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L’INDIA

E GANDHI


Il leader indiano Mahatma Gandhi (Mahatma vuol dire
‘’Grande Anima’’) è riuscito a liberare il suo Paese dal dominio
inglese che era iniziato a fine ‘800.
Studiò legge in Inghilterra e al suo rientro in India iniziò a
combattere l’arroganza del predominio britannico con una
scelta di non-azione, cioè con un atteggiamento del tutto
passivo davanti alla violenza qualunque essa fosse.
La politica della non-violenza di Gandhi ha influenzato nel corso
della storia umana molti importanti leader come Nelson
Mandela (Africa del Sud), Martin Luther King (Stati Uniti
d’America) la cui lotta per i diritti civili ha prodotto degli effetti
a catena sull’opinione pubblica e sui governi.
Tutte le volte che il suo popolo sbagliava, cioè quando si
lasciava andare alla violenza, preferiva pagare lui di persona
accettando di essere imprigionato come avvenne nel febbraio
del 1922 quando il popolo inferocito uccise 22 militari inglesi a
Chauri Chaura.

Quando invece vedeva che il suo popolo era diviso al suo interno a causa di forze separatiste
violente per evitare delle guerre fratricide cercava di lasciarsi morire di fame per dimostrare
il suo amore autentico all’India.
Nel 1930 intraprese una protesta contro il governo oppressore britannico che aveva deciso di
applicare una tassa su un bene di consumo basilare come il sale.
Partendo da Ahmedabad il 12 marzo assieme a 78 persone giunse il 6 aprile a Dandì dopo un
viaggio di 380 km a piedi, passato alla storia come ‘’La marcia del sale’’ assieme ad un corteo
di 60.000 persone.
A seguito di questa rimostranza molti indiani furono rastrellati, picchiati ed imprigionati ma
Gandhi teneva fede alla sua linea di non-violenza accettando qualunque risposta nemica.

Nel 1942 Gandhi firmò una richiesta d’indipendenza ai governanti britannici, la ‘’Quit India’’
(dall’inglese to quit = lasciare) che in breve si rivelò la più grande delle proteste non violente
messe in moto dal Mahatma.
A seguito delle proteste migliaia di persone vennero imprigionate dagli inglesi e lo stesso
Gandhi e la moglie Kasturba che morì in prigionia assieme a tanti suoi amici stretti.
Vicino alla morte per problemi di salute acuitisi all’interno della prigione, il governatorato
inglese per evitare ulteriori rivolte contro i civili liberò Gandhi e cedette la presa sull’India nel
1947.

I problemi comunque non cessarono nemmeno dopo l’indipendenza poiché il Pakistan esigeva
dall’India una ricompensa di 550 milioni di rupie per accordi sulla spartizione territoriale
della regione ma si temeva che questa ingente somma sarebbe servita al Pakistan per armarsi
e sottomettere tutta l’India.
A seguito di questo timore da parte del governo indiano si scatenarono lotte interne tra
pakistani e indiani che Gandhi volle scoraggiare con un altro digiuno che lo portò anche
stavolta vicino alla morte…per suo ultimo volere il governo indiano concesse il debito al
Pakistan e Gandhi interruppe in estremis il suo digiuno con un bicchiere di aranciata.
Alle 17:00 del 30 gennaio del 1948 un estremista indù (Nathuram Godse) in una giornata di
commemorazione religiosa uccise Gandhi con tre colpi di pistola quasi sicuramente perché
ritenuto colpevole delle cessioni al Pakistan.



Riassunto del Prof. Giovanni D Mauro

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