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Con armonia

Editing
Davide Bortoli | Medialab
Impaginazione
Elisa Giarolli | Medialab
Immagine di copertina
© Maria Symchych-Navrotska /iStockphoto
Copertina
Elisa Giarolli | Medialab
Direzione artistica
Giordano Pacenza

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Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione con qualsiasi mezzo effettuata, se non previa autorizzazione dell’Editore.

Finito di stampare nel mese di ottobre 2020


da Digital Team S.r.l. – Fano (PU)

Copia concessa in licenza a gigigigi gi; scaricato il 15/11/2020


Laura Molteni

Con armonia
Introduzione a intervalli,
regole armoniche, corale e Lied

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Indice

Premessa 9

Intervalli 11
Scale musicali 14
Classificazione degli intervalli 20
I suoni armonici 26
La triade 28
Le parti 32
Moto delle parti 34
Successioni proibite tra le parti 36
Cadenze 39
Rivolti 43
Tabella dei segni di cifratura per il basso 46
Regole basilari 47
Armonizzazione dei vari gradi 50
Accordi di quattro suoni. Le settime 51
Settime naturali 52
Settime artificiali 57
Accordi di cinque suoni 59
Ricapitolando l’armonizzazione dei vari gradi 62
Accordi alterati e sesta napoletana 64
Seste eccedenti 66
Modulazione 68
Note estranee all’armonia 71
Progressione 76
Corale 80
Lied 86
Imitazioni 88

Bibliografia 93

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In ricordo di Camillo Molteni, il mio papà,
che aveva la capacità
di trasmettere con grande gioia
l’immenso amore
che nutriva per la musica

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Premessa

Il presente Metodo tratta lo studio dell’armonia in modo faci-


litato per favorire il processo di apprendimento di tutti gli studenti,
anche dei ragazzi con bisogni educativi speciali, riguardo a una ma-
teria affascinante ma non aliena da difficoltà. Ho ritenuto opportuno
far precedere alle sezioni relative alle regole armoniche alcuni brevi
capitoli di ripasso su intervalli e scale.
Ringrazio moltissimo le professoresse Simona Donati e Sabrina
Paoli e il professor Matteo Albergante perché, con grande entusiasmo,
mi hanno incoraggiato a scrivere il presente Metodo, che spero possa
essere di utilità a quanti desiderano apprendere la scienza musicale.

Giugno 2020
Laura Molteni

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Intervalli

Intervallo è la distanza che passa tra due suoni.

Nel sistema temperato l’ottava è divisa in 12 parti uguali.


Consideriamo, ad esempio, la scala di do maggiore (do, re, mi, fa,
sol, la, si, do).
Le dodici parti (ascendendo) sono le seguenti:
do-do♯, do♯-re, re-re♯, re♯-mi, mi-fa, fa-fa♯, fa♯-sol, sol-sol♯, sol♯-la,
la-la♯, la♯-si, si-do.
Nella scala discendendo si preferisce la scrittura con i bemolle:
do-si, si-sib, sib-la, la-lab, lab-sol, sol-solb, solb-fa, fa-mi, mi-mib,
mib-re, re-reb, reb-do.

Ciascuna di queste parti è detta semitono e costituisce l’inter-


vallo più piccolo.

Il semitono può essere:

Cromatico Diatonico
passa tra due suoni che passa tra due suoni
hanno lo stesso nome che hanno nome differente

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Se consideriamo le dodici parti ascendendo avremo:

do/do♯, re/re♯, fa/fa♯, do♯/re, re♯/mi, mi/fa, fa♯/sol,


sol/so♯, la/la♯. sol♯/la, la♯/si, si/do.

Se consideriamo le dodici parti discendendo avremo invece:

si/sib, la/lab, sol/solb, mi/mib, do/si, sib/la, lab/sol, solb/fa,


re/reb. fa/mi, mib/re, reb/do.

Il tono è formato grazie all’unione del semitono cromatico


con quello diatonico (o viceversa).
Si vedano i seguenti esempi:

1 semitono cromatico do/do♯ + 1 semitono diatonico do/si +


1 semitono diatonico do♯/re = 1 semitono cromatico si/sib =
1 tono (la distanza tra do e re) 1 tono (la distanza tra do e sib)

Alcuni suoni, pure se risultano uguali sotto il profilo senso-


riale uditivo, sono denominati in modo diverso: si tratta dei suoni
detti omofoni (= suono uguale) o enarmonici (ad esempio, do/do♯
all’orecchio è percepito in modo identico all’intervallo do/reb eppure
sono denominati in modo diverso).
Da un punto di vista fisico, il tono è divisibile in 9 parti uguali
dette comma e risulta formato dall’unione del semitono cromatico (che
abbraccia 5 comma) con quello diatonico (che ne abbraccia 4). Perciò
dal punto di vista armonico c’è una profonda differenza tra do/do♯,
che è un semitono cromatico, e do/reb, che è un semitono diatonico.
Nonostante la differenza sia impercettibile all’orecchio, gli intervalli
omofoni, denominati diversamente secondo il numero di comma
posseduto, hanno anche una diversa risoluzione. Lo constateremo
analizzando la modulazione, che sarà trattata nei capitoli successivi.

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Prova tu adesso a formare i toni a partire dalle diverse unioni dei semitoni.

Si può esaminare l’intervallo sotto il duplice aspetto quantitativo


e qualitativo. Da un punto di vista quantitativo, dato che è la distanza
che passa tra due suoni, l’intervallo può essere di 2a, 3a, 4a, 5a, 6a, 7a,
8a, secondo il numero di note che intercorrono tra i due suoni.

Ad esempio:

è un intervallo di 3a perché tra do e mi intercorre


anche re e dunque: do (1), re (2), mi (3).

è un intervallo di 7a perché tra do e si intercorrono


re, mi, fa, sol, la e dunque: do (1), re (2), mi (3),
fa (4), sol (5), la (6), si (7).

L’intervallo è:

– melodico
(quando due suoni si succedono)

– armonico
(quando sono eseguiti simulta-
neamente)

Nei capitoli successivi esamineremo gli intervalli sotto il profilo


qualitativo e dunque procederemo a classificarli, ma solo dopo aver
ripassato le scale maggiori e minori.

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Scale musicali

La scala è una successione di suoni consecutivi (per gradi con-


giunti).

La scala può essere:

Cromatica Diatonica
composta di soli semitoni composta di toni e di semitoni

La scala cromatica ha i diesis ascendendo e i bemolle discendendo:

La scala diatonica è composta di toni e di semitoni secondo un


ordine ben preciso.
La scala di Do maggiore è detta scala diatonica naturale perché
è priva di alterazioni (♯, b).

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Consideriamo la scala di Do maggiore:

Ogni grado della scala ha un nome e un ruolo specifici:

– do = tonica: il primo grado della scala dà il nome alla tonalità


della scala;
– re = sopratonica: il secondo grado;
– mi = mediante o caratteristica: il terzo grado determina se il
modo della tonalità è maggiore o minore;
– fa = sottodominante: il quarto grado;
– sol = dominante: il quinto grado;
– la = sopradominante: il sesto grado;
– si = sensibile: il settimo grado tende a risolvere sulla tonica (è sen-
sibilmente «affezionato» alla tonica e cerca sempre di raggiungerla);
– l’ottavo grado è di nuovo la tonica ma all’ottava superiore e così
di seguito.

I gradi più importanti sono tonica, mediante, dominante e


sensibile.
Se consideriamo i toni e i semitoni che compongono la scala
di Do maggiore, osserviamo che è costituita da 2 toni, 1 semitono,
3 toni e 1 semitono.

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Questa successione di toni e semitoni costituisce un modello
per costruire tutte le scale maggiori.
Quindi, se volessimo costruire la scala di Sol maggiore, ad
esempio, dovremmo innanzitutto considerare sol tonica, farlo seguire
da un la (sol/la = 1 tono), poi da un si (la/si = 1 tono) e poi inserire
il semitono (si/do), poi altri 3 toni (do/re, re/mi, mi/fa♯) e infine
l’altro semitono (fa♯/sol).
Prova tu adesso a ricostruire tutte le scale maggiori seguendo il
modello della scala di Do maggiore.

Complessivamente esistono 15 scale maggiori:

– 1 scala diatonica naturale (Do maggiore);


– 7 scale diatoniche maggiori con ♯ (che precedono di V in V
ascendendo ed ecco perché i ♯ compaiono in quest’ordine all’inizio
del pentagramma):
• Sol maggiore (uso di 1 alterazione: fa♯)
• Re maggiore (uso di 2 alterazioni: fa♯, do♯)
• La maggiore (uso di 3 alterazioni: fa♯, do♯, sol♯)
• Mi maggiore (uso di 4 alterazioni: fa♯, do♯, sol♯, re♯)
• Si maggiore (uso di 5 alterazioni: fa♯, do♯, sol♯, re♯, la♯)
• Fa♯ maggiore (uso di 6 alterazioni: fa♯, do♯, sol♯, re♯, la♯, mi♯)
• Do♯ maggiore (uso di 7 alterazioni: fa♯, do♯, sol♯, re♯, la♯,
mi♯, si♯);
– 7 scale diatoniche maggiori con b (che precedono di V in V
discendendo ed ecco perché i b compaiono in quest’ordine all’i-
nizio del pentagramma):
• Fa maggiore (uso di 1 alterazione: sib)
• Sib maggiore (uso di 2 alterazioni: sib, mib)
• Mib maggiore (uso di 3 alterazioni: sib, mib, lab)
• Lab maggiore (uso di 4 alterazioni: sib, mib lab, reb)
• Reb maggiore (uso di 5 alterazioni: sib, mib lab, reb, solb)

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• Solb maggiore (uso di 6 alterazioni: sib, mib lab, reb, solb, dob)
• Dob maggiore (uso di 7 alterazioni: sib, mib lab, reb, solb,
dob, fab).

Complessivamente esistono 15 scale minori: ogni scala


maggiore è «imparentata» con una scala minore che, infatti, è la sua
relativa e si costruisce a partire dal sesto grado delle relative maggiori
(oppure discendendo di una terza minore contando dalla tonica della
scala maggiore). Ad esempio, la scala di Do maggiore è imparentata
con la scala di La minore (conta da do andando indietro di 3: do, si,
la); la scala di Fa maggiore è imparentata con la scala di Re minore
(conta da fa andando indietro di 3: fa, mi, re), eccetera.
Ogni grado della scala ha un nome e un ruolo specifici come
accade nelle scale maggiori: tonica, sopratonica, mediante, ecc.

– 1 scala minore naturale (La minore);


– 7 scale minori con ♯:
• Mi minore (uso di 1 alterazione: fa♯)
• Si minore (uso di 2 alterazioni: fa♯, do♯)
• Fa♯ minore (uso di 3 alterazioni: fa♯, do♯, sol♯)
• Do♯ minore (uso di 4 alterazioni: fa♯, do♯, sol♯, re♯)
• Sol♯ minore (uso di 5 alterazioni: fa♯, do♯, sol♯, re♯, la♯)
• Re♯ minore (uso di 6 alterazioni: fa♯, do♯, sol♯, re♯, la♯, mi♯)
• La♯ minore (uso di 7 alterazioni: fa♯, do♯, sol♯, re♯, la♯, mi♯, si♯);
– 7 scale minori con b:
• Re minore (uso di 1 alterazione: sib)
• Sol minore (uso di 2 alterazioni: sib, mib)
• Do minore (uso di 3 alterazioni: sib, mib, lab)
• Fa minore (uso di 4 alterazioni: sib, mib lab, reb)
• Sib minore (uso di 5 alterazioni: sib, mib lab, reb, solb)
• Mib minore (uso di 6 alterazioni: sib, mib lab, reb, solb, dob)
• Lab minore (uso di 7 alterazioni: sib, mib lab, reb, solb, dob, fab).

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Osserva che la scala minore ha la stessa armatura in chiave
della relativa maggiore (vale a dire che ha le medesime alterazioni in
chiave). La disposizione dei toni e dei semitoni nelle scale minori
è diversa rispetto a quella delle scale maggiori.

– La scala minore presenta tre diverse forme, secondo com’è disposta


la successione di toni e di semitoni: naturale, armonica, melodica.

– La scala di La minore naturale (cioè priva di alterazioni), che è


la relativa minore di Do maggiore, è il modello da cui derivano
tutte le altre scale minori.

tono semit. tono tono semit. tono tono

La disposizione è la seguente:
1 tono, 1 semitono, 2 toni, 1 semitono, 2 toni.

– Poiché nella scala minore naturale tra il settimo e l’ottavo grado


c’è la distanza di un tono e dunque non si manifesta la tendenza
risolutiva del settimo grado sulla tonica, si è provveduto alla for-
mazione della scala minore armonica, che presenta una diversa
disposizione dei toni e semitoni.

Scala di La minore armonica

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La disposizione è la seguente:
1 tono, 1 semitono, 2 toni, 1 semitono, 1 tono e mezzo, 1
semitono.
Il settimo grado è innalzato e l’intervallo di seconda eccedente
tra il sesto e il settimo grado è quello caratteristico di questa scala.
Poiché è di difficile intonazione si è preferito introdurre un’ul-
teriore variante costruendo:

– la scala minore melodica, che prevede ascendendo l’innalzamento


del sesto e del settimo grado (eliminando così la seconda eccedente)
e discendendo il ripristino della forma naturale:

Scala di La minore melodica

La disposizione ascendendo è la seguente:


1 tono, 1 semitono, 4 toni, 1 semitono.

Ricapitolando:

Nessuna alterazione se non quelle


Naturale
già presenti in armatura in chiave
Innalzamento del settimo grado sia
Armonica
SCALA MINORE ascendendo sia discendendo
Innalzamento del sesto e del settimo
Melodica grado nell’ascendere; nel discende-
re ripristino forma naturale

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Classificazione degli intervalli

Gli intervalli, come abbiamo già visto, si differenziano per il


numero dei gradi. Consideriamo l’esempio seguente.

Possiamo osservare che in entrambi i casi si tratta di un inter-


vallo di terza, ma questa categorizzazione di tipo quantitativo non è
sufficiente a rivelare quanti siano il numero dei toni e dei semitoni
di cui sono composti. Pertanto è necessario aggiungere un aggettivo
che qualifichi con chiarezza la composizione dell’intervallo.
Nella prima battuta dell’esempio riportato sopra si tratta di un
intervallo di terza maggiore, composto da un tono. Nella seconda
battuta si tratta di un intervallo di terza minore, composto da un
tono e un semitono diatonico.
Non sempre è opportuno contare la composizione di toni e
semitoni per comprendere quale sia la tipologia dell’intervallo (oltre-
tutto ci sottoporremmo a calcoli molto complessi quando andassimo
ad analizzare la situazione di una settima e così via dicendo).
Si può adottare un altro metodo per riconoscere se un intervallo
è maggiore o minore.

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Osserviamo l’esempio sottostante.

Il primo intervallo è una terza maggiore.


Stiamo esaminando un accordo costituito dalle note do e mi e,
considerando do tonica, ci possiamo porre la domanda: «Le note do e
mi appartengono alla scala di Do maggiore?». La risposta è affermativa:
nella scala di Do maggiore troviamo sia do sia mi e dunque posso
affermare che si tratta di un intervallo di terza maggiore (appartiene
a una scala maggiore).
Nella seconda battuta troviamo un mi e un sol♯. Proviamo a
porci di nuovo la domanda considerando stavolta mi come tonica:
«Le note mi e sol♯ appartengono alla scala di Mi maggiore?». Anche
in questo caso la risposta è positiva e pertanto si tratta di una terza
maggiore. Lo stesso dicasi per le battute successive: si tratta di vari
esempi di terze maggiori appartenenti rispettivamente nell’ordine
alla scala di Sol maggiore, Re maggiore, Fa maggiore, Sib maggiore,
Si maggiore.
Consideriamo adesso questo ulteriore esempio.

Nella prima battuta abbiamo do e mib: sappiamo che non può


trattarsi di una terza maggiore perché il mib non appartiene alla scala
di Do maggiore, bensì a quello di Do minore, pertanto l’intervallo è
una terza minore. Lo stesso dicasi per le battute seguenti.
Procedendo in questo modo si evitano calcoli sulla formazione
dell’intervallo e ci si concentra sulle armature in chiave delle varie
scale musicali.

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Esistono intervalli maggiori, minori, giusti, eccedenti e
diminuiti, più che eccedenti e più che diminuiti. Si differenziano
per il numero dei gradi e per il numero di toni e semitoni di cui
risultano composti.

Nella scala di Do maggiore, gli intervalli maggiori sono questi.

Gli intervalli minori sono questi.

Gli intervalli giusti sono chiamati tali perché sono immutabili,


vale a dire non sono soggetti ad alcun cambiamento quale che sia il
modo della scala di appartenenza (risultano comunque formati dallo
stesso numero di toni e semitoni sia nella scala maggiore sia in quella
minore).

Gli intervalli giusti nella scala di Do maggiore sono questi.

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Per ottenere un intervallo eccedente è sufficiente aumentare
di un semitono cromatico l’intervallo maggiore o quello giusto.

Per ottenere un intervallo diminuito è sufficiente togliere un


semitono cromatico dall’intervallo minore o da quello giusto

Gli intervalli possono subire un’ulteriore modificazione.

– Quelli più che eccedenti sono intervalli sia maggiori sia giusti
aumentati di ben due semitoni cromatici.

– Quelli più che diminuiti sono intervalli sia minori sia giusti
privati di ben due semitoni cromatici.

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Gli intervalli si classificano in consonanti e dissonanti.

INTERVALLI
CONSONANTI DISSONANTI
(sensazione di riposo) (sensazione di movimento)
Sono caratterizzati da un senso
d’instabilità, tendono a risolvere su
un accordo consonante)
PERFETTI IMPERFETTI – Seconda maggiore e minore
– Unisono – Terza maggiore e – Settima maggiore e minore
– Quarta giusta minore – Tutti gli intervalli eccedenti e
– Quinta giusta – Sesta maggiore diminuiti, più che eccedenti e più
– Ottava giusta e minore che diminuiti

Esaminiamo ora ciascun intervallo sotto l’aspetto qualitativo, par-


tendo sempre dalla scala di Do maggiore.

1. Per quanto riguarda l’unisono (in Francia detto prima), esso non
è considerato un intervallo perché si tratta di due suoni aventi la
stessa altezza.

2. Intervallo di seconda (attenzione: non si considera intervallo la


seconda più che diminuita perché di fatto forma un unisono).
Maggiore eccedente più che eccedente minore

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3. Intervallo di terza.

4. Intervallo di quarta.

5. Intervallo di quinta.

6. Intervallo di sesta.

7. Intervallo di settima.

8. Intervallo di ottava.

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I suoni armonici

Un corpo che vibra, oltre a produrre il suono fondamentale,


emette altri suoni che hanno un numero di vibrazioni multiplo del
fondamentale (il secondo armonico ha una frequenza vibratoria doppia
rispetto al suono fondamentale, il terzo armonico una tripla e così di
seguito). Questi suoni sono chiamati armonici o ipertoni e all’udito
non sono percepibili direttamente.
Se consideriamo il suono fondamentale do, la serie di armonici
che ne scaturisce è la seguente.

Il primo ad accorgersi che la sovrapposizione dei primi sei


armonici di un suono fondamentale produce l’accordo perfetto
maggiore è stato il musicista Gioseffo Zarlino (Chioggia, 31 gennaio
1517 – Venezia, 4 febbraio 1590), individuando così il fondamento
della scienza dell’armonia nelle leggi fisiche che regolano i fenomeni di
carattere acustico (Gioseffo Zarlino, Istituzioni armoniche, 1588). Gli
armonici superiori o ipertoni esistono nella realtà fisica dell’universo.

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Zarlino cercò di individuare anche la serie degli armonici in-
feriori detti ipotoni, che producessero l’accordo perfetto minore, ma
invero la serie degli ipotoni, pure se individuata grazie a complessi
calcoli matematici, non è stata mai confermata da alcun esperimento
di fisica acustica.
I suoni armonici (ipertoni) sono importanti per determinare
il timbro e gli intervalli.

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La triade

Una triade è un accordo di tre suoni.

Come si costruisce?
Consideriamo un suono qualsiasi e poniamolo come base su
cui costruire una triade.

Questo suono si chiama fondamentale per-


ché è la base o il fondamento dell’accordo.

Al suono fondamentale sovrapponiamo altri due suoni. Questi


due suoni non sono scelti a caso, ma ordinati per terze sovrapposte
secondo una legge armonica che trae le sue origini dalla scienza acustica
(i suoni armonici). La triade si ottiene nel modo seguente.

+ =

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Prova a costruire le triadi sui gradi della scala di Do maggiore.

I II III IV V VI VII

Poi fa’ lo stesso sui gradi di La minore (ricorda che in armonia nel
modo minore si usa la scala armonica), la relativa minore di Do maggiore.

I II III IV V VI VII

– Esistono quattro specie di triadi. È possibile riconoscere la specie


dalla qualità degli intervalli che costituiscono la triade.

M m m M M m dim.

m dim. ecc. m M M dim.

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– Specie maggiore = Sul I, IV, V grado della scala di Do maggiore
e sul V, VI di La minore troviamo una triade maggiore formata da
una terza maggiore + una quinta giusta (l’intervallo che si forma
tra le due note estreme dell’accordo).

– Specie minore = Sul II, III, VI grado della scala di Do maggiore e


sul I, IV grado di La minore troviamo una triade minore formata
da una terza minore e una quinta giusta.

– Specie diminuita = Sul VII grado della scala di Do maggiore


e sul II, VII grado della scala di La minore troviamo una triade
diminuita formata da una terza minore + una quinta diminuita.

– Specie eccedente = Sul III grado del mondo minore troviamo


una triade formata da una terza maggiore + una quinta eccedente.

Ancora una volta, considerando il diverso tipo di scala, pos-


siamo osservare che l’accordo di do – mi – sol è una quinta giusta,
mentre do – mi – sol♯ è eccedente, in quanto costituito da una terza
maggiore + una quinta eccedente, e così di seguito.

Ricapitolando:
Intervalli Specie
Terza maggiore + quinta giusta MAGGIORE (M)
Terza maggiore + quinta eccedente ECCEDENTE (ecc.)
Terza minore + quinta giusta MINORE (m)
Terza minore + quinta diminuita DIMINUITA (dim.)

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Gli accordi basati sulla tonica, sottodominante, dominante (I,
IV e V grado della scala) sono detti principali o tonali. Se conside-
riamo la formazione degli accordi notiamo che contengono tutte le
note di una scala. Infatti:

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Le parti

Ogni suono che forma un accordo si chiama voce o parte.

La scrittura a 4 parti può essere:

A parti strette A parti late


(per uno strumento a tastiera) concepita come destinata a un
raggruppa le tre parti superiori quartetto strumentale o vocale
in un accordo che non deve su- (soprano, contralto, tenore,
perare l’estensione di un’ottava basso)

Per scrivere a 4 parti nelle triadi una parte deve essere raddoppiata.
Nell’esempio riportato sopra si possono osservare le tre posizioni in
cui può essere disposto un accordo perfetto: è sempre stata raddop-

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piata la tonica (fondamentale) e al basso è stata sempre mantenuta
la fondamentale.
I numeri posti sotto le note del basso negli esempi sopra riportati
indicano la posizione melodica, vale a dire la disposizione delle parti:
nella prima posizione al soprano (la voce più acuta) si pone l’ottava
(8), nella seconda posizione si pone la terza (3) e infine nella terza
posizione si pone la quinta (5).
La posizione melodica indica quale suono intendiamo porre
al soprano.

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Moto delle parti

Il movimento melodico riguarda il passaggio di un suono


all’altro nella stessa parte.

Per conseguire un buon andamento della parte è bene ricordare


che la parte deve essere cantabile e perciò è opportuno usare intervalli
di facile intonazione come il semitono cromatico, la seconda, la terza,
la quarta giusta, la quinta giusta, la sesta, l’ottava giusta.
Gli intervalli eccedenti e diminuiti solitamente devono essere
evitati, ma possono essere usati in presenza di una sensibile che va
alla tonica.

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Il movimento armonico riguarda l’insieme di due o più mo-
vimenti melodici appartenenti a parti diverse.
Esistono quattro tipi di moto delle parti (moto armonico).

– Moto retto: le voci procedono nella stessa direzione sia ascen-


dente sia discendente, ma a diversa distanza tra loro.
– Moto parallelo: le voci procedono nella stessa direzione e nella
stessa distanza in modo parallelo
– Moto contrario: le voci procedono in senso inverso tra loro.
– Moto obliquo: una o più voci stanno ferme mentre le altre si
muovono.

Nel prossimo capitolo è riportata una serie di proibizioni.


Inizialmente sarà complesso cercare di memorizzarle tutte.
Osservale bene una per una, poi svolgi gli esercizi tenendo le regole
sotto mano. Con il passare del tempo le regole saranno interiorizzate
e ti sarà naturale armonizzare senza commettere errori.

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Successioni proibite tra le parti

Nelle concatenazioni di accordi, sono rigorosamente proibite


le seguenti successioni.

1. Successioni tra due o più quinte, ottave e unisoni conse-


cutivi sia per moto retto sia per moto contrario.

 NO

NO

Si osservi che la successione tra due ottave per moto retto rimane
anche se si cambia posizione o si modifica l’andamento del basso.

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Un modo per annullare la proibizione proibita tra le parti consiste
nel separarle da un accordo diverso come nell’esempio sottostante.

Eccezione alla regola. Sono ammesse due quinte consecutive per


moto retto se sono discendenti e se la prima è giusta e la seconda
diminuita.

2. Successioni di quinte e ottave nascoste. Si tratta di quinte e


ottave che si formano quando due voci si muovono da un qualsiasi
intervallo (tranne quinta e ottava) e giungono per moto retto su
una quinta o su un’ottava.

NO

NO

3. Falsa relazione di unisono e di ottava. Si tratta di falsa rela-


zione perché riguarda un passaggio cromatico che è realizzato in
due parti diverse.

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NO: non è consentito il
passaggio cromatico quan-
do è effettuato da due voci
diverse.

SÌ: è lecito effettuare il


passaggio cromatico in una
stessa voce.

SÌ: è corretto quando il basso


si muove sulla sensibile in
direzione della tonica.

Le quinte e ottave nascoste sono particolarmente proibite tra le


parti estreme. Per quanto riguarda le quinte e le ottave tra una
parte interna e una estrema, le quinte sono tollerate, ma le ottave
no.

4. Falsa relazione di tritono. Le due parti non devono mai


procedere per tono e contemporaneamente per terze parallele.

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Cadenze

Le cadenze sono delle particolari successioni di due o più accordi


che convergono in direzione della tonica.

Le cadenze possono

Suggerire la conclusione di una Ritardare o evitare la conclu-


frase, periodo o brano musicale sione, prolungando il discorso
(cadenze finali e di chiusa). musicale (cadenze sospese e
evitate).

Esistono pertanto vari tipi di cadenze.


Nome della
Percorso Esempio
cadenza

PERFETTA dal V al I grado

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SOSPESA dal I al V grado

dal IV al I grado
[Può accadere che la
cadenza in un brano
con tonalità d’impianto
in minore risolva in
PLAGALE maggiore sul I grado: in
questo caso si parla di
TERZA PICCARDA (la
terza maggiore in cui
risolve un accordo in
minore)].

D’INGANNO dal V al VI grado

40

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dal I al V grado
con quarta e sesta
e poi 5 sul V

COMPOSTA

È possibile anche
ritardare la terza sul V
grado

dal I grado al V con 5,


DOPPIA quarta e sesta e ritardo
della terza sul V grado

IMPERFETTA dal V al III grado

41

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Il V grado evita di
risolvere naturalmente
EVITATA
e si lega con qualsiasi
accordo modulante

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Rivolti

Se a cambiare fosse la nota che sta al basso non saremmo più di


fronte a un cambio di posizione, ma al cosiddetto rivolto. Nell’ambito
di un accordo perfetto di quattro suoni abbiamo due rivolti:

– nel primo diventa basso la 3a dell’accordo, e si ha un accordo di


terza e sesta;
– nel secondo diventa basso la 5a e si ha un accordo di quarta e sesta.
Per questa ragione l’accordo di terza e quinta si dice fondamentale.

Triade allo stato 1° rivolto I6 (detto 2° rivolto


fondamentale primo in sesta)

43

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– Triade allo stato fondamentale:
• il suono fondamentale si trova nel basso
• non deve mancare mai la terza dell’accordo
• il raddoppio migliore è quello della fondamentale.

– Primo rivolto:
• si indica con un 6 sulla nota del basso oppure con 6
3
• si pone al basso la terza dell’accordo
• non devono mancare mai la terza e la sesta dell’accordo
• è possibile raddoppiare la fondamentale, la terza e la quinta
dell’accordo, anche se è preferibile raddoppiare la fondamen-
tale
• si può applicare sempre (su tutti i gradi tranne che sulla to-
nica e sulla dominante) purché il basso si muova per grado
congiunto.

La prima battuta vede posizione melodica 8, perciò si deve


armonizzare ponendo do al soprano. La seconda battuta vede
note che si susseguono per grado congiunto, pertanto si pos-
sono armonizzare con 6. Si noti che sul VI grado che viene
dal V si realizza la cadenza d’inganno, raddoppiando la terza.

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– Secondo rivolto:
• si indica con  64 (accordo di quarta e sesta)
• si pone al basso la quinta dell’accordo
• non devono mancare mai la quarta e la sesta
• il raddoppio migliore è quello della quinta dell’accordo

• si applica sulla tonica, sulla dominante e sul II grado che sale


o scende per grado congiunto.

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Tabella dei segni di cifratura
per il basso
Segni sulla nota del basso Significato
Accordo perfetto (accordo di terza
Assenza di indicazioni (segno o numero)
e quinta)
L’alterazione si riferisce alla terza
# oppure b
dell’accordo della nota del basso
L’alterazione si riferisce alla terza
# oppure b posto sopra o sotto un 6
dell’accordo della nota del basso
# oppure b posto davanti a un numero L’alterazione si riferisce alla nota
(ad esempio: #3, b3, #5, ecc.) espressa dal numero stesso
/ posto sopra un numero Intervallo diminuito
La numerazione prosegue anche
___ dopo un numero sulle note successive del basso
soggette al segno ___
Presenza di un numero sotto una pausa Anticipazione dell’accordo
6 Accordo di terza e sesta

4 oppure 6 Accordo di terza, quarta e sesta


3 4
3

4 oppure 6 Accordo di seconda, quarta e sesta


2 4
2
6
Accordo di terza, quinta e sesta
5
7 Accordo di settima
9 Accordo di nona
11 Accordo di undicesima
13 Accordo di tredicesima
I numeri 8, 3 e 5 sulla prima nota del Si riferiscono alla posizione melo-
basso dica

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Regole basilari

– Muovere le voci per piccoli intervalli (dirigersi sempre sulle


note più vicine). Le voci devono avere sempre un andamento
logico e melodico.

– Concatenare gli accordi tenendo ferme le note in comune


(legame armonico).

Esempio di armonizzazione con triadi allo stato fondamentale.

Si noti che il II grado ha due note in comune con il IV grado;


il VI grado ha due note in comune con il I grado; infine il VII
grado ha due note in comune con il V grado.

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Eccezione: nel modo minore quando si va dal II al V grado, per
evitare la durezza dell’intervallo di seconda eccedente, si effettua
il moto contrario senza considerare le note in comune.

II V I

– Effettuare il moto contrario tra le voci superiori e il basso


quando non ci sono note in comune.

I V VI III II I

• Si noti nell’esempio soprastante che, quando il basso sale dal


V grado al VI, la terza dell’accordo sul V grado, poiché è la
sensibile, non va per moto contrario, ma sale alla tonica (si
tratta della cadenza d’inganno).

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• Si noti inoltre che, quando ci troviamo nel modo minore, se
il basso procede dal VI al V grado, sul VI grado si procede al
raddoppio della terza (per evitare la durezza dell’intervallo di
seconda eccedente).

VI V

49

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Armonizzazione dei vari gradi

Tutti gli accordi che procedono per moto disgiunto prendono


l’accordo perfetto.

– I grado (tonica). Armonizzi con accordo perfetto (tonica, terza e


dominante). Tuttavia, quando è preceduto e seguito da un accordo
perfetto sul medesimo grado, allora armonizzi con quarta e sesta.

– II grado (sopratonica). Se procede per grado congiunto armonizzi


con sesta oppure con quarta e sesta.

– III grado (mediante). Di solito prende l’accordo di sesta.

– IV grado (sottodominante). Se procede per moto congiunto


prende accordo di sesta.

– V grado (dominante). Armonizzi con accordo perfetto (tonica,


terza e dominante). Tuttavia, quando è preceduto e seguito da un
accordo perfetto sul medesimo grado, allora armonizzi con quarta
e sesta.

– VI grado (sopradominante). Se procede per moto congiunto


prende accordo di sesta.

– VII grado (sensibile). Non si raddoppia mai. Di solito prende


accordo di sesta.

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Accordi di quattro suoni.
Le settime

Su ogni grado della scala sia maggiore sia minore è possibile


costruire un accordo di settima: si tratta di un accordo composto di
quattro suoni ordinati per sovrapposizione di terze.
Poiché ogni accordo è formato da una diversa tipologia di in-
tervalli armonici, le settime sono classificate in specie: se ne contano
sette in tutto e si dividono in naturali e artificiali.
Le settime sono accordi dissonanti (comprendono l’intervallo
di 7a).

Le settime possono essere:

Naturali A rtificiali
se i suoni che costituiscono se i suoni che compongono
l’accordo fanno parte degli l’accordo non fanno parte degli
armonici della nota fondamen- armonici della nota fondamen-
tale della quadriade. tale della quadriade.

6
Lo stato fondamentale si indica con 7, il primo rivolto con 5 , il
secondo rivolto con 4 , il terzo rivolto con 4 o semplicemente 2.
3 2

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Settime naturali

Tra le settime naturali figurano: la settima di dominante, la


settima di sensibile e la settima diminuita.
Questi accordi non necessitano di preparazione (vale a dire
che la settima, la nota dissonante, non deve essere presente nell’ac-
cordo che la precede).

– Settima di dominante (settima di prima specie). Risulta


composta da una terza maggiore, una quinta giusta e una settima
minore. Si usa sul V grado del modo maggiore e sul V del modo
minore. Non occorre preparazione.

7 7

Oppure incompleta
Può essere completa (in questo caso c’è il raddoppio della
fondamentale e si omette la quinta)

52

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Risoluzione: la sensibile sale alla tonica per grado congiunto, la
quinta ha movimento libero, la settima scende per grado con-
giunto. Nota bene: quando la settima di dominante risolve sul
VI grado (cadenza d’inganno) l’accordo di settima deve essere
obbligatoriamente completo.

• Il primo rivolto si usa sul VII grado, che si dirige verso la


tonica. La numerica utilizzata è 6 .
5
• Il secondo rivolto si usa sul II grado che si dirige verso la tonica
oppure sul III grado. La numerica utilizzata è 4 .
3
• Il terzo rivolto si usa sul IV grado che si dirige sul III grado.
La numerica utilizzata è 4 , scritto anche semplicemente 2.
2

– Settima di sensibile (terza specie). Risulta composta da una


terza minore, una quinta diminuita e una settima minore. Costru-
ita sulla sensibile, vale a dire sul VII grado della scala maggiore.
Si indica con la numerica 7 e non occorre preparazione (fatta
eccezione per il terzo rivolto). Può risolvere in due modi diversi.
• 1a risoluzione: la settima scende, la quinta scende, la terza è
libera (ma sale se si trova sotto la settima), la fondamentale sale.

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• 2a risoluzione: può aver luogo la risoluzione anticipata della
settima, dando luogo a una settima di dominante, che, natu-
ralmente, risolve secondo le proprie regole.

Di solito risolve sull’accordo di tonica, ma può essere utilizzata


per creare cadenze evitate modulando da una tonalità a un’altra.

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Terzo rivolto: si usa sul VI che scende al V. In questo caso di solito la nota del
basso deve essere preparata.

– Settima diminuita (quinta specie). Risulta composta da una


terza minore, una quinta diminuita e una settima diminuita. Co-
struita sul VII grado della scala minore. Si indica con la numerica
7 dim. oppure con il simbolo / posizionato sopra il numero 7.

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Prevede le medesime risoluzioni della settima di sensibile. Nel
terzo rivolto, a differenza della settima di sensibile, il basso non
richiede alcuna preparazione. Si parla di accordo ciclico per-
ché, se rivoltato, le terze minori da cui è formato rimangono tali,
dunque la loro funzione armonica non muta.

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Settime artificiali

Tra le settime artificiali (o secondarie) figurano: la settima


di seconda specie, quella di terza specie solo nel modo minore, quelle
di quarta specie, di sesta e di settima specie.
Tutti questi accordi necessitano di preparazione (vale a dire
che la settima, la nota dissonante, deve essere presente nell’accordo
che la precede). Tuttavia, se la settima proviene e risolve di grado
congiunto oppure è una nota di passaggio, è lecito procedere senza
preparazione.
Poiché tutte le settime artificiali, ad eccezione di quelle di
settima specie, risolvono nel medesimo modo, in questa sezione ci
occuperemo di tutte le settime artificiali tranne quelle di settima specie.

– Dove: su un basso che sale di quarta o scende di quinta.


– Risoluzione: la settima scende, la quinta scende, la terza sale, la
fondamentale scende di quinta o sale di quarta.

57

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Composizione
Nome Dove si trova
dell’accordo
sul II, III, VI grado del
terza minore, quinta giusta
Settima di 2a specie modo maggiore e sul IV
e settima minore
del modo minore
Settima di 3a specie terza minore, quinta dimi-
sul II del modo minore
(modo minore) nuita e settima minore
sul I e IV grado del modo
terza maggiore, quinta
Settima di 4 specie
a
maggiore e sul VI del
giusta e settima maggiore
modo minore
terza minore, quinta giusta
Settima di 6a specie sul I grado
e settima maggiore

Settima di settima specie: è applicata sul III grado. Si differenzia


dalle altre settime artificiali perché la risoluzione della quinta avviene
sempre per grado ascendente.

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Accordi di cinque suoni

L’accordo di nona di dominante si ottiene aggiungendo una


terza all’accordo di settima di dominante. Nell’armonizzazione a 4
voci è omessa la quinta.
È posta sul V grado; può dirigersi direttamente sulla tonica,
raggiungere il VI grado con cadenza d’inganno oppure impiegare
più accordi.
Può risolvere in diversi modi:

1. risoluzione diretta alla tonica;


2. la 9a scende trasformandosi in 7a incompleta, che risolve sulla
tonica;
3. entrambe la 9a e la 7a scendono con doppie note di passaggio a
formare un accordo di 7a completo, che risolve sulla tonica (oppure
sul VI grado con cadenza d’inganno);
4. la fondamentale rimane ferma mentre le altre voci risolvono come
di consueto.

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La nona deve trovarsi a distanza di almeno una nona dalla fon-
damentale, mai a distanza di seconda, ed è bene evitare che la nona
e la fondamentale derivino da un’ottava.

Nell’armonizzazione del basso a parti strette i rivolti della nona


di dominante non oltrepassino mai l’estensione di un’ottava. Anche
se i rivolti sarebbero quattro in ambito scolastico se ne considerano
solo tre.

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L’accordo di nona può essere costruito anche su altri gradi della
scala maggiore e minore. Esistono pertanto none di prima, seconda,
terza, quarta, quinta, sesta e settima specie esattamente come avviene
per l’accordo di settima. La risoluzione per tutte le specie, sebbene
siano diverse, risulta identica a quella della nona di dominante.
Infine, gli accordi di undicesima sono accordi di 7a di domi-
nante incompleta sulla tonica e quelli di tredicesima sono accordi di
7a di sensibile o 7a diminuita sulla tonica (oppure di 9a di dominante
sulla tonica).

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Ricapitolando l’armonizzazione
dei vari gradi

Tutti gli accordi che procedono per moto disgiunto prendono


l’accordo perfetto.
Grado Come armonizzare
Accordo perfetto (tonica, terza e dominante).
I Se preceduto e seguito da un accordo perfetto sul medesimo
grado, si armonizza con quarta e sesta.
Se procede per grado congiunto armonizziamo con sesta oppu-
re con quarta e sesta.
Sul II grado che sale al III si può armonizzare con
II
6 6
4 oppure 5
3 3
III Di solito prende l’accordo di sesta.
Se procede per moto congiunto prende accordo di sesta.
Sul IV grado che scende al III si armonizza con:
IV 6 6
4 oppure 4
2 3

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Accordo perfetto (tonica, terza e dominante).
Armonizziamo con quarta e sesta, se preceduto e seguito da un
V
accordo perfetto sul medesimo grado; armonizziamo con settima
se V – I oppure V – VI.
Se procede per moto congiunto prende accordo di sesta.
Sul VI grado che scende al V si armonizza con
VI 6
4
2
Non si raddoppia mai. Di solito prende accordo di sesta.
Sul VII – I si armonizza con settima di sensibile o con il primo
rivolto della settima di dominante
VII
6
5
3

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Accordi alterati e sesta napoletana

Per accordi alterati si intendono tutti gli accordi (di tre, quattro
e cinque suoni) che si presentano con uno o più suoni alterati rispetto
agli accordi esaminati nelle pagine precedenti.
Gli accordi alterati più in uso sono i seguenti.

– Alterazione della fondamentale (innalzamento).

– Alterazione della terza (sia abbassata sia innalzata).

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– Alterazione della quinta (sia abbassata sia innalzata).

– Sesta napoletana. Accordo costruito sul II grado abbassato con il


VI grado minore, derivante dalla scala armonica con il VI grado
abbassato, detta appunto scala napoletana. Si usa in primo rivolto
sul IV grado del modo minore. La risoluzione della sesta napole-
tana sull’accordo perfetto di dominante comporta terza diminuita
e falsa relazione d’ottava (che scaturisce dal IV grado che si dirige
al V), che, in questo caso, è ammessa.

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Seste eccedenti

Esistono tre tipi di sesta eccedente, così chiamati perché


l’intervallo che intercorre tra il basso e uno dei suoni componenti
l’accordo è di sesta eccedente.

– Tedesca: si tratta di una settima costruita sul IV grado innalzato


con il VI grado minore. Si trova in primo rivolto, si usa sia in
modo maggiore sia in modo minore, anche se preferibilmente in
quest’ultimo. La settima non deve essere preparata e solitamente
risolve sul I in quarta e sesta, sovente è impiegata per modulare
ai toni lontani perché la terza può diventare la fondamentale di
un accordo.

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– Francese: si tratta di una settima costruita sul II grado con il IV
grado innalzato e il VI grado minore. Si trova in secondo rivolto
e si usa solo nel modo minore. Risolve sul I in quarta e sesta o
sul V grado.

– Italiana: si tratta di una triade costruita sul IV grado innalzato


con il VI grado minore. Si trova in primo rivolto e si usa solo
nel modo minore. Risolve sul I in quarta e sesta o sul V grado.

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Modulazione

Modulazione è il passaggio da una tonalità a un’altra che può


aver luogo durante lo svolgimento di un brano musicale.
Le modulazioni possono realizzarsi ai toni vicini (che hanno
relazioni di affinità) o ai toni lontani.
Per quanto concerne le modulazioni ai toni vicini, ogni
tonalità può avere affinità con altre cinque tonalità. Si consideri ad
esempio la scala di Do maggiore, che è affine a:

– La minore (relativa minore);


– Sol maggiore (la tonalità della dominante);
– Mi minore (la tonalità della dominante della relativa minore);
– Fa maggiore (la tonalità della quinta discendente);
– Re minore (la tonalità della relativa minore della quinta discen-
dente).
Sol
maggiore

Mi
Re minore
minore
Do
maggiore

La Fa
minore maggiore

68

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Le tonalità affini si differenziano dalla tonalità di base solo per
un’unica alterazione. Pertanto può essere sufficiente nel basso alterare
una sola nota per modulare.
Dalla tonica il basso può salire di semitono con settima diminuita.

Il basso può rimanere fermo e mutare di modo.

Il basso può modulare impiegando il terzo rivolto di dominante.

69

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Il basso può modulare impiegando il secondo rivolto di do-
minante.

Le modulazioni ai toni lontani possono realizzarsi mediante:

– enarmonia (grazie alle note di eguale altezza ma denominazione


differente),
– progressioni modulanti (che vedremo tra poco) e
– risoluzioni evitate.

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Note estranee all’armonia

L’ornamentazione melodica si serve di svariate figurazioni


che, pur essendo estranee all’armonia, servono per abbellire la linea
melodica.

– Note di passaggio: possono essere di grado congiunto, cromatico


o disgiunto.
• Le note dissonanti, che uniscono per grado congiunto le note
essenziali dell’accordo, si trovano sempre sul tempo debole
della battuta e hanno un valore minore o uguale al suono
reale precedente.
• Le note di passaggio possono muoversi per grado congiunto
unendo con semitono cromatico una seconda maggiore.

71

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• Le note che si muovono di grado disgiunto sono possibili solo
se formano un accordo.

Quando nel basso si individuano quattro note di passaggio ascen-


denti (per grado congiunto o disgiunto) o discendenti per grado
disgiunto, si armonizza con un unico accordo o con un cambio di
posizione.

Quando nel basso si individuano quattro note di passaggio discen-


denti di grado congiunto, si armonizza ogni due note con un solo
accordo.

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– Note di volta: note che si muovono per grado congiunto tra
due note uguali (tornano da dove sono giunte); si trovano sul
tempo debole della battuta e hanno un valore minore o uguale
al suono reale precedente. Anche in questo caso se sono poste
nel basso non si armonizzano.

– Ritardo: nota proveniente da un accordo precedente che continua


sull’accordo successivo e risolve per grado congiunto (si tratta di
una nota che, provenendo dal tempo debole, prolunga sul tempo
forte). Si individuano tre fasi: la preparazione (il ritardo è sempre
preparato da una nota che ha valore uguale o maggiore), la per-
cussione (la nota che continua sull’accordo seguente) e infine la
risoluzione (il ritardo risolve su una nota appartenente all’accordo).
I ritardi più usati sono quelli di terza, quinta e ottava.

Ritardo dell’ottava Ritardo della terza Ritardo della quinta

73

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– Appoggiatura: appoggia la nota
reale dell’accordo, vale a dire che
è la nota di grado superiore o
inferiore alla nota reale. È detta
anche ritardo senza preparazione.

– Anticipazione: la nota di un
accordo che segue è anticipata
nell’accordo precedente (vale a
dire che la nota anticipa l’accordo
di cui è un elemento costitutivo).

– Nota sfuggita: nota estranea


all’armonia presa per grado con-
giunto e che poi salta (vale a dire
che poi si muove con intervallo
disgiunto). Spesso è considerata
come nota di volta priva della
successiva nota reale.

74

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– Pedale: è una nota tenuta ferma nel corso di una successione
armonica di cui può essere elemento essenziale (allora non è nota
estranea) oppure no (in questo caso è nota estranea in quanto
non è parte integrante dell’accordo su cui è posta). Nondimeno
all’inizio e alla fine il pedale deve far parte dell’armonia. Le note
pedale sono la dominante e la tonica. Il pedale può essere inferiore
(quando è nella voce grave), interno (nella voce intermedia) o
superiore (nella voce acuta).

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Progressione

Le progressioni consistono nella ripetizione simmetrica di un


disegno musicale (modello) su vari gradi della scala musicale e si ar-
ticolano in sette categorie secondo quattro modalità, come riportato
nella tabella seguente.
Progressioni
DIREZIONE del TONALITÀ del STATO dell’accordo: SIMMETRIA del
modello: modello: modello:
– ascendenti – tonali – fondamentali – irregolari
– discendenti – modulari – derivate

Nelle progressioni ascendenti il modello è ripetuto simme-


tricamente verso l’alto; in quelle discendenti il modello è ripetuto
simmetricamente verso il basso. Nelle progressioni tonali non c’è
modulazione, rimangono nello stesso tono; in quelle modulanti invece
le progressioni cambiano tonalità.
Nelle progressioni fondamentali tutti gli accordi sono allo stato
fondamentale, mentre in quelle derivate tutti gli accordi o parte di
essi sono allo stato di rivolto. Nelle progressioni irregolari il modello
non è ripetuto simmetricamente in modo identico.

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Esempi di progressioni di triadi allo stato fondamentale.

Esempi di progressioni di triadi derivate.

Esempi di progressioni di quadriadi allo stato fondamentale.

Esempi di progressioni di quadriadi sotto forma di rivolto.

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Esempi di progressione circolare.

Ricapitolando, quando c’è una progressione


in cui il basso sale di grado e scende di terza
è possibile armonizzare con quinta e sesta e
poi risolvere sull’accordo perfetto.

Quando il basso scende di grado si può realizzare con rivolto di


settima e risolvere sull’accordo perfetto oppure realizzare una conca-
tenazione di settime in stato di rivolto e fondamentale oppure come
una concatenazione di rivolti.

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Il basso sale di grado e scende di terza 6 e5
5

4 e 5 oppure 4 e 7
3 3
Il basso, preparato, scende di grado oppure

4 e 6 oppure 4 e 6
2 3 2 5

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Corale

Il corale nasce come canto liturgico della chiesa luterana. Le


melodie hanno origini variegate: possono essere composizioni origi-
nali1 o derivare sia dal repertorio gregoriano sia da canti spirituali me-
dievali sia da canzoni popolari di carattere profano. I testi invece sono
in tedesco e si tratta di liriche religiose dello stesso Lutero o parafrasi
di salmi e passi biblici a cura del riformatore e dei suoi collaboratori.
Si tratta di un canto liturgico destinato ad essere eseguito dai
fedeli, caratterizzato da una costruzione polifonica molto sempli-
ce: un’armonizzazione a quattro voci della linea melodica affidata al
superius (al soprano), che, infatti, è utilizzata come cantus firmus, e
realizzata punctum contra puctum (dal latino, nota contro nota), vale
a dire omoritmicamente.

1. Prima di armonizzare un corale è necessario soffermarsi ad esa-


minare la linea melodica, individuandone gli elementi basilari:
sovente il corale è organizzato in due fasi, la prima, incompleta,
termina in uno stato di tensione (dominante di divisione, solita-

1
Lo stesso Lutero fu autore di una ventina di composizioni; tra i principali au-
tori di corali si ricordano i compositori Johann Walter, amico nonché stretto
collaboratore di Lutero, e Johannes Crüger.

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mente ornata da una corona per evidenziare la cesura all’interno
del brano); la seconda, successiva all’interruzione, ricomincia il
procedimento completandolo e risolvendo la tensione.
2. Pertanto è bene individuare la tonalità d’impianto e le eventuali
modulazioni ai toni vicini. Realizzare le varie possibili armoniz-
zazioni delle cadenze finali.
3. Redigere il basso e solo dopo procedere alle voci intermedie.
• In primo luogo si comincia sempre con la tonica.
• Si armonizza a quattro voci tenendo bene a mente che la rea-
lizzazione deve essere destinata a un’esecuzione vocale e perciò
di solito si evita il secondo rivolto di settima di dominante
perché è di difficile intonazione. Inoltre le note uguali non
sono legate, ma ripetute in quanto ogni nota supporta una
sillaba del testo del corale.
• Le corone presenti nella linea melodica indicano la fine della
frase musicale e pertanto segnalano la presenza delle cadenze,
che devono essere sempre realizzate allo stato fondamentale
(quarta e sesta, settima e accordo perfetto).
• È bene evitare di ripetere incisi musicali, variando il più pos-
sibile l’armonizzazione.
• Non si usano ritardi.
• Si usa sovente il terzo rivolto della settima di dominante sul
IV grado che va al III (2 → 6).
• Si possono usare le cadenze evitate.
• Quando al basso c’è la successione di III – II – I, al soprano
si fa corrispondere nell’ordine I – II – III, armonizzando pre-
feribilmente sul II grado con quarta e sesta.

Di seguito un esempio di corale semplice.

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Nell’esempio riportato, la melodia del corale è articolata in due
parti principali, suddivise a loro volta in due parti. La seconda corona
è posta sull’accordo di dominante in modo che la prima parte termina
alla dominante e la seconda risolve sulla tonica. Si osservi che le varie
note che si ripetono al soprano (ad esempio do) sono armonizzate in
modo sempre diverso per infondere dinamicità alla melodia.

I corali figurati in stile bachiano

Per uno studio approfondito del linguaggio musicale dei corali


di Johann Sebastian Bach, si rimanda al testo fondamentale di Albert
Schweitzer, J.S. Bach. Il musicista poeta (1979), nel quale il celebre
concertista, nonché premio Nobel per la pace, illustra come in Bach
«per mezzo dell’armonia ogni melodia assume il carattere stesso delle
parole alle quali si trova unita» (Schweitzer, 1931, p. 31; si vedano
anche: Chailley, 1974; Kirkendale, 1980; Radulescu, 2000).
Qui ci limitiamo a dare delle indicazioni pratiche su come
armonizzare un corale figurandolo in stile bachiano.

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Per l’armonizzazione si procede in due fasi.
Nella prima fase si opera secondo quanto è stato indicato per
il corale semplice.
Nella seconda fase si figura il corale. significa ornare il co-
rale ricorrendo a un ampio e libero impiego di imitazioni, sincopi,
note di passaggio, di volta, appoggiature, ritardi, note di sfuggita,
anticipazioni al soprano della tonica (soprattutto in prossimità della
cadenza), contrazioni, talvolta incroci delle parti, eccetera. Le crome
sono impiegate liberamente, sovente in gruppi di due.

Anticipazione

Contrazione derivante da:

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Esaminiamo nell’esempio sottostante il corale di Johann Se-
bastian Bach Mach’s mit mir, Gott, nach deiner Gut, su melodia di
Johann Herrmann Schein.
Questo corale, come osservava a suo tempo già il compositore
Charles Gounod, è un ottimo modello per studiare le figurazioni
bachiane.

Si possono osservare:

– l’uso delle note di passaggio per rendere fluido il movimento di


tutto il corale;
– l’impiego del ritardo nella quinta battuta in prossimità della ca-
denza sulla dominante (dominante di divisione);
– l’andamento sincopato nel contralto nella penultima battuta;
– la caratteristica risoluzione bachiana della settima di dominante
in cui la sensibile,2 anziché salire di grado alla tonica, salta sulla

2
Ci sono altri due casi cui la sensibile salta alla dominante: ritardo al basso della
fondamentale e settima di prima specie (quando la settima è nella parte acuta).

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dominante (quando la sensibile è posta in una voce intermedia
e la voce immediatamente sopra la sensibile risolve sulla tonica).

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Lied

Il Lied, come si desume dal nome, è una composizione di


origine tedesca per voce solista e pianoforte, caratterizzato da un te-
sto strofico: la melodia può essere invariabilmente la stessa per ogni
strofa oppure può variare secondo la forma del Durchkomponiert. Si
devono pertanto scrivere tre pentagrammi: uno per la voce solista,
nel quale si trascrive la melodia data, e gli altri due per il pianoforte.
Inizialmente, si procede ad armonizzare seguendo le brevi indicazioni
elencate di seguito.

1. Si inizia e si termina con la tonica.


2. Di solito la melodia, verso la metà, richiede una cadenza sospesa
o finale. Redigere le varie ipotesi di armonizzazioni delle cadenze.
3. Ricordarsi che ogni nota può essere parte di tre triadi differenti.
4. Al I grado che va al III si risponde con III – I e viceversa.
5. Al IV che va al III o al V che va al III si risponde con VII – I.
6. Al VI che va al V si risponde con IV – V.
7. Al II che va al III si risponde con V – I.
8. Al II che va al VII e poi risolve sul I si risponde con IV – V – VI
grado.
9. Armonizzare con un solo accordo il salto di quarta.

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L’accompagnamento strumentale può essere il più variegato
possibile purché sia idoneo alla melodia: si adotta uno stile di ac-
compagnamento e si impiega per l’intero Lied. Si possono usare bassi
albertini, andamenti sincopati, accordi in controtempo, riprendere
alcuni frammenti della linea melodica e servirsene per intessere l’ac-
compagnamento strumentale, procedere per imitazione con alcuni
frammenti melodici, eccetera.

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Imitazioni

L’imitazione è una ripetizione di un frammento musicale che


è stato proposto da un’altra voce. La proposta del soggetto è detta
antecedente, la risposta invece conseguente. L’imitazione può aver
luogo a qualunque intervallo.

– Imitazione regolare: il conseguente risponde con intervalli


esattamente uguali a quelli dell’antecedente.

P. Martini, Alla quinta

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– Imitazione irregolare: il conseguente risponde con intervalli
simili, ma non uguali (risponde con una terza eccedente anziché
una terza minore eccetera).

– Imitazione libera: il conseguente si attua con intervalli diversi


(risponde con una terza a una quinta, eccetera).

– Imitazione ritmica: il conseguente conserva dell’antecedente


solo il ritmo senza osservare gli intervalli.

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Per quanto concerne la direzione dell’imitazione, essa può
procedere:

– per moto retto (il conseguente imita parallelamente l’antece-


dente);

– per moto contrario (gli intervalli sono invertiti: quelli ascendenti


diventano discendenti e viceversa);

– per moto retrogrado (il conseguente imita l’antecedente ma


invertendo la melodia dall’ultima alla prima nota);

– per aggravamento (si aumentano i valori);

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– per diminuzione (si riducono i valori).

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Bibliografia

Chailley Jacques (1974), Les chorals pour orgue de J.S. Bach, Paris, Leduc.
De Ninno Alfredo (1998), Trattato di armonia, 2 voll., Milano, Curci.
Delachi Paolo (2006), Raccolta di bassi per lo studio dell’armonia, Milano,
Carisch.
Guanti Giovanni (1999), Estetica musicale. La storia e le fonti, Firenze, La
Nuova Italia.
Kirkendale Ursula (1980), The source for Bach’s musical offering: The «Institutio
Oratoria» of Quintilian, «The Journal of the American Musicological
Society», a. XXXII, pp. 88-141.
Molfino Luigi (1989), Lo studio dell’armonia, Bergamo, Carrara.
Radulescu Michael (2000), Aspetti teologici dell’opera di Johann Sebastian
Bach, trad. it. di L. Lovisolo, Bergamo, Carrara.
Reger Max (1999), Sulla teoria della modulazione, trad. it. di L. Lovisolo, a
cura di A. Macinanti, Bergamo, Carrara.
Salzer Felix e Schachter Carl (1992), Contrappunto e composizione, trad. it.
di M. Baroni e E. Modena, Torino, EDT/SIDM.
Schweitzer Albert (1979), J.S. Bach. Il musicista poeta, trad. it. di P.A. Roversi,
pref. di C.M. Widor, Milano, Suvini Zerboni.

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