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Ilcorsaronero

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“Ilcorsaronero”, giugno 2019 - Dir. Resp. Claudio Gallo - Iscrizione al Tribunale di Verona n. 1848 R.S. 2009 - Stampato da: Cierre Grafica, Via Ciro Ferrari, 5, 37066 Caselle di Sommacampagna (VR)

Rivista Salgariana di Letteratura Popolare


direttori spirituali: Raffaele Crovi, Claudio G.Fava, Mino Milani, Darwin Pastorin, Bianca Pitzorno

si legge di

pratt
salgari
stevenson
parker
a.l.lucas
mari
finnegan
hughes
Sommario

6 Una voce dalla foreste tropicali della Cina del 56 "Nell'oltranza della finzione"
Sud, al confine con il Laos e l’Indocina. Michele Mari narratore di sé stesso
Editoriale di Claudia Mizzotti

8 E io ero Sandokan 61 Il Demone di Cyrano. 2


di Valerio Varesi di Marcello Simoni

10 In viaggio con Hugo Pratt 63 Perché bisogna leggere il salgariano


di Marco Steiner Riccardo Piglia
di Darwin Pastorin
15 Scrittore e poeta gentile: Ted Hughes
di Margherita Forestan
64 Robert Finnegan
di Renato Venturelli
4 19 La maschera di Sandokan
di Roberto Fioraso
5
66 Negli archivi della Cia il segreto
26 Intervista a Ivo Milazzo, di Peppone e Camillo.
ideatore grafico di Ken Parker Il giallo dell'Oscar negato
di Nicola Ruffo di Massimo Tassi

35 Li chiamavano libri per ragazzi 68 Tributo a Sergio Sollima


di Dario Pontuale Quarantesimo anniversario de
"La Tigre è ancora viva:
giugno 2019 ‒ Periodico semestrale
38 Polarizzazione e crossover di Stevenson e Salgari in Sandokan alla riscossa". Omaggio a
Iscrizione al Tribunale di Verona n. 1848 R.S. 2009 Luciano Bottaro, Carlo Chendi e Guido Martina Kabir Bedi e agli Oliver Onions
Redazione: c/o Biblioteca Civica – Vicolo S. Sebastiano, 3 – 37121 Verona di Armando Rotondi di Andrea G.Tartari
Posta elettronica: ilcorsaroneroeu@gmail.com
In collaborazione con la Biblioteca Civica di Verona 42 Una traduzione di Stevenson 70 Profili Bio-Bibliografici
Direttore responsabile: Claudio Gallo di Daniela Sandid
Direttori spirituali: Raffaele Crovi, Claudio G. Fava, Mino Milani, Darwin Pastorin, Bianca Pitzorno 75 Segnalazioni Bibliografiche
Condirettori : Fabio Francione, Dario Pontuale 45 Stevenson irresponsabile e magnifico
Fondatori: Luciano Curreri, Roberto Fioraso, Fabrizio Foni, Claudio Gallo, di Fabrizio Pasanisi 76 Cavalcando l'avventura
Caterina Lombardo, Matteo Lo Presti, Donato Pascali, Massimo Tassi Notizie, anticipazioni e curiosità
49 Emilio Salgari e R.L.Stevenson spulciando fra libri, film e polverosi
In redazione : Lorenzo Bassotto (progetto grafico), Giuseppe Bonomi, Alberto Brambilla,
a confronto: accenni alla ricezione scaffali
Andrea Campalto, Lucia Chimirri, Luca Crovi,Roberto Fioraso, Andrea Lucchese, Michele Martinelli,
antologica degli anni Novanta a cura di Gino Bedeschi, Giuseppe Cantarosa e
Claudia Mizzotti, Elena Paroli, Nicola Ruffo, Massimo Tassi, Francesco Testi, Aya Yoshitomi di Mariangela Lando Bartolo Tondini
Redazione storica: Chiara Begnini, Martina Benati, Sonia Biasin, Giuseppe Bonomi, Alberto Brambilla,
Marianna Bringhenti, Andrea Campalto, Lucia Chimirri, Luca Crovi, Alessandro Faccioli, Roberto Fioraso, 53 Ann Lawson Lucas, il patrimonio salgariano
Fabio Francione, Fabrizio Foni, Giulia Gadaleta, Irene Incarico, Michele Martinelli, Claudia Mizzotti, e il suo aldilà
Elena Pigozzi, Barbara Coffani Polettini, Elena Salgari, Sonia Salgari, di Luca di Gregorio
Massimo Tassi, Paola Tiloca, Paolo Tosini, Francesca Veneziano. (Université de Liège)
Segretaria di redazione: Paola Tiloca, Sonia Biasin, Martina Benati
«Nell’oltranza della finzione» : 1
alieno a Michele Mari di una concezione pedagogica della letteratura, che al contrario corrompe
e raramente rende migliore chi la frequenta; ma se è vero che «siamo quello che leggiamo» ‒ come
ci suggerisce Aidan Chambers e come ci confermano le neuroscienze - non possiamo tralasciare di
Michele Mari narratore di sé stesso fare i conti con il nostro demone ogni volta che entriamo nel mondo dei libri di Mari. Quando si
scende nella stiva dove stanno immagazzinate le cose della sua vita7 e si sprofonda nell’abisso mi-
topoietico di opere come Io, venia pien d’angoscia a rimirarti, Rosso Floyd, Tutto il ferro della torre
di Claudia Mizzotti
Eiffel, Tu, sanguinosa infanzia si sospende ogni incredulità, con un gesto di resa incondizionata al
narratore inattendibile che, con strenua fedeltà alle proprie ossessioni fantastiche, costruisce mondi
Che cos’hanno in comune Robert Louis Stevenson e Walter Benjamin, Syd Barret e Giacomo Le- capaci di svelare a noi chi siamo.
opardi? Vissuti in epoche e luoghi diversi, hanno coltivato interessi culturali e artistici non coinci- Il meccanismo scatta improvviso, con chirurgica precisione, come un’epifania, là dove non te lo
denti, non sempre hanno avuto la consolazione di veder riconosciuta l’originalità e la genialità delle aspetti. Dato che questo non vuol essere un contributo critico – davvero troppo arduo il compi-
loro opere. E dopo aver consumato le loro esistenze, tormentate sotto il profilo della salute fisica to per la mia penna, ma essendo io mossa dal piacere di condividere alcune passeggiate nei fitti
o mentale e finite più o meno tragicamente, continuano a vivere nell’opera narrativa di Michele boschi narrativi dei libri di Michele Mari, mi posso permette un esempio eccentrico, di quelli
Mari. Con il piglio del collezionista ‒ «per tutta la vita sono sempre stato un feticista e un conserva- che sfuggono alle maglie degli accademici. Un breve racconto, certo non il più celebrato della
tore morboso di tutte le cose mie, io che tutto archivio con affezion maniacale»2 ‒ il professor Mari silloge Tu sanguinosa infanzia, s’intitola L’orrore dei giardinetti. C’è un passaggio del testo in
salda in forma di racconto o di romanzo il suo debito sentimentale nei loro confronti. Tale è la forza cui finzione autobiografica dell’autore e frammenti della mia memoria personale formano un
evocativa dell’operazione letteraria di rivisitazione di quei grandi che io, come penso parecchi altri groviglio inestricabile, precisamente quando al piccolo Michele, felice di giocare al parco non
lettori, non posso più leggere un notturno leopardiano senza che la mia mentre inciampi in qualche
56 impresa al chiaro di luna dell’adolescente Tardegardo Giacomo, «il metodo fatto persona»3durante
tanto quanto di osservare le madri altrui «che lavorano a maglia e che leggono una rivista dal 57
salgariano nome di “Rakam”»8, allo scrittore adulto Mari che rivive sulla pagina quelle schegge
le ore diurne consumate sui libri e nottetempo intento pien d’angoscia a rimirare la graziosa Luna; di infanzia, si sovrappone una doppia visione che non appartiene a quella fabula, ma a tutt’al-
non posso più ascoltare Shine On You Crazy Diamond senza che il mio pensiero s’incagli nell’im- tra storia: ci sono io bambina ai giardini pubblici, testimone e talvolta protagonista di qualche
magine struggente di Dave Gilmour impegnato a doppiare chitarra e voce di Syd Barret che si tra- intemperanza, tuttavia consapevole dall’ordine garantito dalla presenza delle madri degli al-
scina sul palco ad amplificatore e microfono spenti; non posso più transitare per i passages couverts tri, «sociabili insetti», «sulle panchine, aggruppate in fitti conversari» con il loro «scalcagnato
studi

studi
del II arrondissement senza che i miei passi e i miei pensieri indugino nei luoghi mitici dove negli chiacchiericcio», e, con ruolo rovesciato, ci sono ancora io adulta, diventata madre a mia volta,
anni Trenta del secolo scorso si realizzarono incroci di persone e di idee, dove nacquero movimenti che non si sottrae al dovere di portare al parco i piccoli, eppure refrattaria a quelle estenuanti
culturali e si compirono destini; non posso più liberarmi dell’immagine di Stevenson che chiede in conversazioni in bilico fra orrore e inanità con le altre genitrici; e me ne rimango seduta su una
prestito i volumetti di “Urania” al giovane Michele Mari ‒ che per questo si sente «sfiorato dalla panchina, discosta, magari con la testa ostinatamente infilata in un libro, solo in apparenza
grazia»4 ‒ né rileggere L’isola del tesoro senza che fra le pagine del capolavoro si materializzino distratta, comunque ben disposta a riconoscere l’importanza di quella «santa tutela» garanti-
anche gli altri sette scrittori, che ne formano in realtà uno solo, immenso e capace di annullare ogni ta dalle più degne rappresentanti della categoria, così comprese nel loro ruolo sociale, civico.
distinzione fra vita e letteratura, di suscitare una «meraviglia morbosa»5 raccontando di mare e Dunque, ecco una dimostrazione minima di come i significati dei testi passano attraverso le sogget-
di avventura (per dovere di cronaca, «gli otto scrittori che erano lo stesso scrittore»6 sono ‒ oltre a tività dei lettori, disposti ad indugiare nei labirinti di parole tanto più quanto maggiore e intenso
Stevenson ‒ Conrad, Poe, Melville, London, Salgari, Defoe e Verne). è il grado di coinvolgimento e di identificazione. Ma a questo processo, almeno di fronte a un au-
Accostarsi agli oggetti letterari in modo non del tutto ingenuo significa accettare che diventino il tore tutt’altro che improvvisato e di un lettore minimamente avvertito e sensibile a certe categorie
frammento di un’autobiografia, di chi ha scritto, certamente, ma soprattutto della propria. Nel caso estetiche e letterarie, non sono estranee certe sirene. Per me la lingua e la struttura delle opere di
particolare dei prodotti della letteratura circostante, i giudizi di valore propri della critica militante, Mari costituiscono un richiamo irresistibile, senza che io riesca più a distinguere dove il piacere
votati al confronto, talvolta al conflitto delle interpretazioni, passano in secondo piano, perché in dell’intrattenimento finisca e cominci invece una presa di coscienza nel gioco di distanze e rispec-
primo luogo per il lettore, che partecipa del medesimo tempo dell’autore, contano l’emozione e chiamenti, spaesamenti e agnizioni che solo un testo ricco e complesso può offrire.
l’esperienza mediata, utile a scoprire nel testo contemporaneamente sé e l’altro da sé: nulla è più La cifra stilistica di Michele Mari è inconfondibile: c’è qualcosa di inattuale nella sua prosa im-
prontata ad un «manierismo onanista»9 che sarebbe limitante attribuire a una semplice influenza
1 • Michele Mari, Leggenda privata, Torino, Einaudi, 2017, p. 75.
2 • Mari, L’uomo che uccise Liberty Valance, in Tu, sanguinosa infanzia, Einaudi, Torino 2009 (c1997), p. 14. 7 • Confessa Mari in Filologia dell’anfibio di avere una «vocazione (leggi: disperata esigenza) di inventariare analiticamente
3 • Mari, Io venìa pien d’angoscia a rimirarti, Cavallo di ferro, Milano 2012 (c1990), p. 10. le cose della vita nella convinzione di potermene impossessare soltanto dopo averle “sapute”, cioè riflesse e mediate nella
4 • Mari, Le copertine di Urania, in Tu, sanguinosa infanzia, cit., p. 19. forma di un ordo enciclopedico-tolemaico che faccia tornare tutti i conti: tutti tutti».
5 • Mari, Otto scrittori, in Tu, sanguinosa infanzia, cit., p. 49. 8 • Mari, L’orrore dei giardinetti, in Tu, sanguinosa infanzia, cit., p. 40.
6 • Ivi, p. 47. 9 • Mari, Leggenda privata, cit., p. 17.
del plurilinguismo erudito di Gadda e Manganelli. Proprio lo «scarto anacronistico» rende Mari un ristico (Io venia pien d’angoscia a rimirarti e Filologia dell’anfibio), autofinzionale (Leggenda privata),
grande interprete della contemporaneità10: non adeguandosi alle pretese del suo tempo, è capace di formazione ‒ visionario e autobiografico (Verderame) oppure avventuroso e d’invenzione (Roderick
di instaurare con esso una singolare relazione, di aderirvi e di prenderne contemporaneamente Duddle) ‒, poliziesco e surreale (Tutto il ferro della torre Eiffel), polifonico e costruito come l’istruttoria
le distanze, di resistervi anche grazie alla sfasatura della lingua che produce un effetto straniante. di un improbabile processo (Rosso Floyd). In questo incompleto catalogo, così caleidoscopico e vario, si
D’altra parte, come scrive Giorgio Agamben, «la via d’accesso al presente ha necessariamente la nota tuttavia una nota comune: una premeditata fuga dalla realtà, anzi dal realismo d’urgenza, artifi-
forma di un’archeologia»11: «coloro che coincidono troppo pienamente con l’epoca, che combacia- ciale e deformante, che tanti cultori annovera nella letteratura dell’estremo contemporaneo. Mari è fin
no in ogni punto perfettamente con essa, non sono contemporanei perché, proprio per questo, non troppo consapevole che «realtà e letteratura non hanno lo stesso perimetro»20: «pezzi di vita istoriata
riescono a vederla, non possono tenere fisso lo sguardo su di essa»12. Sullo stile barocco di Mari e romanzata, biofictio iridescente-dorata e proprio per questo scabrosa, grumi di manierismo riassunto
molto è stato scritto; mi pare vada almeno sottolineato che il senso di una «eterna contemporaneità nel magma ed espulso, la solita dinamica che […] mi fa mentitore e infingardo: pensare invece che pro-
con il presente narrativo»13, anziché con il presente dell’autore, non è banalmente frutto di una ri- prio quando scrivo mi sento puro e trasparente come creatura novella, agnello tra le fauci del lupo»21.
cerca consapevole ed artificiosa, ma piuttosto un effetto, tutt’altro che collaterale, dell’infezione che Molti ritengono che il momento più alto della parabola creativa di Michele Mari sia ad oggi il ro-
lo scrittore ha contratto dalla consuetudine coi libri: «ragazzino, cominciai a trasferire particole di manzo Roderick Duddle, tra i vincitori della sesta edizione del Premio di Letteratura avventurosa
anima nei libri che leggevo, […] quando mi prendeva vaghezza di recuperare un po’ della mia anima Emilio Salgari: certamente è palpabile la sensazione di cogliere in flagrante, proprio «nell’oltranza
andavo a cercarmela là dove l’avevo nascosta, nei libri[…]: finché, presa l’abitudine di recuperarne della finzione», il Mari più vero22, più libero e più indulgente con sé stesso: come si evince dalla cor-
troppa, di roba, per far prima a nasconderla ho incominciato a sbatterla in gran quantità dentro nice narrativa – precisamente dalla prima riga del romanzo23 e dal capitolo conclusivo24 che precede
i libri che mi sono messo a scrivere io, appositamente»14, ammette nella Leggenda privata, una l’epilogo –, ma anche per diretta ammissione dell’autore nelle tante interviste, Roderick è il doppio
spericolata operazione di autofictiografia in cui siamo costretti ad apprezzare la dinamica dell’in- meglio riuscito di Michele, è la proiezione dei suoi desideri più profondi: l’eroe di carta vive tutte le
58 dagine «per via estetica» sui grumo-nodi irrisolti della biografia dell’autore di un «romanzo triste/ avventure partorite dalla potentissima immaginazione del suo artefice in carne e ossa, un uomo in fuga 59
angosciato e dunque caratterizzato da una certa quota di divertimento e virtuosismo»15. I lettori perenne dalla realtà, vittima di un senso di inadeguatezza che ha radici profonde nella sua infanzia
diventano così spettatori morbosi del contagio letterario e complici accondiscendenti di un’arte cui è ossessivamente rivolto, consapevole che «si decide tutto entro i primi sei/sette anni, dopo è solo
allusiva spontanea e raffinatissima, disposti a lasciarsi attirare quasi ipnotizzati nella rete del testo questione di aggiornamento»25. Roderick Duddle ha un ritmo narrativo vorticoso e contiene tutti gli
dalle invenzioni linguistiche e dalle citazioni più o meno esplicite disseminate a piene mani. ingredienti di un feuilleton d’altri tempi, ma allo stesso tempo è opera squisitamente metaletteraria; è
Sul piano delle categorie storiografiche Michele Mari è sfuggente, atipico: se i copiosi rimandi di cui affollato da una serie di personaggi grotteschi, patetici, inquietanti, improbabili nel solco della tradi-
studi

studi
sopra segnalano un’adesione alla poetica del postmoderno, così come postmoderna è l’idea che «ovun- zione ottocentesca e si svolge in luoghi già visti eppure sempre nuovi; costringe a inseguimenti este-
que tu ti volga, verso l’alto e verso il basso, trovi sempre il divino»16 a formare un’eclettica galleria, non nuanti a precipizio una pagina dopo l’altra e il misterioso narratore del romanzo maltratta o blandisce
mancano tuttavia nell’opera di Mari elementi che caratterizzano l’ipermodernità17 e che documenta- secondo il proprio capriccio il lettore disorientato, ma arreso alla forza dell’invenzione narrativa; lo
no una fase di transizione in cui l’ipermoderno non è antagonista e concorrente del postmoderno, ma apostrofa ironicamente all’inizio o alla fine di ogni breve capitolo e da lì traggo la citazione a chiudere
piuttosto suo esito, in una dimensione di continuità. D’altra parte Gianluigi Simonetti individua la queste note sparse di lettura: «Integerrimo lettore, condannerai tu quest’uomo per la ricchezza della
«tradizione letteraria come baricentro della cultura del romanzo»18, anche quando, con atteggiamento sua fantasia? Scaglierai la prima pietra della riprovazione?»26. Non sia mai!
avanguardistico o spirito eversivo, si intenda corrodere e contaminare questa tradizione agendo su
fenomeni formali, ad esempio scardinando le regole proprie dei generi ibridandoli. Questa tendenza 20 • Walter Siti, L’inganno del realismo, “La Stampa”, 11 settembre 2011, ma si veda anche dello stesso Siti: Il realismo è
alla ostinata perforazione dei generi19 è evidente nell’architettura delle opere di Michele Mari, mar- l’impossibile, Roma, Nottetempo, 2013.
catamente sperimentale e ossessivamente metaletteraria, tanto nella misura breve del racconto (nelle 21 • Mari, Leggenda privata, cit., pp. 74-75.
raccolte Euridice aveva un cane, Tu, sanguinosa infanzia, Fantasmagonia) che in quella ampia del 22 • Ho qui liberamente ripreso un’espressione tratta dalla Leggenda privata, cit., p. 75, che ho utilizzato anche per il titolo
di questo contributo.
romanzo, sia esso d’avventura, marinaro e claustrofobico insieme (La stiva e l’abisso), d’impianto dia- 23 • «In verità… io… mi chiamo Michele Mari» (Mari, Roderick Duddle,Torino Einaudi, 2014, p. 7), protesta con convin-
zione un ragazzino assalito da Salamoia e Scunny, non trascurando di aggiungere, poco oltre, che «chiunque vi può dire che
10 • Cfr. Giorgio Agamben, Che cos’è il contemporaneo e altri scritti, Nottetempo, Roma 2010, pp. 22-33. vengo da Milano» e di precisare, a seguito della brusca richiesta «non è forse vero che tua madre è Jenny la Magra» (ivi p.
11 • Ibidem. 8), anche i nomi dei genitori, Iela Mari, «l’autrice dei più bei libri per bambini che siano mai stati scritti» ed Enzo Mari «un
12 • Ibidem. famoso designer». Svestiti a suon di ceffoni i panni del piccolo Michele prigioniero di una grigia infanzia e indossati quelli di
13 • Elisa Ruotolo, Se la vita è nelle parole, in Che lingua fa?, “Nuovi Argomenti”, n. 73 (gennaio- marzo 2016), p. 169. Roderick suo malgrado, comincia inarrestabile l’avventura.
14 • Mari, Leggenda privata, cit., p. 17. 24 • Riporto alcune battute del dialogo finale con lo spazzino, dialogo che segna irreparabilmente il ritorno alla realtà e la
15 • Ivi, p. 21. fine dell’avventura: «Dove siamo?» gli chiese Roderick. «Come si chiama questa città?» «Questa città […] si chiama Milano,
16 • Ivi, p. 27. e tu ti chiami Michele Mari». «No! Io mi chiamo Roderick Diddle!» «Ti conosco io, non sei il figlio di Iela ed Enzo Mari?»
17 • Cfr. Raffaele Donnarumma, Ipermodernità. Dove va la narrativa contemporanea, Bologna, Il Mulino, 2014. «No! Mia mamma era Jenny la Magra, e mio padre non l’ho mai conosciuto!» (Mari, Roderick Duddle, cit., p. 480)
18 • Gianluigi Simonetti, La letteratura circostante, Bologna,, Il Mulino, 2018, p. 47. 25 • Mari, Rosso Floyd, Einaudi, Torino 2010, p. 158.
19 • Ivi, p. 11. 26 • Mari, Roderick Duddle, cit., p. 298.

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