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7 del 28/10/2020
INTRODUZIONE AI MIRACOLI (articolo che troviamo nel sito sotto la voce miracolo)
Dal punto di vista terminologico ci sono diversi vocaboli che nel N.T. indicano o denominano quelli
che noi chiamiamo miracoli. Da questo punto di vista la figura evangelica di Gesù è inseparabile
dalla cornice del taumaturgo che guarisce i malati, scaccia i demoni, sfama la folla, libera i
discepoli dalla paura. Complessivamente vengono raccontati nei miracoli circa una ventina di gesti
compiuti da Gesù a beneficio di singole persone o gruppi, a cui si devono aggiungere anche alcuni
degli episodi miracolosi del quarto Vangelo. Se noi andiamo a vedere un po’ come sono distribuiti i
miracoli nei Vangeli, possiamo dire che abbiamo 19 miracoli in Matteo, 18 in Marco,20 in Luca e 8
in Giovanni. I termini usati per indicare i miracoli sono:
- Dynamis che viene utilizzato 119 volte nel N.T., ma mai utilizzato da Giovanni, indica la
forza di Dio che agisce in Gesù perché lui è il Messia, è rivestito della forza dello spirito e
manifesta nella storia della salvezza la presenza di Dio, con forza e potenza (nei sinottici).
- Semeion che significa segno ed è utilizzato da Giovanni. I miracoli non sono qualcosa di
portentoso, ma sono un segno, cioè il miracolo deve andare al di là dell’evento prodigioso in
sé e bisogna comprendere che esso è un atto rivelativo di Dio. Quindi questo serve per
comprendere l’identità di Gesù che deve portare ad una adesione di fede non perché
forzatamente costretta da un miracolo. Giovanni ne mette pochi proprio perché i miracoli
sono un segno che devono portare a comprendere l’identità di Gesù e non semplicemente a
rimanere stupefatti di quello che è accaduto. Questo termine compare 77 volte.
- Teras che vuol dire prodigio, questo termine lo troviamo negli atti, solo 3 volte nei vangeli e
non viene mai applicato ai miracoli di Gesù: anche se spesso destano l’ammirazione delle
folle, non è questo il loro scopo.
- Ergon è un altro termine con cui viene indicato il miracolo, questo è un hapax paradoxa =
fatti insoliti (Lc 5,26).
Per una attenta lettura dei testi evangelici si devono tenere presenti due dati importanti, cioè che
i testi evangelici riproducono i miracoli secondo i modelli letterali già collaudati del mondo
antico e si ispirano alla tradizione religiosa del loro ambiente.
Nei miracoli possiamo vedere il seguente schema:
- Introduzione, in cui si presenta il caso del malato e le condizioni in cui si trova, di solito si
evidenzia una situazione disperata e senza speranze.
- Incontro con il taumaturgo, che comprende due momenti richiesta e risposta, cioè colui
che ha bisogno dell’intervento di Gesù esprime una propria richiesta e Gesù risponde con
una parola efficace.
- Conclusione
- Congedo, dove colui che ha ricevuto l’intervento di Gesù riceve un ordine e c’è la
constatazione di quello che è accaduto.
Poi ci poniamo un problema: come gli evangelisti dei testi sinottici raccontano i miracoli e
questo può essere fatto solamente se confrontiamo i testi per vedere come i miracoli si
sviluppano.
Confrontando i testi ci accorgiamo di come sono diversi i testi, in Marco questo miracolo si
sviluppa in 14 versetti, Matteo 5 versetti e Luca 7 versetti. Quindi Marco accusato di “essere il
divino abbreviatore” in realtà in questo brano è molto più dettagliato degli altri.
Marco usa un vocabolario descrittivo, il miracolo viene raccontato in maniera semplicistica e i
termini non suggeriscono un’eccezione alle leggi della natura, per esempio troviamo “la febbre
lo lasciò”, “Gesù guarì molti malati”, “la lebbra si allontanò da lui”, “lo spirito impuro uscì”,
“il vento cadde”. questo vocabolario in se stesso non implica un evento inaudito o straordinario
perché al tempo di Gesù questi eventi potevano capitare, il carattere miracoloso degli atti di
Gesù dipende dalle circostanze e dalle reazioni dei testimoni.
Il pregio di Marco è che cerca nella sua narrazione di coinvolgere continuamente il lettore, chi
assiste rimane stupefatto e affascinato.
Matteo invece abbrevia la parte narrativa, usa espressioni stereotipe per introdurre e concludere
il racconto, sopprime i dettagli pittoreschi, elimina le scene secondarie e applica la regola dei
due personaggi (Gesù e il guarito). Nell’ambito della narrazione abbiamo semplicemente la
parte centrale costituita dal dialogo del miracolo. Matteo quindi accentua la parte dialogica,
mentre Marco presenta dei dettagli secondari e attraverso la guarigione si esprime l’azione
propria di Gesù, qui notiamo che abbiamo questa situazione veramente nuova.
Per quanto riguarda Luca, lui mantiene il quadro generale del racconto di miracolo però anche
qui vedremo che ci sono alcune caratteristiche particolarmente sue. Il miracolo è a servizio
dell’insegnamento, collegato alla Parola. Quando Gesù compie il primo miracolo a Cafarnao sia
Luca che Marco ci dicono che insegnava, il giorno di sabato in una sinagoga, ma dove Marco
dice “insegnava con autorità”, Luca dice “ la sua parola era in potenza”. Quindi il miracolo
mostra la potenza della parola, il miracolo è al servizio della parola.
Lo stesso discorso lo abbiamo anche negli Atti degli Apostoli e allora in Luca si capisce che c’è,
dietro il suo testo, tutta una teologia della Parola di Dio. Per quanto riguarda il miracolo
qualcuno dice che Luca ci presenta alcune notizie più precise sulla guarigione probabilmente
perché Luca era medico, ma non ne abbiamo dimostrazioni. Forse Luca è uno scrittore
acculturato e usa dei termini più specifici nel racconto dei miracoli.
Passiamo al testo di Mc 9, 14 e notiamo che gli attacchi di Marco cominciano sempre con la
particella Kai = e, usata moltissime volte.
V.14 “E quando arrivarono presso i discepoli videro una gran folla intorno ad essi e degli
scribi che discutevano con loro” introduce il racconto con alcuni termini che sono iperbolici.
V.15 “E subito tutta la folla, avendolo visto, restarono stupefatti e accorrendo lo salutavano”.
Altro termine caratteristico di Marco è “E subito”, poi ripete ancora una volta “tutta la folla”.
V.16 “Ed egli domandò loro: “di che cosa discutete con loro?” il racconto con questa domanda
e questa risposta viene presentato in presa diretta.
V.17 “E gli rispose uno dalla folla:“Maestro, ho portato da te mio Figlio, che ha uno spirito
muto”
In Matteo invece: “ho portato da te mio figlio perché epilettico ed è malato, infatti cade spesso
nel fuoco e sovente nell’acqua”
Mc 9 v18 “ E dovunque si impossessa di lui, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti,
diventa rigido”.
Matteo elimina la descrizione, non gli interessa presentare tutta questa parte stupefacente.
“Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non sono stati capaci”, qui Marco mostra
l’incapacità da parte dei discepoli di intervenire.
V.19 “Ora egli rispondendo loro dice: “oh generazione incredula! Fino a quando sarò da voi?
Fino a quando vi sopporterò? Portatelo da me”. Fino qui il discorso in Matteo è simile, poi in
Marco troviamo una parte che Matteo esclude.
Mc 9 vv 20-24 “ E glielo portarono. Alla vista di Gesù, subito lo Spirito scosse con convulsioni
il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. Gesù interrogò il padre: “ da quanto
tempo gli accade questo?” Ed egli rispose: “Dall’infanzia; anzi, spesso lo ha buttato anche nel
fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”. Gesù gli
disse: “ Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede” Il padre del fanciullo rispose subito ad alta
voce: “ Credo; aiuta la mia incredulità!”. Qui abbiamo un intervento diretto di Gesù con la
folla, abbiamo un subito che si ripete in breve tempo (v 20 e v 24).
Mc 9 v25-“Ma Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli:
“Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più”. Gridando e scuotendolo
fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: “è morto”. Ma Gesù
lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi. Vedete allora come è cambiata la
situazione, c’è una contraddizione tra la folla all’inizio del racconto (v 17) e la folla che accorre
come se stesse arrivando (v 25).
“Gli scribi discutevano con loro”, presenta gli scribi impegnati in una discussione con i
discepoli di Gesù ed è difficile da capire se è una discussione tranquilla o una polemica, perché
Marco usa lo stesso verbo sia per la discussione tranquilla o per una polemica.
L’eccitazione della folla per l’arrivo di Gesù è espressa dal verbo “prendere da meraviglia”,
“furono stupiti”. Questo termine stupire viene utilizzato da Marco per esprimere le forti
emozioni di Gesù nel Getsemani, oppure anche quando le donne sono confuse e perplesse
perché trovano la tomba di Gesù vuota il giorno di Pasqua. L’eccitazione della folla preannuncia
ciò che verrà dopo .
Gesù chiede di che cosa stavano discutendo con gli scribi, ma dato che in 9,17 c’è uno che
risponde tra la folla è possibile che Gesù in quel momento stesse interrogando la folla.
Fino a questo momento Marco ha chiamato Gesù “Maestro” solo due volte al cap. 4 v 38 e al
cap. 5 v 35, questo termine diventa sempre più frequente nei passi successivi. Il fatto che
l’uomo porti suo figlio da Gesù implica la sua fiducia in lui, solo Gesù con la sua potenza può
guarirlo.
All’arrivo dell’uomo Gesù è assente perché si trova sull’alto monte nel momento della
trasfigurazione. Uno spirito muto, viene usato il termine greco a/lalon che viene da verbo laleo=
parlare che con l’alfa privativo significa appunto privo di parola. Abbiamo il termine pneuma
per indicare lo spirito, esso si è impossessato del ragazzo e lo rende incapace di parlare. Poi
abbiamo la descrizione degli attacchi del ragazzo (lo getta a terra, digrigna i denti, schiuma), il
presupposto è che lo spirito muto scatena l’attacco e poi tutti gli altri sintomi vengono di
conseguenza. Poi abbiamo l’ultimo sintomo, si irrigidisce viene dal verbo che significa
diventare secco. Matteo invece utilizza il verbo selenyazetai = diventare lunatico da selene =
luna, perché nel mondo antico si pensava che l’epilessia fosse legata alle fasi della luna, qui si
lega la tradizione popolare che legava la luna piena alla licantropia.
I discepoli non sono riusciti a guarirlo mentre Gesù era assente, a questo punto prima che Gesù
intervenga abbiamo l’esclamazione “generazione incredula” che manifesta l’esasperazione di
Gesù davanti alla gente senza fede, sarebbe il termine a/pistos = incredula, dove pistos significa
credente e con l’alfa privativo vuol dire senza fede. Questa espressione riecheggia Dt 32,5
“generazione tortuosa e perversa”.
“Fino a quando sarò con voi? Fino a quando vi sopporterò? Portatelo da me.” Il fatto che viene
ripetuto due volte “fino a quando” indica che Gesù è stato sistematicamente incompreso. In
Luca abbiamo un discorso più lineare e non abbiamo la ripetizione ma viene detto solo una
volta, in Matteo due volte. Proprio da questi cambiamenti di stile si nota come uno ha utilizzato
l’altro e come effettivamente c’è una interdipendenza. Qui c’è una frustrazione da parte di Gesù
perché si rende conto che la gente non pone in lui la fede, prima i suoi paesani, poi i suoi stessi
discepoli (cap 6,6, 8,14-21).
“Portatelo da me”, Gesù passa sopra la sua frustrazione personale e accetta di guarire il ragazzo
e ridare quella pace piena al cuore del padre.
“Alla vista di Gesù il ragazzo è caduto a terra” qui abbiamo una descrizione simile alla parte
che riguardava i sintomi (v 18), tutta questa parte è tipicamente di Marco perché lui sta
rendendo più vivido il racconto, qui abbiamo qualcosa di nuovo e particolare che suscita
l’attenzione di chi ascolta.
Marco utilizza numerose particelle Kai = e, che nella traduzione letterale non suonano bene.