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L’IMPRENDITORE
Il sistema legislativo
Il concetto di attività economica ruota attorno alla figura dell’imprenditore regolata dall’articolo
2082 del codice civile. La quale disciplina non è pero identica per tutti i tipi di imprenditore.
Il codice civile infatti, distingue diversi tipi di imprese e di imprenditori in base a tre criteri:
A) l’oggetto dell’impresa, che determina la distinzione fra imprenditore agricolo (art 2135) e
imprenditore commerciale (art 2195).
B) La dimensione dell’impresa, in base alla quale è individuato il piccolo imprenditore (art 2083) e
l’imprenditore medio-grande
C) La natura del soggetto che esercita l’impresa, che determina la tripartizione legislativa fra
impresa individuale, impresa costituita in forma di società ed impresa pubblica
Tutti gli imprenditori sono assoggettati ad una disciplina base comune e non è altro che lo statuto
generale dell’imprenditore che comprende parte della disciplina dell’azienda e dei segni distintivi,
la disciplina della concorrenza e dei consorzi.
Chi è imprenditore commerciale non piccolo è assoggettato inoltre ad uno specifico statuto.
Rientrano nello statuto tipico dell’imprenditore commerciale: l’iscrizione nel registro delle imprese,
con effetti di pubblicità legale; la disciplina della rappresentanza commerciale; le scritture contabili;
il fallimento, le altre procedure concorsuali disciplinate dalla legge fallimentare e
Nozione dell’imprenditore
La nozione generale dell’imprenditore è regolata dall’articolo 2082 del codice civile: È
imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o di servizi.
L’articolo 2082 fissa i requisiti minimi che devono ricorrere perché un dato soggetto sia esposto
all’applicazione delle norme del c.c. dettate per l’impresa e per l’imprenditore, dall’articolo 2082 si
ricava che l’impresa è attività (serie coordinata di atti) ed attività caratterizzata sia da uno specifico
scopo (produzione o scambio di beni o servizi) , sia da specifiche modalità di svolgimento
(organizzazione, economicità, professionalità).
L’attività produttiva
L’impresa è attività finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi. È attività produttiva
(in senso lato) di nuova ricchezza.
Non è impresa l’attività di mero godimento; ossia l’attività che non da luogo alla produzione di beni
e servizi. Classico è l’esempio del proprietario di immobili che ne gode i frutti concedendoli in
locazione. Ma diventa attività di godimento e produttiva l’attività del proprietario di un immobile che
adibisca lo stesso ad albergo, pensione o residence. In tal caso le prestazioni locative sono
accompagnate dall’erogazione di servizi collaterali che eccedono il mero godimento del bene. È
opinione ormai decisamente prevalente che la qualità di imprenditore deve essere riconosciuta
anche quando l’attività produttiva svolta è illecita, cioè contraria a norme imperative, all’ordine
pubblico o al buon costume. E ci sia nei casi meno gravi in cui sono violate norme imperative che
subordinano l’esercizio dell’attività di impresa a concessione o autorizzazione amministrativa, sia
nei casi più gravi quando l’oggetto stesso dell’attività è illecito, non vi è alcun motivo per sottrarre
chi viola, la legge alle norme che tutelano i creditori commerciali.
La professionalità
L’ultimo requisito espressamente richiesto dall’art 2082 è il carattere professionale dell’attività .
Professionalità significa esercizio abituale e non occasionale di una data attività produttiva. La
professionalità non richiede pero che l’attività imprenditoriale sia svolta on modo continuato e
senza interruzioni. Per le attività stagionali è sufficiente il costante ripetersi di atti di impresa
secondo le cadenze proprie di quel dato tipo di attività. La professionalità non richiede neppure
che quella di impresa sia l’attività unica o principale. Parliamo di impresa anche quando si compie
un unico affare ma che comporta il compimento di operazioni molteplici.
Pu ritenersi imprenditore anche colui che produce beni o servizi destinati ad uso o consumo
personale.
2. LE CATEGORIE DI IMPRENDITORI
Il ruolo della distinzione
Il codice civile distingue due tipi di imprenditori: l’imprenditore agricolo (art 2135) e l’imprenditore
commerciale (art 2195). Chi è imprenditore agricolo è sottoposto solo alla disciplina prevista per
l’imprenditore in generale. È esonerato dall’iscrizione del registro delle imprese, la tenuta delle
scritture contabili; assoggettamento al fallimento ed altre procedure concorsuali.
Imprenditore commerciale
Art. 2195. (Imprenditori soggetti a registrazione).
Sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese gli imprenditori che esercitano:
1) un'attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;
2) un'attività intermediaria nella circolazione dei beni;
3) un'attività di trasporto per terra, per acqua o per
aria; 4) un' attività bancaria o assicurativa;
5) altre attività ausiliarie delle precedenti.
Le disposizioni della legge che fanno riferimento alle attività e alle imprese commerciali si
applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate in questo articolo e alle imprese
che le esercitano. Ne consegue che dovrà essere considerata commerciale ogni impresa che non
sia qualificabile come agricola.
Il piccolo imprenditore
Art. 2083. (Piccoli imprenditori).
“Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro
che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei
componenti della famiglia”. La prevalenza del lavoro proprio e familiare costituisce il carattere
distintivo di tutti i piccoli imprenditori.
Per aversi piccola impresa è necessario che:
a) l’imprenditore presti il proprio lavoro nell’impresa
b) Il suo lavoro e quello dei familiari prevalgono su lavoro altrui
La prevalenza del lavoro familiare sugli altri fattori produttivi deve intendersi on senso qualitativo-
funzionale. È necessario che l’apporto personale dell’imprenditore e dei suoi familiari caratterizzino
i beni o servizi prodotti.
Il piccolo imprenditore nella legge fallimentare
Oggi la disposizione fallimentare non definisce più chi è piccolo imprenditore, ma semplicemente
individua alcuni parametri dimensionali dell’impresa, al di sotto dei quali l’imprenditore
commerciale no fallisce.
Secondo l’attuale disciplina, dunque, non è soggetto a fallimento l’imprenditore commerciale che
dimostri impossessa congiunto dei seguenti requisiti:
a) aver avuto nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio
dell’attività se di durata inferiore), un attivato patrimoniale di ammontare complessivo annuo
non superiore a trecentomila euro
b) Aver realizzato nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento, ricavi
lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a duecentomila euro
c) Avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a cinquecentomila euro Basta
aver superato anche solo uno degli indicati limiti dimensionali per essere esposto a fallimento.
Chi pu essere dichiarato fallito si determina esclusivamente in base a criteri dimensionali stabiliti
dall’articolo 1,2° comma della legge fallimentare.
L’impresa familiare
È impresa familiare ripresa nella quale collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli
affini entro il secondo grado dell’imprenditore: cosiddetta famiglia nucleare. L’istituto è regolato
dall’articolo 230-bis c.c.
L’impresa familiare non va confusa con la piccola impresa, è frequente che la piccola impresa sia
anche impresa familiare. Viceversa, anche l’impresa non piccola pu essere impresa familiare. Il
legislatore ha voluto predisporre una tutela minima del lavoro familiare nell’impresa destinata a
trovare applicazione quando non sia configurabile un diverso rapporto giuridico e non sia perci
azionabile un altro mezzo di tutela.
La tutela legislativa è realizzata riconoscendo ai membri della famiglia nucleare che lavorino in
modo continuato nella famiglia o nell’impresa determinati diritti patrimoniali e amministrativi. Sul
piano patrimoniale sono riconosciuti i seguenti diritti:
A) Diritto al mantenimento
B) Diritto di partecipazione agli utili
d’impresa C) Diritto sui beni acquistati con gli
utili
D) Diritto di prelazione sull’azienda in caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell’azienda
stessa
Sul piano amministrativo è previsto che le decisioni in merito alla gestione straordinaria
dell’impresa sono adottate, a maggioranza dai familiari che partecipano all’impresa stessa.
L’impresa familiare resta un impresa individuale. Ne consegue che:
A) I beni aziendali restano di proprietà esclusiva dell’imprenditore-datore di lavoro
B) I diritti patrimoniali dei partecipanti all’impresa costituiscono semplici diritti di credito nei
confronti del familiare imprenditore
C) Gli atti di gestione ordinaria rientrano nella competenza esclusiva dell’imprenditore Si deve
ritenere inoltre che l’imprenditore agisca nei confronti dei terzi in proprio e non come
rappresentante dell’impresa.
l’impresa societaria
Esistono diversi tipi di società e che le società semplice è utilizzabile solo per l’esercizio di attività
non commerciale, mentre gli altri tipi di società possono svolgere sia attività agricole sia attività
commerciali come dettato dall’articolo 2249 c.c.
Le società diverse dalle società semplice si definiscono società commerciali e possono essere
imprenditori agricoli o imprenditori commerciali seconda dell’attività esercitata. L’applicazione alle
società commerciali degli istituti tipici dell’imprenditore commerciale segue regole diverse rispetto
l’imprenditore individuale.
Tali regole possono essere cosi sintetizzate:
A) parte della disciplina propria dell’imprenditore commerciale si applica alle società commerciali
qualunque sia l’attività svolta. Il principio è espressamente enunciato per l’obbligo di iscrizione
nel registro delle imprese (art 2136 e 2200). Inoltre anche le società commerciali che
esercitano impresa commerciale sono esonerate dal fallimento.
B) Nelle società in nome collettivo o in accomandita semplice parte della disciplina
dell’imprenditore commerciale trova applicazione solo o anche nei confronti dei soci a
responsabilità illimitata.
Attività commerciali delle associazioni e delle fondazioni
Le associazioni, le fondazioni e tutti gli altri enti privati con fini ideali o altruistici possono svolgere
attività commerciale qualificabile come attività d’impresa. L’essenziale è che l’attività produttiva
venga condotta con metodo economico.
Queste attività non sono esonerate dallo statuto dell’imprenditore commerciale quindi anch’essi
saranno esposti al fallimento.
La fine dell’impresa
Inizialmente l’articolo 10 della legge fallimentare disponeva che l’imprenditore commerciale poteva
essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell’impresa. Per quanto riguarda
l’imprenditore individuale, la qualità di imprenditore si perdeva solo con l’effettiva cessazione
dell’attività. È da tenere presente che la fase di cessazione dell’attività è preceduta dalla fase di
liquidazione e la fase di liquidazione pu ritenersi chiusa solo con la definitiva disgregazione del
complesso aziendale, che rende definitiva ed irrevocabile la cessazione. Ma (ed è questo il punto)
per l’imprenditore individuale la giurisprudenza riconosceva che non era necessario che fossero
stati riscossi tutti i crediti e pagati tutti i debiti relativi. E ovviamente se l’impresa avesse dovuto
ritenersi ancora in vita fin quando sopravvivono le passività, l’articolo 10 della legge fall. non aveva
nessun significato: l’anno per la dichiarazione di fallimento avrebbe cominciato a decorrere da
quando l’insolvenza in pratica non era più possibile essendo stati soddisfatti quanto meno tutti i
creditori di impresa.
Per le società era diverso, le società banche cancellata dal registro delle imprese, doveva ritenersi
ancora esistente ed esposta al fallimento fin quando non fosse stato pagato l’ultimo debito.
La corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’articolo 10 ed è stato modificato.
Art. 10. (Fallimento dell'imprenditore che ha cessato l'esercizio dell'impresa).
Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla
cancellazione dal registro delle imprese, se l'insolvenza si e' manifestata anteriormente alla
medesima o entro l'anno successivo.
In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva
la facoltà (per il creditore o per il pubblico ministero) di dimostrare il momento dell'effettiva
cessazione dell'attività da cui decorre il termine del primo comma. (50)
La pubblicità legale
La pubblicità delle imprese commerciali
Gli imprenditori avvertono da sempre la necessita di poter disporre con facilità di informazioni
veritiere e non contestabili su fatti e situazioni delle imprese con cui entrano in contatto. Per
le imprese commerciali e per le imprese societarie questa esigenza è soddisfatta dal
legislatore con l’introduzione di un sistema di pubblicità legale. È previsto l’obbligo di rendere
di pubblico dominio determinati atti o fatti dell’impresa. Le informazioni non sono rese
accessibili solo ai terzi interessati (c.d. pubblicità notizia) ma diventano opponibili a chiunque
indipendentemente dall’effettiva conoscenza (c.d. conoscibilità legale)
Il registro delle imprese è lo strumento di pubblicità legale delle imprese commerciali non piccole e
delle società commerciali dal 1942.
L’istituto per non ha funzionato per molti anni e ha trovato applicazione il regime transitorio
previsto dal c.c.
Il regime transitorio era basato sull’iscrizione nei registri di cancelleria presso il tribunale e
esonerava gli imprenditori commerciali individuali dall’iscrizione.
Col tempo erano anche nate altre due forme di pubblicità per le società , la busarl e la busc. Ne
risultava cosi un sistema di pubblicità di imprese disorganico e complesso.
Nel 1993 la situazione si sblocco e la nuova disciplina del registro delle imprese ha portato nuove
novità:
A) il registro delle imprese non è solo strumento di pubblicità legale delle imprese commerciali ma
è diventato anche strumento di informazione sui dati organizzativi di tutte le altre imprese.
Infatti l’iscrizione nel registro delle imprese è stata estesa agli imprenditori agricoli, piccoli
imprenditori e società semplici con effetti di mera pubblicità-notizia, ma adesso per
l’imprenditore agricolo anche pubblicità legale.
B) La tenuta del registro delle imprese è affidata alle camere di commercio
C) Il registro delle imprese è tenuto con tecniche informative mi modo da garantire la velocità del
passaggio di informazione
Efficacia dichiarativa: i fatti e gli atti soggetti ad iscrizione ed iscritti sono opponibili a chiunque e lo
sono dal momento stesso della registrazione (c.d. efficacia positiva immediata). Intervenuta la
registrazione, i terzi non potranno eccepire l’ignoranza del fatto o dell’atto iscritto.
L’omessa iscrizione inca impedisce che il fatto possa essere opposto ai terzi (efficacia negativa).
L’imprenditore che ha omesso la registrazione non è tuttavia senza difesa in quanto gli è
consentito di provare che, nonostante l’omessa registrazione, i terzi hanno avuto conoscenza
effettiva del fatto o atto.
In alcune ipotesi, tassativamente previste, l’iscrizione produce effetti ulteriori e rilevanti. È
presupposto perché l’atto sia produttivo di effetti, sia fra le parti che per i terzi (efficacia costitutiva
totale) per le società di capitali. solo nei confronti dei terzi ( efficacia costitutiva parziale) per le
società in nome collettivo.
Efficacia normativa: l’iscrizione è presupposto per la piena applicazione di un determinato regime
giuridico. È questo il caso delle società in nome collettivo e delle società in accomandita
semplice. La mancata registrazione fa si che la società sia irregolare
L’iscrizione nella sezione speciale del registro non produce nessun effetto, in quanto ha di regola
solo funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia.
L’articolo 2 del d.lgs. 228/2001 ha stabilito che per le categorie di imprenditori l’iscrizione nella
sezione speciale ha anche efficacia di pubblicità legale. È così cancellato sotto tale profilo la
diversità di disciplina fra imprenditore agricolo e imprenditore commerciale.
Scritture contabili
L’obbligo di tenuta delle scritture contabili
Le scritture contabili sono i documenti che contengono la rappresentazione, in termini quantitative
e/o monetari, dei singoli atti di impresa, della situazione patrimoniale e del risultato economico.
Articolo 2214 (La tenuta delle scritture contabili è elevata ad obbligo)
“L'imprenditore che esercita un'attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro degli
inventari.
Deve altresì tenere le altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni
dell'impresa e conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei
telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture
spedite.
Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori.”
Il libro giornale è un registro cronologico-analitico. In esso vengono indicate giorno per giorno le
operazione relative all’attività
Il libro degli inventari è un registro periodico-sistematico. Deve essere redatto all’inizio
dell’esercizio dell’impresa e successivamente ogni anno. L’inventario fornisce il quadro della
situazione patrimoniale dell’imprenditore (articolo 2217).
Il bilancio è un prospetto contabile riassuntivo del quale devono risultare con evidenza e verità la
situazione complessiva del patrimonio /articolo 2217).
Efficacia probatoria:
Le scritture contabili possono essere usate in giudizio come mezzo di prova sia a favore che
contro l’imprenditore che le ha tenute.
Contro l’imprenditore fanno sempre prova, anche se non regolarmente tenute.
Peraltro, chi vuole utilizzarle in proprio favore non pu scinderne il contenuto.
Per rispettare il diritto dell’imprenditore alla riservatezza della propria documentazione contabile, il
giudice pu disporre solo l’esibizione di singole scritture contabili, solo per estrarne le registrazioni
concernenti la controversia.
Soltanto in tre ipotesi il giudice pu ordinare la comunicazione di tutte le scritture contabili: nelle
controversie relative allo scioglimento delle società, alla comunione dei beni e alla successione per
causa di morte.
A favore dell’imprenditore, invece, le sue scritture contabili possono fare prova soltanto quando
ricorrono tutti i seguenti presupposti: - che le scritture siano regolarmente tenute;
- che la lite sia con un altro imprenditore;
- che la controversia concerna rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa.
Rappresentanza commerciale
Ausiliari dell’imprenditore commerciale e rappresentanza
L’imprenditore pu avvalersi della collaborazione di altri soggetti.
Questi soggetti possono essere interni o subordinati, oppure esterni o autonomi. In entrambi i casi
la collaborazione pu riguardare anche la conclusione di affari con terzi in nome e per conto
dell’imprenditore.
Il fenomeno della rappresentanza è solitamente regolato dall’articolo 1387, ma quando si tratta di
atti inerenti all’esercizio di impresa commerciale posti in essere da alcune figure come: institori,
procuratori e commessi, è regolato da delle norme speciali che vanno dall’articolo 2203-2213
Queste tre figure sono automaticamente investiti del potere di rappresentanza dell’imprenditore, e
di un potere di rappresentanza ex lege commisurato al tipo di mansioni.
L’institore
È insistere colui che è proposto dal titolare all’esercizio dell’impresa, o di una sede secondaria o
un ramo particolare (direttore). È un lavoratore subordinato all’imprenditore. Si parla di vertice
assoluto quando lui è direttamente sotto l’imprenditore. Si parla di vertice relativo se è preposto
ad una filiera e si trova in una posizione subordinata rispetto ad un altro institore.
Art. 2205. (Obblighi dell'institore).
Per le imprese o le sedi secondarie alle quali e' preposto, l'institore e' tenuto, insieme con
l'imprenditore, all'osservanza delle disposizioni riguardanti l'iscrizione nel registro delle imprese e
la tenuta delle scritture contabili. Art. 2204. (Poteri dell'institore).
L'institore pu compiere tutti gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa a cui è preposto, salve le
limitazioni contenute nella procura. Tuttavia non pu alienare o ipotecare i beni immobili del
preponente, se non e' stato a ci espressamente autorizzato.
L'institore pu stare in giudizio in nome del preponente per le obbligazioni dipendenti da atti
compiuti nell'esercizio dell'impresa a cui e' preposto.
I poteri rappresentativi dell’institore possono essere ampliati o limitati dall’imprenditore.
Le limitazioni saranno per opponibili ai terzi solo se l’atto di limitazione è stato pubblicato nel
registro delle imprese.
La revoca è opponibile ai terzi solo se pubblicata o se l’imprenditore prova la loro effettiva
conoscenza.
I procuratori
Art. 2209. (Procuratori).
Le disposizioni degli articoli 2206 e 2207 si applicano anche ai procuratori, i quali, in base a un
rapporto continuativo, abbiano il potere di compiere per l'imprenditore gli atti pertinenti
all'esercizio dell'impresa, pur non essendo preposti ad esso.
Inoltre, i procuratori non sono posti a capo dell’impresa e il loro potere decisionale è circoscritto ad
un settore operativo. ( direttore degli acquisti)
Inoltre il procuratore non ha la rappresentanza processuale e non è soggetto agli obblighi di
iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabili
I commessi
Art. 2210. (Poteri dei commessi dell'imprenditore).
“I commessi dell'imprenditore, salve le limitazioni contenute nell'atto di conferimento della
rappresentanza, possono compiere gli atti che ordinariamente comporta la specie delle operazioni
di cui sono incaricati.
Non possono tuttavia esigere il prezzo delle merci delle quali non facciano la consegna, ne'
concedere dilazioni o sconti che non sono d'uso, salvo che siano a ci espressamente autorizzati.”
In altri termini: il commesso non pu esigere il prezzo delle merci delle quali non facciano la
consegna, ne concedere dilazioni o sconti. L’imprenditore pu ampliare o limitare i loro
poteri.
5. AZIENDA
La nozione di azienda. Organizzazione ed avviamento
art. 2555. (Nozione).
"L'azienda e' il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell’impresa.”
L’azienda sotto il profilo giuridico costituisce l’apparato strumentale di cui l’imprenditore si avvale
per lo svolgimento e nello svolgimento della propria attività.
Non posso essere considerati beni aziendali i beni di proprietà dell’imprenditore che nono sono
destinati allo svolgimento della produttività.
Nella nozione di azienda l’accento va posto sul dato dell’organizzazione. L’azienda è infatti un
insieme di beni eterogenei, non necessariamente di proprietà dell’imprenditore.
Rilievo economico: Sul piano dinamico l’impresa è un nuovo “valore”, per l’attitudine alla
produzione di nuova ricchezza che l’organizzazione le conferisce.
Usufrutto dell’azienda
L’usufruttuario dell’azienda deve esercitarla sotto la ditta che la contraddistingue. Egli deve gestire
l’azienda senza modificano la destinazione e in modo da conservare l’efficienza
dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte. Se non adempie a tale obbligo
o cessa arbitrariamente dalla gestione dell’azienda, si applicano l’articolo 1015. La differenza tra
le consistenze di inventario all’invio e al termine dell’usufrutto è regolata in denaro, sulla base dei
valori corretti al termine dell’usufrutto.
6. I SEGNI DISTINTIVI
L’attività d’impresa vede coesistere più imprenditori che producono e\o distribuiscono beni o servizi
identici o similari.
L’imprenditore perci utilizza segni distintivi che consentono di individuarlo.
1. La ditta (Art. 2563-2567): contraddistingue la persona dell’imprenditore nell’esercizio d’attività
d’impresa (nome commerciale)
2. L’insegna: individua i locali in cui l’attività d’impresa è esercitata
3. Il marchio (Art. 2569-2574 \ codice della proprietà industriale): individua i beni e servizi prodotti.
4. Il nome a dominio (Art. 2568): individua un sito internet usato nell’attività. Hanno una funzione
comune nell’economia di mercato, favoriscono la formazione e il mantenimento della clientela
poiché consentono al pubblico di distinguere fra i vari operatori economici.
Intorno a questi segni finiscono per ruotare diversi interessi:
- L’interesse dell’imprenditore di precludere ai concorrenti l’uso di segni similari idonei a sviare la
propria clientela.
- L’interesse degli stessi imprenditori a poter liberamente cedere ad altri i propri segni, in modo
da monetizzare il valore economico.
- L’interesse di quanti entrano in contatto con essi (segni), a non essere tratti in inganno
sull’identità dell’imprenditore.
- L’interesse principale, la competizione concorrenziale si deve svolgere in modo ordinato e
leale. E’ tuttavia possibile desumere dei principi comuni:
a. L’imprenditore gode di ampia libertà nella formazione dei propri segni distintivi.
b. L’imprenditore ha diritto all’uso esclusivo dei propri segni distintivi.
c. L’imprenditore pu trasferire ad altri i propri segni distintivi.
7. LA DITTA
E’ il nome commerciale dell’imprenditore; lo individua come soggetto di diritto nell’esercizio
dell’attività d’impresa. Ed è segno distintivo necessario, nel senso che in mancanza di diversa
scelta essa coincide col nome civile dell’imprenditore.
Non è per necessario che la ditta corrisponda al nome civile: essa pu essere liberamente
prescelta dall’imprenditore (Art. 2563, comma 1).
Nella scelta della propria ditta l’imprenditore incontra per due limiti rappresentati dal rispetto dei
principi della verità e della novità.
Art. 2563 il principio di verità della ditta ha un contenuto assai limitato e soprattutto un contenuto
diverso a seconda che si tratti di
- Ditta originaria, è quella formata dall’imprenditore che la utilizza. Essa deve contenere
almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore. Tanto è necessario, ma al tempo stesso
sufficiente, perché sia soddisfatto il requisito della verità restando poi l’imprenditore libero di
completare come preferisce la propria ditta.
- Ditta derivata, è quella formata da un dato imprenditore e successivamente trasferita ad
altro imprenditore insieme all’azienda.
Art. 2564 più consistente è il principio della novità. La ditta non deve essere uguale o simile a
quella usata da altro imprenditore.
Chi ha adottato per primo una data ditta ha perci diritto all’uso esclusivo della stessa. Chi
successivamente adotti ditta uguale o simile pu essere costretto ad integrarla o modificarla con
indicazione idonee a differenziarla. E ci quand’anche la ditta usata per seconda corrisponda al
nome civile dell’imprenditore (ditta patronimica).
Comma 2 l’obbligo d’integrare o di modificare la ditta spetta infatti a chi ha iscritto la propria ditta
nel registro delle imprese in epoca posteriore.
Il principio della novità opera anche nei rapporti con altri segni distintivi; è fatto divieto di adottare il
marchio altrui come propria ditta se sussiste pericolo di confusione fra i segni.
Art. 2565 La ditta è trasferibile, ma solo insieme all’azienda.
Se il trasferimento avviene tra vivi, è necessario il consenso espresso dall’alienante.
Se il trasferimento avviene per successione ereditaria, la ditta si trasmette al successore.
8. IL MARCHIO
Il marchio è il segno distintivo dei prodotti o dei servizi dell’impresa.
Esso è disciplinato sia dall’ordinamento nazionale, sia dall’ordinamento comunitario ed
internazionale.
Il marchio nazionale è regolato dagli Art. 2569-2574 e dal codice della proprietà industriale. Al
marchio nazionale, recentemente si è affiancato il marchio dell’Unione Europea, consentendo di
ottenere un marchio che produce gli stessi effetti in tutta l’Unione Europea.
La tutela internazionale del marchio è infine disciplinata da due convenzioni, che consentono di
semplificare le procedure per accedere alla tutela del marchio nei singoli Stati aderenti secondo le
rispettive discipline nazionali.
Tali normative, imperniate sull’istituto della registrazione, riconoscono al titolare al marchio,
rispondente a determinati requisiti di validità, il diritto all’uso esclusivo dello stesso, così
permettendo che il marchio assolva la sua funzione di identificazione.
Il marchio:
- non è un segno distintivo essenziale, ma certamente è il più importante
- costituisce il principale simbolo di collegamento fra produttori e consumatori svolgendo un ruolo
centrale nella formazione e mantenimento della clientela.
I tipi di marchio
I marchi possono essere classificati e raggruppati secondo diversi criteri ed una prima distinzione
si basa sulla natura dell’attività svolta dal titolare del marchio.
1. Marchio di fabbrica e di commercio
Si può servire innanzitutto il fabbricante del prodotto o può essere apposto anche dal
commerciante, sia esso un distributore intermedio. Su uno stesso prodotto possono
coesistere più marchi.
Art 2572 il rivenditore non può per sopprimere il marchio del produttore.
2. Marchio di servizio
Pu essere utilizzato anche da imprese che producono servizi. La forma tipica di uso di tali marchi
è quella pubblicitaria, essendo essi apposti sui materiali che servono per la produzione del
servizio.
3. Marchio generale e marchi speciali
L’imprenditore pu utilizzare un solo marchio per tutti i prodotti (generale) o pu utilizzare, per
differenziare più prodotti, per sottolineare ai consumatori le relative diversità qualitative (speciali).
4. Marchio di forma
Pu essere costituito anche dalla forma del prodotto.
5. Marchio collettivo
Un tipo particolare di marchio poiché si distingue nettamente dai marchi d’impresa. Il titolare è un
soggetto che svolge la funzione di garantire l’origine, la natura o la qualità di determinati prodotti.
Tale marchio non viene utilizzato dall’ente che ne ha ottenuto la registrazione, ma concesso in uso
ai produttori o commercianti consociati. Ha una funzione puramente funzione di garanzia della
qualità.
6. Composizione del marchio
Il marchio pu essere costituito solo da parole (marchio denominativo) inoltre pu essere
costituito, da figure, lettere, cifre o disegni (marchio figurativo) ed anche da suoni.
Il marchio registrato
Il contenuto e la rispettiva tutela sono per differenti a seconda che il marchio sia stato o meno
registrato all’Ufficio italiano brevetti e marchi, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico.
La registrazione attribuisce al marchio il diritto all’uso esclusivo dello stesso su tutto il territorio
nazionale, coprendo anche non solo i prodotti identici ma anche quelli affini. Questa regola
cambia per i marchi celebri.
L’uso di un marchio celebre da parte di altri imprenditori oltre a costituire ‘’usurpazione’’ dell’altrui
fama, comporterebbe equivoci sulla reale fonte di produzione. Con la riforma del 1992, la tutela di
questi particolari marchi è stata svincolata dall’affinità merceologica.
La registrazione
Il diritto di esclusiva sul marchio registrato decorre dalla data di presentazione della relativa
domanda all’Ufficio brevetti. Il titolare è perci tutelato ancor prima che inizi ad utilizzarlo, anche
nella fase pubblicitaria.
La registrazione per poter estendere la tutela in ambito internazionale, avviene presso l’OMPI. Per
ottenere successivamente il marchio dell’Unione Europea la registrazione avviene presso l’EUIPO
di Alicante, Spagna.
La registrazione nazionale dura dieci anni, per rinnovabile per un numero illimitato di volte.
Assicurerà una tutela perpetua salvo che non sia dichiarata
- Nullità del marchio
- Causa di decadenza, ad esempio la volgarizzazione.
Il marchio, infine, è tutelato civilmente e penalmente. In particolare, il titolare del marchio, il cui
diritto di esclusiva è stato leso da un concorrente, pu promuovere contro questi l’azione di
contraffazione.
9. L’INSEGNA
Contraddistingue i locali dell’impresa o più genericamente il complesso aziendale.
Art. 2568 non pu essere uguale a quella già utilizzata da altro imprenditore concorrente, con
conseguente obbligo di differenziazione.
L’insegna dovrà essere:
- Lecita
- Non dovrà contenere indicazioni idonee a trarre in inganno il pubblico
- Sufficiente capacità distintiva
Il trasferimento pu avvenire, in materia trova applicazione la disciplina prevista sul trasferimento
del marchio.
La concorrenza sleale
La libertà di iniziativa economica implica la normale presenza sul mercato di più imprenditore
concorrenti fra loro per conquistare il potenziale pubblico dei consumatori.
Ciascun imprenditore gode di ampia libertà di azione, azione che pu diventare rude e pesante
dato che, in un sistema basato sulla concorrenza non è tutelabile.
E’ tuttavia interesse generale che la competizione si svolga in modo corretto e leale, da qui
l’esigenza a fissare talune regole.
Art. 2598-2601
nello svolgimento della competizione è vietato servirsi di mezzi e tecniche non conformi ai principi
della correttezza professionale; i fatti, gli atti e i comportamenti che violano tale regola sono atti di
concorrenza sleale. (2598)
Tali atti sono repressi e sanzionati anche se compiuti senza dolo e senza colpa (2600); ed
anche se non hanno ancora recato un danno (2598).
Tanto è necessario e sufficiente perché scattino le sanzioni tipiche dell’inibitoria alla
continuazione degli atti e della rimozione degli effetti prodotti (2599).
Tutelato è anche il più generale interesse a che non vengano tratti in inganno i consumatori;
quest’ultimi non sono tutelati direttamente poiché solo gli imprenditori concorrenti sono tutelati
(2601).
Tuttavia all’originaria tutela dei consumatori:
- contro gli inganni pubblicitari ha infatti portato alla nascita del codice di autodisciplina
pubblicitaria.
- Disciplina contro tutte le pratiche scorrette commerciali.
Il contratto di società
Art 2247
“Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune
di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili”. Questa è la nozione, anzi lo era fino al 93,
dato che il c.c. non consentiva la costituzione di società da parte di una sola persona. Oggi invece
questa possibilità è stata eccezionalmente prevista per la società a responsabilità limitata e anche
per la società per azioni, pertanto possono essere costituite anche con atto unilaterale.
Le società sono enti associativi a base contrattuale che si caratterizzano per la contemporanea
presenza di tre elementi:
a) I conferimenti dei soci
b) L’esercizio in comune di un‘attività economica
c) Lo scopo di divisione degli utili
I conferimenti
I conferimenti sono le prestazioni cui le parti del contratto di società si obbligano.
La loro funzione è quella di dotare la società del capitale di rischio iniziale per lo svolgimento
dell’attività di impresa. Infatti, col conferimento ciascun socio destina stabilmente parte della
propria ricchezza personale all’attività comune e si espone al rischio d’impresa.
Possono essere diversi sia l’oggetto che i conferimenti apportati dai soci. L’art 2247 stabilisce che
essi possono essere costituiti da beni e da servizi; ma si pu dire che esso trova piena
applicazione solo nelle società di persone e nella società a responsabilità limitata. Nelle altre
società di capitali e nelle società cooperativa non possono formare oggetto di conferimento “le
prestazioni d’opera o di servizi”.
Tipi di società
Classificazioni
Gli otto tipi di società possono essere aggregati in categorie omogenee sulla base di alcuni
fondamentali criteri di classificazione.
Una prima distinzione, è quella basata sullo scopo istituzionale perseguibile. Sotto questo profilo le
società cooperative e le società assicuratrici (società mutualistiche) si contrappongono a tutti gli
altri tipi di società, definiti come società lucrative.
Una seconda distinzione è quella basata sulla natura dell’attività esercitabile. La società semplice
è utilizzabile solo per l’esercizio di attività non commerciale (art 2249). Tutte le altre società
lucrative possono esercitare sia attività commerciale sia attività non commerciale e sono sempre
soggette ad iscrizione nel registro delle imprese con effetti di pubblicità legale. Per quest’ultima
caratteristica si definiscono società di tipo commerciale
Altra distinzione legislativa è quella fra società dotate di personalità giuridica e società prive di
personalità giuridica. Hanno personalità giuridica le solita di capitali e le società cooperative. Ne
sono invece prive le società di persone.
Aspetti organizzativi nelle società di capitali in quanto società con personalità giuridica:
A) è legislativamente prevista ed è inderogabile un’organizzazione di tipo corporativo;
un’organizzazione cioè basata sulla necessaria presenza di una pluralità di organi (assemblea,
organo di gestione e organo di controllo) dove ciascun organo ha le proprie competenze
B) Il funzionamento degli organi sociali è denominato dal principio maggioritario. L’assemblea
delibera a maggioranza anche le modifiche dell’atto costitutivo e le maggioranze assembleari
sono calcolate in base alla partecipazione di ciascun socio al capitale sociale, non per teste.
C) Il singolo socio in quanto tale non ha alcun potere diretto di amministrazione e di controllo; ha
solo il diritto di concorrere, con il suo voto in assemblea, alla designazione dei membri
dell’organo amministrativo e/o di controllo.
Le società di persone se pur prive di personalità giuridica, costituiscono soggetti di diritto distinti
dalle persone dei soci, secondo l’articolo 2266: “la società acquista diritti e assume obbligazioni
per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e sta in giudizio nella persona dei medesimi”.
È quindi la società che diventa titolare dei diritti e delle obbligazioni relative, al pari di qualsiasi
altro soggetto di diritto.
Ne consegue che nelle società di persone:
A) i beni sociali non sono beni in comproprietà “speciale” fra i soci, bensì beni in proprietà della
società
B) Le obbligazioni sociali non sono obbligazioni personali dei soci ma obbligazioni della società,
cui si aggiunge a titolo di garanzia la responsabilità di tutti o di alcuni dei soci;
C) Imprenditore è la società non il gruppo di soci, anche se il fallimento della società determina
automaticamente il fallimento dei soci illimitatamente responsabili.
Società occulta
la società costituita con l’espressa e concorde volontà dei soci di non rivelarne l’esistenza
all’esterno. La società occulta pu essere una società di fatto, ma pu risultare anche da un atto
scritto tenuto ovviamente segreto dei soci; l’attività di impresa deve essere svolta ed è svolta per
conto della società, ma senza spenderne il nome. La società esiste nei rapporti interni fra i soci,
ma non viene esteriorizzata.
Nei rapporti esterni l’impresa si presenta perci come impresa individuale di uno dei soci o anche
di un terzo, che operano spendendo il proprio nome.
Lo scopo che le parti si presuppongono col patto di non esteriorizzazione della società è quello di
limitare la responsabilità nei confronti dei terzi al patrimonio del solo gestore; evitando così che la
società sia esposta al fallimento.
La mancata esteriorizzazione della società non impedisce ai terzi di invocare la responsabilità
anche della società occulta e degli altri soci; necessario e sufficiente a tal fine, si afferma che, è
che i terzi provino a posteriori l’esistenza del contratto di società e che gli atti posti in essere dal
soggetto agente in proprio nome siano comunque riferibili a tale società, sia pure non
esteriorizzata. Perci , dichiarato il fallimento di un imprenditore individuale, il fallimento viene
esteso alla società ed agli altri soci occulti.
La recente riforma del diritto fallimentare ha recepito questo orientamento, nuovo Art 147; comma
5, in sostanza la legge tratta allo stesso modo il socio occulto di società (di fatto) palese e la
società occulta.
In entrambi i casi ritiene non necessaria l’esteriorizzazione e sufficiente la prova dell’esistenza del
contratto di società nei rapporti interni.
Sono così considerato indici probatori
- Sistema finanziamento di un imprenditore individuale anche attraverso il rilascio di fideiussioni
omnibus
- La partecipazione a trattative di affari con fornitori
- Compimento di atti di gestione
- Prelievo di somme di pertinenza dell’impresa
Questa parificazione, a livello fallimentare, non deve essere fraintesa.
A. Socio occulto di società palese, l’attività di impresa è svolta in nome della società. La
partecipazione alla società è titolo sufficiente a fondare la responsabilità ed il fallimento sia
dei soci sia di quelli occulti.
B. Società occulta, l’attività d’impresa è svolta in nome proprio ovvero agendo come
mandatario senza rappresentanza della società occulta.
Art. 1705 a lui sono imputati tutti gli atti d’impresa e relativi effetti.
A diversa conclusione si potrebbe giungere solo ammettendo che, ai fini dell’imputazione della
responsabilità per debiti d’impresa, vale non solo il criterio formale ma anche sostanziale della
titolarità dell’interesse; escludendo che la società occulta sia direttamente responsabile verso i
terzi per le obbligazioni contratte per conto della stessa, ma in nome proprio, dall’imprenditore
individuale, affinché quest’ultimo non è dichiarato fallito. L’imprenditore individuale potrà agire nei
confronti della società e dei soci occulti per farsi somministrare:
Art. 1719 i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato e per l’adempimento delle obbligazioni
che a tal fine il mandatario ha contratto in proprio nome.
Società apparente
Capita spesso che il giudice si convinca che dietro un imprenditore individuale, insolvente, ci sia
una società.
Se il giudice è proprio convinto, il tribunale fallimentare si limita a prevenire possibili obiezioni sulla
prova dell’esistenza della società invocando il principio dell’apparenza. La giurisprudenza afferma
infatti che una società, ancorché non esistente nei rapporti tra i presunti soci, deve tuttavia
considerarsi esistente all’esterno quando due o più persone operino in modo da ingenerare nei
terzi la ragionevole opinione che essi agiscono come soci e quindi da determinare in essi
l’incolpevole affidamento circa l’esistenza effettiva della società.
I conferimenti
con la costituzione della società il socio assume l’obbligo di effettuare i conferimenti determinati
nel contratto sociale.
La determinazione del conferimento dovuto da ciascun socio non è per condizione essenziale per
la valida costituzione delle società di persone.
Art. 2253; 2 comma se i conferimenti non sono determinati si presume che i soci siano obbligati a
conferire, in parti uguali tra loro, quanto è necessario per il conseguimento dell’oggetto sociale. I
beni conferibili, nessuna limitazione è posta per essi. Di conseguenza nelle società di persone pu
essere conferita ogni entità suscettibile di valutazione economica ed utile per il conseguimento
dell’oggetto sociale.
Il codice detta poi una specifica disciplina per alcuni tipi di conferimenti
1. Conferimento di beni in proprietà:
Art. 2254, comma 1 la garanzia dovuta dal socio e il passaggio dei rischi sono regolati dalle norme
sulla vendita ***
2. Conferimento di beni in godimento: art. 2254, comma 2il rischio resta a carica del socio che le
ha conferite.
Questi potrà perci essere escluso dalla società qualora la cosa perisca o il godimento diventi
impossibile per causa non imputabile agli amministratori.
Il bene conferito resta di proprietà del socio; la società ne pu godere, ma non ne pu disporre.
3. Conferimenti di crediti
Il socio che conferisce crediti risponde nei confronti della società dell’insolvenza del debitore
ceduto nei limiti del valore assegnato al suo conferimento. Art. 2255 se non versa tale
valore pu essere escluso dalla società
4. Socio d’opera
Nelle società di persone il conferimento pu infine essere costituito anche dall’obbligo del socio di
prestare la propria attività lavorativa a favore della società. Non è un lavoratore subordinato, il
compenso per il suo lavoro è rappresentato dalla partecipazione ai guadagni della società. Il socio
d’opera rischia la sua posizione invano, infatti i soci possono escluderlo per la sopravvenuta
inidoneità a svolgere l’opera conferita.
Amministrazione e rappresentanza
Fra le funzioni di cui gli amministratori sono per legge investiti vi è anche quella di rappresentanza
della società.
Art. 2266 il potere di rappresentanza è il potere di agire nei confronti dei terzi in nome della
società, dando luogo all’acquisto di diritti e all’assunzione di obbligazioni da parte della stessa e
rappresenta l’amministrazione esterna.
Si distingue dal potere di gestione, riguarda l’attività amministrativa interna.
La rappresentanza della società spetta a ciascun socio, disgiuntamente o congiuntamente. Nel
caso di amministrazione disgiunta, ogni amministratore pu perci solo decidere e da solo
stipulare atti in nome della società.
Nell’amministrazione congiunta, i soci devono partecipare alla stipulazione dell’atto.
Secondo il modello legale, sia il potere di gestione sia quello di rappresentanza si estendono a tutti
gli atti che rientrano nell’oggetto sociale.
Art. 2266, comma 1 La rappresentanza non è solo sostanziale ma anche processuale: la società
pu agire o pu essere convenuta in giudizio in persona dei soci amministratori che ne hanno la
rappresentanza.
L’atto costitutivo pu tuttavia prevedere una diversa regolamentazione poiché pu :
- Riservare la rappresentanza legale della società solo ad alcuni soci amministratori.
- Stabilire per la rappresentanza modalità di esercizio diverse da quelle valevoli per il potere di
gestione.
- Limitare l’estensione del potere di rappresentanza del singolo amministratore.
- Prevedere la firma disgiunta per gli atti che non superano un dato importo o per quelli di ordinaria
amministrazione
La previsione di limitazioni convenzionali al potere di rappresentanza solleva il problema della loro
opponibilità ai terzi che entrano in contatto con gli stessi.
1. Società in nome collettivo, è risolto attraverso la pubblicità legale.
Le limitazioni del potere di rappresentanza non sono opponibili ai terzi se non sono iscritte nel
registro delle imprese.
2. Società in nome collettivo regolare, l’omessa registrazione si ritorce contro i soci essendo
tutelato l’affidamento dei terzi sulla corrispondenza della situazione di fatto al modello legale di
rappresentanza.
3. Società semplice, le limitazioni sono sempre opponibili ai terzi, sempre se su costoro incombe
l’onere di accertare se il socio che agisce in nome della società abbia il potere di
rappresentanza.
I soci amministratori
La regola secondo cui ogni socio illimitatamente responsabile è amministratore della società ha
carattere dispositivo. L’atto costitutivo pu riservare l’amministrazione solo ad alcuni soci, dando
così luogo alla distinzione fra soci amministratori e soci non amministratori. In tal caso, i soci
investiti dell’amministrazione possono essere nominati direttamente nell’atto costitutivo o con atto
separato.
La distinzione fra amministratori nominato nell’atto costitutivo e amministratori nominati con atto
separato acquista rilievo ai fini della revoca della facoltà di amministrare (Art. 2259). la revoca
dell’amministratore nominato nel contratto sociale comporta una modifica di quest’ultimo; deve
essere perci decisa dagli altri soci all’unanimità.
Per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli amministratori, l’Art. 2260 stabilisce che essi sono
regolati dalle norme sul mandato.
Poteri l’amministratore è investito per legge del potere di compiere tutti gli atti che rientrano
nell’oggetto sociale. Dai poteri degli amministratori restano esclusi solo gli atti che comportano
modificazione del contratto sociale.
Doveri numerosi e articolati sono poi i doveri specifici che incombono sugli amministratori. In
particolare, nella società in nome collettivo essi devono tenere le scritture contabili e redigere il
bilancio d’esercizio; devono inoltre provvedere agli adempimenti pubblicitari connessi all’iscrizione
nel registro delle imprese.
Responsabilità gli amministratori sono poi solidalmente responsabili verso la società, con
conseguente obbligo di risarcire i danni alla stessa arrecati. Tuttavia la responsabilità non si
estende agli amministratori che dimostrano di non avere colpe.
Compenso in applicazione della disciplina del mandato, i soci amministratori avranno di regola
diritto al compenso per il loro ufficio.
Per il resto gli obblighi e le responsabilità dei liquidatori sono regolati dalle norme stabilite per gli
amministratori (art 2276 c.c.).
Estinti tutti i debiti sociali, la liquidazione si avvia all’epilogo con la ripartizione tra i soci
dell’eventuale dell’attivo patrimoniale residuo convertito in danaro.
Il saldo attivo di liquidazione è destinato innanzitutto al rimborso del valore nominale dei
conferimenti.
L’eventuale eccedenza è poi ripartita tra tutti i soci in proporzione della partecipazione di
ciascuno nei guadagni (art 2282 c.c.).
Nella società in nome collettivo, i liquidatori devono redigere il bilancio finale di liquidazione e il
piano di riparto (art 2311 c.c.): - Il primo è il rendiconto della gestione
- Il secondo è una proposta di divisione tra i soci dell’attivo residuo
Con l’approvazione del bilancio, i liquidatori sono liberati di fronte ai soci e il procedimento di
liquidazione ha termine.
Nella società in nome collettivo irregolare la chiusura del procedimento di liquidazione determina
l’estinzione della società.
Principi diversi valgono per la società in nome collettivo registrata, nonché per la società semplice,
in seguito alla recente previsione di un regime di pubblicità legale.
Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della
società dal registro delle imprese (art 2312 c.c.). La cancellazione pu anche essere disposta
d’ufficio.
Con la cancellazione dal registro delle imprese, la società si estingue, quandanche non tutti i
creditori sociali siano stati soddisfatti. I creditori insoddisfatti non sono per senza tutela: essi
possono agire nei confronti dei soci, che restano personalmente responsabili per le obbligazioni
sociali insoddisfatte.
Possono inoltre agire anche nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è imputabile a
colpa o dolo di questi ultimi.
I creditori della società in nome collettivo possono infine chiedere il fallimento della società entro
un anno dalla cancellazione della società dal registro delle imprese.
Se, per , la cancellazione è stata disposta d’ufficio, è eccezionalmente fatta salva la facoltà per il
creditore o per il pubblico ministero di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attività.
12. SOCIETÀ IN ACCOMANDITA SEMPLICE
Nozione e caratteri distintivi
La società in accomandita semplice è una società di persone che si differenzia dalla società in
nome collettivo per la presenza di due categorie di soci:
A) i soci accomandatari che rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali
B) I soci accomandanti che rispondono limitatamente alla quota conferita
L’amministrazione della società compete esclusivamente ai soci accomandatari, gli accomandanti
sono esclusi dalla direzione dell’impresa
La disciplina della società in accomandita semplice è modellata su quella della società in nome
collettivo (art 2135), con gli adattamenti imposti dalla presenza du due categorie di soci con diversi
poteri e con diverse responsabilità per le obbligazioni sociali.
L’accomandita semplice è il solo tipo di società di persone che consente l’esercizio in comune di
un’impresa commerciale con limitazione del rischio e non esposizione a fallimento personale per
alcuni soci (gli accomandanti). Per questo motivo è un tipo di società che potrebbe prestarsi ad
abusi gravi. Infatti, servendosi di un accomandatario di paglia (nullatenente), i soci accomandanti
potrebbero in fatto cumulare i vantaggi della società di persone (esercizio personale e diretto del
potere di direzione dell’impresa), con quelli delle società di capitali ( beneficio della responsabilità
limitata)
LA COSTITUZIONE
Il procedimento
La costituzione della società per azioni si articola attualmente in due fasi essenziali:
A) stipulazione dell’atto costitutivo
B) Iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese. Solo con l’iscrizione nel registro delle
imprese la società per azioni acquista la personalità giuridica e viene ad esistenza.
La stipulazione dell’atto costitutivo pu a sua volta avvenire secondo due diversi procedimenti:
A) stipulazione (o costituzione) simultanea
B) Stipulazione (o costituzione) per pubblica sottoscrizione
Nella costruzione simultanea l’atto costitutivo è stipulato immediatamente da coloro che assumono
l’iniziativa per la costituzione della società (soci fondatori). E tale soggetti provvedono
contestualmente all’integrale sottoscrizione del capitale sociale iniziale. Nella costituzione per
pubblica sottoscrizione, invece, si addiviene alla stipulazione dell’atto costitutivo al termine di un
complesso procedimento che consente la raccolta fra il pubblico del capitale iniziale sulla base di
un programma predisposto da coloro che assumono l’iniziativa (promotori). È raramente utilizzato.
Anche quando occorrono ingenti capitali di rischio, che i soci fondatori non sono in grado di fornire
personalmente, si preferisce infatti ricorrere alla stipulazione simultanea dell’atto costitutivo
utilizzando altre tecniche per collocare le azioni fra il pubblico dei risparmiatori.
L’unico socio fondatore risponde in solido con coloro che hanno agito, per le operazioni compiute
in nome della società prima dell’iscrizione nel registro delle imprese ( art. 2331, 2 comma). Sia in
sede di costituzione della società, sia in sede di aumento del capitale sociale, l’unico socio è
tenuto infatti a versare integralmente, al momento della sottoscrizione, i conferimenti in danaro. Se
viene meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere effettuati entro 90
giorni.
Per consentire ai terzi di conoscere agevolmente se la società è unipersonale, negli atti e nella
corrispondenza della società deve essere indicato se questa ha unico socio. Per consentire
l’agevole identificazione dell’unico socio, i dati anagrafici dello stesso, devono essere iscritti nel
registro delle imprese a cura degli amministratori ( art. 2362 ).
L’omissione di tale pubblicità impedisce che operi per l’unico socio il beneficio della responsabilità
limitata.
Una particolare disciplina è stata introdotta per assicurare maggiore trasparenza ai rapporti che
intercorrono fra società ed unico socio. Si stabilisce infatti che i contratti fra società ed unico socio
e operazioni a favore dello stesso sono opponibili ai creditori della società solo se risultano dal
libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o da atto scritto avente
data certa anteriore al pignoramento (art. 2362, 5 comma).
Per quanto riguarda il regime di responsabilità per le obbligazioni sociali, oggi per la società per
azioni unipersonale vale la regola opposta rispetto a quella dettata dal codice del 1942: l’unico
socio non incorre in responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali.
Sono tuttavia previste due eccezioni ( art. 2325, 2 comma ) che comportano, in caso di insolvenza
della società, la responsabilità illimitata dell’unico socio per le obbligazioni sociali sorte nel periodo
in cui tutte le azioni sono allo stesso appartenute:
1. A) l’unico socio risponde illimitatamente quando non sia osservata la disciplina dell’integrale
liberazione dei conferimenti;
2. B) l’unico socio risponde inoltre fino a quando non sia stata attuata la specifica pubblicità
dettata per la Spa unipersonale dall’art. 2362.
In entrambi i casi la responsabilità illimitata dell’unico azionista ha carattere sussidiario, in quanto
pu essere fatta valere dai creditori solo in caso di insolvenza della società.
La responsabilità illimitata viene meno per le obbligazioni sociali sorte dopo che i conferimenti
sono stati eseguiti o dopo che la pubblicità è stata effettuata.
Con la riforma del 2003 sono stati soppressi gli altri due casi di perdita del beneficio della
responsabilità limitata previsti dalla disciplina del 1993: unico socio che sia una persona giuridica
ed unico socio che sia socio unico di altra società di capitali.
C) I CONFERIMENTI
I conferimenti costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società:
la loro funzione essenziale è quella di dotare la società del capitale di rischio iniziale per lo
svolgimento dell’attività di impresa.
Il valore dei conferimenti costituisce il capitale sociale nominale della società. La S.p.A. prevede
un’articolata disciplina per i conferimenti, assente invece nelle società di persone.
Lo scopo è duplice:
1) garantire che i conferimenti promessi dai soci vengano effettivamente acquisiti dalla società
2) garantire che il valore assegnato dai soci ai conferimenti sia veritiero.
I conferimenti in denaro
Nella società per azioni i conferimenti devono essere effettuati in denaro se nell’atto costitutivo non
è stabilito diversamente.
Per garantire fin dalla costituzione della società l’effettività almeno parziale del capitale, è disposto
l’obbligo di versamento immediato presso una banca di almeno il 25% dei conferimenti in denaro o
dell’intero ammontare se si tratta di società unipersonale.
Dal titolo azionario devono risultare i versamenti ancora dovuti e in caso di trasferimento delle
azioni l’obbligo di versamento dei conferimenti residui grava sia sul socio attuale (acquirente delle
azioni) sia sull’alienante.
Sempre per agevolare l’acquisizione dei conferimenti in denaro, è poi dettata una speciale
disciplina qualora il socio non esegua il pagamento delle quote dovute. Innanzitutto il socio
in mora nei versamenti non pu esercitare il diritto di voto.
Inoltre, la società pu avvalersi di una più celere procedura di vendita coattiva delle azioni del socio
moroso. A tal fine la società è tenuta prima di tutto ad offrire le azioni agli altri soci. In mancanza di
offerte, la società pu far vendere le azioni a mezzo di una banca o di un intermediario autorizzato.
Se la vendita coattiva non ha esisto, gli amministratori possono escludere il socio dalla società,
trattenendo i conferimenti già versati e salvo il risarcimento dei maggiori danni.
Le azioni del socio escluso entrano a far parte del patrimonio della società e questa pu ancora
tentare di rimettere in circolazione entro l’esercizio.
Svanita anche quest’ultima possibilità, la società deve annullare le azioni rimaste invendute
riducendo il capitale sociale per pari ammontare.
La valutazione
I conferimenti diversi dal denaro, tanto se effettuati in sede di costituzione della società quanto se
effettuati in sede di aumento del capitale sociale, devono formare oggetto di uno specifico
procedimento di valutazione.
Si vuole così assicurare una valutazione oggettiva e veritiera di tali conferimenti e soprattutto
evitare che agli stessi venga complessivamente assegnato un valore nominale superiore a quello
reale.
Il procedimento di valutazione si articola in più fasi. Chi conferisce beni in natura o crediti deve
presentare una relazione giurata di stima di un esperto designato dal tribunale. La stima deve
attestare che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del
capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo.
Il valore assegnato in base alla relazione di stima ha carattere provvisorio: entro 6 mesi dalla
costituzione della società gli amministratori devono controllare le valutazioni e, se sussistono
fondati motivi, devono procedere alla revisione della stima.
Se dalla revisione risulta che il valore dei beni o dei crediti conferiti è inferiore di oltre un quinto a
quello per cui avviene il conferimento, la società deve ridurre il capitale sociale e annullare le
azioni che risultano scoperte.
Al socio è per concessa una duplice alternativa per non vedere così ridotta la propria
partecipazione: pu versare la differenza in denaro oppure pu recedere dalla società. L’obbligo
di assoggettare a stima i conferimenti in natura poteva in passato essere eluso attraverso un
semplice espediente.
Chi intendeva conferire un bene in natura figurava nell’atto costitutivo come socio che si era
obbligato a conferire denaro ma poi, appena costituita la società, vendeva alla stessa il bene per
importo pari alla somma da lui dovuta a titolo di conferimento, con la conseguenza che il suo
debito si estingueva per compensazione.
Questo pericolo è oggi neutralizzato in quanto il codice civile prevede che l’apporto di beni da
parte di promotori, fondatori o amministratori richiede la preventiva autorizzazione e la
presentazione da parte dell’alienante della relazione giurata di stima di un esperto.
In caso di violazione di tale disciplina l’acquisto resta valido, ma gli amministratori e l’alienante
sono solidalmente responsabili per i danni alla società
Le prestazioni accessorie
Oltre l’obbligo dei conferimenti, l’atto costitutivo pu prevedere l’obbligo dei soci di eseguire
prestazioni accessorie non consistenti in denaro, determinandone anche contenuto, durata,
modalità e compenso.
Ad esempio, l’obbligo del socio di prestare la propria attività lavorativa o professionale nella
società.
Le prestazioni accessorie costituiscono utile strumento per vincolare i sodi ad effettuare a favore
della società prestazioni che non possono formare oggetto di conferimento.
Le azioni per prestazioni accessorie devono essere nominative e non sono trasferibili senza il
consenso degli amministratori, dato che il trasferimento delle azioni comporta anche il
trasferimento in testa all’acquirente dell’obbligo di esecuzione delle prestazioni accessorie.
Inoltre, tali obblighi possono essere modificati solo con il consenso di tutti i soci.
14. LE AZIONI
Le azioni sono le quote di partecipazione dei soci nella società per azioni, sono rappresentate da
documenti (i titoli azionari) che circolano secondo la disciplina dei titoli di credito. Nella società per
azioni, il capitale sociale sottoscritto è diviso in un numero predeterminato di parti di identico
ammontare, ciascuna delle quali costituisce un’azione e attribuisce identici diritti nella società e
verso la società. La singola azione rappresenta perci , l’unità minima di partecipazione al capitale
sociale e l’unità di misura dei diritti sociali, è dunque indivisibile. se più soggetti diventano titolari di
un’unica azione devono nominare un rappresentante comune per l’esercizio dei diritti verso la
società (art.2347).
LA PARTECIPAZIONE AZIONARIA
Ogni azione costituisce una partecipazione sociale ed attribuisce al suo titolare un complesso
unitario di diritti e poteri di natura amministrativa, di natura patrimoniale ed anche contenuto
amministrativo e patrimoniale.
Un peculiare carattere delle azioni: L’UGUAGLIANZA DEI DIRITTI.
Le azioni “conferiscono ai loro possessori uguali diritti” (art.2348). Si tratta di uguaglianza relativa e
non assoluta e inoltre di un’uguaglianza oggettiva non soggettiva.
L’uguaglianza è relativa perché è possibile creare “categorie di azioni fornite di diritti diversi”,
segue la distinzione fra AZIONI ORDINARIE e AZIONI DI CATEGORIA o SPECIALI.
L’uguaglianza è poi oggettiva e non soggettiva. Uguali sono i diritti che ogni azione attribuisce, non
i diritti di cui ciascun azionista. Alcuni diritti dell’azionista sono indipendenti dal numero di azioni
possedute (es. il diritto di intervento in assemblea), non è meno vero che i diritti più significativi
spettano in proporzione del numero di azioni possedute (es. il diritto di voto, il diritto agli utili). In
riferimento a questi diritti si coglie la situazione di disuguaglianza soggettiva degli azionisti. Ogni
azione ordinaria attribuisce il diritto di voto; non è meno vero che diversa è la posizione di potere
nella società di chi è titolare di una sola azione e di un voto, rispetto a chi è titolare di una sola
azione e di un voto, rispetto a chi è titolare di mille azioni e di mille voti.
Si tratta di DISUGUAGLIANZE SOGGETTIVE perfettamente LEGITTIME e GIUSTE. In esse si
esprime infatti l’essenza del principio cardine delle società di capitali: chi ha più conferito e più
rischia ha più potere e pu imporre, nel rispetto della legalità, la propria volontà alla minoranza.
Quando entrano in gioco gli interessi pubblici di particolare rilievo, siano introdotte deroghe al
principio capitalistico, con il riconoscimento dello stato o ad enti pubblici di poteri societari
svincolati dall’ammontare della partecipazione azionaria o addirittura dalla qualità stessa di
azionista (es. il potere di veto).
LE AZIONI DI RISPARMIO
Le azioni di risparmio possono essere emesse solo da società le cui azioni ordinarie sono quotate
in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell’Unione europea. Non possono superare la metà
del capitale sociale.
Con le azioni di risparmio la differenza fra azionisti imprenditori e azionisti risparmiatori trova pieno
riconoscimento legislativo: le azioni di risparmio sono prive del diritto di voto.
Oggi agli azionisti di risparmio non è riconosciuto il diritto di intervento in assemblea ed il diritto di
impugnare le delibere assembleari invalide, con la riforma del 2003 l’esercizio di tali diritti è stato
riservato agli azionisti con diritto di voto.
Le azioni di risparmio sono privilegiate sotto il profilo patrimoniale.
La riforma del 1998 ha cancellato la rigida disciplina legislativa dei privilegi patrimoniali; l’attuale
disciplina applicabile anche alle azioni di risparmio precedentemente emesse, si limita a stabilire
che le azioni di risparmio sono “dotate di particolari privilegi di natura patrimoniale” e che all’atto
costitutivo “determina il contenuto privilegio, le condizioni, i limiti, le modalità e i termini per il suo
esercizio”.
La disciplina delle azioni di risparmio è poi completata dalla previsione di un’organizzazione di
gruppo che si articola nell’assemblea speciale e nel rappresentante comune.
L’ASSEMBLEA delibera sugli oggetti interesse di comune e in particolare sull’approvazione delle
delibere dell’assemblea della società.
Il RAPPRESENTANTE COMUNE nominato dall’assemblea di categoria, gli è riconosciuto il diritto
di assistere alle assemblee della società e di impugnare le deliberazioni.
15. L’ASSEMBLEA
I SINDACATI DI VOTO
I sindacati di voto sono accordi (patti parasociali) con i quali alcuni soci si impegnano a concordare
preventivamente il modo in cui votare in assemblea. I sindacati di voto possono avere carattere
determinato o indeterminato in questo caso possono essere a tempo determinato o a tempo
indeterminato, riguardare tutte le delibere assembleari o solo quelle di un certo tipo. I sindacati di
voto danno un indirizzo unitario all’azione dei soci sindacati e se questi vengono a costituire il
gruppo di comando il patto di sindacato consente di dare stabilità di indirizzo alla condotta della
società. L’accordo di sindacato consente una migliore difesa dei comuni interessi quando è
stipulato tra soci di minoranza. Il voto dato in assemblea resta valido anche se espresso in
violazione degli accordi di sindacato ma il socio che ha votato in modo diverso da quanto
preventivamente convenuto sarà tenuto a risarcire i danni da lui arrecati agli altri aderenti al patto.
Nelle società non quotate non solo i sindacati di voto ma anche gli altri patti stipulati al fine di
stabilizzare gli aspetti societari o il governo della società non possono avere durata superiore a 5
anni ma sono rinnovabili alla scadenza. Nelle società non quotate i patti parasociali devono essere
comunicati alla società e dichiarati in apertura di assemblea. La dichiarazione deve essere
trascritta nel verbale di assemblea che deve essere depositato presso l’ufficio del registro delle
imprese. L’omessa dichiarazione è sanzionata con sospensione del diritto di voto delle azioni cui si
riferisce il patto parasociale. Nelle società quotate i sindacati di voto e gli altri patti parasociali
devono essere comunicati alla Consob, pubblicati sulla stampa quotidiana e depositati presso il
registro delle imprese. La violazione di tali obblighi di trasparenza comporta nullità dei patti e la
sospensione del diritto di voto relativo alle azioni sindacate.
DELIBERAZIONI NULLE
Delibera nulla si ha nei 3 casi indicati dall’articolo 2379:
1) Oggetto impossibile o illecito e quindi contrario a norme imperative, all’ordine pubblico e al
buon costume.
2) Mancata convocazione dell’assemblea.
3) Mancanza del verbale.
La nullità delle delibere assembleari pu essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e pu
essere rilevata d’ufficio dal giudice. Possono essere impugnate senza limiti di tempo solo le
delibere che modificano l’oggetto sociale prevedendo attività illecite o impossibili, in tutti gli altri
casi è introdotto un termine di decadenza di 3 anni. Nei casi di aumento del capitale sociale,
riduzione del capitale per perdite ed emissione di obbligazioni l’azione di nullità è soggetta a un
termine di decadenza di 180 giorni. Se si tratta di società che fanno ricorso al mercato del capitale
di rischio la nullità della delibera di aumento del capitale sociale non pu essere pronunciata dopo
che sia stata iscritta nel registro delle imprese l’attestazione dell’aumento di capitale.
Compenso. Divieto.
Art. 2389 Gli amministratori hanno diritto ad un compenso per la loro attività. Questo pu
consistere anche in una partecipazione agli utili della società o nell’attribuzione del diritto di
sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione.
Modalità e misura del compenso sono determinati dall’atto costitutivo o dall’assemblea all’atto
della nomina. Per gli amministratori investiti di particolari cariche, la remunerazione è stabilita dallo
stesso consiglio di amministrazione.
Per assicurare trasparenza sui compensi, nelle società quotate il consiglio di amministrazione
sottopone una volta l’anno all’assemblea, una relazione sulla remunerazione.
La centralità della posizione degli amministratori nella direzione della società li rende partecipi di
tutti i segreti aziendali e ci ispira alcuni divieti. Per prevenire, gli amministratori delle società per
azioni non possono assumere la qualità dei soci a responsabilità illimitata in società concorrenti.
L’inosservanza dei divieti espone gli amministratori a revoca.
Il consiglio di amministrazione
Come anticipato, le società per azioni possono avere o un amministratore unico o una pluralità di
amministratori.
L’amministratore unico riunisce in sé ed esercita individualmente tutte le funzioni proprie
dell’organo amministrativo. Caso contrario, il consiglio di amministrazione è retto da un presidente
scelto, in tal caso l’attività è esercitata collegialmente. Le relative decisioni devono essere perci
adottate in apposite riunioni alle quali devono assistere i sindaci.
Il consiglio è convocato dal presidente stesso, il quale ne fissa anche l’ordine del giorno, ne
coordina i lavori e provvede affinché tutti gli amministratori siano adeguatamente informati sulle
materie iscritte all’ordine del giorno.
Per la validità delle deliberazioni del consiglio è necessaria la presenza della maggioranza degli
amministratori e il loro voto favorevole. La riforma del 2003 ha infine radicalmente modificato la
disciplina dell’invalidità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione, la cui impugnabilità in
passato era riferibile solo ad un caso: delibera adottata col voto determinante di un amministratore
in conflitto di interessi.
L’attuale disciplina ha decisamente optato nell’ampliare la categoria delle delibere consiliari
annullabili, mentre non sono previste cause di nullità delle stesse.
L’art. 2388, comma 4 possono essere impugnate tutte le delibere del consiglio di amministrazione
che non sono prese in conformità della legge.
L’impugnativa pu essere fatta proposta dagli amministratori assenti o dissenzienti e dal collegio
sindacale entro 90 giorni dalla data della deliberazione.
Si applica solo la disciplina del procedimento di impugnazione prevista per le delibere
assembleari. Inoltre, quando va a ledere direttamente un diritto soggettivo del socio, questi avrà
diritto di agire giudizialmente per far annullare la delibera.
Comma 5 l’annullamento non esclude i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti
compiuti in esecuzione delle stesse
Art. 2391 l’amministratore che in un’operazione ha un interesse non necessariamente in conflitto
con quello della società:
a.Deve darne notizia agli altri precisandone la natura, i termini, l’origine e la portata
b.Se si tratta di amministratore delegato, deve astenersi dal compiere l’operazione e investire
qualcun altro
c. Il consiglio di amministrazione deve adeguatamente motivare le ragioni e la convenienza per la
società dell’operazione
La delibera del consiglio, qualora possa recare un danno potenziale, è impugnabile non solo
quando l’amministratore interessato ha votato, ma anche quando sono stati violati gli obblighi di
trasparenza, astensione e motivazione. L’impugnazione deve essere proposta entro 90 giorni. La
società pu agire contro l’amministratore per il risarcimento del danno derivante dalla sua
omissione o azione.
L’amministratore non pu approfittare della propria posizione. Maggiori cautele sono imposte alle
società che fanno ricorso ad un capitale di rischio per quanto riguarda le operazioni con parti
correlate; vale a dire operazioni con controparti uno dei soggetti indicati dalla Consob. Quest
ultimo al riguardo ha emanato una disciplina, la quale prevede che sull’operazione si raccolga il
preventivo parere di un comitato di amministratori indipendenti. Parere non vincolante. Delle
operazioni più rilevanti concluse con parti correlate deve darsi informazione alla Consob ed al
pubblico con le modalità fissate dal regolamento, successivamente pubblicate sul sito internet
della società e rese note nella relazione sulla gestione.
I direttori generali
I direttori generali sono dirigenti che svolgono attività di alta gestione dell’impresa sociale. Essi
sono al vertice della gerarchia dei lavoratori subordinati dell’impresa ed operano in rapporto diretto
con gli amministratori, dando attuazione alle direttive generali dagli stessi impartite. I direttori
generali sono parificati agli amministratori sotto il profilo delle responsabilità penali. Inoltre se
nominati dall’assemblea o per disposizione dell’atto costitutivo, agli stessi si applicano le norme
che regolano la responsabilità civile degli amministratori, in relazione ai compiti loro affidati.
IL COLLEGIO SINDACALE
Premessa
Il collegio sindacale è l’organo di controllo interno della società per azioni, con funzioni di vigilanza
sull’amministrazione della società. Dal 1942 ad oggi, la disciplina ha subito profonde modifiche al
fine di rendere più efficace la relativa attività di vigilanza. La riforma del 1974 ha introdotto per le
società quotate un controllo contabile esterno da parte di una società di revisione, dando per vita
ad una sovrapposizione di funzioni col collegio sindacale che si è rilevata scarsamente funzionale.
Il d. lgs. 27.1.1992 n. 88, che fra l’altro, ha istituito un apposito registro dei revisori contabili ha
parzialmente modificato la disciplina del codice. Anche la riforma del 1998 ha modificato la
disciplina del collegio sindacale delle società con azioni quotate e, in particolare, ha affrancato tale
organo dalle funzioni di controllo contabile, affidate ora alle società di revisione.
Con la riforma del 2003 anche nelle altre s.p.a. il controllo contabile è stato sottratto al collegio
sindacale ed è stato attribuito ad un revisore contabile o una società di revisione.
Composizione. Nomina. Cessazione
Diversamente disciplinata è innanzitutto la composizione del collegio sindacale. Il collegio
sindacale delle s.p.a. non quotate si compone di 3 o 5 membri effettivi, soci o non soci, secondo
quanto stabilito nello statuto. Devono inoltre essere nominati due membri supplenti.
Diversamente dall’organo amministrativo, il collegio sindacale delle società non quotate ha quindi
struttura semirigida (3 o 5 membri) e ci costituisce un primo ostacolo all’efficiente svolgimento
delle sue funzioni, soprattutto nelle grandi società. Questo ostacolo è stato rimosso per le società
quotate, con la riforma del 1998. Fermo restando il numero minimo di tre sindaci effettivi e di due
supplenti, l’atto costitutivo della società pu liberamente indicare il numero dei sindaci. I primi
sindaci sono nominati nell’atto costitutivo. Successivamente essi sono nominati dall’assemblea
ordinaria.
Quindi i sindaci sono nominati dallo stesso organo che nomina gli amministratori. L’atto costitutivo
delle società quotate deve prevedere che almeno un membro effettivo sia eletto dalla minoranza.
Inoltre se il collegio sindacale è formato da più di tre membri, il numero dei sindaci riservati alla
minoranza non pu essere inferiore a due. Il collegio sindacale delle società quotate è così reso
espressione dell’intera compagine azionaria e la presenza di sindaci eletti dalla minoranza offre
maggiori garanzie di effettivo svolgimento del controllo.
Nelle società con azioni quotate, dopo la riforma del 2003, almeno un sindaco effettivo ed uno
supplente devono essere scelti fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili. Gli altri sindaci, se
non iscritti in tale registro, devono essere scelti tra gli iscritti negli albi professionali individuati dal
ministero della Giustizia, o fra i professori universitari di ruolo in materie economiche o giuridiche.
Per le società quotate i requisiti di onorabilità e di professionalità sono invece fissati con
regolamento del Ministero della Giustizia che prevede anche la nomina di sindaci non iscritti nel
registro dei revisori contabili. Nel registro dei revisori possono iscriversi persone fisiche in
possesso di specifici requisiti di professionalità e di onorabilità, che abbiano superato un apposito
esame di ammissione.
Per assicurare l’indipendenza dei sindaci sono previste cause di ineleggibilità ulteriori, rispetto a
quelle dettate per gli amministratori. In base al testo attuale non possono essere nominati sindaci:
• Il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori, nonché gli
amministratori di società facenti parte dello stesso gruppo.
• Coloro che sono legati alla società o a società facenti parte dello stesso gruppo da un rapporto
di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita,
ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza.
Valgono poi per i sindaci le stesse cause di incompatibilità viste per gli amministratori.
Il compenso dei sindaci deve essere predeterminato ed è invariabile nel corso della carica. I
sindaci restano in carica per tre esercizi e sono rieleggibili. I sindaci scaduti restano in carica fino
alla nomina dei nuovi. L’assemblea pu revocare i sindaci solo se esiste una giusta causa. Inoltre
la delibera di revoca deve essere approvata dal tribunale, al fine di verificare se sussiste una
giusta causa. I sindaci nominati dallo Stato o enti pubblici possono essere revocati solo dall’ente
che li ha nominati. Costituisce causa di decadenza dall’ufficio, il sopraggiungere di una delle cause
di ineleggibilità, nonché la cancellazione o la sospensione dal registro dei revisori. Decade inoltre
dall’ufficio il sindaco che, senza giustificato motivo, non assiste alle assemblee o diserta, durante
un esercizio sociale, due riunioni del consiglio di amministrazione, del comitato esecutivo o del
collegio sindacale. È così sanzionato l’eventuale assenteismo dei sindaci. In caso di morte,
rinuncia o decadenza di un sindaco, subentrano automaticamente i supplenti in ordine di età
(anagrafica). La nomina e la cessazione dall’ufficio dei sindaci devono essere iscritte, a cura degli
amministratori, nel registro delle imprese.
Il controllo sull’amministrazione
Funzione primaria del consiglio sindacale è quella di controllo. Il controllo del collegio sindacale ha
per oggetto l’amministrazione della società globalmente intesa e si estende a tutta l’attività sociale,
al fine di assicurare che la stessa venga svolta nel rispetto della legge e dell’atto costitutivo,
nonché dei principi di corretta amministrazione. In particolare, il collegio sindacale vigila
sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul
suo concreto funzionamento.
Il collegio sindacale non svolge più il controllo contabile sulla società, oggi affidato alle società di
revisione. Per , nelle società che non fanno appello al mercato del capitale di rischio e che non
sono tenute alla redazione del bilancio consolidato, lo statuto pu prevedere che anche il controllo
contabile sia esercitato dal collegio sindacale. In tal caso, l’intero collegio sindacale deve essere
costituito da revisori contabili iscritti nell’apposito registro.
La vigilanza del collegio sindacale è esercitata nei confronti degli amministratori, ma riguarda
anche l’attività dell’assemblea e comunque pu estendersi in ogni direzione. Da qui il poteredovere
dei sindaci di intervenire alle riunioni dell’assemblea, del consiglio di amministrazione e del
comitato esecutivo, nonché di impugnare le relative delibere.
Il controllo del collegio sindacale sull’amministrazione è di carattere globale e sintetico, le cui
modalità di esercizio sono rimesse alla discrezionalità tecnica del collegio. La legge pone a carico
degli amministratori numerosi obblighi di comunicazione nei confronti del collegio sindacale.
Obblighi di informazione particolarmente intensi nelle società quotate. In queste ultime gli
amministratori devono riferire tempestivamente al collegio sindacale sull’attività svolta, sulle
operazioni compiute di maggior rilievo economico, nonché su quelle a rischio di conflitto di
interessi perché gli amministratori stessi vi avevano interessi personali, oppure perché influenzate
dal soggetto che esercita l’attività di direzione e coordinamento.
Con la riforma del 2003 gli strumenti informativi del collegio sindacale sono stati potenziati. Infatti il
collegio sindacale pu scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate
in merito ai sistemi di amministrazione e di controllo e all’andamento generale dell’attività sociale;
è inoltre previsto lo scambio tempestivo di informazioni fra collegio sindacale e soggetti incaricati
del controllo contabile. Infine, nelle società quotate il collegio sindacale deve comunicare senza
indugio alla CONSOB le irregolarità riscontrate nell’attività di vigilanza. I sindaci hanno il potere-
dovere di procedere in qualsiasi momento, anche individualmente, ad atti di ispezione e di
controllo, nonché di chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società
controllate, sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Il collegio sindacale, pu
inoltre convocare l’assemblea qualora nell’espletamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di
rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere.
E nelle società quotate il potere di convocare l’assemblea pu essere esercitato anche solo da due
membri del collegio sindacale. Il collegio pu inoltre promuovere il controllo giudiziario sulla
gestione se ha fondato sospetto che gli amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità nella
gestione.
Nelle società quotate, la CONSOB pu attivare tale procedura se ha fondato sospetto di gravi
irregolarità nell’adempimento dei poteri dei sindaci.
Il funzionamento del collegio sindacale
Nelle società non quotate il presidente del collegio sindacale è nominato dall’assemblea. Nelle
società quotate è invece l’atto costitutivo a fissare i criteri di nomina dello stesso. Ad esempio si
potrà prevedere che è lo stesso collegio sindacale a nominare il presidente. Il collegio sindacale
deve riunirsi almeno ogni 90 giorni. Pu avvenire anche attraverso mezzi telematici, se lo statuto lo
consente.
Il collegio sindacale è regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei sindaci e
delibera a maggioranza assoluta dei presenti. Delle riunioni deve essere redatto processo verbale,
sottoscritto da tutti gli intervenuti, che viene trascritto nel libro delle adunanze e delle deliberazioni
del consiglio sindacale. Il sindaco dissenziente ha diritto di far iscrivere a verbale i motivi del
proprio dissenso. I sindaci possono avvalersi, sotto la propria responsabilità e a proprie spese di
dipendenti per lo svolgimento dell’attività di controllo.
Nelle società quotate, invece il collegio sindacale possono avvalersi dell’assistenza di dipendenti
della società nell’espletamento delle proprie funzioni. L’attività del collegio sindacale pu essere
sollecitata dai soci. Ogni socio pu denunziare al collegio sindacale fatti che ritiene censurabili. Il
collegio sindacale è poi tenuto solo a tenerne conto nella relazione annuale dell’assemblea. Doveri
più specifici sono posti a carico del collegio sindacale quando la denuncia provenga da tanti soci
che rappresentano il 5% del capitale sociale (2% per le società che fanno ricorso al capitale di
rischio) o la minore percentuale prevista dallo statuto. In tal caso il collegio sindacale deve
indagare senza ritardo sui fatti denunziati e presentare le sue conclusioni ed eventuali proposte
all’assemblea.
17. IL BILANCIO
Bilancio d’esercizio: documento contabile che rappresenta in modo chiaro, veritiero e corretto la
situazione patrimoniale e finanziaria della società alla fine di ciascun esercizio nonché il risultato
economico dell’esercizio stesso. È costituito da stato patrimoniale, conto economico, nota
integrativa e rendiconto finanziario ed è corredato da relazione sulla gestione degli amministratori
e relazioni del collegio sindacale e del revisore contabile. La sua funzione è di accertare
periodicamente la situazione del patrimonio e la redditività della società. Il bilancio d’esercizio è
per i soci lo strumento legale di informazione contabile sull’andamento degli affari sociali. Il
bilancio d’esercizio delle società di capitali ha rilievo anche per l’applicazione della normativa
tributaria in quanto costituisce per il fisco il termine di riferimento per la tassazione periodica del
reddito della società. I principi cardine che dominano la redazione del bilancio sono quelli della
correttezza e quello della rappresentazione veritiera e corretta e deve essere redatto con
chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria
della società e il risultato economico dell’esercizio.
Ulteriori principi sono:
a) Prudenza: la valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta secondo prudenza e nella
prospettiva di continuazione dell’attività e ci al fine di evitare che dal bilancio risultino utili
non realmente conseguiti;
b) Bilancio di competenza: bisogna tenere conto delle entrate e delle uscite di competenza
dell’esercizio indipendentemente dalla data d’incasso o di pagamento nonché dei rischi e
delle perdite di competenza dell’esercizio;
c)Continuità: i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio con l’altro.
LA STRUTTURA DI BILANCIO
Il bilancio d’esercizio si articola in 4 parti: stato patrimoniale, conto economico, nota integrativa e
rendiconto finanziario.
Criteri di redazione:
a.Le voci devono essere inserite nello stato patrimoniale e nel conto economico secondo l’ordine
tassativo fissato per legge
b.Le voci sono organizzate in categorie omogenee a loro volta articolate in sottocategorie, voci e
sottovoci
c. Per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l’importo
della voce corrispondente dell’esercizio precedente d.È vietato il compenso di partite
La legge prevede anche 2 modelli semplificati che sono bilancio in forma abbreviata e bilancio
delle micro-imprese. Ridotte sono le voci dello stato patrimoniale e del conto economico e le
informazioni richieste in nota integrativa.
STATO PATRIMONIALE: Rappresenta in modo sintetico la composizione quantitativa e qualitativa
del patrimonio della società e la sua situazione finanziaria nel giorno della chiusura dell’esercizio.
Consente l’immediata conoscenza del patrimonio netto della società ed è redatto in forma a
colonne e vanno iscritte le attività, il patrimonio netto e le passività.
VOCI DELL’ATTIVO
A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti
B) Immobilizzazioni: immateriali, materiali e finanziarie
C) Attivo circolante: rimanenze, crediti, attività finanziarie e disponibilità liquide
D) Ratei attivi: quote di proventi comuni a 2 o più esercizi di competenza dell’esercizio ma esigibili
in esercizi successivi e risconti attivi: quote di coste comuni a 2 o più esercizi sostenuti
nell’esercizio ma di competenza di esercizi successivi
VOCI DEL PASSIVO
A. Patrimonio netto
B. Fondi per rischi e oneri
C. Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato
D. Debiti
E. Ratei passivi: quote di costi comuni a 2 o più esercizi di competenza dell’esercizio ma che
saranno sopportati negli esercizi successivi e Risconti passivi: quote di proventi comuni a 2 o più
esercizi percepiti nell’esercizio ma di competenza di esercizi successivi.
CONTO ECONOMICO: Espone il risultato economico dell’esercizio attraverso la rappresentazione
dei costi e degli oneri sostenuti nonché dei ricavi e degli altri proventi conseguiti nell’esercizio. È
redatto in forma espositiva scalare con esposizione in unica sequenza dei componenti positivi e
negativi di reddito e consente una migliore valutazione del risultato d’esercizio attraverso una serie
di totali parziali. È articolato in 4 sezioni:
A. Valore della produzione: vengono indicati e sommati i ricavi di competenza dell’esercizio
dell’attività produttiva tipica e le variazioni delle rimanenze di magazzino;
B. Costi della produzione: ammortamenti, svalutazioni e accantonamenti
Valore della produzione – costi della produzione = risultato lordo gestione ordinaria
A. Proventi e oneri finanziari: proventi da partecipazioni in altre società, interessi attivi e passivi,
utili e perdite su cambi
B. Rettifiche di valore di attività finanziarie: rivalutazioni e svalutazioni delle attività finanziarie La
somma algebrica dei diversi totali parziali è il risultato globale d’esercizio che va indicato prima al
lordo e poi al netto delle imposte sul reddito. Si ottiene quindi l’utile o la perdita d’esercizio che va
riportata in stato patrimoniale
RENDICONTO FINANZIARIO: Rappresenta i flussi finanziari cioè gli incassi e i pagamenti che
hanno determinato una variazione delle disponibilità liquide della società nel corso dell’esercizio
NOTA INTEGRATIVA: Fornisce una serie di informazioni integrative sulla situazione patrimoniale
e finanziaria, sul risultato economico d’esercizio, sul numero dei dipendenti, sui compensi degli
amministratori e dei sindaci e sulle azioni e sugli strumenti finanziari emessi dalla società.
Vengono elencate le partecipazioni in società controllate e collegate e i fatti di rilievo avvenuti
dopo la chiusura dell’esercizio
RELAZIONE SULLA GESTIONE: Allegato esterno al bilancio che assolve una funzione di
resoconto della gestione della società e sulle sue prospettive. Deve contenere un’analisi fedele,
equilibrata ed esauriente della situazione della società e dell’andamento della gestione nel suo
complesso e nei vari settori in cui ha operato
I CRITERI DI VALUTAZIONE
Le immobilizzazioni sono iscritte in bilancio al costo storico vale a dire al costo d’acquisto o di
produzione nel quale vanno computati anche i costi accessori. Il valore delle immobilizzazioni
materiali e immateriali deve essere ammortizzato in ogni esercizio in relazione alla residua
possibilità di utilizzo del bene attraverso la diretta riduzione del valore iscritto nell’attivo dello stato
patrimoniale. Viene quindi ripartito fra più esercizi di durata del bene il costo inizialmente
sopportato sulla base di un piano di ammortamento. Se il valore di un’immobilizzazione risulta
durevolmente minore del costo storico regolarmente ammortizzato, essa dovrà essere iscritta in bilancio per
tale minor valore. La svalutazione non pu essere mantenuta negli esercizi successivi se vengono meno i
motivi della stessa
Le partecipazioni possono essere valutate col metodo del patrimonio netto iscrivendo in bilancio
un importo pari alla corrispondente quota del patrimonio netto della società partecipata risultante
dall’ultimo bilancio della stessa. Le eventuali plusvalenze rispetto al precedente esercizio devono
essere iscritte in un’apposita riserva non distribuibile
I costi di impianto, ampliamento e sviluppo possono essere iscritti nell’attivo solo se hanno utilità
pluriennale e devono essere ammortizzati secondo la vita utile per i costi di sviluppo e in 5 anni
per i restanti costi
L’avviamento può essere iscritto nell’attivo solo se acquistato a titolo oneroso. Deve essere
ammortizzato secondo la sua vita utile se è possibile stimarne la durata o nel periodo massimo di
10 anni
I crediti devono essere valutati secondo il valore di prudente realizzo e dovranno essere iscritti per
la minor somma che si presume di poter realizzare
Ricavi e costi devono essere ripartiti in parti uguali su tutta la durata di vita del rapporto e imputati
pro quota ad ogni esercizio sul valore del rispettivo credito o debito (c.d. CRITERIO DEL COSTO
AMMORTIZZATO)
Gli strumenti finanziari derivati sono iscritti al fair lue e quindi al valore di scambio o di mercato
dello strumento finanziario
I cespiti dell’attivo circolante devono essere iscritti al costo di acquisto o di produzione o se minore
al valore di realizzo desumibile dall’andamento del mercato
Tu5e le aMvità e le passività espresse in valuta estera che hanno ad ogge5o pagament i in denaro devono
essere iscritte al tasso di cambio in vigore alla data di chiusura dell’esercizio e la differenza
rispetto al cambio del giorno di compimento dell’operazione dà luogo a utili o perdite su cambi da
imputare al conto economico
IL DIRITTO DI RECESSO
L’applicazione del principio maggioritario fa sì che nella spa la minoranza non possa impedire
modifiche dell’assetto societario, è necessario comunque che vengano rispettati i limiti posti da
norme inderogabili e che non siano violati i principi cardine della correttezza e della buona fede
nell’attuazione del contratto sociale e la parità di trattamento fra gli azionisti. In presenza di
delibere modificative di particolare gravità la minoranza è indirettamente tutelata dalla previsione
di maggioranze più elevate e dal riconoscimento del diritto di recesso dalla società. Nelle società a
tempo indeterminato non quotate il recesso costituisce un temperamento alla durata
potenzialmente illimitata del vincolo sociale. Per evitare che i soci restino prigionieri della società
tutti i soci possono recedere liberamente da una società a tempo indeterminato non quotata con
un preavviso di 180 giorni allungabile dallo statuto fino ad 1 anno. Il diritto di recesso deve essere
esercitato tramite comunicazione con lettera raccomandata alla società entro 15 giorni
dall’iscrizione nel registro delle imprese della delibera che lo legittima ed entro 30 giorni dalla
conoscenza del socio se il fatto che legittima il recesso non è una delibera. Le azioni per le quali è
esercitato il diritto di recesso non possono essere cedute e devono essere depositate preso la
sede della società che pu sottrarsi al rimborso delle azioni se entro 90 giorni revoca la delibera
che lo legittima o i soci deliberano lo scioglimento della società.
Nelle società non quotate il valore delle azioni da rimborsare è determinato dagli amministratori
sentito il parere del collegio sindacale e del sogge5o incaricato della revisione legale dei con<. Nelle
società con azioni quotate il valore di liquidazione è determinato facendo riferimento alla media
aritmetica dei prezzi di chiusura nei 6 mesi che precedono la convocazione dell’assemblea Le
azioni del socio che recede devono essere offerte in opzione agli altri soci in proporzione al
numero di azioni possedute. Per la parte non acquistata dai soci possono essere collocate sul
mercato. In caso di mancato collocamento le azioni vengono rimborsate mediante acquisto da
parte della società. Solo in assenza di utili e riserve distribuibili deve essere convocata
l’assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale o lo scioglimento della
società. I creditori possono opporsi alla delibera di riduzione del capitale e se l’opposizione è
accolta la società si scioglie
DIRITTO DI OPZIONE
Diritto dei soci di essere preferiti ai terzi nella sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale a
pagamento. Consente di mantenere inalterata la proporzione in cui ciascun socio partecipa al
capitale e al patrimonio sociale e serve a mantenere inalterata la proporzione in cui ciascun socio
partecipa alla formazione della volontà sociale e serve a mantenere inalterato il valore reale della
partecipazione azionaria. Il diritto di opzione ha un proprio valore economico che l’azionista pu
monetizzare cedendo a terzi. Oggetto del diritto di opzione sono le azioni di nuova emissione e le
obbligazioni convertibili in azioni emesse dalla società. Per l’esercizio del diritto di opzione la
società deve concedere agli azionisti un termine non inferiore a 15 giorni. Il diritto di opzione è poi
sacrificabile in presenza di situazioni oggettive rispondenti ad un concreto interesse della società.
Amministrazione e controlli
La ripartizione di competenze fra assemblea e amministratori in merito alla gestione dell’impresa
sociale è in larga parte rimessa all’autonomia statutaria. Si pone il dubbio se l’atto costitutivo
possa concentrare tutti i poteri gestori in capo ai soci attribuendo ad essi anche l’amministrazione
della società, dati gli ampi spazi concessi all’autonomia statutaria. In mancanza di diversa
previsione statutaria resta ferma la regola che l’amministrazione è affidata a uno o più soci,
nominati con decisione dei soci, che restano in carica a tempo indeterminato. Quando
l’amministrazione è affidata a più persone queste costituiscono il consiglio di amministrazione,
anche se l’adozione del metodo collegiale non è inderogabile. L’atto costitutivo pu infatti
prevedere che le relative decisioni siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del
consenso espresso per iscritto. Tuttavia, (la novità) l’atto costitutivo pu prevedere che gli
amministratori operino non collegialmente, ma disgiuntamente o congiuntamente come nelle
società di persone.
Devono comunque essere decise con il metodo collegiale la redazione del progetto di bilancio e
dei progetti di fusione e scissione, nonché la decisione dell’aumento di capitale per delega.
Coincide con quella prevista per la s.p.a. la disciplina del potere di rappresentanza degli
amministratori. Per i contratti conclusi dagli amministratori con rappresentanza in conflitto di
interessi possono essere annullati su domanda della società, se il conflitto era conosciuto o
riconoscibile dal terzo.
Possono inoltre essere impugnate entro 90 giorni le decisioni adottate dal consiglio di
amministrazione con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi, qualora
cagionino un danno patrimoniale alla società. Riguardo all’azione di responsabilità si prevede: È
affermata la responsabilità degli amministratori verso la società e verso i singoli soci o terzi
direttamente danneggiati, ma non si fa menzione della responsabilità verso i creditori sociali.
Responsabili solidamente con gli amministratori sono anche i soci che hanno intenzionalmente
deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi e quindi i soci che
di fatto, anche se non formalmente, amministrano la società.
Infine e soprattutto, l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori pu essere promossa
anche dal singolo socio, il quale pu altresì chiedere, come provvedimento cautelare, la revoca
degli amministratori in caso di gravi irregolarità nella gestione della società. L’atto costitutivo pu
prevedere la nomina di un collegio sindacale o di un revisore determinandone competenze e
poteri. Nella s.r.l. la nomina del collegio sindacale è per obbligatoria solo se il capitale sociale non
è inferiore a quello minimo stabilito per la s.p.a. o se non ricorrono le condizioni stabilite per la
redazione del bilancio di esercizio in forma abbreviata. In tal caso la disciplina del collegio
sindacale è quella propria della s.p.a. anche se si chiarisce che non è necessaria anche la nomina
di un revisore. Il controllo contabile è esercitato dallo stesso collegio sindacale.
Nelle società dove manca il collegio sindacale alcuni dei poteri di controllo propri dei sindaci sono
riconosciuti direttamente ai soci che non partecipano all’amministrazione. Ogni socio non
amministratore ha diritto di avere dagli amministratori notizie dello svolgimento degli affari sociali e
di consultare libri sociali e documenti relativi all’amministrazione, compresi libri e scritture contabili
della società.
La dichiarazione di fallimento
Il fallimento pu essere dichiarato da:
1) su ricorso di uno o più creditori (ipotesi più frequente);
2) su richiesta del debitore;
3) su istanza del pubblico ministero.
Non più invece d’ufficio dallo stesso tribunale. L’iniziativa del debitore costituisce di regola una
facoltà dello stesso. L’imprenditore (ma non i suoi eredi) che chiede il proprio fallimento deve
depositare presso la cancelleria del tribunale una serie di documenti: le scritture contabili e fiscali
obbligatorie dei tre esercizi precedenti o dall’inizio dell’impresa se questa ha avuto una minore
durata; uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività; l’indicazione dei ricavi lordi degli
ultimi tre esercizi; l’elenco nominativo dei creditori e dei rispettivi crediti.
Il pubblico ministero ha potere-dovere di chiedere il fallimento quando l’insolvenza risulti da fatti
che configurano reati fallimentari. La relativa condanna pu essere per pronunciata solo dopo che
è stato accertato lo stato d’insolvenza. La riforma del 2006 ha soppresso il potere del tribunale di
dichiarare d’ufficio il fallimento. Competente per la dichiarazione di fallimento è il tribunale del
luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa. Il tribunale decide sulla richiesta di
fallimento con uno speciale procedimento incamera di consiglio.
Il debitore e i creditori istanti per il fallimento devono per essere sentiti in udienza. Il tribunale pu
emettere provvedimenti cautelari o conservativi volti a tutelare il patrimonio o l’impresa. Se il
tribunale invece ritiene di non accogliere la domanda di fallimento provvede con un decreto
motivato. Contro tale decreto il creditore, il pubblico ministero e lo stesso debitore possono
proporre reclamo alla corte d’appello. Il fallimento è dichiarato con sentenza.
Tale sentenza contiene la nomina del giudice delegato e del curatore fallimentare preposti al
fallimento; l’ordine al fallito il deposito del bilancio, delle scritture contabili e fiscali obbligatorie e
l’elenco dei creditori. Essa viene notificata a tutti gli interessati e resa pubblica mediante
annotazione nel registro delle imprese, la sentenza di fallimento è immediatamente esecutiva fra le
parti del processo dalla data del deposito in cancelleria.
L’ammissione al concordato
Inizia con la domanda di ammissione del debitore, presentata con ricorso al tribunale fallimentare.
Alla domanda devono essere allegati: una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale,
economica e finanziaria dell’impresa; uno stato analitico delle attività con i relativi valori ed infine,
l’elenco nominativo dei creditori. Tali documenti devono essere accompagnati dalla relazione di un
professionista (scelto dal debitore fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili) che attesti la
veridicità dei dati aziendali. Ricevuta la domanda il tribunale svolge un controllo preliminare
(formale) volto ad accertare se ricorrono i presupposti richiesti dalla legge. Se l’accertamento è
negativo, il tribunale dichiara inammissibile la proposta di concordato. Se invece ritiene
ammissibile la proposta, con decreto dichiara aperta la procedura di c.p. e, con lo stesso decreto,
designa il giudice delegato (che ha la direzione di tutta la procedura), un commissario giudiziale
(che svolge una funzione di controllo e di vigilanza).
A differenza del fallimento, nel c.p. il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e continua
l’esercizio dell’impresa, anche se per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione è necessaria
l’autorizzazione del giudice delegato. (e se compiuti senza autorizzazione, sono inefficaci nei
confronti dei creditori anteriori al concordato). Il c.p., per i creditori, è caratterizzato dal principio
della par condicio creditorum.
Infatti i creditori non possono intraprendere, pena di nullità, azioni esecutive individuali sul
patrimonio del debitore per il periodo che intercorre dalla data della presentazione del ricorso fino
al momento in cui il decreto di omologazione del c.p. diventa definitivo. Per quanto riguarda i
rapporti contrattuali in corso, si deduce che il c.p. non incide su di essi.
Lo svolgimento della procedura
Lo svolgimento della procedura del c.p. si articola in due fasi: a)
approvazione della proposta da parte dei creditori ;
b) la successiva omologazione del concordato da parte del tribunale.
c) L’approvazione del concordato p. avviene in apposita adunanza dei creditori, presieduta dal
giudice delegato. Identiche al concordato fall., sono anche le maggioranze richieste per
l’approvazione del concordato (maggioranza dei crediti, e nel caso di concordato con classi, la
maggioranza delle classi). Se la proposta è respinta, il tribunale dichiara d’ufficio inammissibile
la proposta di concordato e dichiara fallimento con sentenza separata.
d) Se invece le maggioranze sono raggiunte, si apre il giudizio di omologazione. Anche in questo
caso (come nel concordato fall.), il tribunale si limita a controllare la regolarità della procedura,
e, se i risultati sono positivi, il tribunale omologa con decreto il concordato.
e) In caso contrario lo respinge e dichiara contestualmente il fallimento con sentenza o lo stato
d’insolvenza. Contro il decreto che omologa o respinge il concordato, si pu ricorrere con
reclamo alla corte d’appello. Una volta omologato il concordato p. (come quello fall.) è
obbligatorio per tutti i creditori anteriori all’apertura della procedura