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Lezione 19-10-2021

Sanfeld parla di balcanismi. Dice che hanno origini greco-bizantine. Greci, albanesi e rumeni
giunsero millenni fa nei Balcani. Gli slavi più tardi. Molti dei termini balcanici sono di origine
greca, slava e turca. Ci fu la dominazione degli ottomani nei Balcani. Nel rumeno molti termini
derivano dal bulgaro. Vi fu un regno costituito da valacchi e bulgari. I termini albanesi hanno
influenza aromena. L’aromeno è una variante presente in Grecia, Albania e Macedonia. I termini
albanesi e arbëreshë sono influenzati dal turco. Petar Skok studió il ruolo di Bisanzio. Da Bisanzio
si attestano le origini greco-bizantine delle lingue balcaniche. Stefan Mladenov è un linguista
bulgaro. Sostiene la teoria di Sanfeld. I parallelismi interbalcanici sono in parte lessicali, in parte
morfologici e sintattici. Anja Teknizkaja è una studiosa di letteratura albanese. Fonda una scuola
albanese a San Pietroburgo. Lei cita la posposizione dell’articolo, la regressione dell’infinito, la
perifrastica del futuro e la corrispondenza tra genitivo e dativo. Alexandru Roseti è un autore
rumeno. Studió i motivi per cui si formó la lega balcanica. E’contrario alla teoria secondo la quale
le lingue balcaniche abbiano origine greco-bizantina. I popoli balcanici parlano due lingue. Ciò per
via del nomadismo, della pastorizia, del ruolo di Bisanzio e dei principati del Danubio.
In Europa vi sono lingue estinte. Ad esempio, il dalmatico. Il dalmatico è a metà tra rumeno e
lingue europee occidentali. Edward Schaller è un linguista tedesco. E’ d’accordo con le teorie
espresse dai precedenti studiosi. Usa il termine balcanismo. Un balcanismo è, ad esempio, la
posposizione dell’articolo. Lo troviamo in rumeno, albanese, bulgaro e macedone. Il bulgaro è
parlato anche in Macedonia. Bulgaro e macedone sono simili. Il serbo-croato potrebbe causare
guerre balcaniche. Si divide in serbo, bosniaco e montenegrino. Il montenegrino ha due lettere
diverse rispetto al serbo. La corrispondenza genitivo-dativo non c’è in serbo. Il turco e l’ungherese
sono lingue dei Balcani e non balcaniche. Schaller distingue balcanismi primari e secondari. I primi
riguardano le aree centrali. Le aree centrali sono bulgaro, rumeno, albanese e macedone. Queste
lingue fanno parte della lega linguistica balcanica. Quelli secondari interessano lingue simili tra
loro. Ad esempio, serbo e croato. Schaller distingue tre generi di lingue balcaniche. Primo grado,
comprendono le lingue centrali. Hanno molti balcanismi. Secondo grado, riguardano neogreco e
torlak. Il torlak è una variante del serbo. La e capovolta manca in neogreco e serbo. E’ presente
nelle lingue centrali. Le lingue di terzo grado non hanno niente in comune con le lingue balcaniche.
Sono turco, ungherese, croato e sloveno. In neogreco manca la numerazione locativale. La
numerazione locativale va dall’11 al 19. Gli ortodossi slavi usavano il cirillico. Il rumeno si
scriveva in cirillico. Ciò è testimoniato dai primi documenti. I primi documenti erano scritti in slavo
antico. I bulgari parlano una lingua slava. Non erano slavi. Sono stati dominati dai turchi. In
seguito, sono stati slavizzati. A nord vi è l’area latina. A sud vi è l’area greca. La linea Jireček segna
il confine tra le due aree. Jireček era uno storico ceco. I turchi giungono nel 14° secolo nell’Impero
Balcanico. Nell’11° secolo giungono i bulgari. Nel 16° secolo albanesi e rumeni. Questi popoli
hanno conquistato l’indipendenza politica dai turchi.

Lezione 20-10-2021
Schaller distingue balcanismi di primo e secondo grado. Primo grado, ad esempio, la e capovolta.
E’ presente in bulgaro. Istambul è un nome di origine greca. Anche il latino ha influenzato le lingue
balcaniche. E’ detto latino balcanico. Le lingue balcaniche hanno avuto origine dal latino volgare.
L’ Europa è divisa in due aree. Romània orientale e occidentale. Il confine delle due Romànie si
trova presso La Spezia. Vi sono molte analogie tra le forme italo-romanze meridionali e balcano-
romanze. Il rumeno è l’unica lingua romanza tra quelle balcaniche. L’albanese non è romanza.
Molte parole albanesi hanno base latina. Nelle lingue centrali vi è la comparazione analitica degli
aggettivi. La numerazione locativale ha origini slave. Il futuro perifrastico esprime volontà. Lo
troviamo in rumeno, albanese, neogreco e torlak. Il verbo avere è un balcanismo secondario.
Riguarda varietà del rumeno, degli albanesi d’Italia e del neogreco. Nelle lingue romanze
occidentali troviamo la forma latina habeo. Amare habeo > amerò. Serve per formare il futuro. Ho
da fare (albanese: kam të pënja; rumeno: am se fac). Le tracce di greco e albanese presenti in Italia
sono dei balcanismi che non c’entrano nulla coi Balcani. Il raddoppiamento dell’oggetto (a me mi
piace) si trova in neogreco, torlak e nelle lingue centrali. L’Albania ha due dialetti. A nord, ghego, a
sud, tosco. Le varietà italiane sono simili al tosco. Briand Joseph dice che l’infinito regresso è tipico
delle lingue centrali. I balcanismi hanno influito sul substrato. Il substrato riguarda le influenze
latine e greche. In neogreco e bulgaro non c’è l’infinito regresso. E’ un infinito di forma passiva.
Nei dialetti albanesi l’infinito si forma con la particella me seguita dal participio. Ad esempio,
mangiare  me-ngran. Il serbo ha dialetti simili al rumeno e al bulgaro. L’infinito si rende in due
modi. Il primo, subordinata finale + congiuntivo. Il secondo, subordinata dichiarativa + indicativo.
Ad esempio, la congiunzione che (albanese se; bulgaro ce; rumeno că; serbo da; greco óti).

Schema:
Europa  Romània orientale + Romània occidentale  La Spezia
Rumeno  lingua romanza
Albanese  lingua indoeuropea
Lingue romanze occidentali  amare habeo > amerò
Alb.  kam te penja (ho da fare)
Rumeno  am se fac (ho da fare)
Albania  ghego (nord) + tosco (sud)
Mangiare  me ngran (particella me + infinito)
Infinito  subordinata finale + cong. – subordinata dichiarativa + indic.

Lezione 25-10-2021
Il regresso dell’infinito è detto anche perdita dell’infinito. Si trova in bulgaro, macedone, neogreco
e torlak. I dialetti italo-romanzi meridionali hanno origine dalle migrazioni balcaniche. Il greco si
parlava nell’Impero bizantino. Si parlava fino all’11 secolo. Mayer e Federsen dicono che il greco è
la lingua più antica da cui ha origine l’infinito. Mitrosic e Stuckgardt associano le lingue balcaniche
al substrato. Gustav Weigand dice che le uniche lingue balcano-romanze sono rumeno e aromeno. Il
lessico rumeno e albanese deriva dal latino balcanico. Il rumeno è lingua romanza. L’albanese è una
lingua indoeuropea. Le lingue orientali sono a contatto con sanscrito e armeno. Reichenkron e
Iliescu dicono che l’infinito ha origine romanza. Gerard Rolls studió i dialetti calabresi. Il confronto
tra infinito dell’Italia meridionale e infinito balcanico è detto spazio linguistico italo-balcanico.
L’infinito ha origine dal greco tardo. In tosco e arbereshe manca l’infinito.
Ghego  me + participio
Tosco  për + të + participio
Ghego meridionale  për + me + participio

Nell’albanese parlato l’infinito è sostituito dal congiuntivo. Sul dizionario albanese si trova la prima
persona singolare. Marco La Piana dice che l’infinito si conserva solo nel ghego. Eqerem Cabei
dice che l’infinito si conserva in tutte le varianti albanesi. Olger Federsen è d’accordo con Cabei. In
ghego e arbëreshë il futuro si esprime col verbo volere. Il futuro indica necessità. Kam të vinje
(devo venire > ho da venire). Il verbo volere regge le congiunzioni ma, mi e mu. Derivano dal latino
a modo di. Il verbo potere regge la particella për.

Schema:
Regresso dell’infinito  bulgaro + macedone + neogreco + torlak
Ghego  me + participio
Tosco  per + te + participio
Ghego meridionale  per + me + participio

Lezione 27-10-2021
Il canto della besa è una ballata. E’ detta ballata di Kostantini. La tematica principale è il
matrimonio come fedeltà coniugale. Il protagonista è Costantino il Piccolo. Vi sono differenze tra
parlate albanesi e parlate balcaniche. Questa differenza per via delle influenze linguistiche. I
protagonisti sono onomastici. Ciò perché richiamano Bisanzio e l’imperatore Costantino. Gli slavi
giunsero a Bisanzio. Cirillo e Metodio cristianizzarono gli slavi. Vi è una condivisione religiosa tra
slavi bosniaci e albanesi. Nell’epica albanese i personaggi hanno matrice islamica (turco-ottomana).
Gli eroi sono visti come dei. Lo stesso avviene nell’Iliade. L’unica versione della besa è conservata
dagli albanesi d’Italia. I primi due versi sono in medias res. Dicono che dopo due giorni Costantino
dovrà lasciare la sposa. Resterà sposo per soli tre giorni. Costantino parte in guerra. Prima di partire,
promette a sua moglie di tornare dopo nove anni e nove giorni. Nella versione arbëreshë è
prigioniero dell’imperatore cristiano di Bisanzio. Vi è un riferimento storico alla battaglia di
Lepanto. Tale riferimento è nella versione in cui è prigioniero del re di Spagna. Nella versione del
sud dell’Albania, Costantino è islamizzato. E’ prigioniero del sultano turco. Costantino vuole
recuperare la sorella prigioniera. La recupera grazie alla forza datagli da Dio. Costantino chiede al
re di Spagna il permesso di rientrare dalla guerra. Questo è segno di fedeltà verso la sposa. I due
sposi vengono incoronati. Questo perché professano la religione ortodossa. Costantino è definito
gran signore. Il termine gran signore rimanda all’imperatore di Bisanzio. La rapsodía è la parte
testuale della ballata. Nella conclusione Costantino fa ritorno dalla sposa. Mentre ritorna, incontra i
suoi genitori. I genitori gli dicono di raggiungere subito la sposa a cavallo. Costantino riprende la
sua sposa. Termina la ballata. Troviamo gli intermediari. Ad esempio, i volatili. Ci permettono il
contatto con gli dei. Sono figure ieratiche. Ieratiche vuol dire sacre.
Veniva sacrificata la moglie di uno dei costruttori. Le mogli rispettive vengono avvisate di non
inoltrarsi nei pressi della costruzione. Le anime mantenevano le fondamenta, per evitare un crollo.
La fortezza viene trattata anche in ambito caucasico. La cultura occidentale del Medioevo tratta sui
castelli. I fenomeni simbolici sono studiati da Mircea Eliade. Il riferimento simbolico dell’uccisione
del drago, in Cappadocia. Nelle tradizioni popolari il drago si trova in acqua. Il tema delle ballate
dell’est europeo è il sacrificio di fondazione. Riguarda la costruzione di qualcosa di nuovo e
importante. Durante la costruzione si eseguiva un rito. Il pontifex nell’antica Roma facilitava la
costruzione del ponte. Pontifex vuol dire sacerdote costruttore. I ponti nelle ballate balcaniche
riguardano i fiumi. Il racconto più famoso è il Ponte sulla Drina di Ivo Andric. Ivo Andric era uno
scrittore croato, ma scrive in serbo. Il ponte fu costruito in Bosnia, nei pressi della città di Visegrad.
Il costruttore del ponte era un visir. Il visir era una figura militare ottomana. Il giannìzzero è il figlio
di un principe cristiano. Veniva educato all’arte militare. Un giannìzzero che viene citato nel
romanzo è Sokolovic. In ambito albanese troviamo Ismail Kadaré. Kadaré tratta di un ponte a tre
archi. L’opera è ambientata nel 1300. Siamo durante l’Impero Bizantino. L’Impero Bizantino fa
riferimento al primo arco. Il secondo arco si riferisce all’Impero Ottomano. Il terzo arco si riferisce
all’Unione Comunista sovietica. L’Albania era legata alla Russia. I ponti del diavolo venivano
costruiti mediante un patto tra un santo e il diavolo. Il diavolo chiedeva in cambio un’anima. Per
concedere l’anima si doveva far passare un animale sul ponte. In Calabria si trova presso
S.Francesco di Paola, Civita e nella zona del Savuto. I pròtomi delle cattedrali rappresentano il
sacrificio delle leggende balcaniche. Vi sono le divinità che abbattono la notte come momento di
costruzione. In area rumena troviamo la costruzione del monastero. Il monastero è trattato nella
ballata di Mastro Manole.

Lezione 02-11-2021
La formazione analitica del futuro è un marcatore linguistico interbalcanico. Coinvolge più lingue
del sud-est europeo. La linea Jirecek taglia un po’ Bulgaria e un po’ Romania. Segna il confine tra
due aree balcaniche. Rappresenta un’isoglossa. Questo è un termine di linguistica. Indica il confine
tra due aree di maggiore influenza. Sono il greco a sud e il latino a nord. Jirecek è uno storico della
Repubblica Ceca. Definisce questa linea tramite dei reperti archeologici trovati nei Balcani. Latino
e greco sono le due lingue maggiori dell’antichità. Sanfeld dice che la lingua greca ha avuto
maggiore impatto nella storia dell’Europa balcanica. Tale fattore ha influenzato le lingue centrali. Il
greco antico aveva un suo tratto, una sua forma per il futuro. Anche il latino aveva una forma
sintetica per il futuro. Già dal periodo dei Vangeli si inizia ad abbandonare il futuro sintetico. Si
ricorre al futuro perifrastico. Nel latino accade una cosa analoga. La Romània orientale riguarda
buona parte della penisola italiana. La parte occidentale occupa La Spezia e la Romagna. E’ la parte
nord del confine tra le due Romànie. I territori della Romània orientale sono a sud. Questo è
fondamentale per capire i fenomeni linguistici. Il futuro balcanico è una forma perifrastica. La
troviamo in albanese, bulgaro, macedone, rumeno, neogreco. In parte anche nel serbo torlak. Il
torlak è una varietà di serbo. E’ in contatto con l’area delle lingue centrali. E’ un dialetto serbo
orientale. Queste lingue formano il futuro con l’idea della volontà. Il verbo volere è alla base. Si
forma con volere + indicativo o congiuntivo. In albanese presenta il tratto do të + punoj. Do viene
dal verbo dua. Punoj vuol dire lavorare. Il verbo è al congiuntivo. Vuol dire lavorerò. Lo stesso si
verifica in bulgaro. Šte rabotja. In macedone vi è una forma vicina al bulgaro. Šte rabotam. In
rumeno è o să lucrez. O viene da voiu. Come se fosse voglio lavorare. Il neogreco thelo + na. E’
una forma ridotta di tha. Vuol dire voglio che. Nei dialetti serbo-croati la forma è hocu. Indica il
verbo volitivo. La formazione volitiva non è solo tipica dell’area balcanica. E’ frutto di un contatto
linguistico. Le lingue balcaniche hanno famiglie e tipologie linguistiche diverse di appartenenza.
Fuori dai Balcani, lo si trova in inglese. Abbiamo l’idea della volontà e della necessità. Will e shall
corrispondono allo stesso modello presente nei Balcani. Lo stesso vale per le lingue scandinave e i
dialetti francesi. Alcuni balcanisti evidenziano l’origine dei balcanismi nel substrato. Precisamente
nel tracio. Vi è qualche testimonianza epigrafica funeraria. Per Sanfeld il verbo volere ha origine
dal greco. Sono tutte forme stereotipate. Il verbo volere viene coniugato. Ad esempio, in albanese. Il
verbo coniugato indica volontà di compiere l’azione. Pellegrini fu uno studioso italiano. Studiò
lingue balcaniche, romanze e l’albanese. E’ l’autore di Avviamento alla linguistica albanese. Per
Pellegrini l’influsso greco non era per niente ignoto al latino. Latino e greco interagivano tra loro.
Non erano separate. Il latino era lingua ufficiale dell’Impero bizantino. Il greco fu lingua ufficiale
anche quando l’impero cadde in mano ai turchi. Il greco neotestamentario presentava le prime
forme perifrastiche. Furono continuate nella fase successiva. Un’altra forma del futuro è il verbo
avere. Indica necessità. In questa forma non si è compiuto a fondo il processo di
grammaticalizzazione. Ciò perché in questi costrutti il parlante sente la modalità necessitativa.
Questo costrutto si trova in albanese, greco e rumeno. Ciò secondo Schaller. Dobbiamo avere a che
fare con lingue di diversa famiglia. Ciò in base alla griglia di Schaller. E’ considerato un
balcanismo secondario. Si trova in varietà di queste lingue balcaniche. Questo balcanismo è
emigrato in Italia meridionale. Vi sono tracce nel tosco e nell’arbereshe. In arbereshe il verbo avere
è kam. Kam + të + pënja. Rumeno (am se fac). Greco (na kanno). Queste sono forme del
necessitativo. Kam c’è anche nei dialetti della Laberia. Sono di matrice tosca. Li troviamo in
Albania del Sud. Lo troviamo anche in tosco meridionale. Si parla in Ciamaria. Confina con la
Grecia. Ha tratti arbereshe. Il dialetto è il ciamo. Secondo Cabei abbiamo tracce di futuro
necessitativo nelle parlate gheghe della Dibra. Nei dialetti arbereshe vi è anche il futuro balcanico.
E’ quello col verbo do (volere). Indica certezza su un’azione che dovrà svolgersi. Vi è una
caratterizzazione aspettuale. Vi sono casi in cui non c’è un futuro vero e proprio. Si usa il presente.
Vi è un’asimmetria. Si forma come in italiano. Col presente indicativo seguito da un avverbio.
Solitamente è rappresentato dal congiuntivo. Questo nelle parlate arbereshe e nell’albanese
standard. Presenta sfumature modali. Cabei sostiene che la parlata di Acquaformosa è l’unica
compresa dagli italo-svizzeri. Riprende il pensiero da Rolls. E’ necessario che si vestano. E’ un
calco del dialetto calabrese. Habeo ad cantare. Questo è un costrutto della Romània orientale. E’
caratteristico per i dialetti di Sicilia, Puglia, lucano e abruzzese. Queste forme hanno influenzato il
costrutto dell’arbereshe d’Italia. Non accetta la tesi che il futuro arbereshe sia dovuto al contatto
linguistico. Shaman Demira si è soffermato molto sull’opinione di Cabei. Dice che quando due
lingue sono in contatto vi è gradualità nel processo di diffusione. L’influenza si basa in particolare
sul lessico, fonologia e morfosintassi. Nella Romània orientale prevale il costrutto con habeo. Nella
Romània occidentale prevale cantare habeo. Il verbo va prima di habeo. Nel volitivo la
grammaticalizzazione è compiuta. La flessione nel costrutto volitivo riguarda il verbo volere, con
kam abbiamo diverse possibilità. Una è che abbiamo la flessione di kam e del congiuntivo. In
alcune parlate arbereshe kam si è formato con un unico morfema, non si coniuga. Kam diventa kat
alla terza persona. Questo avviene in Basilicata. In alcune parlate si è grammaticalizzato kant.
Questa forma è registrata negli anni 80 in provincia di Catanzaro. Kam te viene dalla prima persona
singolare. Kam diventa kant perché la nasale si adatta, per adattamento fonetico. U ket si è
grammaticalizzato nel crotonese. Kam esprime anche azioni del passato perfettive e imperfettive. U
kish te (io dovevo). Per indicare il passato (dovetti fare) l’aoristo del verbo. Il perfetto del verbo
avere + imperfetto flesso. In italiano sarebbe io avevo che facevo. Dovetti fare U pat te benja (io
ebbi che facevo). Si usa l’imperfetto del verbo flesso. Pat può diventare pai per motivi di pronuncia.
Abbiamo un quadro sistemico in cui troviamo il verbo di volontà nel presente, nel perfetto e
imperfetto. U dot te benja > u doja, dipende dall’esito che abbiamo. Non c’è solo l’idea di futuro,
ma anche quella di passato. Il ghego è l’unica lingua balcanica che conserva l’infinito. Le altre
varietà sostituiscono l’infinito col congiuntivo, mentre il ghego lo mantiene. Il ghego per il futuro
esprime il verbo avere accompagnato dall’infinito. Il verbo avere lo riprende dall’arbereshe. Nei
dialetti calabresi si esprime con mi, mu e ma. Derivano dal latino modo. In arbereshe vi è la stessa
base dei dialetti catanzaresi e crotonesi, ma vi sono anche tracce del latino. L’arbereshe è una forma
di tosco antico. Il tosco ha seguito la tendenza balcanica a sostituire l’infinito col congiuntivo.
Questi fenomeni si analizzano per diacronia, vedendo i passaggi. Non abbiamo testimonianze
scritte, ma solo di parlate, stessa cosa vale per il rumeno. Kam me bam lo troviamo nel 1555 nel
bouzouki ed esprime dovere, io devo fare. Il greco ha il costrutto con eko na kanno. Tutto il greco
aveva il costrutto eko + infinito nel Medioevo. Poi è successo per il greco la stessa cosa
dell’albanese, in particolare nel greco salentino. L’infinito medievale è sparito, poi si è mantenuto il
costrutto avere + congiuntivo sia nel greco salentino che nell’arbereshe. Il costrutto prevalente è
quello romanzo con habeo. Per Browning la sostituzione con eko + congiuntivo avvenne nel 12
secolo. La tesi viene smentita dalle parlate greche d’Italia. La Magna Grecia aveva i bizantini. Si
dovrebbe attribuire il costrutto col congiuntivo a prima dell’anno mille.

Riassunto
La linea Jirecek è un’ isoglossa, perché divide l’area balcanica in due influenze: greca a sud e latina
a nord. Jirecek è uno storico ceco. Sanfeld dice che la maggiore influenza viene dal greco. Il futuro
perifrastico si trova nelle lingue centrali, neogreco e in parte nel torlak. Si forma con il verbo volere
+ indicativo o congiuntivo. In albanese si forma con do + të. Do viene da dua. In rumeno con o + să.
O viene da voiu. In greco, thelo + na, che si riduce a tha. Vuol dire voglio che. Fuori dai Balcani lo
si trova in inglese, con will e shall, che indicano volontà e necessità. Per Sanfeld il verbo volere
deriva dal greco. Pellegrini, autore di Avviamento alla linguistica albanese, dice che latino e greco
interagiscono tra loro. Un'altra forma del futuro è il verbo avere. Si trova in tosco e arbereshe 
kam të; rumeno  am se; greco  na kanno. Per Cabei vi sono tracce di futuro necessitativo nelle
parlate gheghe della Dibra. In arbereshe e albanese standard si usa il congiuntivo. Cabei dice che la
parlata di Acquaformosa è l’unica compresa dagli italo-svizzeri. Il verbo kam in arbereshe non si
coniuga, alla terza persona diventa kant, in Basilicata, per adattamento della nasale, mentre nel
crotonese diventa u ket. Kam esprime azioni perfettive e imperfettive, non solo future  U pat >
pai (io ebbi che facevo). In ghego abbiamo avere + infinito, avere preso dall’arbereshe. Il tosco usa
il congiuntivo al posto dell’infinito. Il greco salentino e l’arbereshe nel Medioevo usavano avere +
infinito. Browning dice che dal 12 secolo si iniziò a usare il congiuntivo.

Lezione 03-11-2021
I balcanismi sono fenomeni che non riguardano le stesse lingue, non hanno la stessa origine, come
attestato dai vari studiosi di linguistica balcanica. In ambito morfologico, analizziamo la
posposizione dell’articolo, che caratterizza bulgaro, macedone, rumeno, albanese, tranne in
neogreco. Lo troviamo anche in norvegese e svedese, ma non nel finlandese, che appartiene al
gruppo ugro-finnico, che raggruppa lingue non indoeuropee, come ungherese ed estone. Si trova nel
basco, tra Spagna e Francia meridionale e in armeno, con cui l’albanese ha qualche legame storico
da cui prendere le teorie dell’origine dell’albanese. Erick Hempe, glottologo, studiò i dialetti
albanesi d’Italia e greci. L’albanese appartiene al gruppo satem, delle lingue orientali, come
sanscrito e armeno. L’insediamento antico degli albanesi in Italia è detto autoctonia, ovvero restare
immobile in un territorio. Hempe sostiene che i progenitori albanesi siano partiti dal Caucaso, verso
l’odierna Polonia, perché all’epoca non c’erano gli slavi. L’albanese condivide elementi con le
lingue baltiche. Balt vuol dire fango in albanese. Hemp ipotizza alcuni punti di contatti tra rumeno e
albanese, per via del lessico latino e dell’intonazione. Nell’odierno Kosovo, antica Tardania, di
matrici albanesi, popoli protoalbanesi che si sono distribuiti nella costa odierna albanese.
L’albanese ha origini settentrionali. Altre tesi sostengono origini dagli illiri per l’albanese, che
hanno avuto contatti con traci e illiri. Il fenomeno posposto lo troviamo in arabo e aramaico, la
lingua mediorientale di Gesù, in alcune parlate berbere. Sono tutti paesi geograficamente lontani
l’uno dall’altro, che però non si possono collegare, in quanto non hanno avuto contatti tra loro, sono
solo semplici coincidenze che non si possono inquadrare nella linguistica balcanica. L’articolo
posposto si trova nel bulgaro e macedone, per quanto riguarda l’ambito slavo. Bulgaro e macedone
sono molto vicine. In bulgaro trup vuol dire corpo, è uno slavismo albanese, si trova anche in
albanese. Trup > trup-at; zena > zena-ta. In bulgaro si fa distinzione tra vicino a chi ascolta, vicino a
chi parla, lontano da chi parla. In albanese e rumeno abbiamo anche l’articolo in posizione
copulativa. In albanese shock (compagno), dal latino sochius, continua la pronuncia latina classica,
in italiano socio, dal latino volgare socius. Augustus diventa Gushti. Il compagno si dice shock-u,
finisce in velare, poiché le velari prendono u come articolo. Le non velari prendono -i come articolo
(mure > mur-i). Il femminile vaisë (ragazza) > vaisa (la ragazza). In rumeno abbiamo om, da homo,
hominis (uomo) > om-ul. L’articolo rumeno viene dal latino ille, hom-ille. Fată > fata, che termina
con la a con lo schwa, come la e muta albanese. In neogreco l’articolo è preposto (o anthropos,
l’uomo; to nerò, l’acqua). Rumeno, albanese e neogreco hanno anche l’articolo indefinito (njeri
studenta, albanese, enas spudastis, greco, rumeno un student). L’origine della posposizione
dell’articolo viene interpretata in vari modi dagli studiosi. L’origine viene individuata nel
sostratismo, ovvero lingue parlate anticamente nei Balcani, come traci, illiri, di cui abbiamo
testimonianze come epigrafi, che sono pochissime, non ci permettono però di ricostruire le origini
del fenomeno posposto. Secondo una tesi il sostrato tracio ha determinato tale fenomeno. Il tracio
ha avuto contatto col frigio, sono due lingue antiche, per cui l’armeno e l’albanese hanno avuto
contatti, come anche rumeno e albanese. In rumeno vi sono elementi di origine dacia, in albanese
traci. La Dacia corrisponde all’odierna Bulgaria. I bulgari giunsero nei Balcani dopo il 6-7 secolo
d.C. Il bulgaro è una lingua slava, anche se parlata da un popolo di origine turca, poi slavizzata. Gli
illiri erano i progenitori degli albanesi, i frigi erano insediati in questi territori che in età medievale
furono occupati dai bulgari. Rumeni e bulgari vivevano in uno stesso regno, anche se di famiglie
linguistiche diverse, ma erano accomunati dalla stessa religione, da fenomeni linguistici, per la
corrispondenza degli alfabeti. Per molti secoli il rumeno si è scritto con carattere cirillico. Questa
ipotesi è vista di buon occhio da Sanfeld. Asteu, autore rumeno, ha allargato la tesi sostratista
mettendo insieme tutte le lingue, balcaniche, scandinave fino all’armeno, in cui immagina una
patria comune che ha lasciato tracce in lingue così lontane. Pisani, linguista italiano e studioso di
fenomeni balcanici nell’armeno e nell’albanese. Georgjev, balcanista bulgaro, sostiene che la
presenza dell’articolo posposto in rumeno, albanese e bulgaro è motivata da cause complesse date
da relazioni multilaterali, che ci aiutano ad uscire da queste relazioni che si intrecciano, da questo
labirinto linguistico balcanico. E’ difficile immaginare un centro geografico come punto di
irradiazione dei balcanismi. Per Georgjev si tratta di calchi passati di tradizioni linguistiche in altre
tradizioni linguistiche. In greco e albanese vi è corrispondenza tra articolo preposto e posposto.
L’uomo buono in greco (o aner o agathos), quello uomo quello buono, sarebbe etimologicamente.
L’articolo è preposto e posposto allo stesso tempo. In rumeno (omul cel bun), l’uomo quello buono.
Il greco mantiene l’articolo preposto, mentre il rumeno no. In albanese (njereu i mire), l’articolo è la
-u, come in greco l’articolo è prima dell’aggettivo, al maschile è -i, al femminile è -a. L’articolo
concorda in genere e numero con l’aggettivo. L’origine dell’albanese secondo una tesi ha origine
dalla Dacomisia, regione della Bulgaria, per cui Georgjev spiega che la posposizione viene dal
dacomisio. L’articolo posposto del bulgaro e macedone ha origine dallo slavo comune, varietà
linguistiche da cui derivano altre varietà della Slavia meridionale, in cui abbiamo tre aree della
Slavia: settentrionale (russo, ucraino e bielorusso), tutte vicine, ma le vicende storiche hanno creato
dei distacchi; la Slavia centro-occidentale (polacco, ceco, slovacco), la Slavia meridionale (sloveno,
serbo, macedone, bulgaro, montenegrino). Lo slavo antico era la lingua della chiesa liturgica, scritta
in glagolitico. Sanfeld segnala le corrispondenze balcanico-armene, pose delle distinzioni tra gli
articoli posposti delle lingue balcaniche. In rumeno e albanese sarebbe frutto di un’evoluzione
simultanea e comune. In bulgaro si ha a che fare con un influsso rumeno. Sanfeld era convinto che
l’articolo posposto fosse documentato in bulgaro nel 17 secolo, ma per il rumeno le prime
testimonianze scritte risalgono al 16 secolo. L’albanese è attestato dal 15 secolo. La liturgia slava
della chiesa ortodossa ha documentazioni linguistiche di questo periodo del Medioevo. In bulgaro si
potrebbe essere sviluppato tra 9 e 10 secolo, per cui non abbiamo tracce di rumeno, secondo
un’altra tesi. Svane, slavista danese, analizzò l’Evangelium del 13 secolo di un’antica colonia
bulgara della Transilvania, che dimostra come l’articolo posposto risalisse al 13 secolo.
L’attestazione in bulgaro è molto antica, per cui cade la tesi di un influsso rumeno sul bulgaro.
Reichenkron, romanista tedesco, sostiene che la generazione tra omo ille e ille homo è caratteristica
della Romània orientale, in cui prevale l’uomo quello e non quell’uomo, quindi il costrutto rumeno.
Nelle lingue balcaniche vede un’intonazione discendente, nelle lingue occidentali, ascendente.

Riassunto
La posposizione dell’articolo si trova nelle lingue centrali, tranne in neogreco. Lo troviamo anche in
norvegese, svedese e armeno. Erick Hempe dice che l’albanese appartiene al gruppo satem delle
lingue orientali. Dice che i progenitori albanesi sono partiti dal Caucaso verso la Polonia.
L’albanese ha origini baltiche, per cui balt vuol dire fango in albanese. Hemp ipotizza contatti tra
albanese e rumeno per via del lessico latino e dell’intonazione. Bulgaro  trup-at; zhena-ta.
Albanese  shock-u > lat.class. sochius > lat.volg. socius, prende -u come articolo perché termina
in velare. Rumeno  fată > fata, con lo schwa, suono muto che troviamo anche in albanese. Le non
velari prendono -i come articolo (mure > mur-i). Rumeno  om >om-ul > lat. homo > hom-ille.
Greco  o anthropos; to nerò, l’articolo è preposto. Sanfeld dice che l’articolo posposto ha origine
dal sostrato, ovvero da antiche popolazioni quali illiri e traci. Asteu mette insieme lingue balcaniche
e scandinave, fino all’armeno, in cui evidenzia tratti comuni. Pisani studiò i fenomeni balcanici in
armeno e albanese. Georgjev dice che l’origine dell’articolo posposto in albanese, rumeno e bulgaro
sia data da relazioni molto complesse. In greco e albanese vi è corrispondenza tra posposto e
preposto. Greco  o aner o agathos; Rumeno  omul cel bun > l’uomo quello buono. Albanese 
njereu i mire. L’articolo concorda in genere e numero con l’aggettivo. Per Georgjev l’albanese ha
origine dalla Dacomisia, regione della Bulgaria. L’articolo posposto in bulgaro e macedone ha
origine dallo slavo comune. La Slavia si divide in tre aree: settentrionale (russo, ucraino,
bielorusso); centro-occidentale (polacco, ceco, slovacco); meridionale (sloveno, serbo, bulgaro,
macedone, montenegrino). Sanfeld dice che il posposto si afferma in bulgaro nel 17 secolo. Svane
analizzò l’Evangelium di un’antica colonia bulgara della Transilvania e dimostrò che risale al 13
secolo. Reichenkron dice che prevale il costrutto rumeno.
Lezione 08-11-2021
Consultare la voce sacrificio nel dizionario Treccani. E’ un atto rituale che si dedica a un oggetto,
un animale, a un entità sovrumana. Parte dal periodo preistorico a quelli più recenti. Ha
connotazioni religiose. Il sacrificio dipende dalla natura dell’offerta. Può essere cruento o incruento.
Se sono esseri umani è cruento, incruento se riferito a vegetali. Impetratori, impetrare l’aiuto,
associati alla richiesta di un sacrificio, mi rivolgo alle divinità se parlo di epoca pagana o cristiana.
Espiatori, se cancello una colpa o faccio fronte a un’infrazione rituale, nella Bibbia è presente il
campo espiatorio. Espiare le colpe che qualcuno ha. Gratulatori, per esprimere riconoscenza in
cambio di qualcosa. L’offerta da la prima parte e poi sono libero di consumare la parte che resta, il
primo frumento lo dedico alla divinità, che mi da in cambio il grano, oppure sacrifico le parti di un
animale. Il sacrificio è propiziatorio. Riferendosi al mondo classico vi sono Cerere e la dea madre.
La Madonna assume un ruolo centrale nel cristianesimo, che non ha in altre religioni. La religione
viene adattata ai nostri sentimenti. In Basilicata vi sono miti della cultura agraria, prima di
cominciare la mietitura vi è l’offerta del grano, si facevano riti danzando nel campo di grano con un
falcetto. L’offerta alla divinità conserva valenza magico-rituale, l’anima protegge la casa. Il sangue
è un elemento che sancisce in modo indelebile questo rapporto. Nelle culture antiche vi era
un’offerta cruenta, i sacrifici espiatori, si sacrificava colui che doveva assumere i tratti migliori
della comunità di cui faceva parte o i tratti peggiori. Il principe o un figlio di un principe, un
aristocratico era il simbolo principale. Il corpo della vittima viene interrato nel suolo o corpo
dell’edificio come segno di sacrificio, gareggia quasi con la divinità, la natura è frutto
dell’intervento divino. Questi segni li troviamo in antropologia e architettura, strutture che
ritroviamo nelle piazze dei centri storici, segni che l’uomo ha lasciato da secoli. I protomi sono
segno di questi elementi, leonini, bovini, teste che troviamo in questi edifici sacri e importanti che
danno l’idea del passaggio da fase pagana a cristiana si è trovato il modo di neutralizzare i miti
primordiali inserendoli in queste costruzioni. Il sacrificio di fondazione non è un tema solo
balcanico, ma lo troviamo anche a casa nostra. E’ un’impresa di opere rilevanti come monasteri o
fortezze in ambito balcanico. Vi era chi costruiva e chi impediva la costruzione. Il dio diventava il
diavolo che impediva la costruzione. Il sacrificio placa la violazione dello spazio, creando uno
scudo all’edificio. Accanto alle case balcaniche vi è il bambolotto, simbolo del sacrificio. Si strozza
un gallo, il cui sangue viene messo nelle fondamenta della casa. Il taglio del nastro è quando si
finisce un’opera e si rende fruibile alla società. La prima pietra resta sempre l’ultima nella
costruzione. L’effetto degli amuleti in cui vi è una percezione magico-apotropaica, nel paesaggio si
avvertono i segni più lontani. Un film ambientato nel Caucaso di un famoso cineasta di origine
armena, Georgianu, ambientato nel periodo dell’Unione sovietica, la leggenda della fortezza di
Suram, più o meno come quella di Scuteri, in cui si sacrifica un principe. La fortezza in ambito
caucasico era importante per il significato di difesa, come castello. Il castello occidentale è segno
che un sovrano stabilisce il potere, applica la potestas. Vi sono segni della leggenda caucasica ad
altre fortezze del Medio Oriente. In contesto cristianizzato abbiamo le ballate celtiche del ciclo
bretone, come re Artù, per la costruzione della torre per cui si sacrificano bambini, che
rappresentano l’innocenza. Questi cicli risalgono al 9-10 secolo. Nel contesto dell’Europa centro-
meridionale troviamo il sacrificio di costruzione nel ponte del diavolo. La divinità viene
personificata e fa un patto col diavolo, con cui comunica attraverso un vescovo. E’ un patto con cui
si sancisce il sacrificio di persone umane o animali, ma gli animali cambiano sempre. In Calabria
abbiamo tre ponti del diavolo: Pollino, vicino il Monastero di Civita; presso il Santuario di Paola, in
cui c’è il segno del piede del diavolo, segno d’inganno; nel Savuto. I protomi di Assisi sono
notevoli. Alcuni riti popolari come la cattura dell’ombra del passante che si intersecava tra le mura
dell’opera, si metteva nella calce. Rocco e i suoi fratelli di Visconti è un film in cui si approfondisce
questo aspetto, vi è un’umanità altra che vive in ambiti periferici della nostra civiltà per
evidenziarne la sua arcaicità, per cui la cultura popolare presenta grandi tracce di questo rito, del
modo in cui si manifesta questo tipo di credenza. Il mastro getta un’ombra sul primo che passa
affinché la costruzione sia solida, questo è un passo del film. Questi non sono fenomeni etnicizzati,
perché il mondo sui riti apre altre finestre, non vi è solo la finestra balcanica. Il ponte sublicio dei
Romani è una testimonianza. Questa condizione umana è insicura e riemerge dopo secoli quando
sembrava ancora scomparsa. Leggere Sacralità dell’acqua e sacrilegio dei ponti della Seppilli, ci
permette di avere una visione complessiva che non ci fa circoscrivere il fenomeno su una singola
area, ma si concentra su altre aree, è una leggenda trainante su altre opere. I ponti fanno parte della
strategia comunicativa degli antichi Romani per il trasporto, frutto delle figure sacrali preposte alla
costruzione del ponte, il pontifex che provvedeva a fare da garante dell’esito di costruzione
dell’opera, ruolo di cui viene incaricato l’imperatore. Il Cristianesimo diventa religione di stato, poi
il titolo di pontifex passa al papa, capo della chiesa e mediatore massimo di questo passaggio. Lo
spirito balcanico autentico non ha frontiere, che hanno creato distacchi, ma il popolo balcanico ha
vissuto senza frontiere. Era una comunanza di popoli che vivevano nello stesso territorio. La
leggenda di Rozafat di Scuteri era condivisa da più popoli, per gli albanesi Shkodra, per i serbi
Skadar, in cui Scuteri è terra di frontiera fino alla prima guerra balcanica occupata dai montenegrini
dopo la caduta dell’impero turco. Liberati dai turchi, un popolo se la prende coi popoli vicini per
imporre la propria autorità, ciò che capita coi serbi con il Kosovo, prendendone il dominio. Ogni
popolo emancipandosi finisce per schiavizzare altri popoli, ciò che è capitato nei Balcani. Tale
leggenda la hanno anche gli ungheresi. I veneziani hanno lasciato un marchio con un leone. Il Ponte
di Arta sul fiume Aractos, Arta detta Ambrace, diventa sede del despotato del Pio, presente negli
albanesi e nei greci, Arta fa parte della Grecia, ma piena di albanofoni, vi è un punto di incontro tra
gli albanesi e greci, gli albanesi slavizzati furono mandati in Turchia per pulizia etnica, identificati
come turqi, che all’epoca erano i musulmani e non i turchi. Furono espulsi i greci dalla penisola
anatolica, per cui furono mandati in Grecia, ci erano rimasti dopo la caduta di Bisanzio. I greci
conquistarono Smirne, poi fu stabilito il confine dopo questo scambio di popolazioni. La letteratura
contemporanea riprende questi temi ricreandoli. Leggere la ballata del ponte di Arta. In contesto
slavo abbiamo il ponte di Visegrad, in Bosnia serba, famoso il ponte perché lo scrittore croato Ivo
Andric, a cui ha dedicato il romanzo il Ponte sulla Drina, importante l’ottica con cui vede il ponte,
costruito da Sokolovic, un giannizzero, che fa carriera militare, come segno della sua potenza
politica e militare costruisce questo ponte, su cui passano popoli, il cui ponte li univa, quali cristiani
cattolici, serbi ortodossi ed ebrei, univa queste tre fedi. I bosniaci musulmani e i croati cattolici,
serbi ortodossi. Le forze serbe hanno sterminato centinaia di bosniaci musulmani, vi è un marchio
turistico-culturale sottoforma di crimine. Fu più volte distrutto e più volte ricostruito, quando
subentrarono i turchi, gli austro-ungarici conquistarono la Bosnia, trovarono punti di incontro a
prescindere dai dominatori. Andric e Kadaré vedono il ponte da due aspetti diversi, sono scrittori
contemporanei del 900. Il monastero di Arges è il tema più riconosciuto in ambito rumeno, detto
Leggenda di Mastro Manole, che a differenza del ponte di Arta e Scuteri, questa leggenda rumena
ha origini medievali, vi è un ossimoro riferito a una costruzione religiosa, vista allo stesso modo di
Arta e Scuteri. In albanese e greca non vi sono i nomi dei costruttori, mentre in area serba sì. Nel
ponte di Visegrad vengono sacrificati due bambini. La moglie di Manole, Ana, viene sacrificata. In
ambito bulgaro vi sono ponti sul Danubio e sulla Sava. Manole è un nome di tradizione ortodossa.
Vi sono tecniche di maestranze particolarmente abili, il gergo dei costruttori, dietro cui si celano dei
segreti. Nei balcanismi linguistici vi è la presenza degli arumeni e megalorumeni, pastori dediti alle
tecniche di costruzione. Il negru voda o principe nero, nome onomastico di origine cristiana. Si
mescolano nei secoli tradizioni cristiane e ottomane. Il seno della giovane sposa di Manole, visto
come seno che allatta, è la parte che viene sacrificata.

Riassunto
Il sacrificio è un rito riservato a una persona, un animale o un’entità sovrumana. Può essere cruento,
se riferito a esseri umani, incruento a vegetali, impetratore, se si invoca l’aiuto delle divinità,
espiatorio, se cancello una mia colpa, gratulatore, se esprimo riconoscenza in cambio di qualcosa. Il
corpo della vittima viene interrato nel suolo come segno di sacrificio. Questo tema è rappresentato
dai protomi delle cattedrali, con teste di animale. Il simbolo del sacrificio accanto alle case
balcaniche è un bambolotto. Il taglio del nastro è quando si finisce un’opera e la si rende fruibile
alla società. La fortezza e il castello sono segno di difesa, in ambito caucasico. In Calabria troviamo
tre ponti del diavolo: presso il Monastero di Civita, presso il Santuario di Paola e nel Savuto. Rocco
e i suoi fratelli è un film in cui si evidenzia la cattura dell’ombra del primo che passa per
sacrificarlo tra le mura della costruzione. I ponti furono costruiti dal pontifex, poi dall’imperatore,
poi dal papa, nei tempi dell’antica Roma. Nella leggenda di Rozafat di Scuteri si parla di Scuteri
occupata dai montenegrini durante la prima guerra balcanica. Il ponte di Arta tratta degli albanofoni
musulmani di Grecia cacciati in Turchia e dei greci della penisola anatolica che se ne andarono in
Grecia. Il Ponte sulla Drina, di Ivo Andric, scrittore croato, parla di questo ponte costruito in Bosnia
presso Visegrad e che accomunava tre popoli, quali bosniaci musulmani, croati cattolici e serbi
ortodossi. Fu costruito da un giannizzero, che si dedicava all’arte militare, il cui nome è Sokolovic.
Nel monastero di Arges, in ambito rumeno, si sacrifica il seno della moglie di mastro Manole, un
seno che allatta.

Lezione 09-11-2021
L’area calabro-lucana ha varianti conservative, come anche il sardo, in cui vi sono corrispondenze
che ci riportano alla corrispondenza tra le due Romànie, in cui si sviluppano le lingue romanze. Vi è
area balcanica e area italo-romanza meridionale. Una latinità rurale nell’area interna dei Balcani in
Romania e un’area albanofona. La documentazione orale ci è di grande aiuto per ricostruire i
contatti tra queste lingue, per tutto il Medioevo si presenta per altre lingue dell’area attestazioni
antiche come il greco, che rimanda al primo regno a.C, il bulgaro come varietà slava attestata già
prima dell’anno mille, mentre per albanese e rumeno l’attestazione è tardiva, ma per le altre lingue è
arcaica. La reduplicazione dell’oggetto è riduttivo, perché varia a seconda del caso che l’oggetto
prevede, può essere anche al dativo e genitivo, compare in macedone, albanese, rumeno e neogreco.
Non è sconosciuto in altre tradizioni linguistiche, tratti definiti balcanici li troviamo anche in lingue
lontane dai Balcani, come il futuro presente in inglese e lingue nordiche. Nel regresso dell’infinito
le lingue centrali non sempre conservano le stesse forme. La reduplicazione dell’oggetto riguarda
lingue centrali e neogreco, ma anche nelle varietà romanze, non nell’italiano standard, ma popolare
del tipo a me mi piace. Si tratta di un costrutto grammaticalmente accettato, ma solo in italiano
popolare. In spagnolo, ad esempio, si trova questo tratto, ma è accettato nella forma standard, come
anche in francese. Il pronome clitico è un balcanismo primario. In albanese Mua me përkjen. Vi è
forma piena e forma ridotta. In greco lo vedo il libro, si ripete sia il libro che lo, costrutto attestato
anche in macedone. In documenti valacco-bulgari vi sono tratti associabili al rumeno e al bulgaro.
In bulgaro si colloca verso la fine del 16 secolo, ma alcuni lo ritengono come una condizione isolata
del bulgaro, altri come un’influenza albanese sul bulgaro, è difficile capire l’origine del fenomeno.
Il costruttore ho che mangio è un tratto riportato ad habeo cantare > ho da cantare, elemento che
richiama un’origine latina. Il greco è parzialmente coinvolto da questo balcanismo, sembra che non
abbia un’attestazione troppo antica. Non riguarda solo l’accusativo, ma anche dativo e genitivo. La
formazione dei numerali che coinvolge i numeri dall’11 al 19, in bulgaro, rumeno, albanese,
macedone e torlak, dialetto serbo orientale più prossimo alle varietà bulgare, macedoni, rumene e
albanesi, la varietà più balcanica del serbo. 11 si forma dal costrutto uno su dieci, con la
preposizione su. Bulgaro  eni na deset; unità su decina; Albanese  nje bë djetë; Rumeno  un
spre zece; Greco  endeka, uno + dieci, segue una sua linea, senza il costrutto uno su dieci, non ha
subìto questo processo di convergenza come le altre lingue dell’area balcanica; ungherese 
processo inverso, lingua non indoeuropea, gruppo ugro-finnico, che comprende anche estone e
finlandese, è lingua dei Balcani, il ruolo che ha avuto l’Austro-Ungheria considerevole nelle
vicende storiche dell’Europa orientale, ha influenzato in certi contesti le lingue balcaniche, per cui
antepone il dieci all’unità, dieci su uno. Il modello slavo ha influito verosimilmente sul rumeno,
cento > o suta, dallo slavo antico sut, per cui tale costrutto riporta alle lingue slave. Il sincretismo
genitivo/dativo è uno dei balcanismi più diffusi in area balcanica, lo si trova in neogreco, rumeno,
albanese, bulgaro e macedone, in cui vi è una fusione tra questi due casi, non vi è differenza tra i
due casi. In albanese nel genitivo vi è un articolo congiuntivo  ja tha plakut < ja tha (dativo), in
cui c’è la reduplicazione riferita al dativo; shtepia e plakut (la casa del vecchio), coincidono
perfettamente i due casi, ma cambia l’articolo che precede il genitivo, costrutto declinato
diversamente dall’italiano, poiché in albanese questo articolo concorda in genere e numero col
sostantivo che segue, mentre in italiano col sostantivo che precede  Il muro della casa. Anche in
greco vi è la stessa tendenza. Sanfield fa del greco un tratto caratterizzante dei balcanismi, risalente
ai primi secoli della nostra era, si tratta di un processo che implica lo stesso fenomeno ma con
attestazione più antica. In rumeno e albanese il dativo è usato anche per il genitivo. In bulgaro si usa
la fusione di tutti i casi. Ogni lingua può spiegare al suo interno questa tendenza, anche se l’origine
è comune a tutte queste lingue. Il lessico è il campo più soggetto ai prestiti, se consideriamo lingue
egemoni, oggetto di amministrazioni egemoni che hanno avuto un ruolo importante, come quella
romana, per l’albanese abbiamo latinismi che riportano a una fase molto antica, da un punto di vista
morfologico molto vicini al latino classico, di Cicerone. Quando parliamo di latino e greco non è il
latino scritto ad aver influenzato la storia linguistica di queste comunità, ma il latino volgare,
parlato dai soldati, dalle colonie della Roma antica. Come succede per tutte le lingue, quelle parlate
sono diverse da quelle scritte, poiché ritroviamo forme influenzate dal contatto linguistico, come ad
esempio i grecismi dell’albanese, termine con cui si indica la falce, drapër > greco class. Drepanon
> greco dorico, varietà di contatto con gli albanesi drapanon. Quando si parlava il greco dorico gli
albanesi erano già in quella zona, primo millennio d.C., erano autoctoni, convergenze che l’albanese
ha con lingue lontane, baltiche e armeno. Tutti i popoli sono caratterizzati dalla mobilità, secondo la
tesi settentrionale di Hemp immaginiamo una migrazione dal Caucaso verso la Polonia.
Sull’influenza latina bisogna fare una classificazione diacronica, poiché abbiamo il latino classico,
medievale, ecclesiastico, diffuso con l’espansione del Cristianesimo, differenza del latino
ecclesiastico nelle differenze tra latino e rumeno, ma si evidenzia un latino più arcaico
nell’albanese. Nel rumeno si mutuano espressioni dell’ambito slavo, ecclesiale, religioso, per via
della comunanza di fede introduttiva a un peso delle vicende linguistiche. I latinismi ecclesiastici
dell’albanese sono meno antichi rispetto al rumeno. I grecismi antichi hanno avuto un peso relativo
nell’albanese, nelle lingue slave più forte. Il verbo sposare ha antica attestazione greca “maritare”,
che ricalca l’incoronazione, per cui il greco-bizantino ha dato peso in territori di fede ortodossa.
Riassunto
Abbiamo una latinità rurale nell’interno dei Balcani e un’area albanofona. L’attestazione del greco e
bulgaro è arcaica, quella del rumeno e albanese è tardiva. La reduplicazione dell’oggetto si trova in
neogreco e lingue centrali. Albanese  mua me përkjen. In greco “lo vedo il libro” si ripete sia
libro che lo. Riguarda anche dativo e genitivo. La formazione dei numerali da 11 a 19 riguarda le
lingue centrali e il torlak. 11 si forma da uno su dieci. Bulgaro  eni na deset; Albanese  nje bë
djetë; Rumeno  un spre zece; Greco  endeka. In ungherese è dieci su uno. Cento > suta in
rumeno ha origini slave. La corrispondenza genitivo/dativo si trova nelle lingue centrali e neogreco.
In albanese il genitivo ha un articolo congiuntivo  ja tha plakut; shtepia e plakut (la casa del
vecchio). In albanese l’articolo concorda in genere e numero col sostantivo che segue, in italiano
col sostantivo che precede, ciò anche in greco. In rumeno e albanese il genitivo è uguale al dativo,
in bulgaro si fondono tutti i casi. Grecismi dell’albanese  drapër > gr.class. drepanon > gr.dorico
drapanon. Il latino è più arcaico nell’albanese che nel rumeno. I grecismi sono molto presenti
nell’albanese e nelle lingue slave. Sposare dal greco “maritare”, riferito all’incoronazione ortodossa.

Lezione 16-11-2021
La tinta balcanica segue i vari processi della romanizzazione del territorio balcanico, la latinità, il
modo in cui il latino ha influenzato l’area balcanica, non c’è nulla di uniforme, di compatto, si
individuano tre aree: la Pannonia, corrispondente a Croazia e Ungheria, l’Illiria, costa dalmata e
odierno Kosovo, queste aree latine avevano matrice diversa per l’insediamento dei Romani, che
erano coloni o militari, un trasferimento di cultura italiana nell’area balcanica. Romania orientale e
occidentale indicano territori di lingua latina che hanno portato allo sviluppo delle lingue latine, si
può vedere come l’Italia era divisa in due ripartizioni storiche della post-latinità, tutta l’Italia nord è
parte della Romania occidentale, mentre tutta la penisola italiana da Liguria a isole rientra nella
Romania orientale, corrispondenze tra varianti neolatine o italoromanze meridionale e i Balcani per
quanto riguarda il futuro. Un balcanismo secondario si può trovare in due famiglie linguistiche
diverse, quali rumeno e albanese, che evidenziano elementi che hanno a che fare col latino
balcanico, che ha ereditato qualcosa dal rumeno, l’albanese con la sua latinità albanica, l’albanese
non è lingua neolatina, ma indoeuropea, lingua madre tra Europa e area asiatica. Altri elementi che
l’albanese presenta in comune col rumeno sono condivisi tra gli effetti dei contatti tra lingue dei
territori in cui si insediarono gli antenati. Non abbiamo un latino balcanico, perché la convivenza
dei popoli porta a queste differenze. Il substrato è stato spesso chiamato nel passato, attraverso
epigrafi. La linea Jirecek si deve allo strorico della Repubblica Ceca, che attraverso i reperti
archeologici ha suddiviso l’area balcanica in due aree, in cui si evidenziano dagli storici tracce di
lingua latina e greca. Resta focale il ruolo di queste due lingue, in cui subentra anche lo slavo, che
hanno avuto maggiore peso culturale, di egemonia politica e culturale come il latino, diffusione
dello slavo in una parte considerevole dei balcani, arrivarono dal 6 secolo in poi, per cui il ruolo
egemonico lo avevano latino e greco. I tratti linguistici interbalcanici secondo Sanfield sono di
matrice greco-bizantina per il ruolo di Bisanzio, che cadde in mano ai turchi, ma continuò anche
dopo la caduta il suo ruolo. Il rumeno presenta varietà come meglenoromeno, arumeno,
istrorumeno. Gustav Weigand contestò la tesi di Sanfeld, perché molti fenomeni linguistici attestati
in greco, ma anche altre lingue sono antiche come il greco, ma non essendo scritte non si può
evidenziare nessuna testimonianza. Un punto di riferimento è l’area austriaca, vi erano 3 grandi
imperi: austro-ungarico, zarista e ottomano, austro-ungarico è una serie di istituzioni che operavano
a Vienna, che comprendevano tedeschi e slavi. Negli anni 60 del 900 lo studioso Reichenkron
rifiuta il ruolo delle lingue di sostrato, lingue che non conosciamo, non si deve attribuire secondo lui
fenomeni che conosciamo a lingue sconosciute. Secondo lui i parallelismi o concordanze rumeno-
albanese vengono attribuiti a una tradizione pre-latina, influenzata dal tracio e dacomisico, facenti
parte della stessa famiglia, spiegano corrispondenze lessicali tra rumeno e albanese, vi sono
elementi non latini condivisi da queste lingue. Vi sono lingue di matrice rurale, quella albanese
rientra nell’area costiera e italiana, vi sono diversi tipi di latini, quello di Cicerone che ha avuto
maggiore influenza, diverso tra scritto e parlato, sono registri diversi, l’italiano usato in famiglia
non è lo stesso che usiamo all’università. La romanizzazione ha influito sugli elementi latini
albanesi e varietà rumene. La posposizione dell’articolo definito e la tendenza dell’infinito sono
elementi che albanese e rumeno condividono, sono balcanismi primari. Il latino e greco sono state
lingue di adstrato, affianco alle lingue che questi popoli parlavano, varietà linguistiche che non
erano più quelle romanze. Cirillo e Metodio, due fratelli di Salonicco, adottano il cirillico, un greco
corsivo, che ha una variante glagolitica, dallo slavo “glagol”, parola. E’ usato in lingue slave
dell’est, come russo, bielorusso, ucraino. Lo slavo e il greco-bizantino facevano parte della chiesa
orientale ortodossa, per cui c’è corrispondenza religiosa tra le due lingue. Gli slavi giungono
dall’est, invasione barbarica, dal 4 al 6 secolo, dalla Russia meridionale sotto dominio dei goti e
unni, verso nord (Elba) e sud-est (penisola balcanica). Si sono originati i vari gruppi di lingue slave.
Erano detti slavoni, termine generico. Tra 6 e 8 secolo penetrarono nella penisola balcanica fino al
Peloponneso. Vicino a Skuteri, Sadrima, oltre il fiume vuol dire, la Zagoria , oltre il monte, tracce
dell’influenza slava in Grecia. Prima tappa, occupazione della Pannonia da parte degli slavi e del
fiume Sava e Danubio, la seconda tappa si riferisce all’Impero d’Oriente in contatto con l’Impero
d’Oriente. I bulgari hanno origine asiatica, turco-tatara. Lingue kentum e satem. Lingue della stessa
famiglia presentano la stessa fonetica, tratti che possono essere condivisi. Le lingue orientali
indoeuropee hanno carattere satem, quelle occidentali sono kentum. Sono i due modi in cui si dice
cento, ma i latini pronunciavano kentum, in varietà arcaiche del sardo e albanese, che conservano
l’affricata velare k. A est si pronuncia con la s, ad ovest con l’antica velare. Il tocario si parla nel
Turkestan cinese, la lingua più orientale indoeuropea, rientra nel gruppo kentum, c’era qualcosa di
strano perché dovrebbe rientrare nel gruppo satem. Le lingue centrali diventano lingue satem, per
cui l’antica velare originaria passa a s o a sh nelle lingue satem, in albanese passa a th, l’albanese
appartiene alle lingue orientali, quelle occidentali sono il latino, il greco e le lingue germaniche.
Albanese decem > djete. Slavo sto > rumeno suta, lingua kentum neolatina. Il rumeno ha influsso
slavo. Gli slavi arrivarono nei balcani per via dei bulgari (turco-tatari), per cui vi sono
corrispondenze tra questi popoli, dato che hanno condiviso lo stesso territorio. Gli slavi si
insediarono nei territori meno latinizzati. Quelli più latinizzati sono a nord del Danubio e Albania.
In rumeno vi sono molti prefissi e suffissi di origine slava, c’è meno presenza di latinismi arcaici,
mentre in albanese ce ne sono di più. Emanuele Banfi autore del manuale di linguistica balcanica,
dice che le corrispondenze tra le lingue derivano da aspetti geo-linguistici delle lingue balcaniche,
ci sono lingue come rumeno e albanese attestate tardivamente. Ungureanu partì come molti dei suoi
predecessori cambia rotta ed evidenzia l’area dei dialetti italiani, meridionali e settentrionali. Le
corrispondenze tra le lingue possono esserci anche tra lingue europee occidentali e balcaniche, ma
le lingue letterarie non spiegano questi fenomeni, il latino parlato è l’origine di queste lingue.

Lezione 29-11-2021
Concordanze albano-rumene nel lessico prelatino
Sono circa 100
Si trovano nei balcanismi delle lingue centrali
Karlambi Mihaescu  analizzò i latinismi dell’albanese e del rumeno
Tesi 1  passaggio dal Caucaso verso la Polonia
Tesi 2  passaggio da area balto-slava verso l’area rumena
Tesi 3  passaggio nella Dardania (attuale Kosovo)
Tesi 4  il geografo Tolomeo parla della città di Albanopolis (Albania centrale), prima attestazione
degli albanesi
Nel 10° secolo le attestazioni bizantine parlano di àrbanon
Johann Erick Thunnman  primo a sostenere l’origine illirica degli albanesi, che fu ripresa dal
filosofo Leibnitz
Kopitar  autore molto importante della linguistica balcanica
Gustav Meyer  autore del primo dizionario etimologico dell’albanese
Gustav Weigand  il rumeno ha origini dal daco-tracio, tesi ripresa da Georgjev
Shqiptarë > arbërië > arbëreshë
Manthìa (dacio) > mân (tosco) > man (alb)
Amalusta > ambëll (ghego) > âmbell (tosco)
Ioan Rusu  rumeno e albanese hanno un sostrato tracio
Eqerem Çabei  fece una tesi di dottorato sulla parlata di Piana degli Albanesi
Ion Iokël  l’albanese ha rapporti con tracio e illirico
La Dardania fu romanizzata tra 3 e 4 secolo, identificata come Mesia o Sangiaccato
Carlo Tagliavini  fondò una scuola italiana di balcanistica, sostiene la tesi di Iocl
Eqerem Cabei  trova elementi della latinità balcanica in lingue alpine preromane
Loba (area alpina) > lo (alb)
Man (area alpina) > mân (alb)
Karp (alb)
Beshskir (alb)
La via che collegava Roma e l’Albania è l’Ignazia
Sermo Castrensis  latino parlato dai soldati romani
Le attività principali nei Balcani erano pastorizia (autoctona) e agricoltura (latina)
Alexandru Filipide  il rumeno si è formato sotto la linea del Danubio (tra Dardania e Macedonia
occidentale)
Vittore Pisani  sostiene la tesi illirica
Lezione 01-12-2021
Palude, fango, poltiglia (it.) > baltë (alb.) > baltă (ar./meglenorum/istrorum.  acqua stagnante,
pozzanghera) > balta (dalm.  lago)
La voce rumena è entrata in alcune lingue slave
Mayer  ipotizza una parentela tra dalmatico e dialetti italiani settentrionali
Blat (slavo) > balt (dalm.)  metatesi
Balto (antico slavo)  indicata con asterisco (forma non attestata, ricostruita)
Sostrato paleobalcanico  traco-dacico, daco-misico…
Marco La Piana + Kapidan  escludono un legame della parola “balt” con lo slavo
Bianco (it.) > barz (rum.settentr.  cicogna) > barzu (ar.  biondo chiaro, biancastro, variopinto)
> barz (meglenorum.  capra) > bardhë (alb.)
Transumanza  maschi delle famiglie che andavano alla ricerca di pascoli al cambio di stagione
Nomadismo  trasferimento dell’intera famiglia
Grigor Brënkush  “barz” non è una voce panrumena
Rusu  “barz” viene associato a campi semantici diversi per ogni lingua per evitare sinonomie
Bark (alb.  utero, interiora) > burt (rum.  pancia della donna gravida) > bart (dialetti rum.) >
burta (serbo) > burt (bulg.)
Gardhë (alb.  siepe, recinto) > gard (rum.  recinto, staccionata) > gardu (ar.) > gârdu (istrorum.)
> grad (slavo antico  città)
Çabei  l’albanese è autoctono e non ha legami con lo slavo
Mëzë (tosco) > mazë (ghego)  puledro d’asino > mânz (rum.) > mânzu (arum.) > monz
(meglenorum.) > manzara (bulg.  capra)
Messapico  varietà dell’Italia meridionale simile all’illirico
Erick Hempe  il messapico “menzànas” richiama il Dio Giove a cui si sacrificava un cavallo
Murg (alb.  scuro, grigio, nero) > murgu (italo-alb.  infelicità) > murg (rum.  nero rosastro,
castano scuro, grigio) > murgu (arum./meglenorum.) > amurg (panrum.) > murgë (alb. femmin. 
latino “amurca”  feccia dell’olio)
Questi aggettivi sono riferiti ad animali
Le concordanze albano-rumene si affermano prima della romanizzazione dei Balcani
Ran (gh.) > rëndh (tosco)  caglio abomaso (delle sacche dei ruminanti) > ranză (rum.  stomaco)
> stòma (gr.  bocca, gola) > stòmakos (bocca dello stomaco)
Nomen agentis  complemento d’agente  -ës (albanese)
Dash (alb.  montone) > daş (rum.  agnello) > daşu (ar./megl.  agnello domestico, abituato a
stare con i bambini e decorato con un nastro rosso) > dàsos (neogr.) > dashkojanje (bulg.)
Papahagi  autore del dizionario arumeno  le parole rumene sono prestiti dell’albanese
Rusu  elementi comuni tra albanese e rumeno
Çabei  ş (suffisso diminuitivo)
Dalmazia  dhelë (alb.  pecora)
Bularë (alb.  grosso serpente mostruoso) > Bală (rum.  mostro, fiera spaventosa) > bălaur (rum.
 serpente con più teste, mostro alato, drago) > bălaur (megl.  grande) > bularu (ar.  serpente
rosso)
Il serpente è molto presente nel folklore albanese e presso gli illiri meridionali
Drakjë (alb.) > Dracula (rum.)  diavolo

Lezione 06-12-2021
Analizziamo le concordanze nella lunga storia del contatto tra il latino e le lingue balcaniche.
Partiamo dalla latinità in epoca repubblicana (3 secolo d.C.) fino alla latinità medioevale (dopo il 4
secolo). Cambiava la lingua scritta e parlata, cambiava anche il tipo di latino che si formava in
queste aree, cambia la dinamica linguistica. Le lingue romanze balcaniche oggi parlate sono il
rumeno e le sue parlate sud-danubiane, come meglenitico, arumeno e istrorumeno. Sono comprese
anche lingue estinte come il dalmatico e sud-slave come bosniaco, serbo e montenegrino. Partiamo
dal 3 secolo a.C. in cui Roma nella sua espansione egemonica verso l’est, la regina illirica Teuta,
che troviamo nell’onomastica albanese come richiamo alle origini illiriche dell’albanese. La
sconfitta dell’ultimo re illirico Gensius, anch’egli nell’onomastica albanese, nel 167 a.C. Siamo nei
territori balcanici dell’ovest. L’ area della Mesia, che comprende il Banato, il Kosovo e la
Yugoslavia. Le deduzioni sono fondazioni di colonie romane la cui popolazione aveva coloni
italiani e coloni asiatici. Le origini albanesi dell’area alpina risalgono ai coloni romani dell’Italia del
nord. C’è stato un contatto linguistico tra lingue paleobalcaniche o indigene e le lingue
dell’amministrazione e del commercio. Il latino è lingua di prestigio, presente nei Balcani, come il
greco, altra lingua di prestigio. Il greco antico era riservato alle élite, poiché lingua di prestigio, che
interagisce coi centri di potere. Il latino non ha mai sostituito il greco, che è rimasta nel sud dei
Balcani, per cui vi è una bipartizione data dalla linea Jirecek, che va dall’Albania (Scutari) fino al
Mar Nero, taglia in due l’area meridionale dei Balcani, è una zona che divide l’influsso latino del
nord e greco del sud. Non è una cortina di ferro, né un confine, ma si basa solo sulle testimonianze
epigrafiche trovate nei reperti archeologici. Giunge fino alla Dobrugia meridionale, nell’odierna
Romania. Joachim Matzinger, un giovane linguista austriaco, si chiese: 1)come si è diffuso il latino
nei Balcani e dove precisamente? Banfi, autore del libro “Linguistica balcanica”, in cui compara le
varie teorie, in cui sostiene che ci sono tre punti di latinizzazione dei Balcani: la Pannonia, l’area
adriatica del dalmatico e la via Ignanzia, proseguimento della via Appia, che passa per l’Albania e
giunge a Costantinopoli. Seconda domanda che si pone è “si tratta di un latino unitario?” Non è
unitario, perché nel rumeno e albanese abbiamo il rotacismo, seguono percorsi differenti a causa del
lungo periodo di latinità e della diversità dei substrati di riferimento. Rumeno e albanese sono
lingue diverse. L’albanese ha mantenuto l’antica lingua paleobalcanica, come tracio o illirico,
mentre il rumeno no. Il dalmatico si è sviluppato nei centri della costa adriatica, il protorumeno
dove si è sviluppato? Dove si è svolto il contatto linguistico tra albanese e protorumeno? Il
protoalbanese era parlato nella Mesia Inferiore, tra Kosovo e Banato, e in area sud-orientale era
parlato il protorumeno, da cui si è originato lo stacco delle varietà sud-danubiane. Le comunità
linguistiche rumene sono concentrate nelle aree sopra il Danubio. La latinità si trova al di sotto della
linea Jirecek. Le lingue indigene prelatine non scomparvero completamente, anche se il latino era
lingua dei cives (cittadini) romani, abbandonarono le loro lingue madri in favore del latino. La
latinizzazione non era totale nei Balcani, non si sa se è un latino omogeneo o se si tratta di un latino
orientale. Matteo Bartoli differenzia la Romània orientale e occidentale. Quella orientale parte da
La Spezia fino a Rimini, quella occidentale come l’area iberica e padana d’Italia rientra nella
Romània occidentale. L’occidentale è detta continentale, quella orientale è detta marittima o
mediterranea. La Sardegna e la Corsica in parte rientrano nelle due Romànie. La Dacia romanizzata
per molti aspetti, pur essendo a oriente, partecipa a fenomeni delle lingue della Romània
occidentale. Le tre isoglosse distinte dai linguisti sono: Romània occidentale in cui si conserva la s
finale per il plurale, per il provenzale, francese e spagnolo; varietà neolatine in cui la s intervocalica
è sonora, nel nord Italia, in albanese, nella parlata ex-arbereshe di Gizzeria in cui si parla il
calabrese con la s sonora; le occlusive sorde intervocaliche che si sonorizzano, es. sabere madurus
segurus (Romània occidentale), es. sapere maturu securu (Romània orientale), vi è una
differenziazione tra due latinità. Sotto il Danubio si formano il rumeno e l’albanese. Il rumeno ha
elementi latini balcanici, in concomitanza con i tratti linguistici dell’Italia meridionale con la
Romània orientale. Tali corrispondenze sono state studiate da Iorgu Iordan, che si è occupato delle
corrispondenze tra rumeno e dialetti italo-meridionali. La via Ignazia si basa su prestiti latini e greci
nell’albanese. Porta, resta la o del latino. Gli albanesi emigrano dai Balcani verso il 4-5 secolo d.C.
secondo Matzinger. Vatër (focolare, alban.) > vatră (rumeno) > atrium (latino), secondo Mitrosic,
questo è un latinismo dell’albanese. Iokl, linguista austriaco e mentore accademico di Cabei, che
sostiene l’origine tracio-illirizzata dell’albanese, sostiene che tale parola deriva dall’antico iranico
atarş e lo stesso Azerbaijan, la cui radice significa “terra del fuoco”, quindi ha radice indoeupea.
Mihaescu compie un’analisi dettagliata delle concordanze associandole al resto della Romània, non
solo al territorio balcanico. L’albanese ha dei latinismi più arcaici rispetto al rumeno e il lessico ha
una latinità conservativa, quindi è una varietà linguistica conservativa, ma ogni lingua non è
totalmente conservativa perché cambia nel tempo e nello spazio, come il sardo, che ha diverse
varietà, non è molto conservativo. I latinismi albanesi sono arcaici per la maggior parte, ma non
vuol dire che lo siano tutti. Ventus (latino) > vento (italiano), accezione riferita al mondo ecclesiale,
del convento > kuvëndi (convento, albanese) > cuvânt (parola, rumeno) > kuventiaso (parlare,
greco). Interviene il greco balcanico che fa prendere questo significato. Canticum (latino) > këntkë
(albanese) > cântec (rumeno). Imperator (latino) > bretë (albanese) > împărat (rumeno). Imperatore
è una parola dotta, recuperata successivamente, che il latino balcanico prosegue. Nell’albanese
d’Italia vi è rejë, da regem, che parte dall’accusativo latino. I nomi di famiglia sono molto
influenzati dal latino. I latini pronunciavano k velare. Consocer > krushkë (padre della sposa,
invitato a nozze, parente) > cruşcu. Hospitium > shtëpi > tospiti (greco) > ospeţ (festino), termine
che cambia semanticamente. Il latino che influenza i Balcani è quello parlato, non quello classico.
Neptis > nepotia (latino balcanico) > mbesë > nip, Iocl sostiene che derivi dal latino, mentre Iokl
dice che ha radici indoeuropee. Termini geografici, come fossatum > fshat > sat (villaggio,
rumeno). La s latina per distinguere italianismi e latinismi in albanese, in albanese passa a sh.
Katundë si usa in ghego, mentre fshat in tosco. L’albanese d’Italia segue molto il tosco, perché nel
500 le differenze tra i due dialetti erano meno marcate di oggi, per cui il tosco è un albanese antico
e più conservativo. L’ultimo parlante dalmatico intervistato viveva nell’isola di Veja, in Croazia.
Cepa (dalmatico) > kjepë > ceapă > cepulla (latino) > cipolla. Intelligere > ndejgoj (capire) >
ndegonjë (tosco) > înţelege.
Lezione 07-12-2021
Mihaescu distingue 4 categorie di latinismi: 1)voci attestate in albanese, rumeno e lingue neolatine
occidentali (ne identifica 270); 2)voci continuate in albanese, ma non nel rumeno, presenti anche in
altre lingue romanze (151 termini); 3)voci conservate in albanese e rumeno, di cui alcuni termini
corrispondono, altri presentano differenze semantiche (39 termini)  buca (latino, “guancia”) >
buk (albanese, “pasto”) > bucate (rum., “cereali”, “provvisioni alimentari”, “pezzo di pane”); 4)voci
conservate solo in albanese  parmendhë (albanese, “aratro”) > aparamentum (latino); bulkë/buikë
(albanese, “contadino”) > bubulcus (latino, “bovaro”) > bolca (dialetto emiliano, “misura agricola”,
“arato da una coppia di buoi”) > bifolco (italiano); accipiter (latino, “cepi, captum, capturare”) >
kjftë (albanese, “falco”, “uccello rapace”); palium (latino, “palio”) > paljë/pajë (albanese, “dote”,
“corredo da sposa”); maritatio (latino) > martesë (albanese, “matrimonio”) > vë kurorë (“mettere
corona”, indica il rito del matrimonio ortodosso, calco del greco “kuroi”) > martoj (albanese,
“sposarsi”). I latinismi dell’albanese che troviamo in ambito ecclesiastico  Kërshëndhela (ghego)
> Cristi Natalia > Krishtëlindje (“nascita di Cristo”) > Crăciun (rumeno, “Natale”); ecclesia/ecclisia
(latino, “chiesa”) > kishë (albanese) > klishë (forma antica) > biserică (rumeno) > basalka
(dalmatico); benedicere (latino) > bekoj (albanese) > bekonjë (forma antica) > blagoslavi (rumeno);
calicem (latino) > kjelkjë (albanese) > potir (rumeno, di tradizione bizantina); missa (latino) >
meshë (albanese) > suibă (rumeno); Domnezeu (rumeno, “Dio”) > Domine Zeus (latino); drekjë
(albanese) > draco, draconis, draconem (latino) > drac (rumeno, “diavolo”); peshkëp (albanese) >
episcopus (latino, “vescovo”) > vladică (rumeno); eshtunë (albanese) > sâmbâtă (rumeno,
“sabato”).

Lezione 13-12-2021
Latinismi dell’albanese
Fakja (alb.) > faţă (rum.)  categoria 1
Fëtërë (alb.) > faptură (rum.)  categoria 1
Os, oris (lat.) > veshë (alb.)  categoria 4  apofonia (o > e); o iniziale (lat.) > v (alb.)
Sella (lat.) > shajë (alb.) > şea (rum.)  categoria 3
Status (lat.) > shtatë (alb.) > stat (rum.)  categoria 3
Spatula (lat.) > shpatul (alb.)  categoria 2
Canapis (lat.) > kërëp (alb.) > cânâpă (rum.)  categoria 1  rotacismo
Kshtënjë (alb.) > câtâne (arum.) > gestenje (ungh.)  categoria 1
Kjepë (alb.) > ceapă (rum.)  categoria 1
Cerru (lat.) > kjarrë (alb.) > cer (rum.)  categoria 1
Ceresia (lat.) > kierasí (neogr.) > kjershi (alb.)  latinismo mediato dal greco  categoria 2
Cicer (lat.) > kikër (alb.) > keker (prov.)  categoria 2
Salix (lat.) > shelkë (alb.) > salcie (rum.)
Salviella (lat.) > shelbjellë (alb.)  latinismo balcanico (v > b)
Anguilla (lat.) > ngjallë (alb.)  categoria 2  caduta della vocale protonica
Caballus (lat.) > cal (alb. + rum.)  categoria 1
Canis (lat.) > kjen (alb.) > câine (rum.)  singolarizzazione del plurale (metafonia)
Sanctam Trinitatem (lat.) > Shëndërtat (alb.)
Gallus (lat.) > gjelë (alb.)  categoria 2
Palumbus (lat.) > plëmbë (alb.) > pălumb (rum.)
Caelum (lat.) > kjelë (alb.) > cer (rum.)  categoria 1
Hora (lat.) > herë (alb. antico) > hora (alb.)  base italiana (ora)  oară (rum.)
Manere (lat.) > mënoj (alb.) > amâna (rum.)  categoria 1

Emarthë (martedì)
emercurë (mercoledí)
eshtunë (sabato) > saturnus (lat. balcanico)
giovedì  origini sconosciute

Furnus (lat.) > fur (alb.)

Ottobre  San Demetrio


Novembre  San Martino
Dicembre  San Domenico

Medicus (lat.) > jatrua (grecismo albanese) > mediko (dalm.)


Orbus (lat.) > vërbër (alb.) > orb (rum.)  categoria 1
Sanitas (lat.) > sanitate > shëndhetë (alb.) > sănătate (rum.)
Surdus (lat.) > shurdhë (alb.) > surd (rum.)

Latino  accusativo
Greco  aoristo

Lezione 14-12-2021
Latinismi dell’albanese (parte 2)
Carrum (lat.) > kjerrë (alb.)  kjerr-i (singolarizzazione del plurale indeterminato) > carro (it.) >
car (rum.)  categoria 1
Furca (lat.) > furkë (alb.) > forca (it.) > furcă (rum.)  categoria 1  o (italiano) > u (dialetti
meridionali italiani)
Luteum (lat.) > ljutzë (alb.) > fango (it.)  categoria 4
Persica (lat.) > pessika (lat.balc.) > pjeshkë (alb.) > pèche (fr.)  categoria 1  e breve dittonga >
ie; palatalizzazione della s < sh
Carrighe (dial.lombardo-veneto) > cathédra (gr.) > cattedra (it.) > sedia
Thron (gr.) > sedia (it.) > thronë (alb., sgabello per la mungitura delle pecore)
Collare (it.) > kularë (alb.) > culăr (rum.)
Grex (lat.)  velare + s = x  gregge (it.) > grigjë (alb.; palatalizzazione della g)  categoria 1
Flocus (lat.) > flokë (alb.) > floc (rum.) > fiocco di lana (it.)  categoria 3
Mustus (lat.) > mushtë (alb.) > must (rum.)
Unctura (lat.) > ëndhirë (italo-alb.) > untar (rum.) > grasso (it.)
Carraria (lat.) > karrarë (alb.) > cammino (it.) > cărare (rum.)
Centrum (lat.) > kjendër (alb.) > kentra (dalm.) > centra (rum.antico)  categoria 2
Codrum (lat.) > kodër (alb.) > codru (rum.) > collina, foresta (it.)  categoria 3
Palus (lat.) > padule (metatesi  palude) > pël (alb.) > pădure (rum.) > bosco (it.)
Hospitium (lat.) > hostipium (metatesi) > shtëpi/shpi (alb.)  caduta della o + palatalizzazione
della s + i atona > ospâţ (rum.; festino)
Calcar (lat.) > këlkjerë (alb.) > calcàra (dialetti meridionali italiani; forno da calce)  categoria 2
Calix (lat.) > kjelkjë (alb.; vetro) > got (bicchiere; alb.  veneziano) > kauk (dalm.)  categoria 2
Cova (lat.) > kovë (alb.; secchio di legno/metallo/cuoio) > kat (lat. cadus  giarra dell’olio) > valdë
(area del Pollino > spagn. valde; dial.ital.merid. vardu)
Furnus (lat.) > furhë (alb.) > furnu (arum.)
Puteus (lat.) > pussë (alb.) > puţ (rum.) > pozzo (it.)  categoria 2
Quasillum (lat.) > kashillë (alb; cestello + paniere) > casiddu (sardo; armia + secchio da mungitura)
Certare (lat.) > kjertoj (alb.) > certa (rum.) > rimproverare (it.)
Sanus (lat.) > shëndosh (sano) > sanidosu (sardo) > sănătos (rum.)
Vitricus (lat.) > vitërk (alb.) > vitricu (sardo) > vitrec (rum.) > patrigno (it.)
Scala (lat.) > shkalë (alb.) > scară (rum.)  rotacismo (l > r)
Serra (lat.) > sharrë (alb.) > sară (arum.) > sierra (spagn.)
Stratum (lat.) > shtratë (alb.) > strat (rum.)

Il rumeno e l’albanese derivano dal latino popolare

Lezione 20-12-2021
Latinismi dell’albanese (parte 3)
Si formò una lingua franca nel Mediterraneo per scopi commerciali, quale il veneziano
Piscis (lat.) > pishkë/peshkë (alb.)  categoria 1
Notare (lat.) > notoj/notonjë (alb.) > înota (rum.)  categoria 1
Saburra (lat.) > shurë (alb.) > saurra (sardo logudorese)  categoria 2
Rete (lat.) > rjetë (alb.) > rait (dalmatico)  categoria 2
Sagitta (lat.) > shëgjetë (alb.) > săită (arum.)
Scudum (lat.) > shkutë (alb.) > scut (arum.)
Spata (lat.) > shpatë (alb.) > spată (rum.)
Camisia (lat.) > këmishë (alb.)  categoria 1
Linea (lat.) > linjë (alb.) > iie (rum.)
Manica (lat.) > mëngë (alb.) > mancă

Nt  nd
Mp  nb
Nc  ng

Aurum (lat.) > arë (alb.) > aur (rum.)


Laurus (lat.) > larë (alb.) > laur (rum.)
Paucus (lat.) > pak (alb.)
Parabola (lat.) > përalë (alb.)
Laus (lat.) > lavdë (alb.) > lăuda (rum.)
Causa (lat.) > kafshë (alb.)  consonantizzazione della vocale (au  af/av)  f (seguita da sorda)
+ v (seguita da sonora)  assimilazione
Arena (lat.) > rërë (alb.) > arină (rum.)  categoria 1
Argentum (lat.) > argjentë (alb.) > argint (rum.)
Ramen (lat.) > rem/rembë (alb.) > arană (rum.)
Palatus (lat.) > palat (alb.) > păraţ (arum.)
Servitium (lat.) > shërbes (alb.)
Magister (lat.) > mjeshtër (alb.) > măiestru (rum.)  categoria 1
Malum (lat.) > mallë (alb.)
Opra (lat.) > vepër (alb.)  o > v
Pacem (lat.) > pakjë (alb.) > pace (rum.)
Veritatem (lat.) > verëtetë (alb.)
Potestatem (lat.) > pushtetë (alb.)

Aggettivi
Angustus (lat.) > engushtë (alb.) > îngust (rum.)  categoria 1
Centum (lat.) > kjndë (alb.)
Excurtus (lat.) > shkurtë (alb.) > scurt (rum.)  categoria 3
Galbinus (lat.) > gjelbër (alb.) > galben (rum.)
Viridis (lat.) > verdë (alb.) > verde (rum.)
Kaltër (alb.) > kalthër (italo-alb.)  categoria 4
Cocus (alb.) > kukjë (alb.)
Strambus (lat.) > shtrëmbur (alb.)
Strictus (lat.) > shtrëndë (alb.) > strânt (rum.)

Lezione 21-12-2021
Latinismi dell’albanese (parte 4)
Rex > regis (la x si sonorizza) > regjë (da “regem)
Ct > Ft  Lucta > luftë > luptă

Galloromanzo  ct > t
Italiano  ct > t doppia (assimilazione)
Rumeno  ct > pt

Ctonea > ftua


Directus > drejtë/drekjë > drept
Fructus > frutë/frujtë

Verbi
I sostantivi si verbalizzano
Gustav Mayer  alcuni sostantivi formano il plurale albanese in -i, ripreso dal maschile latino 
plak > plekjë  metafonia (singolarizzazione del plurale)
Këndoj/këndonjë  assimilazione delle sorde
Aoristo  këndova (io cantai)  deriva dall’imperfetto latino “cantabam”
Ottativo/desiderativo  këndofsha  deriva dal latino “cantavissem”
Hap > hapa (aoristo)  incontro tra una vocale radicale e una vocale suffissale
Çabei  kam shkrua > eko demeno > am văzut (derivano dal perfetto latino)
Forme medio-passive  jam + aggettivo (mi sono) + kam + aggettivo (ho)  kam larë (ho lavato)
+ jam larë (mi sono lavato) > lavatus sum
Ngarkonjë (la nasale sonorizza) > încârca
Cogitare > kuitonjë > înceta
Kuptonjë > cumpâta
Consolare > ngushlonjë
Dolere > deljenjë > durea  rotacismo (laterale > r)
Curare > kjeronjë > cura
Desiderare > doshironjë > deşidera (antico rumeno)
Dirigere > dërgonjë (consonante + vocale, nella struttura antica vi era una sillaba aperta) > drege
Parare > mbronjë/përonjë (nasale rafforzata omofonica che corrisponde a një)
Placere > pëlkjenjë > plăcea
Sanare > shënoj/shëronjë  rotacismo (n > r)
Stringere > shtrëngonjë > strânge
Testimoniare > dëshmonjë > martirì (greco)
Fricare > fërkonjë > freca
Frigere > fërgonjë
Invitare > ftonjë (l’accento è più avanti rispetto alle prime sillabe, cade la prima sillaba, la v è
protonica, la t sorda si assimila alla nasale sorda) > invita
Tradere > truanjë

Tagliavini  studiò i grecismi dell’albanese


In albanese si coniuga l’aoristo partendo dalla radice del verbo

Lezione 10-01-2022
L’elemento lessicale greco nelle lingue del sud-est europeo
Impero Romano  Oriente + Occidente
30 a.C  età bizantina  dominio ottomano (attraverso la chiesa greca ortodossa)
Alfabeto greco  cirillico (lingue slave)  due fratelli di Salonicco (Cirillo + Metodio)
Lingue slave  orientali (russo + ucraino) + meridionali (serbo + croato + macedone + bulgaro) +
occidentali (polacco + ceco + slovacco)
Grecismi  derivano da  greco + lingue vicine

Dhafne (gr.) > alloro (it.) > dafina (bulg.) > dafina (serbo) > dafin (rum.) > dhafën (arb.) > dafinë
(alb.)
Dhaskalos > maestro > dhaskal (alb.) > daskal (bulg.) > daskal (serbo) > dascăl (rum.)
Dhromos > strada > drum (bulg.) > drum (serbo) > drum (rum.) > dhrom (arb.) > drum (alb.)
Keramidha > tegola > qeramidhe (alb.) > keramida/garamida (bulg.) > čeramida (serbo) > cărămidă
(rum.)
Triantafilon > rosa > trëndafil (alb.) > trandafil (bulg.) > trandafir (rum.)

Potizo > potisënj (alb.) > epotisa (aoristo greco)


Prason (gr.antico) > porro > presh (alb.)
Kerasìa (gr.antico) > ciliegia > qershi (alb.)
Làkanon (gr.antico) > lakën (alb.) > lakër (tosco)
Dràpanon (gr.dorico) > falce > drapën > drapër
Aiasma (gr.bizantino) > acqua benedetta > agiazma/ajazma (bulg.antico) > ajazmë (alb.) >
agheasmă (rum.)
Kaliva (gr.) > capanna > colibă (rum.) > koliba (bulg.) > korab (bulg.antico) > kalive (alb.)

Tumacë (arb.) > pasta fatta in casa > tumatsa (gr.) > tutmaç (turco)

Fanari (neogr.) > lanterna > fener (turco) > fener (alb. + bulg.) > fenjer (serbo) > fenere (arum.) >
fanar (rum.)

Kellari (gr.) > chiler/chelar (rum.) > kiler/kelar (bulg.)

Koròn (gr.) > hora (rum.) > danza


Konopidi (neogr.) > conopidă (rum.) > cavolfiore
1° millennio  Calabria greca
2° millennio  latinizzazione della Calabria
Calabria  Impero Bizantino (11° secolo)

Romania  fanarioti (principi greci turchi della Moldavia)

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