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Andiamo ad analizzare alcune traduzioni in tedesco della raccolta di liriche di Eugenio Montale “Ossi di

Seppia”.

La prima poesia è In Limine. Salta subito all’occhio che il traduttore non ha tradotto il titolo, ma lo ha
lasciato nella sua versione originale. Questa lirica apre la raccolta di Montale e costituisce da sola la prima
sezione della raccolta: il testo è stato scritto ed editato in corsivo per volontà dell’autore, forse proprio
perché la poesia ha funzione di un proemio e di una dichiarazione poetica. Il titolo In limine è in latino ed è
un'espressione che può avere molti significati, tra cui “soglia”, “dimora”, “inizio”, ma anche “fine” e
“compimento”.

La lirica è composta da 18 versi (quasi tutti endecasillabi, ma ci sono anche dei settenari) suddivisi in
quattro strofe (la prima e la terza hanno cinque versi, la seconda e la quarta ne hanno quattro). Nella
versione tradotta in tedesco abbiamo lo stesso schema metrico per quanto riguarda il numero di versi e il
numero di strofe. Anche l’alternanza tra quartine e cinquine è rispettata. L’ultima strofa sembrerebbe fare
un eccezione, ma il “nicht bitter..” alla fine mi sembra più una necessità di spazio che un nuovo verso.

Le rime sono irregolari nelle strofe dispari (sciolti i versi 2, 3, 4, 12) e regolari in quelle pari (ABBA nella
seconda; ABAB nella quarta, con l’ultima rima ipermetra). Anche nella seconda strofa della versione tedesca
notiamo rime regolari ABBA.

Nel testo di Ungaretti sono presenti alcune figure retoriche; varie sono le metafore (v. 7, il commuoversi
dell’eterno grembo; v. 9, crogiuolo; v. 10, un rovello è di qua dall’erto muro; v. 12, nel fantasma che ti salva;
v. 15, una maglia rotta; v. 18, meno acre la ruggine). Nella versione tedesca, permane la metafora del verso
7 (“ewige Schoße”), v.9 (“Tiegel”) e anche del verso 10 e 15, mentre cambia leggermente la metafora del v.
12 (non più fantasma ma miraggio) e si perde la metafora del verso 18 (non più “ruggine” ma “Groll”).

Orto non era (v. 5) è un’anastrofe. “kein Garten, ein Reliquienschrein ist’s gewesen“ è anch’esso
un’anastrofe.

Al v. 5 è individuabile una similitudine sottintesa (ma [somigliava a un] reliquiario). La traduzione mantiene
la similitudine.

Numerosi sono gli enjambement (vv. 1-2, 3-4, 8-9, 11-12, 13-14, 15-16, 17-18). Non sempre vengono
riportati nella versione tedesca.

Vi sono delle differenze a livello di contenuto. Il verso “il frullo che tu senti non è un volo”, viene reso in
maniera leggermente differente, ovvero “Ein Schwirren hörst du, es sind keine Flügel”, quindi Flügel=ali
invece di Flug “volo”. Il verso “tu forse nel fantasma che ti salva” viene tradotto come “vielleicht auf das
Trugbild, das dich errettet “, quindi fantasma viene reso con Trugbild che vuol dire “miraggio”. Infine,
all’ultimo verso “meno acre la ruggine…” viene reso con “der Groll mich nicht bitter..”, ovvero “meno
amore il mio risentimento..”

In generale, il significato della poesia è rispettato nella versione tedesca e anche la metrica cerca di
riprodurre lo stesso effetto dell’originale.

Passiamo adesso alla poesia I Limoni, tradotta come Die Zitronen. La poesia è dedicata a una delle piante
più tipiche dell'area mediterranea, una pianta semplice ma dai frutti vivacissimi. Montale gioca fin da subito
sul contrasto tra ciò che abitualmente sarebbe degno di stare in una poesia, quella scritta dai «poeti
laureati», e ciò che invece lo è per lui, come tiene a specificare con un pleonasmo molto incisivo («io, per
me»).
Il componimento è formato da quattro strofe di versi liberi, molti dei quali sono endecasillabi e settenari; la
rima è libera, talvolta vi sono delle rime al mezzo (v. 12-13). In totale ci sono 49 versi. Nella versione
tedesca, sono generalmente rispettate tutte queste caratteristiche. Vi è lo stesso numero di versi nelle
prime due strofe, versi in più nelle altre due e la rima rimane libera.

Sono molte le figure retoriche rintracciabili in questo compimento di Montale.

La poesia si apre con un’apostrofe “Ascoltami”, che ritroviamo anche nel tedesco “Hör zu” e una metafora
(poeti laureati; nell’antichità il lauro – o alloro – era utilizzato come simbolo del trionfo della poesia), che in
tedesco viene reso con il meno aulico “mit Lorbeer bekränzten Dichter”. Altre metafore sono rintracciabili
ai vv. 11-12 (Meglio se le gazzarre degli uccelli / si spengono inghiottite dall’azzurro; si nota anche
l’assonanza fra gazzarre e azzurro), tradotto col nome composto “Vogelgezeter”, al v. 19 “tace la guerra” (in
questo caso è presente anche la figura retorica della personificazione), il quale, però, non ha un
corrispettivo nella versione tedesca, al v. 30 “lo sguardo fruga d’intorno”, reso con “der Blick schweift
umher”, e al v. 46 “il gelo del cuore si sfa”, tradotto con “bis das Eis des Herzen zerschmilzt”.

Le figure retoriche sono quindi per lo più rispettate, e non solo le metafore.

Varie volte ricorre la figura retorica dell’anastrofe (v. 6, agguantano i ragazzi; v. 43, malchiuso portone),
anch’esse rispettate nella versione tedesca, con lo spostamento della posizione del predicato.

Al v. 12 compare la figura della metonimia (inghiottite dall’azzurro; in questo caso, azzurro sta per cielo),
che in tedesco prende la forma di “erlösche in Blau” ovvero “spegnersi nell’azzurro”.

Al v. 17 notiamo un ossimoro “dolcezza inquieta”, reso come “rastlose Süße” mentre ai vv. 18-20 è
presente un’anafora (Qui… / qui…), che però non abbiamo nella versione tradotta in tedesco.

Si noti l’asindeto al v. 31 (la mente indaga accorda disunisce); accorda disunisce è un’antitesi. In tedesco ciò
viene tradotto come “der Geist forscht, eint, hält auseinander“.

Al v. 49, infine, è presente una raffinata sinestesia (trombe d’oro della solarità; qui si accostano l’ambito
uditivo e quello visivo), che mantiene il suo significato nella versione tedesca “den Goldtrompeten der
Sonne”.

In generale, non solo lo schema metrico di per sé, ma anche le figure retoriche più complesse vengono rese
bene nella traduzione in tedesco. Il contenuto è molto fedele all’originale e non ci sono dei grossi
cambiamenti, né, tantomeno, aggiunte del traduttore.

Passiamo ora a “Meriggiare pallido e assorto”. Meriggiare pallido e assorto è una poesia di Eugenio
Montale, scritta nel 1916 e pubblicata per la prima volta nel 1925 all’interno della raccolta Ossi di seppia
(nella sezione “Ossi brevi”).

Il testo ruota attorno al tema dell'impossibilità della parola poetica di raggiungere la dimensione dell'"oltre"
(in questo caso rappresentato da quelle agognate scaglie di mare del v.10 che si intravedono oltre il muro,
tra le fronde degli alberi), e della rinuncia da parte dell'io lirico a travalicare la dimensione della mera
contingenza (il muro d'orto del v. 2, la muraglia del v.16).

Per quanto riguarda la metrica, la poesia è costituita da quattro strofe (tre quartine e un’ultima strofa di
cinque versi) di versi liberi (novenari, decasillabi ed endecasillabi). Questo schema metrico è rispettato
anche nella versione tedesca.

Lo schema delle rime è così strutturato:


la prima strofa ha rime baciate (AABB); la seconda rime alternate (CDCD); la terza di nuovo rime baciate
(EEFF); la quarta termina con rime e consonanze (abbaglia-meraviglia-travaglio-muraglia-bottiglia) e ha uno
schema del tipo GHIGH.

Anche per quanto riguarda le rime, la versione tedesca segue lo stesso schema. Ad esempio, nell’ultima
strofa, le rime sono “Strahlen-entdecken-Qualen-Mauer-bedecken”, rispettando lo schema GHIGH
dell’originale.

Il componimento è caratterizzato da un uso insistito dell’infinito (meriggiare, ascoltare, osservare, etc.).


Questa continuità, spezzata solo da un gerundio, priva di un effettivo soggetto, universalizza la poesia e le
riflessioni dell’io lirico. L’utilizzo dell’infinito ritorna anche nella versione tradotta.

Un’altra caratteristica evidente della poesia è la sua ricercatezza fonica. Moltissime le allitterazioni presenti
e, in particolare, gli scontri consonantici (con s, r, t, ch). La musicalità aspra che ne deriva (e che presenta
echi dell’Inferno dantesco) richiamare il tema trattato. A queste si aggiungono le molte assonanze (es.
merli-serpi), le consonanze che chiudono tutti i versi della quinta strofa e le onomatopee presenti ai vv. 4 o
11 (schiocchi, frusci, scricchi). Questo è un effetto che possiamo notare anche nella traduzione, in particolar
modo al v. 4 (Amseln schlagen, Schlangen zischen)

Le figure di suono appena elencate sono solo alcune delle figure retoriche di Meriggiare pallido e assordo.
Tra le altre, troviamo:

sinestesia: “osservare tra frondi il palpitare/ lontano di scaglie di mare” (vv. 9-10); “Zwischen den Blättern
das Beben ferner Meerschuppen erspähen”

enjambements (vv. 5-6, 9-10, 11-12...);

ossimoro: “triste meraviglia” (v. 14); reso in tedesco “mit trauerndem Staunen entdecken”

metafora: la muraglia finale è metafora esplicita della vita;

paronomasia: “sterpi”-"serpi" (vv. 3-4); è possibile trovare una somiglianza con “schlagen-Schlangen” al
verso 4

climax ascendente: struttura l’intera poesia, dalle crepe del suolo ai calvi picchi alla muraglia, ben resa
anche nella versione in tedesco.

Anche in questo caso abbiamo una traduzione che non è semplicemente fedele nel contenuto, ma riesce
anche ad avere uno schema metrico quasi identico all’originale, dimostrando un’ottima resa di una poesia
che anche a livello di effetto sonoro sembrerebbe molto difficile da tradurre, ma che viene invece
rielaborata perfettamente in tedesco, senza necessità di stravolgimenti.

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