caso l’Hb diventa insolubile in acqua e tende ad aggregarsi in polimeri.

È una patologia trasmessa geneticamente.

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