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Porci in posa

Piergiacomo Petrioli

P orci
in
osa
La cinta senese nell’arte
E quelli menavano dentro un verro molto
grasso, di cinque anni. Lo tennero poi fer-
mo accanto al focolare. E il porcaro Eumeo
non si scordò degli dei immortali: era di
buoni sentimenti. Ma cominciando il sacri-
ficio, gettava nel fuoco i peli strappati dalla
testa del porco e rivolse una preghiera a tutti
gli dei, che tornasse Odisseo nella sua casa.
Alzava le braccia e colpì l’animale con un
troncone di quercia: l’aveva messo da parte
nel tagliare la legna. La vita lo abbandonò.
«Parlo di Te, mio rispettabil Porco,
Lo sgozzarono e lo strinarono. E subito lo
Onor de la quadrupede Famiglia». squartarono. Lui, il porcaro, toglieva carni
nude come primizia da tutte le membra, le
Giuseppe Ferrari da Castelvetro metteva sopra strati di grasso, e le buttava
Gli elogi del porco, (1761) sul fuoco, spargendovi su farina d’orzo. Ta-
gliavano in pezzi le altre parti e le infilaro-
no negli spiedi. Le arrostirono con arte e le
trassero via tutte dal fuoco: poi le posarono
in mucchio sulla mensa.
(Omero, Odissea, XIV, 414-430, trad. di G. Tonna)

I l maiale potrebbe apparire, a una prima e superficiale conside-


razione, argomento troppo minimo e volgare per essere ammes-
so negli aulici giardini della grande arte figurativa e della cultura,
quella con la “c” maiuscola; come afferma Michel Pastoreau, in-
fatti: “per molto tempo gli storici non si sono granché preoccupa-
ti dell’animale. Lo hanno abbandonato alla ‘storia minore’, come
avveniva per tutti quei temi che sembravano loro futili, aneddotici
o marginali”, tuttavia, “considerato nei suoi rapporti con l’uomo,
l’animale rientra difatti in tutte le grandi indagini di storia sociale,

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economica, materiale, culturale, religiosa, giuridica e simbolica”1. bicchieri e sarà coraggioso come un leone, al terzo lurido come un
In effetti siffatto mammifero, se non ha alcuna particolare depreca- porco e infine col quarto matto come una scimmia4.
bile valenza nella cultura classica greca e romana (a parte l’episo-
dio omerico di Circe), in quella egiziana, ebraica e cristiana (vedi, Non sempre, tuttavia, il maiale è stato rappresentato con ne-
a esempio, nei Vangeli, Matteo 7,6) diviene unicamente ricetto e fasta accezione5; al contrario, esso è tema comune (e tutt’altro che
simbolo d’ogni vizio e lordizia2: esso variamente rappresenta la vo- negativo) a pittori e scultori nel corso dei secoli, massime durante
racità, la smodatezza, l’ignoranza, l’egoismo, la lussuria3. Ancora il Medioevo e il Rinascimento. Infatti è dal medioevo che il maiale
nei Vangeli (Marco, 5, 1-20) è riportato che i demoni che posse- diviene un elemento fondamentale dell’economia e delle abitudini
devano un uomo, scacciati da Cristo, rifugiandosi nei corpi di un alimentari italiane, anche se in epoca romana è allevato ampia-
branco di maiali, si affogarono poi nel lago di Tiberiade, così come mente e assai apprezzato, come ricordano autori quali Polibio, che
è raffigurato nel mosaico bizantino di Sant’Apollinare Nuovo a Ra- elogia gli allevamenti di maiali dell’Etruria e dei territori celti6, e
venna del VI secolo, dove con attento realismo sono alcuni suini Plinio il Vecchio, che scrive che la carne del maiale ha cinquanta
setolosi che si gettano in acque limacciose. Il maiale appare anche diversi sapori, mentre le altre solo uno7, tuttavia l’economia dell’Im-
nelle rappresentazioni popolari, specialmente nella pittura tedesca pero Romano si fonda sull’allevamento delle pecore e delle capre,
e fiamminga del XVI e XVII secolo, della parabola del Figliol Pro- mentre quello dei maiali è tipico dei Galli e dei Germani8. Con la
digo (Luca 15,15), quando l’erede scapestrato, una volta derubato caduta dell’impero romano e particolarmente con l’invasione lon-
e quindi cacciato dalle prostitute, svilito diviene porcaro. Secondo gobarda nel VI secolo, il paesaggio della penisola cambia; a causa
una leggenda talmudica, che narra la storia del diavolo e di Noè della crisi demografica e con l’abbandono dei campi aumentano
che pianta la vigna per produrre il vino, il demonio sgozza sul luo- le aree incolte e boschive e di conseguenza l’allevamento brado di
go un agnello, un leone, un maiale e una scimmia, quindi colui che maiali assume maggiore importanza e si fa sempre più diffuso9. Il
berrà un bicchiere di vino diverrà mansueto quale un agnello, due
4. Salah Stètié, Le vin mystique et autres lieux spirituels de l’Islam, Parigi, Albin Michel,
2002, p. 37. Sul maiale nella tradizione ebraica e musulmana, vedi: Michel
1. Michel Pastoreau, Une historie symbolique du Moyen Âge occidental, 2004, trad. it. Pastoreau, Le cochon..., cit., pp. 51-58.
Medioevo simbolico, a cura di Renato Riccardi, Bari, Laterza, 2005, p. 21.
5 Ivi, p. 49.
2. “Come gran parte degli animali domestici, il maiale ha atteso a lungo prima
6 “Per via della popolosità e della ricchezza del paese, i branchi di suini in Italia
che qualcuno scrivesse la sua storia. Simbolo di sporcizia e d’ingordigia, pro-
sono estremamente grandi, specialmente lungo la costa del mare dei toscani e
tagonista di assurdi processi agli animali, relegato alla cronaca e all’aneddotica
dei galli” (Polibio, Storie, XII, 4). Sul maiale nella tradizione ebraica e musul-
pareva indegno della Storia colta. Ai nostri giorni la situazione è completa-
mana, vedi: Michel Pastoreau, Le cochon..., cit., pp. 51-58.
mente cambiata: gli animali sono diventati a pieno titolo oggetto di studio e
la storia del maiale è il crocevia di parecchie discipline” (Michel Pastoreau, Le 7 “Neque alio ex animali numerosior materia ganeae: quinquaginta prope sapo-
cochon. Histoire d’un cousin mal aimé, 2009, trad. it. Il maiale, storia di un cugino poco res cum ceteris singuli” (Plinio, Naturalis Historia, 8, 77).
amato, Milano Salani, 2014, p. 7). 8 Michel Pastoreau, Le cochon..., cit., pp. 14 e 17.
3. A tale proposito giova ricordare che è Macrobio nel V secolo ad associare per 9 Baruzzi Marina, Montanari Massimo, Porci e porcari nel Medioevo, catalogo del-
primo la scrofa a donna di facillimi costumi (Macrobio, Saturnalia, 1.6). la mostra San Marino di Bentivoglio, Bologna, Editrice Clueb, 1981, p. 15.
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maiale diventa dunque una presenza comune nella dieta e nella le cartapecore dei libri d’ore, raffigurano, tra gli altri molteplici
vita italiane e, naturalmente, si moltiplicano nelle arti figurative le soggetti, il passare del tempo. Il susseguirsi delle stagioni nell’ar-
immagini relative ai suini e al loro allevamento. Il presente studio, co dell’anno si svolge, nel medioevo, all’insegna della fatica e del
sviluppo di una ricerca iniziata nel 2001, attraverso la presentazio- lavoro; la maledizione di Dio verso Adamo incombe sul destino
ne di dipinti e sculture, dal XIII al XIX secolo, vuole analizzare la dell’uomo, e lo scorrere dei periodi dell’anno è scandito dalle varie
diffusione dell’allevamento della razza di maiale di cinta10, durante occupazioni caratteristiche d’ogni mese. Trattandosi di una società
i secoli e nelle varie aree geografiche italiane, utilizzando la storia contadina, sono i lavori dei campi, spesso accompagnati ai segni
dell’arte quale fonte precipua per uno studio della storia dell’a- dello Zodiaco, simboli delle fasi lunari, secondo le quali si regola
gricoltura e dell’allevamento e come risorsa importante, insieme il ritmo dell’attività agricola, a essere effigiati. Così l’attività preci-
(e forse, in questo specifico caso, ancora maggiore) ai documenti pua, che connota il periodo dei gelidi mesi invernali di novembre
archivistici, per tracciare un percorso della razza di cinta senese o di dicembre è proprio l’uccisione del maiale, evento che coincide
attraverso i secoli, che ne attesti le origini e la fortuna e formulando con una festa sociale dell’abbondanza, in cui si può mangiare car-
infine una ipotesi circa le sue origini. ne fresca a sazietà11.
Tra i molteplici esempi, conviene ricordare, in questo mini-
Due sono, essenzialmente, i soggetti iconografici nei quali il mo excursus dimostrativo, lo stupendo mosaico del pavimento nella
suino compare più spesso: le raffigurazioni del ciclo dei dodici mesi cattedrale a Otranto, del 1166. In uno dei più vasti e corruschi
dell’anno e l’iconografia di sant’Antonio abate. cicli musivi pavimentali del medioevo è rappresentato un enorme
albero della vita, dai cui rami si dipana lo scibile medioevale; dalle
*** scene bibliche agli episodi cavallereschi di Re Artù, e, verso la cima
dell’albero, i mesi dell’anno e i relativi segni zodiacali, entro cerchi.
Le grandiose enciclopedie figurate romaniche e gotiche, le ce- Sotto il segno del Sagittario, a dicembre, un villano è intento a
lebri biblia pauperum, scolpite sulle facciate delle cattedrali, raccon- scannare un maiale selvatico (o forse un cinghiale) dalle grosse
tate in policromi mosaici pavimentali o miniate per impreziosire setole marroni e lunghe zanne. Un altro notevole rilievo è sul por-
tale laterale della cattedrale di Modena e ancora nella mirabile
Arianna Scatena, Paolo Montemerani, Giovanni Pacini, Vera Castellini, La Fontana Maggiore a Perugia, capolavoro di Nicola e Giovanni Pi-
cinta senese, Siena, Il Leccio, 2004, p. 18; Michel Pastoreau, Le cochon..., cit., p. sano, databile al 1278 circa. Il complesso programma erudito di
24. quest’ultima opera contempla anche il ciclo dei mesi con i loro
10. La specifica denominazione di “Cinta senese” risale comunque agli inizi
del Novecento, quando nel suo Trattato di Zootecnia Speciale, del 1927, Ettore
Mascheroni, definisce questa particolare razza suina (Arianna Scatena, Paolo 11. Michel Pastoreau, Le cochon..., cit., pp. 20 e 41-44. Un proverbio dice: “Chi
Montemerani, Giovanni Pacini, Vera Castellini, La cinta senese, cit., p. 41). passa l’estate senza maiale, passa l’inverno senza pancetta” (Ivi, p. 97).

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simboli astrali12. Ancora sotto il Sagittario dicembrino sono due Ragione a Padova, o nel ciclo dei Mesi della Torre dell’Aquila del
formelle; a destra un suino appeso è sventrato, con attenta perizia, Castello del Buonconsiglio a Trento (mese di novembre), e ancora
da un uomo, che reca nella mano destra il coltellaccio da macello, nella deliziosa miniatura con i porcari nel bosco nelle splendenti
mentre con la sinistra tiene fermo l’animale, reggendogli le zampe Trés Riches Heures dei fratelli Limbourg; in quest’ultime decorazio-
anteriori destre. Nella formella accanto è il socius (i due scultori ni sono effigiati uomini che allevano, macellano o conducono in
raffigurano ogni mese accompagnato dalla moglie, uxor, o da un città tozzi maiali dalle spesse setole marroni, bestie semi selvati-
sodale), dalla lunga barba incolta, parente stretto dei profeti del che, molto simili ai cinghiali, maiali accinghialati, appunto. E questi
Duomo di Siena, il quale incede onusto del grave fardello d’un dovevano essere gli animali più comuni all’epoca nel nord Italia e
maiale appena macellato, mentre un cane - grazioso e umanissimo in Europa settentrionale (anche se, come vedremo, non mancano
appunto di colore - gli salta addosso abbaiando goloso. Interessan- nell’area esempi di maiali cintati). In centro Italia e particolarmen-
te notare la strettissima somiglianza del rilievo di Nicola Pisano con te nel territorio di Siena, possiamo invece notare che la razza suina
un bassorilievo tardo antico raffigurante la macellazione del porco, più comunemente effigiata non è la medesima di quella delle regio-
conservato al museo archeologico di Verona13. ni nordiche europee.

Poiché, sia il ciclo di Modena, sia quello di Perugia sono lavori Il senese Ambrogio Lorenzetti, dipinge, intorno al 1340, nel
plastici, non è possibile capire a quale specifica razza gli animali suo celeberrimo ciclo di affreschi del Buongoverno del Palazzo pub-
scolpiti appartengano, tuttavia nei rilievi sull’archivolto del portale blico di Siena, una scena quotidiana simile a quella trentina; nel
della pieve di S. Maria ad Arezzo, databili agli inizi del XIII secolo, lato ove sono esposti gli effetti benefici della prosperità e della pace
troviamo la medesima scena scolpita, da un ignoto artista di cultu- nel contado di Siena, un barbuto villano vestito di grigio giunge
ra antelamica; si tratta di una scultura su pietra dove due uomini presso le mura della città, conducendo davanti a sé un pingue por-
stanno uccidendo il maiale. I rilevi sono colorati e qui il maiale, cello nero dalla fascia bianca; la tipica cinta senese. È questa la più
marrone con una fascia bianca, è riconoscibile come una cinta, famosa testimonianza figurativa di tale razza suina in pittura, che
segno che già all’epoca in Toscana è presente tale razza. attesta la diffusione e la popolarità di siffatta specie nel territorio. È
da ipotizzare che l’impiego del maiale di cinta da parte dell’erudito
Maggiori indicazioni sulla specie suina vengono offerte, natu- artista senese nelle sue pitture, sia non solo attestazione della voga
ralmente, dai dipinti. Nelle raffigurazioni gotiche del Palazzo della di questa specie nelle campagne senesi, ma forse s’aggiunge, pro-
babilmente, una sottile valenza simbolica, offerta dai colori stessi
12. Sul complesso programma iconografico della Fontana Maggiore di Perugia
vedi: John White, The Reconstruction of Nicola Pisano’s Perugia Fountain, in “Jour-
del maiale, che rimanderebbero alla bianco/nera Balzana, stemma
nal of the Warburg and Courtauld Institutes”, Vol. 33 (1970), pp. 70-83. senese; la cinta, insomma, quale animale tipico della regione, ma
13. Marina Baruzzi, Massimo Montanari, Porci e porcari nel Medioevo, cit., p. 13. pure simbolo “araldico” connotativo del Comune di Siena.

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E la cinta continua a essere alquanto rappresentata dai pittori
della scuola locale nei secoli a seguire. Pochi anni dopo Ambrogio
Lorenzetti, nel 1346, un grintoso maialino di cinta viene dipinto
sulla copertina del registro dell’Abbondanza (Archivio di Stato di Sie-
na), da un anonimo pittore; il Magistrato di Gabella l’Abbondanza
con il Provveditorato delle bestie dal pié tondo, era preposto al control-
lo dell’approvvigionamento e alla vigilanza di beni alimentari per
prevenire le carestie. L’immagine della cinta dimostra non solo la
popolarità di tale maiale, ma anche la sua importanza all’interno
del sistema economico cittadino.

Circa un secolo più tardi un altro artista senese, Sano di Pietro, Artista antelamico, Mese di dicembre, XIII secolo, Santa Maria, Arezzo

uno dei grandi alfieri del Quattrocento old fashioned della pittura cit-
tadina, minia una lepida scenetta nel Calendario del Codice delle
Monache, conservato nella Biblioteca Comunale degli Intronati di
Siena. Al mese di dicembre possiamo ammirare, nel paesaggio delle
crete senesi con dipinta sullo sfondo una turrita città in mattoni, al
centro un porcaro di rosso vestito che conduce davanti a sé una gras-
sa cinta al macello, mentre sulla destra della vignetta un abile norcino
prepara un maiale appeso. È il prologo alla festa, al rituale banchetto
invernale di dolci migliacci (roventini), ovvero frittelle di sangue di
maiale e farina, trippe e budellina calde, e non molto (anzi nulla, se
non la moda nell’abito del porcaro) pare mutato a Siena da quando,
cento anni prima, la medesima scena si ripeteva in Ambrogio Loren-
zetti. Inoltre, un documento dell’Archivio di Stato di Lucca attesta
che alla fine del Quattrocento, nel 1489, un mercante di porci di
Gavorrano (a sud di Siena) viene derubato di un maialino di cinta14.

14. Arianna Scatena, Paolo Montemerani, Giovanni Pacini, Vera Castellini, La


cinta senese, cit., p. 23. Anonimo pittore, Sant’Antonio abate (dettaglio), fine XIII secolo, St. Matthaus in Murau

12 13
Ambrogio Lorenzetti, Sano di Pietro, Mese di Dicembre, Codice delle Monache,
Effetti del Buongoverno nel contado, XV secolo, Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati
1342, Siena, Palazzo Pubblico

Maestro della
Madonna Strauss,
Annunciazione,
1395,
Firenze,
Accademia

Bartolo di Fredi,
Sant’Antonio abate,
(seconda metà del XIV secolo),
in Lippo Memmi,
Maestà,
1317,
San Gimignano, Palazzo del Podestà

14 15
Spinello Aretino, Tentazione di Sant’Antonio, 1380, Santa Caterina delle Ruote (Bagno a Ripoli) Agnolo del Mazziere (attribuito), Sant’Antonio abate,
fine XV secolo, Casanova di Ama, Oratorio dei Pianigiani, Gaiole in Chianti

16 17
Giacomo Jaquerio, Vita contadina, 1410 Sant’Antonio di Ranverso (Torino)

Sodoma, Anonimo pittore


Madonna con Bambino tra San Rocco, San umbro,
Sigismondo, San Giovannino, San Sebastiano e Sant’Antonio abate,
Sant’Antonio Abate, inizio XV secolo,
1549, Santa Maria a Vallo
Collegiata di San Martino, Sinalunga (Siena) di Nera

18 19
Anonimo scultore umbro, Sant’Antonio abate, XVI secolo,
SS. Maria dei Miracoli a Castel Rigone di Passignano sul Trasimeno
Puccio di Simone, Sant’Antonio abate, 1353, Fabriano, Pinacoteca Civica

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Miniatore bolognese, Sant’Antonio tentato dalla lussuria, 1330 ca., Stalden, Collezione Jorg Gunther

Cristoforo di
Benedetto,
Madonna e Bambino con
i santi Giovanni Battista e
Antonio abate,
1460 ca.,
Bologna, Pinacoteca
Nazionale

Crespi Giuseppe Maria,


Marcolfa e Bertolino,
1730 ca.,
Bologna,
Collezione Cassa di Risparmio di
Bologna

22 23
Nord Italia (Verona?), Raccolta delle ghiande (c.15r), Tacuinum Sanitatis,
Codex Biblioteca Nazionale Vienna, Vindobonensis Series Nova 2644, fine XIV secolo Taddeo Crivelli (attivo a Bologna e Ferrara), Sant’Antonio, 1469 ca., Getty Museum, Los Angeles

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Stemma Jacopi Stemma Jacopi, inizio XVI secolo,
Santa Maria Maddalena dei Pazzi, Firenze

Stemma Cicciaporci Stemma Sergrifi, Basilica di San Domenico,


cappella di Santa Caterina, pavimento, 1587

Raffigurazioni di maiali cintati nel XIII ( ) e XIV secolo ( )

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***
L’altro ambito iconografico dove il maiale si trova maggior-
mente raffigurato è quello della rappresentazione di Sant’Antonio
abate. Il santo, quale protettore degli animali, ha una grandissi-
ma popolarità iconografica in Europa sin dall’undicesimo secolo,
specialmente nelle campagne15. Il santo anacoreta (III-IV secolo),
vissuto romito nel torrido deserto egiziano, iniziatore, secondo tra-
dizione, del monachesimo, è canonicamente rappresentato come
un anziano monaco dalla lunga barba canuta, vestito di una scura
tonaca col cappuccio, sulla spalla ricamata la “T” (il simbolo del
tau), e recante un bastone a forma di stampella con un campanello
per scacciare i demoni tentatori. Spesso sant’Antonio è accompa-
gnato da un maiale e talvolta è il maiale stesso raffigurato con al
collo una campanella. L’origine del maiale di sant’Antonio risale
alla Francia del secolo undicesimo, quando per curare una epi-
demia di ergotismo (ovvero una intossicazione alimentare causata
mangiando segale parassitata da un fungo) gli abitanti di Vienne,
vicino Lione, si recano a pregare le reliquie di sant’Antonio e a
farsi curare nello xenodochio del monastero con un unguento fatto
con lo strutto di maiale. La cura diviene così popolare che i mo-
naci antoniani iniziano ad allevare porci “sacri” che servono sia

15. Cfr. Laura Fenelli, Sant’Antonio abate. Parole, reliquie, immagini, tesi di dottorato
in Storia Medievale, Università degli Studi di Bologna, a.a. 2006-2007; Carlo
Gelmetti, Il fuoco di Sant’Antonio. Storia, tradizioni e medicina, Milano, Springer,
2007; Alessandra Foscati, “Antonius maximus monachorum”. Testi e immagini di Anto-
nio eremita nel basso Medioevo, in “Studi di Storia del Cristianesimo: per Alba Ma-
ria Orselli”, a cura di L. Canetti, M. Caroli, E. Morini, R. Savigni, Ravenna,
Longo Editore, 2008; Laura Fenelli, Dall’eremo alla stalla. Storia di Sant’Antonio
abate e del suo culto, Bari, Laterza, 2011; Michel Pastoreau, Le cochon..., cit., pp.
Raffigurazioni di maiali cintati nel XV ( ), XVI ( ), XVII ( ) e XVIII secolo ( ) 61-64.

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per nutrire i malati sia per fabbricare l’unguento16. L’allevamento rozzo seguace di Paolo di Giovanni Fei) con un cinghiale ridotto a
del maiale, quindi, è inoltre pratica usuale dei monaci antoniani minuscola silhouette, mera cifra iconica; e ancora in lavori fiorentini,
durante il Medioevo e si riteneva che il lardo di tali bestie fosse dalla tavola del Maestro di Sant’Jacopo a Mucciana (Museo d’Arte
sicuro rimedio contro la malattia chiamata fuoco di sant’Antonio. Sacra di San Casciano Val di Pesa), datata al 1398; lo ritroviamo
Questi sacri porci, tenuti dai monaci, godevano pure di particolari nelle pale di Neri di Bicci (metà del XV secolo), come, a esempio,
privilegi, confermati anche da un decreto del XV secolo del re di nel dipinto della chiesa di S. Maria in Prato a Radda in Chianti
Francia Luigi XI: usufruivano di libero pascolo e, come onnivori, dove sono effigiati ringhiosi apri. I fiorentini, comunque, pure di-
avevano anche il compito, socialmente fondamentale, di spazzini, pingono domestici bruni maiali accoccolati, quali fedeli cagnolini,
ovvero di distruggere gli avanzi e gli scarti di cibo lasciati per le appo la tonaca del santo; cosi Jacopo da Firenze nella tavola della
strade dei villaggi17 e potevano vagare liberi per le vie delle città, fine del Trecento conservata al Museo Bardini di Fiesole e ancora,
come attesta anche una novella del fiorentino Franco Sacchetti, pochi anni più tardi, lo Pseudo Ambrogio di Baldese, nel quadro
con protagonista Giotto (Trecentonovelle, novella 75, 1392). Questi della medesima collezione. Un normale porcello (con campanella
maiali erano usati anche per nutrire i malati degli ospedali, teneva- al collo) s’associa all’asceta nella pala d’altare di fine Quattrocen-
no una campanella al collo che permetteva di distinguerli, e il loro to uscita dall’eclettica bottega fiorentina dei fratelli Del Mazziere
furto era ritenuto un vero e proprio sacrilegio18. (Pinacoteca di Volterra), così come l’aggraziato e raffaellesco Bu-
giardini, intorno al 1510, raffigura un bruno maiale passeggiante
Alquanto diffusi sono dunque dal XIII secolo in poi i dipinti di libero nella campagna, all’estrema destra, dietro il santo asceta in
Sant’Antonio insieme al fedele porcello o, talvolta, a un cinghiale, ginocchio, della sua Madonna con Bambino e santi della pieve di S.
come si nota in molti quadri, fra i quali la pala con Madonna in trono Stefano a Campoli (presso San Casciano Val di Pesa); è databile
con Bambino e santi (Recanati, Museo diocesano), del 1382, bizanti- alla prima metà del Settecento, invece, il maiale che sbuca da sotto
neggiante lavoro di Guglielmo Veneziano, dove un allegro cinghia- il busto di sant’Antonio nell’olio su tela del Museo d’Arte Sacra
letto trotterella ai piedi d’un torvo e ascetico santo orientaleggiante, di S. Casciano Val di Pesa. Infine, uno dei massimi rappresentanti
oppure, per avvicinarsi a Siena, nel piccolo trittico (Collezione pri- della pittura umanistica a Firenze, Piero di Cosimo curiosamente
vata svizzera), databile ai primi anni del Quattrocento, dell’ano- raffigura nella Visitazione con i santi Nicola e Antonio abate (olio su tavo-
nimo Maestro del Trittico Richardson (opera di un artista senese, la eseguito per la cappella di Gino Capponi in S. Spirito a Firenze
intorno al 1485 e oggi conservato alla National Gallery di Washin-
16. Laura Fenelli, Dall’eremo alla stalla, cit., pp. 86 e 116.
gton), nel paesaggio dietro al santo, un maiale marrone con una
17. Michel Pastoreau, Le cochon..., cit., p. 25. striscia più scura sul dorso, una controcinta, in pratica.
18. Laura Fenelli, Dall’eremo alla stalla, cit., pp.112-127; e più in generale: Michel
Pastoreau, Une historie symbolique du Moyen Âge occidental, cit., pp. 21-39.

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Addentrandoci nel territorio del Chianti e approssimandoci nel 1317 dipinge una grandiosa Maestà in cui sant’Antonio aba-
all’area senese, incontriamo numerosi dipinti di artisti di cultura te è aggiunta posteriore, datata alla seconda metà del secolo, del
fiorentina nei quali il santo egiziano è effigiato in compagnia d’un senese Bartolo di Fredi; il santo in questo caso è accompagnato
locale suino di cinta, come nelle quattrocentesche pale d’altare da un maialino di cinta. Nello stesso periodo il medesimo artista,
del museo civico di San Gimignano a opera di Pier Francesco uno dei più prolifici pittori della scuola di Siena tardo trecente-
Fiorentino e del cosiddetto Maestro del 1416 (questa, raffiguran- sca, dipinge due maiali di cinta, araldicamente affrontati ai lati
te, San Giuliano Ospedaliere in trono e angeli, Sant’Antonio Abate, San del santo, ripetendo lo stesso schema anche nel trittico conser-
Martino, Trinità, Annunciazione, Santi). Sempre a San Gimignano, vato nella chiesa di SS Lucilla e Flora a Torrita di Siena. Nel
ma nella Collegiata, il fiorentino Benozzo Gozzoli a metà del XV secolo successivo, il Sant’Antonio dipinto dal fratello maggiore
secolo dipinge ad affresco ancora sant’Antonio con una cinta, e di Jacopo della Quercia, Priamo, nell’oratorio di S. Antonio a
il cosiddetto Maestro dell’Epifania di Fiesole (pittore prossimo a Volterra, troneggia imponente e grave sullo scranno; fa da con-
Neri di Bicci) pone nella sua Trinità della seconda metà del Quat- trappunto a questa maestosa e distaccata ieraticità, sulla sini-
trocento a S. Stefano a Montefioralle, presso Greve in Chianti, stra una piccola cinta, seduta alla destra, quasi come un opimo
una minuscola cinta stilizzata. Sempre di cultura fiorentina, ma e fedele cagnolino; ed ancora Benvenuto di Giovanni, forbito
risalente alla fine del XV secolo, il malridotto ciclo di affreschi allievo del Vecchietta, nella pala della Annunciazione nel Museo
con Madonna in trono e santi nella cappella di S. Michele arcan- d’Arte sacra della Val d’Arbia a Buonconvento assegnabile al
gelo a Casanova di Ama, presso Gaiole, assegnato ai fratelli Del 1500 circa, rappresenta una minuscola cinta che fissa incantata
Mazziere; anche qui appare una pia cinta accucciata che osserva il grave santo occupato nella lettura. Di pochi anni posteriore
mansueta l’eremita. Nella chiesa di S. Cristina a Montefiridolfi (1530) è la cinta grassoccia affrescata dal Sodoma nella Cappel-
possiamo ammirare una cinta mitemente accoccolata devota ai la degli Spagnoli dentro la chiesa senese di S. Spirito; lo stesso
piedi del santo sull’estrema sinistra della Madonna in trono con Bam- artista replica la cinta nella sua pala con Madonna con Bambino tra
bino e santi del 1523, attribuita al Maestro di Marradi, un artista san Rocco, san Sigismondo, san Giovannino, san Sebastiano e sant’Antonio
fiorentino arcaicizzante legato all’artigianale pittura di cassoni Abate, del 1549 nella Collegiata di San Martino a Sinalunga.
quattrocentesca. E così pure il manierista Bartolomeo Neroni detto il “Riccio”
nella Madonna con Bambino e santi collocata a Monticello Amiata
Sono, però, com’è logico, gli artisti senesi a raffigurare più nella chiesa di S. Michele arcangelo e databile intorno al 1540.
frequentemente sant’Antonio in compagnia del loro suino loca- Una delle ultime immagini della cinta per mano di un artista
le. Nella sala di Dante del Palazzo Comunale di San Gimignano, senese è quella di Rutilio Manetti, nell’affresco con Sant’Antonio
il talentuoso collaboratore di Simone Martini, Lippo Memmi Abate tormentato dai demoni (1601 – 1602), nell’Oratorio dell’Ar-

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ciconfraternita della Misericordia a  Siena. Il progressivo dira- con vite di santi, in cui, nelle Tentazioni di sant’Antonio, un irsuto ma-
darsi di maiali cintati in pittura denota come dal XVI secolo in ialetto cintato ringhia (grufola?) contro un demonio tentatore dalla
avanti a Siena tale razza inizi a essere meno allevata, rispetto leggiadre sembianze di avvenente fanciulla (ma, secondo tradizio-
ai secoli precedenti. Che il maialino di cinta divenga infine un ne iconografica, dalle ali di pipistrello!), la quale mostra sensuale il
segno identificativo d’identità senese, un brand, diremo oggi, di polpaccio nudo all’anacoreta. Ancora a Firenze troviamo, oltre a
senesità, è possibile notarlo ai giorni nostri nel tabernacolo al quella, già citata, del Maestro di Marradi, molte altre raffigurazio-
Ponte di Romana, in via Pantaneto a Siena, opera dell’artista ni del maiale senese. Lorenzo Monaco, artista di origine senese che
contemporaneo locale Pier Luigi Olla, dove accanto al santo opera a Firenze, rappresenta nel 1415 circa nella pala d’altare con
zompetta appunto un maialetto cintato. Annunciazione e santi (dal monastero della Badia fiorentina) all’Acca-
demia di Firenze una piccola cinta che osserva fedele e adorante
Non tutti gli artisti senesi però dipingono suini di cinta. A in primo piano un gigantesco e accigliato sant’Antonio, mentre,
esempio, non è possibile comprendere, a causa della cattiva con- pochi anni dopo (1395 circa), il Maestro della Madonna Straus,
dizione dell’opera, se quel maialino, di cui si intravede solo una in un’altra Annunciazione, sempre all’Accademia di Firenze, dipinge
minima parte posteriore, dipinto da Paolo di Giovanni Fei, nel nello stemma (forse della famiglia Jacopi) in basso a destra una cin-
Matrimonio mistico di santa Caterina d’Alessandria degli ultimi anni del ta rampante. L’allievo di Neri di Bicci, Bernardo Rosselli, deposi-
Trecento (Siena, Pinacoteca), sia una cinta; così come Cristoforo di tario dell’alta tradizione artigianale cittadina, rappresenta, intorno
Bindoccio e Meo di Pero, nello Spedale del santa Maria della Scala all’ultimo quarto del XV secolo, una Sacra conversazione (Bibbiena,
a Siena dipingono sotto Sant’Antonio un nero maiale affrontato chiesa di S. Matteo a Terrossola), nella quale v’è una graziosa cin-
a un altrettanto nero cavallino (1370). Sano di Pietro nel polittico ta accucciata diligente presso sant’Antonio. Se nella controversa
della Pinacoteca di Siena, firmato e datato al 1447, effigia un mi- tavola raffigurante I santi Antonio abate, Caterina d’Alessandria e Rocco
nuscolo porcello ai piedi dell’anacoreta; e anche il raffinato quat- della bottega del Botticelli, in S. Felice in Piazza a Firenze (data-
trocentista Neroccio di Bartolomeo de’ Landi, nella tavola conser- bile intorno al 1510), non è possibile identificare la razza del por-
vata alla National Gallery di Washington (1495 circa), dipinge, con co che incede quasi marziale dietro il santo, poiché mostra solo la
Sant’Antonio, un maiale comune. parte anteriore, tuttavia nella vivacissima storietta a destra, della
sottostante predella, possiamo divertirci a vedere chiaramente una
La popolarità della cinta senese nell’arte, a partire dal XIV cinta birbantella che scappa ratta ratta inseguita da un affannato
secolo, comunque procede ben oltre i confini intra moenia di Siena. eremita. Maiali si trovano anche in molti emblemi19, e in Toscana e
A Bagno a Ripoli, vicino Firenze, Spinello Aretino (artista attivo in Umbria, fra Siena e Firenze, vi sono anche alcuni stemmi fami-
anche in palazzo Pubblico a Siena), raffigura verso il 1380 affreschi
19. Michel Pastoreau, Le cochon..., cit., p. 17.

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liari che recano l’immagine della cinta, come quello dei Parisini (o quanto diffuso, pure nell’arte dell’Italia orientale. Puccio di Simo-
Parigini), stirpe originaria di Gambassi e poi stabilitasi nei territori ne, pittore fiorentino allievo del più senese fra gli studenti di Giotto,
fiorentino e senese (il loro sepolcreto è nella chiesa dell’Osservanza Bernardo Daddi, e sodale del marchigiano Allegretto Nuzi (il quale
a Siena e appaiono anche nel Libro dei Leoni dell’Archivio di Stato comunque soggiorna a Siena), nel polittico della chiesa di S. Gio-
di Siena), che inalbera uno stemma “d’oro, al porco rampante di vanni Battista in Jerusalem a S. Donnino (Certaldo), della metà del
nero, cinghiato d’argento, e al capo d’Angiò”; dei fiorentini Cic- Trecento, dipinge ai piedi del vegliardo romito un normale porcel-
ciaporci, il cui blasone “d’oro, al grifone di nero, con la bordura lo, ma nella pala di Fabriano raffigurante Sant’Antonio abate del 1353
di rosso caricata di sei porci passanti di nero, cinghiati d’argento, (Fabriano, Pinacoteca civica) raffigura in basso due cinte affrontate,
posti nel senso della pezza”, della famiglia fiorentina dei Sergrifi molto simili a quelle ritratte da Bartolo di Fredi. Interessante si
(“al cinghiale rampante cinghiato, sormontato da tre stelle a otto presenta il caso dell’Emilia Romagna, e in particolare di Bologna
punte ordinate in capo”): un loro blasone è intarsiato in marmo sul dove la cinta pare godere di notevole popolarità. Nel capoluogo
pavimento della cappella di Santa Caterina nella omonima basilica emiliano si registra una miniatura da un salterio databile al XIII
senese (1587), e pure sul palazzo comunale di Castelfranco di sopra secolo (conservato nella Biblioteca Universitaria), e nel secolo suc-
in provincia di Arezzo, e della famiglia fiorentina degli Jacopi, il cui
cessivo sono svariate le immagini del maialino nero e bianco che
stemma “d’oro, al porco rampante di nero, cinghiato d’argento”
ne attestano la diffusione; il cosiddetto L’illustratore, miniatore bolo-
appare sulla lastra tombale terragna di Giovanni di Leonardo Ja-
copi nella chiesa di Santa Croce a Firenze, nella predella della pala gnese, agli inizi del Trecento, la raffigura nella miniatura dei Frutti
Jacopi di Lorenzo di Credi (1494), nella cappella di famiglia nella del podere dotale (Biblioteca di Cesena), nello stesso periodo, un suo
chiesa fiorentina di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi a Firenze, collega dipinge una cinta nella miniatura del manoscritto Latino
ove la cinta compare pure in una vetrata e sui capitelli della cap- 14340 conservato alla Biblioteca Nazione di Parigi, e infine in due
pella, e infine sulla facciata del Palazzo d’Arnolfo di San Giovanni splendide miniature in collezione privata, pubblicate da Laura Fe-
Valdarno20 (Stemma vicariale di Giovanni di Bernardo di Giovanni nelli, e databili agli anni Trenta del secolo decimoquarto22. Anche
Jacopi del 1504)21. Infine inalbera una cinta anche lo stemma del nel Quattrocento Bologna offre immagini di suini cintati: la raffi-
borgo di Luriano nel comune di Chiusdino, a sud di Siena.
gurano i pittori locali, Giovanni di Zoanello nella Incoronazione della
Vergine con santi, della prima metà del secolo (chiesa di Santo Stefano
Ma non solo in area fiorentina scopriamo immagini della cin-
a Bologna) e Cristoforo di Benedetto, alla metà del Quattrocento,
ta senese; questo suino varca pure gli Appennini e compare, al-
nella pala con Sant’Antonio abate (Bologna, Pinacoteca). Infine anco-
20. Ringrazio Marco Panichi per la segnalazione. 22. Laura Fenelli, Un manoscritto bolognese del primo Trecento: testi e immagini per la
21. Luigi Borgia, Augusto Antoniella, Luciano Berti, Liberto Perugi, Gli stemmi costruzione dell’iconografia di un santo, in “El Trecento en obres. Art de Catalunya i
del Palazzo d’Arnolfo di San Giovanni Valdarno, Firenze, Cantini, 1986, p. 1501, art d’Europa al segle XIV”, a cura di Rosa Alcoy, Barcellona, Publicacions i
scheda 83. Edicions de la Universitat de Barcelona, 2009, pp. 385-396.

36 37
ra nel XVIII secolo, Giuseppe Maria Crespi dipinge una cinta nel ta, Maria delle Grazie, Rasiglia (Perugia) dove sono due maialini
suo acquerello raffigurante le storie di Marcolfa e Bertoldino (Bologna, cintati ai piedi del santo, nello stendardo processionale attribuito
Cassa di Risparmio). Ritroviamo la cinta anche in territorio ra- da Federico Zeri al pittore perugino Sinibaldo Ibi, con Sant’Antonio
vennate (Cappella di S. Maria degli Angeli a Cotignola), ferrarese abate in trono nella Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia, dalla
(Maestro di Casa Pendaglia, Madonna con Bambino e i santi Giacomo Collezione privata Umberto Gnoli (prima metà del XVI secolo) e,
maggiore, Sebastiano e Antonio abate, Ferrara Pinacoteca, 1430; Mae- sempre del Cinquecento, di ignoto scultore locale, è la cinta scolpi-
stro dei dodici apostoli, Madonna in trono con Sant’Antonio abate, 1530, ta grassoccia, accanto alla statua policroma del santo, nella chiesa
Ferrara, Pinacoteca e nel Sant’Antonio abate, di Taddeo Crivelli della di SS. Maria dei Miracoli a Castel Rigone di Passignano sul Trasi-
metà del Quattrocento, oggi al Getty Museum di Los Angeles) e meno24. La tavola che rappresenta la Madonna con Bambino e santi del
faentino in alcune maioliche del sedicesimo secolo. In epoca baroc- Museo Diocesano di Ascoli, attribuita alla prima fase “crivelliana”
ca, il romagnolo Guido Cagnacci, nella tavola con Sant’Antonio abate di Cola dell’Amatrice e proveniente dalla chiesa di S. Maria a Ca-
tra i santi Pantaleone e Giovanni Ospitaliere, del XVII secolo, al Museo priglia, dei primi anni del Cinquecento ha una piccolissima cinta a
della Città di Rimini, ritrae in primo piano, di fronte a un iconico sinistra del santo. Per concludere questa succinta (è il caso di dirlo!)
santo benedicente, un grufolante porcello cintato. ricognizione nelle Marche, non è proprio un maiale di cinta, ma
comunque gli è assai simile, quello dipinto dall’urbinate Timoteo
Anche Umbria e Marche paiono rivestire un ruolo particolar- Viti nella tavola raffigurante l’episodio del Noli me tangere con santi
mente importante nella raffigurazione di maiali di cinta23; porcelli (Cagli, S. Angelo minore), databile intorno al 1520, dove accanto
cintati sono dipinti nel gonfalone raffigurante Sant’Antonio abate assiso all’eremita egiziano è un ghignante porcello bruno con una striscia
in trono incoronato con la mitra dagli angeli e adorato dai membri della confra- bianca sul muso e un’altra fascia del medesimo colore attorno al
ternita di Sant’Antonio nella Pinacoteca di Deruta di Niccolò Alunno corpo, testimonianza forse di una ibridazione della razza.
(1457), negli affreschi della chiesa di Santa Maria in Vallo di Nera,
da Cristoforo di Jacopo da Foligno, nell’affresco con Sant’Antonio ***
abate in trono con scene della sua vita del 1467, nella chiesa di San-
La ricchezza e la varietà della breve e incompleta epitome pio-
nieristica di citazioni nell’arte figurativa del maiale di cinta (nella
23. Riguardo alle raffigurazioni umbre, e in particolare nella Valnerina, vedi il
documentato saggio di Marco Caffarelli, Ricerca Storico-Iconografica. Alla ricerca prima edizione del presente studio del 200225) denotava già la dif-
del porco perduto, in: AA.VV., Suino nero cinghiato. Storia del recupero e della reintrodu-
zione di un’antica popolazione suina in Valnerina, in “I quaderni della biodiversità”,
n. 4, s.d., pp. 29-43; e Valeria Rossi, Rete del Suino nero cinghiato, presentazione 24. Ringrazio Andrea Carlucci per la segnalazione.
al Convegno “Agrobiodiversità Memoria, tradizione e sviluppo sostenibile dei 25. Piergiacomo Petrioli, La cinta senese nell’arte, in “La cinta nella cultura”, Siena,
territori”, Assisi, 15/05/2018. Betti editrice, 2002, pp. 9-28.

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fusione e l’importanza di questa razza suina nel centro-nord Italia; Lando (o dell’Annunziata) nella chiesa di S. Sebastiano e ascrivibile
un ulteriore contribuito è stato poi offerto dal volume, edito nel a bottega locale (e non faentina). Pure nell’Italia nordoccidentale
2004, a cura di Scatena, Montemerani, Pacini, Castellini, La cinta troviamo dipinta la cinta: nelle chiese di S. Maria delle Vigne (XIV
senese26, dove venivano elencati una quarantina di esempi pittorici secolo) e S. Agostino (XVI secolo) a Genova e in Piemonte, dove il
e scultorei relativi alla cinta nell’arte (pur con qualche minima im- grande artista tardogotico Giacomo Jaquerio raffigura un simpa-
precisione; in particolare, non possiamo sapere se Nicola Pisano a tico e guizzante maialino di cinta nell’abbazia di sant’Antonio di
Perugia raffiguri una cinta, in quanto trattasi di scultura non di- Ranverso, in provincia di Torino.
pinta, e il maiale del Sant’Antonio di Bosch al Prado non è certo una
cinta) e presentati numerose fra insegne e stemmi nobiliari dove il ***
maiale senese costituisce simbolo araldico; tuttavia anche tale elen-
co non appare del tutto esaustivo, e la presente aggiornata ricerca È da notare tuttavia come, in termini cronologici, una delle più
propone molte e non trascurabili nuove ricorrenze iconografiche, antiche raffigurazioni di un maiale cintato in pittura, a mia cono-
numerandone quasi un centinaio27. Si vuole porre all’attenzione scenza, non sia né senese, né italiana; nella chiesa di St. Matthäus,
inoltre come raffigurazioni di maiali di cinta siano presenti nume- in Austria, a Murau, datato alla fine del XIII secolo, è dipinto un
rose, non solo in territorio senese, bensì in zone assai più vaste della sant’Antonio abate in compagnia di una cinta con una grande cam-
penisola centro-settentrionale, comprendendo anche dipinti goti- panella al collo. Siamo nella regione della Stiria, prossima a Grasz
co/rinascimentali del Nord Italia, sia a levante che a ponente. Ad e al confine con la Slovenia, a nord del Friuli; dello stesso secolo
esempio negli affreschi della chiesa di santo Stefano ad Artegna, sono pure quelle già citate del salterio bolognese e di Santa Maria
in provincia di Udine, databili alla prima metà del Quattrocento; ad Arezzo. Alla luce di ciò, è possibile ipotizzare che la cinta non
sempre in Friuli, a Cividale, sulla facciata della chiesa di San Biagio sia razza autoctona toscana, bensì probabilmente introdotta du-
recentemente restaurata, sono visibili gli affreschi, assegnati a non rante la migrazione longobarda del VI secolo dalla Pannonia (non
meglio identificati artisti “Zuan des Toschanys” e “Paulo depen- a caso Bologna e Arezzo sono centri longobardi e immagini della
tore”, datati al 1506/1508 (pittori di origine comunque toscana) cinta sono presenti in altri luoghi del dominio longobardo dell’otta-
in cui v’è uno stemma nobiliare con tre maialini, di questi, quello vo secolo). Ad una analisi delle ricorrenze iconografiche della cinta,
centrale, cintato. Una cinta è anche il suino ritratto nella formel- si può desumere come la presenza di questa razza segua, per certi
la del pavimento in ceramica a Venezia, nel 1510, nella cappella versi, tale percorso; si ritrovano infatti immagini di maiali cintati
dal Friuli, all’Emilia, alla Toscana. Si può quindi supporre che tale
26. Arianna Scatena, Paolo Montemerani, Giovanni Pacini, Vera Castellini, La suino, giunto in Italia con i Longobardi, si sia poi diffuso, trovando
cinta senese, cit. terreno propizio, principalmente nella zona del Chianti toscano, in
27. Vedi l’elenco in appendice al presente articolo.

40 41
Emilia e in alcune parti dell’Umbria e delle Marche, fino a toccare Elenco delle raffigurazioni di maiali cintati
la Liguria e il Piemonte, raggiungendo l’apice di popolarità duran-
te il Trecento e il Quattrocento, per poi gradualmente estinguersi,
a causa dell’introduzione di altre razze suine, economicamente e Austria
produttivamente più vantaggiose, dal XVII secolo, tornando in- Anonimo pittore, Sant’Antonio abate (dettaglio del maiale), Fine XIII seco-
fine in auge gradualmente dalla fine dell’Ottocento e gli inizi del lo, St.Matthäus in Murau.
Novecento in area toscana, come ben testimoniano due paesaggi
Toscana
rurali fine ottocenteschi del pittore macchiaiolo Giovanni Fattori
Agnolo del Mazziere (attribuito), Sant’Antonio abate, fine XV secolo, Casa-
alla Galleria di Arte Moderna di Firenze, dove appunto vengono nova di Ama, Oratorio dei Pianigiani, Gaiole in Chianti (Siena).
nuovamente raffigurati maiali di cinta, e raggiungere infine lo status Anonimo pittore fiorentino, Madonna in trono e Sant’Antonio abate, Seconda
di razza di élite e gourmet ai nostri giorni, ma anche e soprattutto metà XIV secolo, Collezione privata, New York.
divenendo uno dei simboli della grande tradizione italiana che lega Anonimo toscano, Sant’Antonio abate, fine XIV secolo, Sant’Agostino,
storia, cultura, arte e vita. Montalcino.
Artista antelamico, Mese di Dicembre, XIII secolo, Arezzo, Santa Maria,
Bartolo di Fredi (Bottega), Storie di sant’Antonio abate e San Paolo eremita, 1390
ca., Berlino, Gemaldegalerie.
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Bartolo di Fredi, Sant’Antonio abate, seconda metà XIV secolo, ubicazione
ignota.
Bartolo di Fredi, Sant’Antonio abate (seconda metà del XIV secolo), in
Memmi Lippo, Maestà, 1317, San Gimignano, Palazzo del Podestà.
Benvenuto di Giovanni, Sant’Antonio abate, inizio XVI secolo, Buoncon-
vento, Museo d’Arte Sacra.
Botticelli (Bottega), Sant’Antonio abate, 1510, San Felice in Piazza, Firenze.
Fattori Giovanni, Due maiali al pascolo, 1892, Galleria d’Arte moderna,
Firenze.
Fattori Giovanni, Paesaggio campestre con i buoi, 1898, Galleria d’Arte mo-
derna, Firenze.
Francesco fiorentino, Sant’Antonio Abate, 1375 - 1425, Chiesa di S. Dome-
nico a San Miniato (Pisa).
Giovanni da Pisa, trittico, 1423, Hearst San Simeon State Historical Mo-
nument, San Simeon (CA).

42 43
Gozzoli Benozzo, Sant’Antonio abate, metà XV secolo, San Gimignano, san Nicola di Bari, sant’Antonio Abate, san Giuliano l’Ospedaliere e san Donnino,
Collegiata. 1473, Museo di arte sacra, Tavarnelle Val di Pesa (Firenze).
Jacopo de’ Benci, cinta, brocca, XV secolo, Museo Horne, Firenze. Niccolò di Tommaso, Sant’Antonio abate, 1380, Walters Collection, Balti-
Jacopo di Michele, Madonna in trono e Sant’Antonio abate, 1395 ca., Pisa, mora.
Museo di San Matteo. Olla Pier Luigi, Sant’Antonio abate, 2002, Siena, via Pantaneto.
Lippo di Andrea, Madonna con Bambino in trono tra santo Stefano e sant’Antonio Pier Francesco Fiorentino, Sant’Antonio abate, inizio XV secolo, San Gimi-
abate, fine XIV-inizio XV secolo, S. Andrea, Signa (Firenze). gnano, Museo Civico.
Lorenzetti Ambrogio, Effetti del Buongoverno nel Contado, 1342, Siena, Pa- Pierfrancesco fiorentino, Madonna in trono con santi, 1470, Museo di San
lazzo Pubblico. Matteo, Pisa.
Lorenzo di Bicci, Sant’Antonio abate, fine XIV-inizio XV secolo, Fine Arts Priamo della Quercia, Sant’Antonio abate, metà XV secolo, Volterra, Ora-
Museums of San Francisco. torio di Sant’Antonio abate.
Lorenzo di Credi, Stemma famiglia Jacopi, Pala Jacopi, Predella, 1494, San- Riccio (Bartolomeo Neroni), Madonna con Bambino e santi, 1540, Chiesa di
ta Maria Maddalena de’ Pazzi, Firenze. san Michele, Monticello Amiata (Grosseto).
Lorenzo di Niccolò di Martino, Sant’Antonio abate, 1401, San Gimignano, Sano di Pietro, Mese di Dicembre, Codice delle Monache, XV secolo, Sie-
Museo Civico. na, Biblioteca Comunale degli Intronati.
Lorenzo Monaco, Sant’Antonio abate, 1415, Firenze, Accademia. Sodoma, Madonna con Bambino tra san Rocco, san Sigismondo, san Giovannino,
Maestro del 1419, San Giuliano con Sant’Antonio abate e san Martino, 1427, san Sebastiano e sant’Antonio Abate, 1549, Collegiata di San Martino, Sina-
San Gimignano, Collegiata. lunga (Siena).
Maestro dell’Epifania di Fiesole, Trinità e santi Stefano, Giovanni evangelista, Sodoma, Sant’Antonio abate, 1530, Siena, Santo Spirito.
Antonio abate e santo vescovo, seconda metà del XV secolo, Santo Stefano a Spinello Aretino, Tentazione di Sant’Antonio, 1380, Santa Caterina delle
Montefioralle, Greve in Chianti. Ruote, Bagno a Ripoli (Firenze).
Maestro della Madonna Strauss, Annunciazione, 1395, Firenze, Accade- Stemma della famiglia Sergrifi, 1587, Basilica di S. Domenico, cappella
mia. di S. Caterina, pavimento.
Maestro della Natività Johnson, Sacra Conversazione, 1497, SS. Bartolomeo Ventura di Moro, Sant’Antonio Abate, prima metà XV secolo, Chiesa di S.
e Jacopo, Bibbiena (Arezzo). Domenico a San Miniato (Pisa).
Maestro di Marradi, Madonna in trono con santi, 1523, Santa Cristina a
Montefiridolfi, San Casciano Val di Pesa (Firenze). Umbria e Marche
Maestro di Montefioscoli (ambito Fiorentino), Madonna con Santi, inizio Anonimo pittore umbro, Resurrezione e Sant’Antonio abate, 1492, Chiesa di
XV secolo, Digione, Musee des Beaux Arts. S. Michele arcangelo, Gavelli, Sant’Anatolia di Narco (Perugia).
Maestro di Signa, La Beata Giovanna da Signa salva gli animali, XV secolo, Anonimo pittore umbro, Sant’Antonio abate, 1493, Ubicazione ignota.
San Giovanni, Signa (Firenze). Anonimo pittore umbro, Sant’Antonio abate, inizio XV secolo, Santa Maria
Manetti Rutilio, Sant’Antonio Abate tormentato dai demoni, 1601 - 1602, Ora- a Vallo di Nera.
torio dell’Arciconfraternita della Misericordia, Siena. Anonimo pittore umbro, Sant’Antonio abate tra i santi Sebastiano e Rocco, XV
Neri di Bicci, Madonna con Bambino in trono tra Tobia e san Raffaele Arcangelo, secolo, San Giorgio di Cascia.

44 45
Anonimo pittore umbro, Sant’Antonio abate, inizio XVI secolo, San Gio- Benedetto Bembo, Sant’Antonio abate, Polittico di Torchiara, 1462, Castel-
vanni battista, Piedivalle di Preci. lo Sforzesco, Milano.
Anonimo scultore umbro, Sant’Antonio abate, XVI secolo, SS. Maria dei Bernardino e Francesco Zaganelli, Madonna con Bambino e santi, 1490-
Miracoli a Castel Rigone di Passignano sul Trasimeno. 1510 ca., già nella Cappella di S. Maria degli Angeli, Cotignola (Raven-
Cristoforo di Jacopo da Foligno, Sant’Antonio abate in trono con scene della sua na).
vita, 1467, Santa, Maria delle Grazie, Rasiglia (Perugia). Crespi Giuseppe Maria, Marcolfa e Bertoldino, 1730 ca., Bologna, Collezio-
Guglielmo Veneziano, Sant’Antonio abate, 1382, Recanati, Museo Dioce- ne Cassa di Risparmio di Bologna.
sano. Cristoforo di Benedetto, Madonna e Bambino con i santi Giovanni Battista e
Ibi Sinibaldo, Sant’Antonio abate, 1512, Galleria Nazionale dell’Umbria, Antonio abate, 1460 ca., Bologna, Pinacoteca Nazionale.
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Maestro di Diana e Callisto, Cinta, seconda metà del XVI secolo, volta, santi Giacomo, Antonio abate, Marco, Giovanni, prima metà del XV secolo,
Sala di Diana e Callisto, Palazzo della Corgna, Castiglione del Lago. Bologna, Santo Stefano.
Matteo da Gualdo Tadino, Madonna in trono con santi, 1477, Museo Civico Maestro di Casa Pendaglia, Madonna con Bambino e i santi Giacomo maggiore,
Rocca Flea, Gualdo Tadino. Sebastiano e Antonio abate, Ferrara Pinacoteca, 1430.
Matteo da Gualdo Tadino, Madonna con Bambino e i santi Giacomo minore e Maestro dei dodici apostoli, Madonna in trono con sant’Antonio abate, 1530,
Antonio abate, 1468, Assisi, Oratorio dei Pellegrini. Ferrara, Pinacoteca.
Nicolò Alunno, Sant’Antonio abate, 1457 ca., Pinacoteca comunale, Deruta. Manifattura faentina, cinta, inizio XVI sec., piatto.
Paolo da Visso (?), Sant’Antonio abate, 1462, Sant’Antonio, Cascia. Miniatore bolognese (L’illustratore), I frutti del podere dotale, XIV secolo,
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ologico e Pinacoteca. Miniatore bolognese, Digesta, inizio XIV secolo, Bibliothèque Nationale
Pittore umbro (Maestro del 1343), Sant’Antonio abate, 1340 ca., Firenze, de France, Latin 14340.
collezione privata. Miniatore bolognese, Ottobre, Salterio, XIII secolo, Bologna, biblioteca
Puccio di Simone, Sant’Antonio abate, 1353, Fabriano, Pinacoteca Civica. universitaria, ms 346.
Spagna (seguace), Madonna della Misericordia coronata da angeli e Sant’Antonio Miniatore bolognese, Sant’Antonio tentato dalla lussuria, 1330 ca., Stalden,
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fano ad Artegna (Udine). 1981.
Manifattura veneziana, cinta, 1510, Cappella Lando, Annunziata, Vene-
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Cicciaporci (Firenze)
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Finito di stampare nel mese di novembre 2019

ISBN 978 88 7576 641 2

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