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articolo
N.34 SETTEMBRE 2006
RIVISTA ELETTRONICA DELLA CASA EDITRICE WWW.ALLENATORE.NET
REG. TRIBUNALE DI LUCCA N° 785 DEL 15/07/03
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SETTORE GIOVANILE

Come migliorare la performance e


prevenire gli infortuni con lo “stile
attentivo”.
A cura di GABRIELE PECCATI

Lo “stile attentivo” come mezzo per migliorare l’abilità di un individuo


nel concentrarsi e nel dirigere il proprio interesse e la propria attenzione
alle diverse fasi del movimento agonistico (esempio di applicazione
pratica riferito alle Categorie Pulcini ed Esordienti).

INTRODUZIONE.

“Forse il pubblico non lo sa bene, ma la dote più importante dell’allenatore non è la


bravura tecnica ma la ricchezza umana. Senza questa, perfino gli schemi perfetti, se
mai esistono (e di questo ho sempre dubitato), diventano inevitabilmente pieni di
limiti”. Roberto Baggio.

PREMESSA.

Spesso si tende ad etichettare giocatori bravi tecnicamente, ma non in grado di


emergere in ambiti competitivi, come “giocatori che non hanno la testa” o “giocatori
da oratorio”.
Cuore, gambe e testa sono solitamente indicati come i tre fattori che incidono sulla
performance di uno sportivo.
Il loro costante e corretto allenamento è il modo più adeguato per permettere
all’atleta di migliorarsi con costanza e per evitargli i rischi di incorrere nella “mina
vagante” dell’infortunio.
Ho preso in prestito la frase di un campione come Roberto Baggio per cercare di
chiarire, nel miglior modo, il mio pensiero e per introdurre parte della tesi che
cercherò di trattare qui di seguito.
“Madre Natura ha dato a tutti i giocatori una testa, solo alcuni allenatori riescono a
fare in modo che questa funzioni sempre al meglio.”
Da una ricerca del Dott. Piero Volpi (2001), confermata anche da recenti dati del
Centro di Traumatologia dello Sport di Milano, raccolti tramite una ricerca sul campo,
è emersa una netta prevalenza, per le categorie Pulcini-Esordienti, di “traumi
accidentali” rispetto ad altre forme di infortunio “da sovraccarico”.
Sempre in queste categorie non ci sarebbero differenze di frequenze di infortuni tra
allenamento e partita.
Vari sono i possibili fattori scatenanti:
‰ l’eccessivo numero di partite e tornei;
‰ un agonismo esasperato;
‰ un’alimentazione irregolare;
‰ aspettative esagerate da parte degli adulti.
Da queste semplici informazioni sembrerebbe evidente che un bambino, se messo in
condizioni di praticare il calcio, secondo le sue attitudini e desideri, raramente incorra
in infortuni di tipo muscolare e più spesso subisca traumi acuti (contusioni o fratture).
Proprio questi traumi hanno una natura di “casualità” e di “accidentalità” marcata.
Per prevenirli nella maniera migliore credo che l’istruttore di queste fasce di età debba
orientarsi in tre precise direzioni:
1) considerare il bambino in quanto tale e non un adulto in miniatura;
2) fare emergere in maniera evidente la sua ricchezza umana, comportandosi più da
“maestro di calcio” che da allenatore;
3) sviluppare un allenamento fortemente ludico e coinvolgente che permetta di
affinare lo “stile attentivo” del bambino.
Nel paragrafo che segue cercherò di trattare soprattutto quest’ultimo punto.

LO “STILE ATTENTIVO”.

Secondo una definizione di R.M. Niddefer, poi ripresa da M.Gerin, si intende per “stile
attentivo” l’abilità di un individuo nel concentrarsi e nel dirigere il proprio interesse e
la propria attenzione alle diverse fasi del movimento agonistico.
Essendo il calcio uno sport dal carattere fortemente situazionale, mi sembra evidente
il legame tra una performance positiva e l’attenzione, ovvero la “partecipazione
mentale” agli eventi agonistici e di preparazione alla gara.
La sola esecuzione corretta del gesto tecnico e atletico non è di per sé condizione
sufficiente per una buona performance a causa di molteplici fattori esterni che
influenzano il singolo gesto nel corso dell’evento agonistico (le condizioni del terreno di
gioco, la strategia adottata dagli avversari, la tensione emotiva e la presenza di
numerose altre variabili esterne).

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Non si ripresentano in una partita di calcio situazioni di gioco totalmente identiche.
In ogni singola situazione un numero indefinibile di variabili contribuisce a creare
eventi particolari, in cui l’attenzione ha un ruolo fondamentale.
La capacità di scelta della soluzione migliore, e di utilizzo di un pensiero veloce ed
efficiente, risulta quindi fondamentale per ottenere il miglior risultato con il minimo
sforzo, coniugando efficacia ed efficienza.
Solo governando al meglio i fattori di distrazione esterni (genitori urlanti, agenti
atmosferici, avversari più dotati e maturi dal punto di vista fisico) ed interni
(preoccupazione, insicurezza, tardivo sviluppo fisico) la prestazione e la partecipazione
del bambino all’attività potranno soddisfarlo al meglio.
In alcune indagini di stampo psicologico, viene conferito a varie forme di “mental
training” il compito di elaborare un programma specifico di allenamento dello “stile
attentivo”.
Mediante un lavoro prevalentemente di tipo mentale, l’atleta impara a gestire in modo
flessibile la sua capacità di concentrazione e ad orientarla in maniera consapevole
nell’esecuzione della pratica sportiva.
Tale procedimento parte da un’analisi accurata delle caratteristiche dell’atleta e passa
per processi di educazione al “rilassamento” (inteso come abilità a tenere sotto
controllo i propri stimoli), di “conoscenza e sintonizzazione” del proprio corpo, per
terminare con esercizi di “visualizzazione”.
Dal mio punto di vista, soprattutto con bambini tra i dieci e i dodici anni, diviene però
essenziale “allenare lo stile attentivo” non soltanto tramite “mental training” ma anche
con “training” sul campo.
L’attitudine per il bambino a pensare a ciò che sta eseguendo e a prestare attenzione
all’ambiente che lo circonda è una capacità che, affinata nel tempo, non solo gli
permetterà di migliorare la sua performance ma sarà anche bagaglio importante nella
prevenzione dell’infortunio.

ESEMPIO DI APPLICAZIONE PRATICA SUL CAMPO.

Propongo di seguito un’esercitazione molto semplice basata sul 3>0 finalizzata alla
conclusione in porta a titolo esemplicativo.
Preciso che l’esperienza sul campo di tale tipo di allenamento è stata da me
sperimentata solo in ambito giovanile, dove il termine “concentrazione” è certamente
inadeguato.
Anche tra i bambini un allenamento con caratteristiche fortemente ludiche,
situazionali, competitive e che incida sull’aspetto “mentale”, può comunque essere
uno strumento propedeutico per lo stimolo dell’attenzione, della partecipazione attiva
e del pensiero veloce nell’esecuzione dei gesti tecnici.

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Materiale necessario
Casacche multicolori, una porta, palloni, tre cinesini segnaposto.

Descrizione dell’esercitazione
I giocatori si collocano su tre file, ad una distanza variabile dalla porta, in
corrispondenza dei cinesini.
Ad ogni fila corrisponde un colore preciso (es. Giallo, Rosso, Blu).
Il portiere, posizionato nella porta di fronte ai tre gruppi, rinvia il pallone liberamente,
dando ad alta voce un comando sulla successione dei colori (ad esempio “Rosso, Blu,
Giallo”).
Il comando stabilisce l’ordine secondo cui i tre giocatori dovranno toccare il pallone
prima di calciare in porta e potrà essere modificato dal portiere liberamente ad ogni
ripetizione.
Nel caso rappresentato il primo a toccare il pallone sarà il giocatore rosso, il secondo il
giocatore blu e, a concludere, il giocatore giallo (figura 1).

1 5

4
3

2 4 3

Fig. 1

Possibili varianti
1) Il terzo giocatore chiamato esegue un cross per gli altri due che nel frattempo si
saranno posizionati in area per ricevere il pallone.
2) Il terzo giocatore chiamato non va a calciare o a crossare, ma diventa difensore in
una situazione di gioco di 2>1.
3) Tutti i giocatori sono obbligati a toccare il pallone al massimo due volte (nel caso in
cui si voglia allenare la rapidità nella conclusione), oppure al minimo tre volte (nel
caso in cui si voglia allenare il dominio e la gestione adeguata del pallone).

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Obiettivi “tecnici” principali dell’esercitazione
‰ Allenare a situazioni di gioco specifiche (nel caso di 2>1 con il portiere).
‰ Allenare gesti tecnici specifici (cross, passaggio, tiro).

Obiettivi “mentali” dell’esercitazione


‰ Allenare al pensiero veloce (se sono un giocatore con la casacca gialla, secondo il
comando precedente, dovrò prepararmi velocemente al tiro oppure al cross
pensando rapidamente a cosa fare).
‰ Allenare lo “stile attentivo” (il comando restringe la mia libertà di azione dandomi
una soluzione preventiva, ma mi aiuta ad elaborare mentalmente ciò che dovrei
fare).

Altri obiettivi
‰ Allenare i giovani portieri alla “comunicazione” (il portiere si abitua nel corso
dell’esercizio a parlare dando una disposizione agli altri giocatori).
‰ Allenare i giocatori all’osservazione dell’ambiente esterno (nel corso dell’esercizio il
bambino sarà indotto a giocare a testa alta, per osservare i movimenti dei
compagni a cui/da cui dovrà dare/ricevere la palla).

Se la risposta all’esercizio mentale è positiva, e i giocatori non hanno difficoltà a


recepire il meccanismo del gioco, l’esercitazione potrà essere ulteriormente
“complicata” introducendo altre variabili (ad esempio il secondo giocatore che tocca la
palla potrà usare soltanto il piede sinistro) oppure cambiando il meccanismo di
comando (ad esempio utilizzando dei numeri o semplici calcoli al posto dei colori).
Credo sia importante soprattutto, in caso di proposte più complesse, non perdere
comunque di vista la corretta esecuzione del gesto tecnico.
Altrettanto importante è ricevere un “feedback” rivolgendo domande specifiche al
gruppo (Perché facciamo questa cosa? A cosa serve?).

CONCLUSIONI.

Il calcio del passato metteva certamente in primo piano il gesto tecnico in quanto tale
e l’attenzione era in un certo senso insita nel bambino, abituato nella vita quotidiana a
compiere movimenti che richiedevano attenzione e che oggi sono divenuti inusuali
(saltare i fossi, fare le capriole, salire sugli alberi).
Mi sembra che i bambini (e quindi i giocatori) di oggi abbiano in parte perduto questa
“forma mentis”.
A causa di una serie di fattori (televisione, videogames, orario scolastico prolungato),
si è certamente abbassata la capacità di mantenere una forte attenzione
all’allenamento da parte dei bambini.

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Occorre quindi che l’istruttore di giovani calciatori sappia stimolare il bambino
attraverso proposte divertenti ma che nello stesso tempo gli permettano il recupero o
l’affinamento della capacità di partecipare anche con la mente all’attività che sta
svolgendo.
Solo un bambino fortemente partecipativo e mentalmente attivo sarà in grado di
adattare nel modo migliore i suoi gesti tecnici alle situazioni di gioco.
Se ne deduce che un bambino che ha “metabolizzato” il concetto di attenzione e che
partecipa alla competizione con la mente ridurrà anche il suo rischio di contrarre
infortuni di tipo traumatico.
Solo comportandosi da autentico “maestro di calcio”, e quindi alzando il livello tecnico
dei suoi atleti e trasmettendo una passione sana e autentica, un istruttore può
assicurare al bambino un’idonea prevenzione infortunistica.◊

Bibliografia:
Materiale del corso “Allenare la migliore performance prevenendo gli
infortuni”
M.Gerin “Psicologia sportiva: lo stile attentivo nel calcio”
R.Baggio “Una porta nel cielo”
P.Volpi “Calcio e infortuni”
A.Ammazzalorso: “La preparazione psicologica del calciatore”

GABRIELE PECCATI
Allenatore di Base

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