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Giro giro tondo

Dr. Claudio Maddaloni

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Sommario
Giro giro tondo.........................................................................................................................1
Introduzione...........................................................................................................................................5
1. Giro giro tondo....................................................................................................................................6
1. La giostra della vita.................................................................................................................................................6
2. Non si muove foglia che Dio non voglia.................................................................................................................8
3. Illusione...................................................................................................................................................................9
4. Identità..................................................................................................................................................................10
5. Credere e creare....................................................................................................................................................11
6. Libero arbitrio.......................................................................................................................................................14
2. Casca il mondo:.................................................................................................................................15
1. Il distacco: non ci credo più..................................................................................................................................15
2. Morte del desiderio..............................................................................................................................................16
3. La crisi di identità................................................................................................................................................18
4. Mi ritrovai..............................................................................................................................................................19
5. Faccia a faccia colla morte....................................................................................................................................20
6. Risveglio : vedere chi sei.......................................................................................................................................22
3. Casca la terra.....................................................................................................................................23
4. La notte oscura dell'anima................................................................................................................29
1. E’ morto qualcuno?...............................................................................................................................................29
2. Clinica....................................................................................................................................................................31
3. La notte oscura mistica.........................................................................................................................................32
5. La Grande Liberazione.......................................................................................................................35
1. “Addio mondo di gioie e di tormenti! ..................................................................................................................35
2. La ruota della vita del buddismo tibetano............................................................................................................38
Conclusione..........................................................................................................................................40

3
4
Introduzione

Tutti conosciamo la filastrocca imparata da bambini: in cerchio, tenendoci per mano, giravamo
cantando queste parole, finché al suo compimento ci buttavamo a terra ridendo. Oppure, all'ultima
strofa, ci si fermava e accovacciava.

“Giro giro tondo /casca il mondo / casca la terra / tutti giù per terra!”

Si tratta di una filastrocca che descrive per stadi un processo graduale e progressivo; la distinzione
in gradini è quindi un artifizio per raggruppare assieme fenomeni sempre più evidenti di un
processo unico, la fine di questo girare in tondo, di questa giostra.

E' come una giostra che gira. Poiché ne abbiamo parlato nel capitolo precedente,
continueremo per il resto di questo scritto a riferirci alla metafora della giostra per seguire meglio
che cosa la filastrocca ci sta indicando.

Aggiungeremo soltanto che i bambini siamo ovviamente noi; è l'umanità che va, siamo noi con il
nostro mondo.
Noi e il mondo degli oggetti e delle relazioni, degli affetti e degli attaccamenti, delle cose da cui
fuggiamo, delle cose che cerchiamo di raggiungere.
Il mondo gira, secondo noi, attorno a noi; noi che ci crediamo andare da qualche parte, ma è questo
andare che fa girare il mondo.

Ci sono molte versioni di questa filastrocca, ma noi commenteremo quella più semplice1

“Giro giro tondo


casca il mondo
casca la terra
tutti giù per terra!”

1
Rinviano all'appendice per altre versioni ed interpretazioni
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1. Giro giro tondo

1. La giostra della vita

“Non è vero ma ci credo


è vero ma non ci credo..”

Bambini sulla giostra, che ridono e si divertono; mamme sedute sulle panchine la attorno, musica,
luci. Cavalli o macchinine, di vari colori; scenario medioevale, o futuristico.

Il gestore fa girare, questo costa; e si paga per far girare e divertirsi.


I bambini non vogliono scendere, ma alcuni prima e altri poi smettono; vorrebbero a volte fare un
altro giro di giostra, e non perché succeda qualcosa di più o di diverso, ma solo perché vorrebbero
prolungare il piacere di girare sulla giostra.

Innanzitutto chiediamoci cosa è che gira in tondo, che si muove circolando, circolando dentro di
se, ritornando su di sé. Cosa è che gira? La giostra della vita, la creazione2.

Questa circolarità caratterizza sia la giostra che il giro tondo, e questo è già divertente3.
E' la vita che scorre, che scorre in un fiume circolare, con tutte le sue vicende, i suoi personaggi,
con il tempo che scorre, lo spazio che si attraversa, con noi sopra che giriamo, e sembra una grande
giostra. Per questo la giostra è tanto amata, perché ci rappresenta tutti, che giriamo e giriamo, e le
cose si ripetono, finché finisce la corsa, finché è ora di andar a casa …4
Il tempo, lo spazio scenico è creato: tutto nasce nella mente.
La storia, il senso, ed i personaggi sono creati nella mente.

I bambini, noi tutti, stiamo facendo un gioco che consiste nel girare in tondo, un giro in tondo, un
ritornare.
Si parla di un giro, un giro di giostra, un tornare nel luogo dal quale si era partiti, quasi un negare
il fatto che noi crediamo di procedere verso un qualche cosa, crediamo di andare da qualche parte. 5
2
Una canzone dei miei anni verdi cantava: “Gira il mondo gira, nello spazio senza fine... il mondo non si è fermato
mai un momento, la notte insegue sempre il giorno... Oh mondo, Soltanto adesso, io ti guardo, Nel tuo silenzio io mi
perdo, E sono niente accanto a te  ….(Il mondo, Jimmy Fontana). “L'argomento del testo non è una scaramuccia di
coppia, ma una "sensibilità cosmica" che sarebbe stata propria delle generazioni sul finire degli anni '60, un pezzo
hippy ante litteram” “Io ho 10 anni e devo dire che questa è la canzone più bella del mondo”(commenti alla canzone
sul sito). Osservate come nel testo troviamo due espressioni singolari: nel tuo silenzio io mi perdo, nel silenzio si
perde la identità; e sono niente accanto a te, annichilimento della idnividualità separata.
3
Divertire, divertir-si viene dal latino de-vertere, puntare fuori da, togliere o togliersi da una direzione, da un
vertice, da una attrazione o spinta, scartare di lato, uscire liberarsi da; liberarsi da una traiettoria che ci pare
direzionale, una linea retta, vedere che non si va da nessuna parte, smettere di seguire qualcosa, non essere piu
catturati nella illusione che si vada da qualche parte, divertire se da se. E' un po come il verbo distrarre, trarre via da
, dove il prefisso de indica un moto da luogo, un venire via. Se ci divertiamo significa che stiamo andando via,
fuori, da cio che facevamo prima, o di solito, esempio lavorare, seguire delle routines, siamo in vacanza, da
vacuum, che significa vuoto, ossia siamo nel vuoto rispetto a quel pieno precedente.
4
Giro giro tondo si riferisce al moto rotatorio della terra. E' la terra che gira.... Tuttavia anche tu che stai sulla terra
vedi girare le cose attorno a te; qui stai sulla terra ego, si tratta della tua identificazione col corpo, questa è la
illusoria terra di residenza.
5
“Gira, il mondo gira, nello spazio senza fine /con gli amori appena nati, con gli amori gia finiti/
con la gioia e col dolore della gente come me...// Oh, mondo, soltanto adesso io ti guardo,/ nel tuo silenzio io mi
6
Suggerisce che non andare da nessuna parte è quello che accade, che le cose stanno così. Il cerchio,
il tondo, è perfetto in sé come una armonia che salga, discenda e ritorni; un ritornello, infatti.
Un giro tondo è un ritornello tutto tondo, in ogni sua parte, e il cerchio tutto racchiude questo
mondo piccolo, il mio mondo, il mondo di ciascuno di noi, il mondo dell'ego. 6
Nella filastrocca, i bambini girano in tondo, tenendosi per mano. Il mondo è fermo, ma sembra che
giri perché loro girano.

Il girare si fa girando7; siamo noi che facciamo girare il mondo, come quando ruotiamo su noi
stessi, e sembra che ci muoviamo ma stiamo fermi.
Anche il gruppetto sembra che scorra in un senso, e che il mondo relativamente a loro scorra
all'incontrario; tuttavia il gruppetto è fermo in quel tondo, in quel cerchio.

Quindi il mondo gira perché noi giriamo, e gira finché noi giriamo. E' un'illusione, divertente, un
gioco che facciamo insieme, come fossimo tutti uno...

Sulla giostra una cosa comunque è chiara, sia al bambino che alla sua mamma: che c'è un girare,
un girare in tondo.
Per il bimbo questa forza che lo fa girare lo porta avanti, come se lui stesse cavalcando avanti; per
la mamma è il centro della giostra che fa girare tutto, ed i personaggi sono immobili, come lei.

Tutti sono insomma immobili: sia la giostra, a ben guardare, perché non si sposta da li, sia tutti
coloro che girano sulla giostra, sia ancora coloro che osservano da fuori e da dentro la giostra.
Insomma, i punti di vista sono immobili: ciò che guarda il movimento non si muove.

Ciò che si muove sembra che sia il mondo, e tuttavia è chiaro a tutti che non sta succedendo nulla,
che non va da nessuna parte. Gira in sé stesso, potremmo dire, senza uno scopo esteriore. Gira
dentro lo sguardo di chi guarda.
Non serve a nulla, se non a divertire e a divertirsi.

Così i bambini mentre girano in tondo sanno che restano dove sono, che il mondo resta dove sta, si
divertono di questo gioco di fare girare il mondo, e quando alla fine cadono a terra ritornano nella
reale condizione, sono sempre stati li.

perdo, / e sono niente accanto a te.....” (1965. Gli autori del brano “Il mondo”  sono Jimmy Fontana, Lilli
Greco, Carlo Pes per la musica e Gianni Meccia per il testo).
6
Ci sono molte versioni, e ipotesi sulla sua origine. Qui ci concentreremo sul significato più essenziale, sul
sovrasenso della filastrocca. Riprendo il termine da Dante, quando dice che la Commedia deve essere intesa a
quattro livelli come significato: letterale, simbolico, allegorico, e sovra senso o anagogico o diciamo spirituale.
Come vedremo nell'appendice 1, uno dei significati della filastrocca è che alla fine sono tutti per terra, tutti morti, se
lo interpretiamo letteralmente. Escludo tuttavia che il significato principale di un testo cosi universale riguardi
solamente la morte fisica, poiché sebbene tutti un giorno moriremo, pare chiaro che i bimbi si divertono di un altro
significato che non li riguarda in genere fisicamente, ma si divertono di un altro morire, ossia il lasciare andare
tutto! Essi ridono e si divertono per la liberazione del peso che stanno per porsi (e fare porre) addosso, la
personalità; in senso simbolico quindi il significato principale è a liberazione.
7
Machado, dalla raccolta Campos de Castilla, Extracto de Proverbios y Cantares, 1912:
Caminante, son tus huellas /el camino, y nada más;/ caminante, no hay camino:/ se hace camino al andar./ Al andar
se hace camino,/ y al volver la vista atrás/ se ve la senda que nunca/ se ha de volver a pisar./ Caminante, no hay
camino,/ sino estelas en la mar. Trad. : “Viandante, son le tue orme/ La via , e nulla più;/ viandante non c’è via,/ la
via si fa con l’andare./ Con l’andare si fa la via,/ e nel voltare indietro la vista/ si vede il sentiero che mai/ si tornerà
a calcare./ Viandante non c’è via,/ ma scia sul mare”.

7
2. Non si muove foglia che Dio non voglia
L' Io-ego sta su un cavalluccio, che sta fermo sulla giostra; è la giostra che gira. La giostra muove
tutto quanto; il mio cavallo e gli altri.

Facendo un paragone col sognatore e il sogno, il sognatore, ossia il creatore del sogno, muove ogni
cosa, compreso il personaggio con cui poi nella scena egli si identifica.
Quindi qualcosa fa girare il mondo, ma non è il cavallo; cosa muove tutto quindi?
Non è ciò che è mosso a muover tutto.

Per dirla con Dante:

“La gloria di colui che tutto move, la forza, la potenza, la bellezza, l'amore, l'intelligenza, la
“mens qui agitat molem”,
“per l'universo”
ossia in ogni parte di questa giostra in movimento
“penetra e risplende”
ossia va verso l'interno e verso l'esterno, vede fuori e percepisce dentro,
“in un parte più e meno altrove ...”

Infatti i cavalieri di questa giostra, vanno per un verso, e pare che quelli che stanno all'estremo
opposto del cerchio tondo, che gira, invece vadano in direzione opposta; questi vanno di qua, e gli
altri tornano di la,
e noi andiamo dove gli altri lasciano ...
insomma la giostra dei contrari è tonda, e si invertono ruoli, direzioni, visioni.

Così c'è chi guarda verso l'alto o la luce, e chi verso il basso e verso l'oscurità;
ed i fiori-personaggi di questa bella giostra sono più e meno aperti,
perché in alcune parti di più ed in altre di meno manca il bene, il sole, il ben dell'intelletto. Ecco
allora che ci sono pensieri bui, e pensieri luminosi,
e c'è chi capisce bene e chi male.8
Così ecco perché in questa giostra alcuni si rendono più conto, sono più coscienti, più svegli, ossia
risplende di più Dio stesso in Dio stesso.

In una ottica dualistica non si potrebbe dirlo meglio.

Quello che succede dal punto di vista di chi sta sopra il cavallo, ossia che è identificato con il
cavaliere, è che non riesce a raggiungere chi sta davanti ed a sfuggire a chi sta dietro, per un
semplice motivo: non si sta muovendo da sé.
In realtà lui sta fermo, e tutto gira intorno al cavallo,
e lui gira perché tutto il resto gira, dal punto di vista del cavallo,
dal punto di vista ego centrico,
e lui se lo spiega cosi, che deve raggiungere o fuggire, crede che la situazione sia li per lui, che
sia riferita, che facciano qualcosa a lui: ne fai una questione personale.

In questo andare è come un dover raggiungere, come ci fosse qualcosa che manca.

8
Nella filastrocca dei pirati nel mar dei sargassi, ci sono su questa zattera fatta di assi 4 personaggi, ed uno è
alto, uno è basso, uno è zoppo ed uno è cieco da un occhio... Gente di tutti i tipi, come si dice.
8
Il fatto che c'è sempre qualcosa che manca qui, la stessa percezione che ci dovrebbe essere un
ulteriorità, serve per spiegare il movimento,
anzi meglio: quel che gli manca è proprio questo movimento.
Per analogia, un fiume va perché gli manca qualcosa sotto, c'è un dislivello che lo fa correre verso il
mare; la percezione di questo mancare sotto, di non essere in stasi, completo in sè, questo andare
più avanti, lo fa scorrere,
ma non dipende dall'acqua, bensì dal meccanismo, dalla giostra.
Con un altro meccanismo, nel lago, a giostra ferma, l'acqua sta perfettamente senza andare .... il
risucchio è il modo di spiegare la pendenza del fiume.

Noi però in realtà siamo fermi sul nostro cavallo, il quale va con tutto il resto.
Osservato dal punto di vista della mamma che guarda il figlio sulla giostra,
sembra che il cavallo si muova perché ha le zampe in alto, sembra affannato.
Ma in realtà non va da nessuna parte, si tratta in realtà un movimento apparente dentro il parco, un
parco che sta fermo, mentre la giostra in fase di attività, ruotando dentro se stessa per cosi dire, da
l'illusione di andare.
Il mondo gira e sembra che noi siamo fermi, e che lui giri attorno a noi.
In realtà è una illusione ottica: questo accade perché lo vediamo dal nostro punto di vista.
Da un altro punto di vista, ad esempio da quello di chi sta guardando la giostra, (come la mamma
che, immobile sulla panchina li vicino, aspetta pazientemente che il bambino suo finisca questo
altro giro di giostra), è la giostra che gira, mentre noi siamo immobili sul cavallo.
Dal punto di vista di chi sta fuori, la mamma, il mondo della giostra gira con noi sopra, ma sia lei
che è fuori dalla giostra, sia noi che ci siamo sopra, non ci muoviamo: noi come coscienza che
osserva, come punti di vista, come consapevolezza del movimento stesso, siamo immobili.

3. Illusione
Il chiosco dei gelati li vicino, gli alberi, immobili attorno alla giostra, dal punto di vista dei bambini
sembrano girare attorno a loro; la giostra stessa dal loro punto di vista, diverso per ciascuno, gira
attorno a loro.
Ecco che sembra che il chiosco o l'albero venga incontro, o fugga dietro di loro allontanandosi.
Tutto sembra girare, ma loro sono fermi sulla giostra, ed anche il chiosco e gli alberi. La mamma lo
vede bene, è la giostra che gira.

Sulla giostra la storia che i bambini vanno da qualche parte è corredata da indicazioni in questo
senso: sono cavalieri medioevali, sui cavalli bianchi, neri, con le zampe alzate a correre; sono
veicoli del futuro, si viaggia nel tempo e nello spazio quindi, si prendono identità passate o future,
siamo il cavaliere bianco, dobbiamo raggiungere il cavaliere nero, o fuggire da quello dietro. Siamo
qualcuno lì.

Sembra vero, è divertente.


Fanno finta che sia vero, che il falso sia vero, ci credono alla storia; e quando scendono da cavallo
e dalla giostra vedono il vero ed allora la giostra appare falsa. La giostra non è infatti davvero
medioevale o futura, non si va da qualche parte, si gira in tondo. Sembra di andare, ma non è vero.

L'unica cosa vera … è che è tutto non vero, che non è vero niente, come si dice.
Ma l'esperienza soggettiva c'è stata, i bimbi si sono divertiti, si sono dis-tratti dall'essere dei
normali bambini annoiati che dovrebbero fare i compiti. Hanno viaggiato lontano da li, in avventure
nel tempo, hanno davvero vissuto la battaglia dei cavalieri nemici, si sono stancati e tornano a casa
soddisfatti.

9
Snoopy sulla sua cuccia, travestito da pilota della prima guerra mondiale dice:
“I like to travel, it makes me feel I'm getting somewhere”
Ossia: “Mi piace viaggiare, mi da l'impressione (l'illusione) di arrivare da qualche parte, di
raggiungere un qualche cosa ...”9

Il lato comico (commedia) della faccenda sta nell’evidenza che la cuccia non va da nessuna parte, è
lui che si illude di stare in un altro tempo e spazio e ruolo, che fa finta...
Non è vero!
Ma ci fa piacere vedere che lui ci crede, perlomeno in parte.
Ci piace illuderci, ci divertiamo, facciamo finta.

4. Identità
Sulla giostra siamo qualcuno a divertirci e la giostra gira. Come cavaliere su quella giostra,
identificati con quel personaggio a cavallo, diventiamo un qualcuno.
Prima di salire sulla giostra non siamo nessuno, siamo anonimi, non questo o quello, qualsiasi
personaggio o anche non siamo un personaggio della giostra.
L’identità è quel personaggio illusorio, ciò che crediamo di essere.
Là sopra siamo qualcuno di preciso; tuttavia abbiamo un margine più o meno ampio di essere
liberi nel personaggio. Per esempio sebbene nei teatri ci siano dei copioni, tu attore puoi
interpretarlo abbastanza liberamente, ma non troppo, sei necessitato, condizionato dal personaggio
scritto dal regista.
Nel gioco delle carte, il Jolly esprime questa libertà; sei una carta del gioco, ma puoi essere
qualsiasi carta.
Anche la pazzia è un jolly: sei una cosa, ma anche qualsiasi altra, sei uscito dalle regole del gioco
pur standoci ancora dentro.

Ci piace (o potrebbe anche dispiacerci) essere qualcuno che ha un nome, una identità, colori e stati
di animo; siamo insomma, a cavallo di qualcosa, in qualità di qualcosa altro, e sembra che andiamo
da qualche parte. Ci piace giocare, perché ci fa sperimentare il personaggio ed anche la libertà da
esso. Ci piace far finta, entrare ed uscire, crederci e poi uscire dall’illusione che sia vero.
Vorremmo fare un altro giro di giostra.
9
In realtà l'espressione è intraducibile, poiché in inglese to get something significa anche comprendere
qualcosa, afferrare nel senso di capire, ed anche to get somewhere può valere come ci sono arrivato, giungere a
conclusione...
10
Questo identificarci col personaggio della giostra è già un movimento, un entrare dentro la scena.
Credere che le cose ferme si muovano con noi, è già essere in un movimento, è già essere
identificato con la mente che fa girare tutto.

Salendo sulla giostra diventiamo qualcuno, siamo in una posizione, un qualcuno in un mondo a lui
relativo; se siamo un cavaliere saremo su un fondale medioevale, il personaggio e il suo mondo
sono creati insieme da chi ha fatto la giostra e la fa girare.
Essere qualcuno inoltre equivale anche ad avere una storia, un ruolo, dalle quali derivano
attrazioni e repulsioni, cose da fare e da evitare, per rimanere quel qualcuno.
Se ad esempio siamo un professore affermato, avremo da difendere dignità e sapienza, e fuggire
ridicolo e immoralità; se siamo dei pusher di droga avremo da difendere danaro e contatti, e fuggire
polizia e errori ...
E se siamo un cavaliere verde di nome Pippo, ci pare di dovere raggiungere il cavaliere davanti:
ecco, il nostro cavallo ha le zampe sollevate, udiamo nella giostra voci che incitano, musica che
accompagna; e ci pare di dovere fuggire da qualcosa che ci rincorre, che non vorremmo.
Shakespeare diceva che noi siamo come degli attori su una scena.

5. Credere e creare
Ma se è vero che la coscienza creatrice che muove e cambia le cose, e non la creatura del mondo,
allora è soltanto la coscienza creatrice, incarnata e attiva nel mondo, ma non “del” mondo, che
può rendersene conto.

Facciamo un esempio.
Se immaginiamo un gatto verde in un angolo della stanza, nella nostra mente quello che percepiamo
è un gatto verde in un angolo della stanza.
Come vediamo bene in questo esempio, noi percepiamo quello che concepiamo.
Possiamo inventarci quello che ci pare, siamo onnipotenti. 10

Le scritture indiane dicono che Dio creò il mondo, gli piacque, se ne innamorò e vi entrò dentro.
Dio crea una mucca, poi entra in scena come toro che la insegue (Giove, Zeus, Dijeus, Dio), e
quella scappa e questa è la divina commedia.
Una volta dentro l'illusione, essa sembra vera.

Da queste riflessioni possiamo dedurre che il luogo dove mi trovo, che sembra vero, è l'illusione, e
l’illusione è creata e percepita dalla mente. Ecco dove sono io, nella mente alla quale credo, adesso.
Ma è anche vero che la mente è in me, in “ Io”.

Se chiamiamo reale ciò che sempre è vero, la creazione è illusoria, essendo creata istante per
istante, svanendo sempre ed essendo ricreata sempre, fuori dal tempo, nell'assoluto, nella coscienza.
11

La creazione è fatta di pensieri, e vi partecipiamo perché vi entriamo dentro, ci crediamo insomma.


Quello che creiamo è anche l'oggetto del credere.

Vediamo più da vicino il potere mentale della creazione, e come il credere a quello che si crea
10
Diceva un tizio che Dio non è onnipotente; infatti essendo anche onnipresente non ha il potere di togliersi dal
tuo proprio cuore....
11
Ab solutus , dal latino, significa liberato, sciolto, non legato.
11
divenga un punto cruciale nella costruzione e nel vissuto della realtà.
In effetti, una cosa nella mente viene generata dal Sé che sogna, che, potremmo dire, crea12; ma altra
cosa invece è il fatto di crederci fino in fondo, oppure soltanto un poco. Il personaggio sembra
essere più o meno sveglio, risvegliato; in effetti è la coscienza che li' è più autocosciente e altrove
magari lo è meno.
Il grado di illusione della unica coscienza, a livello del personaggio, è infatti collocata li', e per la
forza attrattiva, per l'illusione egocentrica, ecco che ritiene di essere quel personaggio, che crede o
meno a quel pensiero.

Il primo, più ricorrente e centrale dei pensieri è di essere quel personaggio, a questo crede; è la forza
attrattiva con cui la coscienza risiede li, un forza ego centrica. Il dissolvimento di questo abbraccio,
di questa credenza, che crea una realtà che prima non c'era, porta a un liberazione dall’ illusione.
Che l'Io sia il personaggio è una credenza, un pensiero cui si crede. Questo accade soltanto a un
certo punto.

Infatti, all'inizio di una creazione mentale esiste una molteplicità di fenomeni, pensieri ed energie e
forme e colori.... e personaggi, ma impersonalmente: questa molteplicità è fatta di parti, e a questo
livello non vi è più partecipazione, anzi c'è solo visione, consapevolezza e distacco.
Successivamente (ma non è una questione temporale, quanto di disposizione della coscienza rivolta
ad entrare anziché ad uscire, ossia in tempo reale), crediamo di essere uno di questi personaggi, e
qui entra in campo l’identificazione, l'entrare nel mondo.
Nel racconto indiano, questa seconda parte accade per partecipare, per amore; la coscienza entra,
si identifica con questo, e così si diviene parte del mondo.

Un pensiero a cui crediamo ha un grande potere, uno in cui non crediamo affatto non ha alcun
potere. Un pensiero tipo “adesso crolla il soffitto, se creduto, ci farà schizzare fuori dalla stanza, lo
stesso pensiero preso per scherzo, per finta, ci fa ridere e rimanere dove ci troviamo.

E' interessante come il verbo credere sia spesso usato nel linguaggio, ed indichi quanto noi siamo
convinti (cum-victi) a qualcosa.
Ad esempio, termini come :

Non ci credo per niente,


non ci credo più, non ci credo affatto,
ci credo appena appena,
ci credo e non ci credo,
è incredibile,
è roba da non credersi etc,
oppure
ci credo fino in fondo,
ci credo davvero,
ci credo completamente,

indicano questo processo di entrare nel pensiero creato, di internarsi nella creazione, nella
incarnazione inconsapevole, di dare per vero, di prestare realtà all'illusione, tanto da lasciare
perplessi.

Questa realtà creata ha alcuni blocchi, basi costitutive, i pensieri.

12
“Generato e non creato, della stessa sostanza del padre....” Credo di Nicea.
12
Primi tra tutti i fondamentali di questo mondo sono tempo spazio.13

Jac O Keeffe racconta di una sua esperienza di meditazione in cui si rese conto di questa
base costitutiva della costruzione del mondo fatta dalla mente.
Dopo una meditazione, distesa sul tappetino vicino ad altri partecipanti , era andata fuori,
molto lontano, ossia molto vicino: dentro di se. Alla fine della meditazione tuttavia non
riusci' a riprendere il filo del tempo, la timeline, in maniera normale. Riaprendo gli occhi
vedeva infatti gli altri mettersi seduti, rialzarsi un pò alla volta, arrotolare il loro
tappetino, iniziare a parlottare tra di loro. Lei invece era rimasta come sospesa, in uno
spazio diverso. Mentre immobile e come paralizzata osservava la scena attorno a sè, una
voce proveniente come da dietro della testa disse: “Stop!”
E lei vide che la gente si era fermata. Tutti erano rimasti immobili.
Sorpresa molto di questo fenomeno, mentre cercava di capire cosa fosse successo, la stessa
voce disse : “Rewind!”, ossia riavvolgi, come fosse un nastro di un film; e la gente si
rimise gradualmente a sedere e poi distesa, come se il tempo tornasse indietro. Sempre più
stupita, dopo una altra piccola pausa la solita voce disse: “Forward!”, ossia avanti. E la
gente ricominciò ad alzarsi, parlottare etc.
Da quel giorno, dice Jac, non credetti più al tempo.

Lo spazio, ci raccontano alcuni che meditano profondamente, a volte può ridursi a un punto, come
se tutto il mondo si raccogliesse li; e poi è la mente che estende questo punto, o questa linea, e apre
lo spazio, e diventa scena e poi mondo.

Dopo la nascita di tempo e spazio, la mente crea ogni tipo di fenomeno, una realtà fatta di
pensieri che si vestono di energia e divengono materiali.

Infine anche la creazione dell'uomo, come descritto nella Bibbia, è la creazione del punto di vista
della coscienza all'interno della manifestazione divina.
13
Tutti i programmatori di video giochi sanno che per costituire un mondo virtuale si inizia con un territorio, ossia
una mappa, lo spazio; poi il movimento di questo mondo visto da più punti di vista (telecamere), dotati di sensori
(sensi), e quindi il tempo, ossia lo scorrimento dello spazio, è anche esso illusorio poiché dovuto a un illusorio
movimentare ciò che è fermo altrimenti. Dal punto di vista della telecamera montata sul personaggio che si muove,
il movimento è relativo a lui stesso; per la telecamera generale che vede il panorama, invece, è il personaggio che si
muove. Tuttavia, essa stessa telecamera, muovendosi, essendo mossa diciamo meglio, vede muovere il mondo,
scorrere i fenomeni davanti a lei, che in realtà non si muovono.
13
Ed è dal terzo occhio Dio/Io guarda, ed infatti non vede se stesso.
Come dice bene Michelangelo, l'Uomo indica Dio, e Dio , che si trova nel cervello umano, vede dal
terzo occhio ed indica l'uomo.

La realtà creata è una realtà presa in prestito, diciamo così, dalla realtà assoluta; appare e scompare
ma non per questo non è reale, nel tempo e spazio ha una realtà relativa, che viene riassorbita
nell'assoluto che permaneva intero prima durante e dopo tale creazione, ossia fuori dal tempo.

In realtà tu sei mosso, e se credi alla interpretazione egocentrica questa è la follia.

6. Libero arbitrio
Tutti conosciamo il proverbio:
“Non si muove foglia che Dio non voglia”
Se è “la gloria di Dio che tutto move”, come dice Dante
(primo canto del paradiso), se è il motore che fa andare la
giostra che muove tutto, allora che libero arbitrio, che
possibilità libera abbiamo noi in questa giostra di andare
o non andare come previsto ?

“L'erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del


re” , dice un proverbio.
Questo può significare, può essere letto come una
affermazione, ossia che non esiste il libero arbitrio;
infatti il proverbio sta dicendo che nessuno, nemmeno
l'uomo più importante o grande del mondo, un re, ha la
facoltà di dire “io voglio”

Forse però noi lo sappiamo che non siamo noi a muovere


le cose. Da bambini tutto non si muoveva forse da solo?

Sapevamo che non siamo noi a dovere fare lo sforzo; ci


pensava la vita a fare quello che ci serviva... La
prendevamo molto, molto easy, anche se piangevamo,
correvamo, non volevamo mangiare, stavamo pigramente
a sonnecchiare ....
Responsabilità, colpa, sforzo, miglioramento non erano
nei nostri programmi....
Sono stati indotti.

Eccone un esempio: Un giorno, per un capriccio, la mamma aveva sgridato mia figlia che
allora aveva sui 3-4 anni. E la aveva sgridata affermando arrabbiata che doveva proprio
cambiare atteggiamento.
Arrabbiata anche lei e addolorata, la bimba andò a dormire.
Ma il mattino dopo, di buon ora, si presentò in camera nostra, e andò dalla mamma, che le
chiese cosa fosse successo, perché si presentasse così presto da noi.
E lei disse, tutta seria: “Mamma, ho deciso di cambiare atteggiamento”.

Sulla giostra avevamo un ruolo, ci appassionavamo, ma non avevamo colpe, responsabilità; era la
giostra che era fatta così, era come Dio vuole, le cose andavano così, e noi cavalcavamo la vita

14
giocando.
Sapevamo che era un gioco.
Poi abbiamo contratto la peggiore malattia: la serietà....
e siamo diventati responsabili, abbiamo cominciato a portare il mondo sule nostre spalle, come se
tutto dipendesse da noi e dal nostro impegno. Ecco che diciamo : non ce la faccio, o non ce la faccio
più.... che peso, che fatica!
Questa storia del libero arbitrio, lungi dal liberarci, è una bella schiavitù.

2. Casca il mondo:
“Mi è cascato il mondo addosso!”

1. Il distacco: non ci credo più


Tuttavia, a forza di girare, per forza come si dice, per questa forza centrifuga che vince la
tendenza a rimanere, quella centripeta, centripeta alla giostra e centripeta al personaggio che stai
impersonando sulla giostra, ecco che ci si stacca dalla giostra, e che quel mondo cade, crolla. Così
va il mondo. Quel mondo lì.

All'inizio cominci a distaccarti: stai iniziando a scivolare via dal cavallo, il cavallo si sta
distaccando dalla base, inizia una scissione, è la stessa forza centrifuga che prima o poi ti farà
cascare.
Ed ecco che a un certo punto vedi le cose inclinate, di traverso; ed arriva una cosa che prima era
giusta, e che ora è di traverso, sbagliata; stai ancora cercando di vederla come prima, ma non lo è
più.
Altre volte, o dopo un po' di questo inizio di distacco, ti trovi giù di colpo, il distacco che è accaduto
ora è netto.

Comunque, la caduta è destino, è prescritta: Ciò che è nato deve morire:


“questa vita è un correre alla morte” (Dante).
Non ne usciremo vivi. Meglio lasciare ogni speranza.
Prima o poi questa storia finisce, finisce questo giro di giostra; per forza va a finire che finisce
tutto, va a finire male.
Ecco come va a finire: va a finire malissimo. Non ne usciremo vivi: si incontra la morte.
Questa bella illusione, che chiamiamo vita, questa giostra, crolla.

Ciò che finisce è il nostro ruolo nel gioco, la nostra identità in quel contesto. Crolla il mondo che
costituiva il personaggio, ed il personaggio inizia anche lui a dissolversi. Come a tappe,
gradualmente, inizia una disidentificazione, un non crederci più.
Una battuta in un film14 fa :
“Lei è sposato?”
“No no! Io … ho smesso!!”.

Il gioco della giostra finisce come è cominciato.


Inizia quando si sale sulla giostra, quando si entra in quel mondo diverso; è roba dell'altro mondo,
quindi non di questo.
14
Uomo d'acqua dolce, un film italiano del 1996 diretto e interpretato da Antonio Albanese 
15
Si entra, si inizia entrando nell’illusione, credendo di volerci andare, volerci stare, credendo che
sia vero.
E si finisce nello stesso modo, si scende.

Ed ecco quindi che è finito il tempo, è il tempo di finire; e questo si manifesta con una fine,
appunto, succede così che qualcuno si distacca da questo assatanato giro di giostra; esce, cade,
viene espulso per forza centrifuga, dallo stare su quel cavallo.
Per diverse ragioni si vanifica questa aderenza, e il cavallo si stacca, la sella sdrucciola via, o si
rompe di colpo, e ti trovi giù.

Il fatto stesso che sia iniziato lo fa finire: il giro di giostra ha un tempo; e finirà presto, oppure
finirà quando è finito il tuo turno di pagamento. O ancora, alla peggio, quando la giostra chiude, e a
quel punto chiude per tutti, perché è sera.

Per forza insomma finisce sempre, per forza si scende da questa illusione, ci si dis illude. Quel
mondo allora finisce, svanisce, crolla.
Quindi è cascato il mondo, quel mondo; ti è cascato il mondo addosso, il tuo mondo è quello che è
crollato.
Qui inizia la psichiatria.

2. Morte del desiderio


Quando caschi di sotto da una giostra ti accorgi tanto per cominciare, che non vai più da nessuna
parte, non raggiungi quello davanti, non fuggi da quello dietro. Sei senza spinta. Strano; non c'è più
quella libido, forse per quella colla che ti teneva avvinto al cavallo, che ti trasmetteva quel moto. E
così adesso sei senza spinta, senza motivazione possiamo dire; tutto è crollato, non esiste più
niente.
Sono innanzitutto demotivazione (abulia), astenia (stanchezza, stancabilità), anedonia (non si prova
più piacere nel fare le cose, ...
Non è più attivo quell'investimento, quella creazione di sogno, che lo rendeva reale.
Non è più vero, non è più affatto, non c'è, e non esiste; tu ancora esisti, o credi di esistere, proprio
come prima credevi che quel mondo fosse reale.

Non abbiamo più direzione. Ci si sente male da morire, muore l'identità


Like a rolling stone. 15

E ti chiedi perché. Un paziente mi chiedeva in clinica:


“Dottore, perché ieri tutto bene e oggi tutto male?”
Così hai perso il lavoro, hai perso la famiglia, la salute, i soldi, lo scopo, la casa, un figlio,un cane,
tutto quello che ti definiva.

Nella vita adesso è notte, una selva oscura; la vita è un deserto.


La metafora di questo mondo che si è fermato, senza direzione, senza spinte, senza gli oggetti della
illusione in cui prima credevi, cavalli, colori, è un deserto.
Spesso si usa questa metafora per indicare questo stadio di dis illusione dal mondo; si sta come in

15
“How does it feel? To be without a home / Like a complete unknown / To be on your own/ With no direction home /
Like a rolling stone? “ (B. Dylan)
“Come ci si sente, ad essere senza una casa/ come un completo sconosciuto( ad essere da soli, senza qualcuno che ti
dia un riscontro/ senza direzione per tornare a casa/come un sasso che rotola?” (trad. libera mia).
16
un deserto, non hai interesse a procedere.16

E' il desiderio di girare che fa girare il cerchio.


Ciò che fa girare la giostra è il desiderio, di avere quello che non hai, di fuggire quel che non vuoi
… E' la distorsione dovuta alla contrazione egoica, alla condizione di identificazione della
coscienza con l'ego, di ego incentramento diciamo, ossia di ego centrismo. Sia fatta la mia volontà,
recita l'ego.

Ricordate Dante nel primo canto della Commedia, quando incontra le fiere?
“Qual è colui che volentieri acquista/ e giunge il tempo che perder lo face/ e in ogni suo pensier
piange e s'attrista ...” E' chiaro che si riferisce a un personaggio dotato di identità, ruolo,
direzione, desiderio.
Il desiderio è la “forza percepita” che ti fa andare.

Questo desiderio, questo senso di mancanza da colmare, è il problema.


Questo è presente in tutti i cavalieri della giostra e della vita, in ogni parte di quel mondo che gira. Il
desiderio è la loro percezione di quella forza che fa girare, che sembra avere una direzione, una
intenzione, quella che va a riempire un vuoto, di spazio o di tempo.
Il desiderio di girare fa andare il girotondo, fa giostrare la giostra; i desideri fanno muover il mondo.
I bambini gridano che vogliono che la giostra giri, e … magia … essa gira, infatti ... fin che non
ne hai più voglia, finché non hai più desiderio.

Finché non si rompe il gioco, l'illusione, casca il mondo, e magari si ferma perché ti sei rotto la
testa, e non puoi più seguirla la giostra, non ti piace più....17

Ecco che è finito il tempo del desiderio; quel che volevamo o temevamo, non sappiamo più se
ancora ci attrae, ci tiri avanti, o ci respinga.
Non c'è più desiderio di cose, persone, luoghi; non c'è nemmeno forse di essere noi stessi, di esserci.
Non sappiamo più se ha senso la vita, se va da qualche parte, come sembrava prima. Non sappiamo
più se una volta cascato il mondo, non vogliamo anche noi morire con esso; ma qualcosa
16
Ricordate Wiley Coyote? E 'la metafora dell'ego, sempre animato da egoismo e cattivo, che cerca di prendere il Sé
immortale, irraggiungibile, al di sopra. La loro vicenda si svolge nel deserto, poiché tutto il resto è assente, e la
vicenda essenzialmente alla fine è questa. Lo steso si può dire delle tentazioni di Gesù nei 40 giorni nel deserto.
17
Desiderio deriva dal latino de, moto da luogo, e sidera, stelle; ossia dalle stelle, proveniente dalla stelle, dai chakra,
dove è depositato il karma delle vite passate, secondo lo yoga. Se infatti intendiamo per stelle le stelle di
dentro, i chakra, è il movimento dell'energia, il flusso alterno del respiro energetico che fa muovere il mondo, è il
dualismo della mente che mantiene la illusione del tempo e dello spazio, e del moto in esso.
17
evidentemente ancora ci tiene in vita, noi ancora ci siamo, anche se disperati, nel deserto, nel
dolore.
Non c'è più il desiderio di un qualche oggetto, ma ancora c'è il soggetto desiderante. Questo è il
problema. E' cascato il mondo, ma non ancora il soggetto che vi viveva apparentemente dentro, non
è cascata la base, la terra su cui quel mondo si poggiava.18

3. La crisi di identità
La crisi dis identificativa dalla identità, la crisi di identità, consiste in un separazione da quello che
prima era il fondamento, e dall'aprirsi dello scenario della incertezza e della paura.
Ci si separa dal fattore che esso stesso è separazione dalla verità che siamo; si ritorna nell'essere che
siamo sempre stati; ci si separa dall’illusione, e per il mondo dell'illusione questo è il maggior
misfatto, la cosa che più si teme, che maggiormente manda in crisi.

Emergono infatti nella crisi di identità dei sintomi, qualcosa che “non va” secondo il soggetto e
secondo il suo ambiente.
La prima cosa che succede quando non sei più sulla giostra, il fattto è che non sei più quel
personaggio, hai perso quell’identità. Non ti riconosci più. Non sei più il cavaliere bianco che
insegue il cavaliere nero, non hai più vestito, mansionario, credenze, rinforzi dal sociale della
giostra.

Una donna, medico, lavorava in un pronto soccorso. Racconta che quando ebbe la prima
crisi di identità, non si riconosceva più allo specchio. Col passare dei giorni, non
riconosceva più i figli. Tempo dopo, doveva andare con un figlio a fare la spesa, poiché non
riconosceva gli oggetti sugli scaffali del supermercato e non riusciva a metterli nel carrello
e poi pagare alla cassa. Finì collo smettere di lavorare, perché non sapeva più niente di
medicina.

Quindi un primo sintomo della crisi di identità è che non sei più lo stesso, da allora in poi le cose
sono sostanzialmente o sottilmente cambiate, irreversibilmente.

La psichiatria parla di scissione, e da questo concetto derivano schizofrenia, schizotipia, schizoide...


dove al fenomeno scissione da quello che eri prima, si aggiunge una connotazione negativa.

“Giro giro tondo”, tutti girano in questa ipnosi. E, come si dice, chi si ferma è perduto, è morto,
ossia scende dal gioco, non gioca più, è perduto per questo mondo della giostra.
Ecco allora che scendere, o cadere dalla giostra, sembra la soluzione al giro di giostra; o si fa un
altro giro, o si scende.
E se si scende, da questa illusione, incantesimo, la filastrocca ci dice che questo disilludersi è un pò
come morire, ci si sente morire, e suggerisce degli stadi.

Ciò che crolla è l'identità che credevamo di essere; e questa disillusione porta alla scoperta di Se'.
Quella scissione è al contempo una ricongiunzione al Sé; una disconnessione bene augurale
dall'ego, con cui credevamo di coincidere.
Si tratta di una disillusione che non consente più il vecchio gioco, e quindi si presenta come

18
Quando il processo progredirà ulteriormente, la voglia di morire cambierà forma; adesso è in forma ego distonica,
di rifiuto, per la serie “Piuttosto che morire mi ammazzo”, non ci voglio stare al gioco del depotenziamento, di
ridurmi. Ma quando non solo il mondo è crollato, ma anche il suo supporto, la terra, quel senso residuo di
identità, la voglia di sparire potrebbe divenire anche ego sintonica, un lasciarsi morire, un rinunciare, arrendersi al
tutto, perire.
18
disfunzionale al soggetto ed agli altri, che temono questo evento, cercano quindi di controllarlo.
Il controllo avviene a diversi livelli ed in diversi modi: tanto per cominciare dandogli un nome di
malattia, poi segregandolo, rifiutandolo, non comprendendolo.

Un esempio clinico

E' esperienza quotidiana per uno psichiatra ascoltare il racconto della crisi di identità. Si tratta
dell'inizio di un processo, irreversibile di cambiamento, abitualmente vissuto come sgradevole, e
rifiutato.

Un giovane paziente, di 26 anni, racconta che dopo avere fumato una canna (marijuana)
si è sentito “male”. Non il solito male, senso di nausea, capogiri, mal di stomaco. un male
diverso, interiore, essenziale. Un non sentirsi più lo stesso, quello di prima. Andato a
riposare, i giorno dopo partiva per le vacanze colla fidanzata. Nei giorni successivi ogni
sera telefonò ai genitori, dicendo che stava male m malissimo, che si sentiva morire, che
non riusciva più a dormire, che non aveva senso più nulla, e che anche la fidanzata no
rappresentava più niente per lui. Aveva una paura inspiegabile di tutto, e volle tornare a
casa. Qui aveva paura di uscire, si sentiva solissimo, era agitato, ed il perdurare di questo
stato nei giorni successivi lo porto alla disperazione, non passava, e decise di lasciare gli
studi e di cercare l'aiuto di uno specialista.

4. Mi ritrovai
Si tratta così a questo punto proprio dell'inizio di quel “Mi ritrovai” per una selva oscura, di cui ci
parla Dante. Per ritrovarsi sembra dire Dante, bisogna perdersi.

Chiariamo bene qui un punto molto importante.


Chi si ritrova è il vero Sé.
Dante infatti si è completamente perduto.
In questo stadio la disillusione è più relativa al mondo (casca il mondo), non ancora tanto dalla
convinzione che noi siamo quello che crediamo di essere. Si tratta di una de realizzazione e un
inizio di de personalizzazione. Infatti, nell'unità del credere che il mondo ed anche noi siamo reali,
il processo decostruttivo inizia dal nostro specchio, che non ci sostiene più. Crolla quello in cui
crediamo, come testimonianza, come motore primo, come giustificativo del nostro crollare
incipiente, o già progredito.

Ed è anche vero che il processo è iniziato, ed ormai sta progredendo per forza propria, forza
centrifuga; ti stai sempre più allontanando da quel movimento autoreferenziale intorno al perno
dell'ego, il vecchio movimento, l'ancien regime.
Ed è un processo irreversibile, simile a un parto, e mentre progredisce, prima si perde il contatto con
tutto ciò che c'era intorno a noi prima del parto, fino al punto in cui si muore lì dentro, per la
nascita di un nuovo essere.

Il dr. Lee Sannella espone così il progredire del processo:


In una stanza ci sono persone affannate attorno a un letto, una donna piange distesa, grida,
c'è sangue sul cuscino, sangue sul materasso....
Cos'è? Una grave ferita?
No, si tratta di un parto.
E' la nascita di un nuovo essere.

19
In un'altra stanza chiusa un uomo piange, grida, batte la testa al muro, si getta per terra; poi
viene invaso da una improvvisa fortissima gioia, una luce, lui si apre, si alza, si protende...
Cos'è? E' forse impazzito?
No, è la nascita di un nuovo essere.

La comprensione del processo, vedere di cosa si tratta davvero, fa interpretare e agire


diversamente nella situazione.
Se non si è compreso che si tratta di un parto, che non si può tornare indietro, ritornare vergine, se
non hai capito che le fasi ciclicamente ritornano e mutano, puoi pensare che ne puoi uscire, che
passati i primi dolori forse è finito, pensi che puoi allontanarti dall'ospedale e dimenticare tutto.
Questo sarebbe un aborto, non un parto; e arrivati oltre un certo mese non è più possibile tornare
indietro, devi partorire.
Non sei tu che partorisci, il bimbo ti farà partorire, la vita; non è l'ostetrica la responsabile dei tuoi
dolori , non è lei che fa i bambini, lei solo al servizio, prega che sappia come aiutare la natura,
essere medico, ossia ponte tra te e la natura.

Gesù impiega una bella metafora per indicare come la forza vitale (Dante dice Nostra Vita), sia la
responsabile di tutto: “Io sono la vite, voi i tralci”.
E' ovvio che il tralcio non esiste da per sé, che è la vite in forma di tralcio che fa l'uva, sebbene ciò
accada li dove si trova il tralcio, sia il tralcio stesso che diviene uva. Ma le problematiche di sforzo
e colpa, di scelta e urgenza, sono visti da questo punti di vista illusori, e frutto di una attribuzione a
sé dell’azione e del suo frutto.
Da questo altro punto di vista, ci sarà sforzo senza qualcuno che si sforzi, ci sarà azione senza
qualcuno che se ne appropri; solo la vite esiste, lei sola fa o non fa e forse non lo sa nemmeno.....

Ecco quindi che casca il mondo è l'inizio della trasformazione dell'individuo, della coscienza nel
tralcio; vedere che non sei separato.
Dovrà quindi esserci un morire dello stato di sonno, quiescenza, illusione, per passare da una fase
di morte, depressiva, di paura, al crollo del mondo, della realtà oggettiva, e poi di quella soggettiva,
fino a che non rimanga nessuno diviso, fino a che non rimanga divisione. Finisce lo stato di sonno,
di sogno, e ti svegli al mondo, nel mondo.

5. Faccia a faccia colla morte


“La morte verrà all'improvviso/
avrà le tue braccia e i tuoi occhi...”19

E morire è come rinascere, è la via per la resurrezione, è l'inizio della guarigione.


Nella simbologia cattolica la resurrezione segue infatti la morte del corpo e della mente, del corpo
mente, dell’identità. Solo l'incontro con la morte, vissuta, sperimentata, porta alla resurrezione.
Quindi ciò che mette in moto il processo di vita, ri rinascita, è qualcosa che scuote, che mette in
discussione fortemente l'equilibrio precedente, ciò che avvia il processo è la crisi.

Quindi: come accade? Accade perché mi sono preso un grande spavento, una paura da morire. Il
vissuto di morte della identità molto spesso accade per avere incontrato da vicino la morte fisica; il
vissuto di morte viene dall'avere sperimentato da vicino la possibilità che il corpo muoia.

Un mio paziente, un giovane alto e forte, molto attivo e capace, ha un incidente grave di
motocicletta. Va in coma, alcune ossa rotte, ma ne esce vivo. Non del tutto però, perché nei
19
Canzone di F. De André, “La morte verrà all'improvviso”
20
mesi successivi alla riabilitazione, che gli ha lasciato danni fisici non troppo gravi, ha
incominciato a sviluppare i classici sintomi di una crisi psichica: un senso di morte,
agitazione, insonnia, paura e non sentirsi più come prima, ma invece di essere
profondamente cambiato, perso. Così ha iniziato a ritirarsi, non uscire, deprimersi, e questo
vissuto di morte e paura e confusione lo ha accompagnato negli anni seguenti.

Questo processo si può sviluppare anche in presenza di altri tipi di morte.


La crisi psichica in molti pazienti è spesso iniziata dopo una diagnosi di malattia seria, un
incidente quasi mortale, il coma.

Altre volte il corpo che ha il problema di malattia o morte è quello di qualcuno cui siamo legati
profondamente, qualcuno che ci è caro quanto noi stessi, un figlio, un genitore, un amato/a.... ; e
quando lui muore o rischia di morire, anche noi ci sentiamo morire, per questa identificazione: è
come se succedesse a noi.
Il vissuto è che siamo morti anche noi, che vorremmo morire, che vorremmo seguirlo nella tomba,
perché siamo uno con lui.
Ecco che spesso una depressione può seguire la morte di un genitore, di un figlio, perché il lutto
non viene elaborato da una separazione dall'amato, una capacità di lasciare andare.

Tuttavia molto spesso questa destabilizzazione profonda può accadere per una morte della propria
identità che può sopravvenire per motivi anche molto diversi da un danno temuto o subito a livello
fisico. Si incontra il vissuto di morte a livello psichico direttamente. Una crisi di identità è
percepita come la propria morte, perché equivale alla morte di quello che crediamo di essere.

Nella clinica psichiatrica spesso incontriamo crisi di vario genere, come depressioni,
depersonalizzazioni, attacchi di panico etc. in cui il vissuto è che hai perso te stesso, non sei più
quello di prima, non ti riconosci più. Ed è accompagnata da paura, da disorganizzazione, mancanza
di senso della vita, malfunzionamento nel sociale.
E tutti, l'individuo, la famiglia, la società sono concordi sull’opportunità di contenere, eliminare,
avversare questo processo.

Facciamo un paio di esempi clinici un po' estremi di questo senso di non esistere più.

Una paziente in vacanza in Spagna ebbe una crisi improvvisa di depersonalizzazione con
un vissuto di morte che rapidamente crebbe fino a farà sentire come morta. Ricoverata per
lo stato di agitazione in un reparto psichiatrico locale, confermò allo specialista di guardia
di essere convinta di essere morta, e che anche la madre era morta. Quando giunse la
madre a riprendersela, insisteva giorni dopo nel dire che lei e la madre erano morte, e che
adesso si trovavano in una altra vita. Peraltro lo stato di agitazione si era presto calmato, e
viveva uno stato euforico ed espansivo, una nuova vita, con un senso di unione e gioia con
l'universo prima sconosciuto.

Entra una mia paziente che seguo da tempo, per stati di de realizzazione non troppo intensi
ma periodicamente insistenti. Alla mia domanda “come va oggi, signora? Risponde: “Io
non so proprio come vada, dottore, io nemmeno so se esisto.... “

6. Risveglio : vedere chi sei


“Uno per vedere, è ...”20

20
Frase di mia figlia quando era piccoletta...
21
Ciò che crolla quindi è la convinzione, l’identificazione con il personaggio, l'identità, la persona, il
me. Quindi fine del credere, fine della storia, di tutte le storie insieme a te, che sei la storia di quel
me, che sei l'insieme delle storie. Fine del sogno, fine dell'illusione.
Il personaggio ed il suo ruolo nel mondo, la sua motivazione, ragione di esistere è incantevole,
incantante, incantato....
Il suo movimento nel tempo, della storia, che lo definisce, gli da forza ed ostacoli, relazioni e
sconfitte, è la sua storia.
Queste storie sono stabilite, fisse; una forza ci trattiene sul cavallo, nella nostra funzione, nella
nostra identità, mentre tutto gira.
Questa forza è quella che ti permette di essere quel qualcuno.
E quel qualcuno e la sua storia coincidono.

Ad esempio, Cenerentola infelice e le condizioni della sua infelicità sono un tutt'uno; le sorellastre
cattive, i propri pensieri ed emozioni negativi sono un tutt'uno con Cenerentola; lei è la sua storia di
disgrazia, lei e la sua storia coincidono. Non potrebbe esserci una Cenerentola felice, non sarebbe
Cenerentola21.
Così, lasciare la storia coincide con il lasciare il personaggio, lasciare quel personaggio significa
anche lasciare quel mondo che vi corrisponde, che gli fa da specchio.
Dipartirsi da quella identità è come morire ad essa: partire è un po' come morire, dice il proverbio.
Il mondo crolla.

Se quella forza fosse minore, e tu potessi staccarti dal cavallo, mentre ancora sei sulla giostra,
non saresti più un qualcuno in particolare, saresti uno qualunque, uno che nella giostra non ha arte
ne

parte, uno spostato appunto.


Se poi quella forza che ti tiene sulla giostra si annullasse del tutto, ossia tu non avessi più alcuna
attrazione a far parte della giostra, non fai più parte di quel mondo, di quei mondi, saresti nessuno.
E' quello che succede in molti racconti di risveglio, spontaneo o meno; è come se uno camminasse
fuori del personaggio, come se lui restasse nelle scarpe e tu continuassi senza di lui, lo lasciassi
indietro.
Se ti liberi è perché questa identità nei modi più diversi svanisce, evapora, si diluisce; ti puoi
staccare, ci puoi anche giocare volendo, quando sei stabilito in questa nuova condizione di libertà.
C'è a volte qualcuno che si stacca libero, volontariamente,
come un maestro che gira con gli altri sulla giostra ma non è
vincolato come loro da questa identificazione. Ecco che
allora può essere una guida per uscirne, per liberarsi, perché
conosce la strada, che è una strada interiore, di morte
21
Certo, la storia può evolvere, perché tutto evolve, ed evolve trasportando lei e il suo mondo insieme. Anche
Cenerentola liberata dalla sofferenza, felice, e il principe che la sposa, sono un tutt'uno.
22
rinascita, di resurrezione perché è uno che è morto. 22

Ma finché quella forza ti tiene li, quella storia continua.


E quando quella forza si riduce e recede, la storia non sta più in piedi; finisce il personaggio, non c'è
più quella identificazione, e quindi finisce quel mondo, casca il mondo.

3. Casca la terra
“In questa stanza c'è una unica uscita,
ed è quella invisibile solamente da te...”
B.Dylan, Una serie di sogni.

La filastrocca come abbiamo già detto descrive una sequenza in stadi di un processo che in realtà è
continuo. In questa fase siamo giunti al nocciolo, al dissolversi del nucleo centrale che manteneva
coeso quel mondo che ora sta crollando.
Si tratta del dissolversi dell’identità, della aderenza a quella immagine psichica che chiamiamo il
me, la nostra persona, quello che crediamo di essere.
Se quando casca il mondo l'ego vorrebbe liberarsi da quella sensazione di morte, nella fase di
“casca la terra” è l'ego stesso che muore, come realtà psichica stabilita.

Spieghiamo meglio cosa significa casca la terra quindi. Muore


l'illusione che noi siamo l'ego.

Casca la terra; tutto distrutto, tutto a pezzi, la mia vita è spezzata,


la situazione in generale non sta più in piedi, è crollato tutto: io
sono a pezzi, io sono crollato.

Una filastrocca inglese descrive bene questo processo:


Humpty Dumpty sedeva su un muro.
Humpty Dumpty fece una bella caduta.
e tutti i cavalli e tutti gli uomini del Re
non poterono mettere Humpty di nuovo insieme.23

Humpty dumpty 24è un uovo, un insieme pieno di potenzialità. La


sua rottura irreversibile porta a una nascita al di là del potere dei
soldati del re, è uno scoppiato, un andato al di là di tutto, uno che Humpty Dumpty
è morto e ora non è più sul muretto, in un posto preciso, è
spiaccicato ovunque e in nessun luogo.
E' la “fine del mondo”, ma soprattutto in questo esempio è chiaro che è la fine di tutto, perché è la
fine di lui.

1. Cos'è l'Ego e come si forma

22
Ricordate Mary Poppins, nel film, quando va sulla giostra, e poi con divertimento e sorpresa di tutti eccola lasciare
la giostra col suo cavallo ed andare nei campi coi bimbi, cui insegna appunto questa liberazione.
23
“Humpty Dumpty sat on a wall/ Humpty Dumpty had a great fall / all the king's horses and all the king's men/
Couldn't put Humpty together again”
24
 E' un personaggio di una filastrocca di Mamma Oca, rappresentato come un grosso uovo antropomorfizzato
seduto sulla cima di un muretto. Fu utilizzato anche da Lewis Carroll, che gli fece incontrare Alice in uno dei capitoli
più celebri di Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò.
23
L'ego individuale, quello che crediamo di essere, è in realtà la auto rappresentazione del Sé nella
mente.
Corrisponde ad un personaggio con una storia, un luogo di nascita, genitori, educazione. Quel
personaggio che dice “io sono uno che... “, oppure “io appartengo a....”. E' come io credo di essere,
come mi rappresento.
L'ego è una configurazione, corrisponde ad un set di idee, emozioni, percezioni, tutte riferite ad un
immaginario nucleo, tutte ego riferite, a costituire Jung direbbe un complesso, il complesso dell'io,
di cui fa parte anche l'io corporeo.
L'ego non ha quindi una sostanza a sé, è piuttosto una contrazione, della coscienza espansa in una
forma specifica, una sua delimitazione, il Dio che si fa vero uomo pur rimanendo vero Dio.
L'ego è coscienza contratta, limitata, dimentica di se, addormentata. E' la bella addormentata, la
coscienza, nel bosco, ossia nella mente.

L'ego quindi è più un modo di procedere piuttosto che una struttura definita; un funzionamento,
più che una condizione statica. Funziona come un nucleo magnetico, attrattivo, centripeto.
Si tratta di una azione quindi, di una funzione: il verbo io – are, o meglio, il verbo essere.
Grazie a questa azione ogni cosa viene vista da quel punto di vista, ri-orienta l'esperienza
impersonale del Sé in termini personali, lo fa divenire persona.
Ed anche se si tratta soltanto di un punto di vista temporaneo, di un sogno, diciamo, questo diviene
creduto, stabile, vero, reale.
La via del ritorno passa cosi per un non credere più vero tutto questo.25

L'ego si forma nell'infanzia sulla base di forze interne ed esterne che congiuntamente portano a
questa immagine specifica, unica, che ciascuna creatura è.
Forze costitutive interiori sono quelle che derivano dalla genetica ed influenzano non solo il corpo
ma anche la psiche, le esperienze che uno già possiede, il carattere, il temperamento; un astrologo
direbbe che le forze sottili in atto sono ben rappresentate in una carta astrale. IN un certo senso
sono le forze endogene.
Forze esterne (esogene) sono la famiglia, la società, la cultura ed il periodo storico, il livello di
coscienza in cui quell'individuo viene allevato, e che vanno a concorrere al formarsi di una identità
che poi vuole auto mantenersi.
La struttura intrapsichica e le dinamiche relazionali sono poi strettamente connesse. Questo insieme
formulato, ossia creato, mantiene un senso di identità relativamente stabile.
L'omeostasi dell'ego, la modalità funzionale con la quale l'identità mantiene una stabilità, deriva
dall'insieme di pensieri su di sé (concetti, quindi), e da una correlata serie di dinamiche energetiche
(e ricordiamo qui come l'energia segua il pensiero).

25
Ricordate la canzone di B. Dylan, “Una serie di sogni”?
-“Pensavo una serie di sogni/ dove niente diventava realtà”
(I was thinking of a series of dreams/ Where nothing comes up to the top )
-“… Nella stanza c'è un'unica uscita/ ed è quella invisibile solamente da te.”
(And there's no exit in any direction/ 'Cept the one that you can't see with your eyes )
-”….In un sogno c'era sangue per terra / in un altro nevicava in città / in un altro sogno io correvo / e in un sogno
ancora ero stato costretto a salire più su”
(In one, the surface was frozen / In another, I witnessed a crime/ In one, I was running, and in another/ All I seemed
to be doing was climb)
- “Non cercavo un aiuto speciale/ non volevo scappare da qui / ero andato già abbastanza lontano /pensando
soltanto a dei sogni cosi....”
(Wasn't looking for any special assistance/ Not going to any great extremes/ I'd already gone the distance/ Just
thinking of a series of dreams )
Traduzione di Francesco de Gregori, nell'album Amore e furto. Come si vede, De Gregori modifica un po il senso
letterale, ma secondo me rimane fedele al significato più profondo, ed in ogni caso esprime e risolve con la poesia e
la bellezza del verso un enigma...
24
L'ego tuttavia vive uno stato di continua minaccia, si sente sempre in divenire ed in pericolo, per
questo suo statuto che sempre si trasforma, per il suo morire rinascere, il suo trasformarsi, svanire
e ricostituirsi, ristrutturarsi, insomma per dovere rimanere costante nel cambiamento.

2. Funzionamento dell'Ego

Una caratteristica costante, costitutiva dell'ego è il funzionamento ego centrante, il fenomeno di


individualizzazione della coscienza, il magnetismo per il quale ogni produzione del Se viene
connessa a questa identità individuale. Ahankara è il nome dato nella conoscenza induista a questa
funzione, la coscienza universale che diviene localizzata nell’individuo; questa coscienza potrà
ricordare di essere la coscienza libera, o identificarsi, quando più e quando meno, con il principio di
separazione, rappresentato da Lucifero.
Il processo è di essere attratti, ed anche al contempo di divenire quello da cui si è attratti, ossia
identificarsi, rimanere in quella aderenza, credenza.
Il magnetismo psichico si esprime con il processo di identificazione, con un incollarsi, un divenire
identico al fenomeno.
Il processo ego centrico funziona come un magnete che ti con vince, convince.
Questa forza di gravità, questo costituirsi baricentro, è quindi l'essenza della funzione egoica, che
rende personali pensieri, sentimenti, fenomeni che in realtà nascono nel Sé come fenomeni
impersonali.
Dante, parlando di Lucifero, lo colloca al centro della terra, “La dove si traggono da ogne parte i
pesi”, nel centro attrattivo terrestre; è identico ad esso, ti. attira e blocca giù. Egli è identico in
questa rappresentazione con la forza di gravità, con ciò che ti trattiene qui, che ti tira giù.
Questa funzione separativa è fonte di sofferenza.
Così, se l’ego è identificato con Lucifero, l’ego ti tira giù; se l’ego si dis identifica da Lucifero,
dalla forza separativa dal tutto, può essere un utilissimo strumento.

Quando siamo identificati con il complesso dell'io, tutto viene visto da quel punto di vista, tutto
viene re - etichettato come riferito a me, come mio26. Ogni pensiero, ogni azione, che nasce nella
coscienza, nel Sé, nell'Io-coscienza, il creatore, viene creduta generata, appartenente all' io
individuale, all'ego. Così l'Ego è quella funzione, quel meccanismo, per cui “un pensiero” che
passa viene creduto essere “un mio pensiero”.
Il fenomeno di attrarre e rinominare i fenomeni come riferiti alla persona crea quel mondo
personale che inizia a crollare quando casca il mondo.

Questo incentramento della coscienza nell’ego individuale non è senza senso e scopo. Anzi, a ben
guardare, questo proprio è il modo della coscienza universale di divenire individuale, di delimitarsi
26
I bambini hanno questa fase dell'io e del mio solo a un certo punto, sui due tre anni, quando iniziano a divenire
persone; prima vivono in una specie di beata incoscienza. La coscienza individuale quindi è un fenomeno che
probabilmente richiede una maturazione neurofisiologica del cervello, una condizione senza la quale non si da
coscienza individuata.
“Durante la seconda infanzia (da due a sei anni), verso i tre anni, si sviluppa il pensiero. La parola è ciò che permette
l’acquisizione del pensiero.  Il pensare si sviluppa con e nel parlare. Prima nascono i ‘concetti-oggetti’ (=tavolo,
sedia ..), poi viene aggiunto al nome stesso un verbo (=stufa brucia, gatto salta…). Con la prima funzione il bambino
conquista il mondo come spazio, con la secondo come tempo. Una lingua materna parlata correttamente, con esatta
scelta dei vocaboli e una buona costruzione delle frasi, fornisce al bambino le premesse per giungere a collegare, nel
nucleo più intimo del suo essere, il proprio Io con il linguaggio, lo sviluppo mentale di rappresentazioni esatte e una
buona dinamica del pensiero”. (da http://blog.bimbonaturale.org/le-eta-dellinfanzia-lo-sviluppo-infantile-da-0-a-7-
anni/ ). Secondo Spitz (1958, Lo sviluppo evolutivo del bambino) lo stadio della strutturazione del Sé va dai quindici
mesi in poi, ed è la fase in cui si sviluppa l'individualità del bambino. L'organizzatore è la cosiddetta "comparsa del
no", che esprime e organizza lo strutturarsi della sua capacità di opposizione e di giudizio.
25
per osservare ed agire da quello specifico punto di vista, e come si incentra lì, questo in ciascuno
degli infiniti punti di vista, in contemporanea, nell'universo.
Non più quindi Io, ma Io-virgola-Mario, Io-virgola-Maria, etc.

3. Le fasi della crisi

In questa sezione parleremo della fase in cui, ad un certo punto della vita, può accadere che la
forza magnetica egocentrica viene ad essere superata da una forza centrifuga, espansiva, con una
perdita di aderenza, identificazione, identità.
Ciò potrebbe essere dovuto al risveglio della coscienza dalla sua identificazione, al suo ritornare ad
essere più impersonale, spersonalizzata, universale.
Questo processo di risveglio e quello di crollo delle credenze e delle identità più limitate precedenti
sono la stessa ed unica cosa.

Visto dal punto di vista della bella addormentata che si risveglia, questo cambiamento, questa crisi,
è l'inizio della guarigione.
Visto dal punto di vista dell'ego, la interpretazione sarà negativa, come una morte di quella
condizione, poiché nega proprio la sua stessa continuità ed esistenza.
La espansione rende nulla alla fine la contrazione, e la forza contrattiva continua ad agire senza più
imprigionare la coscienza. 27

L'espansione della coscienza , quasi la nascita di una nuova coscienza, nell'analogia col parto è
caratterizzata da varie fasi. Queste fasi non si svolgono sempre in maniera sequenziale, dipende dal
mezzo, ossia da quanto è preparata la persona a questo morire rinascere, a questo lasciare andare.
Potrebbe accadere, ed in fatti è ciò che accade i più spesso, che una persona sia disposta al
cambiamento in parte, o in alcune aree della sua vita e meno in altre, che uno si trovi ad essere
mezzo morto, ma mezzo ancora vivo. Ed è proprio questa disomogeneità che fa si che le
resistenze, della parte mezza viva ovviamente, siano cosi diverse in quantità e qualità.

-All'inizio di questo processo prevalgono le dinamiche ego distoniche, il rifiuto di questo disagio,
di questa morte, e viene solitamente espressa nella mente e all'esterno una mancanza di
comprensione e cooperazione con quanto sta accadendo.
Il processo è in gran parte inconscio al principio, non sappiamo cosa ci succeda, cerchiamo
spiegazione in fatti accaduti, nelle interazione degli altri con noi, fuori di noi: ciò che è inconscio è
proiettato. Viene interpretato come un fenomeno negativo ed esterno. Questa fase è vissuta con
fastidio, paura, rifiuto, manipolazione per gestirle il processo e depotenziarlo, prendere le distanze.
I pazienti dicono non sono più quello di prima, non mi trovo più, mi sono perso, non sono più lo
stesso.

-Col proseguire della fase di risveglio, che diviene più profonda o avanzata, sono solitamente
presenti sia le voci in testa che dicono male di quanto sta accadendo, sia stati di coscienza invece
caratterizzati da maggiore pace, apertura, armonia. L'atteggiamento egoico diviene più adattativo, si
rassegna a convivere con questa situazione che non passa, che ritorna ciclicamente, un
atteggiamento quindi ambivalente e più agnostico, meno giudicativo.
Si impara a starci nel processo, in questa condizione di crisi, nel deserto dove è crollato il mondo,
anziché a fuggirlo.

- Il processo evolve per tutta la vita, nessuno potrebbe dire che ha finito di evolvere; ma quando il
27
Succede come quando c'è la luna di giorno: ciò che nella notte diceva “io sono la luce”, ora che si è fatto giorno,
può continuare a splendere, ma non più come protagonista .
26
processo è sufficientemente avanzato, si assiste sempre di più ad una vera rinascita. Nelle fasi
avanzate, che possono anche manifestarsi in tempi relativamente brevi, sembra ci sia stata una vera
mutazione, non mi trovo più dove ero prima ma ora sono come rinato, è come un mondo nuovo,
vedo le cose con altri occhi. Potremmo chiamare questa fase rinascita, o Resurrezione (Pasqua); a
Pasqua, all'equinozio di primavera, dove la luce supera oscurità, dove la vita eterna vince sulla vita
terrena, morta, e limitata, la situazione è del tutto ego sintonica, perché il vecchio ego non ha più
nulla da dire, si è dissolta quella identificazione.

Quando la coscienza, in punto di morte del corpo, o quando accade una morte psicologica, si libera
da quella identificazione28, quel punto di vista si dissolve, non si risolve. Tutti i problemi sono
infatti problemi dell'ego individuale, sono problemi personali: dissolvendosi la identificazione con
la persona, con il corpo mente, anche i problemi spariscono. La soluzione ai problemi personali
quindi è sempre un fenomeno trans personale.

4. Evoluzione delle crisi

La crisi di identità si svolge spesso in maniera graduale, altre volte in maniera piuttosto repentina,
in maniera più o meno completa sin dall'inizio.

Quasi sempre i fenomeni di crisi di identità sono inoltre accompagnati da fenomeni energetici
intensi, anche questi più e meno distonici a seconda del mezzo in cui questa energia scorre, di come
sia purificato o meno il corpo sottile. Altri fattori condizionano quanto sia sopportabile questa fase,
ad esempio il livello di coscienza più o meno evoluto del soggetto, e l'aiuto sociale, psicologico ed
anche farmacologico che sia disponibile. Ne parleremo meglio tra poco a proposito delle resistenze.
Questi fenomeni energetici sono di ordine più fisico (fenomeni di fisio-kundalini, per usare il
termine coniato dal dr Lee Sannella nel lavoro citato), quali tremore interno, brividi, sensazioni di
caldo e freddo, nausea, tachicardia, senso di soffocamento vertigini etc, (a seconda del chakra
maggiormente interessati), oppure di tipo più psichico, come la labilità emotiva, la confusione di
mente, suoni voci e visioni mentali, disturbi della memoria concentrazione ed attenzione etc.

Quasi sempre dicevamo si osserva resistenza, ossia il processo incontra e deve superare la forza
egocentrica, centripeta. Infatti, il processo sostanzialmente corrisponde ad una espansione della
coscienza che tende a ritornare nel suo stato più ampio, infinito idealmente, a ritornare nel vuoto
che in definitiva è, ossia una ri espansione verso il vuoto che accade nel vuoto stesso, nella
coscienza non formale, in maniera apparentemente centrifuga.

Potremmo quindi dire, riassumendo, che i sintomi psichiatrici sono di tre tipi:
-una prima serie di sintomi riguardano il crollo della identità, di cui ci stiamo occupando in questo
lavoro
-una seconda serie di sintomi sono afferenti alle dinamiche energetiche che si attivano e lavorano
alla purificazione del mezzo durante ed in seguito alla iniziale crisi di identità
-un terza serie di sintomi è sostenuta dalle reazioni difensive, omeostatiche, ristrutturative dell'ego
che resiste alla trasformazione in corso, e produce segnali di allarme e organizza difese anche di
lungo termine contro il processo in corso, complicando parecchio le cose.
Sulla intensità dei sintomi energetici e sull'aiuto all'ego in difficoltà, che non si rassegna alla sua
morte rinascita, molto può essere utile l'intervento di contenimento ed indirizzamento che un
terapeuta esperto può offrire.

Ed infatti questo è quello che accade nelle crisi di identità, nell'evoluzione dal me al se, nelle psicosi
28
“Gli uomini dormono e sognano, e quando muoiono si svegliano” (detto attribuito a Maometto).
27
e negli SAC, che esprimono il processo di liberazione dall'illusione ed accompagnano il ritorno a
casa della coscienza, il suo risveglio.
Negli SAC si percepisce l'universo come uno, come noi fossimo uno con l'universo, come quando
Gesù dice: “Io e il padre mio siamo Uno”. La sofferenza permane sino a che c'è separazione.. 29

4. La resistenza

Prima di quella condizione tuttavia, prima di risorgere si deve attraversare questa fase di morte e
rinascita, di crocefissione del corpo mente. Prima casca il mondo, poi casca anche la terra, e c'è il
terrore di questo sprofondare prima di scoprire che si può volare.
L'ego è quindi mezzo morto, e già la coscienza è tornata a casa. Questa parte non protesta di sicuro:
“Interrogato, il morto non rispose”.

Tuttavia come abbiamo visto per quel tanto che ancora è anche mezzo vivo, ecco che le resistenze
al processo espansivo trovano una parte di ego d'accordo a resistere, una coscienza ancora catturata
dal complesso egoico.30
Così vediamo che quasi sempre in contemporanea alla dissoluzione della identificazione, della crisi
di identità, o (secondo l'ego) al crollo dell'ego, c'è un atteggiamento di sofferenza non accettata,
ego distonica. C'è resistenza. 31

Ed è questa resistenza armata, contraria ostinatamente a questo decrescere, ossia attiva nel
mantenere magneticamente aderente a se, identificata la coscienza, che ci parla nella testa: e dice
“c'è qualcosa che non va”, va tutto storto, va sempre peggio, non sono d'accordo. Si osserva una
continua resistenza al presente, a come vanno le cose, il fiume della vita: va tutto male, non se ne
può' più, no sono d'accordo, c'è qualcosa che non va. C'è sempre qualcosa che non va.

In realtà tutto sta andando come deve andare, ma noi resistiamo, non siamo d'accordo, e nella testa
continuano le rappresentazioni di questo contrasto, e si formano le strategie per evitare il peggio e
cercare i meglio.
E' l'ego che si difende dalla sua riduzione, annientamento, trasformazione, morte rinascita.
E' l''Ego che è contro la resurrezione.

29
Cera una volta in un lontano paese, ricordavamo, è l'artificio della mente per uscire da qui ed ora, il primo
tradimento, l'uscita dal paradiso terrestre, l'avere mangiato il frutto della divisione (l'albero dell'eden). Il serpente
Kundalini a questo punto esce dal giardino dell'Eden.
30
Ricordiamo che il termine cattivo deriva dal latino captivus, ossia prigioniero, legato, non libero. Il regno dei cattivi,
nella Divina Commedia, l'inferno, è anche il regno di coloro che hanno perduto il ben dell'intelletto. Si dice
insomma che l'essere egocentrici senza consapevolezza ed essere folli è la stessa cosa.
31
E questo persino quando ci sia coscienza che tutto accade per la liberazione, come accade a Dante vicino al confine
della liberazione, davanti al muro di fuoco in Purgatorio. Qui, Virgilio non riesce a convincerlo a mollare tutto,
inizialmente, perché Dante era “pur fermo, contr'a coscienza”.
28
La grande parte della psichiatria, quella infernale, quella in cui c'è una sofferenza senza senso,
insopportabile (dal me), deriva da queste reazioni egoiche, da questa resistenza. Deriva da reazioni
che si mantengono, si cronicizzano, perché essere di traverso, errare diciamo cosi, è umano: di
fronte ad un sofferenza di morte è naturale no essere così fenici, pregare che questo calice passi da
noi. Ma quando si persevera nel tempo ciò significa che è in campo, non intende andarsene, un
avversario del processo, l'ego non molla, perseverare è diabolico, nel senso che si mantiene la
separazione. 32
La sofferenza qui non deriva dal cambiamento, ma dalla resistenza al cambiamento.

Ritornando alla nostra filastrocca, quando diciamo “casca la terra” come gradino successivo, e
differente dal precedente “casca il mondo”, in realtà stiamo dicendo che un processo più avanzato di
de realizzazione e depersonalizzazione che conseguono alla prima crisi di identità, è una crisi più
profonda, dove anche il soggetto che dice di soffrire e di essere al centro del processo dissolutivo si
dissolve maggiormente anch'esso. 33

4. La notte oscura dell'anima


A questo punto ci soffermeremo un po' a considerare il vissuto di crollo del proprio mondo e del
senso di identità personale, che va progressivamente destrutturando la condizione precedente fino a
giungere a un nadir, ad un punto estremo
Tutto si svolge come se si dovesse passare in una clessidra dall'altra parte: Sempre meno rimane,
fino a che solo quando noi sei più puoi passare per quella cruna di ago, solo se scompari tu persona
puoi passare tu, l'essenziale.

1. E’ morto qualcuno?
In effetti è un paradosso, perché c'è uno solo che sente, il Sé.
Quando dico “mi sento male” sto parlando identificato col me,
come se accadesse a me.
Sente in maniera identificata, come se succedesse a lui, nella misura in cui ancora è identificato con
la persona, con la storia, nella misura in cui ancora ci crede e anche in maniera impersonale, come
se accadesse in lui....

32
Ricordiamo che diabolico deriva da diavolo, che a sua volta deriva da dia ballein, verbo greco che sta per divisione,
dividere.
33
Una barzelletta indica come il dito che dice fa male qui, e anche qui, e anche qui, sia in effetti l’unico punto dolente,
ti fa male il dito e basta....
29
Tuttavia questo sentire, dopo il risveglio, il riconoscimento che siamo coscienza, accade invece in
me.
La coscienza adesso percepisce non più a partire dal me, dalla identificazione, ma sente anche in
maniera non identificata, come coscienza che contiene quei contenuti, che li percepisce dentro di
sé.
Dal punto di vista del Sé, si tratta del sentire la trasformazione, la morte rinascita, la dis
identificazione; è il sentire la vita che riparte, l'espansione, il non coincidere, è l'avere tolto di
mezzo la identificazione con il me …
E' il “Sia fatta la Tua volontà”, che va oltre me.

In fondo al pozzo infernale, Dante dice questa frase memorabile:

Io non morii e non rimasi vivo/


pensa oggimai lettore se hai fior di ingegno
qual io rimasi d'uno e d'altro privo.

È una frase un po’ sibillina in effetti. Dante dice che ciò che doveva morire a quel punto è del tutto
morto; non se ne esce vivi, si deve lasciare ogni speranza procedendo verso il fondo dell'inferno. È
morto non il contenitore fisico, il corpo, ovviamente. Il processo di rinascita corrisponde al ritorno
all'infinito, in vita, mentre si è in prima vita. 34; è solo morta l'illusione in effetti, e non la realtà
senza morte che siamo. Con questa separazione di ciò che muore da ciò che non può morire si è
ottenuta una purificazione completa dell'intensione di aderire all'ego, una completa rinuncia a
Satana, poiché la coscienza che ha accompagnato il processo è ora sciolta da quella credenza, da
quella identificazione, e questa coscienza non egoica può passare oltre.

Così, nel primo canto del purgatorio, quando i due pellegrini giungono sulla spiaggia dove
incontrano catone, la prima domanda posta dal guardiano del secondo regno è proprio “chi siete
voi”.
Ciò che muore e porta morte, l'ego, non può infatti passare, questa è la legge universale, le cose
stanno cosi da sempre e per sempre.
Occorre fior di ingegno spiega Dante, per capire questo non la normale intelligenza che comprende
le cose, il mondo degli oggetti.
E ci dice anche, misteriosamente, che lui rimase senza, e non con: senza vita e senza morte. Ossia
al di la di entrambe.

In effetti una vera morte è andare al di là, anche di esistere e non esistere. Il nostro essere arriva alla
soglia anche del non essere, cade anche tutto ciò che era sostenuto precedentemente dall'io sono,
cade quindi ogni identificazione tanto per iniziare, ma cade anche il supporto di ogni
identificazione.
Al di qua della identificazione il sistema è off completamente, proprio non è, è al di là anzi di
essere o non essere.

Cosi questo stadio è caratterizzato da una perdita di sé cosi profonda che diviene il punto centrale:
dove sono? Dove mi trovavo prima, infatti, adesso non mi trovo più. Ma allora dove sono?
E prima di riconoscere che non sono da nessuna parte e dovunque al contempo, passo per una crisi
34
Il risorgere nel giorno di Pasqua, nella Divina Commedia, avviene con continue precisazioni sul fatto che Dante è
in viaggio con il suo corpo mortale, ed infatti getta ombra nel purgatorio (dove la luce ricompare dopo la notte
infernale), e di lui Virgilio dice a Catone che si trova in prima vita, che non vide mai l'ultima sera. L'idea quindi
che la resurrezione sia dopo la morte fisica è un modalità dualistica cattolica per dilungare la trasformazione ed in
definitiva di impedirla, collocando il paradiso, il giardino in un altro mondo in un altro tempo
30
di identità, ossia una crisi di localizzazione nel tempo e nello spazio.
Casca la terra, a livello soggettivo, assomiglia a una “notte oscura dell'anima”, come l’hanno
definita coloro che vi sono passati. Notte perché non vi sono più luci ad orientare, è “un'aura sanza
stelle”35, come quella che incontra Dante quando supera la porta dell'inferno. Non c'è luce, non si
vede più niente, non è chiaro, non ci si vede da qui a li'.

La notte oscura dell'anima è il vissuto di morte, la morte vissuta, e non la morte fisica dove tutto
si eclissa.
In una prima fase, quando casca il mondo, il vissuto è più depressivo, la morte si sta avvicinando;
stanca – malata - moribonda, ma non ancora morta.
Il soggetto, la persona, si sente morire; è questo sentire il senso di morte, che per l'ego è non voluto,
è ego distonico.
Invece in questa fase successiva, dopo inizia a cascare la terra, il vissuto è di terrore, di pre morte, e
non solo depressivo, ego distonico, scontento.
E' proprio come se stessi li li per morire, proprio sull'orlo del baratro.

Nella fase subito dopo, invece, è come se fossi morta proprio; nessuno ha le risposte, non ci sono
più domande di conseguenza.
Siamo persi, si dice in Sicilia, sì persi.
Questo è morire da vivi.

I sintomi di questa fase, di questa notte oscura, sono la totale perdita di forze, della capacità
reattiva:
“e già non ha più le forze che aveva prima...”
Qui è venuto a mancare persino colui che sino a poco prima non voleva morire.
Qui si è andati oltre ogni distinzione, tra me e il mondo, tra la vita e la morte. 36
Qui non si sta più ne’ il cielo ne’ in terra, questa situazione non ha ne capo ne coda, è
indifferenziata.

2. Clinica
Tutto è perduto
...E il mare è nero e tutto è nero ed io non vedo altro che nero.
Nero che divora tutto. Mi risucchia. Ciò che ho intorno mi opprime e adesso sto piangendo e
neanche io so perché. … ...Sto diventando pazza. Al 99% sì, l'altro uno per cento è la
possibilità che io lo sia già. Ho come l'impressione che il mio groviglio interiore possa
risucchiare il mio corpo al suo interno.
I miei pensieri vanno più veloci della mia mente, la testa rischia di esplodere.
Frasi, immagini, ricordi, ipotesi, paranoie, canzoni, ansie, tutto si fonde e si rincorre senza
tregua.

Ho perduto me stessa, non sono più io


...Mi sento come una bambola di pezza, e dentro suono vuota almeno quanto lei.
Sto diventando cinica, fredda, insensibile. Incapace di provare sentimenti. Cosa sono io?
Un'ombra, nient'altro. I ricordi mi appaiono sfocati, come fossero brevi immaginazioni,

35
E dalla porta dell'inferno, alla fine della cantica infernale, no c' luce; solo alla fine “uscimmo alfine a riveder le
stelle”.
36
“Ci sta una terra di nessuno / dall'altra parte del cuore / come un miraggio incastrato tra la gioia e il dolore// domani
ce lo diranno, dove dobbiamo andare / domani ce lo diranno cosa dobbiamo fare... F. De Gregori, “Terra di
nessuno”.
31
cose mai accadute, a cui a ho pensato solo per un attimo. È tutto annebbiato. Questa fredda
stanza mi cinge la gola con le sue quattro mura. Niente riesce ad arrivarmi. Tutto è spento e
mi è impossibile provare emozioni. VUOTA.VUOTA.VUOTA. Com'è sentirsi vivi? Non può
essere solo questa fredda cosa la vita.

Sono tutti gli altri


Ho occhi che, come grandi abissi neri, invitano il mondo a caderci dentro e l'unica a ferirsi
sono sempre io. Ciò che ho dentro mi distrugge e lo fa anche ciò che vedo fuori. Questa
realtà mi opprime, mi soffoca. Penso la stessa cosa con mille menti diverse, mi impersono
nel serial killer e poi nell'anima più innocente, mi sembra di aver già vissuto ogni
possibilità senza mai essermi alzata dal letto.

3. La notte oscura mistica


Per illustrare meglio il concetto di notte oscura, riportiamoci a San Giovanni della Croce, che per
primo impiegò questo termine per descrivere come la perdita di tutto corrisponde alla apertura
mistica all'infinito. 37
San Giovanni della Croce, seguace di Santa Teresa d’Avila che nel trattato “La Notte Oscura”
descrive la notte oscura dei sensi e la notte oscura dell’anima (la notte oscura della
contemplazione); per unirsi a dio l’anima si deve liberare da tutti gli ostacoli dei sensi, ma anche
sperimentare il dolore di sentirsi separata da dio, smarrita e confusa: l’anima esposta alla luce divina
s’infiamma e si purifica annullandosi nel divino (nozze mistiche).

Segue adesso una rapida esposizione degli insegnamenti di San Giovanni della Croce, seguiamo la
tradizionale suddivisione, cara all’autore, nelle tre tappe rispettivamente dedicate ai principianti, ai
proficienti e ai perfetti.38

1. Principianti: Per notte oscura non si deve intendere sofferenza e nient’altro; infatti notte
è anche altri importanti momenti di questa esperienza, come quello culminante, quando
diventa “notte pacifica, abissale e oscura intelligenza divina” , ma si procede nella non
conoscenza dell’obiettivo finale.
Inoltre questa notte ha due modalità, che sono l’attiva e la passiva, la prima fatta di
opportuni sforzi da parte dell’interessato, la seconda data per grazia.
“Si tratta di una progressiva trasformazione, che è una purificazione del soggetto, il quale
perde uno dopo l’altro i suoi attaccamenti ai sensi e alle facoltà psichiche (intelletto,
immaginazione e desiderio)”…. “Il graduale raggiungimento di questa basilare
convinzione (così contraria al comune sentire) determina quella che sopra chiamavamo
‘purificazione passiva’. Si tratta di un processo doloroso, in cui gli oggetti del desiderio
perdono progressivamente significato, rivelando la loro sostanziale insoddisfacenza...”.

“Anch’esso, il fine spirituale .... deve deludere e non dare quello che all’inizio si sperava che
desse... e questo è il vero principio di un mutamento di rotta …. perché solo in esso può
generarsi la convinzione che tutte le attese sono fallaci e che l’unica realtà è il presente così
com’è”.

37
Il termine notte oscura in effetti non è inventato da Giovanni, anche se è lui a fornirgli diffusione e fama, ma è
ripreso dalla tradizione mistica, in particolare da Gregorio Nisseno, dallo Pseudo-Dionigi e da Taulero. Tuttavia fu
Giovanni della Croce ad attribuirgli quel valore centrale che ne fa l’espressione sintetica dell’esperienza mistica.
38
Tratto da Giovanni della Croce e la notte oscura dell’anima, di Franco Michelini-Tocci,
http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/misticacristiana/giovannitocci.htm

32
Questa fase assomiglia a quando il mondo non ha più attrattiva, ma ancora non è stata del
tutto messa in discussione la identità del soggetto.
Giovanni consiglia in questa fase di “rimanere quieti trascurando qualsiasi opera interiore
ed esteriore e tenendo lontana ogni sollecitudine di fare qualche cosa … rimanendo nella
contemplazione, che infatti non è altro che un’infusione segreta, pacifica e amorosa di
Dio” 

2. Proficienti: Anche se “si ricevono comunicazioni sublimi come quelle degli angeli”
l’unica cosa importante è la pratica di rinunciare a sé stessi, cioè ai propri desideri
egocentrici . In questa fase intermedia, “la notte oscura (che qui assume il nome di  notte
oscura dello spirito) si manifesta … come un progressivo distacco da quelle che sono le
tradizionali facoltà psichiche, cioè intelletto, memoria e volontà (o, detto più
modernamente, pensiero, immaginazione e desiderio)”.
-Il distacco dall’intelletto consiste nel perdere fiducia che esso possa arrivare a conoscere lo
scopo finale coi suoi mezzi, …. il rimedio pratico è sempre lo stesso: imparare “a starsene nella
quiete con attenzione e avvertenza amorosa di Dio” . ...”il piacere di “starsene soli con
attenzione amorosa in Dio, senza considerazione particolare, e in pace interiore, quiete e riposo” .
Quiete è la parola fondamentale, e occorrerà la fede come antidoto.
- Quanto alla facoltà psichica della memoria, che ha soprattutto a che fare con l’immaginazione
e la fantasia, anch’essa sarà abbandonata allorché apparirà evidente la sua inadeguatezza a
cogliere Dio. Qui l’antidoto sarà la virtù della speranza, perché ha la caratteristica di fondarsi
non su quanto vede ma su quanto attende, e il rimedio pratico sarà il concentrarsi sull’ascolto.
-La “volontà” è la facoltà desiderativa, gli affetti, anch’essi inadeguati a cogliere l’Assoluto,
perché ottenebrati dalle quattro passioni che, nel linguaggio di Giovanni, sono “gioia e
dolore, speranza e timore” . A ben guardare, le quattro passioni possono essere ridotte a due
che non sembrano troppo diverse dal “desiderio” e dall’“avversione” della dottrina
buddhista. La volontà ha come antidoto la carità, che consiste nell’amare quanto Dio ama,
cioè quanto la vita offre, senza più essere attratto dalle preferenze individuali. 39
In questa fase della notte oscura, detta ”dello spirito”, ci sono dei periodi di aridità del cuore
e di sofferenza molto più duri di quella “del senso”, e si manifesta molti anni dopo essere
entrati nello stato di proficienti. Questo significa dunque che vi è un lungo periodo di
preparazione alla notte, nel quale si manifestano fenomeni di rilievo”, “non le mancheranno
mai alcune prove, aridità, tenebre e angustie talora molto più intense di quelle passate” quali
disagi fisici (che sono la conseguenza dell’inadeguatezza del corpo alla forza dello spirito,
quali debolezza di stomaco, deperimento, fiacchezza), ma anche estasi (elencate assieme agli
svenimenti e agli slogamenti delle ossa). 

3. Perfetti: L’appartenenza a quest’ultimo e più alto grado è caratterizzata principalmente


da due condizioni. La prima riguarda l’intelletto, l’altra riguarda il cuore, che è pervaso
dall'amore. La notte qui è tale soltanto perché, essendo ormai vuota di contenuti la mente, la
luce non è riflessa da nulla e perciò appare invisibile ed oscura. Si tratta dunque, per così
dire, di una luce tenebrosa. All’atto pratico, questo significa che la persona non si accorge di
niente, che non ha, cioè, alcuna fruizione di stati di essere speciali: “sa soltanto di essere al
buio”. Ma siccome “Dio non dà mai la sapienza mistica senza l’amore dal quale viene
infusa” , ecco allora che il cuore è pervaso d’amore, che si impadronisce di lui come il fuoco
si impadronisce progressivamente del legno . Si tratta di un amore infuso, cioè passivo, in

39
Giovanni non tralascia occasione di sorridere di come si manifestino, tra gli spirituali, alcune di queste preferenze,
che appaiono inutili e nocive. Nessuna particolare preferenza, egli dice, va accordata alle immagini sensibili, come
quadri o statue, dato che “la persona veramente devota ripone principalmente la sua devozione nell’invisibile”
33
cui “l’unica azione che l’anima deve compiere è quella di dare il proprio assenso”  . Si deve
perdere tutto per avere tutto. 40

5. Tutti giù per terra

L'ultima strofa della filastrocca indica che ora siamo così, passo dopo passo41 , giunti al silenzio, al
vuoto, all’assenza di ogni credenza, alla fine.
Ma ogni fine è un inizio, perché dal punto di vista del personaggio, se qualcosa inizia deve finire,
ma anche se qualcosa finisce deve iniziare o qualcos'altro42, simile o radicalmente differente,
(resurrezione), o la stessa cosa modificata (reincarnazione).
Dal punto di vista assoluto tuttavia, proprio perché guardando da fuori del tempo non ci sono inizio
e fine, qualcosa non cambia mai, possiamo dire che la
fine della filastrocca insiste sul ricordarsi che nulla è
mai cambiato.
La coscienza presente come consapevolezza, senza avere
come oggetti me o il mondo, è infatti sempre la stessa, la
stessa che stava a cavallo della giostra, che cadde, che
morì, ma alla fine, appunto, “non è morto nessuno”,
niente … e il nulla non può morire ne' nascere.
Ecco che in questa storia che è tutta una storia, è una
Divina Commedia a lieto fine, compare sempre la figura
del salvatore.
L'assoluto, cioè sciolto43, Dio stesso o in forma di
soccorritore (la divina madre), o anche di colui che mette
alla prova, è fuori dal gioco, è prima-durante-dopo; è
sempre sereno, non turbato, immortale, onnipotente etc.

Personificato o meno, a seconda della cultura del tempo,


la guida, l'amico, il salvatore è stato sempre raffigurato
come vittoria, soluzione. Una figura che aiuta, che aiuta
a lasciare che sia, a dire di si; che aiuta a morire. Questo
emerge ad esempio nei miti: è dal fondo dell'abisso che
sorge la voce della salvezza44 . Roma, Cimitero degli inglesi:
Sofferenza
40
Per illustrare l'ascesa al Monte della Perfezione, oltre che nella Salita del Monte Carmelo, Giovanni scrive: «Per
giungere a gustare il tutto, non cercare il gusto in niente. // Per giungere al possesso del tutto, non voler possedere
niente.// Per giungere ad essere tutto, non voler essere niente. // Per giungere alla conoscenza del tutto, non cercare
di sapere qualche cosa in niente.// Per venire a ciò che ora non godi, devi passare per dove non godi.// Per giungere
a ciò che non sai, devi passare per dove non sai.// Per giungere al possesso di ciò che non hai, devi passare per
dove ora niente hai.// Per giungere a ciò che non sei, devi passare per dove ora non sei.»
Osservate la similitudine con un autore moderno che descrive la stessa via: nel terzo tempo di East-Coker (1940), il
secondo dei Quattro quartetti, scrive T.S.Eliot:
«In order to arrive there,/ to arrive where you are, to get from where you are not,/ you must go by a way wherein
there is no ecstasy.// In order to arrive at what you do not know/ you must go by the way which is the way of
ignorance.// In order to possess what you do not possess/ you must go by the way of dispossession.// In order to
arrive at what you are not/ you must go through the way in which you are not.// And what you do not know is the
only thing you know/ and what you own is what you do not own/ and where you are is where you are not.»
41
“Cammina, cammina, si ritrovarono in un lontano paese”. Si ritrovarono, quindi non è questo che credevi, e il
lontano paese è proprio qui adesso....
42
“Chiusa una porta si apre un portone”
43
Dal latino “ab solutus”, ossia sciolto, libero da.
44
“One thing that comes out in myths is that at the bottom of the abyss comes the voice of salvation. The black
moment is the moment when the real message of transformation is going to come. At the darkest moment comes the
light. “ -- Joseph Campbell, the darkness before the dawn- Traduzione: Il momento più oscuro è quello nel quale
34
Spesso dicevamo è in forma di un qualcuno, nella visione che un qualcuno debba essere aiutato a
diventare nessuno.
Nel gioco del girotondo, questo i bimbi del girotondo lo fanno da soli ed insieme, uno con l'altro.
Altre volte emerge invece questo superamento della personificazione, e non c'è più nessuno da
aiutare né qualcuno che aiuta; non c'è qualcuno che risolve, c'è soluzione.
Anche nella Commedia, Dante incontra la sua guida, la sua salvezza, nel momento più oscuro, nella
notte profonda dell'anima: “Mentre ch'io rovinavo in basso loco / dinanzi agli occhi mi si fu
offerto / un che per lungo silenzio parea fioco....”
Incontrare l'assoluto come qualcosa separato da sé è una fase intermedia. È la fase precedente ad
essere quel liberato. 45

E Giunge sempre il tempo della salvezza. Basta pensare al simbolismo del Natale, al solstizio
d’inverno. Ma come potremmo parlarne allora, di questo aiuto che viene da sé, di questa pace che
viene raggiunta dopo la tempesta, come si dice : in sé e per sé?

Cosa accade a chi attraversa questo e diviene l'assoluto, di colui che è giunto alla fine del gioco,
della filastrocca, della Commedia?
In altre parole, chi passa attraverso la morte cambia, non è più riconoscibile; e a questo punto, a
cosa somiglia chi è liberato da sé stesso?46

5. La Grande Liberazione
1. “Addio mondo di gioie e di tormenti! 47
Chi va verso la morte a che somiglia?
Alla brina del viottolo che porta
alla tomba e ad ogni passo si fa fango.

Non hai dimenticato di contare


i docili rintocchi di campana
che giungono dal tempio non lontano?

Dei sette che ci annunciano l’aurora


sei hanno invaso l’aria fino al cielo
quel che rimane sarà l’ultima eco
di quello che ancor udir potremo.

Dirà al mondo la beatitudine Il Budda in meditazione


del nostro Nulla” sotto l'albero sacro.

verrà il vero messaggio della trasformazione. Nel momento più oscuro nasce la luce.
45
Nell'esempio della Divina Commedia, quando Dante incontra Beatrice e parte con lei, si unisce a lei, la figura
esterna di Virgilio scompare.
46
Dice un detto di saggezza indiano: “Non confondere la comprensione con il risveglio, non confondere il risveglio
con la liberazione”. Liberazione dalla identificazione con il me, liberazione dal me, non del me.
47
Questa poesia si trovava sul Corriere della Sera di alcuni anni fa; il giornalista commentava stupito di come fosse
strano che una poesia del periodo medioevale coevo di Shakespeare forse, fosse così simile nei temi a quelli del
grande poeta inglese; amore e morte, felicità e rassegnazione. Non aveva evidentemente compreso che la matrice
buddista del poema era al di la dei sentimenti umani. La poesia senza dubbio deriva da qualche saggio che sapeva di
cosa si stava parlando; si parlava di come va a finire il giro tondo, del dopo morte.
35
A che somiglia chi va verso, e non fugge da, chi ha attraversato quella porta, è diverso, tentiamo di
descriverlo, è diverso da tutti gli altri: non c'è più nulla li, oppure altrimenti detto non c'è più nulla
in lui, come direbbe qualcuno che vede i qualcuno.
La poesia è composta di due parti. Nella prima si descrive uno stato, di realizzazione; nella seconda
si descrive la via per raggiungerlo. La conclusione tuttavia è che non esiste nulla, e che questa è
perfetta beatitudine.48

Il poema si avvia nella prima parte parlando di colui che è andato oltre il bene ed il male, il
piacere ed il dolore dell'ego, che è andato oltre l'ego, le passioni, la mania di cui ci parla il Buddha.
Descrive colui che segue la via, che è giunto in fondo al cammino.
Il Buddha è colui che è andato al di là di tutto, il perfettamente svegliato, il sublime.....Solo il
Buddha, il Cristo, il Realizzato ha vinto la morte, non fugge davanti alla morte, va incontro alla
morte, perché sa davvero (e non solo intellettualmente), ha fatto davvero la esperienza che la via per
rinascere, per nascere davvero è questa.

Come descriverlo, a cosa somiglia?


Egli , dice il poema, somiglia alla brina.
Che strana immagine; una immagine senza forma, una forma senza consistenza, una materia
celeste, la rugiada del cielo.
Essa discende sul viottolo della tua vita, breve corso, faticoso dalla nascita alla tomba.
Discende all'inizio ed alla fine del viottolo contemporaneamente, discende sul viottolo e sulla terra
circostante, all'infinito; discende per farsi terra, per impastarsi con noi, divenire noi.
E siamo noi che mescoliamo quell'acqua e questa terra, quel respiro divino a questa creta di
Adam”49; siamo noi nella nostra “tenda di creta” che veniamo visitati da ciò che ci vivifica e
giustifica, dallo spirito al quale diamo albergo.50
Bene, nel nostro cammino di vita siamo noi che incontriamo, incarniamo, rendiamo parte
integrante del nostro essere quell'infinito, ineffabile, incomprensibile acqua del cielo.
Ecco come quel Maestro sia in noi, e come egli sia la via per raggiungere il cielo.

Nella seconda parte del poema si descrive la via interiore: si tratta della scala santa, dalla terra al
cielo, che procede a gradini. Si tratta della scala dei chakra, della scala dei pianeti - chakra che
nella colonna vertebrale astrale ci conduce in paradiso.
Devi seguire la via del suono, consiglia il poeta, la musica delle sfere-chakra ti guiderà.
Seguila con attenzione, conta i passi interiori, non dimenticare!!
Ecco, tu puoi seguire il cammino perché non hai dimenticato, perché ti sei ritrovato nella selva
oscura, perché sei docile come docili sono i tocchi di campana interiori, hai smesso di opporti; essi
si fanno sentire se li vuoi sentire, se ti apri a sentirli, se li ascolti.
Il tempio non lontano è il corpo; il tempio esteriore è costruito a sua immagine e somiglianza. 51

48
Anche Dante conclude il suo poema allo stesso modo: dopo la visione di Dio egli si reintegra senza più separata
individualità nel moto universale, come volontà unificata al moto del divino che muove ogni parte del tutto...
49
“Siamo noi questo piatto di grano …. “(De Gregori, la storia siamo noi).
50
Poesia dell'imperatore Adriano: “Animula vagula blandula/ hospes comesque corporis...” . Oh, Anima! Leggera e
effimera, ospite e commensale del corpo....
51
La navata centrale del tempio replica Shushumna, le navate laterali Ida e Pingala, il canale solare e lunare, ed infatti
spesso hanno una cappellina intesta di navata dedicata a Gesù l'una ed alla Vergine l'altra. La cupola esprime il
settimo chakra con molte finestre occhi o Soli che dir si voglia, come il Pantheon. Le colonne sormontate da archi
individuano porte, le porte interiori, i chakra, dai quali si hanno visioni specifiche, vedi cappelle laterali e vetrate
che le sormontano; ma la visione centrale, quella del sesto chakra,è ben affrescata nell'abside, dietro l'altare
appunto maggiore; quando ti siedi a destra o a sinistra della doppia fila di banchi centrale (anche in Shushumna ci
sono sottodivisioni) guarda tra le sopracciglia verso il Sole (l'abside è spesso orientato verso Est, Oriente) interiore,
e quando sarai pronto a fare la comunione col Maestro egli ti apparirà.
36
L'importante dice la poesia è che tu segui passo passo, che tu conti i gradini, ogni passo, ogni
giorno della tua vita terrena, che tu segua il cammino che fa uscire da questo inferno e porta in
cielo.
Questo cammino, come anche dice Dante , “ non per vista ma per suono è noto”...lo senti, non lo
vedi.52

Il poema precisa, come la Divina Commedia, che non si può davvero parlare della via, che si può
parlare del sentiero solo fino ad un certo punto. Tuttavia si può percorrere e raccontare, con analogie
e miti e riti 53.
Percorrere questi sei gradini della scala che va dalla terra al cielo equivale a dire che devi fare
scorrere la coscienza-energia lungo i sei chakra , fino alla “comunione” col cielo, fino al settimo
cielo, fino alla comunione con la Luce, con Dio, con la coscienza cosmica. La luce del nostro Sole,
nel nostro sistema solare, è la stessa luce che si esprime in tutti i Soli di tutti gli universi.54
Così, se siamo arrivati al sesto piano, completando la scala dei sette pianeti come abbiamo detto,
rimane adesso per ultimare la realizzazione il passaggio dal sesto al settimo chakra.

Il poema qui utilizza delle immagini che si riferiscono all'insegnamento del Buddha al proposito.
La natura della mente, spiega il Buddha, è come uno spazio vuoto, un contenitore, una stanza, una
stanza luminosa, ossia cosciente.
Il grado di luce che vi splende è variabile, ed è in funzione dell'auto realizzazione, dell'auto
riconoscimento di questo essere, l'uomo, che può creare dentro di sé ogni cosa.

Ecco allora le caratteristiche della “mente” nel senso di coscienza:

-è vuota
-è luminosa, ossia autocosciente
-è creativa: ad esempio posso immaginare la Torre Eiffel e subito essa compare nella mia
mente, la ho generata...
-è discriminativa; ad esempio, se faccio comparire nella mia mente il Big Ben, so che non è
la Torre Eiffel....

Queste sono caratteristiche a priori, sono delle categorie del generare, e non riguardano il singolo
oggetto generato dal soggetto.
Non è possibile distinguere il soggetto dall'oggetto, poiché egli genera mondo a partire dalla sua
propria materia, la coscienza stessa, lo costruisce a partire dalla sua propria carne.

Allora qui il poeta dice che alla fine del suo viaggio interiore, coscienziale, ritrova la sua vera
natura, la vera natura è il vuoto, un vuoto che non è assenza ma pienezza, e che è anche beatitudine,
poiché è l'essere che si ritrova.55

Questo ritrovare l'essenza è ritrovare la propria vera natura, la quale è descritta da sempre come
“Sat Chit Ananda”, ossia “essere, coscienza, beatitudine”.
52
Un discepolo chiede al Maestro: “Maestro, dove è l'ingresso del sentiero?” Il Maestro: “Lo senti il ruscello che
scorre qui vicino?” Discepolo: “Si, lo sento”. Maestro: “Ecco, lì è l'ingresso del sentiero.”
53
Il rito comincia dove finisce l'intelligenza (Tao te Ching).
54
Il settimo chakra corrisponde a ciò che è al di la della circolazione dei pianeti, della energia nei chakra; corrisponde
a quello che nelle chiese è la cupola, sopra il piano della navata centrale e delle navate laterali, corrispondenti a Ida
e Pingala. Anche il vuoto alla sommità della cupola del Pantheon ha analogo significato, come i cassettoni intorno
ad essa cupola corrispondono ai petali-occhi infiniti, alla coscienza cosmica. Il settimo chakra, Sahasrara chakra,
detto anche “il fiore dai mille petali”, corrisponde nella Divina Commedia alla Candida Rosa del Paradiso.
55
“ Mi ritrovai per una selva oscura”, dice Dante.
37
La beatitudine del nostro nulla è quindi la condizione di realizzazione di ciascun uomo che sia
giunto a trascendere il suo limite, che si sia liberato da se stesso56 ed è al contempo anche una
possibilità collettiva, per chiunque. E' la realizzazione del Sé, l'auto realizzazione bene intesa, è il
“mi ritrovai”.

Il poema si conclude affermando l'indicibilità di questo stato: questo livello non è qualcosa che si
può dire a parole, è possibile solo intenderne una ombra, una eco; non potremmo dire nulla di
questa esperienza “ in chiaro”: solo una assenza finale, il Nulla totale.57 Nessuno quindi si trova giu
per terra, e no lo si ritrova nemmeno tuttavia su in piedi.
Ciò che non ha mai subito mutamento non sopravvive perché non muore nemmeno. La coscienza
che ora si mostra e auto percepisce nuda e senza forma è la stessa che sedeva dentro il personaggio
cavaliere, ma che era l'afflitto ed il suo soccorritore e tutti i personaggi, che moriva senza morire,
moriva dentro se stessa, in se e per se, e che è intatta alla fine. 58

2. La ruota della vita del buddismo tibetano


Un altro modo di parlare della via per il
risveglio e la grande liberazione dallo stato
di illusione, di sonno, di prigione in cui la
coscienza vive nell'essere umano non
risvegliato, è espressa molto bene nella
ruota della vita, simbolo buddista (tibetano)
con cui si insegna la via, il karma, la
liberazione.

Come vediamo nell'immagine, un essere


potente e terribile tiene tra le sue grinfie la
ruota della vita; è Kala, il Dio del Tempo.
Egli dice: tutto ciò che sta sotto di me io
governo, distruggo; teschi sono la sua
collana, terribile il suo aspetto, nulla fugge
al suo dominio.
Il tempo passa, la ruota gira, tutto – il tutto -
la vita scorre, gira il mondo gira. Sembra
che mi stia spostando, ma sono immobile da
un po', recita una canzone59

La ruota della vita è divisa al suo interno in


sei parti; sono i sei regni, i Loka,
dell'esistenza senziente: Il mondo degli
uomini, e sopra di questo quello dei
semidei60, e sopra ancora quello degli dei. La ruota della vita
Sotto il mondo degli uomini c'è il mondo
degli animali, poi quello degli spiriti avidi, o degli spettri, e dei demoni, con gli 8 inferni caldi
56
Il figlio dell'uomo, appunto, nato dall'uomo.
57
Dante dice: “a l'alta fantasia qui mancò possa”, ….
58
Ananda Moi Ma, una grande santa realizzata indiana dello scorso secolo, diceva a Yogananda che era andato a
trovarla: figlio, io sono la stessa, prima di nascere ero la stessa, dopo la mia morte sarò la stessa....
59
Non è buio ancora, di B. Dylan, tradotta da De Gregori.
60
Ricordate quanto si concentra su questo mondo la mitologia greca? E su quello degli dei quella vedica...
38
e gli 8 inferni freddi.

Si sale o si scende dal piano umano a seconda del karma, ossia dei meriti o delle colpe, del grado di
luce o di oscurità; ecco rappresentati infatti all'interno dei vari mondi un cerchio con esseri che
salgono e scendono divenendo più chiari o più scuri.
Nella ruota della vita, si sale e si scende , si va a stare meglio o peggio, senza uscire da questa
illusione, grazie alle buone ed alle cattive azioni, secondo il dharma, credendo di più o di meno
all'ego ed alla sua dinamica di potere.61

Passare da un regno inferiore, quanto a sofferenza, (mondo infero), ad uno superiore corrisponde ad
una liberazione dalla sofferenza, a liberazioni minori62.
Al centro di questo cerchio un ultimo piccolo cerchio raffigura i tre veleni, il motivo con cui
l'ego porta karma negativo, o vincendo i quali si acquista karma positivo: sono il maiale,
corrispondente all'ottundimento mentale, il gallo, corrispondente alla collera, e il serpente, il
desiderio.
Questi tre ostacoli ricordano da vicino le tre fiere all'inizio della Divina Commedia, ciò che
ostacola la ascesa, o che determina la discesa.

Questa immagine dice che il mondo dell'illusione, il mondo che crede nella illusione che il tempo
esista, che ci sia nascita e morte, ci sia avanzamento o retrocessione, si alleggerisca o si
appesantisca la sofferenza; è un mondo relativo.
La sofferenza c'è finché si crede al tempo, finché si crede che ci siamo, che ci sia qualcuno, finché
c'è ego. Nella ruota della vita sempre c'è sofferenza, in gradi diversi, perché sempre c'è desiderio,
illusione, reincarnazione, legame.

Ego e tempo sono infatti così connessi che nella ruota della vita ciò che limita, contrae, imprigiona
l'uomo è raffigurato da un mostro che è proprio il tempo.
La nascita o meglio la rinascita stessa in questi mondi è illusoria, e può essere vinta completamente
solo dai liberati, da coloro che hanno raggiunto la grande liberazione, ossia che hanno visto
davvero chi sono, l'essere eterno, non soggetto a morte e sofferenza. Questi sono raffigurati con
pochi saggi che sono fuori dalle grinfie del dio Kala.
La vita all'interno del tempo, dovuta al desiderio non estinto, fa rinascere all'interno di questa
giostra delle rinascite.
Nascita e morte sono sofferenza, nascere crescere, ammalarsi , invecchiare, morire sono sofferenza.
E' quindi l'illusione che porta sofferenza.
Solo i liberati dal tempo, dalle rinascite, dalla giostra sono nella beatitudine.

Nella ruota della vita reincarnarsi quindi deriva dal desiderio rimasto ancora attivo, dalla illusione
che l'individuo esista come separato, come ego. Deriva dalla contrazione della coscienza in una
forma, cui c'è ancora attaccamento, cui si crede ancora.

Conclusione
La filastrocca è uno dei tanti modi in cui nel conscio collettivo è memorizzato e trasmessa una
formula coincisa, comprensibile per la mente, del processo del risveglio, della via graduale. Il

61
Vedi carta dei tarocchi “La ruota della fortuna”, dove la gente sale e scende in base al destino...
62
Persino gli dei, che sono molto meno afflitti e mortali degli altri, comunque dovranno alla fine dle loro tempo
reincarnarsi se non liberati, e non possono che farlo in regni inferiori, , quindi soffrono in qualche modo anche essi.
39
girotondo attorno a un centro, un albero, uno spazio vuoto, esprime il manifestarsi del centro nel
tutto ed il suo ritorno. Innumerevoli opera letterarie, poetiche, artistiche ne narrano, in forme più
estese come nella Divina Commedia, o nei proverbi, come spiegato nella parte finale del libro.

Dice Dante:
Dal centro al cerchio e si dal cerchio al scentro
si move l'acqua in un ritondo vaso
secondo ch'è percossa fuori o dentro

Questa respirazione cosmica è presente in noi, dalla respirazione alla circolazione corporea, dalla
nasce re e dal morire.

In questo specifico caso ho cercato di fare vedere con un minimo di amplificazione come dipenda
sempre dalla nostra capacità di vedere, di leggere dentro, intus ligere, di intelligere il testo. Spero
che questo piccolo lavoro aiuti ad aprire gli occhi, di coloro che già li stano aprendo, la nuova
umanità.

40

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