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a niessinscena operistica italiana:


US'EVOCi\ZIOSE
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E stato iin primato quello che la messiiiscena operistica italiaiia ha


raggiunto, a partire dagli anni Cinquanta del Sovecento in poi. IJn primato
a raggio internazionale: il < < i ~ ~ aind eStai/* per lo spettacolo
melodrat~~rnatico ha fatto epoca.
Il &noineno si era suscitato sui riostri grandi palcosceriici lirici:
tutt'altro che benedetto da unaniniivi di consei~si,si era perb affermato
cori forza e aveva coriiluistato piazze esigeriri e lorirarie: Londra, Parigi,
\Ticma, ?;c\i- York; andic Dallas.
ili rriorifi deile t u ~ ~ ~ ~deila
& c sScala aMosca, iri quegli armi, coritribiuva
certo lo stesso parametro spettacolare, sebbene va detto quel pubblico
-

apparisse assai pih inreressato d e voci dei riostri carivariti (e ce ri'erano)


che iioii alle nostre niessiiiscene. 11 C;iappone era di l i da venire.
Dagli anni Ciriiliianra iri poi: fino a c~uaiido?I iridi tic1 tramonto
partorio &a uri coriresto preciso, rria poi si perdono riel paesaggio
circostante.
T1 nostro è un discorso in retrospettiva, dalla soglia di im'attualiti
probleniatica all'iiidietro; e iiiteiide occuparsi, cei~tralnieiite,del destino
spettacoiare del iiotro grande repertorio: quello di ciii sianio stati arbitri
fiiio a noii troppo teinpo addietro.
Che cosa resta di q~~ella eredità? Sulla breccia chi rimane di quella
stagione?
Teririanlo un appello. Resrario Franco ZeEirelli e Pier Luigi Pizzi. E
c'è Luca Koricorii.
Roriconi appartierie alla imandara successiva, ima iri quel coriresto ha
Ic suc radici. Ed ì. artista che nianticnc una propria proiczionc
iriterrrazioride.
Irirorno, il silei~iodi vari coerariei e einergei~evarianiente corinotate
e dorare, che conlurique 11ori arrii~anopiù a cosrituire uri frorite.
Il sileilzio per cui si iiiitre maggiore rarimarico è quello di l'iero
Faggioni: cgli apparricnc alla stessa niaritiara tii Roncorii, ha dforidato le
sue radici riel medesimo contesto che iriteritiiamo evocare, ~titl-ki~RXidori~
?
forra per realizzazioni di grande fasciiio. H a potuto firmare regia, scene
e costumi: nia non è il rlécnr il suo terreno di cirltura. '.a sua ititelligenza
è tutta registica. Iiiininagiiie del suo I>oii C;hisciotte a cavallo (un cavallo
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alatolj, spada sg~iainara(era il Don C:l~isciottedi Goiinod; Venezia 1982)


rimaiie einblematica.'
Roberto De Siillone è da uii po' che tacst. Anche il suo silenzio pesa:
da esso emerge soprattutto il ricordo di felici ricognizioni 'antiquarieo
ilella cultura inusisde della sua Napoli: dd'esordio inelodranmatiso di
Li zit~c'nn;nlcra di Leoriardo Vinsi (Firenze 1979) ai perfetto Fi*~.clt~c
inr&d1i1ui,dtodi Pergolesi ( d a Scaia, riei 1990: sotto la pelfetta direzione
di Kiccardo Muti), pcrd~iraridoil sotbdizio cori Io sccriogrdo Mauro Carosi
e cori la preziosissinia cosrimiisra Ociette Sicoletri.
Tra i corripositori che si sorio dati alla reqria (anche De Siinone è
?
soinpositore), dopo che Giari Carlo Menotti si è ritirato cialle scerie, è
restato Sylrano Bussotti; il qude ha taciuto per armi ma adesso lo .i-* ~ i'
t1t~ 1 ~ 1 0
rieinergere.
Anche hleiiotti ha partecipato della loiitaiia stagione che aildianio
evocando; vi si è inserito con particolare iiicisività con quello che è stato i1
siio capolavoro registico, realizzato insieme a De Sohili scetiografa
e costuniista: I'esenip1ai.e K o i i è c di Spoleto (1960j, per la prinia volta
fin d8 sikcls.
Bussotti è un outsider. Ikttività di n.isttenr-e~~-rckne di questo
conlposirorc (anche sccnografo c cosrumista; nia arichc opcratorc niusicdc
e, per un po', tirolare tiell'in~presai~Bussotcioperaballet»),appoggiaridosi
su uri auteririco estro decorativo 'rr3tic0, dopo aver goCiUto per uria
'?
fortiuiara sragiorie di una graricie vivacità autopromozionde, è apparsa
piuttosto I'enianriziorie a esiti differeriziati di urla tearralirà nlultiversa,
-

chc non di un profcssioriismo organico.


Loritaria & la stagione nielodranmiatica tii Roberto Gilicciardirii, che,
con L.oreiizo Ghiglia stenografo, controcorrente rispetto alla liissiiosa
tendenza dei coutiazionali, ha tetitato le vie di una casta sobrietà: a Venezia
speciali~~eiite.

' Emblcmatica, in partiujlare; ?t stata I'cvideni~che a questa invenzione


sccriiia h data 11ellamostra "Opera / 1)Cscorsi11e1mondo del nniclodra~imia",
iurata d a imona Marchini e allestita a Roma nel Palnrm ddlr Esposizioni nel
iiicembrr 1997. F,ra ijiresta anche l'immagine dei frontespiiio del carali>goSkira.
In sé la iilostra?cori il riiirrito ca~iiogo,ha risposto ,ail'iinpcgio ài rapprcscnrarc?
insieme, la vitalità e la varia prohlen~aticailella iirltirra sprtracolarr italiana
u>ntcrnpr>ranea in ambito rnclodrarnmatico.
Chrhwaniente operoso fino :111';1ltro gioriio Filippo C:rivelli.
E r i suo 'a partc' lo ha i-issuto, cori affcrmaziorii arichc felici, il tiuo
Giulio Chwderies Oreste Saiticchi.
--

'Iutt'altro che 'a parte', Xeiii Montresor sceiiografo, coshimista,


-

regista ci ha accoti~~lagnato
- con la lucentezza delle sue conkziotii: a siio
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modo iui tramite, iioii privo di eiitrature interiizionali, fra la ilostra


cillhlra sperracolare e l'universo di una modernità moderata.
I>iiidendosi fra teatro draiiuilatico e teatro lirico, il rapporto di
Giancarlo Cobelli con l'operaprocede a teiilpi larghi e a corrente alternata
Quatido t- a fiioco, il suo estro, in sinihiosi con quello del proprio
sceriogrdc-cosnirriista Maurizio BdÒ, è capace di accerisioi-i mm~irevoli.
Che rie è di Giorgio Marini?
Dal cinema e dalla TV si è aft'acciato pii1 volte d'opera Giidiario
Moritaldo, irivitaro soprattiltto pcr la sua capacità tii rcggcrc graridi
dinierisiorii.
Per la capacità, irivece, di ironie e di tenerezze sottili viene invitato ~~~

dal natio spazio cirieniatogafico-reIcvisivo Ugo Gregorerti.


D d cii~erriaproviene Liiiaria Cavarii; il suo nome a Firerize, quiridi
a illilaiio e altrove ha fatto e fi locandina. 13erlei non si può pii1 dire che
-

l'opera sia un extra; ilell'opera, aiizi, la regista aiilbisce a vivere ?eredità


del nostro storico passato, valendosi di scenografi (Ezio Frigerio, Dailte
Perretti), che in concreto perpeniano la grande scuola del décw italiano.
I ~extra
I l'opera riniane per Mario Moiiicelli. che Paffroiira ogni taiiro,
volentieri. e con la nanirale7za feliceineiite risoliitiva che egli mostra dietro
la macchiiia da presa.
La frciiilcritazioric col melodramma si va rarcfàccrido da partc di
Ernlariiio Ohii: I'aveva iniziata iri compagriia di sceriogrdi di sicurissima
prokssiorialità (Gwbuglia, Lizzati, Pagalo); poi ha sentito il bisog~io ~~~

lui, così 'vero' nei propri film di seguire le vie di una reticente
srilkzaziorie affidandosi allo scultore iralo-francese Lucio Fanti.
Dal cinema vieni cnicrgcndo Mario Martoric; c sarà iritcrcssanrc
segilirlo.
In seivizio attivo è I'ier Alli.
I'ier ,4lli, dilatatidosi sul grande palcoscenico nielodrati~niatico
dalle squisite iilinuzie del proprio speriii~entalisii~o giovanile, ha
allrtito molte opere: a Eologna, alla Scala, a Ais-en-13roveiice.Eppure
ci senihra che, i i i liiiea di niassinia' si possa dire di liii quello che pur
diremiilo dei registi d'opera italiani più giovaiii: sono e16nef4ii.-rii-
rcèr~c(Pier Alli sidisegna anche scene e costiinii), dai quali, in genere,
la graiide opera del passato ci seiilbra venga affrontata, di volta i i i
volta, come rerra di conquista, buona per iricursiorii ariilnose, ma t d e
da non porervi issare finora urla bandiera di preso possesso. Si
--
faiiiio i ilorni di 1,orenzo hfariaiii, di L'ederico 'i'iezzi, di Iiranco iiipa
di h f ~ m ca di Dmiclc fll~hatio:questi da pii1 brcvc tempo cmcrgcritc.
E chiaro che i conti cori la coritei~iporaiieità,cui si tiedicario sopratciitco
i più giovaiii, tornaiio pii1 agevolniente.
Si tace delle esperienze che si presetirano come cn.sz~nl: noti poche,

.
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oggi conie ieri. Evidenteniente la seietà e la specificiti della professioiie


- la regia lirica continua a shggire a certi responsabili di teatro. (::osi,
-

mentre la ilorniale aniniiiiistrazione può essere deiilaridata ai


professionisti d'ufficio catewria in sé rispettabilissima, ma i i i visa
-
.
d'estinziotie, eposta com'è ar rischi di emulazioni velleitarie è senipre-

possibile, per la furiziorie regia d'opera, il piccolo abbaglio del riome


sbagliato, che però pub far localdiria.

iU di là delle rriode e della globalizzaziorie (Gnoinerii che pure


esistono, eccome, ariche nel nostro imbito: la moda da sempre), c'è
dunque uria precisa raqriorie riel farto che dagli ulrinli lustri del Novecento
. . ?. . .
in qua, i palcoscenici lirici italiani siano stati occupati, in misura creceiite,
da registi iloii italiani.
S o n è la stessa cosa di q ~ ~ a n dilliistri
o registi stranieri apparivaiio
cotlle ospiti d'onore nei nostri cartelloni: I'ahst, Griidgens, I'iscator a
L'ireilze, addirittura Iielsenstein a!vfiIaiio e Jt-aii Vilai. a hlilaiio e a Venezia;
ancora negli anni ()traiira Antoine Vitez a Firenze e iiccesivamente alla
Scala: l<eii Kussell (da Fireilze ad altrove); niagari ariche nel segno di
una Cmiliarc dimcstidiczza: il kcontio c magisrrrilc Jcaii Picrrc Ponncìlc
(specinime~itea Milario) .
Iridipei~deriteineritcdagli esiti che i~aniralnlerirepotevano variare ~~~

e ariche di molto erario corniulque presenze autorevoli, cluelle, che


vrilevaiio a creare m a dirilettisa viva soil il rriaiiipolo ben attivo rioil
~ ~ m p rconlparto,
io nia ricnmcrio sbrccciato tici nostri rncne>j?,c-wzsci:iiic.
Queìla ciidettica si t spenta.
1,e osseivazioni che veiiianio raccogliendo, se anche possono tradire
il rimpianto cl-ie è proprio di ogni ~ ~ ~ c b e ~ ~(perc v ' i piccola
e che sia), in sé
ilaicoiio dali'esigeiiza di capire un processo in corso: quanto iiatiirale?
q ~ ~ a nontificioso?
to Sono constatazioiii di uno stato di fatto e di necesiti.
Avvertiario che nei iiostri Hriti lirici maggiori I'iinporrazioiie si attesta
a una qnota illedianiente alta. Medianiente: cioè noil senza q~ialchetonfo
(ma per i totifi 'firtllati', si sa, LI rileiazione al livello iitficide, quello della
critica, per lo pii1 è scl-ieril~ata dal potere intimidatorio che la stessa firma
può avere).
Casi fiequeriti di irriportaziorii registiche di piccolo cabotaggio si sollo
registrati già a partire dagli anni Settaiira (e si coiitin~ianoa registrare)
presso non pochi tcatri d'opera italiani, Enti lirici compresi.
Fu a causa delle coprodilziorii cori i tcatri strariieri, ariche nietii e
nlinori e purtroppo anche per opere del nostro repertorio. Sembrava
- -

un segno di distitiziotie e, insienle, un ragionevole e ingegnoso criterio di


econoniia. Era uii'altra cosa rispetto alle acco*lienze?per eseinpio, di iiiteri
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O.
com~>lessislavi per opere slave capolavori e non le quali avevano
- -

costellato lontani cartelloni di stagioiii liriche italiane. Era il tenipo che il


tahii delloedizionein liiig~iaoriginale si era gii accampato, ma né le nostre
masse corali, né i nostri cantanti a\-eiano preso dimestichezza con la lingiw
russa o cèca. Da ciò le ricorrenti t o z ~ m i e sdadl'est a fasce dit'iereriziate
-- ~~~

pronte a estendersi ciaii'opera al brilleno.


Le coproduziorii idtrmazionali, invece, sono l'assurizione di uria
precisa corrcsponsahilità prodilttiva. Con la loro i-oga (vdc a tiire a hrzn.
di coprodiiziorii italo-fraricesi, iralo-tedesche, iralo-belghe e ariche italo-
sla\~e),è successo che i nostri pubblici, i piìi tranquilli, si sorio dovuti
assuefare a interpretaziorii spetcacolari le piìi spurie. Si sa, infatti, che
oltralpe l'opera - e l'opera italiana per furiesta predileziorie, corrie quella
pii1 universalineiite popolare e pih battuta, esendo destinata a piihhlici
per i quali essa è poco 13iU o poco nieiio che uiia curiosità - è &I teiripo
oggetto di efferateze sceniche. È un canipo di Agramante.
E noti è im caso che il pii1 Agramante dei registi italiani Carlo Del
-

Moiiaco proprio oltralpe ha coniinciaro col hrsi una forte repiitazione


-

e Iia fiiiito per assicirarsi iui'aiitorevole posizione.


1:assiiefazioiie nel pubblico si va estendeiido. E la disinvoltiira cresce
nci nostri palcosccriici: è la figlia scapestrata di ilucl diritto di lihcrtà che
la regia, arictie la regia lirica, ha via via acquisito sui nostri palcoscenici~~~

si è conquistato, si è arrogato coine arre aiitorionla.


I1 suo avallo teorico piìi autorevole è iridividuahile nell'assion~a
srravinslciario secondo cui nori è necessario dire due volte la stessa cosa:
in partirura c iri scena. In vcrirà l'assion~a,che nori ha trovato picrio
riscorirro nemmeno nella reale vicerida sperracolare del reatro
stravinskiaiio, può essere stato legittimamente assimto dall'avang~iardia
o coniimque dai successori: in sé t- I'atititesi di qnel dogma della'fedeltà
esecutiva proclamato esplicitamente per tutti i paranietri
dell'interpi-etazione dai niiiicisti tardoroniantici (e, neanche dirlo, dato
per scoia~todai loro predecessori).
Ma si sa il nostro non è tenipo di dognii. E sidla legittimità
- -

delloideadi regia come di arte autonot~~a nessuno discute più, nientre la


distinzione tra libertà e arbitrio, piU che nioralistica, risulta iiifinitesii~~ale,
cluindi difiicilnlerite praticabile d caso nostro.
Il grande teatro (o 3i1clie solo I'oiiesto teatro) rifiuta il hln$ SI teatro
corrente ci vii-e.
Il giudizio, la valuraziorie corisisrorio nel verificare ogni volta se in
q~ieldiritto di autonon~iasiano intervenuti o nieno - owero in che misura
- i filtri dell'intelligenza, della i ò r ~ adel
, rigore interpretativo. Sono questi
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filtri che coine si dice - fanno la differenza.


-

Cioè fanno i Maestri.


[!n appello di 'grandi nonli' stranieri sui nostri palcoscenici operistici
iion può che essere parziale e molto soi~~mario i i i im discorso- come
q~iestonostro nitto italiatio. 1Ma può essere indicativo.
-

I presenti sono dunque niolti. CL\ stato ariche il più grande: Peter
Brook, per quel Don C;iovalzni di i2ix-eri-Proverice, essenziale (15)98),
subito approdato al Piccolo di M113110; un mic ci un.
E C'? natimrdmcritc il nonic p i ì ~mitizzato: Bob \ViIson, con afijlcci
vari ( d a Scala, al hpaggio: p e h i o per ritoli peregririi).
Se1 segno di vive esperienze anlericarie, vorrenirno ricordare un A r o
uriicum rnozaniano: IZ$az#to wugicirci secorido Flie Taymor nel forrnato
piccolo del Teatro della Pergola. \i Firenze, nel '93: ne sottolineianlo
l'incanto in rapporto al capolavoro che tante volte. nelle mani aiiclie di
mettezrrs-e~j,ccEfiniosi, ci è parso irrapresentahile.
Dall'estremo oriente al <<Maggio., Zhang Yimou l-ia tirniato uii altro
uniciun di grande prestigio: la E~rdndBt(1907): in sé, prohabilnlente, im
Iiissiireggiante escn~wot~ye decoratiio rispetto alla sostanza draniniatica
e rniisicale della partin1r.a.
I'er gli orieiiralisnii di Piiccini si era ricorsi piii volte a registi orientali:
nel 15185, d a Scala (poi con iruiumcrcvoli riprese anche altrove) Kcita
i2sari riuscì a sriliznre nei niodi del Teatro No - non seri2;a qimalche anificio,
per hrza - il i~verisn~o> di iVhdu1i1tcButt~s~$?y.
Giocare cori l'opera iraliaria so11 queila popolare i11 Italia è conipiro
arduo per chi italiano non è, né sia troppo disinvolto: è LUI rischio vero
(ainlcno fmch6, arichc per il nostro pubblico l'opera non sarà diventata
una curiosità speriacolare fra le airre).
Joiiathan MiIIeq dopo uiio storico Rigoletto iconoclastico alla NationaI
Opera di l,otidra, eordì da noi (a Firenze, nel 1986) con ima E.ccn in
chiave Itoe~ff. citt?, nbean: e viilse Ia sconimessa con iina siciireza di
risiiitati~che forse egli non ha pii1 raggiunto nelle molte altre prove (qiasi
sempre notevoli' per altro), di ciii gli Imiino dato occasioiie i teatri lirici
italiani. Grahani Vick (aiich'egli indese; pii1 giovane), fin i diversi
.2
straordinari spettacoli che ci ha offerto (due capolax-ori in sede di
<<Maggio>:Ascefa c cad~tadella citt? di MnnIijgonn~~, nel 1990, e i1
~~i~zerlmzo di Haeridel nel 2001), L' stato spiazzato d d a nostra ciisarmata
LIIC~U di Ln~?~s~w~oor (1906).
1.ev Dodiil. la cui El8ktra salishiirghese (per la direzione di Abhado;
riproposta a Fircr~cricl'96) svctta ricl parioranla spcttacolarc ticll'cstrcmo
Novecento, non ha toccaro l'opera italiaia: pii1 saggianlerite del suo
connazionale Juri L.j~ihimov( R ~ g o l ~a~ 1 oMaggio
, del 1084).
I'resetite, da noi, è stato aticora I,~icY>ondx orniai 'Hugo De ,4tia
(dalla Scala ad altrove) è diventato ui~asontuosa abitudine.
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Giungono nelle iiorre 1;ondazioni 13eter Srein e Harry K~ipfer. in


arrivo Hiniuiiras Sekrosius.
Xeii vengano.
Si sono assenihlati tionii anglosassoni, francesi, tedeschi, cinesi,
*iapponesi, russi. È un pariorma dir di per si. sfiigge a una descriziorie,
?
iri quarito le linee di rilievo hanno origini loritarie rra loro e caratteri
iloriostarire il galoppare della globalizuzioi~e aricora niolto differeriziati.

(;-arido si dice deile più giovarii lex~edi nosrri registi d'opera che per
loro ii n i e l o d r m l a fiiiora non appare uri possedirnei-ito corisolidato,
--

è piurtoro coloiiia che quarta sponda (se mai sono eisrite davvero le
qwarte spoiide), si viiol dire questo: è chiaro che essi soffrono della
lacerazione di fondo che la forhina dello stesso genere, l'opera, vive entro
la storia della cultura italiatia, stuarrita di fatto la sua popolarità (eppure
iioii reniota, e aiizi ri~itracciahileancora in alcune et?clm~8.c provvideiiziali);
pertanto la loro ricerca tergivera fra su~gestioiiisparse, internazionali e
'nioderne', tese soprattutto a ~i~l'athia~izzazio~le disperata, disorientata
cida stessa tiii-crsità tici n~odcliiiri augc. N punto chc si ciirchbc uri scgrio
di tiifesa ii tiify~woatteggianlento sperinieriralisrico, entro la corazza di
corif~zionianche costosanerite professionistiche.
E uno sperirnenrdisrno che per lo più ha perduto i connotati per i
quali esso può essere generoso e salutare. Si intende &re icoi~oclastiae
provoc~onc.
Liicorioclatia ha ragione di esisrere contro uuia ~ ~ v c s r i ~secondo
u!, uuia
ricerca che dovrebbe essere tanto pih sofferta quanto pib è avventante,
tesa verso una giustezza ulteriore. Ma se essa stesa si fa roatiu?e?Succede
allora che può forse divei~ire oltre gli ai~eficie qmlcl-ie critico anche
- -

chi! fra il p~~hhlico, più à la page, ostenti conniveieii7x:mondane (un piihhlico


da non coltivare troppo, i11 ogni caso); nia iii si. tale ico~ioclastiasi fa
strumento di ingiiimizie, ta1x:oIta di veri e propri trapianti traiisgenici: si
dice di usare utia 'chiave' altra tiiioia e i usa un grimaldello, con cui viene
scassinata I'aiitica vicenda, quale è stata sx:oIta dal lihrettista e illessa iii
niusica dal coniposirore, e si finisce per rabberciare ru~tt'uu~'akra storia.
La provocazione. L'opera è uul'eredità in via di esaurinieriro.
I,a stessa hrinid,~hileenergia del teatro di Verdi sofii-e di essere messa
così di coriririuo d l a prova (e quanto riori ha offcrro nel rcccntc
centenario!; essa vale a erideriziare la gracilità di tanti approcci
interpretativi. Il parametro spettacolare, per detiiiizioiie, è q~iellopiù in
vista. U n atteggian~entoaprioristiamente pro\-o~lrorioha spesso del
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maramaldesco: nei confronti delle opere e anche nei coiifionti del


p~ihhlico;specialmente di quello iiiiovo e giovane, che ancora, per amore
o per hrza la forza di heiienierite iniziative proniozionali si accosti al
- -

vecchio melodran~nia;bravi ragazzi disponibili e disarmati, che


applaudono.
Il pubblico si va rriitridatkzmdo. Solo d e prime si possono registrare
dei <<hu*:si registrano quasi esclusivanlerite d a volta del regista e dello
sceriogrdb. Possono essere sacrosanti; rria riori di rado essi si suscitano
indiscriminati, da parte di chi vriol fàr scnrirc che c'ì. c che ì, competente.
ikiche il loggione ha ii suo sriob.
Gli interrogativi che ci assalgono d a fine di certe rappresentazioni
sorio i segueriti: questi registi co11oscorio sul serio le opere che 3fi;.o11tano.!
Gli vogliono un po' di bene.!

Esisterebbe ima risema aurea deli'antica notra erediti spettacolare:


se noii nella diineilsioiie regia' orniai, iii quella del dicoi-. hla aiiclie
all'iiiterno di essa si impone iuia distinzione fra i due parametri che la
sostanziano: scene e costnnii.
Si iritcridc dire che a rutt'oggi 1'Irdia ì: un i-ivaio tli magnifici costiu~iisti
(di costurriiste, speciherite). Certo, non niaricario rieppilre, fra noi, gli
eccellenti sceriografi.
La scuola di quello che L' stato LUI prirnato si protrae, q m ~ t onlerio
nella qualificazione delle confezioni, dell'involucro scenico. Si protrae e si
rirmova, come pure ì: natiiralc. Ma c'ì. da tiirc che iii qucsro silo riiiriovarsi,
l'alto professioriismo scenogrdiico ha vissuto iuia virara che ha determiriato
un deciso aIlontanai~~ento dall'in~<gri*icoriginaria.
i4 q~iell'in~<ge~i.einvece restano fedeli le nostre cotiiniiste, quando
sopramitro iavorano per il cinema, nello scialo dei grandi film in coshime
- spesso in sé inelodraminaticissinii assiirgeiido ai fasti di 'Holly~x~ood.
-

E si faiino i nonli di due prenii O s a r , C;ahriella I'esciicci e Franca


Squarciapiiio, con~ecorifee di im manipolo di colleghe e collegl~iaiicl~e
meno giovani nia anche più giovani che i ri:luacciano direttamente
- -

alla civiltà di Danilo Donati e di Piero Gherardi (i coshimisti di Eederico


Fellinij e cluindi a ritroso al ceppo storico rappreseritato da Piero
Tosi, il maestro: il costumista di Luchirio Visconti, ki teatro e nel cinenia
(e nel teatro aiicl~esuo scenograh per q u ~ l c l ~ memorabile
e spettacolo di
prosa c d'opcra).
Pierimerite visioritinria, appiuiro, coriririila ad essere la loro cultura,
attenta alla lezione del Gdttnpffrdn e di Mnm ff K~~6iid.
Non definibile conle viscontiatio, ma premio Oscar anche lui t-, nel
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giro holl~m-.-diario' il nostro scenograh Dante Perretti.


Siii palcoscenici oyeristici la virata scenografica che si diceva finisce
invece' spesso, per tarpare le ali alle nostre costnniiste. t! storia antica: la
virata è q~iella iii sintesi per cui In sceiia si è orieiitna irresimihilmeiite
- -

verso l'impianto fisso: ciot- verso il limite di una struttiira utiivoca, che
furiga da base ai vari quadri. È uria gasarizia di organiciti figurarira e di
sen~plificazionesceriotecnica (quarido pure).
Cinevitabile generdizzaziorie del nostro discorso nori vuoi escludere
i casi in cui, cnrro Io stesso impiarito fisso, si arriva anchc a tiar corso a
hitasnlagorie immagiriose. Così, iri particolare, Luca Roricorii ha riarraro
alla Scala, cori grande profusione scerio*rafica (e sceriorecnica),
?
assecoriciaro d d a sua margherita P d i , rame fiabe in musica: l'Obcro.on, la
Luduiikc~.,Lo Zar Snlzan.
Ma per lo pii1 l'impianto fisso è l'altare sul quale in nonie di un'idea
-

portante si hnicia quella coniponente i i a r r a t i ~cl~e


- ~ era foiidanientale
alla dranimatiirgia m e l o d r a i ~ ~ i ~ ~ adella
t i c a tradizioiie, qiiel giisto
roman7xsco del raccontare che si articolava nello scorrere di tante scetie,
con LIII effetto sorpresa a ogni apertura di sipario, ad ogni alzata di
siparietto.
Ora da teinpo quest'efitto è spesso sostituito dal primo inipatto
- -

spcttacolm dcl? in~pianto,chc di farti vriol csscrc ogni volta 'fbrtc'. I1


sipario riori t più depositario di niagie. il sipario può essere già ape~to
quarido erirra ii pubblico: la cavità scenica esibisce, a giorno, possibhlente
forrnidabiie, la srriimira base.
\i coinpensaziorie di così proterva fissirà, gioca il ligilz&q &s&rb;
titolarità moticrria chc ridc locantiinc si colloca fka cluclla dcl regista c
quella tielio sieriograh; furiziorie hridanlerirde rielka specificità di iuia
tecnica che di giorno in giorno si fa piii sofisticata.
Sii quella base, poi, tiel corso deHa rappresentazione, le sorprese -

ciii ceim il teatro non può niai rin~inciare si deniandano all'ingegiiosità


-
-
~ ~

concettiiaie del regista, che di tratto i n tratto si accende in invenzioiii


specifiche. niagari iniiiute, destiiiate a suscirare siissulti negli spettatori:
idee sparse, piU spesso trovate, detragli, hiochi Catui.
Sull'altare delloimpianto scenico, t ~ ~ e n t rbriicia
e il ronianzeco,
conseguenteniente si imi~lolaanche il coshime storico. 1:ibridazione dei
figuririi è ormai urla costme. È succeduta d a voga, che pure L\ stata
grande, degli spostanienti cronologici, di alrre daraziorii, di avvicinamenti,
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CULIU >LULU, I i J t L>LC,&C C LUJLUIILL U1 IYLLULU

vazzei gtagonzsta Marza Callas

2. Ifigenia in Tauride di Ch. W Gluck, Teatro alla Scala, 1955. Scene e costumi di
Nicola Benois. Direttore Nino Sanzogno. Protagonista Maria Callas.
di aninioderi~ame~~ti (quarito facili e inutili, spesso). Quella ibridazioile
cici costumi, ora, la dircmmo uno dci sirironii piìi cviticriri dcllo
sperimer~tdisniorcgistico tergiversaritc, cui si & acceruiato. Dopo che
Strehler aveva imposto il nionocromo di abiti poveri, del 'cencio della
notina', registriamo ora il dilagare di neri pastratii: qiiatito tiero sui tiostri
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~x~lcosceiiici operistici; del resto, quanto iiero aiiche nella nioda correiite,
da anni, niaschile e fenimiiiile jquaiido si dice I'attnalizzazioiie'): i nostri
cailtailti e i nostri coristi, spesso, potrebbero uscire inipuileinei-tte dalle
scene, senza cai~~hiarsi, e andare per mrada.
Gli eserciti melodramt~~atici, i cori deposirari di inni e t~~arce, già
occasioric di h g g e e di colori i più pittoreschi, si rivcstorio di bigie
nionture; gli accessori i11 cuoio e osso; è il trionfo ciel$~EE mcml j~zrbet.

I'robahilinente prnprio iiella sottile storia del coshime è dato raxvisare


una delle linee portanti qLranto meno la piU luiiga e la pii1 coiitiilua
- -

della moria grande dello spettacolo italiano: q~iellache, a ritroso, ci conduce


noti solo alla ciiola viscotitiana, t11a pedino al di là di essa, a certi siioi
- -

precedenti.
I n uiio shidio fondamentale 1.mclii~oVi.~cnizae l'np8m
- ' Fedele
-

d'htriico fa iniziare la regia d'opera italiaiia coii il nome di Guido Salvini.


I1 saggista si atticric d c locandiric; trdascia conlprcnsibihncritc un -

Gioxdiirio Formio e si riti d o slancio speriacolnrc che coritrasscgriò i


prirni idhlaggi nlusicrili tiorcritirii>. Egli risale dunque a d i m i i Trenta del
?
Novecerito. Fu iri quel tempo e iri quell'arnhito che Guido Srilx~iriifirmò i
suoi primi spettacoli: ima va detto che egli d o r a si rnuove\Jairitcrmlerite
d'ombra dei macsrri dclla regia ti'opcra chc proi-cnivano d'oltralpe: di
uri Garl Ebcrt riella fattispecie, che irirxito al Maggio firniava i titoli
i ~ ~ o n i i i ~ ~ e i i Cari
t a l i . Ehert, Herhert Graf, 1,othar Walleiistein si
chiamavano quei maestri.
Ma va soprattutto detto che il baricentro di q~ieglispettacoli fioreiltini
non dovette essere la regia: fiiroiio, heilsì. le scene e i cohimi, affidati -

Saggio apparso in TGrconti: il teamo>catalogo dcila musica a c1ra di Catcrina


iY.4rnico Lir Gail-alho, Rcggio Emilia 1978; e riprop»st» ad apcmira ilcl catalogo
di urluitcriorc rcici~teIilosrra curara daila stessa studiosa per il Co~i~urie
di Parnia:
T4rcontiiann/Lut:hinoT5rronti e i/ nir/od~a?nniia re~dinno,Miiario?Ediziorii Mazzotta
2001\.
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3. Ifigenia in Tauride di Ch. W Gluck, Teatro alla Scala, 1955. Scene e costumi di
Nicola Benois. Direttore Nino Sanzogno. Protagonista Maria Callas.
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4. Manon Lescaut di G. Puccini, Spoleso, 1973. Scene e costumi di Li2a De Nobili.


Direttore Thomas Schippers.

come è noto a pittori da cavdetto del calibro di De Chirico, di Sironi e


-

di Casorati (con successivo, inevitabile e vivace effetto 'riscossa' da parte


dei pittori fiorentini).
La frequenza delie 'prime', in quegli avventurati cartelloni, il fitto
succedersi delie rappresentazioni su uno stesso pakoscenico ci assicurano,
oltre che deii'agiiità degli destimenti per lo più a base di scene dipinte
(ma I'archtetto-scenografo Aschieri aveva pur recuperato le volumetrie
e le scalee degli 'spazi ritmici' di Adolphe Appia), del fatto che le prove
sceniche (leprove di regia, appunto) dovevano essere relativamente scarse:
meno scarse che altrove, magari, ma pur sempre serrate; doveva trattarsi,
per le masse corali e per le comparse, di un metter ordine, probabilmente
secondo una disciplina e un rigore non consueti, per le entrate e per le
uscite, per la composizione dei movimenti essenziali e dei quadri statici.
Le luci erano «piazzati»,a illuminazione diffusa, salvo le gradazioni
delle albe e dei tramonti. Quanto d a condotta dei personaggi, essa sarà
stata improntata a una misura e a un gusto anche moderni, ma l'autorità
stessa dei grandi divi coinvolti ci fa credere fermamente che non si doveva
uscire più che tanto d d e articolazioni correnti e d d e libere iniziative
personali.
La novità vera, dunque, era neii'aver applicato d'opera e a queiia
-

italiana del grande repertorio le idee di Sergiej Diaghilev che per i suoi
-
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5. Lo frate 'nnammurato di G.B. Pergolesi, Piccolo Srala 1960. Regia di Franco


Zeffirelli. Direttore Nino Snnzoxno.

6. Aida di G. Verdi, Teatro alla Scala, 1963. Scene e costumi di Lila De Nobili.
Direttore Gianandrea Gavazzeni.
Kallets l<fmw aveva portato alla luce della ribalta, iiigigmtiti, i h o z ~ ~ t t i -
il~radrodci grandi pittori cmcrgcnri. E nori fu riovità da poco: rmr%vero
che iri i~udchecaso fu battagìia.
Ma, nel complesso, fii anche stupore e fu ai~lmirazioiie:per l'inedira
qualiti dei valori pittorici e, più in proiòtiditi, per le sorpretidenti vaghe
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coiisoil3iv.e inusicali che dai più oculati abbinameilti fra titoli e pittori
potevano siicitarsi.
Nella storia dello spettacolo italiaiio' i11 vero, ai pittori-da-
cavalletto che si fanno sceiiografi dal %<.<Maggio.
- ai nostri maggiori
palcoscenici va ricotiociuto il merito della riconsacraziotie di quel
-

professioriismo la sceriografia che, itdianissimo per nascita e glorie


--

antiche, per storici primati europei, si era poi smarrito (da oltre uri
secolo), sugli stessi riostri palcosceriici, dopo che l'originaria egemonia
fxospcttica f ~ sopraffattta
i dal pirtoricismo frariccsc (complici le novità
illumiriotecriiche), ii~ipossibilital-oati assimilare le graritii riorità
aritioleografiche del teatro drammatico del primo Novecerito, e
sconvolro dai sussulti sperimeritdi dei futurisri tearrariti.
Quello dei pittori-da-cavalletto-scerio=rafi fu un importante
a.
riiiiiovanienro del g ~ ~ ssperracolare,
to iion una rivoluzioiie: nessuna reale
iiinovazioiie scenotecilica fii inessa in cainpo.
E tuttavia, proprio fra i pittori fiorentini t- dato ravvisare l'ei~~er~enza
?
di utia diversa e vitalissinia 'noviti'; e proprio in q~iello,fra di ei,che
appare conie il più discreto: Giiio Sensaili. il più discreto, ma aiiche il più
specificamente preparato a fare teatro. I .a sua preparazione era antiqiiaria.
Seiisaiii fu capace di evocazioili liberissinie di inarine. di hoscherecce
(c di macchiric C nili-olc), rion che di brillanti mbicritazioni barocche c
rocoiò: per Moriteverdi e per Ginlarosa (a Firer~e,i ~ i aariche d a Sida):
Serisali si compiaceva di far cdwe iri ribdta caridelabri accesi, d a maniera
m i c a (ma iri Francia ariche Christian Berard &ceva calare candelabri
sulle ribdte molierime di Louis Jouvet e ibidré Barsacq studiava ed
cvocava aritichc incssinsccnc itdianc).
Nei suoi bozzel-ti &ora, durique, molto liberanierite e molto
pittoricameiite, uii g~istostenografico antico, alinientato dalla riscopei~a
- in atto in quei lustri del nostro patrimonio teatrale barocco e rococ".
-

C:on alle spalle il pionieristico volunietto Hoepli Lnscnrqgi~ajk(19021)


e sotto la sollecitazioiie delle puhhlicazioiii tedesche di I'aiil ziicker (Di8
?%enterdebnrnti~~> Berlino 1923) proprio alle soglie degli aiiili 'Jkeiita
erano usciti iii sim~ilraiieidconipetitiva la Sto?.indella s c ~ r n q r aitaliana
~
di \hlerio Mariani e La rcenqg~*a/;"a italia~zadi Corrado Iìicci.
E Sensani era freq~ientatoree amico dei grandi antiq~~ari, presso cui
il sidro degli aritichi bozzetti, delle aritiche riostre srmpe sceriografiche
aveva corso.
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7. I1 trovatore dz G Verdi, Teasro alla Scala 1962 Regza dr GzorgzoDe LulEo. Scene e
costunn di R e i Bzgs PEZZL. Dzrettore Gtanandrea Gavazzenz.

La sua maggiore rinomanza, comunque, questo artista ì'ha avuta dal


unema come figurhsta e arredatore: nel cinema il suo gusto, la sua
competenza e la sua coscienziosità documentaria fioriscono in evocazioni
esemplark iI &W (arredameuto e abiti) di un f h come PcEolo mando
a n ~ dio Soldati (1943)continua a far testo.
Incomincia con lui una vera scuola fiorentina di costumisti e di
scenografh operosi nel teatro e nel cinema: Mario Chiari Maria De
Matteis, poi Franco Wfirelh, Piero Tosi, D a d o Donati, Piero Gherardi,
Anna Anni ed Elena M&. è quella che arriva fino all'Oscar Gabriella
Pescu'ccicci
E in quest'onda fiorentinesca si innesta Luchino Visconti, forte -
beninteso - di un'ottica ben altrimenti che decorativa e di eredità e di
impegni culnuah di portata europea e di alta modemitk
Ne1 utato studio dì d'Amico su Visconti e Iaqeva spicca una statistica
rivelatrice: al momento degli esordi melodrammatici viseontkni - anni
Cinquanta i registi italiani provenienti dal teatro drammatico (si
-

tral&ciano i registi tutti e solt&to d'opera: artigiam benemeriti per i


quali il nome nuava di regista capre la perenne, essenziale fuizione di
direttoredi scena) sono coinvolti quasi esclusivamente per la realizzanone
delle antiche opere giocose, che ebbeo un ~euivalvoaicoso in quei lustri,
owero per le opere contemporanee. E chiaro: i registi servono la dove si
può e si deve lavorare con cantanti-attori. Per le opere serie del grande
repertorio, si lasciava che alle spalle dei famosi cantaiiti (dove e
ilmd"rario disporiibili; se no, d c s p d c dci caritanti mcdi: riunlcrosi,
d o r a e pur senipre ciotari; di voce, riori foss'altro) cdassero o salissero
scene magari aiicl-ie dipinte da celebrati pennelli che comunqne non li
- -

riguardavano pii1 che tanto (anche oggi, in1 cantante quanto t- sensibile al
proprio costuine, taiito & iiidiffereiite alle scene eiitro cui deve agire: quasi
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senipre).
A quella statistica di d.4niico da cui ci tiaino anclie i iiomi di <:;orrado
-

I'mliiii e di 'l'itjana Pax-loxx:a, conie particolarniente attivi nei teatri d'opera


- afferisce lo t e o (2iorgio Strehler: i suoi esordi operistici, quando
pure era ggià I'aEerrriato canipiorie del Piccolo Tcarro di Milano, sollo infatti
giocosi ovvero noveceritesciii: isolata e tuna cientro iula prassi cii h l d o
ammoderriarneriro (nel riverbero pittoricistico della nuova liriea
spcttacolm tici &faggi» fiorcntirii) ì: la pxrcocc 7i,aviara dcl 1947, d a
Scala, cori le scerie di Giaririi h t t o e i costumi di Ebe Colciaghi. Il balzo
di qualità, o meglio I'aciluisiziorie corisapevole di iui rarigo turto riuox-o
-

per le scerie musicali Strehler se la coniluisra i1uaricio Paolo Grassi gli


apre le porte del Festival di Venezia, per Ia Lzdu di Berg (1949: ancora
con Ratto e la Colciaglii) e soprattutto con 1:4??g8lo di firocn di I'rokofiev
(1955), orniai iiel iiuovo lnnh clie potreninio dire liiniinisticanieiite e
-

striimirali~~ente definitivo di Damiani e di Frigerio.


-

L.uchi~ioVisconti t- il primo regista a optare per il nostro grande


Cktocento melodrainmatico: Spoiitiiii, Kelliiii, Verdi, Doiiizetti soiio gli
autori che egli affronta sul ~3alcoceiiicodella Scala nel hieiinio 1954-56.
l'oi C;luck.
fVla Scala, dclla sua cerchia, era già arrivato, prima dcl macstro, Franco
Zei'firelìi: ma, appilrito per opere giocose, che egli specialrrierite riel
hrrriato della Piccola Scala destiva secondo un gusto all'aririca, cori
tarito di iluirire, celerti, fondali e principali: ciove la citazione porexJaariche
radicdizzarsi riori seriza qualche polemica e accusa di plagio in -

assurizioric intcgralc.
Visioriti d a Scala riori utilizza d a leriera la propria documeritaziorie;
su di essa egli opera una mediazione (l'unica volta che egli citerà
inte~ralmenteiuiascetiografia antica sarà piìi tardi, per il Dz~crid ~ l h di a
?
Donizetti, nel 1959 a Spoleto; ma già tale utilizzo rappresentò in se stesso
una mediazione, i n qianto si volle evocare quella che era stata la 'prinia'
dell'opera poshinia, differita di oltre inezzo secolo: I'ininiagiiie scenica
quindi non ricondiiceva ai tempi dell' autore nia si spostava verso di noi,
in un clinia rardoromanticoj.
\'isconti costanteniente reinventa un suo Ottocento.
La sua poetica della citazione si era f i r m a t a di bel principio
i~ell'assunlere,per la rieoclassica I&h, eritro il proprio quadro sceriico,
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8. La Bohéme di G. Puccini, Spoleto 1960. Regia di Giancarlo Menotti. Scene e


costnmi di Lila De Nobili. Direttore Ihomas Schippers.

9 Pelléas et Mélisande C Debussy, Spoleto 1966. Scene dz Rouben Br-Arntunzan.


Dzrettore Ihomas Schzppcrs.
le coloiine stesse del prosceiiio del l'ierniariiii. Si era ainpliata
progrcssivamcritc ricllaSu~znanjbssla;si cra niirabilnicritc definita iri misura
paradigniatica riell'rlnna Bulena, ?;ella E,.aoutt~t,goderido del jlv~g
impressionistico di Lila De Sobili, Visconti arriva ad attingere
all'impressionismo: il che \q101 dire, per lui che aie\-a iniziato a Parigi,
-

1 x 1 ciiienia, conie assisteiite di jeaii Ileiloir? il figlio del soninio


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impressionista recuperare una componente essenziale della proyria


-

hririazioile (questo 'toccar terra', q~iestoriinpatrio, cioè uii aiialogo ricorso


ii~~pressionistico gli varrà il capolax-oro dell'idtimo periodo: la il.1a~~on
1,escaat a Spoleto nel '73).
Irirarito, ora, alla Scala, per la riproposra dellT$krenia in Tnz~r;itieil
riferiineriro al Tiepolo di Palazzo Labia si fa, sul prikosceriico, rivivisceriza
del quadraturisrrio bibiencsco.
h Milmo, la cosrmtc prcscriza, con lui, di Maria Gallas, chc pcr sui
vie aveva pure ritrovai-o i niodi, il seriso, la I-ecriicadi mia rocalità aririia,
dava a quelle rappreseriraziorii il valore di cvocazioni iusicinc attiridibili
e fàrirastiche, il fàscirio deli'agriiziorie.
Era nata così uria scuola per la incssiiiscena operistica itriliana: unica
iiella nostra storia dello spettacolo. 11 suo principio fondailte qiello per
-

cui' appunto. uifienomeno si defiiiisce i i i sciiola era uii priilcipio


-

storicistico: si partiva da uiia documentazione iconogratica (stenografica,


ma anche pittorica) relativa all'opera da rappresentare, ai suoi tempi, al
siio clinia cultura le^ alla sua teinperie sociologica.
I'er 1,~ichinoVisconti è qui la sun1r.a fra i due aspetti, ap~lareiiterneiite
taiito coiltrasraiiti, iia il regista di ciiiema neorealista e il regista d'opera.
La dicotomia figurativa ì: nctta: da un lato, la rcaltà della nostra povcra
gerire, oggi; dd'all-ro i sogrii pittoreschi di iui graride morido aritico:
i~ostro,esso pure, itriliario, anche popolare, rria ncnmeno rieccssarimlei~te
popolare.
Il piuito più lurriirioso di tarigeriza tra Viscoriti regisra di ciucima e
Viscoriri regista d'opcra punto sroricisrico per ccccllcnza - ì,
claniorosanieril-e iri Se~jsu: aririo 1954, riaturalnierite. Nella
rappresee'ivazione di q~ieidue q~iadridel T?017~tore alla fienice di Venezia,
proiettati all'atino 1866, la culhira spettacolare atitiqiiaria vive di utia
tautologia flagrante. È storici7zazione obiettiva, filmica. Quando Visconti
iiiscenerà il suo ?hi7iato~e,per la Scala in tot~?,?ié8 a Moca, iiel ' M , e iihito
dopo a 1,oiidra. \lorrà adottare sol~izioiiiheii diverse: allora, seiiza reali
smentite, egli vorrà essere debivai~~eiite 'attuale'. Ma tra i critici loiidinesi
c'è chi sente la nostalgia del :I+m,ato?~ antiquario di Senrn.
I,a consapex:olezi.a e l'orgoglio della propria iiovità si aEermano iii
niisura particolare rielll,lmbeti~che iriaugura il Fesrivd di Spoleto (giugno
1958): secorido urla fedeltà toscariiriiaria a <<ruttoquello che è scritto*
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11 Le nozze di F
Dzrettore Georg Soltz.
di W A . Mozart, Parigi 1979. Regia di Giorgio Strehler.
(didascalie in priniis), entro le scene dipinte di l'iero %si' che si
smatcridkmo iri tiissoli-c.rm, il rcgista cclcbra la propria Iinca itdiaria,
sosrerieritio il confronto cori il ~Wzcberh'tedesco' (stupendo) che Giwtav
Giudgens aveva realiz~atoa Eirenzr pochi anni prima: tutto luniinistico,
espressionista, entro l'astrattezza di u n inipianto scenico fisso,
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vigorosaniente anticipatore.
Nel concetto di sciiola, vive anche la for7a di iina calaniitazioiie che
d i luogo a in~'osniosivivace fra ciiienla, teatro drariniatico e opera.
Viscontiani e in quanto vali, prima o poi disponibili al melodramma
-

- insieme con Zeffirelli, (che pure fa cinema e teatro dramniatico), sono


Mauro Bolognirii (cineasta in prinia i s t m ) , Giorgio De Lullo (da artore
a regista), Pier Luigi Pizzi (da ssenografo-costumista viscontiario, quiridi
ronsoniario, quiridi integralnierite se stesso: scenografì-sostunlista e
rcgisra). Xobilissinli viseoritidi, Filippo Sarijilst (che puri da sccriografo-
costuniista si t i regista) e Sariùro Sequi; onibra intelligente tic1 Maesrro
iuberto Fassirii: ben più che tarigemide, fiero Faggiorii.
Stenografi e costiunisti viscontiarii nassono e restano Piero Tosi, Lila
De Nobili, Vera Marmt, Bise Brichetto. Direttanlerite da Lila De Xobili,
Gioia i-lorella Mariani e I'asqiale G r o i ; soyramitto erede di 1,iIa è stato
l'ier 1,iiigi Saniaritaiii, &e lia ben presto dehordato dal d4cw alla regia. H
viscontiano liaice, prima di diventare felliniano, Danilo Donati. Anche se
noti figura nelle locanditie viscontiane, dello stesso ceppo è .Anna ?inni.
I>a questa cercliia lia inizio la bella carriera di I;iIippo C;riielli, a siio
agio im agio sorridente siille rihalte grandi del nielodramnia. ovvero
- -

del h'nllo EIcce1sio-s (&cor niagistrale e 'antiq~iario'di Giulio C;oltellacci?


corcogrdic di Ugo Dcll'ika: tid «Maggio» 1967 in giro per l'Italia, a
lungo) d e ribdte piccole della caruone di classe (AIliora LUI riverbero del
inodelio Visioriti, del resto: del Visconti, per fugace e sortaciuta tarigenza,
regista di IVxida Osiris).
Dell'entourage fa parte ariche Beppe ~Meriegatti,che (14xmi14.i:niarito
di Carla Frasci) si muovcrà prcfkribilmcntc ncl canipo contiguo del
bdetco.
Estraneo alla cerchia ma non alla lezione, a suo modo, è stato AttiIio
C:oIonnello.
Solo occasionalmente viscontiano nia L13er l'aniiuiito
-
L L
ner il suo
L
spettacoio operistico pii1 bello e 13iii imporraiite Fu I'raiico Enriquez: lo
-

fu per gli storici (,!gonotti alla Scala (1952) con le scene e i costnnii di
Nicola Xenois.
Nicola Xenois, invero è loemhlenia del grande d6co-s caligero,
inattaccabile prima, durante e ancora dopo l'ondata viscontiana. T i i
stretto e fàtidiso biriomio cori lui, ~MargheriraIValin~ariri erede diretta
dei primi niaestri ultranlontarii della regia operisrica, riara dai~atrise
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13. Macbeth di G. Verdi, Teatro alla Scala 1975. Regia di Giorgio Strehler. Scene e
costumi di Luciano Damiani. Direttore Claudio Abbado.
e pertanto costantemente iiicline a quella che gli aiitichi chiarnaiai~o
afkrrazionc di dariza -- rapprcscntava la tradizione spcrracolarc
soritilosamerite ili'ficiale del Teatro rriilariese. 111rapporto alla quale
vanno valiitati il fascino e I'acq~iisitaa~itorex-o1ezi.adella nuova scuola,
secondo ciii si sono stagliati spettacoli come la Miqszon di Zefirelli-
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[>eNobili (1958) e, sotto lo stesso hiiioniio' l'Aidn (1963: la più bella


Aida a nienioria di uoinoj; o il E,.nvatoi,e per cui il regista Di 1,iillo
induce Pizzi a citare Gustai I>oré (l<lOSj.
I,a teniita della grande sciiola è ancora b r t e negli anni Sessanra. E Fu
stagione nella quale, accanto alla !scuola' ciii si guarda conie alloasse
poaante della riosrra storia, varianlente corinotati, talvolta iòrs'arlche LUI
po' spaesati, 1ma rion di rado vitali sono risultati gli at'i'acci al teatro ci'opera
di Atri riostri registi soprartiirco attiri riel tearro di prosa: di Eririquez, si
E dctto. Ma si dirà anche di L~iigiSquarziria, di N d o Triorifb, tii Giarifkaiico
De Bosio e di Mario Missiroli.
Le rqiorii della successiva dispersiorie della grande scuola sono quelle
riatiWaIi il tempo, la storia, la cronaca ma so110 ariche altre: iritarito
l'assei~adi uri hariceritro didatrico e orgariizzativo che si opponesse alla
dispersione di tante energie; l'assenza, cioè, di iin'istituzione formativa,
che pure il melodraninia nel p e s e del nielodraninia avrebbe meritato
- -

e che di fatto si continiia verhali~~ente a postidare. Entro Io.4ccademia


d',4rte drat~~matica di Ronia noti potremnio dire che l'opera sia entrata
dalla porta graiide' ailclie se, all'iiiteriio di essa' uii niaestro conie Orazio
Costa (un maestro soyramitto di teatro di parolaj i è occupato di regia
d'opera (e l'ha iiohilnieilte praticata).
Tra lc ragioni pii1 proforidc chc dctcrnlinaiio la crisi di iluclla chc si ì.
detta la poetica della cirziorie & il h t t o che essa, effetrivanierire, pertieva
di forza via via che l'evocazioile del ilostro inelodranma si irioltrava erirro
il sec. X X ; essa sfuggiva, nella fàrtispecie, A rapporto cori il graride
inelodranma verdim, per cui veriva merio la vrilidità del bozzerto antico,
si pcrticva la corigruità di esso, nonostaritc la profusione tii pcrizic
prospebiche e tii accuratezze tiecorative, cori i d o r i niusicali e la loro
iriuente oxvero iiiq~iietanovità. Non a caso, per il Verdi del E"o?7atme
deH:iidd, alla Scala, il gusto antiquario Io abbaiamo listo dirotrare verso
G~ritaveDoré e verso l'imnressionismo.
L
C;iiardando i bozzetti di (larlo Ferrario è chiaro che iiessiina
divaricazioile si verifica invece né per I'oiichielli iié per Boito (iii~itiledire
che, di contro, ima divaricazione ancor piU gravida di conseLguenzeè qiiella
che esiste tra l'altro gigante solitario del teatro d'opera ottocetitesco,
Wagner, e In coeva culhira scenograficaj.
Visconti che aifiorita Verdi riegli armi Sessanta e Cenama, a Milario,
a Loridra, a Roma, a \'ienria ogrii volra si mosrra alle prese coi1 LUI
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~.

14. Firenze, 1963. Regia di Mrginio Puechet: Scene e costumi di Luciano Damiani.
Direttore Bruno Bartoletti.

15. Firenze, 1979. Regia di Liliana Cavani. Scene e costumi di Ezio Frigerio.
Direttore Bruno Bartoletti.
pro-oblema aperto. È capace di grandi idee, anche di grandi quadri, di
sonruosiri cost~misrichcche diverigono proverbiali, ma si muove sccorido
mia variegata episodiciti figurativa; so& tii qualche sbaricianieriro (la
I?avinn$n londinese tenlerariamente alla Xeardsley nel 1967; il Siinon
Koccrriity~~adi Vienna, nel 19110, 'n~odertianiente'volumetrico, niaterico,
"
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metallico). 1.a sila reiterata atTerrnazioiie di ièdelti all'aiitica tradizione


non Iia pii1 la pregnan7a originaria e sembra piilttosto l'inseguimento di
un faiirasnia.
È successo dunque che, delihato, anche lo stupendo patrimonio
scetiografico harocco e neoc1:~ssicoviene via via accantonato, archiviato,
quarido pure si tratri di rappreserirwe opere anteriori a Vcrdi.
Lo stesso Visconri ne prescinde quaricio mette iri scena ~Mozarc,Le
xuzzc di fijpnro, a Roma riel '64 (non rie wlle prescindere Srrehkr per ii
suo mcniorabiic &tra ilal .~6?.i~rliu:aiirio 1968). Fu wchiiriazioric con
tilria probabiiirà troppo frettolosa: quel patrimoriio per molte opere
--

poteXJaavere aricora risorse evocarire quarito mai intense e corigrue, giuste,


'atruali'. Pub p i ì ~averne?

I,e ragioni della moria: ineluttahili, anche quelle della storia dello
spettacolo.
I i i una delle sue preziose note diaristiclie' alla data 1958, C~iaiiandrea
Gavazzeni," il direttore d'orchestra che iinico amava dire sulla pagina
- -

la propria inquieta e iiitelligeiite prohleiriatica di iiiterprete (e di interprete


votato, in parcicolarc, al mclodramnla italiano), csprin~cvariostdgia C
preoccupzioni.
La riosralgia era per quella pratica delle scene dipinte di cui si
iriconiinciwa a vedere l'eclissi; le preoccupaziorii nascevario dal notare
corrie rale pratica venisse progressivanierire soppimtata da quella delle
sccric costruite, dal coristatasi cio? come i nostri pdcosccriici hsscro
sempre piìi spesso ingombri di srrutcilre pesariri.
Nella nostalgia si acconiimano le scene dipinte alloantica,viscontiane
(il pensiero alla Holeiin trionfante che l'aveva visto sul podio della Scala),
illa anche le scene dininteL
alla n~odernadai Lnittori da cavalletto. il cui
il .,i\,inzato
. - era pur capace di affiscinaiiti bagliori.
"n particolare, nellr note &liregia pubhlicatr nel progamma di sala delL>onCarie;
ai 'I'eatro dril'Opera di Roma (25 novembrr 1965) si dice che la re@a «u>mr
spesso in Visconti?cerca di rrovarc una prassi qimro pii1 possibile vicina a qiiclia
dell'spoca in cui I'opsra nacqrir; scavalcando lr intrrpreta.i»ni tsniienzi»snn~snts
'rrio~irrnc"che ne hanno intcrnmo la tradkir)nc».Cfr. l'iscu~~tiana, cit. pag. 66.
'G. G.%t~.zz~si~>
Il r@a?.ioors su. Torilo, Eiiiaiidi 1992. pp. 364 sgg.
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16. U N P ~ O SRC E
~ O G R A P O Mino
.
-
Maccari, per11 nasodi D. Sciostakovic, Firenze,
1964. Rezia di Eduardo De Filivvo. Direttore Bruno Bartoletti.

17. UNOSCULTOR~SCENOGRAFO. Mano Ceroliper Norma di VBellini, Teatro alla


Scala, 1973. Regia di Mauro Bolognini. Costumi di Gabriella Pescucci. Direttore
Gianandrea Gavazzeni.
C;avazzeiii. eiitro il vasto orizzoiite della siia persoii:~leesperieilza, ricorda
in particolare Rcriato Guttiiso, c il suo ciclo rosso per la pkxttiaria Fili1i1-a
di JmW (Scala, 1956).
Ma accanto a C;uttuso che ha fatto pii1 volte ottimo teatro, a questo
punto ricorderemnio altri artisti: Eahrizio Clerici, Corrado C:agli. Con
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essi -4~1relioMilloss, coreografo-regista ha re,~lizzatoprohabilineiire i siioi


migliori spettacoli al Maggio: 1:4nni& di 1,~iIly( i 9 f ; O j e I ' 8 ~ s 8 p l ~ n ~die
Straviilskij (1970: veiiti ailiil dopo).
Con un pittore in ~raiidevena spettacolare, Mino Maccari, Edilardo
»e 1' qrlippo, formidabile*. uomo di teatro ma eccentrico rispetto al
inelodrainn~a,ha firrriato il suo capolavoro operistico: Il ntcjo di
Sciostalcovic (a Firerizc nel 1964: dirertore Briuio Barcolettij.
E tra i pittori mdrà pur collocato En~ari~iele Luzzati, ariche se noil
fxopfiiamcntc pittore-da-cavdctto-sccnografo; piuttosto sccnograb-
pittore. Illustratore, disegiatore di ariiniuiorii filniiihe felicissime, ma
soprattutto pirtore teatrale se mai altri, del palcosceriico Luzzati vive
sopramirto la ciirnerisione fiabesca, il gusro sorriderite di un gioco aririco
ed eterno, serriplice e 1x1 caso ingegi~osissirno.
-

Nella riflessione di Ckvazzeni attorno alle scene dipinte entrano


coiicrete val~~razioiii logisticlie e fuilzioilali: coi1 quegli sceiiari?dove. nel
caso, la profondità poteva essere sii~~ulata dai tagli prospettici, si
escludevano quelle pericolose distanze tra orchestra e voci che con~portaia
iiiiece la dislocazioiie dei praticabili.
Non solo e non tanto: l'agilit-:i della antica scenotecnica nella
disposizioiie e nel cainhio delle tele e dei telai pitturati, rispondeva a
un'ccononiia di tcmpi c di costi, chc si sarcbbc certo rimpianta; come si
sarebbe rinipiarira la cierisiti produttiva cielle rappreserituiorii.
Così è ki effetti: i cartelloni, seinpre più radi di ritoli da decenni e --

gli onerosi bilarici delle riosrre Fonciaziorii sono sorto gli occhi cii turti.
Era l'alto scotto da pagare all'irieluttabilità della storia: della storia
dcllo spettacolo c di qilclla iuiivcrsdc tic1 tcatro rar4t rur4a, entro cui
-

riaturalrrierite si iscrive, correlaridosi, la stessa storia della riosrra


i~~essiiisceiia operistica.
Secolare, :lisuo interno, il capitolo «luce* è proceduto con passi da
gigante nel corso del ventesinio secolo: è stata evoluzione tecnica e
~ ~

concemiale.
1.3 luce peiiilelleggiata su tele e telai, cioè sii superfici hidinieiisioiiali,
è stata progressivamente hathira, sul palcoscenico, dalla 1~1cedei proiettori:
mobile (regolahile) e viva e vera, teatralissin~a,capace di evidenziare, in
prima istaiira, la persona, i personaggi: nel caso con le dranimaticl-ie
sciaboiate dei <<ragli>>.
% valori pittorici delle altiche scene succeciorio pertanto valori plastici.
1
C;osì' i11 rapporto al nioderiio iinpasto luininistico, la scena wexa da
opporre la solidità tridimcnsiorialc di volumi e di rilievi.
La «ricca tavolozzan aL7diia verso la rrioriocroniia.
?iGavazzeni certo non stiiggiva questo processo: semniai gli stiiggiva
l'ine1iinhilità di esso. Alle sue pagine del lotirano 1958 nella tarda
-
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risrainpa egli aggiin~gepostille darate 1988 e 1990.


-

Sono diui aggiomanienti: antironconiani! nella fattispecie. Aherranti


appaiorio al direttore d'orcliestra i traslati coiicettuali che' secoiido quella
sottile e intricata connessione cile è propria della vita teatrale tra
imt~lagitiazionee prassi, tra ideologia e mestiere, erano ricollegabili alla
abiura ad urla narraziorie pacifica, a iula fedeltà ai libretti e agli spartiti
( d e loro diciascdie), clude poteva essere garantita, per l'appunto, dal
piglio illustrativo delle aritiche scene.
Lc gcncrdizzaziorii, c~imidosi parla di teatro, sono scnlprc precarie:
Gavazzerii ha m a t o ariche lavorare cori iui Piscator, che pure aveva
ingabbiato le viceride dei iWa.crzdicli verdiani (a Firem, ne1 '63) entro
urla struttura univoca, espressionisticanlerite irca e incornherire. Aitre volte
egli esprinie ii r m l a r i c o di non aver avuto I'occasiorie di lavorare irisienle
a un regista miisicale e amico conie Giorgio Streliler.

Infatti: il fronte della inoderiiiti, <<oltreViscoilti», ancora gradito


per in1 tradizionalista, i è iihito attestato nella lezione di Strehler.
Graiide Iezioiie~certo, nia iioii potreninio dirla «scuola»:qiiaiito iiiei~o
non per la n~cssinsccriamclodrarrimatica. Nl'opcra iri m~isica,dal c v p o
del Piccolo Tearro di Mikario, si sorio ticdicati cori percorsi rutti persoridi
e perfuio torrrieritati (ma cori esiti ariche riotevoli) Virgiriio Puecher e ~~~

da sceriogrdo strehieriano a regista in proprio Luciario Danliarii. Ariche


Patrice chireau e IUaus ~MichaelGruber sono stati rillie\{i di Strehler e
haruio afi'rontaro il niclodrm~ia,ma sccorido rraicttoric solo iri piccola
parte italiarie. A Spoleto Ch6reau ha esordito, riel 1969, cori urla
i~leniorahileItaliana in A[gri*i.
Ma soprattutto egli è I'arteiice del nionut~~entalelli~~g(sul podio I'ierre
Xoidez: scenogratò Kichard Peduzzi), con il q~ialeil 1;emivaI di Xayrreiith
ha celebrato il proprio centenario: 1876-1976.
Wagiier t! pure l'autore cui Gruber t! particolarmeilte fedele:
addirittura con una bella evocazione 'ailtiqiiaria' del Id~nhaii.ce~, a Firenze
nel? '84: attardato e diremmo disparato riverbero viscotitiano. E
- -

singolare che un analogo riverbero entri nel curriciduni dello strehleriano


Puecher: fu ancora a Firenze, nel 1994 per urla riproposta del Silyror&
Bucrarzcq~,averdiario, qu3.11do si ricorse agli aritichi bozzetti di Gerolanio
Magiuni e (a~~rossiniati\/i~iiiei~te) alla originaria ~<l>isposizioiie sceilica»
dcll'opcra (tiocuincritazionc alla qidc, pcr l'appunto, Visconti, a \Ticmia,
aveva tiecisanlerite volraro le spalle).
D'altra pai?e, allora, a Firenze, la soluzione antiquaria paive quella
più in grado di esorciiiiare I'onibra di un capolavoro di Strehler regista
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d'opera: il Siinon B U C L ~ P Escaligero


~ ~ I - R (per la direzioile di Ahhado):
antecedente di heii venti anni, nia nittora inconiheiite.
Iii sé, l'iiliiesto di Strehler iiella storia della messinsceiia
i~ielodrami~iatica italiana ha costimito la forte alternativa a ima scuola -

quella viscontiana che andava sfaldandosi: ima altertiativa aperta, tion


-

disp~riibilea iula precisa teorkzaziorie.


E srato il risultato filtratissinio di una pratica di teatro globde
organico i11 sé, nella propria inolteplicità riutrira di vitali lide europee.
Pcr il rcgista dcl Piccolo Tcatro di Milano protagoriista, a liuigo, 5 stava la
linea del tearro brectittiaiio: la frequeriraziorie del Be?,linrol.E~i.cemble~ iuia
'docurrieritazione' vissuta iii presa diretra. Nel teatro d'opera rianirak e
linipidissinia esrensiorie, fu, alla Piccola Scda nel 1964, l'ilsresa e cariz#ta
della Cittìc di ~?f~cI?uri~zy.
Nel persegnire iiiia plasticità scenica tutta inoderiia, nella
mohilitazioiie di prove di luci che all'iilizio apparivaiio assol~itameiite
inusirate nella prassi del teatro d'opera, la spetvacolarità strehleriana
mantiene una chiara figurativiti narrativa; il costume resta
hndanieiltalnieiite i<storico,>'coiiteneiidosi iii uiia sottile ganima
crornatica. intimamente \-ero il gioco dei suoi lavorarissimi caiiraiiti-attori.
Sintesi gei~ialedi valori diversi C stata quella che Streliler Iia realiz~~to
ncl fiatu ilal Suwgliu sdishurghcsc (ncl 1966; c poco dopo riproposto a
Firer~e:Zilbiri Mehta SUIpociio): riella seniplicità tii uri inlpiarito sceriico
antico, i~ell'aridaree venire di quirite nirchesdie, la luce tii goduta andie
riel suo coritrario, conie coritroluce, rillorciii. i caritmi, proprio nei loro
fulgidi nurrieri chiusi, quasi varcando iul'arcaria soglia, si porgevano in
mobili sagomc ricrc.
Il Setteceriro del Mozart tii Strelrler (i~iagià, iri principio, del suo
Cimarosa: a storica ina~ig~irazione della I'iccoIa Scala, iiel 1955, con li
e~rrt~imonio s<gretn) era t~ioltovicino al Settecento del siio C;oIdoni
('nii~~icalissimo', per parte sua). Le A70zze di l~:$a~otengono felicemente
dalla raccolta magia di 'v~ersaillesalla dilatazione scaligera (1979-8 i'). Se
poi I'q~piuitameiltosupreino coii il Dnfi G?oi~l>mfini C seiiibrato tradire la
propria tensione in im'eiifhii moiiunientale (direttore Riccardo Miitij,
l'estremo <.Torifin tzme (giocato coi1 interpreti giovatiissimi, al I'iccolo,
iiel 1999i ha addensato nella i~ialiiiconiadell'assunto rno~artiaiioI'ombra.
da parte del regista, di uri sonxnesso messaggio testamentario.
E con ~Mozarr,Verdi: 'attra\~erso' si può proprianlerite dire LUI ~~~
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18. ~ R L U I G SAM
I A ~ A N REGISTA,
I SC~OGRAFO TLIMISTA Mad ama Butterfly di G.
Pucczni, Fzrenze, I979 Dzrettore Gzanandreu uuvazzenz.

19. UNOSPETTACOM DI ROBERTO DE SIMONE.LO frate 'nnammurato di G.B. Pergolesi,


Teatro alla Scala, 1990. Scene di Mauro Carosi. Costumi di OdetteNicoletti.Direttore
Riccardo Muti.
i:idelin iiitidarnerite voliurietrico: a Fireilze riel 1969. Il Verdi di Streliler C
stato soprattutto il TTcrtii del Simun Buccarzepn (1973) e cici l~fachuth
(1973); spaesato, semmai, il fizl.ct~tfpadxio (1980).
Solide ed esemplari stnntiire (laniinate di rame, ne1 Mnchrth: dove,
in contrasto, le teste delle streghe emergevano da im agitato mare di
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rossa sera cinese)' sconvolgime~itimacchinistici e rihaltarienti iurninistici


inla anclie trepide atmosfere, nel Sin?,onej:tutto e enipre i n funzione di
idee perfettaniente calihrate sii una h r t e eniozione verdiaria.

Nel culro moderno della luce e dei valori plastici, I'mlhiziorie


persisterire (quasi nosralgica) a ricorrere a artisti da atelier ha indotto
vari teatri d'opera a coinvolgcrc scultori iniporcmti: successori legittimi
dei pitcori-da cavdetco-sceriografi.
Si L' così sgrmata, sui palcosceriici italiani, u i ~ aspecialissiina storia
a episodi: ariche belli. il Henry Moore, a Spolero, Gimcarlo Meriorti
regista ha artribuiro iu~Dur& C;iuoan~zi (1967) applicarido idee scultoree
preeisteiiti alle siniazioiii dell'opera. Giacomo Manzìi Iia fatto molto
teatro; indinieiiticato resta soprattutto il suo Oedips l<e,r per la
n~irahileregia di Luigi Squarzina, allooperadi Ronia (l964j. Mario
C:eroIi approda alla Scala con le i i e strutture e le sue sagome lignee
per uriaXurma astratta (1973, protagonista ~\fontserrat C:aballé),
guidatovi da Illaiiro Eolognini e contrappesato dai costumi tradizioiiali
di Gabriella I'escucci. L'austo Illelotti solo da vecchio 11a potuto vedere
realizzato iri sccria uno cici suoi imiunicrcvoli 'tcatririi' (alla Pcrgola
di Firerize nel 1982 sempre per Straririskij). Pietro Cascella ha calcato
f?licerrienre le scene. U n bel traliccio metallico di Cagli ha fatto
forzosarnenre da scena a uri'Agr&e.vcdi Hukier&jt~azLiL;n iiorenrina (1974).
Se rion proprianierire scultoreo, certo ematerico., cioC sensibile ai
tagli di luce, fii ilZlstarju di illbcao Burri a Torino (1981). Anche ilrraldo
Pomodoro ha h o graride Teatro iri musica: Kossiiii (Sr!mi?,an~Uie,a Konia
ne1 19823, Gluck (ilk6st6, a Genova neli' '86j: anche I~iifinalniente
Strax-inskij (Clerlipzjs ibo a Siena ne11' '88).
Oggi, quema degli scultori scenograti la si direbbe una storia chiiisa:
~~ -

anche se, cei-ro, indipendentemente dal contesto di iuia tendenza, potranno


sempre esserci scultori clie amerauio e sailrarino fare teatro (e pittori,
iiatiiralniente; ancora im nome: David 'Hockne~tiiori da quello che C
stato un fenomeno sopr,lrtutto italiatio, è tiitt'oggi vividaniente attivo
sulle scene d'opera, anche nostre).
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I RTGISTA, S C ~ O G R G O E COSTUMISTA Armada di Ch. W Gluck, Teatro


20 PIERL ~ GPIZZI
alla Scala 1996 Direttore Riccardo Muti

Si hanotizia di awerse congiunture astrali, le quali avrebbero impedito


che si awerasse scenicamente un binomio interessante: quelio di Luca
Ronconi e Arnaldo Pomodoro.
Si tratta di un episodio delia giovinezza di Ronconi (e di Pomodoro).
Ronconi non è più giovanissimo quando approda al teatro d'opera,
dopo che la sua scheda di regista di teatro drammatico si è colmata di
affermazioni perfino sensazionali. La volta che affronta l'opera, egli
lo fa in compagnia di uno scenografo magistrale: Pier Luigi Pizzi. È
un incipit straordinariamente impegnativo, a metà degli anni Settanta:
in pochi anni si susseguono le due giornate centrali del Ring
wagneriano alla Scala, con u n Sawallisch sul podio gavazzenianamente
recalcitrante a così provocatorie novità spettacolari, il Faust a Bologna,
quindi l'O$eo e Euridice di Gluck, in storica sintonia con il giovane
Riccardo Muti, a Firenze (e qui ancora, sempre entro gli anni Settanta,
grandi titoli ottocenteschi). Dopo di che per Ronconi è un seguito
densissimo di altre messinscene operistiche, al più ampio raggio e
alla più alta quota europea.
E difficile dire se nel curriculum di questo artista probabilmente il
-
più fitto del teatro coilteniporaiieo e ad uiia media sorprendeiitenieiite
clci-ata per iliraliti idcariva c di corifczionc l'impegno mclodrammarico
-

sia o riori sia cadetto rispctto a quello tii regista tic1 teatro tirmmiatico.
Epp~irenon lo seiitiremnio paritario: nel senso cl-ie Ronconi coltiva il
teatro d'opera spinto, pii1 cl-ie da iina passiotie e da una sensibilità
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precisameiite ili~~sicali, da uiia accesa curiosità intellettuale.


I n ogni caso va detto che il nostro regista, qiando h opera, ora che
iioil spetta a lui la coiidotta vocale degli iiiterpreti, ci appare come
alleggerito. I m i ~ ~ a g i n o s a i ~ ~libero
e n t e di espandersi nelle dilatate
diniensiotii dei palcoscenici operistici, egli non torcl-iia i propri cantanti:
piuttosto li inserisse nel caso li incapsula entro situazioni visuali regolate
-

dai rimi e cWa agogica della musica.


Della sua esperienza iimovarrice di regista di reatro dranm~aticoegli
ha portato nciì'opcra molte idcc che, ricl nuovo coritcsto, sono risultare
ariille più iririovatriii: irirardo, LUI cori~ettodinamico della SC~IYA, come
inacchiria, some idii~gegrion.È staro quasi uri andare a ritroso riella
risogriiziorie storisisrisa della nostra tradizione spetcacolare, LUI ciiverso e
persorialissiino aiiriiluariaro scenico, proroharocco (e del resto il barocco
musicale resta un campo privilegiato della sua attiviti). Anche Roncoiii
aria citare: nia lo fa con inediazioiii forteniente estrailiaiiti. Nel iVabi~ccn
fioreiitino (1977) egli ha fatto riprodurre a I'izzi gigantografie di q~iadri
storico-patriottici del tiostro Ottocei~to,da calare a giorno. Era un deciso
rih,~ltaineiitodel &coi- viscoiitiaiio. Al suo iiiterilo era gii i11 azione -

fortemente scalzante quella leva di natnra coiicettiiale che 6 di fatto


-

coiiilotazioile peculiare (aiiche se non sisteinatica) del teatro roilcoiiiano:


la leva della nictafora, dciì'allcgoria, tic1 simbolo: rapprcscnrazioni come
radiografie sociologiche del testo.
Già riel campo di gigli che era il giardino di Margherita, nel E ~ ~ l j t ,
così snlaccata assuu~ioriedel simbolo aveva m a v d e m critica; di contro,
risolvere il Sabha (altrirrieriti imbarazzante riel corisueto ciarpame di
strcglic ghigmri) come lussuoso posrribolo ottoccntcsco l13 significato
capire I' 'orrore' del nioralismo borghese niusicalmerite iriiarriato iri
Go~inod(Goethe essendo tutto alle spalle): e q~ielche più conta ha
- -

significato farci sentire quella t~~usica per come essa può autenticaniente
suonare ai iiostri oreccl-ii nioderni.
I)i estraniazioiie critica! alla George Xernard Sliawy e di 1111 riscontro
siiigolare alla stessa metafora per cui Visconti AI film ciie rappreseiitava
la catastrofe nazista di una dinastia di capitalisti tedeschi aveva dato il
titolo mgneriano 1,a cridtrza /gli dei, si è parlato per la rappreentaziotie
del I G Y ~iniziata
, alla Scala e coi~~pletata a Firenze, qui con Z~ihiiiMehta
(dai '78 ril1381).È stato LUI capitolo saliente nella storia prot>lematicissinla
della rnoderria rriessinssena wagrieriaria.
111 sé, lia costituito ilc10~~e il teriniiie della collaborazione tra Iloiicoili
c Pizzi.
Dopo, Koricorii ha avuro conle sceriografi sui palcosceriici lirici Lilciario
Daniiani (alla Scala, nel nel 1977, per un Don Cm10 iiiirabil~iieiiterisolto
in allegorie processiondij, Etvo Frigerio (il cui magistero forse ha meno
scaligero del 1982,
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coiilbaciato coii qiiello del regista: si pensa all'E~-~?at?i


compiesivamente non fortnnatoj; piìivolte il regista si è valso della lucida
asciuttezra di iin architetto come Che Plideilti. I>a anni egli ricorre
comantemente alla d ~ ~ t t iel iiitidissiiiia
e collaborazione di ~Varglierital'alli.
Chiunque, con lui, iirnii il de'cor comutiqne l'incotifondihilità di
- -

Roriconi, si riaffernla ad ogni apertura di sipario: ariche nei casi, rioil rari,
iri cui esso si apra s~dlavista riu~ciadel pdcosceriico, riori fosse che per il
tinibro forte e gelido delle luci.
Lc sue chiavi iritcrprctatii-c. sono liberi C sofisticate. Egli pub arichc
coritiriilare a i attingere d a graride pirtwa: ì. arrivato a irierpicarsi rielle
'prospettive inlpossibili' di Escher i~ella~oduisha ( d a Scala, cori Muti, riel
1991);ha citato in blocco E~uladci mu?%icii Bocldin, riducericbla a graride
oggetto scenico, preseritaridolo iri fase di nlontaqrqrio e poi assogettandolo
n?
a rotazioiii e a scissioni successive: è raro per iii-slcldfz8 ~t.$Xa,xos,sempre
a hlilaiio iiel 2000; dirigeva Giuseppe Siilopoli che con il regista si
siiitoiiizzava secondo im'intesa culturalmente la pii1 consapex-ole. (::osi
era stato, l'anno pritiia, anche per PElehapa (ibideni), essendo Strauss la
voce inusicale di qiiell,~cultiira aiistrotedesca del prinio Novecei~toche
Konconi ha così speso e così profondaineiite scandagliato conie regista
di teatro draiilmatico.
Xota hcnc: l'iritcsa tra direttore d'orchestra c regista, tarito spcsso
prodlnrriata corrie coridiziorie esserxiale per iui inipegrio iriterpretativo
coerei~te,ilella pratica quasi seinpre è miraggio owero pura teorizzaziorie.
Scaglie di teatro 'epico' si direbbe e perfino 'politico' Koriconi
arriva a utilizzare cori profitto: per esempio, quarido assorbe e merabolizza
in sccriograiia la proiezione tici «sottotitoli» (ora nori pii1 tali) della
traduziorie riel Ezr!~z~~tbi.izsschilbertiario (Firerxe lY95). ibialogm~erite
(iliidm~,l'anno di poi) egli sfregia di scritte coiitesratrici i niuri del suo
Lobeqgrir~.
'fittavia, proprio nel rapporto con Wagner quel rapporto che
-

Konconi aveva così proforidaniente sofferto cita venti anni prima nel
1 - questa trovata, iiisieine a vari altri lamhiccanieilti (i coristi tutti
biondi che sfogliano il giornale nelpattesa del corteo nuziale; owero ima
cinciscl-iiataaniniazione klmica per la fantasmagoria conclusivaj, ci hatino
fatto intravedere il rischio che tutra questa henedetra liberrà inventiva
riori finisca per partecipare di quell'eccesso di disinvoltura, che si è visto
corinotare la generale parioranlica spettacolare dei nostri giorni.
Si rirorria al prinio appello: al <<chiresra suila breccia>>;si ritorria a
I'izzi e a Zetiirelli: due artisti che, nati entrambi coii~escenografi-
- -

costimisti, pur nel pieno di una chiara organizzizione registica (ciascuno


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a siio modo). niailteilgono con l'opera in in~isicaun approccio i i i prinia


istanza decorativo, piuttosto che concethlainiente problematico.
I>iversanieiiteda Zetlirelli, molti liistri ha iiilpiegato I'ier 1.uigi Pizi
per +si regista di se stesso.
E stato, il siio, un lungo processo di edinientazione e di
irrobustinlerito del parametro <.gusto*, che irisieine cori l'intelli~re1-m
-- n ~~~

risulta essere il solmotato più specifico dell'artisra.


La razionalalità e il nitore esercitatisi nel sodalizio coi1 Di Lullo (e soil
Romolo 'GTaUi,ricl vcrsantc tiramniatico di iluclla che 5 stata la storica
aCompagriia dei Giovani») e poi la strutturata niobiliraziorie faiitnstica
dell'anlpia esperieriza cori Luca Roricoi~ilo haririo reso prorito ad
rSfroritase i tiroli p i ì ~diversi so11 urla appropriatezza e uri'arnionia di esiri
pressochi. costanti: certo sempre con uri esatto seilso delle proporziorii.
-- -

Eccettuata la fase veristica e i'avangu:irdia che gli sono etraiiee si


- -

13ub dire clie l'izzi lia battuto tutta la storia dell'opera %<da Ilar suo>: piU
volentieri, semniai cioè con pii1 iiitiii~ae faiiraiiosa adesione la storia
- -

dellooperabarocca e neoclassica.
Operosissinio, europeo, ai~uiliratoda tutti i piihblici iraliaiii e, da
molti anni, in particolare da quello del Rossini Opera Festiva1 di I'esaro,
iioii clie dai p~il>hliciùi inolte citri straiiiere, fainiliare ai parigiiii, egli è
Macstro ncl sigriificato pii1 coricrctanlcntc risol~itivodella parola.
Liiriterriaziorialiri tii Zeffireìli si proietta d~U'Europain tutto il rriorido
ariglosassorie, sostei~eridosiascortanlenre su urla sosrarizide, profonda
fedeltà die origirii. Uomo ansiie cii cinema e di teatro dranmatiso (forte
di giovanili trionfi shalrespeariani ilella stessa LoridraÌ, egli vive coi1
particolare intensità la propria vocazioric pcr il melodramma c soprattutto
per quelio più popolare.
I n vero, il suo stesso amore per il lusso spettacolare, più che
aristocraticamente viscontiano, è per l'appunto popolare, nel niidollo. E
teatralniente melodranimatica è la corda che in lui vibra Liiiu forte
(specialrneiite quando eiitri i n consonanza con iin direttore quale C:arlo
Kleiber: conle è successo più volte).
Significativo è il fatto che tia le siie diverse Tka~~htefigiirativamente
-

non dissimili l'una dall'altra, tutte roti~anticissime non sia quella


-

cineii~atografica(un sonhioso e patetico tiliil-opera) la piU felice; mentre


a proposito delle sue rre rlidc, dal loritano capolax~orossaligero iri poi, si
iioteri I'iniperturhahile sicurezza con cui egli è passato dagli spazi ininieiisi
dcli'ilrcria tii TiCrona (19981, per i quali ha riso fimiondc comc rion niai
il proprio iririato hv..u~vani (e la sua Cmw~e~j, ariche, nel 2000, riniarie
uno dei pii1 begli spettacoli nella storia della stessa Arenaj al formato
tascabile del Teatro di Kusseto: 2001, anno verdiano.
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c p&nvenuto affermando conie test privilegiato


I1 Sinson B u c c ~ ~ ~ si
di snettacolarità.
L
tra i melodran~mi verdiani.
Xel niomento di aiidare in stampa con il presente niirnero di
.Civiltà musicale»., la rappresenraziorie in Iralia dell'ediziorie
salishurghese di qiiestoopera, per la direzione di C:laudio Ahhado e
cori la regia di Peter Sreiri, che ha avuro luogo il 1 6 giugno scorso al
Maggio hlusicale k;iorentino cioè due anni dopo Salishurgo offre
- -

I'occasiorie per uria riflessione significativanlente ricapitolativa.


1,a fortuna scenica del Sinlone assomiglia a quella di cui ha godiito
fi n : una h r t u n a segnata da Griidgcns, da Visconti, tia Vilar,
da Strehler, a voler procedere per oinnii capi, i n mezzo alla pletora
di messinscene medio-minori e nlitiinie.
I soninii capi per il Shavne sono:
- Vieiina 1969, regia e scene di 1,uchino L'iscoiiti, costuini di
Ferdinando Scarfiotti: dirigeva Joseph Krips.
- Milano 1073, regia di Giorgio Strehler, scene e costunii di Ezio
Frigcrio; dirigeva Cla~idioAhbado.
- Firenze 1994, regia di Virginio I'iiecher, con le scene originali
(1881) di Girolanlo ~Magnarii;dirigeva Myuri-I$7huriC h ~ u ~ g .
- Salishurgo 2000/ Firenze 2002: regia di I'eter Stein, scene di
Stefari Mayer, cosrilnii di Moidele ~icke1;dirigeClaudio i2bbado.
T priti~itre 'punti' rientrano in q~iellache è stata loevocaziotiedella
grande stagiorie spetracolare operisrica iraliara, che qui, ora, si ì. irireso
ripercorrere: per Viscoiiti, duiique' fu uiia deroga del proprio
'inerodo', urla sortita fuori di quella coriteinplaziorie dell'ai~rica
tradizioric italiana che con lui avcira f a t t o scuola: dove la
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dociimentazione antiquaria diveniva piinto di forza! fiilcro per la leva


di una libera, imrnagiriosa, e atrualissima riproposta. Fu LUI errore iri
defitiitiva, quel Simane: e un itisuccesso.
Diciamo tiurique, subito, che il Siinu~zBuccane~radel riosrro tempo
coiltiii~iaa restare aiiche dopo Stein e noiiostante i trenta aiiiii che ci
-

separario il Simurz B U L ~ I Csecorido


~ ~ ~ I Srrehler.
C

E, con Strchlcr, la prcscrxza di Claudio ilbbado sul podio della


Scala, e quincii la persisterite predileziorie del grande disertore
per quet'opera, impongono I'ititerrogativo: perché proprio ilSinaoii8i
IL Simuwe, iri efyetti, riori ha la forza del capolai~oroche ha il
iblncbeth (e, a suo renipo' del capolavoro ritrovato).
È cori il ~3flccbetki ~u~'opera
-- 'a strari', cori ampie parri rifitre e
aggiiinte dal vecchio Verdi (tutra la scena stupenda del Gran C:onsiglio,
boitiaiia: si sa bcnc), clcn~critoiuiiiicmtc fra il vecchio C il nuovo ì, la
'tinta': iina tinta scura nelle voci e nei timbri degli triinieiiti: anche i n
cluesto, conie il &facbetki.
Ma alquatito diversamente daliliacheth, numerosi tratti di niatiiera
persistoiio iiel Siinn~w,specialmente l i per I'appiuito dove siettaiio
- -

le voci alre e chiare del reilore e del soprano.


I,e ragioni su cui C:laiidio Ahbado basa il proprio capolavoro
intcrprctativo sono clucllc tic1 p i ì ~arduo cimento stilisrico: i rischi che
affroiita e supera con superha natiiralezza, sono diveri dai rischi di
uri corpo a corpo e.~>i:,cjsi~:u,, di cui so110 cariche le grancii partirure
tragiche verdiatie. Accarezzare le pagine convetizionali, renderle
preziose per la rireluiorie delle squisitezze più riposte, giocare di
magia coii esse, ed esteiidere iinparzialnieiite il gioco ora si coii
-

piena partecipazione eii~otiva alle iioii poche grandi pagiiie; secondo


-

un arco che poggia sui niirabili prologo c epilogo, avcrido a chiave di


volta la scena del Gran (lonsiglio: il disegno di qiieta concertazione
e cii questa ciireziorie & chiarissimo. E uri gioco, riel cluale cluesro ~drimo
Ahhado 'fiorentino', seguito da un'orchestra animirevole, niostra utia
tenuta e raggiurige degli esiti che haririo del protiigioso.
C;ii il giovaile Abhado, alla Scala, con Streliler, aveva risolto
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Una scena dal Simon Boccanegra

magistraimente le disuguaglianze del Simone. E le aveva risolte, in


pieno, Giorgio Strehler.
Ripensiamo alla forza unitaria del partito scenografico da lui
assunto con la collaborazione di Ezio Frigerio: era u n partito
fortemente architettonico. E'eccezione' rappresentata dal fondale
'grafico' della barca a vela al secondo quadro, per l'aria di Amelia, era
così dichiarata, così a giorno (nella continuità del monocromo) da
risultare coerente con i1 resto della messinscena (oltre che congrua
con la musica decorativa): una poeticissima licenza. Due colpi d'ala
registici segnavano per l'appunto il prologo e l'epilogo: nel prologo
tu il ribaitamento esterno-interno (con l'emergere per via di botola
del catafalco di Maria) e viceversa, per via di luci ovvero di tenebre;
nell'epilogo, tu il lento incresparsi delle vele che si ammainavano oltre
la balaustra, vivendo della brezza marina che il morente Simone
respira: trasceso meglio, subissato l'effetto della 'luminaria' che
- -

tanto istruttivamente (per noi) fece discutere Verdi e Boito.


Automaticamente unitario, certo, era anche l'antico décor firmato
da Girolamo Magnani (di cui pure Verdi ebbe grande stima), quale
tu riproposto da Puecher a Firenze: ma, appunto, era quella la coerenza
pedissequa di ima rispettabile routine stenografica; una routine che
ora si rriostra capace di ceritrare cori filice suggestiorie solo il primo
quadro iiotturno. Nella riproposta, al di l i di certi fraiilteiidinieiiti
della origiriaria idDisposiziorie sceriica*, che si diceva di rispettare, e
oltre il disagio di una fissiti lumiriistica ( p i ì ~realista del re), che
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infieriva siilla smaccata tavolozzi delle scene e dei cntiimi, chi


appariva perializzato era proprio Verdi: era la musica che ariche riel
caso problematico del S i n ~ o r ~rifatto
c - sopravamva di innumerevoli
leghe il gusto spetracolare del tempo.
H ora' I'eter Steiii: si direbbe che I'illiistre regista abbia vissuto
cori soffereriza le diseguagliarize dell'opera.
E si direbbe, anzi, che proprio loex-idenzadi quel rox-elio ha in~posto
rispetto, mcritrc animava cori csiti irircrcssanti soprattutto la condotta
degli iriterpreti. Persoriainierire, si & rnolro apprezzata la terisione di
una gestualità che voleva essere epressiva (a costo, addirittura di
ilwalche iàriciilllaggirie, nel caso di Anielia), lurigi cialle perentorie
conieiizioni i>seiido-iiloderiiiste,che per eseinpio proihiscoiio ogni
- -

abbraccio, là dove il testo lo imporrebbe, ovvero vierano di guardare


il cielo quando per disgrazia qiialcuno si trovi a invocarlo.
Ma attorno ai pcrsoriaggi, c attorno al coro, raggruppato pii1
che mosso con ordiiiata fiiiizionalità, la varieti delle soliizioni
-

ambierirali C'& sembrata tradire quel sostanziale imbarazzo, che L'


capitato di registrare spesso nei registi stranieri, anche di rango, alle
prese cori il iiostro graiide melodraniina.
Nori si può rierrirneno dire che Peter Steiri non ami raccontare: lo
fa, a costo anche del ciirioso scivolone di Amelia e Gabriele sposi, alla
-

firic. accoccolati ncl forido. tiavariti a un Madonnonc manicristico


In qiiesto spettacolo! i sintomi della I'a~n~awiicache abbiamo
provato a delirieare al proposito, verigorio con~plessivamerire
riconfermati: I'ibridaziotie regna sovrana nei costiinii (pastrani neri
corripresi); essa arizi si esreritie ariche alle scene: se riel Prologo, le
iininagini di antichi vicoli medievali - tluttuaiiti e dilatantisi-

corrispondeva alloincantatafluidita di Claudio Ahhado, le stilizzazioni


-

succcssivc non h m i o aiwto requie: dopo che, nel bel mezzo di cssc,
per la Sala del Consiglio eravamo p o t i di fronte a iui'architettiira
quasi n~ichelarigiolesca,ecco che inspiegabilnierite riella scena del
veleno si apre ai nostri occhi ima raggiera di ingressi, fatidico schenia
sceriografico dai rempi ci pare del R e o i s v ~ ~di. Gogol secoritio
-

Mejerliol'd (Mosca 1920).


i'eter Stein noti sacrifica al Moloc dell'inipianto fisso: il suo
impiariro tutt'dtro che fisso, rriobilissirrio & fitto di 'neri' (rria
-

aiiclie di 'rossi', a uii certo punto): C fatto di paiiiielli e sipari. pronti a


coriteriere, a inquadrare, a isolare i personaggi pereririerrierite presi di
mira cial sscgui-pcrsoria, c a ritagliarc ncl iòrido rettangoli di ciclo,
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ovvero bello. alla fine di inare.


- -

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