In Occidente assunse la forma cenobitica, cioè comunitaria. Proprio per questo si sentì
l'esigenza di definire una regola, cioè un insieme di norme che stabilissero i doveri dei
monaci.
Dall'817 fino all'XI secolo, la Regola benedettina fu l'unica ammessa all'interno dell'impero. Fissata
nel 540 da Benedetto da Norcia, essa si basava sul motto “ora et labora”, sull'obbligo di unire alla
preghiera il lavoro manuale e lo studio. Nell'abbazia di Cluny l'attività principale era la preghiera,
unita alla lettura dei salmi, al culto dei santi, alla distribuzione di pasti ai poveri, allo studio e alla
scrittura. Nel monastero di Citeaux fondato le orazioni e gli esercizi spirituali si alternavano al
lavoro, soprattutto agricolo. Entrambe le abbazie seguivano comunque l'antica Regola di san
Benedetto, ritornando così alle origini del monachesimo.
L’ORDINE CLUNIACENSE SI ASTRAE AL CONTROLLO DEI VESCOVI
A Cluny fu costituito anche il primo ordine religioso. In precedenza ogni monastero dipendeva dal
proprio abate e dal vescovo. Ora tutte le comunità monastiche cluniacensi furono sottoposte alla
guida di un solo abate, quello di Cluny, che reggeva i monasteri "satelliti" attraverso i suoi priori.
L'ordine cluniacense si diffonde a macchia d'olio nel resto dell'Europa. Da Cluny e da Citeaux
partirono intere colonie di monaci che presero a fondare sedi "gemelle" in luoghi anche molto
lontani.
SI ACCENDONO LE SPERANZE DI CAMBIAMENTO
Le speranze di un pronto riscatto morale della Chiesa cominciarono a tradursi in realtà con
l'avvento di alcuni papi riformatori, tra cui il Leone IX, cugino dell'imperatore Enrico III, il francese
Niccolò II, vescovo di Firenze, e soprattutto l'italiano Ildebrando di Soana, monaco benedettino che
assunse il nome di Gregorio VII. I primi importanti cambiamenti vennero decisi nel Concilio
lateranense del 1059: l'elezione del papa fu riservata al solo collegio dei cardinali escludendo
l'aristocrazia romana e l'attribuzione dell'assenso dell'imperatore a una pura formalità. Anche la
nomina dei vescovi tornò nelle mani del clero. Il conflitto tra papa e imperatore si sarebbe
inasprito proprio intorno a questo punto.
I CARDINI DELLA RIFORMA GREGORIANA
Opponendosi al concilio, Enrico IV di Franconia cercò in tutti i modi di mantenere il controllo delle
sedi vescovili, a cominciare da quella di Milano. Nel frattempo, saliva al soglio pontificio Gregorio
VII, che rivendicò la supremazia del papa all'interno della Chiesa. Nel 1074, con un'enciclica, sciolse
i fedeli dall'obbedienza ai vescovi che tolleravano preti sposati. Poi convocò due sinodi che
dichiararono decaduti tutti i sacerdoti nicolaiti e simoniaci. Infine vietò la pratica dei vescovi-conti,
scomunicando chi riceveva la carica ecclesiastica dalle mani di un laico.
GREGORIO VII EMANA IL DICATUS PAPAE
Nel 1075 Gregorio VII completò la sua riforma, detta appunto "gregoriana", emanando il Dictatus
papae ("Dichiarazione del papa"). In esso affermava solennemente la superiorità del papa nei
confronti dell'imperatore, paragonandola a quella dell'anima sul corpo, e l'infallibilità della Chiesa.
Enrico IV ed i suoi successori secondo il papa non avevano alcun diritto di "investire" vescovi e
nominare pontefici o d'interferire nell'organizzazione ecclesiastica. Tutti i sovrani giudicati indegni
dal pontefice, e perciò "scomunicati", avrebbero perso ogni autorità di comando sui loro sudditi. Il
Dictatus papae tolse quindi alla figura dell'imperatore la sacralità che aveva assunto dai tempi di
Carlo Magno e pose fine anche alla supremazia dell'Impero imposta da Ottone I. Nasceva così la
monarchia universale della Chiesa di Roma, guidata dal papa.
UNO SCONTRO CHE COINVOLGE TUTTA CRISTIANITA’ (worms)
Enrico IV respinse con forza le decisioni di Gregorio VII e il conflitto che seguì, "lotta per le
investiture", si tradusse subito in uno scontro a tutto campo tra i due poteri universali. Nel 1076
Enrico IV riunì a Worms un'assemblea di nobili e vescovi tedeschi ottenendo la deposizione e la
scomunica del pontefice. Gregorio VII rispose scomunicando gli ecclesiastici ribelli e l’imperatore.
Enrico fu costretto dai suoi stessi feudatari ad affrontare il giudizio papale in un’assemblea
convocata nel 1077. Volendo però evitare i rischi di un processo pubblico, l’imperatore decise di
chiedere perdono al papa e implorarlo di revocare la scomunica.
CANOSSA: L’IMPERATORE SI UMILIA DAVANTI AL PAPA
Lo scontro avvenne in Italia a Canossa, presso un castello della contessa Matilde di Toscana.
Inizialmente, Gregorio VII si rifiutò di ricevere l'imperatore. Dopo averlo fatto attendere tre giorni
e tre notti in mezzo alla neve vestito solo di un saio, decise di accogliere la sua richiesta. Lo scontro
non era concluso. Poco dopo Enrico IV si volse di nuovo contro il papa tornando in Italia alla testa
di un esercito. Colpito nuovamente dalla scomunica papale, convocò un sinodo a Bressanone
dove ottenne la deposizione di Gregorio VII e la nomina dell'antipapa Clemente III, che non fu mai
riconosciuto da tutta la Chiesa. Infine puntò verso Roma, costringendo alla fuga il nemico, dopo
averlo tenuto prigioniero. L'anno seguente, mentre Gregorio VII moriva in esilio a Salerno, Enrico si
faceva incoronare imperatore dal papa Clemente III a san Pietro.
UNA SOLUZIONE DI COMPROMESSO: IL CONCORDATO DI WORMS
Dopo la morte di entrambi, la lotta proseguì ancora per mezzo secolo. Infine l'imperatore Enrico V
e il papa Callisto II giunsero a un accordo, firmando nella cittadina tedesca di Worms un
concordato che stabiliva la non ingerenza del potere politico nelle nomine ecclesiastiche. I vescovi
sarebbero stati eletti dal clero e dal popolo della diocesi, gli abati dalle comunità monastiche.
L'investitura imperiale avrebbe riguardato esclusivamente le prerogative temporali connesse al
feudo. Prese forma così una prima separazione. Il papato, che aveva intrapreso lo scontro, si
ritrovava al vertice dell'Europa cristiana. L'Impero non riuscirà più ad arrestare il processo di
disgregazione innescato dalla lotta per le investiture: ad approfittare saranno le nascenti
monarchie nazionali, i Comuni dell'Italia centro-settentrionale e il Regno normanno di Sicilia.